Anne Hathaway avrà
il ruolo di Fantine in Les Miserables,
prossimo adattamento cinematografico del romanzo di Victor Hugo ad
opera di Tom Hooper. Per la gioia di Hugh
Jackman che recentemente aveva espresso il desiderio di
averla come co-protagonista. Vi ricordiamo che la Hathaway vestirà
presto i panni di Catwoman in The Dark Knight
Rises. Nel cast di Les Miserables, oltre a
Hugh Jackman si è aggiunto recentemente anche
Russell Crowe.
Christopher Nolan si prepara a girare
un’altra fase delle riprese a newyorkesi, la lavorazione nella
grande mela partirà il prossimo 29 ottobre e durerà 14 giorni.
Come sappiamo la città è sottosoprai in seguito
all’iniziativa Occupy Wall Street,
La Hasbro ha ufficialmente avviato
le trattative con la Paramount Pictures, Steven Spielberg e Michael Bay per
realizzare i nuovi episodi di Transformers. Secondo Variety
annuncia che le discussioni potrebbero includere la possibilità di
girare due sequel contemporaneamente, ovvero Transformers 4 e
5.
Sempre Variety conferma alcune
sensazioni riguardanti al cast, Shia LaBeouf
difficilmente ritornerà nel nuovo film. Le voci vanno versò la
possibilità che Jason Statham possa assumere il ruolo di
protagonista. Ma la notizia più eclatante è che Michael bay
starebbe prendendo in considerazione la possibilità di tornare alla
regia, senza limitarsi quindi alla produzione esecutiva. Come
sappiamo già Bay girerà il suo nuovo film, Pain & Gain, entro
la fine del 2012, quando si pensa che le riprese del nuovo episodio
di Transformers potrebbero iniziale. Le sue intenzioni sono sempre
state quelle di Bay volersi dedicare a un altro progetto, ma nel
frattempo c’è stato di mezzo il successone del terzo capitolo
(1,119 miliardi) che ha ribaltato un po’ tutti i piani. Non ci
resta che attendere ulteriori sviluppi.
E’ lo stesso Bryan Singer a
ufficializzare la morte del film Excalibur, film che ha lungamente
sviluppato presso la Warner Bros negli ultimi anni. Il regista
spiega i motivi del perché la Warner lo abbia cancellato.
Keanu Reeves dopo aver annunciato l’intenzione di
dirigere un film sulle arti marziali dal titolo Man Of Tai Chi, si
appresta ad iniziarne le riprese. Con un budget di circa 25 milioni
di dollari, messo a disposizione da China Film, Village Roadshow e
Wanda Group, il film può partire.
Shawn Levy, reduce dal successo al botteghino
americano di Real Steel, potrebbe dirigere per la Fox The Three
Misfortunes of Geppetto, basato su una sceneggiatura originale
dell’esordiente Michael Vukadinovich.
La carriera di Aaron Eckhart
sembra procedere a gonfie vele. L’attore è impegnato su molti
fronti per il futuro ma arriverà prossimamente nelle sale al fianco
di Johnny
Depp in The Rum Diary. Ora arriva la notizia che sarà anche il
batterista dei Beach Boys Dennis Wilson nel biopic The Drummer.
Per la seconda
settimana consecutiva Real steel, l’action
futuristico con Hugh Jackman, mantiene la prima posizione del Box
Office USA, incassando altri 16 milioni che fanno raggiungere quasi
52 milioni al suo totale.
La famosa rivista
Harper’s Bazar ha dedicato una retrospettiva al cinema di Martin Scorsese,
in attesa dell’arrivo di Hugo Cabret nelle sale cinematografiche il
prossimo 23 novembre (il 16 dicembre il Italia).
Train de VieAnno: 1998 Regia: Radu Mihaileanu
Cast: Lionel Abelanski, Rufus, Clément Harari,
Michel Muller
Un primo piano apre su un giovane
che comincia un racconto. E’ Shlomo, lo “scemo del villaggio”. Per
la precisione di uno Shtetl, villaggio ebraico dell’Europa
dell’Est, che nel 1941 rischiava l’invasionenazista e la
conseguente deportazione dei suoi abitanti.
Il paesino vive tranquillamente il
proprio quotidiano, finché Shlomo avvisa i suoi compaesani che nei
villaggi vicini gli ebrei sono cacciati dai militari nazisti. Ma
oltre ad allarmare i suoi concittadini, propone anche un’idea
suggestiva per sfuggire allo sterminio: creare un finto treno
nazista per le deportazioni che li accompagni in Palestina passando
per l’Unione Sovietica. Si riunisce così il consiglio degli anziani
che approva la stramba quanto salvifica idea di Shlomo. Comincia
così un viaggio strambo e rocambolesco alla ricerca della
salvezza.
