E’ stata rilasciata una nuova foto
di The Amazing Spider-Man, nuovo
attesissimo film dedicato all’Uomo Ragno diretto da Marc Webb con
Andrew Garfield (The Social Network) nei panni del protagonista.
Completano il cast Emma Stone, Rhys Ifans, Martin Sheen, Denis
Leary, Chris Zylka, Irrfan Khan, C. Thomas Howell. Uscirà in Italia
il 4 luglio. Ecco la foto, in cui si vedono Peter Parker (Garfield)
e Gwen Stacy (Stone) chiacchierare nel corridoio della scuola.
Rooney Mara sarà nel
nuovo film di Spinke Jonze: le trattative sono in dirittura
d’arrivo. L’avvenente Lisbeth Salander del Millennium firmato David
Fincher prende il posto di
Il cast vocale de I Puffi
2, sequel del film dedicato a Grande Puffo e soci del
2011, si arricchisce con l’arrivo di Christina Ricci; la 32enne di
Santa Monica, recentemente vista in Bel Ami – Storia di un
seduttore, doppierà Vexi, la versione cattiva di Puffetta. Questo
secondo capitolo, come il primo, combinerà grafica computerizzata e
azione dal vivo. Verrà probabilmente confermato il cast, vocale e
non, del 2011, comprendente Neil Patrick Harris, Jayma Mays,
Hank Azaria, Sofía Vergara (questi primi quattro coinvolti nella
live action) e, in cabina di doppiaggio, Jonathan Winters, Katy
Perry, Jeff Foxworthy, Paul Reubens, Alan Cumming e George Lopez.
Alla regia, ci sarà ancora Raja Gosnell. I Puffi 2 dovrebbe uscire
il 31 luglio 2013.
Michelle Williams
– Appena trentenne e già può vantare tre nomination
all’Oscar. Star televisiva di fine anni novanta, alterna il cinema
indipendente a produzioni più imponenti. E lungi dall’essersi
cristallizzata nel ruolo dell’adolescente ribelle, la talentuosa
Michelle Williams si misura oggi con una delle più
grandi icone della storia del cinema.
Michelle Williams
nasce a Kalispell, un piccolo paese del Montana, il 9 settembre
1980. E’ la più piccola di cinque figli e nel 1983 la sua famiglia
si trasferisce a Solana Beach, in California, evento che sarà
importante per la sua futura carriera di attrice. La piccola
Michelle coltiva il sogno della recitazione già all’età di 8 anni,
quando rimane particolarmente colpita da uno spettacolo teatrale.
Il suo primo ingresso nel mondo dello spettacolo è facilitato dalla
sua vicinanza a Hollywood: appena ragazzina fa alcune apparizioni
in serie di successo come Baywatch, mentre nel 1994
debutta al cinema nel film Lassie, diretto da Daniel
Petrie.
A 17 anni decide di seguire il
sogno della recitazione, lasciando la famiglia dopo essere stata
legalmente emancipata dai suoi genitori. Si trasferisce dunque a
Los Angeles e ottiene uno dei ruoli più importanti della sua
carriera, quello di Jen Lindley, l’adolescente ribelle della serie
tv cult Dawson’s Creek. La sua Jen è una ragazza
trasgressiva e apparentemente superficiale che però matura e mostra
tutta la sua sensibilità nel corso della serie. Michelle diventa
molto amata dal pubblico grazie a questo ruolo, che interpreta per
le sei stagioni del telefilm, fino al 2003.
Michelle Williams: da star tv a
ritratto di un’icona
In virtù della popolarità
televisiva conquistata, rischia di rimanere prigioniera del
personaggio che l’ha resa celebre. Alterna tuttavia il serial con
alcuni ruoli cinematografici, scegliendo il cinema indipendente:
recita con Kirsten Dunst in Le ragazze della Casa Bianca,
nel 2001 è in Prozac Nation al fianco di Christina Ricci,
Jessica Lange e Jonathan Rhys Meyers.
La sua maturità di attrice prosegue
anche a teatro nella pièce Killer Joe e ne Il giardino
dei ciliegi di Anton Checov, diretto dal grande Mike
Leigh.
Il 2004 è uno degli anni più
importanti della sua vita, non soltanto per la sua carriera. Ang
Lee la sceglie infatti come coprotagonista nell’acclamato I
segreti di Brokeback Mountain, la storia della passione
tormentata fra due cowboy del Wyoming, interpretati da Heath Ledger
e Jake Gyllenhaal. Michelle interpreta la casalinga Alma, moglie di
Ennis Del Mar, la quale scopre che suo marito ama un altro uomo.
L’attrice mostra tutto il suo talento conquistando la critica
mondiale. Il film riceve una pioggia di candidature e premi in
tutto il mondo: la venticinquenne Michelle ottiene così le sue
prime nomination come Migliore attrice non protagonista
rispettivamente ai SAG, al Golden Globe, ai BAFTA e agli Oscar, e
si aggiudica il Critic’s Choice Movie Award nel 2006.
Ma Brokeback Mountain non
è soltanto fonte di soddisfazioni professionali per la giovane
attrice. Anche la vita privata di Michelle va incontro a una
svolta. L’attrice americana si fidanza infatti con Heath Ledger, al
quale rimane legata sino alla fine del 2007, prima della prematura
scomparsa del compianto attore il 22 gennaio 2008.
Il 28 ottobre 2005 Michelle dà alla
luce la piccola Mathilda Ledger, i cui padrini sono Jake Gyllenhaal
e Busy Philipps, amica dell’attrice dai tempi di Dawson’s
Creek.
Dopo una pausa dal set per
maternità, Michelle torna al cinema in L’amore giovane,
diretto da Ethan Hawke, adattamento dell’omonimo libro scritto
dall’attore, in cui offre una delle sue interpretazioni più
apprezzate.
Nel 2007 partecipa a Io non
sono qui, l’originale biopic su Bob Dylan con un cast stellare
che comprende Christian Bale, Cate Blanchett, Richard Gere, Heath
Ledger, Ben Whishaw, Julianne Moore e Charlotte Gainsbourg.
Michelle interpreta Coco Rivington, che corrisponde alla “It-Girl”
di Andy Warhol, Edie Sedgwick.
L’anno successivo è la protagonista
Jane nel thriller Senza apparente motivo di Sharon
Maguire, in cui è affiancata da Ewan McGregor.
Ritrova McGregor in Sex List – Omicidio a tre, con cui è
coinvolta in un triangolo amoroso insieme a Hugh Jackman.
Nel 2010 viene diretta da uno dei
più grandi autori di Hollywood, Martin Scorsese. Michelle recita
infatti in Shutter Island, dove
interpreta Dolores, la moglie defunta del protagonista Teddy
(Leonardo DiCaprio). Nello stesso anno, gira uno dei suoi film più
acclamati (ancora inedito in Italia): Blue Valentine. Nel
film indipendente diretto da Derek Cianfrance, Michelle è la
tormentata Cindy, della quale si racconta il matrimonio in crisi
alternato a flashback sulla relazione passata con Dean, un intenso
Ryan Gosling. Michelle mostra una grande versatilità, passando con
semplicità dalla studentessa di medicina bella e ingenua alla
matura donna sposata insoddisfatta del presente. La sua
interpretazione, caratterizzata da una potenza e da una profondità
strepitose, è accolta dalla critica e da nuove candidature:
Michelle è nominata infatti al Golden Globe e ottiene una nuova
nomination all’Oscar, questa volta come attrice protagonista.
Il 2011 è l’anno del grande
rischio. L’attrice decide infatti di misurarsi con una delle
maggiori icone del cinema, l’intramontabile Marilyn Monroe. Ottiene
infatti la parte della diva in My week with
Marilyn di Simon Curtis, basato sui diari di Colin
Clark, che era aiuto regista sul set de Il principe e la
ballerina, interpretato da Marilyn e da Laurence Oliver (qui
un magnetico Kenneth Branagh). Il film, in arrivo a giugno in
Italia con il titolo Marilyn, racconta la settimana
trascorsa dalla diva in Gran Bretagna durante la lavorazione del
film.
