Alessandro Gassman
– Molti lo conoscono perché è figlio di uno dei più grandi attori
italiani di tutti i tempi. Alcuni perché è spesso apparso in spot
pubblicitari (Glen Grant, Lancia, Yves Saint Laurent). Altri, ma
soprattutto altre, perché si è prestato per un calendario senza
veli. E forse proprio l’eredità ingombrante del padre e una
bellezza difficile da ignorare hanno a lungo offuscato le sue doti
di attore.
Fatto sta che del suo talento e
dell’abnegazione con cui negli ultimi 25 anni ha costruito un
cammino artistico autonomo e degno, in pochi s’erano accorti fino a
due anni fa, quando la sua prova d’attore in Caos Calmo
accanto a Nanni Moretti lo ha finalmente imposto come uno dei più
validi interpreti del nostro cinema.
Alessandro Gassman, biografia
Stiamo parlando di
Alessandro Gassman, nato a Roma il 24 febbraio
1965 dall’unione tra Vittorio Gassman e l’attrice francese Juliette
Mayniel – che tra gli anni ’60 e i ’70 partecipò a
diverse pellicole di Claude Chabrol in Francia, e in Italia lavorò
con Steno e
Franco Rossi tra gli altri. Si aggiudicò
l’Orso d’Oro a Berlino
(1960) con Storia di un disertore di Staudte.
Alessandro Gassman è alto un metro
e novanta centimetri (1,92 cm).
Non sembra abbia avuto dubbi sulla
strada professionale da percorrere il giovane Alessandro, se già a
17 anni dirigeva sé stesso e il padre Vittorio in Di padre in
figlio (1982), film autobiografico sulla sua famiglia. Ed
indubbia fin dall’inizio è anche la sua passione per il teatro:
studia infatti per due anni alla Bottega Teatrale di Firenze per
poi interpretare sul palcoscenico Affabulazione di
Pasolini, che gli vale il Biglietto d’Oro. La sua carriera
proseguirà su questi due binari, cui si aggiungerà quello
televisivo.
Al cinema la prima interpretazione
di peso è quella del 1987 in La Monaca di Monza
di Luciano Odorisio, in cui interpreta l’aristocratico Giampaolo
Osio. L’anno precedente ha preso parte al sequel de I soliti
ignoti: I soliti ignoti vent’anni dopo, per la regia
di Amanzio Todini (1986). Nell’‘89 è la volta di Un bambino di
nome Gesù- Il mistero, film per la tv di Franco Rossi, in cui
interpreta Gesù. Non si fa mancare neppure le produzioni
cinematografiche internazionali, partecipando nel ’93 a Uova
d’oro di Bigas Luna, coproduzione italo-franco-spagnola, e nel
’95 alla pellicola di John Irvin Un mese al lago, di
ambientazione italiana. Tra ’96 e ’97 è scelto per diversi ruoli da
commedia, due dei quali lo vedono recitare al fianco del fraterno
amico Gianmarco Tognazzi (Facciamo Fiesta di Angelo
Longoni e Lovest di Giulio Base, entrambe del ’97). Non si
tratta tuttavia, fin qui, di pellicole di spessore che possano far
emergere a pieno il talento e le capacità espressive di
Gassman.
Alessandro Gassman e i suoi
film
Una prima svolta nella carriera
cinematografica dell’attore con un deciso salto di qualità arriva
nello stesso 1997, con l’esordio alla regia del turco
Ferzan Ozpetek, che lo vuole protagonista nel suo
Il bagno turco. Qui interpreta Francesco: un
giovane architetto romano, sposato ma senza figli, che per
questioni ereditarie si reca in Turchia e lì trova una realtà
accogliente e famigliare, riscopre quell’umanità accantonata nella
vita borghese che conduceva a Roma e scopre invece per la prima
volta la propria omosessualità, che qui è libero di vivere. Decide
così di rischiare nei sentimenti e nella vita, mettendosi in gioco
e assumendosene la piena responsabilità. Gassman appare a suo agio
nell’interpretare la complessità di questo personaggio in
evoluzione, che esce dal guscio protettivo da lui stesso costruito,
per andare incontro a testa alta alla vita che ha scelto.
L’interpretazione e il film, che resta uno dei più riusciti della
produzione del regista turco, sono molto apprezzati da pubblico e
critica.
