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Il teaser trailer di Qualunquemente

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Il teaser trailer di Qualunquemente

Dopo i teaser poster, ecco arrivare il teaser trailer di Qualunquemente, il film debutto cinematografico di Cetto La Qualunque, personaggio comico creato da Antonio Albanese, che approderà al cinema nel 2011!

Scritto da Albanese, Manfredonia e Piero Guerrera, il film è stato girato la scorsa estate tra Roma e la Calabria. Nel cast, oltre ad Albanese, anche Sergio Rubini, Luigi Maria Burruano e Antonio Gerardi.

Uscita il 21 Gennaio 2011

La donna della mia vita: recensione del film

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La donna della mia vita: recensione del film

Una commedia solitamente regge la sua struttura su i suoi personaggi. Se nell’epoca classica erano le maschere a identificarli, e gli stereotipi  poi adottati dalla commedia dell’arte, oggigiorno sono anche gli attori a fare da pilastro. Certo quando Cristina Comencini ha deciso di scrivere un soggetto esclusivamente adattato per Luca Argentero e Alessandro Gassman, avrà pensato a ciò che dei due l’avrà colpita in apparenza: il bravo ragazzo e, come si è definito ironicamente lo stesso Gassman in conferenza stampa, il “fio de na mignotta”. Da qui nasce La donna della mia vita, dove vediamo due fratelli, che sembrano combinarsi come lo ying e lo yang, contendersi la stessa donna, ovvero la bella Valentina Lodovini. Leo incontra finalmente la donna che crede essere quella della sua vita, dopo una storia sbagliata dove aveva tentato il suicidio ( con le pillole per la menopausa della madre). Ma Sara è anche l’ex amante del fratello “stronzo”. La chiave del gioco starà nel capire quale delle due storie sia quella sbagliata, quella attraverso la quale finalmente Sara troverà finalmente l’uomo giusto.

E fin qui la commedia ci sta. Il guaio però a volte è scegliere l’attore, ricamarci sopra il personaggio e poi lasciare tenere le redini ad un regista dalle mani poco virili. Così Luca Argentero, che nel film è il fratellino buono e gentile, che si pigliava sempre le botte da piccolo, fa sfoggio soltanto di espressioni ebeti e poco convincenti, che magari su un palcoscenico teatrale non avrebbero stonato, ma sullo schermo sì.

La donna della mia vita

Il suo personaggio poi subisce un’evoluzione quasi repentina, dove poco ci si sofferma sul cambiamento interiore, e lo vediamo soltanto passare dalla figura di un perdente a quella di un donnaiolo, sempre con la coscienza e la consapevolezza di un ragazzino di quindici anni. Se la cava sicuramente meglio Gassman, il cui ruolo è quello del fratello medico quarantenne piuttosto piacente, che tradisce la moglie con disinvoltura. Anche il suo personaggio evolve, ma non si lascia trasportare dal cambio di espressione, la sua è una trasformazione più lenta e forse più matura.

Al centro di tutto, oltre ad esserci Valentina Lodovini, nel ruolo di Sara, fidanzata ed ex-amante, c’è la madre Alba. E che madre. Perché per questo ruolo la Comencini ha voluto Stefania Sandrelli, che incarna il ruolo di moglie e madre piuttosto invadente. Una donna che nella vita ha fatto di tutto per i propri figli, che ha avuto da due diversi mariti. Il suo secondo e attuale marito, interpretato da Giorgio Colangeli, spicca forse più degli altri personaggi, regalandoci una comicità cinica e discreta.

Peccato davvero per la regia, Luca Lucini (Tre metri sopra il cielo, Bianco e Nero, Oggi Sposi) come ha ricordato poi in conferenza stampa, ha voluto essere il “meno invadente possibile”. Fatto che per un regista è piuttosto raro, a meno che appunto non si voglia lasciare troppo spazio agli attori sulla scena, o a meno che lo stesso regista sia in realtà privo delle giuste qualità e di un minimo di savoir faire. Le inquadrature sono fisse, con angolature che non variano molto e anche le luci non assumo tagli particolari.

Le musiche affidate a Giuliano Taviani e Carmelo Travia, variano molto e creano in maniera coerente le atmosfere di sottofondo delle scene. Sono stati ideate infatti tre diverse arie per sottolineare i tre personaggi principali: la madre e i due figli.Le musiche sono state  poi eseguite dall’orchestra sinfonica di Praga. La sceneggiatura, così intricata nell’esposizione delle relazioni di questa famiglia è ben scritta, i personaggi sono definiti e alcuni dialoghi rivelano un certo sottile umorismo. Non si distacca però dall’essere un’ordinaria commedia della borghesia milanese, moderna sì ma non troppo.

I Fiori di Kirkuk: recensione del film Fariborz Kamkari

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I Fiori di Kirkuk: recensione del film Fariborz Kamkari

I Fiori di Kirkuk – Siamo nell’Iraq di fine anni ’80, alla vigilia della Prima Guerra del Golfo, quando il Regime di Saddam Hussein compiva varie nefandezze e ingiustizie, tra cui il genocidio del popolo curdo. In questo tetro scenario si muove Najla, irachena tornata dall’Italia dove si è laureata in Medicina, con l’intento di ritrovare un amore perso: Sherko, medico curdo rientrato in Patria per dare il proprio contributo nella drammatica guerra civile ed etnica in corso.