Michelle si prepara con assoluta
cura a questo ruolo, legge biografie, guarda tutti i film di
Marilyn, impara a muoversi e a parlare come lei, ma la sua
acclamata interpretazione non si traduce in semplice emulazione.
Michelle fa suo il personaggio, ne rivela il brio e le fragilità,
rendendolo personale e non imitandolo. Il suo perfetto ritratto
della diva è accolto da una nuova nomination agli Academy Awards e ai BAFTA come migliore attrice
protagonista, sino a vincere il Golden Globe. Nel suo discorso di accettazione
dedica il premio all’adorata figlia, affermando: “Mi considero
innanzitutto una madre, e un’attrice in secondo luogo”, rivelando
come essere madre sia per lei la priorità assoluta nella vita.
Oltre ad amare la recitazione,
Michelle colleziona libri rari e ha scritto una sceneggiatura,
intitolata Don’t Blink, che tuttavia non è stata ancora
realizzata.
A giugno debutterà negli States
Take this Waltz, un dramma romantico in cui Michelle
recita insieme a Seth Rogen. In occasione della presentazione del
film al Tribeca Film Festival, l’attrice si è detta disponibile per
un’eventuale reunion del cast di Dawson’s Creek, il che
dimostra che non ha affatto voltato le spalle al piccolo schermo,
né al ruolo che l’ha lanciata, ma ricorda con affetto gli anni che
le hanno regalato una certa notorietà.
Il prossimo anno vedremo Michelle
in Oz: The Great and the Powerful, diretto da Sam
Raimi. Nel prequel del classico Mago di
Oz, Michelle sarà Glinda, una delle streghe buone del
mondo di Oz, e affiancherà Mila Kunis, Rachel Weisz e James
Franco. Si tratta dell’ennesima dimostrazione della
versatilità di questa talentuosa attrice, di certo fra le più
promettenti che al momento Hollywood può vantare.
“Secondo me
potrebbero fare uno splendido film su Vedova Nera. Una sorta di
Bourne, riuscirebbe a portare il genere dei film tratti dai fumetti
in una direzione completamente inedita.”
X-Men 2 è il film
di Bryan Singer del 2003 con protagonisti nel
cast Hugh
Jackman, Patrick Stewart, Ian McKellen, Halle Berry, Famke
Janssen, James Marsden, Rebecca Romijn, Brian Cox, Anna Paquin,
Alan Cumming, Bruce Davison, Shawn Ashmore
X-Men 2, la trama:
Magneto è rinchiuso nella sua prigione speciale, senza che ci sia
la ben che minima traccia di metallo che lui possa usare per
fuggire. Intanto la sua adepta Mystica, nelle vesti del senatore
Kelly, è infiltrata nella Casa Bianca per monitorare l’equilibrio
della questione morale sui mutanti.
Una nuova insidia è alle porte
quando un mutante, chiamato Nightcrowler, attenta alla vita del
presidente. Per risolvere la situazione verrà chiamato il
colonnello William Stryker, uno scienziato militare che vede i
mutanti come un pericolo costante per l’umanità. Il suo è un piano
ben preciso: dopo aver estorto informazioni a Magneto, attacca la
scuola di giovani mutanti del professor Xavier, per catturarli ed
effettuare esperimenti su di essi, finché saranno sottomessi alla
sua autorità. Stryker non è nuovo del campo: è lui che in passato
ha fuso le ossa di Wolverine con l’adamantio.
I mutanti non troveranno altra
scelta che unirsi persino alla nemesi Magneto e fronteggiare una
situazione di emergenza.
X-Men 2,
l’analisi
Il secondo film degli
X-men vede ancora alla regia di Bryan
Singer, ma la qualità della produzione è notevolmente
migliorata. Gli spettatori si troveranno davanti una varietà di
originali mutanti (Nightcrawler, l’Uomo Ghiaccio, Pyro, Colosso,
Deathstrike), che non faranno altro che risvegliare anche
l’entusiasmo dei lettori del fumetto.
Rispetto al primo meno riuscito
film, il ritmo della narrazione in X-men 2 è
movimentato da elettrizzanti scene d’azione sin dall’inizio, basti
pensare alla quasi invisibilità di Nightcrawler nel suo frenetico
teletrasporto. Il tutto favorito da effetti speciali ben più curati
e originali.
Il lavoro degli sceneggiatori
Michael Doughetry, Dan Harris e David Hayter (già
sceneggiatore di X-men) riesce a produrre dialoghi più
coinvolgenti, contribuendo al rinnovo della monotonia presente nel
primo film. La loro abilità è stata portare sullo schermo una
pellicola composta da due parti, senza che queste siano
intervallate da un brusco sbalzo della storia: la prima non è altro
che il terreno riflessivo e a tratti divertente su cui si prepara
la seconda parte, caratterizzata da maggior azione.
In X-men 2
non si indugia sulle origini e il passato di protagonisti come
Xavier, Magneto o il gruppo degli X-men, ma viene ripreso il filo
della storia di Logan bruscamente accantonato nel precedente film:
si farà chiarezza sulle origini di Wolverine. Il tutto abilmente
fuso con la tematica già nota della discriminazione dei
mutanti.
A seguire nel successo
Singer c’è un cast di attori più maturo,
nonostante non avesse deluso neanche nel primo X-men. Le difficoltà
di portare avanti una trama con molti personaggi sono il dover
rendere adeguatamente tridimensionale ognuno di loro. E questo non
è avvenuto in X-men, come neanche in X-men 2. Ci
sono poche eccezioni in questo caso: Hugh Jackman, che interpreta Wolverine, riesce perfettamente a riportare il
personaggio fumettistico in tutte le sue sfaccettature; lo stesso
vale per Famke Janssen (Jean Grey). Dalla
parte opposta abbiamo James Marsden, ovvero
Ciclope, che, invece di costituire il leader forte e sicuro degli
X-men, viene fatto rapire a metà del film per poi rivederlo
soltanto alla conclusione.
Nel complesso X-men
2 è un riuscito film d’azione, tanto avvincente quanto
coinvolgente, che non risente dell’influenza negativa del
precedente. Questo fa sperare che anche il terzo film, incentrato
sulla figura di Jean Grey (come si intuisce dalla fine,
quando tra le acque del lago si intravedono le lucenti ali della
Fenice), continui sulla stessa linea.
Le attrici Diane Kruger e Emmanuelle Devos,
lo stilista Jean-Paul Gaultier e il regista Raoul Peck
affiancheranno Nanni Moretti, Presidente, nella giuria del Festival
di Cannes (16-27 maggio).
Clint Eastwood si ispirerà a Kurt Cobain per
il suo remake di E’ nata una stella. E’ stato lo sceneggiatore Will
Fetters che ha rivelato la cosa a CraveOnLine, spiegando come abbia
scelto di
La ‘strana coppia’ potrebbe
formarsi in occasione di The Secret Life Of Walter Mitty, il nuovo
lavoro Stiller si appresta a girare, dopo averlo tenuto in stand-by
per diverso tempo: Penn non avrebbe però uno dei ruoli principali,
limitandosi a una piccola parte. La storia, a cavallo tra realtà e
sogno, girerà attorno ad un fotografo che fugge dal grigiore
quotidiano immergendosi in sogni ad occhi aperti nei quali tra
l’altro riesce a vivere una storia d’amore con una collega,
interpretata da Kristin Wiig, oggetto dei suoi desideri
inespressi.