Il 1998 è un anno importante nella
vita privata dell’attore: sposa Sabrina Knaflitz e nasce il figlio
Leo. Intanto, la sua produzione cinematografica prosegue con
alterne fortune all’insegna della commedia. È diretto da Alessandro
Benvenuti in I miei più cari amici (1998), di nuovo da
Giulio Base per La bomba (1999) e da Ugo Fabrizio Giordani
in Teste di cocco, dove ritrova Gianmarco Tognazzi. Lo
vediamo poi nel 2002 in una pellicola d’impegno civile, che
ricostruisce le vicende legate alla morte di Calvi: I banchieri
di Dio di Giuseppe Ferrara, dove veste i panni di Francesco
Pazienza. Due anni dopo, interpreta Luigi Tenco
nel film tv di Joyce Buñuel Dalida, incentrato sulle
vicende biografiche della cantante. Nel 2006 è diretto da Gianluca
Maria Tavarelli – già regista tv di un film su Paolo
Borsellino, e per il cinema di Un amore e Qui non è il
paradiso – in Non prendere impegni stasera.
Protagonisti, oltre a Gassman, Giorgio Tirabassi, Paola
Cortellesi, Luca Zingaretti, Giuseppe Battiston in un
amaro affresco della nostra società vista attraverso gli occhi di
un gruppo di quarantenni romani.
L’ingresso nell’olimpo delle star
del cinema italiano arriva però due anni fa, grazie a una pellicola
la cui idea nasce dal romanzo di Sandro Veronesi Caos
Calmo. Antonello Grimaldi la elabora e ne trae
l’omonimo film, protagonista Nanni
Moretti. E se quest’ultimo fa il suo, con l’abilità
che gli conosciamo e lo stile inconfondibile nell’interpretare
crisi esistenziali – è qui alle prese con l’elaborazione del lutto-
per molti la vera rivelazione è proprio Gassman: non solo perfetta
spalla, ma ottimo contrappunto alla personalità del fratello Pietro
Paladini/Moretti: estroverso, bello, simpatico e di successo
Carlo/Gassman, ma che in fondo cova un senso d’inferiorità nei
confronti del fratello intelligente, colto e stimato. I due si
scopriranno, nonostante tutto, vicini e simili, si aiuteranno a
vicenda e costruiranno un nuovo rapporto. L’interpretazione gli
vale il David di
Donatello come Miglior Attore non protagonista e il
Nastro d’Argento. L’attore ha dichiarato di essere
stato lusingato dalla possibilità di lavorare al fianco di
Moretti, che stima molto, e di aver scoperto in
lui una grande apertura e umanità, che ha fatto sì che tra i due si
creasse davvero un rapporto quasi fraterno.
Nel 2008 Gassman torna alla
commedia con Il seme della discordia di Pappi
Corsicato, che lo vede protagonista accanto a Caterina
Murino: i due sono una coppia alle prese con la difficoltà ad avere
figli e con un mistero da svelare. E poi ancora, l’attore non dice
no a Fausto Brizzi per Ex (2009) e
neppure a Neri Parenti per Natale a Beverly
Hills (2009).
Quest’anno, lo ritroviamo in
Basilicata coast to coast, esordio
alla regia di Rocco Papaleo: commedia d’ispirazione autobiografica
per l’attore e regista lucano in cui trova spazio anche una
riflessione sui mali del sud, assieme alla sua appassionata
riscoperta, attraverso il viaggio di un gruppo di musicisti
dilettanti. In questa strampalata comitiva che attraversa la
Basilicata a piedi per andare ad esibirsi in un festival locale,
oltre al leader del gruppo, lo stesso Papaleo,
troviamo proprio Alessandro Gassman nei
panni di Rocco: partito giovane di belle speranze per tentare la
fortuna a Roma nel mondo dello spettacolo, si accorge ora che il
tempo passa e lui resta una celebrità solo per la sua “zietta
bella” e per il paesino natale nella sperduta Lucania. Nel cast
anche Max Gazzè bassista muto, Paolo Briguglia giovane con
ambizioni di medico per il momento accantonate, Giovanna
Mezzogiorno giornalista che cura un reportage sull’evento. Alla
fine il gruppo si esibirà davanti a una sola persona, ma tutti
avranno davvero capito qualcosa in più su sé stessi. Il topos del
viaggio fisico/interiore è qui rinnovato brillantemente, tenendo
insieme leggerezza e divertimento con temi importanti
dell’esistenza e scelte di vita.