I Fiori di Kirkuk

Najla però deve affrontare molti ostacoli, dovuti soprattutto ad una società culturalmente arretrata e maschilista. Decide così di diventare guardia medica dell’esercito per poter raggiungere un duplice obiettivo: da un lato sostenere le forze ribelli curde tramite il proprio sostegno medico e dall’altro poter ritrovare Sherko, impegnato a Kirkuk.

I Fiori di Kirkuk regge su un impianto spesso utilizzato per raccontare gli svariati drammi offerti dalla storia dell’uomo, siano essi dovuti a guerre o a epidemie. Ovvero pone al centro della storia una giovane donna carica di ideali e voglia di cambiare il contesto sociale in cui vive, mossa dall’amore per il proprio popolo ma anche dall’amore per un uomo.

I Fiori di Kirkuk

Per queste caratteristiche, ma anche per il contesto mediorientale, la storia ricorda quella del film “Miral”, dove invece si racconta di una giovane afgana. Un lavoro quasi auto-biografico quello di Fariborz Kamkari, iraniano di etnia curda, al suo secondo lungometraggio avendo lavorato principalmente a corti o lavori per la Tv.

Il regista che si è formato e lavora in Italia, con questo film vuole infatti far conoscere al Mondo ciò che la sua gente ha subito in Iraq durante il Regime di Saddam. Non a caso, il film si apre con le immagini dei soldati americani che abbattono la statua del Rais. Soldati, agli occhi dei curdi (e forse solo ai loro occhi per motivi comunque comprensibili) veri eroi portatori di libertà. Le intenzioni originarie di Kamkari però vengono messe in secondo piano dalla figura ingombrante di Najla.

I Fiori di Kirkuk è un film che narra le gesta di una giovane donna coraggiosa e testarda, e non un lungometraggio che rende giustizia al popolo curdo.

Daniel Day Lewis darà il volto al Lincoln di Spielberg

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steven

Secondo Variety, Daniel Day-Lewis sarà il protagonista del film diretto da Steven Spielberg sul 16esimo presidente degli Stati Uniti, Lincoln. La storia parlerà dello scontro che Lincoln ebbe con gli uomini del suo gabinetto nel percorso che portò all’abolizione della schiavitù e alla fine della guerra civile.

Dopo “Benvenuti al sud” tutti pazzi per Castellabate

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Lo strepitoso successo di “Benvenuti al sud” nelle sale cinematografiche è cosa ormai nota. Il film, remake del lungometraggio francese “Giù al Nord” firmato Luca Miniero con l’esilarante duo Alessandro Siani–Claudio Bisio, ha superato i 27 milioni d’incasso totale, attestandosi al primo posto nella classifica del Box office di quest’anno.

Ma oltre a questo successo – in fondo anche inaspettato – al film è legato un altro successo molto curioso e al contempo positivo, legato al Comune che gli fa da scenario: Castellabate.
Perla di una meravigliosa collana qual è il Cilento, ma nel film punizione inizialmente mal digerita dal milanese doc Alberto (Claudio Bisio), Castellabate è diventata meta turistica molto ambita, anche d’inverno; stagione fino all’anno scorso “morta” con gli alberghi che restavano chiusi.
E ci sono prenotazioni già per la prossima estate.
Molti turisti, tra i quali anche settentrionali, vogliono vivere in prima persona quei luoghi dove la storia prende corpo: dai vicoletti al panorama mozzafiato sul mare. Fino alle richieste più assurde come visitare la Posta in cui lavorano i protagonisti del film (che di fatto però è finta), o fittare la casa di cui il direttore Alberto rompe i vetri giocando a pallone; prendendosi tanto di rimbrotto dal vigile urbano che già lo aveva multato in precedenza: «e chi putev esser…o milanes!».
Una notizia che, al di là degli aspetti più strambi, fa comunque piacere. Soprattutto in un periodo come questo in cui la Campania, in particolare Napoli, sta offrendo di nuovo una pessima immagine di sé con l’annosa questione dei rifiuti. Certo, un po’ rammarica il fatto che uno splendido posto come Castellabate diventi meta turistica ambita solo grazie ad una commedia. Ma per le ragioni di cui sopra, ben venga anche questo.

Harry Potter esistito veramente? .. trovata tomba!!

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Harry_Potter_e_i_doni_della_morte

Ramla è una città in Israele sconosciuta ai più, ma negli ultimi 5 anni la sua popolarità è aumentata in maniera esponenziale e tutto per una tomba. Non stiamo parlando però di una tomba qualunque, ma stiamo parlando della tomba di Harry Potter!

Uscite al Cinema 19 Novembre 2010

Harry_Potter_e_i_doni_della_morteHarry Potter e i doni della morte – Parte I: dopo la tragica morte del professor Silente le forze del male hanno preso il sopravvento nel mondo dei maghi, i Mangiamorte controllano ormai il Ministero della magia e Hogwarts. I giovani alunni della scuola non sanno cosa fare senza l’aiuto dei loro insegnanti, fortunatamente però Silente nel suo testamento ha lasciato qualcosa di prezioso ad Harry, Ron ed Hermione…

Poster internazionale per I viaggi di Gulliver

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Poster internazionale per I viaggi di Gulliver

Gulliver

E’ online la locandina spagnola ufficiale di Fantastici Viaggi di Gullier, che mostra tutti i personaggi dell’adattamento (ambientato in tempi moderni) del romanzo di Jonathan Swift, robot gigante incluso.