La scomparsa di un importantissimo
negativo costringerà però il protagonista ad interrompere la
propria apatica esistenza e ad abbandonare la sua immaginazione,
per vivere un’avventura nel mondo reale che, prevedibilmente,
cambierà la sua vita. Sul ruolo di Sean Penn al momento non vi sono
particolari: del resto deve ancora firmare il contratto, che lo
farebbe entrare in un cast del quale, oltre a Stiller e Wiig, fanno
già parte Adam Scott, Patton Oswalt, Josh Charles e Shirley
MacLaine. Il prossimo impegno di Penn sarà Gangster Squad a fianco
di Ryan Gosling ed Emma Stone, per il quale manca ancora una data
di uscita.
Saranno Alex Kurtzman e Roberto
Orci (Transformers, Star Trek) a scrivere la sceneggiatura del
secondo capitolo della nuova saga dedicata al tessiragnatele. La
Sony ha deciso di bruciare le tappe, premendo subito l’acceleratore
sul sequel, senza nemmeno aspettare l’esito del primo episodio del
rilancio dell’Uomo Ragno sul grande schermo: inizialmente il
compito era stato affidato allo stesso team, quello formato
da James Vanderbilt, Alvin Sargent (habituè dei film dedicati
al supereroe) e Steve Kloves (veterano della saga di Harry Potter),
che hanno completato una prima stesura; tuttavia lo stesso Kloves è
poi stato impegnato con la sceneggiatura di White House Down, e
dunque il testimone è passato A Kurtzman ed Orci.
La scelta causerà ovviamente
discussioni: i fan della coppia sono almeno pari ai suoi
detrattori, che in particolare non granché gradito La vendetta del
caduto o Cowboys and Aliens. L’uscita del nuovo film dedicato
all’Uomo Ragno è fissata per il 2 maggio 2014. L’accoppiata
Kurtzman – Orci sarà prossimamente all’opera in People Like Us,
debutto alla regia dello stesso Kurtzman, nel sequel di Star Trek,
previsto per il prossimo anno (scritto assieme a Damon Lindelof),
mentre trai progetti a più lungo termine vi è l’adattamento del
primo volume della saga sci-fi di Ender’s Game.
I fan di Owen Wilson sono ormai
abituati a vederlo protagonista di commedie o film più orientati al
dramma, molto meno in pellicole d’azione: la sua ultima
partecipazione a un film ‘adrenalinico’ risale a Behind the enemy
lines. Presto però Wilson tornerà ad essere al centro di un film
movimentato, per quanto rivestito anche di connotati drammatici:
The Coup, per la regia di John Erick Dowdle, lo vedrà nei panni di
un padre di famiglia che si trasferisce in un Paese del sudest
asiatico dove improvvisamente si svolge un colpo di stato.
Il protagonista dovrà portare in
salvo la famiglia fuori da una città messa sotto assedio dai
ribelli. Dowdle, che finora si è fatto conoscere con pellicole
horror come Quarantena o Devil, punta ad avviare le riprese in
ottobre. Owen Wilson sarà prossimamente nel nuovo film di Matthew
Weiner You Are Here e nella commedia Freezing People Is
Easy.
L’attore di Filadelfia potrebbe
affiancare Christian Bale in American Bullshit,
film ambientato nel Congresso Americano, la cui regia sarà curata
da David O. Russell, dopo che l’offerta di dirigerlo era stata
declinata da Ben Affleck.
Scritto da Eric Singer, il film
seguirà una vicenda realmente avvenuta, quella
dell’operazione Abscam, avviata negli anni ’70 dall’FBI
proprio tra alcuni membri del Congresso: l’indagine portò alla
scoperata di una compagnia utilizzata per coprire alcuni politici
corrotti. Il progetto è stato avviato dalla Sony, che sarebbe
vicina ad un accordo con Annapurna Pictures di Mega Ellison, per
condividerne le spese; della partita dovrebbe essere anche Charles
Roven, produttore del Cavaliere Oscuro. Le riprese dovrebbero
essere avviate in gennaio. Trai lavori messi in cantiere da Russell
vi sarebbero una biografia a carattere politico e The Mission, film
ruotato attorno al salvataggio di alcuni ostaggi, che avrebbe
suscitato l’interesse di Brad Pitt.
Il regista di Old Boy potrebbe
curare la regia di The Axe, tratto dal romanzo di Donald Westlake:
protagonista della storia è il manager Burke Devore che
improvvisamente licenziato a seguito di tagli al personale, si
troverà costretto a cercare un nuovo impiego: il problema è la
serrata concorrenza, che il protagonista cercherà di vincere,
eliminando fisicamente i probabili avversari.
Qualcuno se ne sarà già accordo: la
trama è la stessa di Le Couperet (Cacciatore di teste) di Costa
Gavras, uscito nel 2005 e infatti la fonte, il libro di Westlake, è
la stessa. Il regista coreano, attualmente al lavoro su Stoker con
Mia Wasikowska e Nicole Kidman, in fase di post-produzione, ha
dichiarato in una recente intervista di voler continuare a girare
film sia ad Hollywood che nella propria terra di origine.
Il sito hobbitfilm.it ha pubblicato una serie di
commenti e reazioni dei fan alla proiezione di 10 minuti de Lo
Hobbit – Un viaggio inaspettato. Le immagini sono state presentate
alla CinemaCon 2012
Una Giornata
Particolare è il film culto del1977 di Ettore
Scola con protagonisti nel cast Marcello
Mastroianni e
Sophia Loren.
Una giornata particolare, la trama:
Roma, 3 maggio 1938. E’ un giorno storico per l’Italia fascista e
per tutti gli italiani: il grande alleato tedesco, il Fuhrer,
giunge in visita nella capitale pronta ad accoglierlo con tutti gli
onori del caso. Palazzi e viali tappezzati da bandiere tricolori e
con svastiche del Reich, decine di migliaia di uomini, donne e
bambini pronti ad accorrere alla grande adunata per far sentire
tutto il proprio calore al capo di stato tedesco.
Antonietta (Sofia
Loren) dopo aver servito la colazione al burbero marito e
ai sei figli preparati di tutto punto per il grande evento rimane
sola nel silenzio della casa; per lei, grande ammiratrice del duce,
ci sono le faccende domestiche, niente adunata. Quando il merlo
esce dalla gabbia e si adagia sulla finestra della casa di fronte
Antonietta è costretta a bussare alla porta del solitario
proprietario che fortunatamente non è accorso, come tutti gli altri
nel palazzo, a salutare l’avvento di Hitler.
Gabriele (Marcello
Mastroianni) è un elegante quanto affascinante
annunciatore radiofonico verso cui Antonietta prova da subito
un’attrazione fortissima. I due si inseguiranno per tutta quella
lunga giornata prima a casa dell’uno e quindi a casa dell’altro, il
tutto sotto gli occhi della perfida e indiscreta custode del
palazzo che conosce le tendenze anti-fasciste del sovversivo
Gabriele.
Quando Antonietta scoprirà con
delusione le tendenze politiche dell’uomo non riuscirà a placare il
suo desiderio verso una persona così “insolitamente” gentile ma il
vero segreto che egli cela è in realtà un altro ed è il vero motivo
che gli ha procurato il licenziamento: è un omosessuale.
Una giornata particolare,
l’analisi
Analisi: E’ il
1977 quando Ettore Scola dirige questo raffinatissimo film di cui
cura anche la sceneggiatura insieme a Ruggiero Maccari e Maurizio
Costanzo. Una giornata particolare è un bellissimo
film in cui si tratteggia un quadro quanto mai esaustivo di
un’Italia fascista inquadrata però non attraverso le romantiche
lotte partigiane o le spettacolari adunate nelle piazze, ma tramite
la sua più semplice e normale quotidianità delle migliaia di
famiglie medio-borghesi che costituivano la così detta massa.
L’impressione che oggi suscita
maggiormente questo film risiede proprio in questo; ai nostri occhi
può apparire quasi incredibile come “l’uomo qualunque”italiano di
74 anni fa potesse aderire con tanto entusiasmo alla causa
mussoliniana e soprattutto con quanto calore aspettasse ed
accogliesse la venuta di uno dei più terribili mostri della storia
come Adolf Hitler.
