Reduce da una serie di
film poco riusciti Stallone sogna di tornare sul grande
schermo con un ennesimo episodio della sua saga più fortunata:
Rambo.
Marigold Hotel: recensione del fim con Judy Dench
In Marigold Hotel la vecchiaia è una brutta bestia, chi c’è arrivato lo dice, e chi ci è prossimo lo ripete. Ma che fare quando l’età e la vita sono arrivate alla loro naturale fine e ormai ‘manca poco’? Così un gruppo di pensionati si ritrovano in un fatiscente albergo indiano, con l’intento di passare lì i loro ultimi anni di vita. Ognuno di loro ha una sua propria storia e ad ognuno la colorata e caotica India regalerà esperienze, chiarezza e visione del futuro che prima sembrava preclusa.
C’è Evelyn, il filo conduttore del racconto: attraverso i suoi occhi scorgiamo la meraviglia verso la novità, verso il mistero e l’ignoto che un’avventura offre sempre a chiunque la sappia intraprendere, a qualunque età. C’è Graham, Giudice della corte suprema che torna in India alla ricerca del suo amore perduto. Ci sono Jean e Douglas, ridotti in povertà dall’impresa della figlia, che sperano di trovare qualcosa di stimolante nella loro nuova vita, ma la meraviglia pervade solo chi è disposto ad accoglierla, e così non sarà per Jean, provata fisicamente ed emotivamente dal soggiorno forzato al Marigold Hotel. E poi Muriel, scontrosa signora che subisce un’operazione all’anca e viene spedita in India per ‘saltare la fila’ e fare la riabilitazione e infine c’è chi, come Madge e Norman, proprio non vuole scendere a patti con il tempo che passa, che si sente ancora giovane e ha paura di invecchiare, quando la vecchiaia è ormai una realtà.
Marigold Hotel, il film

Marigold Hotel si fregia di un cast difficilmente superabile. Conduce il gruppo una bellissima Judy Dench, straordinariamente intensa e affascinante, seguita a ruota da Tom Wilkinson, Bill Nighy, Maggie Smith, insieme poi a Penelope Wilton, Celia Imrie, Ronald Pickup e il giovane Dev Patel, lo Slumdog Millionaire di Danny Boyle. John Madden ci porta in questo mondo colorato e chiassoso, glissando evidentemente sulla povertà che si trova accanto all’ostentata ricchezza e raccontandoci una storia che potenzialmente poteva essere davvero preziosa, perché va ad indagare cosa succede ai personaggi dei film dopo il film. Spieghiamoci: tutto il cinema è pervaso da gioventù e bellezza che cerca di trovare il suo posto nel mondo; il film di Madden invece racconta degli anziani che nessuno vuole e che nessuno cura, che a loro volta cercano una sistemazione per la loro nuova condizione di vecchi.
Quando le abitudini si sono sedimentate nel corso di una vita è possibile cambiarle? Quando la vita di coppia viene naturalmente interrotta dalla morte è possibile andare avanti? Quando il nostro corpo non risponde più alle intenzioni di un tempo è possibile lo stesso accettare se stessi? Ogni personaggio con la sua storia ci da una risposta, a volte semplicistica, in altri casi sofferta. Il problema di Marigold Hotel però è una sceneggiatura, basata sul racconto di Deborah Moggach, che nella parte centrale si biforca rendendo disomogenea la struttura corale del film.
La magia dell’oriente non riesce ad bucare lo schermo e il film rimane su un binario morto, nonostante gli incredibili protagonisti e la storia dalle grandi potenzialità.
Emma Watson sul set di Bling Ring
Ecco alcune foto dal set di Bling Ring.
Protagonista è Emma Watson, l’attrice inglese di 21 anni che sta lavorando al suo secondo film (il primo è stato My Week With Marilyn)
Ecco il Teaser Trailer di L’Ospite(The Host)
Piccole bugie tra amici: recensione del film di Guillaume Canet
Arriva al cinema Piccole bugie tra amici di Guillaume Canet con protagonisti François Cluzet, Marion CotillardeJean Dujardin.
Un grave incidente sconvolge la vita di un gruppo di amici, che si trovano così a dover affrontare non solo la difficile situazione che si è creata, ma anche – e soprattutto – sé stessi e i rapporti che li legano gli uni agli altri. L’occasione sarà offerta dalla consueta trasferta estiva a Cap Ferret, nella casa del più ‘maturo’ (e ricco) della comitiva.
Piccole bugie tra amici, il film
La lontananza dalla frenesia cittadina da cui sono abitualmente risucchiati, insieme all’atmosfera più o meno ‘vacanziera’ in cui si immergono per qualche giorno, permetterà a ciascuno di loro di fermarsi a riflettere come non hanno mai potuto/voluto fare prima.