Inizia il casting per il nuovo Superman

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Inizia il casting per il nuovo Superman

Il casting del nuovo film di Superman è appena iniziato! Lo annuncia Deadline e ci dice anche che il regista Zack Snyder e il produttore Christopher Nolan hanno iniziato a cercare l’attore che darà il volto alla nuova incarnazione del supereroe DC.

Il sito rivela che le riprese inizieranno ufficialmente a giugno 2011, e smentisce definitivamente il rumour che vedeva la produzione in cerca di un attore sui quarant’anni: gli attori che verranno vagliati, infatti, dovranno avere tra i 28 e i 32 anni. Soprattutto, dovranno essere volti nuovi, o attori televisivi che non sono ancora delle grandi star.

Un aspetto che dovremo tenere presente sarà proprio quello delle riprese estive: gli attori impegnati in serie televisive in partenza nell’autunno 2011, infatti, saranno impegnati nelle riprese delle stesse. Sembra poi escluso il ritorno di Brandon Routh, così come possiamo direttamente scartare Jon Hamm (il quale per primo rideva del rumour che girava ormai da qualche tempo). Deadline cita Ian Somerhalder di The Vampire Diaries, ma proprio le riprese della serie dovrebbero rendere improbabile una sua partecipazione.

Michael Hoffman per il remake di Gambit

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Il regista Michael Hoffman (The Last Station) ha firmato il contratto per dirigere il remake della commedia britannica Gambit del 1966, scritto dai fratelli Coen. Secondo Deadline, il progetto ha finalmente trovato i finanziamenti dalla Crime Scene Pictures, e si prevede di iniziare le riprese a Londra nel mese di maggio. Il casting dovrebbero iniziare a breve.

Valeria Golino, star internazionale

Valeria Golino, star internazionale

Valeria Golino – Amata dagli uomini, invidiata dalle donne per la sua indubbia bellezza, risultato di un felice incontro tra Italia e Grecia. Due occhi azzurri e profondi e quella voce roca, poco apprezzata in patria – dove è stata spesso doppiata – ma che le ha portato fortuna all’estero.

È Valeria Golino, nata a Napoli il 22 ottobre 1966 da padre italiano, insegnante, e madre greca, pittrice. Dopo un’infanzia trascorsa nel capoluogo campano, dove il nonno gestiva l’albergo “Bella Napoli”, quando i genitori si separano, si trasferisce ad Atene con la madre e il fratello, trascorrendo però in Campania le vacanze. Verso i 12-13 anni, un problema fisico le dà l’occasione di cominciare a varcare i confini europei: deve infatti sottoporsi a un intervento chirurgico a Chicago per una scoliosi. Qui, durante la convalescenza, impara l’inglese. A 15 anni si trasferisce a Roma dallo zio – il noto giornalista Enzo Golino, che in quegli anni è all’Espresso – per fare la modella. Proprio grazie alle frequentazioni dello zio, Valeria conosce Lina Wertmüller, che la dirigerà nel suo esordio cinematografico: Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada (1983). Si tratta di una commedia dai toni satirici, dove la giovane attrice interpreta Adalgisa, figlia di Ugo Tognazzi (il deputato Vincenzo De Andreis). Wertmüller la dirige di nuovo l’anno successivo, ma la sua prima apparizione in un ruolo da protagonista è del 1985, quando il regista Peter Del Monte la sceglie per interpretare Mara, la babysitter diciottenne del piccolo Tommaso, in Piccoli fuochi, una pellicola che indaga l’universo infantile, muovendosi tra realtà e fantasia e rinunciando a facili stereotipi. Il bambino, trascurato dai genitori, inventa tre amici immaginari, si invaghisce della sua tata e, vedendo nel fidanzato di lei un ostacolo al loro amore, lo uccide appiccando un incendio. L’attrice resta sentimentalmente legata al regista per due anni. Del Monte tornerà a sceglierla nel ’90 per il suo Tracce di vita amorosa, dove reciterà accanto a Stefania Sandrelli, e nel 2000 per Controvento.

Nel frattempo, Valeria ha deciso di lasciare la scuola e dedicarsi totalmente alla recitazione, da autodidatta. Nell’ ‘86, la vuole Citto Maselli per il suo ritorno alla regia dopo Il sospetto (1975), in Storia d’amore. La Golino interpreta Bruna, una ragazza della periferia romana che vive una situazione familiare ed esistenziale difficile: un padre vedovo e dei fratelli a cui badare, un lavoro e una vita sentimentale tormentata. Per quest’interpretazione, a soli vent’anni, si aggiudica la Coppa Volpi come miglior attrice al Festival di Venezia e il Nastro d’Argento a Taormina. L’anno successivo, partecipa, nel ruolo di Nora Treves, al film Gli occhiali d’oro di Giuliano Montaldo, tratto dall’omonimo romanzo di Giorgio Bassani. Si tratta di una delle prime produzioni internazionali cui Valeria partecipa.

