Wild Wild West è
il film del 1999 diretto da Barry Sonnenfeld e con
protagonisti nel cast Will Smith, Kevin Kline e Salma
Hayek .
Anno: 1999
Regia: Barry
Sonnenfeld
Cast: Will Smith
(James West), Kevin Kline (Artemus Gordon/Presidente Ulysses
Grant), Kenneth Branagh (Dr. Arliss Loveless), Salma Hayek (Rita
Escobar), M. Emmet Walsh (Coleman), Musetta Vander (Munitia), Bai
Ling (Miss East), Frederique Van Der Wal (Amazonia), Sofia Eng
(Miss Lippenreider), Ted Levine (Generale Mcgrath)
Trama: Al termine
della guerra di secessione due agenti speciali del vecchio West
vengono incaricati dal Presidente degli Stati Uniti, Ulysses S.
Grant (Kevin Kline) di catturare il
pericolosissimo e sanguinario dottor Arliss Loveless
(Kenneth Branagh). Loveless è un rancoroso reduce
della guerra, reazionario e sudista convinto, privo di gambe e
ridotto su una carrozzella a vapore, che sta costruendo una
macchina gigante, chiamata Tarantola, per distruggere la nazione
che tanta sofferenza gli ha arrecato.
Ad occuparsi dell’affare Loveless
vengono chiamati in causa l’agente speciale James West
(Will Smith) e l’agente speciale Artemius Gordon
(di nuovo Kevin Kline), due caratteri a dir poco
diversi e inconciliabili che si ritrovano forzatamente a lavorare
insieme per evitare la catastrofe imminente architettata da
Loveless.
Analisi: Ispirato
alla serie televisiva Selvaggio West, Wild Wild
West è un film la cui gestazione è durata quasi un
decennio. Inizialmente l’adattamento cinematografico della serie
doveva essere affidato a Richard Donner con
Mel Gibson protagonista e Shane
Black alla sceneggiatura, sulla scia del grande successo
di Arma Letale. Sulla scia di un altro grande
successo, quello di Men in Black, il film è stato
commissionato a Barry Sonnefeld e costruito
intorno a Will Smith, modificando il protagonista
in un agente speciale afroamericano e arricchendo il corredo
western con stilemi tipici del genere fantascientifico.
Wild Wild West è
in realtà un’occasione sprecata: invece che rivisitare i miti del
western in chiave postmoderna, il film si abbandona ad un
gigionismo hi-tech divertito, ma mai veramente divertente,
ammiccante e privo di qualsiasi parvenza di originalità,
saccheggiando a piene mani da immaginari cinematografici a dir poco
eterogenei (passando dal cinema di Hong Kong allo sci-fi di
Men in Black o
Independence Day).
Nonostante il gran numero di
talenti coinvolti (un premio Oscar come Kevin
Kline, l’attore shakespeariano contemporaneo per
eccellenza Kenneth Branagh, il direttore della
fotografia Michael Ballhaus, il compositore Elmer
Bernstein), Wild Wild West si rivela un prodotto
studiato a tavolino, freddo, fagocitato dall’abbondanza di effetti
digitali e senza una vera e propria direzione che ne giustifichi la
sua ragione d’essere.
Will Smith rifiutò
di interpretare Neo in Matrix per
girare questo film, e in seguito dichiarò che fu la peggiore
decisione della sua carriera.
Wild Wild West ha
vinto ben cinque Razzie Awards, ovvero i premi
riservati ai peggiori film dell’anno. Wild Wild
West ha “trionfato” nelle categorie peggior film, peggior
regista, peggiore coppia (Kevin Kline e
Will Smith), peggiore sceneggiatura e peggiore
canzone originale (premio andato a Will Smith e
Stevie Wonder per il pezzo che dà il titolo al
film).
In Biancaneve e il
Cacciatore C’era una volta un regno magico e rigoglioso,
dove il Re viveva con gioia insieme alla sua Regina e alla sua
unica figlia, Biancaneve. Quando la Regina morì, il Re si risposò
con la misteriosa e bellissima Ravenna e fu così che firmò la sua
condanna a morte. La giovane donna si rivelò essere una strega
divoratrice di Regni, e fu così che uccise il Re e imprigionò la
bella principessa. Quando Biancaneve, crescendo, divenne più bella
della Regina cattiva, la sua vita fu in pericolo.
La premessa di Biancaneve e
il Cacciatore non è molto diversa da come ce l’ha
raccontata Walt Disney nel lontano 1937, solo che in questo caso,
la giovane Biancaneve invece di scappare e di rifugiarsi nella
casetta dei nani, è fortemente decisa a riconquistare il regno di
suo padre, aiutata non solo dai nani e dal principe, ma anche da un
volitivo cacciatore senza nome, dal passato tormentato e dal buon
cuore. Rupert Sanders confeziona un buon film che ha i suoi momenti
migliori nelle scene paesaggistiche e di battaglia, nelle cariche
della cavalleria sulla costa e negli inseguimenti sulle
colline.
Accanto alla buona regia
ci sono altri due elementi davvero eccellenti di Biancaneve
e il Cacciatore: in primo luogo sottolineiamo l’importanza
e la bellezza della colonna sonora del film, altra opera mirabile
di James Newton Howard, che sempre più spesso sta
confermando il suo notevole talento. Dall’altro lato ci sono i
sontuosi costumi di Coleen Atwood, costumista per
eccellenza di Tim Burton, che si è prestata ancora una volta
al fantasy con esiti mirabili, soprattutto sul bel corpo della
Regina cattiva.