Questo, a grandi (grandissime) linee, quanto ci racconta il francese Guillaume Canet nel suo terzo lungometraggio, Piccole bugie tra amici: un film, a suo dire, “molto sentito e molto personale”, che lo ha coinvolto a 360°. E si vede. Canet riesce a trasmettere le sue stesse altalenanti emozioni anche allo spettatore.
Parte del merito è da attribuire ad un cast ‘stellare’ e in ottima forma (fra gli altri, il François Cluzet dell’apprezzatissimo Quasi amici, Marion Cotillard, premio Oscar per La vie en rose, e Jean Dujardin, fresco di statuetta per The Artist).
Piccole bugie tra amici è un film corale in cui però c’è spazio per tutti: ciascun personaggio ha un ruolo da protagonista, con una sua storia, con i mille pregi e difetti che lo caratterizzano e che emergono lentamente, scena dopo scena. L’affiatamento del gruppo, poi, è palpabile in ogni fotogramma. Anche perché, oltre all’indubbio talento dei singoli interpreti, Canet ha saputo sfruttare al meglio le dinamiche (di gruppo e di coppia) che si sono innescate all’interno del cast.
Dopo aver sottoposto per una settimana i suoi attori ad un vero e proprio ‘boot camp’ sul posto – perché familiarizzassero tra loro e con l’ambiente – è riuscito a ricreare con spontaneità e onestà (insomma, con ‘semplicità’) quei legami d’amicizia e d’amore così intimi e complessi che noi tutti viviamo ogni giorno. Per questo è facile identificarsi con loro, con tutti loro: perché in ognuno possiamo ritrovare un pezzettino di noi stessi. E siamo a nostro agio con Max, Marie, Vincent, Eric, e tutti gli altri: ridiamo e piangiamo insieme a loro, ci sentiamo partecipi di questo gruppo assai variegato, in cui ognuno tende a nascondere una parte di sé (la parte più fragile o più ‘scomoda’), generando una catena di piccole bugie ‘innocenti’ che servono a non affrontare i problemi veri. Finché non arriva il momento in cui i problemi veri devono essere affrontati.
Piccole bugie tra amici esce il 6 aprile, distribuito da Lucky Red.
Non lasciatevi spaventare dalla durata extra-large: 154 minuti non sono poi tanti se li passate con degli amici così… e vedrete che alla fine quasi vi dispiacerà separarvi da loro.
C’era una volta in Anatolia dal 15 giugno al cinema
Vincitore del premio
della Giuria all’ultimo Festival
di Cannes, C’era una volta in Anatolia uscirà
nelle sale italiane il prossimo 15 giugno distribuito da
Parthènos.
I colori della passione: recensione del film con Rutger Hauer
Ne I colori della passione Il grande pittore fiammingo del XVI sec. Pieter Bruegel (Rutger Hauer) accompagna idealmente lo spettatore in un percorso che attraversa materialmente e visivamente il suo famoso capolavoro La salita al Calvario. Egli racconta e spiega al suo interlocutore, l’amico e collezionista d’arte Nicholas Jonghelinck (Micheal York), i vari elementi che costituiscono l’opera svelando simbolismi e scelte stilistiche e pittoriche. I colori della passione porta lo spettatore a conoscere alcuni dei tantissimi personaggi che compaiono sulla tela e che distolgono l’attenzione dell’osservatore dal vero nucleo dell’opera: il Cristo che si trascina con la Croce verso il Golgota.
Il primo input per realizzare un film sul dipinto del maestro fiammingo Pieter Bruegel nasce da un’idea di Michael Francis Gibson, famoso scrittore e critico d’arte, che nel 2005 vide a Parigi Angelus di Lech Majewsky. Prende così il via il progetto ambizioso quanto originale di produrre questo film in cui l’unico e vero protagonista è un quadro, un’unica opera d’arte. Avvalendosi dell’ausilio di moderne quanto innovative tecnologie e soprattutto attraverso la loro non facile combinazione si è cercato di ridare vita ad un dipinto, analizzandolo e studiandolo al suo interno con una introspezione analitica mai nemmeno pensata sino ad ora. Ed è così che è lo stesso Bruegel, interpretato da un riflessivo e profondo Rutger Hauer, ad accompagnarci nel suo quadro, guidandoci e illuminandoci sulle varie e non sempre ovvie scelte stilistiche e soprattutto simboliche.
I colori della passione, il film
La particolarità di questo pittore fiammingo è la quantità di personaggi che affollano puntualmente le sue tele ma i personaggi apparentemente di contorno non si rivolgono all’osservatore ma guardano altrove, gli danno le spalle; in questo film è lo stesso pittore che ci permette di conoscerli meglio, di capire chi sono e quali storie nascondono.
