Si è conclusa da meno di dodici ore
la VII edizione del Festival Internazionale del Film di Roma
2012 e l’Auditorium ha chiuso i battenti alla critica e ai
giornalisti , mai come quest’anno, provenienti da tutto il mondo,
per lasciare spazio al pubblico che oggi potrà vedere le repliche
dei film premiati ieri sera dalla Giuria Internazionale presieduta
da Jeff Nichols.
Marco Mueller ha
condotto con grande professionalità e attenzione un Festival
vissuto forse con troppa ostilità da chi si aspettava una Venezia
2.0, accompagnando gli ospiti più importanti da un punto di vista
mediatico e raccogliendo sia gli applausi che i fischi che hanno
riempito la sala Sinopoli ieri sera alla premiazione. E parliamone
subito, visto che è l’argomento caldo di questa giornata post
festivaliera: il premio alla miglior regia a Paolo
Franchi per E la Chiamano Estate
ha fatto arrabbiare e indignare non solo la critica cinematografica
(o meglio gran parte di essa) che non sempre però è tenuta in
considerazione, ma soprattutto il pubblico, che in fase di
proiezione con gli ospiti ha addirittura preteso indietro i soldi
del biglietto. Jeff Nichols, PJ
Hogan e tutta la Giuria Internazionale hanno difeso in
maniera un po’ blanda la loro scelta in conferenza stampa
post-premiazione, alimentando ancora di più il malcontento.
Tutta’altra storia il premio a Isabella Ferrari
per la migliore interpretazione femminile: l’attrice protagonista
di E la Chiamano Estate si è fatta carico
di pesanti fischi e dissensi, nonostante forse il suo premio sia
davvero meritato, dal momento che ha partecipato ad un film che
l’ha messa alla prova realmente, da un punto di vista fisico e
psicologico.
Quello che Cinefilos.it vuole
mettere in chiaro una volta per tutte in relazione al film di
Franchi è che, l’opera è stata così male accolta non per un
malcelato senso di bigottismo o pudore che pervade la stampa
italiana, ma proprio perché ad opinione nostra e di tutti i nostri
colleghi il film è stato fatto, seppure con le migliori intenzioni,
davvero senza nessun criterio registico, ed è proprio da questo
punto che nasce il dissenso totale per il premio alla migliore
regia, riconoscimento che, lo ricordiamo, ha anche una valenza
tecnica.
Ma E la Chiamano
Estate non è stato, per fortuna, l’unico film
premiato. Applausi per Marfa Girl di
Larry Clark, il regista che ha raccontato con
grande amore uno spaccato quotidiano di una cittadina di confine
tra Messico e Texas. Anche il Marc’Aurelio d’Oro a Clark
ha fatto discutere, ma in maniera più contenuta, conciliando forse
di più i pareri comunque contrastanti della critica. Per quanto
riguarda gli attori, abbiamo già parlato della Ferrari, mentre
restano da commentare il premio ai due francesi Jérémie
Elkaïm per la sua interpretazione in Main dans
la Main e a Marilyne Fontaine che ha
vinto il premio per la migliore esordiente grazie al suo piccolo
ruolo in Un Enfant de Toi. Se la
performance della Fontaine è stata premiata nel contesto di un film
che non aveva ambizioni, la vittoria del bravo Jérémie è sembrato
un contentino a quello che era considerato uno dei principali
concorrenti al Marc’Aurelio d’Oro, in memoria del fatto
che il Festival di Roma delle passate edizioni ha sempre premiato
una commedia.
Il miglior contributo tecnico è
andato invece all’unico film messicano in concorso, Mai
Morire, per la bellissima fotografia realizzata da
Arnau Valls Colomer, emozionatissimo e incredulo
nel ricevere il riconoscimento al suo lavoro. Altro premiato tra
gli italiani è stato Claudio Giovannesi con il suo
bel film Alì ha gli occhi azzurri, che
pur non essendo perfetto si colloca in quel filone di cinema
sociale che riesce ancora a raccontare qualcosa di interessante
allo spettatore. Giovannesi ha portato a casa anche il premio per
la Migliore opera prima e seconda assegnato dalla giuria
presieduta dal kubrickiano Matthew Modine.
The Motel
Life, dei fratelli Gabriel e Alan
Polsky, ultimo film presentato in concorso, ha vinto,
nell’ambito del premi principali, il riconoscimento per la migliore
sceneggiatura, portando a casa anche il Premio del Pubblico BNL per
il miglior film e conquistando anche il primo posto per il Mouse
D’Oro, premio che la stampa on line assegna in via ufficiosa
durante i Festival di Roma e Venezia. Quello che secondo chi scrive
è stato il miglior film presentato al concorso di quest’anno,
insieme all’ignorato A Glimpse inside the Ming of
Charlie Swan III diretto da Roman
Coppola, è da considerarsi quindi il vero vincitore del
Festival, dal momento che ha riunito il parere del pubblico e della
critica “giovane” on-line.
All’indomani della conclusione del
Festival di Roma, possiamo quindi dire che l’evento, atteso e
criticato sin da prima del suo effettivo svolgimento, ha generato
polemiche a tutti i livelli, soprattutto per la mancanza di quei
nomi altisonanti che Mueller era solito portare in gran quantità al
Festival di Venezia. Premesso che
qualsiasi confronto tra le due realtà festivaliere italiane è fuori
luogo, Marco Mueller ha davvero, secondo chi
scrive, fatto il meglio che poteva con il poco tempo che aveva,
riuscendo a collezionare buoni film in concorso (come
The Motel Life, A Glimpse inside the Ming of Charlie
Swan III, Back to 1942) accanto alle inevitabili
“cose brutte” che in tutti i Festival capita di vedere. Promuoviamo
Mueller e la sua squadra con riserva, in attesa di vedere cosa
riuscirà a fare il prossimo anno, se ci sarà un prossimo anno, con
tempo e forze a disposizione.
Il vero problema alla base di ogni
tipo di polemica resta però l’identità di un Festival che fino ad
ora ha avuto conduzioni così diverse da minarne solamente la base e
addirittura la ragion d’essere. Bisognerebbe forse trovare il
giusto equilibrio tra cinefilia e star system, cinema indipendente
e pellicole di grande richiamo, per riuscire ad accontentare tutti
e dare finalmente giustizia al bellissimo palcoscenico che
l’Auditorium offre al Festival Internazionale del Film di
Roma. Tutto sul Festival di Roma nel nostro speciale