Oggi Elio Germano
è una certezza del nostro cinema, il suo talento è ormai indiscusso
e apprezzato – tanto che questa nuova stagione cinematografica lo
vede protagonista con due progetti:
Suburra di Stefano
Sollima e Alaska di
Claudio Cupellini – ma a portarlo fin qui sono
state una manciata di scelte coraggiose, che non tutti al suo posto
avrebbero fatto.
Non tutti, ad esempio, sarebbero
passati altrettanto disinvoltamente dagli inizi teatrali al cinema
di Carlo Vanzina (Il cielo in una
stanza, 1999). Non tutti avrebbero accettato il ruolo
impegnativo, scene di nudo integrale comprese, interpretato in
Nessuna qualità agli eroi di
Paolo Franchi – poi regista dell’altrettanto
discusso E la chiamano estate. Non tutti
avrebbero scelto, in quello stesso 2007, di essere protagonisti di
Mio fratello è figlio unico, condividendo
la scena con l’attore del momento, Riccardo Scamarcio, e accettando
la sfida di distogliere l’attenzione del pubblico da lui per
attirarla su di sé, cosa che al nostro attore riuscì pienamente. Ed
è proprio grazie a questi due lavori che Elio
Germano s’impone all’attenzione di critica e pubblico.
Sette anni dopo, è un altro sentiero impervio quello per il quale
s’incammina, guidato da Mario Martone, scegliendo
d’interpretare un mostro sacro della letteratura italiana come
Giacomo Leopardi ne Il giovane favoloso,
e di provare a rendere una figura complessa, appesantita nel tempo
dall’approccio manualistico. Sentiero che percorre con
determinazione, riuscendo a mostrare il poeta sotto una nuova luce
e a farlo riscoprire. Una vera consacrazione, segnata dai
riconoscimenti (David e Nastro d’Argento) e dal successo al
botteghino, che sancisce la sua affermazione e ne conferma il
calibro di attore di razza, su cui il nostro cinema punta e punterà
in futuro.
Elio Germano,
classe 1980, è un trentacinquenne romano schietto, che non teme di
esporsi e impegnarsi per cause che condivide (la Fondazione Teatro
Valle Bene Comune ne è solo un esempio) o di mettere le sue
convinzioni in musica, come fa col suo progetto rap Bestierare. Per
lui impegno e politica sono nel quotidiano, dunque anche in ogni
scelta lavorativa, da operare sempre in coerenza con sé stessi e
con ciò in cui si crede. È spesso definito un antidivo, forse
perché non è il classico bello inseguito costantemente dai flash
dei fotografi; o perché non va a caccia di mondanità e si ostina a
vivere in un piccolo appartamento al Corviale, lui, nato a
Monteverde da famiglia benestante di origini molisane (Duronia, in
provincia di Campobasso).
Fin dall’inizio, Elio sa cosa vuole
diventare e già nel ’93 esordisce al cinema con Castellano
e Pipolo in Ci hai rotto papà.
Per il resto del decennio si forma alla scuola Teatro Azione e si
fa le ossa sul palco di diversi teatri romani, oltre ad iscriversi
(per poco) alla facoltà di Lettere e Filosofia. Nel ’99 arriva
l’opportunità di tornare al cinema con Il cielo in una
stanza di Carlo Vanzina e lui non se
la fa sfuggire, sapendo che può essere un ottimo trampolino di
lancio.
Così è, se negli anni successivi
alterna cinema e tv, che frequenta stabilmente, partecipando a
fiction come Un medico in famiglia 2,
Il sequestro Soffiantini, Ferrari,
Paolo Borsellino fino al 2005, per poi tornarvi
solo da protagonista nel 2012 con la miniserie di Andrea
Porporati su Felice Maniero, Faccia
d’angelo. Al cinema, si unisce al cast di
Concorrenza sleale (2001), recitando al
fianco di Diego Abatantuono e Sergio
Castellitto, sotto la direzione di un maestro come
Ettore Scola. Ma partecipa anche all’esordio
dietro la macchina da presa di Ivano De Matteo,
Ultimo stadio (2002). Lo stesso anno
prende parte al drammatico e poetico
Respiro di Emanuele
Crialese, che porta a casa due premi da Cannes – Gran
Premio e Premio della Critica Giovane. Mentre, nel 2004 è
protagonista, assieme a Silvio Muccino e
Violante Placido, della commedia generazionale di
Giovanni Veronesi Che ne sarà di noi.
Elio Germano si
presenta insomma come un attore versatile e senza preclusioni, cui
piace esplorare vari generi e media.
Nel 2005 partecipa all’opera prima
da regista di Libero De Rienzo, Sangue
– La morte non esiste. Ma gli avvenimenti importanti
di quest’anno per la sua carriera sono due: l’incontro con Gabriele
Salvatores, che lo vuole per il noir Quo vadis,
baby? – lo sceglierà di nuovo nel 2008 per
Come Dio comanda – e la partecipazione al
premiatissimo Romanzo Criminale di
Michele Placido, che mescola azione e ricostruzione storica nel
tratteggiare ascesa e caduta della banda della Magliana, sulla
scorta dell’omonimo romanzo di De Cataldo. È il caso
cinematografico dell’anno e darà vita all’omonima fortunata serie
tv. Qui Germano mostra le sue straordinarie doti d’immedesimazione,
che impreziosiscono anche i piccoli ruoli, interpretando il Sorcio,
“assaggiatore” d’eroina per conto del Terribile e poi della
banda.