Train de vie, del rumeno Radu
Mihaileanu, non appartiene ad un genere preciso. Molti dizionari
cinematografici lo archiviano come film drammatico, perché
ambientato in quella tragica pagina storica che è stata la Shoah,
altri ancora come commedia, ma forse indebitamente, date le varie
gag che gustosamente ingloba nella sua trama, potrebbe essere
perfino etichettato come un film comico.
Questo stupendo lungometraggio del
1998 girato tra Francia, Belgio, Romania, Israele e Paesi Bassi, è
una grande prova di come l’arte cinematografica possa trattare un
tema così delicato attraverso storielle divertenti, ironiche,
pittoresche, grottesche, fantasiose. Il tutto senza offendere chi
certe tragedie le ha subite sulla propria pelle, né calpestare la
memoria di quanti hanno perso tragicamente la vita per il disegno
meschino di una mente folle.
In quel treno c’è la metafora del
Mondo: c’è il capo rabino che dialoga con Dio e gli presenta i suoi
umani dubbi, c’è chi professa il comunismo creando un gruppo di
dissidenti, ci sono ebrei e zingari uniti nella tragedia, c’è chi
vorrebbe atteggiarsi a filosofo utopista ma poi cede puntualmente
ai piaceri della carne. Insomma, in pochi vagoni colorati è
racchiusa l’umanità intera, con i suoi soliti vizi, le sue virtù, i
suoi conflitti, le sue prepotenze, le sue debolezze, le sue
speranze.
A contribuire all’ambientazione
vivace e fiabesca del film contribuiscono, oltre che l’aspetto
grottesco dei protagonisti, anche le musiche del bosniaco Goran
Bregovic, autore di moltissime colonne sonore dalla fine degli anni
’70 ad oggi.
C’è anche un aneddoto, o forse solo
una leggenda, che lega questo film a Roberto Benigni. Pare che il
regista e comico toscano abbia letto la sceneggiatura di questo
film prima che iniziassero le riprese e che abbia tratto
ispirazione dalla vena comica della storia, utilizzandola anche, in
una maniera del tutto personale, nel suo La Vita è Bella, uscito lo
stesso anno.
E’ davvero ammirevole l’ostinazione
con cui si sta portando avanti un progetto che proprio non vuole
decollare. Si tratta dell’ennesimo remake di un film
The
Crow, (Il Corvo) che
per motivi diversi ha segnato la storia dei cinefili più accaniti,
all’inizio degli anni ’90.
Il remake de Il Corvo
The
Crow non sa da fare. Dopo l’abbandono di Juan Carlos
Fresnadillo, che era subentrato all’altro regista rinunciatario
Stephen Norrington, non si sa davvero che altro tentare per
realizzare il film.
E pensare che Eric Draven poteva
essere interpretato da Bradley Cooper, il che
avrebbe reso tutto più semplice. Ma l’impegno con Paradise Lost ha impedito al divo di seguire anche
Il Corvo.
Ora urge una sostituzione e si
parla già dello spagnolo F Javier Gutierrez, ma sarà la volta
buona?
Dopo le tante chiacchiere sulla nuova
versione di Star
Wars, uscita nel nuovo cofanetto completo, ecco arrivare le
interessanti opinioni di un fan sfegatato della serie: Christopher
Nolan.
Dopo un appassionante testa a
testa, I tre moschettieri 3D ottiene il
primo posto al box office italiano, ma solo per poche migliaia di
euro. Debutta così al secondo posto il vero vincitore del weekend,
This must be the place…
E’ stato difficile prevedere chi
alla fine l’avrebbe spuntata. Per tutto il weekend, le due new
entry più forti si sono scontrate in un testa a testa che però non
lascia dubbi sul vincitore. Fino a sabato, infatti, a detenere il
primo posto è stato This must be the place, mentre
I tre moschettieri 3D ha recuperato
domenica, grazie al più esteso target di riferimento.
Così il film per famiglie ispirato al celebre romanzo di Alexandre
Dumas père esordisce al primo posto con 1.456.000 euro: distribuito
in ben 500 sale e sfruttando anche il sovrapprezzo, il risultato
non può essere considerato esaltante.
Ben più interessante il debutto di
This must be the place: per soli 7000
euro di differenza, il film di Paolo Sorrentino apre in seconda
posizione raccogliendo 1.449.000 euro; la pellicola ottiene la
migliore media per sala, con 332 copie a disposizione. Il film con
Sean Penn è dunque il ‘vincitore morale’ del weekend e sarà
interessante vedere gli effetti del passaparola nei prossimi
giorni.