E qui grazie ad una serie di combinazioni tecniche che sovrappongono varie fasi di lavorazione, dalle riprese in blue screen, ad un fondale in 2D del quadro stesso sino alle riprese dal vero girate in Polonia, Austria e Nuova Zelanda, si ottiene un effetto incredibile e stupefacente dove l’arte si mescola alla tecnologia e quindi alla realtà. Una post-produzione durata un anno e che ha richiesto un lavoro enorme anche alle 40 sarte polacche che hanno eseguito con incredibile puntiglio e maestria i costumi di scena, impeccabili e perfetti.
I colori della passione è un film rivoluzionario, un ulteriore dimostrazione di come le ultime tecnologie al servizio del cinema possano aprire scenari nuovi e finora sconosciuti; le innovazioni tecniche possono essere utilizzate non solo per fare film di cassetta in 3D ma anche per promuovere una nuova era di commistione e interazione tra discipline artistiche diverse che si basano su differenti codici espressivi. Wim Wenders con Pina, film del 2010, ha utilizzato la stereoscopia per farci entrare nell’arte coreografica della grande Pina Bausch, ora Majewsky combina varie tecnologie moderne per immergerci nell’arte fiamminga di Bruegel; due illustri esempi di come si possa utilizzare l’innovazione tecnologica anche per fini artistici e culturali.
I colori della passione – The Mill and the Cross uscirà nelle sale italiane il prossimo 30 marzo distribuito dalla CGHV.
I colori della passione – the Mills and the Cross: incontro stampa con in regista Lech Majewsky
Nella piccola saletta del cinema Palestrina di Milano, comunque celebre per le sue proiezioni d’autore, è appena terminata la proiezione dell’interessante quanto originale I colori della passione – The Mill and the Cross film dedicato ed incentrato sul capolavoro del maestro fiammingo del XVI sec. Pieter Bruegel, La salita al Calvario.
Toy Story Il mondo dei giocattoli: recensione del film di John Lasseter
Toy Story Il mondo dei giocattoli è un film del 1996 di John Lasseter con le voci di Woody (Tom Hanks, Fabrizio Frizzi); Buzz (Tim Allen, Massimo Dapporto)
Toy Story Il mondo dei giocattoli – trama: Andy è un bambino che ha molti giocattoli, i quali, in sua assenza, si animano e hanno come capo Woody il cowboy, da sempre il suo preferito. Quando però per il suo compleanno riceve in regalo lo Space ranger Buzz Lightyear, giocattolo nuovo e moderno, gli equilibri e le preferenze cominciano a cambiare. Una lotta senza esclusione di colpi metterà Woody contro Buzz, prima che i due possano capire quanto Andy tenga in egual misura ad ognuno dei suoi giocattoli e di scoprire tra loro una grande amicizia.
Toy Story – Il mondo dei
giocattoli è stato il primo lungometraggio d’animazione
completamente sviluppato in grafica computerizzata, realizzato
dalla Pixar e distribuito dalla Walt Disney Pictures nel 1995.
Venne proiettato in anteprima mondiale il 19 novembre 1995 a Los
Angeles e in Italia uscì il 22 marzo 1996. E’ stato succeduto da
due sequel: Toy Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa nel 1999 e Toy
Story 3 – La grande fuga, nel 2010. Vi è stato anche uno spin-off,
Buzz Lightyear da Comando Stellare: Si parte!, nel 2000, e una
serie televisiva, Buzz Lightyear da Comando Stellare, anch’essa nel
2000. Questi ultimi due vedevano come personaggi principali Buzz
Lightyear e i piccoli Alieni del primo film.
Toy Story Il mondo dei giocattoli, film premio Oscar
Toy Story Il mondo dei giocattoli è divertente, nonché molto affascinante e accattivante. La trama allude al normale avvicendamento di affetti nel cuore di ogni bambino al momento dell’acquisto di un nuovo giocattolo, più moderno e funzionale rispetto a quelli che già ha. Nel film poi tale situazione è rimarcata dal fatto che il classico pupazzo di un cowboy (Woody) viene messo nell’ombra da un ranger spaziale ultramoderno (Buzz); dunque due giocattoli dello stesso genere ma agli antipodi.
A fare da contorno tanti altri pupazzi molto buffi, tra cui citiamo: Mr. Potato, un pupazzo di Mr. Potato Head della Hasbro, una testa a forma di patata da cui si possono staccare tutti i componenti della faccia (occhi, naso, orecchie..); il dinosauro Rex; Slinky dog, un cane bassotto con una molla al posto del busto; Hamm, un salvadanaio a porcellino; Bo Peep, la bambola di una pastorella, grande amore di Woody ricambiato da lei nell’epilogo del film; Sarge, il comandante di un esercito di soldatini di plastica. Tra gli umani, un ruolo molto attivo è affidato a Sid, un ragazzino che si diverte a torturare giocattoli; veste una maglia nera con l’immagine di un teschio umano. È vicino di casa di Andy e suo alter ego.
Le voci dei protagonisti sono affidate a Tom Hanks in inglese e da Fabrizio Frizzi in italiano per Woody, Tim Allen in inglese e di Massimo Dapporto in italiano per Buzz Lightyear, John Charles Morris in inglese e di Lorenzo de Angelis in italiano per Andy.