Nel 2006 l’attore romano lavora per
la prima volta con Paolo Virzì in N
(Io e Napoleone). Il regista livornese lo sceglierà
ancora due anni dopo.
Pur avendo inanellato una serie di
importanti collaborazioni con alcuni tra i registi più quotati del
panorama italiano, Elio non ha ancora avuto la sua grande
occasione. Questa arriva nel 2007 assieme a un altro incontro
importante per la sua carriera: quello con Daniele
Luchetti, che lo dirige in Mio fratello è
figlio unico. Il suo talento può esprimersi appieno
nel caratterizzare il protagonista Accio, giovane nell’Italia degli
anni ’60, in cerca di punti di riferimento e alle prese con un
complesso rapporto col fratello maggiore Manrico (Riccardo
Scamarcio). L’interpretazione è intensa e vivida e riesce
a portare il pubblico dalla sua, facendo sbiadire l’astro di
Scamarcio, allora ai suoi massimi. S’impone così anche
all’attenzione della critica e arrivano i premi: David di Donatello
e Ciack d’oro come miglior attore protagonista, Globo d’oro come
miglior attore rivelazione e Premio Biraghi.
Nel 2008 Elio è il conduttore
radiofonico Marco Baldini nel film di Francesco Patierno
Il mattino ha l’oro in bocca e recita con
Michele Riondino nel lavoro tratto dal romanzo di Gianrico
Carofiglio Il passato è una terra straniera di
Daniele Vicari. Ma veste anche i panni del
venditore d’assalto nella commedia amara Tutta la vita
davanti di Paolo Virzì, e quelli del
disabile mentale Quattro Formaggi in Come Dio
comanda di Gabriele Salvatores. Due
prove molto diverse. La prima, apparentemente più semplice,
fortemente caratterizzata, ma senza mai scadere nella macchietta,
fa emergere come si possa perdere di vista la propria umanità e
quella altrui, fagocitati dall’ossessione per l’interesse
personale. La seconda, più impegnativa, lo porta ad esplorare gli
abissi del disagio psichico in un personaggio inquietante, dalla
doppia faccia.
Il 2010 porta grandi soddisfazioni
al nostro attore, perché la sua interpretazione toccante e mai
retorica di un operaio edile alle prese con un grave lutto e tre
figli da crescere, non solo gli vale plauso e premi in patria
(David e Nastro d’Argento come miglior attore protagonista), ma lo
fa apprezzare anche dalla giuria di un festival ambito come Cannes,
dove è premiato per la miglior interpretazione maschile, ex
aequo con Javier Bardem. Il premio mancava
all’Italia dall’ ‘87, quando andò a Marcello
Mastroianni.
Lo stesso anno, Germano interpreta
Folco Terzani nel film di Jo Baier La
fine è il mio inizio, ispirato all’omonima
autobiografia del giornalista Tiziano Terzani. Si
dà poi al cinema d’impegno civile e ritrova Daniele
Vicari, che lo dirige nei panni di un giovane giornalista
al G8 di Genova del 2001, nel potente Diaz – Don’t
clean up this blood (2012). È il protagonista attorno
al quale ruota il cast corale di Magnifica
presenza, diretto da Ferzan
Ozpeteck. Accanto a lui Margherita Buy, Beppe
Fiorello, Paola Minaccioni e Vittoria
Puccini. Ma è anche, assieme a Valerio
Mastandrea, Valeria Bruni Tedeschi e
Gianni Morandi, al centro del noir di
Edoardo Gabriellini Padroni di casa.
Torna poi a lavorare con Veronesi nella commedia
L’ultima ruota del carro (2013).
Nel 2014, il grande successo de
Il giovane favoloso, in cui la sua
potente e variegata interpretazione di Giacomo Leopardi, frutto di
un lavoro meticoloso sui testi e nei luoghi leopardiani, ha messo
d’accordo critica e pubblico, dando una seconda vita al poeta di
Recanati. Germano ha saputo restituire la vitalità, l’ironia,
l’intelligenza multiforme e perfino i piccoli vizi dell’uomo, come
il suo essere anticipatore e fuori dagli schemi, la grandezza del
mondo interiore e il genio del poeta, in contrasto con i limiti
imposti dalla natura, dall’ambiente e dalla società. Un vero e
proprio rovesciamento di prospettiva, che ha permesso al pubblico
di riavvicinarsi a Leopardi e ai suoi versi, proprio grazie al film
diretto da Mario Martone.
Cambiando di nuovo genere con la
disinvoltura che lo contraddistingue, Elio è oggi protagonista,
assieme a Pierfrancesco Favino e Claudio
Amendola, di Suburra di Stefano
Sollima, film di genere, d’azione e tensione, che pesca a piene
mani dall’attualità italiana, raccontando la mala Roma degli
intrecci tra politica e criminalità.
Lo vedremo ancora in primo piano,
assieme ad Astrid Berges-Frisbey, in una storia
d’amore immersa in atmosfere cupe e tesissime in
Alaska di Claudio
Cupellini, già regista del bel noir Una vita
tranquilla e di alcuni episodi di
Gomorra, la serie. Il film sarà in
concorso alla Festa del Cinema di Roma e, a giudicare dalle
immagini finora disponibili, quella di Germano si preannuncia come
un’altra interpretazione di tutto rispetto. Nel cast anche
Valerio Binasco e Marco
D’Amore.