Il botteghino italiano torna a
registrare incassi interessanti, dopo un settembre sottotono. Così
Ex – amici come prima scende al terzo
posto, ma perde molto poco: 1,1 milioni di euro raccolti negli
ultimi tre giorni, per 3,5 milioni complessivi. Amici di letto esordisce al quarto posto:
la commedia con Mila Kunis e Justin Timberlake apre infatti con 1
milione di euro.
I Puffi
scende in quinta posizione e giunge a quota 10,5 milioni con altri
573.000 euro. Cowboys & Aliens debutta al settimo posto
con un risultato discreto, ovvero 546.000 euro in 300 sale.
Seguono Final Destination 5 (423.000
euro) e Abduction (347.000 euro),
arrivati rispettivamente a 1,5 e 1,2 milioni totali.
A dangerous
method scende in nona posizione e giunge a 1,7
milioni con gli ultimi 291.000 euro raccolti, mentre
Baciato dalla fortuna (231.000 euro)
chiude la top10 arrivando a 2,2 milioni complessivi.
Ghost Rider: Spirit of Vengeance ‘sarà
più oscuro, più perverso e più cattivo’, parola di Mark Neveldine e
Brian Taylor, la squadra che scrive e dirige il secondo film con
protagonista Nicolas Cage.
Marvel Studios presenta “The Avengers”, i
supereroi più famosi si riuniscono in una squadra di personaggi
leggendari come Iron Man, l’incredibile Hulk, Thor, Captain
America, Occhio di Falco e Vedova Nera. Quando la comparsa di un
nemico inatteso minaccia la tranquillità e la sicurezza del mondo,
Nick Fury, direttore dell’agenzia internazionale per il
mantenimento della pace conosciuta come S.H.I.E.L.D., si trova ad
aver bisogno di una squadra che salvi il pianeta dall’orlo del
disastro. Inizia così, da un capo all’altro della terra, un audace
lavoro di reclutamento.
La Warner Bros Pictures ha finalmente deciso
che prenderà le redini del remake di Ai confini della realtà (The
Twilight Zone). Erano nomi importanti quelli stilati nella short
list: da Rupert
Wyatt, Alfonso Cuaron e David Yates, fino addirittura a Christopher
Nolan e Michael Bay.
Si conclude, con un altro successo ed un altro premio,
l’avventura di Krokodyle e del suo regista, Stefano Bessoni, al 44esimo Festival Internazionale
del cinema fantastico della Catalunya.
Nel suo ultimo lavoro
L’Amore che Resta, Gus Van Sant
torna a soffermarsi sui giovani e sulle loro problematiche. La
trama non è nuova al grande schermo, incentrata sulla coesistenza
di amore e morte. Ma il regista ha uno sguardo originale ed è
coadiuvato da un buon soggetto e da un’altrettanto valida
sceneggiatura, firmata da Jason Lew e inizialmente
destinata al teatro.
In L’Amore che
Resta i protagonisti sono due adolescenti le cui vite
sono precocemente segnate dalla morte, per motivi diversi: lui ha
perso i genitori in un incidente, lei è gravemente malata. È sulla
base di questa similitudine che avviene il loro incontro. Ciascuno
di loro si confronta con la morte ogni giorno, a modo suo, cercando
di trovare un sistema per affrontarla e continuare a vivere.
Il protagonista maschile –
Enoch/Henry Hopper, figlio del celebre Dennis cui il film è
dedicato – è un giovane isolato, senza amici, che “si allena” alla
morte imbucandosi ai funerali altrui, sperando così forse di
abituarvisi, o di imparare dall’osservazione del dolore degli altri
come affrontare il proprio. È alto, magro, veste sempre di nero,
vive in una casa scura, con una zia che veste anche lei di nero.
Forse, vorrebbe essere morto lui stesso. L’unica relazione che
Enoch coltiva è quella con il fantasma di un kamikaze giapponese
della seconda guerra mondiale, che lo segue ovunque.
L’Amore che Resta, il film
La protagonista femminile, Annabel
(Mia
Wasikowska), all’opposto di Enoch, ha una grande gioia
di vivere, veste con abiti colorati e dalle fantasie particolari,
non si vuole deprimere, non vuole lasciarsi abbattere, nonostante
la morte le sia già vicina. I due s’incontrano e insieme,
aiutandosi l’un l’altro, cercano e in qualche modo riescono ad
affrontare qualcosa di difficile ed estremo, come può essere la
morte per due adolescenti. Per Enoch la storia d’amore con Annabel
sarà occasione di crescita: capirà che non ci si abitua mai, che
non esistono antidoti, scorciatoie o soluzioni di comodo alla
morte, che non si può non soffrirne, si può solo accettarla come
parte della vita. E poiché non siamo comunque al riparo dalla
sofferenza, anziché isolarsi, è comunque meglio vivere con gli
altri la propria esperienza.