Scola inserisce in questo
particolare contesto storico la vicenda che riguarda i due
protagonisti; la radiocronaca dell’evento echeggia perenne e
sonante come sfondo sonoro della storia ma di essa, appunto, rimane
solo come sfondo.
I personaggi di Antonietta e
Gabriele sono disegnati in modo straordinario e in modo
straordinario sono interpretati dai due protagonisti:
Antonietta/Loren è la classica moglie poco istruita e affascinata
dall’aurea del Duce che sogna come uomo ideale e che al contempo
accetta supina una vita da sguattera al servizio di un marito
insensibile e rozzo. Gabriele/Mastroianni è l’immagine
dell’intellettuale non allineato con la cultura del regime, non
politicamente impegnato ma attonito di fronte alla credulità
generale verso un regime tanto vessatorio. Quindi il dramma della
sua omosessualità che gli procura isolamento, violenze e
discriminazione sino alla perdita del lavoro.
Lo stile di Scola
è al solito di un’eleganza straordinaria; la sua commedia è meno
caciarona e popolana rispetto a quella di altri registi suoi
contemporanei, egli racconta a voce bassa, con inconfondibile garbo
ma non senza una notevole efficacia narrativa.
La particolarità di questo film
risiede nelle caratteristiche dei due protagonisti; è come se il
regista avesse invertito i soliti clichè che accompagnavano la
coppia per eccellenza del cinema italiano.
Mastroianni sveste
infatti i panni del donnaiolo impenitente che spesso vestiva al
fianco della Loren per interpretare un personaggio schivo, timido,
insicuro e introverso, attanagliato e torturato dall’impossibilità
di mostrarsi per come realmente è. La Loren dal canto suo non è la
solita chiassosa donna del popolo, che ha sempre interpretato
impeccabilmente, ma in questo film Scola vuole per lei un
personaggio più umile, indifeso e tremante che si vergogna della
propria ignoranza e che affronta malinconicamente un’esistenza
triste.
Una giornata
particolare è un film di una raffinatezza incredibile e
che riesce nella sua misura a raggiungere in determinate sequenze
una grandissima sensualità. Mai Sofia Loren e
Marcello Mastroianni hanno raggiunto un livello di
tale complicità e soprattutto di intima passione e fa quasi
sorridere che accada proprio quando Mastroianni interpreta la parte
di un omosessuale.
In questo film
Scola sottolinea ed evidenzia alcuni aspetti della
tipica cultura fascista soprattutto in relazione al ruolo della
donna: da una parte si esaltava l’importanza della famiglia e della
sua sacralità e dell’altra per il tipico uomo fascista era lecito
trattare le proprie mogli come serve mentre ci si concedeva di
continuo licenze varie in bordelli o in rapporti clandestini.
Una giornata
particolare è un bellissimo film che crediamo valga la
pena di essere visto.
La Corazzata
Potemkin è il film del 1925 di Serge
Ejzenštejn con Vladimir Barskij, Aleksandr
Antonov, Grigorij Aleksandrov, Konstantin Feldman, Beatrice
Vitoldi, Julia Eisenstein e Sergei M.
Eisenstein.
Cast: Vladimir
Barskij, Aleksandr Antonov, Grigorij Aleksandrov, Konstantin
Feldman, Beatrice Vitoldi, Julia Eisenstein, Sergei M.
Eisenstein
La trama de La corazzata
Potemkin: Odessa, 1905. La Russia zarista è scossa da
una serie di rivolte e sommosse che incrinano il suo governo
totalitario e oppressivo che da secoli riduce il popolo alla fame.
Sulle acque del Mar Nero, nei pressi del porto di Odessa,
l’incrociatore Potemkin vive giorni di grande tensione in quanto
buona parte della truppa è ormai insofferente alle penose
condizioni a cui è costretta da cinici ufficiali senza pietà.
Maltrattamenti vari e cibo avariato non sono più tollerabili ed il
vento della rivoluzione giunge anche tra i marinai sobillati dal
compagno Grigorij Vakulincuk (Aleksandr Antonov) che li esorta a
reagire.
Quando i ribelli vengono
individuati il comandante ordina la loro fucilazione; ecco la
scintilla che scatena la rivolta e l’ammutinamento di tutta la
truppa la quale getta in mare gli ufficiali di bordo. Durante gli
scontri però sarà proprio il leader della rivolta a perdere la vita
colpito a bruciapelo. Conquistata la nave, il cadavere di Grigorij
Vakulincuk viene portato sul molo del porto e qui esposto come
martire della rivoluzione anti-zarista. In poche ore tutta la
popolazione di Odessa tributa il suo omaggio alla salma del
marinaio e solidarizza con gli ammutinati della Potemkin.
Ma la reazione delle truppe dello
zar non si farà attendere e sorpresa la folla inerme sulla grande
scalinata che guarda verso il mare compirà una strage di civili.
Intanto la squadra ammiraglia zarista circonda l’incrociatore
ribelle ma non se la sentirà di infierire sugli eroici compagni
pronti a morire.
La corazzata Potemkin
Analisi: Siamo
abbastanza sicuri che il colto Paolo Villaggio quando interpreta lo
sfortunato rag. Fantozzi nel memorabile “Il secondo tragico
Fantozzi” non pensi veramente che il film “La corazzata
Potemkin” sia “una cagata pazzesca”, per usare il suo
colorito commento. Il capolavoro del maestro Sergej M. Ejzenstejn
del 1925 è indubbiamente una delle pietre miliari del cinema
mondiale, punto di riferimento per generazioni di registi.
Finanziato dal governo sovietico in
quanto straordinario strumento di propaganda rivoluzionaria il film
di Ejzenstejn è una sorta di colossal che impressiona per i mezzi
utilizzati a partire dall’incredibile numero di comparse. Ma è a
livello tecnico che questo film si fa apprezzare ancora oggi da chi
vuole analizzarne le scelte puramente registiche; a partire dalle
inquadrature mai banali o fini a se stesse ma sempre pronte a
cogliere elementi chiave del corso narrativo sino alle varie scelte
di luci che conferiscono uno straordinario effetto visivo.
In Ejzenstejn convergono una
serie di influenze stilistiche che vanno dall’espressionismo al
futurismo sino al cubismo, una commistione tra cinema e arte visiva
che testimoniano la grandezza di questo regista.
La struttura narrativa voluta da
Ejzenstein è simile alla composizione di un’opera sinfonica, cinque
atti che si susseguono senza perdere il filo del racconto: “uomini
e vermi”, “dramma sul ponte”, “il sangue grida vendetta”, “la
scalinata di Odessa” e “passaggio attraverso la squadra”.
Come in un’opera, ovviamente, un
ruolo fondamentale è ricoperto dalle musiche scritte e composte per
il film da Sostakovic il quale riesce ad accompagnare le varie
sequenze cogliendone ogni volta il fulcro emotivo alternando quindi
note di grande drammaticità ad altre dal ritmo tambureggiante,
tensione ed euforia, in uno straordinario susseguirsi di
emozioni.
In realtà le musiche di Sostakovic
furono adattate al film diversi anni dopo in una delle tante
riedizioni che modificarono, in parte, il lavoro iniziale di
Ejzenstejn. La primissima versione fu proiettata al teatro Bol’soj
di Mosca in occasione del ventennale della rivoluzione del ’05. Per
molti anni il film rimase precluso ai paesi occidentali ed ebbe in
ogni caso scarso successo di pubblico, quindi nel 1950 si fece una
prima riedizione con musiche scritte da Nicolaj Kriukov e in Italia
arriverà solo nel 1960 con la voce narrante di Arnoldo Foà.
Oggetto di dibattiti e confronti
critici La corazzata Potemkin ha sempre pagato il
peso di essere un film di propaganda con il conseguente
interrogativo se sia giusto o meno affibbiare al cinema tale
compito politico. Indubbiamente questo film rappresenta un momento
chiave nella vita e soprattutto nel percorso artistico di Sergej
Ejzenstejn il quale qui trova una sorta di punto di incontro tra
avanguardia e tradizione, tra formalismo e idealismo.