Ma la vera svolta in questo senso è determinata dal suo trasferimento oltreoceano. Nel 1988, infatti, è a Los Angeles, dove condivide un appartamento con l’amica Greta Scacchi. Il caso vuole che cominci a proporsi alle case di produzione americane proprio quando il regista Berry Levinson è in cerca di un’attrice non troppo conosciuta e dalle modeste pretese economiche, oltre che non molto alta, da affiancare a Tom Cruise in Rain Man – L’uomo della pioggia. La trova proprio in Valeria, che compare nel ruolo di Susanna, appunto la fidanzata di Charlie Babbit, in questo racconto per immagini del rapporto tra due fratelli (Tom Cruise/Charlie Babbit e Dustin Hoffman/Raymond Babbit), che si ritrovano dopo esser stati separati da piccoli a causa della malattia di Raymond, autistico con spiccate doti logico-matematiche.

Il film conquisterà quattro premi Oscar, tra cui quello a Dustin Hoffman per la sua magistrale interpretazione di Ray. Nello stesso anno, la Golino partecipa a La mia vita picchiatella, sequel comico-fantastico del primo film di Tim Burton Pee-wee’s Big Adventure. Sul set conosce l’attore portoricano Benicio Del Toro, a cui si lega in una relazione che durerà fino al 1992. Inoltre, l’attrice continua a proporsi per numerosi film, tra cui Pretty Woman, per la parte di Vivian, e per il ruolo della Dottoressa Mannus di Linea mortale, ma in entrambi i casi ad essere scelta sarà Giulia Roberts. Nel ’91 sarà invece la Golino ad ottenere una parte in L’anno del terrore, avendo la meglio su Sharon Stone. In questi anni, coltiva amicizie internazionali. Tra queste, quella con Sean Penn, che le propone di partecipare al suo esordio dietro la macchina da presa, Lupo solitario, incentrato sul rapporto problematico tra due fratelli: Joe Roberts (David Morse), poliziotto, e Frank Roberts (Viggo Mortensen), un reduce dal Vietnam con tendenza all’autodistruzione e all’aggressività. L’attrice campana interpreta la messicana Maria. Lo stesso anno Jim Abrahams la recluta per la sua demenziale parodia della cinematografia hollywoodiana Hot Shots!, sceneggiata insieme con gli autori di L’aereo più pazzo del mondo, David e Jerry Zucker. La Golino è Ramada Thompson, bella psichiatra che affianca il tenente Topper Harley/Charlie Sheen. Parteciperà anche a Hot Shots! 2. Assieme all’interpretazione di Susanna in Rain Man, si tratta di uno dei ruoli che le danno maggior notorietà negli Usa.

Valeria Golino, star internazionale

Nel ’92 torna al cinema nostrano, lavorando al fianco di Diego Abatantuono e Claudio Bisio in Puerto Escondido di Gabriele Salvatores, che segue lo riuscitissimo Mediterraneo. In questa nuova pellicola, Valeria interpreta Anita, la compagna di Alex/Bisio, col quale organizza traffici più o meno leciti per sbarcare il lunario in Messico. Saranno loro ad accogliere il fuggiasco Mario/Abatantuono, borghese distinto, direttore di banca, scappato da Milano alla volta dell’America Latina dopo aver assistito a un omicidio. Del cast fa parte anche Fabrizio Bentivoglio, già protagonista, assieme ad Abatantuono, di un altro successo di Salvatores, Turnè, e che qui recita in un ruolo secondario. Bentivoglio e la Golino avranno una relazione che durerà circa dieci anni. Li troviamo insieme nel ’94 ancora su un set italiano, quello del film Come due coccodrilli di Giacomo Campiotti, alla sua seconda prova alla regia. Qui si affrontano le problematiche legate alla crescita dell’individuo. Bentivoglio/Gabriele è figlio di Giancarlo Giannini/Pietro, nato da una sua relazione extraconiugale e costretto dalle circostanze a vivere col padre assieme ai due fratellastri. I continui conflitti sfoceranno nella sua fuga. Da adulto, dopo aver covato per anni profondo odio per la famiglia, non approfitterà dell’opportunità di vendicarsi e anzi si riconcilierà col passato. Valeria Golino interpreta la madre di Gabriele, Marta.

Due anni dopo la ritroviamo oltreoceano, nel primo episodio di Four Rooms, quello diretto da Allison Anders, dove l’attrice recita nel ruolo della strega Athena accanto a Madonna, cimentandosi in un rito per evocare la propria dea. È diretta anche da Mike Figgis per un cameo in Via da las Vegas e da John Carpenter in Fuga da Los Angeles. Nell’ormai nota altalena tra Italia ed estero, l’attrice, che non si vuol far mancare nulla, recita nel nostro paese in Escoriandoli di Antonio Rezza e Flavia Mastrella. Una coppia quest’ultima tra le più dissacranti, creative ed ironiche del nostro teatro – rigorosamente non di narrazione –  ma che non disdegna cinema e televisione. I due si cimentano qui in un lungometraggio dai toni surreali dove campeggia, al solito, Rezza, trasformista della mimica e del linguaggio, che ricopre vari ruoli, ma si fa affiancare da molte talentuose attrici cinematografiche: appunto Valeria Golino, ma anche Valentina Cervi, Claudia Gerini e Isabella Ferrari. Nel ’97 e nel ’98 la nostra attrice è diretta da Soldini, per il quale interpreta la tarantina Maria (Grolla d’Oro come Miglior Attrice a Sant Vincent) in Le Acrobate e da Francesca Archibugi in L’albero delle pere. Si cimenta anche nella miniserie tv La vita che verrà.