La forza del film però, al
contrario di quanto si potrebbe pensare, è quella di non essere
didascalico o patetico, di non puntare sul melodramma. Gus Van
Sant tratta il tema in modo intelligente, riuscendo a
tenersi quasi sempre lontano dalla retorica, anche grazie a un uso
consistente dell’ironia, come quella che esercita con tutta
evidenza in un paio di sequenze (molto divertente quella delle
“death scenes”), ironizzando sull’approccio melodrammatico a questo
tipo di storie. I dialoghi sono asciutti ed essenziali e al posto
di frasi retoriche si preferiscono allusioni e silenzi.
L’interpretazione dei due
protagonisti in L’Amore che Resta è
misurata ed efficace. Hopper ci regala a volte uno sguardo assente,
perso nel vuoto del suo isolamento, ma più spesso rende con
spontaneità, assieme alla Wasikowska, quella voglia di normalità
che li caratterizza entrambi. Wasikowska, col suo volto angelico e
sbarazzino al tempo stesso, incarna in modo convincente
un’apparente ingenuità, estrema difesa nei confronti di ciò che
l’attende.
Gus Van Sant non
cerca ciò che potrebbe facilmente colpire lo spettatore, per
tenerlo avvinto alla storia, come l’esibizione della sofferenza o
della malattia, ma punta proprio sulla ricerca della normalità. Ne
risulta un racconto che si muove sul filo della leggerezza, su un
argomento “pesante”. Il regista riesce così a far rimettere in
tasca fazzoletti intonsi a chi si era preparato “al peggio”.
Particolarmente efficaci in questo
senso alcuni espedienti di sceneggiatura, come la figura del
fantasma Hiroshi: una sorta di saggio venuto dall’al di là, che
accompagna Enoch e lo consiglia, ma allo stesso tempo, suo amico,
complice e sodale. Nel film c’è, sì, una storia d’amore, c’è una
riflessione profonda sul tema della morte, il tutto però filtrato
da un’ottica disincantata ed ironica. Il regista si muove abilmente
tra questi due poli, come tra una matrice americana e un “mood
britannico”, che può ricordare pellicole come Another
Year di Mike Leigh. Lo stesso fa con la
scelta della colonna sonora, che si apre coi Beatles e si chiude
con la voce di Nico. La pellicola è prodotta da Ron
Howard e da sua figlia Bryce.
Grazie a MSN, abbiamo un trailer
internazionale del prossimo film horror con Daniel
Radcliffe: “The Woman in Black”, basato su un romanzo di Susan
Hill.
Lo sceneggiatore Premio Oscar per The
Departed William Monahan ha rilasciato alcune dichiarazioni a
Collider in merito al suo lavoro in Sin City 2 di Robert
Rodriguez.
In This Must Be the
Place Cheyenne è una ex rock star cinquantenne che vive
un’agiata e pigra esistenza nella sua immensa casa, tra partite di
pelota con la simpatica moglie, azzardi in borsa, e Mary una
ragazzina che gli è legata quasi fosse un padre. Scambia la noia
per depressione e continua, imperterrito, a truccarsi il viso e gli
occhi come quando aveva 15 anni. La morte del padre porterà un
cambiamento radicale nella sua vita e lo costringerà a spostarsi
per l’America sulle tracce di chi ha umiliato il genitore
tantissimi anni prima.
Paolo Sorrentino è forse il più talentuoso
giovane regista italiano. L’aveva mostrato con diverse opere e con
il Divo è arrivato all’attenzione di Sean Penn.
Ed ecco trovato il pretesto: il due volte premio Oscar, ragazzaccio
contro, ha accettato di vestire i panni di Cheyenne per Sorrentino ed è venuto fuori This Must
Be the Place, opera complessa nella quale il regista
mostra tutta la sua abilità nel raccontare attraverso le
immagini.
This Must Be the Place, il film
La fotografia di This Must
Be the Place è brillante e le immagini morbide e fluide,
accostate come sono seguendo lunghi e piani movimenti di macchina,
carrellate e piani sequenza a volte fini a se stessi ma sempre
molto suggestivi. La rappresentazione dell’America in questo road
movie sui generis è piuttosto tradizionale, le strade sono quelle
lunghe dritte e deserte e i colori sono quelli da cartolina, quasi
ci trovassimo in un episodio della serie
Smallville.