2001 Odissea nello
spazio è il film capolavoro del 1968 di Stanley
Kubrick, basato su un soggetto di Arthur C.
Clarke. Nel cast del film protagonisti Keir
Dullea, Douglas Rain (voce di HAL 9000), Gary
Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter,
Margaret Tyzack, Robert Beatty, Sean Sullivan.
Trama del film 2001
Odissea nello spazio
Africa. Quattro
milioni di anni fa. Un gruppo di scimmie entra inspiegabilmente in
contatto con un misterioso monolite nero. L’eccezionalità del
rinvenimento segna per sempre il loro cammino evolutivo. Gli
ominidi infatti, si scoprono mossi da nuove motivazioni, legate ora
alla conquista della facoltà raziocinante. Primo esempio di tale
avvento, l’intuizione di poter fare di un osso abbandonato un’arma
di difesa/offesa.
Luna, 2001. Quattro milioni di anni
dopo, viene ritrovato sulla superficie del satellite, un identico
monolite, in grado di generare un potente campo magnetico. Allo
scopo di chiarire cosa si nasconda dietro tale scoperta,
un’astronave guidata da Hal 9000, intelligenza artificiale in grado
di interagire con l’uomo, parte in missione alla volta di Giove,
pianeta verso il quale il monolite sembra aver lanciato un
segnale.
Il suo equipaggio, costituito da
Frank Poole, David Bowman e tre scienziati ibernati, dovrà però far
presto i conti con l’inaspettata insubordinazione di Hal. Il
computer, dopo aver eliminato Poole ed i tre astronauti ibernati,
verrà disattivato da Bowman. Quest’ultimo, risucchiato in seguito
in un’altra dimensione spazio-temporale, si ritroverà, invecchiato,
in una stanza di inizio settecento. Qui, vedrà per l’ultima volta
il monolite nero, prima di rinascere sotto forma di feto cosmico
(Starchild).
Il significato
di 2001 odissea nello spazio significato
In merito al significato di
2001 Odissea nello spazio, tale film intende suscitare
nello spettatore un forte impatto emotivo; lo stesso Kubrick
affermò: «Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato
filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare
un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con
il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio»
Kubrick rispose così a quanti
tentarono, dopo aver assistito alla proiezione di 2001: Odissea
nello Spazio, di articolarne una lettura composita e sistematica.
Frutto della rielaborazione dei racconti ‘La
Sentinella’ (1948), ‘Encounter in the Dawn’ (1950) e ‘Guardian
Angel’ (1950), dell’autore britannico Arthur C.
Clarke, 2001 Odissea nello Spazio è
sicuramente un’opera ambiziosa. Considerato oggi uno dei capolavori
della cinematografia, in occasione della ‘prima’ fu boicottato da
critici e produttori, i quali abbandonarono anticipatamente la sala
in segno di disappunto.
L’episodio, pur amareggiando
fortemente il regista, non segnò comunque il fallimento della
pellicola. Confermò invece l’imperscrutabile potenza della stessa,
a tal punto singolare anche per gli addetti ai lavori, da
condizionarne negativamente la visione. Impossibilitati a
riconoscervi l’intensa ispirazione e l’ingegnosa intuizione del
visionario regista, si limitarono a stigmatizzare le difformità di
un film che, pur presentandosi come ‘fantascientifico’, andava ben
oltre le convenzioni del genere.
Lontano dall’intento di comporre un
quadro narrativo coerente dal punto di vista logico-temporale,
Kubrick
colloca l’Immagine a fondamento del suo film. Questa, sapientemente
vivificata, si fa disegno, intreccio, trama ed infine ponderato e
corroborato raccordo tra l’Uomo, il Tempo e lo Spazio. L’Uomo,
guidato nel compimento di un viaggio in cui principio e fine
convergono, si qualifica come tale in rapporto alla ‘macchina’. Hal
9000, epurato dai classici stilemi, rappresenta un’intelligenza
artificiale ‘eletta’, in grado di rapportarsi con l’Uomo ed a lui
equiparata nell’accentuata predisposizione alla contraddizione così
come nella tendenza, quasi naturale, a ricercare, nel momento del
trapasso-disattivazione, il riparo dell’infanzia.
Il ritorno alle
origini, all’incontaminato ed all’indeterminato, è per Kubrick
testimonianza di un risveglio ed allo stesso tempo, impagabile
esperienza di conoscenza. Nella trascendenza di un contatto che
ricorda quello con la ‘Legge’ ne ‘Il Processo’ di Kafka, l’Uomo si
avvicina all’Assoluto e quindi ad una ‘verità prima’. Kubrick,
suggerendo l’idea di dimensioni spazio-temporali valicabili,
propone molteplici livelli di consapevolezza e variabili di
condotta innumerevoli, valicando temerariamente i confini della
logica.
Intensamente suggestivo e passato
alla storia anche per la poderosa colonna sonora, tra cui
ricordiamo il brano di Richard Strauss tratto da ‘Così parlò
Zarathustra’, 2001: Odissea nello Spazio, è in grado di stimolare,
come nessun altro film, l’umano desiderio
dell’’incommensurabile’.
Le curiosità sul film di Stanley
Kubrick, 2001 Odissea nello spazio
Nel 1991 la pellicola è
stata giudicata di rilevante significato estetico, culturale e
storico, e inserita nella lista di film preservati nel
National Film Registry della Biblioteca del
Congresso degli Stati Uniti. Nel 1998 l’American Film
Institute l’ha inserito al ventiduesimo posto della classifica
dei migliori cento film statunitensi di tutti i
tempi, mentre
dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al quindicesimo
posto.
Le inquadrature all’inizio del film
non sono altro che diapositive ad alta risoluzione proiettate con
il sistema rivoluzionario (per l’epoca) del “front
projection”, inventato dallo scrittore di
fantascienza Murray Leinster. Questa
tecnica innovativa, dopo essere stata brevettata il 20 dicembre
1955 da Leinster, venne impiegata per la prima volta proprio
in 2001: Odissea nello spazio.
Alla fine della prima scena del
film in cui Guarda-la-Luna lancia un osso in aria, è presente una
svista: l’ominide tiene in mano un femore, ma a roteare in aria è
invece una tibia. In realtà l’errore non fu di Kubrick ma di un
operatore al quale il regista, al termine di una giornata di
riprese, aveva chiesto di riprendere un osso lanciato in aria nel
cortile dei teatri di posa. Non prevista dal copione,
quest’inquadratura farà parte di quel brillante match
cut, divenuto uno delle scene più note del film, che collega
due epoche estremamente distanti.
Gli ominidi nella parte
iniziale del film sono dei mimi e dei ballerini, accompagnati da
vere scimmie nel ruolo dei cuccioli. La specie in questione doveva
essere glabra e priva di indumenti, impensabile per la moralità
dell’epoca, così si è optato per una anteriore totalmente irsuta.
Gli animali cacciati sono dei tapiri, specie sudamericana
assente nel Pleistocene, scelti in alternativa ai selvaggi e
aggressivi facoceri riportati nel romanzo.
Kubrick decise di utilizzare una
proiezione frontale per produrre fondali nelle scene dei paesaggi
africani degli ominidi, in quanto le tecniche tradizionali non
producevano l’aspetto realistico che Kubrick desiderava. La tecnica
consisteva nell’utilizzare un proiettore per impostare precisamente
lo scenario ad angolo retto alla telecamera, e in uno specchio
semi-riflettente posto ad un angolo di fronte alla telecamera che
rifletteva l’immagine proiettata in avanti, direttamente con
l’obiettivo della telecamera, su un fondale appositamente
progettato.
Così lo schermo era in grado di
riflettere in modo più efficiente la luce della immagine proiettata
rispetto al soggetto realizzato in primo piano. La tecnica è stata
utilizzata ampiamente nel settore cinematografico, nonostante
nel 1990 venga in gran parte sostituita dal green screen.