Nel 2000 varca di nuovo le frontiere dello stivale e la ritroviamo in Le cose che so di lei, dove condivide il set con Glenn Close. Due anni dopo, recita accanto a Christopher Walken nella serie tv Giulio Cesare e con l’amica Salma Hayek in Frida. Ma questo è senza dubbio l’anno di Respiro di Emanuele Crialese. È infatti con questo film che Valeria ottiene il Nastro d’Argento a Taormina, per la sua interpretazione di Grazia, madre sui generis in un sud tradizionalista che la rifiuta e la allontana. Dopo essersi affacciata anche al cinema francese, dove condivide con Gérard Depardieu i set di San-Antonio (2004), 36-Quai des Orfèvres (2004) e Olé! (2005), torna al cinema italiano con La guerra di Mario (2005) di Antonio Capuano, in cui interpreta la madre affidataria di un bambino difficile. Per questo ruolo si aggiudica il David di Donatello come Miglior Attrice. Il regista partenopeo tornerà a sceglierla per la sua ultima pellicola L’amore buio. Anche qui sarà alle prese col disagio giovanile, in qualità di psicologa che tenterà di aiutare un adolescente incarcerato per stupro. Il 2005 la vede anche sul set di Texas di Fausto Paravidino, in cui recita accanto allo stesso regista e a Riccardo Scamarcio. L’attrice si lega a Scamarcio, che è il suo attuale compagno. In questi ultimi anni è ancora apparsa in numerose pellicole italiane. Ricordiamo la sua interpretazione in Caos Calmo (2007) di Antonello Grimaldi, dove veste in maniera impeccabile i panni della cognata di Nanni Moretti, donna dall’animo fragile con la sua vita sconclusionata, parte di quel carosello di personaggi che abilmente il regista fa muovere attorno al protagonista e che sembrano presentarsi a lui per cercare aiuto, anziché offrirgliene in un momento difficile come quello della morte della moglie. Sarà però anche grazie a loro coi loro piccoli problemi quotidiani, che prenderà coscienza del procedere dell’esistenza, nonostante tutto, imparando ad apprezzare di nuovo la vita.

Andrea Molaioli l’ha diretta poi nel pluripremiato La ragazza del lago. Piccioni l’ha voluta per il difficile ruolo di protagonista in Giulia non esce la sera (2008). Qui interpreta al meglio la complessa personalità di Giulia, detenuta con permesso di lavoro e istruttrice di nuoto, affatto pentita del crimine commesso, ma col rammarico che le sue scelte l’abbiano costretta a separarsi dalla sua unica ragione di vita: la figlia. Giulia la spia durante i permessi di uscita per seguirne da lontano l’esistenza, ma non ha il coraggio di parlarle. Un barlume di ottimismo sembra arrivare grazie all’incontro con uno scrittore in crisi creativa, anche lui fragile e con poca fiducia in sé (Guido/Valerio Mastandrea). I due si scoprono simili e si scambiano affetto e consolazione, ma ciò non è sufficiente ad impedire il tragico epilogo della vicenda. L’attrice ha dichiarato di aver visitato il carcere di Velletri per interpretare questo personaggio e di esserne rimasta positivamente colpita, per il trattamento profondamente umano riservato alle detenute, seppure in una condizione difficile in sé come quella carceraria. Nel 2008 partecipa al film documentario La fabbrica dei tedeschi di Mimmo Calopresti, riguardo al tragico rogo alle acciaierie Thiessen Krupp di Torino, costato la vita a sette operai nel dicembre 2007.

Lo scorso anno è stata al fianco di Sergio Rubini nel suo L’uomo nero. Affresco di provincia pugliese fortemente autobiografico da parte del regista, che tratteggia il personaggio di  Ernesto Rossetti – da lui interpretato – ispirandosi alla figura paterna. È la storia di un capostazione con la passione per la pittura e della sua famiglia nella Puglia degli anni ’60. Rubini rende qui abilmente la mentalità asfittica e tarpante propria di un certo sud, non solo in quegli anni, pronto a stroncare sane ambizioni di crescita e vittima esso stesso di quel complesso d’inferiorità affibbiato dal nord, ma poi interiorizzato. Valeria Golino è perfetta nei panni di Franca, moglie di Ernesto, insegnante, che sa stare accanto al marito e ne rispetta la passione per l’arte, anche se lo vorrebbe più attento alla famiglia. I due hanno un figlio, il vivacissimo Gabriele. Con la sua fantasia, il bambino scompagina i rigidi schemi del suo mondo. Nel ruolo del fratello donnaiolo di Franca, lo zio Pinuccio, proprio Riccardo Scamarcio, anche lui pugliese doc, che riesce ottimamente in questo divertente ruolo da commedia.

Quest’anno, poi, l’attrice partenopea si è anche cimentata alla regia, col cortometraggio Armandino e il Madre. Pochi giorni fa ha dichiarato che le piacerebbe poter dirigere proprio il suo compagno Scamarcio in un prossimo futuro. Intanto, è in questi giorni nelle sale, La scuola è finita di Valerio Jalongo, che vede la Golino nei panni di un’insegnante. Il regista, anch’egli docente, dà la sua lettura del decadimento educativo e culturale dell’istituzione scolastica.

Da registrare anche qualche incursione dell’attrice nel mondo della musica. Sempre all’insegna delle collaborazioni internazionali, ha partecipato nel ’96 al video dei R.E.M. per il brano Bittersweet me, contenuto nell’album New Adventures in Hi-Fi. Si è poi cimentata nel canto, fin dal ’91, interpretando The man I love per la colonna sonora di Hot Shots!, per concludere con i Baustelle che nel 2009 hanno voluto proprio la sua particolare voce roca per Piangi Roma, brano di chiusura della colonna sonora del film Giulia non esce la sera, vincitore del Nastro d’Argento al Festival di Taormina come Miglior canzone originale.