Toy Story Il
mondo dei giocattoli riprende molte citazioni
cinematografiche. Nella scena in cui Woody tiene la sua riunione,
si possono vedere alle sue spalle i titoli dei libri, tra cui
Knick Knack, Tin Toy, Red’s Dream e Le
avventure di André e Wally B., tutti quanti titoli di
cortometraggi diretti ed ideati da John Lasseter.
Inoltre il libro col titolo Tin Toy riporta il nome del regista,
John Lasseter, come autore, a sottolineare che
quel cortometraggio è stato quello che ha ispirato Lasseter a fare
un lungometraggio con dei giocattoli come protagonisti.
La cassetta degli attrezzi con cui Sid blocca Woody è di marca “Binford”, riferimento alla serie tv (sempre prodotta dalla Walt Disney Pictures) Quell’uragano di papà. Inoltre il personaggio principale della serie è Tim Allen, che doppia la voce di Buzz.
Mentre Woody e Buzz stanno inseguendo il camion dei traslochi che li condurrà ad Andy, nella macchina di quest’ultimo stanno ascoltando la canzone Hakuna Matata del film Il re leone.
La moquette della casa di Sid presenta un disegno identico a quella dell’Overlook Hotel del film Shining, il preferito di John Lasseter.
Nella scena dove Woody e Buzz sono in mezzo a delle console da sala giochi, si vede Sid che gioca ad un gioco ispirato ad una scena di Alien.
La macchina della madre di Andy è targata “A-113”, ovvero un codice nascosto in tutti i film Pixar che si riferisce alla classe frequentata da molti animatori Disney e Pixar presso il CalArts (California Institute of the Arts).
Nella scena in cui Woody e Buzz litigano alla stazione di rifornimento, quando Buzz dice “Addio” fa con la mano un gesto di saluto che ricorda quello usato da Spock nella serie Star Trek.
Toy Story Il mondo dei giocattoli vanta inoltre anche una lista premi di tutto rispetto. Occorre innanzitutto dire che è stato un grande successo al botteghino mondiale, avendo incassato 356.800.000 dollari, figurando al primo posto negli incassi del 1995 ed entrando al 65º posto nella lista dei film che hanno venduto di più. Nel 2005 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. Ancora, il New York Times ha inserito il film nella sua lista dei 1000 migliori film di sempre.
Ha fatto anche incetta di premi, tra cui 4 Oscar, 3 Golden Globe e un Mtv Movie Award. Il film ha ispirato anche tre giochi per videogame, per le console Sega Mega Drive, Super NES, Game Boy, PlayStation e per Microsoft Windows.
Donne sull’orlo di una crisi di nervi – recensione
Donne sull’orlo di una crisi di nervi è il film del 1988 diretto da Pedro Almodovar e con protagonisti nel cast Carmen Maura, Maria Barraco, Antonio Banderas, Rossy De Palma.
Fantastico film del grande regista spagnolo Pedro Almodovar, uscito nelle sale nel 1988 ma decisamente attuale, Donne sull’orlo di una crisi di nervi, commedia quasi tutta al femminile, indaga il mondo dei sentimenti delle donne.
I personaggi in Donne sull’orlo di una crisi di nervi vengono catapultati in situazione a volte decisamente fuori dal comune, ma come dice lo stesso regista quando si tratta di sentimenti anche ciò che può sembrare più assurdo in realtà appare verosimile.
La storia di Donne sull’orlo di una crisi di nervi si svolge quasi interamente nell’arco di ventiquattro ore all’interno dell’appartamento della protagonista, Pepa, interpretata dall’eccellente Carmen Maura, che comparirà in molti altri film di Almodovar, proprio come parecchi degli altri attori presenti nel film. In un susseguirsi di scene ai limiti della realtà, nell’appartamento di Pepa si intrecciano le vite di Candela (Maria Barranco), amica di Pepa, di una coppia di fidanzati, Carlos (Antonio Banderas), figlio di Ivan (Fernando Guillen) ex amante di Pepa, e Marisa (Rossy De Palma), di due poliziotti, di un avvocato e infine persino di Lucia (Julieta Serrano), moglie legittima di Ivan.
Particolarità di questa amara e divertente commedia è costituita da personaggi comuni che si ritrovano immersi in situazioni paradossali, inverosimili e ricche di comicità. Proprio come in molti altri film di Almodovar, i protagonisti seppur sfidati ad affrontare problematiche importanti, quali l’abbandono o la solitudine riescono sempre a superare le situazioni, magari non sempre al meglio, ma impegnandosi, a volte con leggerezza, tirando fuori tutta la forza che solo in veri momenti di disperazione esce fuori. Il film vinse ben cinque premi Goya come miglior film, migliore attrice protagonista, miglior attrice non protagonista, miglior sceneggiatura originale e miglior doppiaggio, ottenendo tra l’altro vari riconoscimenti a livello europeo tra cui un David di Donatello per la miglior regia straniera.
