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Oscar 2018 previsioni: chi vincerà? Chi vorremmo vincesse?

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Oscar 2018 previsioni: chi vincerà? Chi vorremmo vincesse?

Anche gli Oscar 2018 causeranno qualche scontento, come ogni anno, come ogni premio. Ma a soli due giorni dalla cerimonia numero 90 per il prestigioso riconoscimento al cinema hollywoodiano, sono immancabili le previsioni sui vincitori, anche per uno show che negli ultimi anni ha riservato pochissime sorprese, a meno che non si sia trattato di cambi di busta involontari.

Oscar 2018 nominationecco tutti i candidati ai 90° Academy Awards

Di seguito ecco le nostre previsioni ai vincitori e, con piccola licenza, chi invece vorremmo vincesse la statuetta.

Oscar 2018 – le nostre previsioni

Miglior Film: Tre Manifesti a Ebbing, Missouri/Chiamami col tuo nome

Parla di vendetta, ma parla anche di perdono, due sentimenti molto differenti. Il primo condivisibile, l’altro auspicabile. Tre Manifesti è buon cinema, realizzato da solidi professionisti, da attori capaci, ancora di più è il film che meglio rappresenta i tempi di Hollywood. Una donna sola alza la voce contro il potere per trovare la giustizia che cerca. Tutto cade estremamente a pennello sulla situazione politica contemporanea che sta scuotendo Hollywood. Il film vincerà per motivi chiaramente socio-politici, perché “è giusto” che sia così, questo però non ne diminuisce il grande valore artistico.

C’è una ragione se Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino è riuscito a conquistare il cuore di tutti, fin dalla sua prima proiezione quasi un anno fa al Sundance Film Festival: il racconto universale sulla scoperta del desiderio e sull’accettazione del dolore incontra il linguaggio del cinema come unica via possibile per trasmettere certe emozioni, anche solo sussurrate. E quella scena finale (insieme al dialogo in coda tra padre e figlio) sono la testimonianza di un regalo del regista a noi, e a chi verrà dopo di noi. Un’opera di inestimabile bellezza che meriterebbe certamente questo premio.

Miglior Regia: Guillermo del Toro/Paul Thomas Anderson

A parte Greta Gerwig, autrice di un film piccolo ma prezioso, la cinquina di categoria mostra nomi con una forte idea di regia, per quanto, in alcuni casi (Jordan Peele) acerba. Guillermo del Toro è sulla scena da anni e questa volta ricompare in tutta la sua simpatica mole da protagonista nel panorama di Hollywood. L’Academy ha mostrato di amare il Messico, negli ultimi anni, e del Toro può continuare la tradizione. Lo fa forte di un film che riassume le sue idee di cinema, omaggiando i generi più vari, dal cinema erotico al musical passando per l’horror, con una grande coerenza. Il premio sarà suo.

Si, Guillermo del Toro è il favorito di questa stagione ed ha già portato a casa diversi premi (tra cui un Golden Globe e un Bafta), tuttavia crediamo sia altrettanto degno di un riconoscimento Paul Thomas Anderson per questa lettera d’amore al cinema e al suo attore feticcio Daniel Day Lewis, la vera luce all’interno di un film già di suo risplendente come Il Filo Nascosto. La concezione dell’immagine unita alla visione eterea, senza eguali nel panorama contemporaneo, fanno di questo straordinario autore il più innovativo dai tempi della New Hollywood. Un oscar, dopo quei capolavori de Il petroliere e The Master, sarebbe più che meritato.

Miglior Attore Protagonista: Gary Oldamn/Timothée Chalamet

Non perché sia la sua migliore performance in assoluto, ma perché è arrivato il suo momento. Come capitato con Leonardo DiCaprio, con Martin Scorsese e con altri mostri sacri di Hollywood, l’Oscar quanto arriva arriva, anche se non dovesse essere per la migliore performance (o per il miglior film) in carriera. Così Gary Oldman porterà a casa il premio per una perfomance filologica e precisa, ma forse priva di quell’anima così ribelle e allo stesso tempo elegante di cui l’attore inglese riempie ogni suo personaggio. L’abbondante make up inoltre aiuta. L’Academy ama le trasformazioni.

La maschera di Gary Oldman (perfetto nei panni del Primo Ministro Winston Churchill in L’ora più buia) ha già fatto incetta di premi, ma non sembra poterci lasciare traccia come l’interpretazione del giovanissimo Timothée Chalamet in Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino. Il ragazzo ci sa fare, ed è meraviglioso tanto quanto doloroso guardarlo struggersi per un amore che non sa controllare, quello che si prova per la prima volta e che ci distrugge l’anima. In molte scene Chalamet dimostra più maturità dei suoi anni, soprattutto in quell’inquadratura fissa lunga 7 minuti sul finale del film che ancora oggi fatica a togliersi dalla nostra testa.

