2001 Odissea nello
spazio è il film capolavoro del 1968 di Stanley
Kubrick, basato su un soggetto di Arthur C.
Clarke. Nel cast del film protagonisti Keir
Dullea, Douglas Rain (voce di HAL 9000), Gary
Lockwood, William Sylvester, Daniel Richter, Leonard Rossiter,
Margaret Tyzack, Robert Beatty, Sean Sullivan.
Trama del film 2001
Odissea nello spazio
Africa. Quattro
milioni di anni fa. Un gruppo di scimmie entra inspiegabilmente in
contatto con un misterioso monolite nero. L’eccezionalità del
rinvenimento segna per sempre il loro cammino evolutivo. Gli
ominidi infatti, si scoprono mossi da nuove motivazioni, legate ora
alla conquista della facoltà raziocinante. Primo esempio di tale
avvento, l’intuizione di poter fare di un osso abbandonato un’arma
di difesa/offesa.
Luna, 2001. Quattro milioni di anni
dopo, viene ritrovato sulla superficie del satellite, un identico
monolite, in grado di generare un potente campo magnetico. Allo
scopo di chiarire cosa si nasconda dietro tale scoperta,
un’astronave guidata da Hal 9000, intelligenza artificiale in grado
di interagire con l’uomo, parte in missione alla volta di Giove,
pianeta verso il quale il monolite sembra aver lanciato un
segnale.
Il suo equipaggio, costituito da
Frank Poole, David Bowman e tre scienziati ibernati, dovrà però far
presto i conti con l’inaspettata insubordinazione di Hal. Il
computer, dopo aver eliminato Poole ed i tre astronauti ibernati,
verrà disattivato da Bowman. Quest’ultimo, risucchiato in seguito
in un’altra dimensione spazio-temporale, si ritroverà, invecchiato,
in una stanza di inizio settecento. Qui, vedrà per l’ultima volta
il monolite nero, prima di rinascere sotto forma di feto cosmico
(Starchild).
Il significato
di 2001 odissea nello spazio significato
In merito al significato di
2001 Odissea nello spazio, tale film intende suscitare
nello spettatore un forte impatto emotivo; lo stesso Kubrick
affermò: «Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato
filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare
un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con
il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio»
Kubrick rispose così a quanti
tentarono, dopo aver assistito alla proiezione di 2001: Odissea
nello Spazio, di articolarne una lettura composita e sistematica.
Frutto della rielaborazione dei racconti ‘La
Sentinella’ (1948), ‘Encounter in the Dawn’ (1950) e ‘Guardian
Angel’ (1950), dell’autore britannico Arthur C.
Clarke, 2001 Odissea nello Spazio è
sicuramente un’opera ambiziosa. Considerato oggi uno dei capolavori
della cinematografia, in occasione della ‘prima’ fu boicottato da
critici e produttori, i quali abbandonarono anticipatamente la sala
in segno di disappunto.
L’episodio, pur amareggiando
fortemente il regista, non segnò comunque il fallimento della
pellicola. Confermò invece l’imperscrutabile potenza della stessa,
a tal punto singolare anche per gli addetti ai lavori, da
condizionarne negativamente la visione. Impossibilitati a
riconoscervi l’intensa ispirazione e l’ingegnosa intuizione del
visionario regista, si limitarono a stigmatizzare le difformità di
un film che, pur presentandosi come ‘fantascientifico’, andava ben
oltre le convenzioni del genere.
Lontano dall’intento di comporre un
quadro narrativo coerente dal punto di vista logico-temporale,
Kubrick
colloca l’Immagine a fondamento del suo film. Questa, sapientemente
vivificata, si fa disegno, intreccio, trama ed infine ponderato e
corroborato raccordo tra l’Uomo, il Tempo e lo Spazio. L’Uomo,
guidato nel compimento di un viaggio in cui principio e fine
convergono, si qualifica come tale in rapporto alla ‘macchina’. Hal
9000, epurato dai classici stilemi, rappresenta un’intelligenza
artificiale ‘eletta’, in grado di rapportarsi con l’Uomo ed a lui
equiparata nell’accentuata predisposizione alla contraddizione così
come nella tendenza, quasi naturale, a ricercare, nel momento del
trapasso-disattivazione, il riparo dell’infanzia.