Per più di dieci anni il regista ha lavorato nella compagnia telefonica nazionale spagnola, dopo la chiusura della scuola di cinema che frequentava dovuta alle restrizioni della politica franchista, e lui stesso considera il film come un feroce attacco ai telefoni e alle segreterie telefoniche che aiuterebbero i bugiardi. Più volte Carmen Maura distrugge il telefono e getta la segreteria dal terrazzo dopo i messaggio di Ivan sapendo che stava mentendo nel dirle che sarebbe partito da solo, ma lei conoscendo la sua voce meglio di chiunque altro, lavorando insieme a lui, non poteva certo farsi ingannare.
Donne sull’orlo di una crisi di nervi il film di Pedro Almodovar
Il tema del doppiaggio nel film Donne sull’orlo di una crisi di nervi é molto importante perché simboleggia sia la finzione nel cinema che quella nella vita reale, dove le donne che devono costantemente combattere per affermarsi in una società maschilista, soffrono sempre più di nevrosi dovute alle bugie e ai tradimenti di uomini vili ai quali però sembrano non poter rinunciare.
Come nella maggior parte dei suoi film, Almodovar indaga in modo colorito questo mondo dei sentimenti e nevrosi femminili, senza però dimenticare le sue origine di regista del post-franchismo che racconta realtà marginali e soprattutto criticando la chiesa e la religione in modo asprissimo. Nei primi minuti del film infatti, quando Pepa sta lavorando in sala di doppiaggio, si vede sul monitor che sta doppiando la pubblicità di preservativi, e nello spot durante un matrimonio il prete che benedice i giovani sposi ad un certo punto si avvicina alla ragazza e le consiglia di proteggersi dandole un preservativo. Il modo in cui il regista critica la società è abbastanza forte, ma allo stesso tempo molto ironico.
I personaggi strampalati che incontra Pepa, tra cui il tassista, sempre lo stesso, che ha la passione per la tappezzeria leopardata, il mambo ed un taxi super accessoriato (dalle riviste in vendita, ai prodotti per l’igiene personale), altro non sono che caricature della realtà nella quale viviamo, e Pepa stessa, che tra gli altri sembra la più “normale”, si é creata sul suo bellissimo terrazzo una piccola arca di Noé, con piante e animali non propriamente domestici come galline ed oche. Insomma tutto appare veramente colorito e colorato.
In effetti la fotografia nel film é abbastanza riconoscibile e tipica dei film di Almodovar, ricca di colori sgargianti che rispecchiano le anime “calienti” dei personaggi e un po’ della Spagna in generale. Situazioni sopra le righe, protagonisti strambi o che vivono situazioni strampalate e inverosimili, questo é Almodovar e questa é la realtà nella quale viviamo, in fondo non siamo un po’ tutti sull’orlo di una crisi di nervi?
Zac Efron e Taylor Schilling presentano l’intervista a Nicholas Sparks!
Intervista a Nicholas Sparks, sottotitolata in italiano, sul suo nuovo film “Ho cercato il tuo nome”, Zac Efron é il protagonista insieme a Taylor Schilling e Durham Comegys di questo dramma romantico diretto dallo sceneggiatore-regista candidato premio Oscar® Scott Hicks. Ulteriori info sul film nella nostra scheda Ho cercato il tuo nome.
La Kryptonite nella borsa: dal 4 aprile in DVD, Blu Ray e download digitale
Piccole Bugie tra Amici: Trailer Italiano
La consueta estate a Cap Ferret, nella
grande casa sul mare, per un gruppo di amici parigini, ciascuno con
il proprio stress, ciascuno con le proprie piccole bugie. E per
tutti il dolore di una mancanza, l’amico rimasto solo a Parigi in
ospedale dopo un gravissimo incidente. Ci pensano e non ci pensano,
la vita (e le vacanze) vanno avanti. Ma stavolta l’estate è per
tutti un grande freddo: Vincent (Benoit Magimel) non ama più sua
moglie e prova qualcosa per l’amico Max (François Cluzet), che la
rivelazione rende ancor più nervoso e insopportabile, Eric (Gilles
Lellouch) non smette di provarci con tutte, mentre l’abbandonata
Marie (Marion Cotillard) consuma storie di sesso senza gusto e
futuro. Fra tutti questi disperati della vita branchè, s’aggira un
solo idealista, il tenero Antoine (Laurent Laffite) che vive appeso
agli sms della ex di cui è ancora innamorato (Anne Marivin). Una
tranquilla estate di paura. Con malinconia e tenerezza.