E proprio lei, con i suoi scatti
d’ira e la sua terribile perfidia, è da considerarsi la vera
protagonista del film, una
Charlize Theron particolarmente affascinante (non le
riesce difficile) e crudele, che ammalia con uno sguardo e uccide
con un dito. Il suo personaggio viene dotato di un passato, di
motivazioni e addirittura di giustificazione per la sua perfidia.
Nulla può contro il suo fascino, la giovane protagonista ufficiale
Kristen Stewart, nei panni di una Biancaneve
agguerrita e decisa a riprendersi il suo trono. Purtroppo la grinta
del personaggio su carta non riesce a prendere vita nella
recitazione un po’ fiacca della
Stewart che fatica a mostrarsi sciolta e decisa, anche
davanti ad un esercito ai suoi comandi.
A difendere Biancaneve e ad
insegnarle a combattere c’è il misterioso cacciatore interpretato
da Chris Hemsworth. L’attore australiano sta
attraversando un momento particolarmente felice della sua carriera,
anche se potrebbe correre il rischio di rimanere intrappolato in un
determinato tipo di ruoli, condizionato dalla sua prestanza fisica,
quando in questo Biancaneve e il Cacciatore
dimostra di essere un attore con buone potenzialità, capace anche
di accenti drammatici e commoventi. Inesistente o meglio
insignificante il personaggio del principe, interpretato da
Sam Claflin, più per mancanza di sviluppo in
sceneggiatura che per carenze dell’attore.
Particolarmente significativo ed
evocativo il parterre di nani, trai quali spiccano Ian
McShane, Bob Hoskins, Ray Winstone e Nick Frost. Il film
è corredato da una messa in scena molto credibile e degli effetti
visivi che offrono chiara l’immagine della magia che domina sovrana
tutto il Regno. Biancaneve e il Cacciatore, per il
quale già si parla di un sequel, è un film
che ha la sua pecca maggiore nella scelta della protagonista, ma
che riesce comunque a coinvolgere con tanta magia, molta della
quale oscura e seducente, e un’atmosfera da favola nera.
Sono stati diffusi online alcuni
interessanti scatti relativi agli Antichi Ingegneri, una razza
aliena che Ridley Scott ha voluto estromettere
dalcut definitivo di Prometheus
(potrebbe trovar spazio nel sequel). Si tratta sia di immagini del
film, sia di gustose escursioni al reparto trucco e costumi.
Scritto da Damon Lindelof, Prometheus sta toccando le sale di mezzo mondo;
non ancora quelle italiane, dove approderà il 19 ottobre. Nel cast,
Michael Fassbender, Noomi Rapace, Idris Elba, Rafe Spall,
Sean Harris, Logan Marshall-Green e Charlize Theron. Ecco gli
Antichi Ingegneri!
Nel film
Un gruppo di scienziati è in viaggio verso un lontano pianeta alla
ricerca delle origini dell’uomo. Gli astronauti, però, entrano in
contatto con un’entità che potrebbe causare l’estinzione della
razza umana.
“Il primo film in assoluto che
ricordo di aver visto al cinema è Hook di Steven Spielberg e avrò avuto sì e no sei
anni. Il fatto che Peter Pan volasse mi sembrava incredibile, tanto
che per diverso tempo ho creduto che Robin
Williams avesse la capacità di volare.” Così esordisce
Lorenzo Pedrotti, quando gli chiediamo di
raccontarci com’è nato il suo desiderio di fare l’attore. L’attore,
classe ’86, si sta affacciando adesso sulla scena nazionale, prima
con il suo ruolo da protagonista in Krokodyle, film indipendente
diretto da Stefano Bessoni, che ha fatto incetta di premi
all’estero, poi con l’horror in 3D targato Manetti Bros, in uscita
il 15 giugno.
“Nel ’93 a Voghera, la mia città
natale, in un cinema che purtroppo hanno chiuso da anni, ho visto
Jurassic Park. Lo andai a vedere perché adoravo i
dinosauri e ai tempi il mio sogno era quello di diventare
paleontologo. Sono rimasto incantato davanti a quelle immagini così
reali. Guardando il backstage del film, ho scoperto che era tutto
finto, tutto ricostruito, niente dinosauri veri, com’era possibile?
Da lì in poi mi appassionai a guardare il dietro le quinte dei film
per cercare di capire come venisse svolto quel lavoro fantastico.
La recitazione è arrivata in un secondo momento, mi è sempre
piaciuto fare imitazioni, creare personaggi, però potrei dire di
aver iniziato alla scuola media. Da lì è diventato un chiodo fisso.
Sono sempre stato un bambino abbastanza timido, ma la possibilità
di recitare mi permetteva di evadere da me stesso ed esplorare
altre personalità. Paradossalmente ancora oggi mi sento più sicuro
nei panni di un personaggio che in quelli di Lorenzo, infatti le
interviste mi spaventano molto.”
– Hai modelli a cui ti
ispiri? Nella vita reale, nella storia del cinema? “I
modelli sono tanti. Quando devo costruire un personaggio la prima
cosa che faccio è farmi due passi e guardarmi intorno. La risposta
a quello che cerco c’è ed è là fuori, devo solo riuscire a vederla,
a cogliere le sfumature dalle persone che osservo, che ascolto di
nascosto per strada, nei bar, in metrò. Poi leggo, guardo film,
vado a teatro, parlo con gli amici. Questi sono i veri modelli a
cui mi ispiro. Nella storia del cinema invece è diverso, ci sono
tantissimi attori e attrici che ammiro, ma sono sempre un po’
scettico ad usarli come punto di riferimento perché ho paura di
imitarli e penso sia sbagliato.”