Il ritorno alle
origini, all’incontaminato ed all’indeterminato, è per Kubrick
testimonianza di un risveglio ed allo stesso tempo, impagabile
esperienza di conoscenza. Nella trascendenza di un contatto che
ricorda quello con la ‘Legge’ ne ‘Il Processo’ di Kafka, l’Uomo si
avvicina all’Assoluto e quindi ad una ‘verità prima’. Kubrick,
suggerendo l’idea di dimensioni spazio-temporali valicabili,
propone molteplici livelli di consapevolezza e variabili di
condotta innumerevoli, valicando temerariamente i confini della
logica.
Intensamente suggestivo e passato
alla storia anche per la poderosa colonna sonora, tra cui
ricordiamo il brano di Richard Strauss tratto da ‘Così parlò
Zarathustra’, 2001: Odissea nello Spazio, è in grado di stimolare,
come nessun altro film, l’umano desiderio
dell’’incommensurabile’.
Le curiosità sul film di Stanley
Kubrick, 2001 Odissea nello spazio
Nel 1991 la pellicola è
stata giudicata di rilevante significato estetico, culturale e
storico, e inserita nella lista di film preservati nel
National Film Registry della Biblioteca del
Congresso degli Stati Uniti. Nel 1998 l’American Film
Institute l’ha inserito al ventiduesimo posto della classifica
dei migliori cento film statunitensi di tutti i
tempi, mentre
dieci anni dopo, nella lista aggiornata, è salito al quindicesimo
posto.
Le inquadrature all’inizio del film
non sono altro che diapositive ad alta risoluzione proiettate con
il sistema rivoluzionario (per l’epoca) del “front
projection”, inventato dallo scrittore di
fantascienza Murray Leinster. Questa
tecnica innovativa, dopo essere stata brevettata il 20 dicembre
1955 da Leinster, venne impiegata per la prima volta proprio
in 2001: Odissea nello spazio.

Alla fine della prima scena del
film in cui Guarda-la-Luna lancia un osso in aria, è presente una
svista: l’ominide tiene in mano un femore, ma a roteare in aria è
invece una tibia. In realtà l’errore non fu di Kubrick ma di un
operatore al quale il regista, al termine di una giornata di
riprese, aveva chiesto di riprendere un osso lanciato in aria nel
cortile dei teatri di posa. Non prevista dal copione,
quest’inquadratura farà parte di quel brillante match
cut, divenuto uno delle scene più note del film, che collega
due epoche estremamente distanti.
Gli ominidi nella parte
iniziale del film sono dei mimi e dei ballerini, accompagnati da
vere scimmie nel ruolo dei cuccioli. La specie in questione doveva
essere glabra e priva di indumenti, impensabile per la moralità
dell’epoca, così si è optato per una anteriore totalmente irsuta.
Gli animali cacciati sono dei tapiri, specie sudamericana
assente nel Pleistocene, scelti in alternativa ai selvaggi e
aggressivi facoceri riportati nel romanzo.
Kubrick decise di utilizzare una
proiezione frontale per produrre fondali nelle scene dei paesaggi
africani degli ominidi, in quanto le tecniche tradizionali non
producevano l’aspetto realistico che Kubrick desiderava. La tecnica
consisteva nell’utilizzare un proiettore per impostare precisamente
lo scenario ad angolo retto alla telecamera, e in uno specchio
semi-riflettente posto ad un angolo di fronte alla telecamera che
rifletteva l’immagine proiettata in avanti, direttamente con
l’obiettivo della telecamera, su un fondale appositamente
progettato.
Così lo schermo era in grado di
riflettere in modo più efficiente la luce della immagine proiettata
rispetto al soggetto realizzato in primo piano. La tecnica è stata
utilizzata ampiamente nel settore cinematografico, nonostante
nel 1990 venga in gran parte sostituita dal green screen.
Per gli scatti all’interno della navicella, Kubrick usava un
30-short-ton (27 t) rotante costruito dalla Vickers-Armstrong
Engineering Group ad un costo di 750 mila dollari. Il diametro del
set era di 12 metri circa ed era largo 3 metri.