Marigold Hotel – Trailer Italiano
Marigold
Hotel (The Best Exotic
Marigold Hotel) è un film del 2012 diretto da John Madden e con
protagonisti Bill Nighy,
Dev Patel, Judi Dench, Maggie Smith, Penelope Wilton, Ronald Pickup, Tom Wilkinson. La
sceneggiatura del film scritta da Ol Parker, si basa sul romanzo
Mio suocero, il gin e il succo di mango (These Foolish Things) di
Deborah Moggach. Ulteriori info nella scheda: Marigold
Hoter
Biancaneve – Trailer Italiano
Biancaneve
(Mirror
Mirror) è un film del 2012 diretto da Tarsem Singh e con protagonisti Armie Hammer, Danny Woodburn, Julia Roberts, Lily Collins, Mare Winningham, Martin Klebba, Michael Lerner, Nathan Lane, Robert Emms, Sean Bean. Il film si basa sulla
fiaba dei fratelli Grimm Biancaneve e i sette nani.
DIAZ – Backstage del film
Arriva il Backstage di
Diaz: don’t clean up this blood, il film
di Daniele Vicari dal 13 Aprile al cinema.
Il cast del film comprende Alessandro Roja, Aylin Prandi, Claudio Santamaria, Davide Iacopini, Elio Germano, Fabrizio Rongione, Ignazio Oliva, Jennifer Ulrich, Monica Birladeanu, Paolo Calabresi, Renato Scarpa, Rolando Ravello.
Insidious: recensione del film di James Wan
Insidious è il film del 2010 diretto da James Wan e con protagonisti nel cast Patrick Wilson, Rose Byrne, Ty Simpkins, Lin Shaye, Leigh Whannell
James Wan ci riprova. Dopo aver scosso il mondo dell’horror con Saw – L’Enigmista (2004) e dopo la parentesi meno remunerativa di Dead Silence (2007), torna ora nelle sale con Insidious, ghost-story ambiziosa che strizza l’occhio ad innumerevoli classici del genere. In molti hanno storto il naso, tra critici ed appassionati del genere, quando la diffusione del primo materiale promozionale lasciava presagire l’ennesima vicenda soprannaturale, patinata e schiava di quei meccanismi scenici e registici che Hollywood sembra voler applicare a quasi ogni sua creatura, trasformando anche la più buona delle idee in un prodotto mediocre.
Insidious, sorprendentemente, riesce in buona parte a distaccarsi da quel pantano di remake scialbi e stanchi che hanno affossato l’horror, proponendoci una storia sinistra ed ottimamente orchestrata che, pur non inventando nulla di particolarmente originale, si fa carico di tutti i luoghi comuni del genere utilizzandoli in maniera efficace: porte cigolanti, sussurri ed apparizioni agghiaccianti fanno capolino in una sceneggiatura che gioca le sue carte migliori nei primi due atti della pellicola, a fronte di un terzo più confusionario e fuori controllo.
Nell’epoca del gore più gratuito e fine a se stesso, dove il mercato sembra voler imporre agli autori la necessità di mostrare più violenza possibile, Wan gioca tutto sull’atmosfera, su di un impianto sonoro quasi minimale, avvalendosi anche di una fotografia chiaroscurale sempre al servizio della storia e ricca di zone d’ombra in cui nascondere i suoi spettri, in un continuo gioco di equilibri tra il “vedo/non vedo”; carrelli lenti, inquadrature fisse e ben studiate, che rivelano un lavoro di storyboard senza dubbio notevole, rappresentano i trucchi vincenti di una regia furbissima nel suo voler sempre spiazzare le attese dello spettatore, che si ritrova suo malgrado a gettare l’occhio in ogni angolo della scena, sicuro di scorgere uno dei molti spettri di cui la pellicola è disseminata, un campionario di fantasmi spaventoso, grottesco e sostenuto da un mirabile lavoro di make-up.
I veterani del genere, inoltre, potranno compiacersi dei continui rimandi, sia in termini di mood che di situazioni, agli intramontabili capostipiti di cui Insidious è debitore: echi di pietre miliari come Gli Invasati di Robert Wise (1963), Amytiville Horror di Stuart Rosenberg (1979), Poltergeist di Tobe Hooper (1982) ed anche lo stesso L’Esorcista di William Friedkin (1973) sono sparsi ovunque.
Insidious
Non tutto comunque funziona, a partire dal comparto attoriale, dove l’unica prova pregevole e coinvolgente è rappresentata dal personaggio della medium interpretato da Lin Shaye, in grado di gelare il sangue persino in una sequenza (una delle migliori del film) prettamente descrittiva; Non splende affatto invece Patrick Wilson, troppo ingessato e spaesato nei panni di un padre in procinto di rischiare tutto per salvare suo figlio, un anonimo (ma gli va concessa l’attenuante della giovane età) Ty Simpkins. Chiude la lista dei comprimari Rose Byrne, che qui interpreta in maniera appena discreta una madre apprensiva e sconvolta dagli eventi.