Dalla vita in poi: recensione del film

Dalla vita in poi: recensione del film

Può una ragazza sulla sedia a rotelle sposare un uomo che sconta una pena di 30 anni per aver ucciso un uomo? Ma prima ancora, possono due persone ‘sconfitte’ innamorarsi in tali situazioni? Dalla vita in poi racconta proprio la storia di Katia e Danilo e del loro amore, nato per caso e per sbaglio come quello di Rossana per Cyrano. Il regista Gianfrancesco Lazzotti ci racconta un melodramma con toni da commedia, incastrando coraggiosamente per il panorama italiano storie dolorose e difficili con un linguaggio che fa sorridere.

Molto bravi gli attori protagonisti di Dalla vita in poi, Cristiana Capotondi che fa di tutto per togliersi di dosso la sua immagine di perenne ragazzina riesce credibilmente a rappresentare la forza e il coraggio di questa donna affetta da distrofia muscolare ma non per questo sconfitta e arresa alla vita; allo stesso modo Filippo Nigro, che interpreta Danilo, offre come suo solito una buona interpretazione.

Notevole il lavoro fatto sulla raffinatissima e molto brava Nicoletta Romanoff che il regista ha voluto trasformare nella coatta Rosalba, forse esagerando e scadendo nel cliché. Ottimi anche i comprimari a partire da Insegno e Buccirosso che come sempre offrono interpretazioni convincenti. Intanto però se gli attori sono così bravi, la sceneggiatura non è molto omogenea presentando diversi punti di squilibrio che inficiano la riuscita di un film basato su un’idea non geniale ma innovativa.

Nel complesso Dalla vita in poi si lascia guardare, soprattutto perché è basato sui personaggi che muovono bene il racconto e ne portano a compimento la trama senza strafare, portando a casa un buon film. Interessante il titolo: è esattamente una battuta che Nigro/Danilo dirà a Capotondi/Katia: “Infondo tu dalla vita in poi sei normale”, riferendosi al contrario alla sua condizione di carcerato.

Downey lascia Cuaron

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Downey lascia Cuaron

cuaron

Robert Downey Jr. è definitivamente uscito dal progetto Gravity, nuovo film di fantascienza di Alfonso Cuaron.

Foto dal set di Men in Black III

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smith

Sono arrivate le prime immagini dal set di Men in Black III.

 

Robert Zemeckis smentisce Oz

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Zemeckis

Zemeckis smentisce la notizia sul Mago di Oz.

Continua il casting di Spider-Man

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Continua il casting di Spider-Man

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Mancano poche settimane alle riprese dello Spider-Man di Marc Webb e, Denis Leary è in trattative per interpretare il capitano George Stacy…

Cowboys & Aliens primo trailer!!

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Cowboys & Aliens primo trailer!!

cowboys

E’ online il lungo primo trailer di Cowboys & Aliens, il film fanta/western di Jon Favreau tratto dal fumetto di Fred Van Lente e Andrew Foley pubblicato dalla Platinum Graphics, e prodotto da Brian Grazer, Ron Howard e Steven Spielberg.

Harry Potter e I Doni della Morte – parte I – clip esclusiva

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Harry_Potter_e_i_doni_della_morteManca ormai pochissimo all’uscita nelle sale di “Harry Potter e I Doni della Morte – parte I”, ma Cine-filos per i meno pazienti ha in riservo una sorpresa: una clip esclusiva con i protagonisti e gli autori che svelano alcuni segreti, fanno vedere il set e le magie della settima avventura del maghetto tratta dall’ultimo libro della fortunatissima saga di J.K. Rowling.

Zemeckis per Il mago di Oz

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Zemeckis

Probabilmente sarà Robert Zemeckis a dirigere per la Warner Bros il remake del classico Il mago di Oz. La sceneggiatura sarà un adattamento del classico del 1939 diretto da Victor Fleming ed interpretato da Judy Garland.

Buon compleanno a Carlo Verdone!!!

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Verdone

Compie oggi 60 anni Carlo Verdone, uno dei comici più longevi ed amati del nostro cinema.


Harry Potter è già online

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Harry_Potter_e_i_doni_della_morte

Ancora pochi giorni, e Harry Potter e i Doni della Morte: parte I arriverà nei cinema di tutto il mondo. Ma, a quanto pare, il film è già online…

Sacha Baron Cohen e Larry Charles: The dictator

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Sacha Baron Cohen e Larry Charles: The dictator

sachabaroncohen

Sembra proprio che Larry Charles, regista di Borat e Bruno, tornerà a dirigere Sacha Baron Cohen nel suo ultimo film The Dictator, in cui il comico interpreterà addirittura due ruoli.

Lanterna Verde: ecco il primo trailer!!

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Lanterna Verde: ecco il primo trailer!!

green lantern

La Warner Bros. ha diffuso online il primo, lungo trailer di Lanterna Verde prima ancora della sua presentazione davanti alle copie americane di Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 1 venerdì.