– Nella tua filmografia
ufficiale (MyMovies) il tuo primo film è Imago Mortis. Mi racconti
la tua esperienza su quel set? È stata la tua vera prima volta o ci
sono state altre esperienze minori?
“Mi è capitato, anche per il fatto
che studiavo recitazione, di fare piccole esperienze in
cortometraggi o mediometraggi, ma considero Imago Mortis
il primo vero film, anche perché, pur avendo una piccolissima
parte, l’esperienza del set è stata completamente diversa dalle
altre. Innanzitutto è il primo lavoro da attore dove sono stato
pagato, il primo che è uscito al cinema e che aveva una grossa
produzione alle spalle. Avevo conosciuto il regista Stefano Bessoni
ad una scuola di cinema a Roma, dove frequentavo un corso di
recitazione, a volte mi imbucavo alle sue lezioni di regia ed ero
rimasto affascinato dal suo immaginario e avevo sentito parlare di
quel progetto. Era rimasta scoperta la parte di Sebastiano, un
fantasma muto, loro cercavano un ragazzo torinese per ammortizzare
i costi dell’alloggio, quando ho detto che avevo appoggi a
Torino, dove veniva girato l’intero film, mi hanno subito preso,
senza incontrarmi, ma visionando semplicemente alcune mie
foto. In realtà di appoggi in quella città non ne avevo,
così, per 15 giorni mi sono svegliato alle 5 di mattina per partire
da Milano ed essere sul set alle 7 per il trucco e quasi tutto il
mio compenso se n’è andato in autostrada e benzina.”
– Sia Imago Mortis che
Giallo sono stati due set internazionali, delle coproduzioni con
l’estero: ci sono differenze rispetto a quelli completamente
italiani? Il tuo approccio è stato diverso?
“Per quanto riguarda Imago
Mortis la cosa che mi ha colpito è che se giravo l’angolo
potevo trovarmi faccia a faccia con Geraldine Chaplin, la figlia
del grande Charlie, o fare due chiacchiere con sua figlia Oona. In
Giallo ho una piccolissima parte che recito in americano a
tu per tu con Emmanuelle Seigner ed Adrien Brody, ma sono stato
solo due giorni sul set e non ricordo molto. Sono un attore
esordiente, magari riuscirei a risponderti meglio alla domanda tra
qualche anno, sempre che riesca a continuare a fare l’attore, però
l’approccio per me è sempre lo stesso che avrei nel più piccolo dei
film indipendenti con attori sconosciuti: ascoltare il regista, gli
attori, essere specifico nelle azioni, restare concentrato e dare
il massimo.”
-La tua esperienza con
Stefano Bessoni, dopo Imago Mortis, si è replicata con un bel ruolo
da protagonista nell’indipendente Krokodyle. Come mai ti sei
interessato a quel progetto, pur essendo economicamente
rischioso?
“Sono molto affezionato a quel
film, è stato il mio primo ruolo da protagonista, la prima vera
occasione di esplorare appieno un personaggio. Sono un fan di
Bessoni, specialmente del mondo su carta che ha inventato in tutti
questi anni, essendo lui anche illustratore. Adoro le atmosfere da
favola nera dei suoi film e quando mi ha contattato per la parte di
Kaspar non ho esitato. Ci siamo incontrati a Torino per fare degli
screen test in un set dove avremmo girato alcune scene, oltre a
quelle previste su Roma e ho capito che la sua idea di Kaspar era
come quella a cui avevo pensato. È stato bello lavorarci, ho
conosciuto tanti professionisti con cui sono amico ancora oggi. In
più vincere tutti quei premi ai festival ci ha ripagato. Se la
sceneggiatura mi convince ed ho la possibilità di mettermi in
gioco, di osare, di rischiare con quel personaggio, accetto la
sfida. Se poi il personaggio è particolare o semplicemente
totalmente diverso da me è una grande occasione per tornare bambino
ed “evadere dal sé”.
-Con Paura 3D hai
aggiunto un tassello molto importante alla tua carriera. Il tuo
ruolo potrebbe essere definito da protagonista?
“Paura è un altro titolo
importante nel mio percorso, è il primo film dove sono protagonista
a venire distribuito mainstream. L’incontro coi Manetti Bros è
stato casuale, mi ero appena trasferito a Roma e mi hanno
contattato dopo pochi giorni, avendo visto una mia foto di scena
tratta da un cortometraggio: Versipellis di Donatello
Della Pepa. Gli era piaciuto il look che aveva quel personaggio,
così mi hanno fatto diversi provini, non ricordo se 5 o 6, ma ho
preso la cosa molto seriamente e anche se si tratta di un film
horror che omaggia quelli passati, discutendo con Marco e Antonio
abbiamo voluto che Simone fosse un personaggio reale e non una
semplice macchietta. Lavorare con loro è stato eccezionale, mi
sembrava di aver incontrato due vecchi amici che non vedevo da
tempo, mi sono divertito, ma abbiamo lavorato sodo ed è stato
impegnativo.”
– Fino ad ora i tuoi ruoli
sono stati tutti piuttosto seri, un caso o una scelta? Ti vedi bene
nei panni dell’attore comico?