L’anno in corso ha visto
inoltre Alessandro Gassman
realizzare, assieme a Giancarlo Scarchilli, un
documentario sul padre Vittorio a dieci anni dalla scomparsa. Il
lavoro, intitolato Vittorio racconta
Gassman, è stato presentato in occasione della
Mostra del Cinema di
Venezia. È ora nelle sale italiane
La donna della mia vita: commedia, stavolta
diretta da Luca Lucini e sceneggiata da
Cristina Comencini, che vede Alessandro
Gassman impegnato in un triangolo amoroso accanto a
Luca Argentero – nei panni del fratello col
quale dovrà contendersi le attenzioni di Valentina
Lodovini – e con Stefania Sandrelli nei
panni della madre dei due. Lo vedremo poi il prossimo dicembre
nell’ultimo lavoro di Ricky Tognazzi
Il padre e lo straniero. Oltre al cinema,
l’attore è apparso anche in diversi lavori televisivi. In aggiunta
ai succitati Un bambino di nome Gesù e Dalida,
vale la pena menzionare: La famiglia Ricordi di Mauro
Bolognini (1995), Piccolo mondo antico di Cinzia Th.
Torrini (2001), Le stagioni del cuore di Antonio Luigi
Grimaldi (2004).
Fin qui ci siamo occupati di grande
schermo e tv ma, come s’è detto in apertura, l’altra grande
passione di Gassman è il teatro. È infatti salito spesso sul palco
dopo la prima prova pasoliniana dell’84. Inoltre, dopo vent’anni da
attore, dal 2005 si dedica anche alla regia, con una particolare
attenzione al teatro contemporaneo. Ha diretto prima La forza
dell’abitudine di Thomas Bernhard, che gli ha dato la
possibilità di misurarsi col comico e col grottesco. Poi si è
dedicato al cosiddetto “teatro sociale”, adattando La parola ai
giurati di Reginald Rose del 1954. Dal testo era stato tratto
il film di Sidney Lumet Twelve angry men (1957). Al centro
del dramma, il difficile compito di una giuria popolare che deve
decidere le sorti di un giovane ispanico accusato di parricidio. Si
parte dalla certezza quasi unanime di colpevolezza e si giunge al
suo opposto, facendo leva sul “ragionevole dubbio”. In questa
giuria riconosciamo uno spaccato sociale, una comunità di uomini
con le loro contraddizioni e limiti che prendono coscienza della
natura effimera di certezze assolute e della necessità di vagliare
attentamente gli elementi di giudizio. Lo spettacolo, prodotto dal
Teatro Stabile dell’Abbruzzo e andato in scena nelle stagioni
2007-2009, è stato accolto ottimamente da critica e pubblico,
guadagnando il Biglietto d’Oro. Un altro riconoscimento è arrivato
poi con la nomina alla direzione del Teatro Stabile abruzzese lo
scorso anno. Sempre con questo Stabile, Gassman ha prodotto lo
spettacolo che è ora in turnè nei teatri italiani: Roman e il
suo Cucciolo (Cuba and his Teddy bear) di Reinaldo
Povod, portato in scena in America negli anni ’80, protagonista
Robert De Niro.
Se lì si poneva l’accento sul tema
dell’immigrazione ispanica in Usa, qui non si fa altro che cambiare
scenario per proporre una questione attualissima: siamo in Italia e
l’integrazione problematica è quella rumena. È un testo crudo,
duro, che non fa sconti, tradotto e adattato da Edoardo Erba. C’è
la vita ai margini di un padre nevrotico, uno spacciatore, Roman
appunto, che sogna per il figlio un futuro diverso. C’è il rapporto
conflittuale col figlio, che vorrebbe allontanarsi da quel mondo,
che si sente italiano, ma tiene questi sogni per sé e nel frattempo
cade nella dipendenza dall’eroina. C’è la violenza, la rabbia, la
solitudine di un’umanità sradicata. Il tutto, senza
sentimentalismi. E lo spettacolo potrebbe presto diventare un film.
Gassman ha infatti recentemente dichiarato di essere a lavoro,
assieme allo sceneggiatore Vittorio Moroni, sull’adattamento della
pièce, che intende dirigere per il grande schermo, e di volersi
avvalere degli stessi attori che lo stanno accompagnando in teatro,
più qualche altro personaggio che sarà selezionato in seguito.
Intanto, lo spettacolo sarà a Roma,
proprio al Teatro Quirino Vittorio Gassman, dal 29 marzo al 17
aprile prossimi. In questi giorni in scena anche Immanuel
Kant, sempre per la regia di Alessandro
Gassman, che qui torna a Bernhard, autore già scelto
cinque anni fa per il suo esordio registico teatrale. Da gennaio
2010 l’attore romano dirige il Teatro Stabile del Veneto, nel cui
cartellone ha scelto di coniugare la drammaturgia contemporanea,
guardando anche alla produzione veneta, e alcuni classici che,
dice, vanno proposti con misura proprio per lasciare spazio alle
nuove sensibilità artistiche.