A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

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A serbian film: recensione del film di Srđan Spasojević

A SERBIAN FILM: per una definizione di immagine estrema e immagine pornografia

La vera storia della guerra in Iraq è stata redatta dai media commerciali di massa: se siamo disposti a provocare questi disordini, allora dobbiamo anche affrontare le orrende immagini che conseguono da questi atti”

(Brian De Palma, a proposito di Redacted)

Cosa colpisce in A serbian film? Immagini estreme senza censura. Estremismo è fastidio, direbbero alcuni. Cappabianca definisce invece immagine estrema quella che riesce a mettere in crisi, in senso quasi fisico, la nostra stessa sicurezza; quella che si rifiuta di essere contemplata, anche in nome della sua bellezza formale o della sua acutezza intellettuale; quella che ci sconvolge perché non riusciamo più a credere che sia solo un’immagine.

Nel cinema la realtà più cruda diventa incorporea, ma qui qualcosa resiste: l’immagine trasuda disperazione e denuncia, diventando altro rispetto all’immagine in sé- intesa e come documento e come film. Sorretta da un contesto grigio e palpabile, quest’immagine prende vita, sanguina e grida. E il suo grido viene da lontano: è il grido represso a causa delle oppressioni inflitte da un potere tiranno. Il grido si fa immagine: immagine estrema.

L’immagine diventa immagine estrema, la quale, lontana dall’autoreferenzialità, trascende il film per divenire pura voce – e grido appunto.Ma cosa ha reso l’immagine, un’immagine estrema? La guerra, risponderebbe il regista in questo caso. Non tutte le immagini di guerra sono però immagini estreme. Debray avvalora quanto detto affermando che le immagini catturate dell’evento mass-mediatico non riescono più ad avere un vero e proprio valore di testimonianza. A serbian film: immagini di guerra in un film porno: la guerra diventa pornografia: nulla di più vero. Spettacolarizzata e commercializzata, l’immagine di guerra entra nelle nostre case tramite giornali, tv e trilioni di siti internet: totalmente svuotata di un senso altro, quest’immagine si guarda allo specchio incapace di esprimere altro da sé. In tal senso significa che l’immagine, ripresa dai media con intenti meramente commerciali, non sarà mai immagine estrema, ma immagine pornografica semmai, e sarà sempre piatta e priva di significati ulteriori.

“Questo film (A serbian film) è il diario delle angherie inflitteci dal Governo Serbo, il potere che obbliga le persone a fare quello che non vogliono fare, devono sentire la violenza per capirla”. L’immagine di A serbian film in tal senso si pone come immagine cognitiva: conoscenza della violenza e del contesto in cui tale violenza vive, ma non è solo tale. Lo spettacolo c’è, eccome. La violenza è spettacolarizzata dal momento che è pensata per essere commercializzata: lo snuffmovie all’interno del movie stesso è emblema dell’immagine capitalizzata e resa pornografica. L’immagine di A serbian film è immagine estrema dal momento che si pone oltre il documento pornografico- che pur denuncia- e si colloca nella sfera delle immagini che attivano processi cognitivi. Il processo cognitivo in tal caso è doloroso, ma perdura dal momento in cui attiva la coscienza e si distacca dall’immagine pornografica, la quale non innesca una conoscenza ma solo un momentaneo sentimento patetico.

Nel caso della guerra, l’immagine-documento spesso non riesce a rinviare ad altro che a sé stessa, allontanandosi dalla portata documentaria che dovrebbe avere, cercando un semplice approccio emotivo- e quindi effimero. L’avvento massmediatico non ha fatto altro che avvalorare tale tesi. Non a casa Brian De Palma per costruire il suo Redacted si serve dei mezzi propri dei massmedia (video dei militari americani) creando un falso documentario basato però su testimonianze vere. Perchè De Palma non ha usato i veri video?

Perché aveva bisogno di una drammaturgia alla base che distinguesse l’immagine pornografica dall’immagine che egli voleva creare: un’immagine conoscitiva appunto; De Palma con il suo lavoro conferma la tesi di Debray secondo la quale la fuga senza ritorno delle immagini che avviene giorno dopo giorno è un canale di ricambio per le memorie e una dissuasione per l’intelligenza.  Essa feticizza l’istante, destoricizza la storia, scoraggia lo stabilirsi della minima serie causale”.

Pasolini da parte sua per Salò e le 120 giornate di sodoma si ispira ai racconti del marchese De Sade: l’approccio filologico e concettuale- unito alla freddezza dell’immagine- dichiarano il voler prendere le distanze da qualsiasi forma di cinema emotivo e patetico-abitudine ci certo cinema americano- per cercare di instillare nello spettatore la coscienza- e perché no, la conoscenza- del male: lontani dal tempo dello “spettacolo”, che non funziona più nei termini del racconto, ma in quello della rappresentazione-sostituzionesimulazione.

A serbian film, la violenza allo statu puro

Nel caso specifico di A serbian film, la violenza è violenza allo stato puro che si fa spettacolo: spettacolo (pedo)pornografico pronto per essere fagocitato dai produttori(e dagli spettatori); l’immagine estrema in tal senso non sarà l’immagine violenta in sé, quanto piuttosto l’immagine di coloro che creano l’immagine pornografica in nome dell’arte, immagini di morte in nome della vita.