Per gli scatti all’interno della navicella, Kubrick usava un
30-short-ton (27 t) rotante costruito dalla Vickers-Armstrong
Engineering Group ad un costo di 750 mila dollari. Il diametro del
set era di 12 metri circa ed era largo 3 metri.
Nessuno se lo sarebbe mai
aspettato, neanche lui. Eppure eccolo pronto a pubblicare la sua
nuova opera Io e Te, tratto dal
libro di Niccolò Ammaniti.
Bernarndo Bertolucci in un’intervista dichiara che
la parte più interessante dell’intera storia è l’essersi deciso a
fare un film, l’aver ritrovato la giusta e buona ispirazione per
scendere in campo.
Bernardo Bertolucci: il
cinema dell’ultimo maestro
Io e
Te, rappresenta un bell’epilogo (per ora) della
sua carriera, e il cineasta è sceso sul set riproponendo tutte
quelle caratteristiche che lo hanno reso celebre, criticato e
soprattutto amato dal suo pubblico.
L’analisi di questa nuova pellicola
nasce dalle analogie con le sue opere antecedenti, alcune delle
quali presentano molti punti di contatto. L’analisi della struttura
di Io e
Te traccia un netto richiamo a
L’Assedio, film girato in un unico ambiente da cui ne
deriva il riferimento sartriano con Huis Clos.
Ma se in
L’Assedio Bertolucci mette in luce la
difficoltà di inserimento nella società italiana degli immigrati
alla ricerca di un futuro migliore, in Io Ballo da
Sola, egli esalta la condizione degli espatriati, che
a differenza dei primi, si chiudono in realtà altamente alienate e
surreali, ma sempre ai confini con la realtà circostante.
La sua poetica è invasa da un senso
di eleganza e alienazione, in cui la ricostruzione del presente
avviene grazie al passato, e la bellezza della realtà acquista
maggior potere nell’attimo in cui si recide il cordone ombelicale.
Il passato rimane passato, il presente nasce e si sviluppa e
effonde quel sentimento che da valore a ciò che abbiamo vissuto: la
malinconia. Shandurai in L’Assedio sembra quasi una venere ambrata
in un palazzo rinascimentale nel cuore di Roma. I suoi lineamenti
forti si scontrano con la morbidezza e perfezione delle statue
greche in mostra sulle mensole della casa aristocratica, ed è nel
silenzio sacro avvolto da note classiche che la donna trova la sua
dimensione. Shandurai riesce ad articolare i suoi giorni, portare
avanti i suoi studi e rispettare i suoi obblighi lavorativi grazie
alla forza datale dai ricordi.
Eppure nelle storie di
Bernardo Bertolucci non esiste mai una
congiunzione, nell’attimo in cui lo spettatore crede che le due
estremità del cerchio si uniscano: il passato trova la sua
conseguenza cronologica nel presente, tutto improvvisamente si
spezza, si ferma. La crescita dei suoi personaggi si evolve verso
direzioni nuove, Chandler, come Penelope, trascorre le sue giornate
romane ad attendere il suo uomo, e con meticolosità e gelosia
custodisce il suo sentimento per lui.
Ma è l’inatteso a
rendere Bernardo Bertolucci attraente e
interessante. Le sue verità hanno sempre la parvenza
dell’assolutezza ma basta un poco per farle traballare e a
confutarle. È questo che tradisce Isabelle, in The Dreamers, quando si volta a cercare
Matthew con lo sguardo, ma segue senza esitazione Theo.
Eppure, i tratti più veri dei suoi
personaggi sono manifesti negli attimi di
perdizione. Bernardo Bertolucci descrive
con infinita accuratezza l’intimità delle figure femminili,
soprattutto divertendosi ad esplicitarne la loro natura più celata
negli istanti di totale abbandono e libertà, tutto questo tramite
l’impiego della musica. Spesso, nei suoi film, i suoi personaggi
danzano, si sfogano in un ballo liberatorio che demonizza ogni
paura ed esplicita ogni desiderio.
La danza di Lucy di Io
Ballo da Sola ha il sapore di una passione ancora mai
gustata, ma vissuta e immaginata mentalmente in ogni suo dettaglio,
diversi invece i movimenti di Shandurai che trasmettono un senso di
inettitudine per la realtà che la circonda.
Poco da dire invece per il tango
che ha tenuto stretti
Marlon Brando e Maria Schneider, alimentando
maggiormente un fuoco ancora tutto da esprimere. I momenti di
musica sono onnipresenti nelle sue opere, e sarà lui stesso ad
affermare, in una sua intervista, che : “I momenti di musica
permettono di dire molto di più di quello che si dice nella prosa.
I momenti di musica sono degli spazi poetici in cui ci si può
attardare.”
Nei suoi racconti il regista riesce
a cogliere in pieno l’intimità della donna, la cui delicatezza è
sempre affiancata da quella forza primordiale che la rende sì
elegante, ma anche perversamente attraente. È questo forse il
concetto primo di Ultimo Tango a Parigi, in cui
Bertolucci stesso affermò che la passione e
l’energia creata sul set andarono oltre qualsiasi suo progetto,
dando vita a verità che scossero la società dell’epoca. Egli
dichiara in un’intervista “Sta succedendo qualcosa con questo
film che materializza la mia idea di cinema. Il film scappa alle
mani del regista, ha una sua vita autonoma e parte per una
direzione che nessuno può più controllare”.
Questa fu la pellicola con cui il
suo nome è stato immortalato nella storia del cinema. Se in maniera
semplicistica il film è stato ritenuto oltraggioso ai valori morali
e ai costumi dell’epoca, in realtà l’intera storia ha sguinzagliato
una serie di ideali che si pongono alla base della rivoluzione
culturale e morale degli anni ‘70. Non volle semplicemente
comunicare la voglia di esprimersi, Bertolucci tramite una
combinazione accurata di primi piani, carrellate lente e
introspettive nei personaggi, dialoghi spezzati ma concettualmente
completi, si fa portavoce di un nuovo pensiero che da 40 anni a
questa parte domina le coscienze di noi tutti. La stessa Pauline
Kael vide in questa storia la via di uscita di una società troppo
chiusa nei propri spazi e confini e scrivendo di questo film,
disse: “Questo che è il più potente film erotico mai fatto può
rivelarsi il film più liberatorio mai fatto.”
Arriva il nuovo spettacolare
trailer di G.I. Joe –
La Vendetta diretto da John Chu. Il video è introdotto
da uno dei protagonisti, Dwayne Johnson. Nel nuovo filmato viene
mostrata una Londra in frantumi. In questo capitolo inoltre entra
in scena Joe con il volto di Bruce Willis.
Inoltre ecco i primi Character poster italiani del film:
Ecco l’intervista
a Amber Heard in cui ci racconta del suo
personaggio in The Rum Diary. Tratto
dal primo romanzo di Hunter S. Thompson,
The Rum Diary racconta la storia del
giornalista free lance Paul Kemp (Johnny
Depp).
Stanco della confusione e della
follia di New York e delle pesanti convenzioni sociali dell’America
negli ultimi anni di Eisenhower, Kemp si trasferisce a Puerto Rico
per scrivere su un quotidiano locale, The San Juan Star, diretto da
Lotterman (Richard Jenkins). Adeguatosi volentieri all’abitudine
dell’isola di bere continuamente rum, Paul è ossessionato da
Chenault (Amber Heard), la bellissima americana del Connecticut
fidanzata con Sanderson (Aaron Eckhart). Sanderson, un uomo
d’affari implicato in loschi investimenti immobiliari, è uno dei
sempre più numerosi imprenditori americani decisi a trasformare
l’incontaminata Puerto Rico in un paradiso capitalistico a
disposizione dei ricchi. Quando Sanderson lo assume per scrivere a
favore del suo progetto, Kemp ha di fronte a sé una scelta: usare
le sue parole per sostenere il corrotto uomo d’affari o usarle per
attaccare il suo progetto.