Ma Paolo Sorrentino filtra tutto attraverso lenti
deformanti usando sia per gli interni che per li esterni evidenti
grandangoli che spesso modificano anche le proporzioni dei visi. Il
risultato di tutto ciò è un racconto molto lento, tacito e a tratti
profondamente triste, che permette alla spettatore (insieme al
protagonista) di raggiungere una sorta di catarsi finale che rimane
sospesa, e quindi nemmeno tanto sicura. Protagonista indiscusso e
chiacchierato sin dalle prime immagini trapelate delle riprese è
Sean Penn, incredibile interprete di un
personaggio schivo e silenzioso, ma sincero e schietto, spiritoso e
molto tormentato.
Cheyenne si ritrova ad aver a che
fare con il passato di suo padre, con il quale non parlava da 30
anni, si ritrova in giro per gli Stati Uniti alla ricerca di una
persona, ma forse si tratta di risposte ai suoi interrogativi, alle
sue paure. Alla fine Cheyenne si libererà delle maschere e forse
ricorderà tutte le donne e gli uomini (e i bambini) che ha
incontrato nel suo viaggio, che gli hanno dato involontariamente
indizi sulla sua ricerca, e che hanno lasciato un segno in lui.
Bellissimo anche se marginale è il ruolo di Jane, interpretata da
una splendida Frances McDormand, moglie pratica e tuttofare
di un uomo con la testa tra le nuvole. La cifra identificativa del
loro matrimonio è l’ironia che sottende ogni dialogo, ogni scambio
di sguardi e persino i momenti intimi.
Straordinaria è la colonna sonora,
opera di David Byrne che in This Must Be
the Place ha una piccola parte e con il quale Cheyenne si
sfoga, mettendo a nudo la sua anima e la sua rabbia, è l’unico caso
in cui il nostro protagonista alza la voce. A sostenere queste
complesse e interessanti psicologie c’è l’ego spropositato di
Paolo Sorrentino, bravissimo a far muovere la
camera anche se a volte sembra per il semplice gusto
dell’autocompiacimento, dilatando ulteriormente una storia che già
di per sé ha tempi lunghi.
Nel parcheggio coperto
di un centro commerciale una ragazza non riesce più a trovare la
sua auto e, mentre la sta cercando in una zona un po’ isolata
dell’enorme sotterraneo, perde i sensi.
Cowboys & Aliens: New Mexico, 1875.
Uno straniero privo di memoria arriva nella cittadina di
Absolution. È ferito e ha fissato a un polso uno strano bracciale
metallico. Non gli occorrerà molto tempo per comprendere che non è
gradito. Tutti gli abitanti vivono sotto il dominio del colonnello
Dolarhyde e debbono subire le angherie del suo tracotante rampollo.
Lo sceriffo non esita però ad arrestare il ragazzo e lo straniero
che è stato riconosciuto come un pericoloso pregiudicato.
Il 14 ottobre uscirà nelle sale
italiane l’attesissimo film di Paolo
Sorrentino – This must be the place” primo lungometraggio in lingua
inglese del regista napoletano. Presentato a Cannes 2011, dove è
stato accolto tra l’entusiasmo del pubblico internazionale, il film
di Sorrentino vede come grande e indiscusso protagonista
il premio Oscar Sean Penn nei panni di Cheyenne, rock-star dark alla
fine della carriera.
Peppino ha sette anni, e vive in
quella che oggi verrebbe definita una famiglia disfunzionale. Ma
siccome siamo a Napoli, nel 1973, la sua agli occhi del mondo è
solo una famiglia un po’ scombinata. Quando la madre Rosaria va in
depressione dopo avere scoperto che il marito la tradisce usando
come alcova la Fiat 850 azzurro avion, Peppino viene adottato dai
suoi zii ventenni che lo conducono in giro per la Swingin’ Naples,
tra feste in scantinati, collettivi femministi, comunità greche che
ballano in piazza, molte nudità, sigarette di contrabbando, qualche
acido e parecchio alcool.
Regista di capolavori di genere
fantastico, fantascientifico e horror, come La notte dei
morti viventi, La città verrà distrutta
all’alba, Martin, Creepshow, La
metà oscura, il cineasta americano George
Romero sarà a Trieste dal 10 al
13novembre
Gerard Butler sarà il protagonista
dell’adattamento del romanzo Firing Point di George Wallace & Don
Keith diretto da Antoine Fuqua e intitolato Hunter Killer.