“Direi un caso, anche come lo è
stato il fatto che fino ad ora ho preso parte a film per la maggior
parte di natura horror o fantasy. Mi piacciono quei generi, ma non
sono un vero fan, se voglio fare l’attore, però, devo comunque
lavorare ed essere poco schizzinoso e prendere quello che arriva,
specialmente all’inizio. Come attore comico? Perché no, come ti
dicevo prima bisogna sempre reinventarsi e mettersi alla prova,
solo rischiando si può crescere veramente. Certo riuscire a far
ridere un pubblico non è facile, però perché rinunciare a priori?
Ho appena girato un videoclip musicale in cui sono uno zombie (ti
giuro, il versante horror è sempre un caso…), che viene lasciato
dalla sua ragazza zombie e qui c’è dello humor, anche perché la
regia è del collega Claudio Di Biagio, creatore della webseries
Freaks! e secondo me genio comico.”
-Ogni grande attore, o
almeno la maggior parte, coltiva il sogno di passare dietro alla
macchina da presa. Tu cosa ne pensi?
“Penso non sia una cattiva idea.
Certo adesso sto intraprendendo la carriera di attore e voglio
concentrarmi su questo, che già è molto difficile e ora non sarei
in grado di fare il regista. Però in futuro chi lo sa, è comunque
una cosa molto interessante che mi affascina e io adoro l’idea di
raccontare storie. Nel tempo libero spesso scrivo e anche se non
pubblicherò mai questi lavori, scrivere mi aiuta molto a capire il
percorso che fa un personaggio in una storia, come si evolve, e
questo da attore mi serve non poco.”
-Quali sono le tue
ambizioni, i tuoi progetti, i tuoi prossimi impegni?
“Vorrei fare l’attore. Stare con
gli amici, con la famiglia. Esplorare, visitare più luoghi
possibili. Vivere la vita a pieno, attingere da essa nuove
ispirazioni. Continuare a sognare. A fine giugno, invece, girerò in
Piemonte E Fu Sera e Fu Mattina un film indipendente del
regista esordiente Emanuele Caruso, è una storia molto
interessante, scritta bene e ambientata in un paesino isolato nelle
Langhe, un’occasione di interpretare un personaggio diverso da
quelli precedenti.”
Ecco qualche immagine per conoscere
meglio Lorenzo:
in questa immagine è al
Sitges, il Festival internazionale del cinema fantastico della
Catalogna, dove il suo primo film da protagonista, Krokodyle, ha
vinto il Melies d’Argento
Novità su Elysium,
nuovo lavoro del regista di District 9 Neill Blomkamp con
Matt Damon, Jodi Foster, Wagner Moura, Sharlto Copley,
William Fichtner e Diego Luna. Vi presentiamo infatti la
una sinossi del film presa dall’invito a una proiezione privata
esclusiva. Eccola:
Nel 2159, esistono due classi
di persone: quelle molto ricche, che vivono a bordo di una lussuosa
stazione spaziale chiamata Elysium, e gli altri, che vivono sulla
Terra, un pianeta ormai sovrappopolato e in decadenza. Il
segretario Rhodes (Jodie Foster) e i capi del governo si preparano
a rafforzare le leggi anti-immigrazione per preservare lo stile di
vita dei cittadini di Elysium, anche se questo non riesce a fermare
le persone che abitano sulla Terra dal loro tentativo si
migrare.Lo sfortunato Max (Matt Damon), trovatosi in una
difficile situazione, accetta di intraprendere una pericolosa
missione: in caso di successo, non solo porterà a casa la pelle, ma
magari traghetterà verso l’uguaglianza in un mondo così
polarizzato.
Insomma, sembra che Blomkamp non
abbia perso il gradevole vizio di Distric 9: usare l’azione e la
fantascienza per toccare tematiche sociali di grande attualità.
Elysium uscirà nelle sale USA il primo marzo 2013.
Alla sua terza prova di regia, Mia
Hansen Løve si conferma a soli 31 anni, una delle più promettenti e
interessanti registe del cinema francese, e non solo. Come i
precedenti Tutto è perdonato (2007) e il Padre dei
mieifigli (2009), anche Un amore di
gioventù nasce dalla stessa sensibilità ed evidenza: “il
bisogno di superare un vuoto affettivo”, esistenziale, e di farlo
con l’aiuto dell’Arte. Ma la passione e il tormento provati dalla
giovane Camille (cui Lola Créton cede il fascino acerbo e
fotogenico di un’esordiente) per la fine del suo primo amore, non
sono soltanto il frutto di una riflessione autobiografica, ma, come
tiene a precisare l’autrice stessa, materiale
cinematografico, che come tale deve essere trattato.
E la Hansen, non c’è che dire, lo
fa con grazia e tenerezza. Attraverso uno sguardo semplice,
minimale, che segue scrupolosamente i moti d’animo della
protagonista, senza mai essere invadente. Quasi come un leale
confidente, che a volte indugia sul disagio di chi soffre ma solo
perché spera venga presto superato.
Ma tra il punto di rottura e la
“rinascita” c’è un tempo interminabile nel mezzo; e qui il
meccanismo narrativo un po’ si inceppa nel tentativo di restituirne
la pienezza. Risulta quantomeno strano l’improvviso ritorno di
fiamma, dopo anni di crescita e cambiamento . Un cambiamento che
per Camille si nutre della passione per l’Architettura, e della
relazione con il suo insegnante. I luoghi di certo hanno un’anima e
lei riesce a comprenderne il linguaggio. Questo l’aiuta a dare una
forma sensata, ragionata, a una realtà che fugge; proprio allo
stesso modo in cui un buon architetto si sforza di trovare il
barlume nell’oscurità della materia. Non è forse un caso che la
luce sia un’altra componente integrante del film. Attraversa il
paesaggio e si diffonde, fino ad accarezzare il volto di Camille e
a raccogliere l’emozione di un’istante: l’istante che l’amore rende
eterno.