Arriva anche in Italia
Quella Casa nel Bosco (The
Cabin in the wood), opera prima di Drew Goddard (già produttore e
sceneggiatore di Cloverfield,Alias e Lost), scritta
assieme a Joss Whedon, regista dell’imminente
The Avengers.
La pellicola è reboante e ribalta
completamente il genere, rendendolo cruento, allucinogeno e
terrificantemente divertente. Quella casa nel
bosco comincia come tantissimi horror: un gruppo di
giovani sfrenati composto da cinque compagni di college va in gita
in campagna, in un’isolatissima casetta, per un week-end di
dissolutezze, ma subisce l’attacco di orripilanti essere
sovrannaturali e trascorre una notte di infinito terrore tinto da
fiumi di sangue. I ragazzi cominciano a comportarsi come tutti gli
eroi dei tipici film horror, mentre un gruppo di tecnici rinchiusi
in una sala operativa scruta, e spesso controlla, ogni mossa dei
ragazzi. La storia dietro il loro coinvolgimento è solo l’ombra di
un’inquietante e sorprendente verità.
Fin dalle prime battute
Quella casa del bosco rappresenta un film
che ha nelle sue peculiarità intrinseche la capacità di dispiegare
con assoluta efficacia i tipici cliché del genere che hanno fatto
la storia dell’Horror. Tuttavia, quello che colpisce della
pellicola, e che gli conferisce autorevolezza, è la capacità
incredibile di demolire passo dopo passo le convenzioni del genere
stesso con vertiginosa e spietata follia. Questo avviene grazie
alla capacità degli autori di saper giocare con una certa maestria
con le regole del gioco, sovvertendole a più riprese e rendendo la
narrazione davvero sorprendente e coinvolgente. Questo permette al
film non solo di intrattenere lo spettatore con entusiasmanti colpi
di scena e macabre deliranze ma crea anche uno spunto riflessivo e
intelligente su tutto il genere horror che negli ultimi dieci anni
ha assunto delle pieghe poco piacevoli, trame prevedibili, assoluta
incapacità di sorprendere e la becera esasperazione della violenza.
Quella casa del bosco, con la sua fresca passionalità per il
genere, dispiega sobriamente tutti gli stilemi tipici senza
eccessivi sproloqui che sarebbero fuori luogo e alleggerendolo da
quelle figure “idiote” che spesso popolano negli ultimi anni questa
tipologia di storia.
Sorprende anche in questo contesto
la capacità di Goddard e
Whedon di offrire al pubblico più fedele e
appassionato gloriosi momenti di grande meta-cinema, con continue
citazioni di personaggi e avvenimenti che hanno segnato la storia
di tutto il genere, instaurando con lo spettatore un vero proprio
gioco volto a cogliere quella o l’altra citazione, riuscendo a
rimanere sempre fedele alle proprie intenzioni.
Quella casa nel
bosco offrirà gloriosi momenti di meta-cinema insieme a
omaggio al genere horror.
La forza del film è proprio quella
di saper strizzare l’occhio al genere ma al contempo allontanandosi
ed offrendo un nuovo ritorno al rituale del cinema horror, quello
che non deprezza la suspence, i colpi di scena e il sano humor, a
discapito di strumenti di tortura, dialoghi inutili e giovani
protagonisti omologati.
Che i 74esimi Hunger
Games abbiano inizio! Arriva anche in Italia il fenomeno
di incassi Hunger Games, basato sul primo romanzo
della saga scritta da Suzanne Collins e portata al
cinema da Gary Ross.
Ogni anno a Panem, Capitol City
indice gli Hunger Games, un reality all’ultimo
sangue in cui 24 giovani tra i 12 e i 18 anni si sfidano in
un’arena fino a che non ne rimane solo uno. I 24 giovani vengono
estratti a sorte dai 12 Distretti sudditi di Capitol City, un
ragazzo e una ragazza per ogni Distretto. Il giorno della
mietitura, ovvero quando avviene questo spietato sorteggio, Katniss
si troverà costretta ad offrirsi volontaria per salvare la
sorellina Primrose, estratta a sorte trai nomi del Distretto numero
12. Sorteggiato con lei, per il Distretto 12, è Peeta, un ragazzo
silenzioso che nasconde un grande segreto che potrebbe salvare la
vita di Katniss. Il film porta con sé una grande aspettativa da
parte dei moltissimi fan, anche italiani, che hanno amato il libro,
e come adattamento questo film diretto da Ross è decisamente
fedele. Sceneggiatura e casting si adattano perfettamente ad un
romanzo che sarebbe stato sacrilego tradire.
Ad interpretare Katniss è stata
scelta Jennifer Lawrence, bella e grintosa, che
riesce a contenere nella sua espressione dolce una moltitudine di
caratteristiche che si confanno alla perfezione al ruolo
assegnatole: la giovane Katniss è una cacciatrice, agile e spietata
con le sue prede, ma sicuramente più insicura quando si tratta di
uccidere esseri umani; porta con lei il tenero pensiero per la
giovanissima sorella, la sola che riesca a far breccia nel suo
cuore indurito dalla sofferenza. Peeta invece è interpretato da
Josh Hutcherson, che forse fisicamente non
incarna perfettamente il personaggio del romanzo, ma riesce con
un’ottima prova d’attore ad essere il miglior Peeta possibile.
Hunger Games racconta molto della critica sociale
presente nel romanzo: la società del reality e dell’apparenza
vengono entrambe messe alla berlina, poiché a Capitol City
rappresentano una esagerazione della realtà, compreso il regime
bonariamente dittatoriale del Presidente Snow, più un tiranno che
un vero e proprio capo di governo.
È importante tener presente questi
aspetti di critica sociale spiattellati con violenta chiarezza sia
nel film che nel romanzo, altrimenti si rischierebbe di fare di
questo evento mediatico, solo un film acchiappa-soldi, quando
invece può benissimo rappresentare, come pochi film possono fare,
una riflessione ragionata e concreta su un società che sta
sfuggendo di mano a se stessa. Unico difetto del film è forse una
regia troppo confusa, specialmente nella scene di battaglia che
disorientano lo spettatore, ma a parte questo il film si fregia di
una colonna sonora d’eccezione composta da James Newton
Howard e di un cast eccellente che accanto agli
straordinari protagonisti, vede
Stanley Tucci,
Woody Harrelson,
Elizabeth Banks, Lenny Cravitz e Donald Sutherland. Che i 74esimi Hunger Game
abbiano inizio, e possa la fortuna essere sempre dalla vostra
parte!
A quanto pare, il cinema italiano
non si limita a sfornare commedie demenziali e opere di chiaro
stampo cabarettistico-televisivo, ma riesce a ritagliarsi qua e là
degli spazi più complessi, spazi di riflessione che diano vita a
pellicole di qualità. È il caso del lungometraggio firmato da
Fabrizio Cattani (nel 2006 autore de Il
Rabdomante), Maternity Blues.
In Maternity Blues
Quattro donne, quattro madri diverse eppure unite da un dramma
comune: l’infanticidio. Clara, Eloisa, Caterina detta “Rina” e
Vincenza trascorrono le ore in un ospedale psichiatrico
giudiziario, zona-limbo in cui il tempo sembra sospeso, un rifugio
e al tempo stesso una prigione in cui espiare la propria colpa.
L’ultima arrivata è Clara (una straordinaria Andrea
Osvart), fresca di carcere e ancora sotto shock, incapace
di accettare il perdono del marito Luigi (Daniele
Pecci), che nel frattempo ha cambiato vita trasferendosi
in Toscana. Eloisa (Monica Birladeanu), cinica e
apparentemente indifferente alla propria situazione, mostrerà nel
corso della storia una fragilità che la avvicina alle altre. Rina
(la giovane Chiara Martegiani), ex ragazza-madre
che ha affogato la figlia in una vasca da bagno, lotta contro
sporadiche crisi epilettiche e sogna un futuro “normale”. Vincenza
(Marina Pennafina), tiene un diario in cui scrive
quotidianamente ai 2 figli rimasti in vita, sorretta da una fede
religiosa che tuttavia non la porterà al perdono. Tra loro nascerà
un’amicizia che è accettazione ma anche condanna dell’altra e di
sé, un tentativo di sopravvivere insieme al senso di vuoto generato
dal più incomprensibile dei gesti.