Miglior Attrice Protagonista: Frances McDormand/Margot Robbie

Ha sbaragliato la concorrenza di contendenti giovani e rampanti e nel corso di tutta la stagione dei premi ha fatto sentire la sua voce fuori dal coro, priva di orpelli, essenziale e sempre memorabile, come la sua Mildred di Tre Manifesti. Adesso, a tanti anni da Fargo, Frances McDormand è pronta per il suo secondo Oscar e, scommettiamo, per un discorso che lascerà il segno. Nel caso di Frances non si tratta soltanto di un premio all’artista, ma anche alla struggente performance.

Il sudore, la determinazione, il coraggio, la sfacciataggine, l’ironia: c’è tutto (e anche di più) nell’interpretazione di Margot Robbie in I, Tonya. L’attrice è l’anima del film, autoprodotto e fortemente voluto, l’ennesima prova di un talento che avevamo già intravisto in The Wolf of Wall Street e Suicide Squad e che qui esplode in tutta la sua incredibile ferocia. Irresistibile, semplicemente favolosa, la Robbie meriterebbe davvero questa benedetta statuetta (con tutto il rispetto e l’ammirazione per un’icona come Frances McDormand).

Miglior Attrice Non Protagonista: Allison Janney/Laurie Metcalf

Sono stati tanti gli attori che hanno interpretato nella loro carriera personaggi sgradevoli. Ma una madre sgradevole verso la propria figlia è davvero un ruolo complesso da mettere in scena e nonostante Laurie Metcalf, diretta concorrente, sia stata una magnifica madre con cui entrare in conflitto in Lady Bird, Allison Janney è la genitrice da odiare, per la figlia (Margot Robbie) e per il pubblico). Una superba interpretazione che merita il riconoscimento, anche per una carriera sempre al top ricca di piccoli e preziosi ruoli.

Questa delle attrici non protagoniste è la categoria più tosta dell’anno: non sapremmo chi scegliere tra l’istrionica Allison Janney di I, Tonya, la materna e silenziosa Mary J. Blige di Mudbound o la spassosissima Octavia Spencer di La forma dell’acqua. Eppure una preferita ce l’abbiamo, ed è Laurie Metcalf. La mamma di Lady Bird è uno di quei personaggi che di raro si vedono sul grande schermo, ma grazie alla scrittura di Greta Gerwig e all’interpretazione della Metcalf, questa figura tradizionale del cinema viene trasportata in una dimensione nuova, ancora più fragile ma forte e complessa. Da oscar, è il caso di dirlo.

Miglior Attore Non Protagonista: Sam Rockwell/Richard Jenkins

Da sempre portatore sano di follia per tutti i personaggi sopra le righe che ha interpretato, Sam Rockwell è il favori e quasi sicuramente il vincitore di questo premio. Il suo personaggio mette in scena moltissimi umori e condizioni, grazie alla fine scrittura di Martin McDonagh e all’evoluzione psicologica del personaggio stesso, che mette in condizioni Rockwell di consegnarci la sua migliore performance nella vita.

È facile far rumore alzando la voce, ma entrare nello spettatore in punta di piedi, nei panni di un uomo solo e silenzioso è l’impresa che è riuscita a Richard Jenkins in The Shape of Water. Il suo personaggio non è coraggioso, né particolarmente brillante, né temerario, ma si prodiga per l’unica amica che ha, con i mezzi che possiede, e regala al film una tenerezza immensa. Se il mondo si fermasse ad apprezzare la lentezza e la delicatezza, Jenkins sarebbe il vincitore.

Miglior Fotografia: Blade Runner 2049

Ex Aequo con se stessp senza ombra di dubbio: Roger Deakins deve vincere il suo primo Oscar e vorremmo che lo vincesse lui. Dopo ben quattordici candidature, è ora che il maestro della fotografia porti a casa il riconoscimento che vale una vita di capolavori (ultimo fra questi Blade Runner 2049).

Miglior Sceneggiatura Originale: Tre Manifesti a Ebbing/ Lady Bird

Martin McDonaugh, inglese trapiantato nell’America di periferia di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, ha cercato di proporre la sua lettura di certi stereotipi e piaghe sociali che affliggono il paese a stelle e strisce: ne è venuta fuori una sceneggiatura sarcastica, cinica e sorprendentemente commovente, dai toni quasi tragici, che rappresenta in tutto e per tutto la vera gemma del film.

Che Greta Gerwig fosse una scrittrice sopraffina ne avevamo già avuto prova vedendo Frances Ha e Mistress America, le due pellicole da lei sceneggiate insieme a Noah Baumbach. Con Lady Bird, che ha anche diretto, è venuta fuori la sua vena più intimista che raccoglie le memorie del passato e traduce nel linguaggio dell’arte (e cioè della finzione, della proiezione su personaggi fittizi a cui vorremmo somigliare) quei ricordi di un’adolescenza comune. Potrà anche sembrare banale, eppure le trame tessute dalla Gerwig sono millimetriche, precise, e la storia circolare, insomma perfetta. Non c’è via di scampo, tra lacrime e grandi sorrisi. perché Lady Bird vola alto e sarebbe bello premiarlo con questa statuetta.