Sabato 16 giugno alle ore 17.00
il nostro Caporedattore Chiara Guida sarà ospite del programma
televisivo ‘I Cinepatici’, in onda su Coming Soon Television
Quando sembrava ormai confermato il
ruolo di Matthew McConaughey in
The Bluter, arriva la notizia della sua rinuncia,
l’attore infatti precisa che non vestirà più i panni del Presidente
John Fitzgerald Kennedy. Secondo le sue ultime dichiarazioni, le
ragioni dell’abbandono sono da ricercarsi nei numerosi impegni
lavorativi dell’attore. McConaughey è infatti impegnato da tempo
nell’adattamento del dramma Dallas Buyer’s Club e
nel biopic dedicato a Ron Woodroof. Inoltre, prossimamente, sarà al
cinema con il film Magic Mike di Steven Soderbergh.
Il cast di The
Wolf of Wall Street, nuovo film di Martin Scorsese,
acquista un’altra star: Jean Dujardin. Leonardo Di Caprio,
Jonah Hill e Kyle Chandler, già confermati da tempo,
interpreteranno, rispettivamente, il protagonista Belfort, un suo
socio e un agente dell’FBI,
mentre Jean Dujardin vestirà i panni di Jean-Jacques Handali,
un banchiere svizzero coinvolto in un giro di riciclaggio.
Ispirato alla vera storia di Jordan Belfort, broker di grande
successo degli anni ’80, The Wolf of Wall Street entrerà in
produzione ad agosto.
Arrivano le prime foto dal set di Jobs,il biopic indipendente su
Steve Jobs diretto da Joshua
MichaelStern con Ashton Kutcher nei
panni del co-fondattore della Apple. Ecco gli scatti che ritraggono
Kutcher sul set assieme a Josh Gad che interpreta il co-fondatore
Steve Wozniak. L’uscita del film è prevista per la fine del
2012
Arriva un’interessante
notizie per gli appassionati dei video game. Infatti, Deadline ha
annunciato che si profila la possibilità di un nuovo adattamento
tratto da un videogioco di successo come Splinter
Cell.
Il regista di Attack the Block,
Joe Cornish adatterà per il grande schermo il
romanzo cyberpunk “Snow Crash”, scritto nel 1992 da Neal
Stephenson. Il film sarà prodotto dalla Paramount e
dalla Kennedy/Marshall di Kathleen Kennedy.
Arriva la conferma che Benicio
Del Toro sarà il protagonista di Jimmy Picard, nuovo film diretto
da Arnaud Desplechin. La pellicola è tratta dal libro
dell’etnologo e psicologo Georges Devereux
Lohobbitfilm ha
pubblicato il videoblog numero 7 di Peter Jackson dal set dello
Hobbit sottotitolato, grazie a loro potranno comprendere il video
anche coloro che non masticano bene l’inglese. Bisogna ammettere
che l’inizio del filmato fa un certo effetto con la musica del
Signore degli anelli sottofonto.
Arriva il secondo
trailer italiano di Resident Evil: retribution. Milla Jovovich
ritorna nei panni di ALice dopo il grande successo mondiale e un
incasso di quasi 700 milioni di dollari, Resident Evil, a
Dal talento creativo, unico nel suo
genere, dello scrittore/produttore e regista Baz
Luhrmann, arriva il nuovo adattamento per il grande
schermo del romanzo di F. Scott Fitzgerald,
Il
Grande Gatsby (The Great Gatsby). Il regista creerà la
sua personale interpretazione visiva di questo classico della
letteratura portando alla vita il periodo storico, in una maniera
mai vista prima, in un film che vede protagonista Leonardo
DiCaprio.
Il
Grande Gatsby narra la storia di un aspirante
scrittore, Nick Carraway che lasciato il Midwest Americano, arriva
a New York nella primavera del 1922, un’epoca in cui regna la
dubbia moralità, la musica jazz e la delinquenza. In cerca del suo
personale Sogno Americano , Nick si ritrova vicino di casa di un
misterioso milionario a cui piace organizzare feste, Jay Gatsby, ed
a sua cugina Daisy che vive sulla sponda opposta della baia con il
suo amorevole nonché nobile marito, Tom Buchanan. E’ allora che
Nick viene catapultato nell’accattivante mondo dei super-ricchi, le
loro illusioni, amori ed inganni. Nick è quindi testimone, dentro e
fuori del suo mondo, di racconti di amori impossibili, sogni
incorruttibili e tragedie ad alto tasso di drammaticità. Uno
specchio fedele dei nostri tempi moderni e delle nostre quotidiane
battaglie.
Il candidato all’Oscar DiCaprio
(“J.Edgar,” “Aviator”) interpreta Jay Gatsby, con Tobey Maguire nel
ruolo di Nick Carraway; il candidato all’ Oscar Carey Mulligan (“An
Education”) e Joel Edgerton sono Daisy e Tom Buchanan; Isla Fisher
e Jason Clarke sono Myrtle e George Wilson; l’esordiente Elizabeth
Debicki è Jordan Baker. La leggenda del film indiano Amitabh
Bachchan interpreterà il ruolo di Meyer Wolfsheim.