Cattani affronta un tema scomodo e
per questo suscettibile di letture frettolose, spesso superficiali,
cercando di fotografare quello che oggi è un disturbo sempre più
diffuso: la depressione post partum. Partendo dal testo teatrale di
Grazia Verasani “From Medea”, da cui la sceneggiatura a 4 mani del
film, l’autore rappresenta senza condanna un malessere di cui si sa
ancora troppo poco, ma che colpisce fino al 30% delle donne. Certo,
nei confronti delle madri-assassine non c’è nemmeno alcuna forma di
assoluzione/giustificazione, bensì la volontà di andare oltre
facili pregiudizi, nel tentativo di comprendere una realtà il più
delle volte filtrata dai mass media.
In Maternity Blues
le riprese dall’alto delle sedute di gruppo restituiscono
visivamente il senso di claustrofobia e di vertigine che attanaglia
le protagoniste, trasferendolo abilmente sullo spettatore. Ottime
le musiche, firmate da Paolo Vivaldi, e le scenografie di Daniele
Frabetti riescono a descrivere la solitudine delle esistenze che si
consumano tra le pareti dell’ospedale. Con un budget di 400mila
euro, Maternity Blues uscirà nelle sale in 15 copie dal prossimo
venerdì.
Martedì 24 aprile: The
Rum Diary – Cronache di una passione: Paul Kemp è un
giornalista freelance che si trova ad un punto di svolta della sua
vita mentre sta scrivendo per un giornale in abbandono nei Caraibi.
Paul viene sfidato su più livelli mentre cerca di trovare un posto
più sicuro per se, in mezzo ad un gruppo di anime perse tutte
decise all’autodistruzione.
Mercoledì 25 aprile:
Il castello nel cielo: Per sfuggire ai pirati
dell’aria la giovane Sheeta cade da un aereo, ma si salva levitando
nell’aria e atterrando dolcemente tra le braccia di Pazu, un
giovane minatore che decide di prendersi cura di lei. Mentre si
susseguono i tentativi di catturare Sheeta e la misteriosa pietra
che la ragazza porta al collo, cresce la consapevolezza che Sheeta
nasconda dei segreti che vanno ben oltre quel che l’apparenza
sembri indicare, legati a una misteriosa città nel cielo, Laputa,
di cui si favoleggia l’esistenza.
The Avengers: I supereroi più famosi si riuniscono in
una squadra di personaggi leggendari come Iron Man, l’incredibile
Hulk, Thor, Captain America, Occhio di Falco e Vedova Nera. Quando
la comparsa di un nemico inatteso minaccia la tranquillità e la
sicurezza del mondo, Nick Fury, direttore dell’agenzia
internazionale per il mantenimento della pace conosciuta come
S.H.I.E.L.D., si trova ad aver bisogno di una squadra che salvi il
pianeta dall’orlo del disastro. Inizia così, da un capo all’altro
della terra, un audace lavoro di reclutamento.
Ho cercato il tuo nome: Un Marine americano,
Logan Thibault, trova la fotografia di una giovane donna mentre si
trova in servizio in Iraq e ritiene che la foto gli porti una marea
di buona fortuna. Dopo la fine del servizio ritorna in America e
parte per un viaggio per rintracciare la donna nella sua
fotografia. Lei è Elisabetta, una giovane madre che ora è
divorziata.
Giovedì 26 aprile: Interno
giorno: Una serata per celebrare il nuovo film della diva
Maria Torricello, più esattamente una cena a casa dell’attrice
stessa, in un ambiente elegante e sobrio. La donna, passata
attraverso grandi successi e particolari e dolorose vicende
personali, si ritrova a cercare il senso della propria esistenza ed
affermazione. Nell’arco della serata si intrecciano la sua vita
personale e la sua professionalità; le due realtà si sovrappongono
senza mai uscire dal perimetro di quelle mura che sembrano
contenere ogni evento espressivo.
Venerdì 27 aprile:
Hunger: Ambientato nel 1981 nella prigione di Long
Kesh, il film racconta il martirio di Bobby Sands, il soldato che
tutt’ora viene commemorato in tutto il mondo per la sua drammatica
decisione contro le scelte del governo inglese della Lady di Ferro
Margareth Thatcher. Un film duro, violento, che racconta la storia
di un uomo e delle sue idee, ma soprattutto sulla determinazione di
portarle avanti.
Maternity Blues – Il bene
dal male: Quattro donne diverse tra loro, ma legate da una
colpa comune: l’infanticidio. All’interno di un ospedale
psichiatrico giudiziario, trascorrono il loro tempo espiando una
condanna che è soprattutto interiore: il senso di colpa per un
gesto che ha vanificato le loro esistenze. Dalla convivenza
forzata, che a sua volta genera la sofferenza di leggere la propria
colpa in quella dell’altra, germogliano amicizie, spezzate
confessioni, un conforto mai pienamente consolatorio ma che fa
apparire queste donne come colpevoli innocenti.Clara, combattuta
nell’accettare il perdono del marito, che si è ricostruito una vita
in Toscana, sconta gli effetti di un’esistenza basata su
un’apparente normalità.
La casa nel vento dei
morti: Siamo verso la fine degli anni ’40. Quattro
disperati, dopo aver compiuto una rapina in un ufficio postale,
fuggono con il malloppo verso le montagne in cerca di rifugio.
Lunedì 30 aprile:LennoNYC: A quarant’anni dalla prematura morte di
John Lennon, alla serie degli American Masters si aggiunge
LennoNYC, film biografico che racconta la sua permanenza a New York
in compagnia della moglie Yoko Ono e del figlio Sean. Quel periodo
– erano gli anni Settanta – fu forse uno dei più significativi per
Lennon, che si trovava in una delicata fase di transizione. Il
trasferimento nella grande mela arrivava infatti subito dopo la
rottura con i Beatles, grazie ai quali aveva raggiunto la
celebrità, e in concomitanza con la stagione buia della città,
stretta tra la crescita della malavita e il perdurare della crisi
economica.
Ecco il terzo trailer di
Ribelle – The Brave, ultimo lungometraggio Disney
che vede protagonista la grintosa e ribelle (appunto) principessa
Merida che rifiutando il suo ruolo di donna,
Non c’è che dire, film
attesi quanto il Cavaliere Oscuro – Il
Ritorno fanno notizia per molto poco. Infatti si crea
scompiglio e agitazione anche intorno alla durata del film.
Deadline annuncia che l’attore Mel
Gibson è ufficialmente in trattative quasi concluse per entrare
nel cast di Machete kills, sequel del film d’azione di
Robert Rodriguez.
Dopo gli annunci di Ben Kingsley e
Guy Pearce il cast del terzo capitolo di Iron Man si arricchisce di
una new entry di rilievo. Infatti Deadline annuncia che il ruolo
femminile nel film sarà ricoperto con ogni probabilità da Jessica
Chastain, che è in trattative con la produzione del film. La sua
parte è quella di una sexy scienziata antagonista di Tony Stark. In
lizza c’erano anche Diane Kruger, Isla Fischer e Gemma Arterton ma
sembra che a spuntarla sia proprio la Chastain. Non ci resta che
aspettare ulteriori sviluppi e un annuncio ufficiale.
Vi ricordiamo che le riprese del
film inizieranno a Maggio e che nel cast ritorneranno Robert
Downey Jr., Don Cheadle, Gwyneth Paltrow e probabilmente Scarlett Johansson. L’uscita è prevista
per il 3 Maggio 2013.