Non a caso le immagini più toccanti sono riprese di filmati girati in precedenza: lo stupro sul neonato esempio obbligato, simbolo della tirannia che offende prima ancora di poter parlare e della violenza che penetra prima ancora di venire al mondo; è la violenza fatta video e pensata per essere venduta, svuotata della sua gravità e resa oggetto del desiderio dello spettatore; ma proprio in virtù di tale distacco-formale in questo caso- e dell’evidente portata simbolica, quell’immagine-quasi impossibile agli occhi dell’individuo scevro dal contesto bellico- si presenta come immagine estrema, rinviando-attraverso un processo cognitivo- ad un contesto altro(bellico appunto).

Il dover riprendere in nome della conoscenza si rivela altrettanto falso della necessità di riprendere la morte in nome della vita: il tutto sempre a discapito del soggetto incapace di avere il controllo delle proprie azioni-drogato e indotto come lo è il nostro protagonista serbo- assoggettato dal capitale tiranno(non a caso sarà proprio il bisogno di denaro per poter fuggire dal paese a far si che il protagonista diventi vittima/carnefice del gioco di coloro che non si vedono mai); e la denuncia è tale che sembra quasi che il bisogno di pornografia sia causa di morte: il compulsivo bisogno di immagine si traduce in una scopofilia deviata che non lascia in pace il soggetto neanche dopo la morte: anche il corpo morto, dissacrato e offeso, è materia prima per uno show che must go on a discapito dell’arte, della vita e dell’intelligenza umana, prodotto dell’imperante capitale che promuove una cultura che vive all’insegna del trash e della pornografica.

Men in black 3: iniziate le riprese!

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smith

Il LA Times annuncia che le riprese di Men in Black III inizieranno ufficialmente oggi, anche se avranno un andamento decisamente inusuale: verranno infatti divise in due sessioni, la prima durerà da oggi alla settimana di Natale, e la seconda inizierà a febbraio.

 

Io sono con te: recensione del film di Guido Chiesa

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Io sono con te: recensione del film di Guido Chiesa

Io sono con te – Tantissime sono state ad oggi le riletture, rielaborazione e riproposizione della storia della natività. Tutti i punti di vista sono stati scandagliati in qualunque modo proponibile. Tra questi Guido Chiesa riesce a trovare un modo nuovo per rappresentare sullo schermo la storia più raccontata di tutti i tempi: quella di Maria e di suo figlio, Gesù.

Io sono con te racconta infatti la storia di Maria, dal concepimento fino alla celeberrima sparizione di Gesù che nel tempio di Gerusalemme per discutere con i dottori della legge. Nessun episodio evangelico è tralasciato: la natività, la visita dei pastori e dei Magi, la strage degli innocenti. Il vangelo preso ad esempio è quello di Luca, che più approfonditamente si attarda nei dettagli storici e si presta meglio degli altri alla trasposizione cinematografica. La bellezza di questo film, il suo lato enigmatico ed interessante risiede principalmente nei lunghi silenzi di Maria, una ragazza giovane ma determinata che parla poco, sorride tanto, ed ha ben chiaro in mente che l’amore incondizionato per suo figlio è l’unica cosa di cui egli ha bisogno. Contravvenendo a quasi tutte le norme della tradizione ebraica, Maria si troverà a combattere contro la struttura patriarcale della famiglia allargata nella quale andrà a vivere dopo il matrimonio con Giuseppe. Il cuore del film si rivela però nella discussione dotto che i Magi, molti più di tre, hanno a proposito del bambino che hanno visto, Gesù, e soprattutto della serenità della madre. La santità, la potenza, diranno i Magi, forse risiede non in poteri ultraterreni, in grandi capacità intellettive, ma nell’enorme capacità che ha l’uomo di amare il prossimo; in quest’ottica il contatto con la madre, l’amore che incondizionatamente essa gli dona, influisce sull’affettività del bambino a tal punto da condizionarne la vita successiva.

La ‘grazia’ di cui Maria è piena, viene qui trattata come una prerogativa totalmente umana, che si concretizza nell’amore e nella fiducia che ella infonde nel figlio già da piccolissimo. Nell’economia del film, la figura di Maria spesso proposta come etereo simulacro inarrivabile, diventa qui incredibilmente concreta e per questo imitabile, e di concreto esempio. Biologicamente è oggi dimostrato che l’essere umano si forma come essere capace di amare e di esercitare facoltà razionale sul modello genitoriale, di conseguenza, l’uomo che inviterà a porgere l’altra guancia deve aver avuto una madre fuori dal comune, per questo la storia qui raccontata vale soprattutto come modello antropologico, che si distanzia anche dalla sua radice religiosa e per questo ne fa un film non solo per coloro che credono, ma anche per quelli che non credono.

Chiesa conduce questa storia delicata e potente ma che si muove nel quotidiano con grande discrezione, seguendo i personaggi nel loro cammino e nelle loro scelte. Discutibile forse solo la scelta dei salti temporali marcati con scritte bianche su cartelli neri (ci sono molti espedienti grammaticali per far intendere un’ellissi temporale considerevole). Interessante invece l’aspetto costumistico del film che si distanzia dal quasi monocromatismo dei film sul medesimo argomento, in favore di colori brillanti e vivaci che si sposano con una fotografia cangiante e allo stesso tempo discreta, ottimo accompagnamento per la delicatezza della storia. Bravi anche gli attori, scelti tra non professionisti e non attori direttamente sul set in Tunisia, e interessante soprattutto per la veridicità della recitazione la scelta di farli recitare nel loro dialetto locale, facendo invece parlare i personaggi di un ceto sociale superiore in greco antico.

io sono con te

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