Il candidato all’Oscar Luhrmann
(“Moulin Rouge!”) dirige il film in 3D da una sceneggiatura,
scritta a quattro mani con il suo assiduo collaboratore Craig
Pearce, tratta dal romanzo di Fitzgerald. Luhrmann è produttore,
insieme a Catherine Martin, al premio Oscar® Douglas Wick
(“Gladiator”), a Catherine Knapman e Lucy Fisher. I produttori
esecutivi sono il premio Oscar Barrie M. Osborne (“Lord of the
Rings — Return of the King”) e Bruce Berman. La due volte premio
Oscar per la produzione ed i costumi, Catherine Martin (“Moulin
Rouge!”) partecipa alla progettazione e alla produzione. Il
montaggio è di Matt Villa, Jason Ballantine e Jonathan Redmond, ed
il direttore della fotografia è Simon Duggan. La musica è di Craig
Armstrong. Warner Bros. Pictures presenta, “The Great Gatsby” un
film di Baz Lhurmann, in associazione con Village Roadshows
Pictures, A&E Television, Bazmark/Red Wagon Entertainment
Production.
Il
Grande Gatsby uscirà il prossimo 16 maggio al
cinema. Tutte le info sul film le trovate nella nostra
scheda: Il Grande Gatsby. Il sito ufficiale
del film qui.
Il film racconta la storia di un
aspirante scrittore, Nick Carraway che lasciato il Midwest
Americano, arriva a New York nella primavera del 1922, un’epoca in
cui regna la dubbia moralità, la musica jazz e la delinquenza. In
cerca del suo personale Sogno Americano, Nick si ritrova vicino di
casa di un misterioso milionario a cui piace organizzare feste, Jay
Gatsby, ed a sua cugina Daisy che vive sulla sponda opposta della
baia con il suo amorevole nonché nobile marito, Tom Buchanan. E’
allora che Nick viene catapultato nell’accattivante mondo dei
super-ricchi, le loro illusioni, amori ed inganni. Nick è quindi
testimone, dentro e fuori del suo mondo, di racconti di amori
impossibili, sogni incorruttibili e tragedie ad alto tasso di
drammaticità.
Ecco altre fotografie rubate dal
set di Knights of Cup, uno dei due film che Terrence Malick ha
attualmente in lavorazione. Già vi avevamo mostrato delle foto di
Christian Bale e
Ecco le prime foto dal set
newyorkese del fantascientifico Oblivion,
con Tom Cruise e la splendida bond girl di
Quantum of SolaceOlga Kurylenko. Questa
la trama del film: la Terra è inabitabile e gli uomini vivono tra
le nuvole (in senso proprio!), al riparo dagli Scavatori, terribili
alieni che vagano tra le rovine del pianeta. L’incontro tra il
riparatore di droni Jak (Cruise) e una misteriosa donna (Kurylenko)
porterà l’uomo a sconvolgenti riflessioni e azioni…
Diretto da Joseph Kosinski e
ispirato all’omonimo fumetto realizzato dal regista, Oblivion
uscirà il 26 aprile 2013. Nel cast anche Morgan Freeman e Melissa
Leo. Nelle foto che seguono vediamo Tom Cruise e Olga Kurylenko nei
pressi dell’Empire State Bulding: probabilmente, si tratta del
primo incontro tra i personaggi che interpretato.
Quanti intoppi produttivi per The Lone
Ranger, nuovo e atteso lavoro di Gore Verbinsky (regista di The
Ring, Rango e del franchise Pirati dei Caraibi) con Arnie Hammer
(il ranger del titolo) e Johnny
Ormai manco poco più di un mese
all’uscita del Il cavaliere oscuro – Il ritorno,
ultimo episodio del pipistrello firmato Christopher Nolan. Oggi è
stata diffusa la preview della sorprendente colonna sonora di Hans
Zimmer.
La Warner Bros da qualche mese sta
sviluppando il sequel di Io sono leggenda (2007, regia di Francis
Lawrence). Tempo fa, Will Smith aveva dichiarato che sarebbe stato
tra i produttori mache, prima di firmare per tornare a vestire i
panni di Robert Neville, avrebbe dovuto leggere – e apprezzare – la
sceneggiatura: insomma, niente acquisti a scatola chiusa. Giunge
ora notizia che l’agente J di Men in Black quasi sicuramente non
reciterà in Io sono leggenda 2, e produrrà soltanto se
particolarmente entusiasta del progetto; lo si deduce da queste
dichiarazioni, rilasciate dall’attore a BBC News:
I produttori ci stanno
lavorando, io non ancora. Se merita, sarò della partita.
[E poi, quando gli è stato chiesto
se interpreterà ancora Neville]
Probabilmente no. Non voglio
diventare “quello dei sequel”. Immagino d’aver al massimo sei o
sette anni per saltare e correre e giù di lì. Poi starò
tranquillino per il resto della mia carriera.
Insomma, non solo sarà difficile
vedere Will Smith in Io sono leggenda 2, ma, visto che non vuol
passare per “sequel guy” (questa la buffa espressione usata
dall’attore), anche nei sequel di Indipendence Day, Hancock e Io,
Robot (stesso discorso per il terzo Bad Boys). Staremo a vedere
quanto il Principe di Bel Air resterà fedele al suo proposito, così
sintetizzabile: fare cose nuove prima della pensione.