Migliore sceneggiatura non originale: Chiamami col tuo nome/Logan – The Wolverine

A 90 anni, James Ivory potrebbe diventare il premiato dall’Academy più anziano di sempre. Il regista e sceneggiatore di Chiamami col tuo nome si è brillantemente cimentato nell’adattamento dell’opera di Andre Aciman che ha fatto la fortuna di Luca Guadagnino. L’adattamento delicato e puntuale della storia, al netto delle differenze con il romanzo, mostra delle doti che l’autore non deve certo dimostrare ma che saranno senz’altro riconosciute da chi assegna i premi.

Scott Frank, Michael Green e James Mangold (anche regista) hanno scritto la storia. Logan è il primo cinecomic a ricevere una nomination in questa categoria così importante, un riconoscimento che arriva in vece di tutti quelli, magari ai migliori attori, che non sono arrivati per il film che ha segnato in qualche modo la storia del genere ad oggi più celebre e redditizio dell’industria. Sarebbe bello che Logan vincesse per le categorie in cui non è stato nominato, per consacrare la rivoluzione che ha segnato, soprattutto perché ha reso comune e normale, umano, un personaggio che siamo abituati a vedere, al cinema e nei fumetti, come un supereroe. Prima di ogni altre cosa però, il premio andrebbe a un coraggiosissimo e compiuto lavoro di adattamento.

Migliore scenografia: Blade Runner 2049/The Shape of Water

Dennis Gassner e Alessandra Querzola hanno riportato in vita il mondo di Ridley Scott, questa volta affidato alle mani di Denis Villeneuve. La costruzione degli ambienti, dai più piccoli ai più grandi e maestosi trasmettono il senso di decadimento, ma anche di esigenza di umanità del protagonista. Un lavoro da Oscar, senza dubbio, per un film che purtroppo non è stato considerato nelle categorie principali.

Il lavoro di squadra di Paul Denham Austerberry, Shane Vieau e Jeff Melvin ha permesso alla scenografia di The Shape of Water di essere narrante. Dalle sale fredde del laboratorio di ricerca, alla casa di Elisa, piccola e accogliente, persino per un dio pesce. Se il film fosse muto, come la sua protagonista, potrebbe senz’altro parlare con i suoi luoghi e i suoi oggetti. Una favola raccontata prima di tutto dalle stanze, dalle ambientazioni dove si svolgono le vicende dei protagonisti.

Miglior Colonna Sonora: The Shape of Water/Il Filo Nascosto

Magica e senza tempo, la musica composta da Alexandre Desplat per La forma dell’acqua ha il fascino dei classici che non invecchieranno mai. Nemmeno tra cent’anni, quando la favola di Guillermo Del Toro verrà mostrata alle generazioni dopo di noi e poi ai loro figli, per tramandare i messaggi universali dell’amore e del valore della diversità. Un ottimo lavoro di egregia fattura sicuramente candidato numero uno al premio.

La quota alternativa della categoria è lui, componente dei Radiohead e collaboratore di lunga data di Paul Thomas Anderson: Jonny Greenwood, un genio nel vero senso della parola, musicista ricco di contaminazioni e sfumature sperimentali che non smetterà mai di stupirci. Nemmeno con la magnetica colonna sonora composta per Il filo nascosto, autentico capolavoro che si sposa perfettamente ad un’opera altrettanto perfetta.

Miglior Canzone Originale: Coco/Chiamami col tuo nome

Remember Me di Coco (film d’animazione Pixar candidato quest’anno) è il collante sonoro dell’ennesimo gioiello della casa di produzione, un omaggio alla tradizione musicale messicana popolare che riassume in pochi versi e semplici accordi lo spirito della storia e il messaggio finale.

Vedere trionfare nella categoria miglior canzone originale Mystery of Love di Sufjan Stevens sarebbe un sogno, ma forse anche un’utopia. L’artista indipendente ha composto il brano appositamente per Chiamami col tuo nome, modellando le parole all’estate del desiderio di Elio, il protagonista del film. Il risultato è un brano commovente, quasi evanescente, come è ormai solito abituare i suoi fan il cantautore di Detroit.

Miglior film d’animazione: Coco/Loving Vincent

La Pixar è una cara vecchia amica dell’Academy e Coco è un gioiello della produzione Pixar. Sembra che i giochi siano già fatti e che il film possa portare a casa l’ennesimo Oscar per la casa di Produzione della Lampada. Come sempre il premio sarebbe meritato, basta aver visto le avventure di Miguel per essere d’accordo.

Un occhio all’arte e al fascino di un uomo tormentato realizzato con originalità. Loving Vincent potrebbe essere il film giusto per portare una ventata di novità nei premi Oscar 2018, anche se non sembra questo il campo in cui l’Academy vuole innovarsi, almeno per quest’anno.

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