Un plauso invece agli attori che danno “corpo” e “forma” a spiriti e demoni, tutti inquietanti ed espressivi; l’ultimo vero neo del film è rappresentato dall’atto finale, che alterna momenti di indubbio fascino visionario ad altri decisamente più gratuiti e scontati, andando in parte a scalfire quanto di buono fatto precedentemente, per poi affidare la conclusione dell’opera ad un colpo di scena piuttosto prevedibile.
Insidious, nonostante diversi difetti, resta quindi consigliatissimo a tutti coloro che, tra una lista fin troppo lunga di horror deludenti, cercano un prodotto efficace, dal sapore quasi vintage e, finalmente, davvero in grado di spaventare.
Independence Day: recensione del film Will Smith
Independence Day è un film del 1996 diretto da Roland Emmerich e con protagonisti nel cast Jeff Goldblum, Will Smith, Bill Pullman, Vivica Fox, Mary McDonnell, Randy Quaid.
La trama di Independence Day
L’arrivo degli extaterrestri sulla Terra (con una mastodontica nave-madre che staziona nello spazio e una flotta di enormi dischi volanti che ‘parcheggiano’ nei cieli delle principali città del pianeta) viene accolto col proverbiale mix di panico, paura e speranza… Le poco amichevoli intenzioni dei ‘visitatori’ si manifesteranno quasi subito, con una pioggia di fuoco che invaderà le città e un nugolo di navicelle più piccole che ridurranno ai minimi termini le principali basi di difesa terrestri.
Sullo sfondo della catastrofe, seguiamo le vicende dello scienziato Jeff Goldblum (che, trai pochi a intuire l’imminenza dell’attacco, salverà la vita al Presidente degli Stati Uniti – Bill Pullman – anche grazie all’aiuto della ex moglie, che lavora nello staff della Casa Bianca), del pilota di caccia Will Smith (che nel corso di un duello aereo sarà uno dei pochi ad abbattere un velivolo alieno) e della sua compagna (Vivica Fox) che assieme al figlio tenterà di ricongiungersi a lui, incrociando sulla sua strada la First Lady, scampata anche lei all’attacco, seppur conciata molto male.
Tutti si ritroveranno nella celeberrima ‘Area 51’, a Roswell (l’esistenza della quale sembra essere ignota al solo Presidente degli U.S.A.), dove si scoprirà che gli alieni tengono sotto osservazione la Terra da un bel pò… e dove si trova anche il famoso ‘disco volante’ che teorie del complotto vogliono essere precipitato proprio a Rosewell.
Utilizzandolo,
Will Smith e
Goldblum si lanceranno in una missione
suicida nella ‘pancia’ della nave madre, al fine di disinnescare
gli scudi che rendono inattaccabile la flotta arrivata sulla Terra…
il finale, per i pochi che non hanno visto il film, è
prevedibile…
Independence Day è il classico ‘giocattolone’ cinematografico, del quale peraltro, superato l’impatto (per i tempi, sicuramente suggestivo) con la fantasmagoria degli effetti speciali, ci si stanca anche presto, complice una sceneggiatura prevedibile, che accumula tutti i classici luoghi comuni dell’invasione aliena (dagli enormi ‘dischi volant’, che sembrano omaggiare la serie Visitors, all’uovo di Colombo usato per sconfiggere gli invasori), e interpretazioni che si limitano al minimo indispensabile.
Independence Day riveste magari qualche curiosità sotto il profilo del cast: rappresentò il primo autentico blockbuster per Will Smith, fino ad allora noto in Italia soprattutto per la sit-com Willie, il Principe di Bel-Air (e infatti il personaggio, nei suoi lati più ironici deve molto a quello della serie tv).
Per Jeff Goldblum è una delle ultime partecipazioni a film di una certa rilevanza, e si tratta sostanzialmente di una variazione sul tema del personaggio dello scienziato cinico e un filo misantropo che in quegli anni gli diede una certa fortuna nella serie di Jurassik Park.
Independence Day segnò inoltre il rilancio il genere ‘catastrofico’: di lì a poco, la minaccia ‘esterna’ si sarebbe trasformata nei meteoriti di Deep Impact e Armageddon, mentre in seguito lo stesso Emmerich l’ha portata sulla Terra, dapprima col lucertolone di Godzilla e in seguito con The Day After Tomorrow prima e 2012 poi, dando alle varie ‘minacce’ contorni più ‘naturalistici’ all’insegna di messaggi ambientalisti.
Per rivedere uno
scontro tra umani e alieni sul grande schermo si sarebbe dovuto
aspettare quasi un decennio, con i remake della Guerra dei
Mondi e di
Ultimatum alla Terra, in cui rapporto tra
‘buoni’ e ‘cattivi’ si sarebbe fatto progressivamente più sfumato,
prima di vederlo completamente ribaltato in
Avatar.