In Adorabili
Amiche Gabrielle (Caroline Cellier), Nelly (Jane Birkin) e
Chantal (Catherine Jacob) sono tre donne che hanno ormai superato
la cinquantina e che guardano con nostalgia al passato e con
amarezza al presente. L’invito al matrimonio di Philippe, play boy
che in gioventù (e non solo) aveva catturato l’amore delle
protagoniste, le spinge però a mettersi in viaggio verso il luogo
della cerimonia e proprio questo mini viaggio sarà la chiave che
consentirà loro di riprendere in mano le sorti delle loro vite.
Adorabili Amiche,
un road movie alla francese che si ispira, ma restandone molto
molto lontano, a Thelma e Louise, prende in carico alcune
problematiche comuni delle donne di mezza età, ma ha il pregio e il
difetto di bloccarsi sostanzialmente su una: il sesso. Infatti,
anche se si può dare atto al regista di avere portato sullo schermo
un argomento poco trattato, cioè la vita (o non-vita) sessuale di
donne di una certa età, non si può certo apprezzare il modo in cui
questo tema viene presentato. Gabrielle, Nelly e Chantal, infatti,
si approcciano al sesso in modo quasi caricaturale (chi troppo e
chi niente) e il film sembra un inanellarsi di stereotipi e di
luoghi comuni.
Ad alcune battute ben riuscite
-perché, bisogna dirlo, a tratti è molto divertente- si alternano
discorsi triti e ritriti resi ancora più pesanti da un pessimo
doppiaggio. Benoît Pétré, regista alla sua prima prova nel
lungometraggio, confeziona una commediola, a tratti noiosa, che
sembra non arrivare mai al punto e che nel finale tocca l’apice
quando mostra il cambiamento radicale nella vita di Chantal: la
partecipazione ad un reality show!
Inoltre, la scelta un po’ piatta di
affidare ogni idea, sentimento o intenzione quasi unicamente ai
dialoghi, fa di Adorabili Amiche un prodotto pericolosamente
somigliante ad una soap-opera. Unici elementi positivi, oltre alla
recitazione delle tre protagoniste, sono alcune trovate che rendono
bene le buone intenzioni del regista, come i titoli di testa
nascosti nella scenografia, il pianosequenza dei primi minuti e le
mini citazioni di altri film del genere (Thelma e Louise, ma anche
La cosa più dolce) rese in chiave ironica e adattate al tono
leggero della commedia.
Anche la colonna sonora firmata da
Keren Ann non è niente male, ma forse perché, spesso, quando c’è la
musica non ci sono dialoghi… Peccato che alle buone intenzioni non
sempre corrispondano buoni risultati. Buono per la televisione ma è
il tipico filmetto leggero che, probabilmente, non vale la pena di
vedere al cinema.
Dopo le rivelazioni
di Wally Pfister sulla sua voglia di
appendere la carriera da Direttore della fotografia, per
concentrarsi su quella di regista , arriva la notizia che sarà
l’amico e collega Christopher Nolan a
produrre la sua opera prima da regista. I due quindi
continueranno a collaborare e Nolan assieme alla moglie Emma Thomas
saranno i produttori esecutivi della pellicola, che sarà prodotta
dalla Alcon Entertainment e co-prodotta dalla Straight Up Films. Il
film che è già in fase di pre-produzione è stato scritto da Jack
Paglen, anche lui agli esordi. Della trama si sa ben poco, non ci
resta che attendere ulteriori notizie.
Ci sono occasione nella vita che
faremmo meglio a non cogliere. Con questa frase si apre la sinossi
ufficiale di Paura 3D, ultimo film dei
Manetti Bros in uscita il prossimo 15 giugno in
220 copie distribuito da Medusa.
In Paura 3D Tre
ragazzi si trovano per caso in possesso delle chiavi di un villa
fuori Roma, e sapendo che il proprietario, il Marchese Lanzi,
resterà fuori città per tutto il fine settimana, ne approfittano,
introducendosi in casa sua. Qualcosa però va storto, uno dei
ragazzi, Simone, trova qualcosa che non avrebbe dovuto trovare, e
contemporaneamente il Marchese torna a casa per un imprevisto,
rimanendo molto contrariato dall’intrusione di estranei nella sua
villa. Il film di Antonio e Marco Manetti si
costruisce sui canoni più classici del genere horror, mantenendo
una buona dose di suspence e la giusta dose di schizzi di sangue,
senza per questo rinunciare alla tensione psicologica. Proprio
questo è il pregio più grande del film, ovvero il suo soffermarsi
su scelte e comportamenti apparentemente incomprensibili ma
perfettamente inseriti nel pretesto narrativo.
Protagonisti di questo film sono
tre giovani sventurati e un po’ stupidotti, che presentano
personalità molto diverse anche se sono accomunati dalla condivisa
insoddisfazione quotidiana. Ale è Domenico Diele,
già visto in ACAB, estroverso trascinatore, intraprendente anche
nei momenti di difficoltà. Claudio Di Biagio
(Freaks) è Marco, apparentemente più bamboccione rispetto agli
altri e che si lascia trascinare dal più deciso Ale, a lui sono
affidate alcune battute divertenti del film. Simone invece,
interpretato da Lorenzo Pedrotti (Krokodyle),
è il ragazzo più introverso, appena mollato dalla ragazza e forse
quello emotivamente più fragile. È l’anello di congiunzione tra la
normalità e la mostruosità della storia, e
Pedrotti riesce a rappresentare bene il momento di
passaggio trasformando il suo personaggio da ragazzino abbandonato
a salvatore risoluto.
Nei panni del cattivo abbiamo un
inedito Peppe Servillo, che con misura e contegno
da vita ad un mostro particolarmente inquietante per lo stridore
che si genera tra il suo aspetto e le sue azioni. Francesca
Cuttica (L’Arrivo
di Wang), è invece la vittima totale, Sabrina, ruolo
particolarmente impegnativo non solo per la performance
fisica (la Cuttica resta infatti totalmente nuda per gran
parte delle sue scene), ma soprattutto per l’esperienza psicologica
che l’attrice ha dovuto affrontare e ricreare per il suo
personaggio.
Il 3D proposto dai Manetti,
presenta qualche difetto di fruizione, ma è di discreta fattura
anche se non rappresenta un mezzo drammaturgico, piuttosto
un’aggiunta tecnica alla produzione. Il film pecca però nella messa
in scena e nel finale, quando ci si aspetta un’accelerazione
drammatica che invece non avviene, lasciando spazio invece ad una
sequenza che dilatandosi eccessivamente, perde il giusto ritmo. Il
film riesce a coinvolgere lo spettatore soprattutto perché è
perfettamente fedele ai cliché di genere, strappando addirittura un
timido applauso in uno dei momento clou.
Paura 3D è un buon
prodotto di genere che premia la volontà anticonformista e
l’esigenza di indipendenza dei suoi due registi.
Come ogni volta che si
presentano al pubblico e alla stampa, i Manetti Bros sembrano
sempre molto rilassati, sicuri di sé e anche un po’ menefreghisti
dell’opinione altri, perché la cosa che (all’apparenza) sembra
davvero importare loro è semplicemente fare i film che vogliono,
come vogliono e con la completa libertà intellettuale del creativo.
Con questo sereno atteggiamento i due fratelli, Marco e Antonio, si
sono presentati questa mattina per chiacchierare con la stampa del
loro ultimo film: Paura 3D. Con loro il cast al completo: Francesca
Cuttica, Peppe Servillo, Lorenzo Pedrotti, Domenico Diele e Claudio
Di Biagio.
Raccontare la carriera, la vita e
gli affetti del più grande artista nella storia del reggae. Questa
l’impresa del regista britannico Kevin Macdonald
in Marley, lungo documentario in cui si
ripercorrono le tappe che portarono il cantante giamaicano dai
timidi esordi al successo internazionale.
Marley, il film
Realizzato con la piena
collaborazione della famiglia Marley, che per la prima volta ha
autorizzato l’uso dei suoi archivi privati, il film mescola
sapientemente sequenze di repertorio ad un’ottima carrellata
d’interviste, testimonianze e ricordi di coloro che lo conobbero
meglio durante la sua breve vita. Frammenti di un’esistenza
scandita da un amore profondo per la musica e dalla devozione verso
il Rastafarianesimo, la religione cui Marley si
convertì nel ’66.
Tra le voci principali, spicca
quella del mentore e amico Neville “Bunny” Livingston, colui che lo
iniziò alla musica nel paesino di Nine Mile, dove Robert nacque nel
‘45 da madre nera e padre bianco di origine inglese. Una relazione
per l’epoca scandalosa, e che ebbe ripercussioni non indifferenti
sull’infanzia di Bob, per il quale l’essere di razza mista comportò
una continua emarginazione. Ecco allora che la musica si erge
progressivamente a strumento di ricerca dell’idea di fratellanza,
di pace – unico mezzo per arrivare ad una nuova spiritualità.
Dopo la fase iniziale con
“The Teenagers”, Bob fonderà insieme a Bunny e a
Peter Tosh il gruppo “The Wailers”. Le parole di Bunny, occhiali
scuri e cappello bombato giamaicano in testa, restituiscono senza
fronzoli il decennio che va dal ‘64 al ’73, quando il gruppo si
sciolse dopo l’uscita di Tosh e dello stesso Bunny per divergenze
artistiche interne.
Ma il talento di
Marley continuerà ad esprimersi nell’arco di una
fortunata carriera da solista, accanto alla moglie Rita (corista
delle “I Three”), inseguendo le maggiori case discografiche (a
partire dalla Island Records di Chris Blackwell) e conquistando i
palcoscenici inglesi e americani. Per arrivare ad esibirsi
nell’amata Africa, chiamato a festeggiare l’indipendenza dello
Zimbabwe.
Al discorso di Bunny si affiancano
le memorie di Neville Garrick, direttore artistico dei The Wailers
che fu vicino a Bob sino alla morte prematura nell’81, le
testimonianze dei figli Ziggy e Cedella, le parole mai ascoltate
del cugino Peter, che ricorda la sofferenza di Bob di fronte al
rifiuto di uno zio bianco. Commovente la sequenza in cui Costance,
sorellastra dell’artista, ascolta la canzone “Cornerstone”, scritta
da Bob proprio in seguito a quello spiacevole incontro. E non
si può restare indifferenti di fronte alla scena in cui, durante il
concerto “Smile Giamaica” del ’73, Bob unisce sul palco le mani del
primo ministro Manley e del capo dell’opposizione.
Un personaggio rivoluzionario, che
si distinse per la straordinaria capacità di parlare ad un pubblico
senza confini, andando oltre barriere linguistiche, religiose e
culturali. Quello di McDonald è un ritratto completo che vuole
andare oltre la semplice leggenda, quella di Marley divo del
reggae, disegnando i contorni dell’uomo che una volta disse: “La
mia ricchezza è la vita”.