Independence Day
Rivisto oggi, Independence Day assume valore come ‘testimonianza’ del clima che si respirava ai tempi: siamo nell’America clintoniana di fine anni ’90 (e il personaggio del Presidente, giovane, idealista e con la faccia da bravo ragazzo, interpretato da Bill Pullman, a Clinton è chiaramente ispirato), in quel breve periodo in cui, finita la guerra fredda, si riteneva che gli Stati Uniti – e con essi l’Occidente – non avessero più nemici, e il pericolo potesse venire solo da un’ipotetica invasione aliena.
Un’epoca in cui le ‘magnifiche sorti progressive’ dell’umanità erano affidate a una tecnologia vista solo come positiva, e in cui persino uno dei famigerati virus informatici poteva diventare la salvezza del genere umano. Un film, e questo forse vale più di ogni altro discorso, dove ci si poteva permettere di far crollare grattacieli e saltare in aria la Casa Bianca senza evocare gli spettri dell’11 settembre.
Abigail Breslin in The Hive al fianco di Halle Berry
Sex Tape per Jake Kasdan? Non pensate male…
Mark Twain in salsa soprannaturale per la Paramount
Dr. Dre si dà all’horror con Thaw
Harry Poter Wizard’s Collaction – Cofanetto da collezione edizione limitata
Niente The Dive per James Cameron; c’è Martin Campbell
Prima di mezzanotte 2: due nuovi sceneggiatori e Brett Ratner alla regia
Brian Grazer e Ron Howard lavorano sull’adattamento di 1984 di George Orwell
E’ Heat Vision a annunciare
che i produttori Brian
Grazer e Ron Howard (Il Codice Da
Vinci) stanno lavorando con la loro casa la Imagine
Entertainment e con la LBI Entertainment di Julie Yorn per portare
al cinema un film tratto da 1984, il celebre romanzo scritto da
George Orwell nel 1948.
Teaser Trailer per Cosmopolis di David Cronenberg con Robert Pattinson!
Arriverà in Italia a
Dicembre, ma le aspettative per il ritorno di David
Cronenberg sono altissime. Ecco finalmente arrivare un
primo teaser trailer di Cosmopolis, tratto dal
romanzo di Tom DeLillo con protagonista Robert
Pattinson,.
Prime foto di Hugh Jackman sul set di Les Miserables di Tom Hooper!
Arrivano le prime foto di Hugh Jackman dal set londinese di
Les Miserable, il nuovo film di Tom Hooper.
Uno Jackman davvero ridotto male quello immortalato sul set:
Violante Placido racconta la sua esperienza sul set di Ghost Rider: Spirito di Vendetta
“Un impegno che
mi ha permesso di far riemergere il mio lato spericolato” Così la
bella Violante Placido racconta il suo ruolo in
Ghost Rider: Spirito di Vendetta, e questa volta
per la sua seconda esperienza hollywoodiana dopo
The American, la bella figlia d’arte ha avuto un
personaggio a tutto tondo, quasi coprotagonista accanto al divo
Nicolas Cage, un ruolo molto diverso da lei che in
passato ha sempre usato il suo corpo in maniera diversa.
Come è stato realizzare le scene d’azione?
“Ho fatto tanto sport da ragazza (equitazione, salto a ostacoli), sono caduta da cavallo mille volte. Ma questa è stata tutta un’altra esperienza, ha tirato fuori il mio lato spericolato. Finora però al cinema il mio corpo è stato mostrato nella sua morbidezza, nella sua sensualità. Qui invece è tutto più dinamico, aggressivo, violento. Ho lavorato accanto a degli stunt veri è propri, come un giro a luna park!”.
Violante Placido, tra italia e america
Com’è stato lavorare con Cage?
“All’inizio mi intimidiva perché è particolare, un mix di nevrosi. Credevo fosse uno difficile, invece è una persona carina. Soprattutto fuori dal set: quando lavora, anche tra una scene e l’altra, è totalmente concentrato nel suo personaggio. Poi mi ha detto che si ricordava benissimo di mia madre e abbiamo parlato di cosa vuol dire venire entrambi da una famiglia di artisiti (Cage è nipote di Francis Ford Coppola, ndr)”.
Lei è una delle attrici
italiane che sono riuscite a lavorare in USA di recente. Come si è
sentita?
“Se da italiano ti trasferisci lì, e prendi tutte le licenze e i
permessi che servono per lavorare, è più facile. Da qui, l’aspetto
burocratico è complicato. Per fortuna The American è stato
girato in Italia, Ghost Rider in Turchia, e così non ci
sono stati problemi. Fare i permessi però ti permette anche di
entrare nel circuito dei film indipendenti, e lì puoi lavorare
bene.”
Nel film è una madre che fa
di tutto per salvare suo figlio. Un futuro da mamma?
“Mi piacciono molto i bambini, e se avessi dei figli, vorrei essere
loro complice. Ma non mi ci vedo nel ruolo di madre tradizionale.
Quando sarà si vedrà”.