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Alexander Payne a Roma presenta Paradiso Amaro

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Oggi a Roma il neo nominato agli Oscar Alexander Payne ha incontrato la stampa per presentare il suo film Paradiso Amaro. Ecco cosa ha raccontato.

L’arte di Vincere – Intervista a Brad Pitt

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Brad Pitt parla dei protagonisti del film L’Arte di Vincere, per il quale lui e Jonah Hill sono stati candidati all’Oscar (rispettivamente per Miglior attore protagonista e Migliore attore non protagonista).  Dal 27 gennaio al cinema.

Ulteriori info nella nostra Scheda-Film

Lily Collins rinuncia al remake di La Casa

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Lily Collins rinuncia al remake di La Casa

Niente remake di La Casa per Lily Collins (vista in Abduction e prossima interprete di Mirror Mirror, film ispirato aBiancaneve): l’attrice britannica ha declinato il ruolo della protagonista femminile a causa dei troppi impegni concomitanti, tra cui il tour promozionale dello stesso Mirror Mirror e la partecipazione all’adattamento di The Mortal Instruments, ennesima saga post-adolescenziale (firmata da Cassandra Clare) che dopo il successo nelle librerie americane, si prepara a sbarcare sul grande schermo.

Il remake di Evil Dead dovrà trovare dunque una nuova interprete per il ruolo di Mia, una ragazza che nel corso di una gita tra amici finisce in una casa abbandonata… ovviamente infestata, con tuttò ciò che ne seguirà (rispettando il plot dell’originale). Regista del film sarà il semisconosciuto Fede Alvarez, regista uruguayano segnalatosi per il cortometraggio fantascientifico Ataque de Panico. La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Alvarez, assieme a Rodo Sayagues, con l’assistena di Diablo Cody. L’inizio delle riprese è previsto per il prossimo marzo, l’uscita nelle sale per l’aprile 2013.

Fonte: Empire

Cast completo per il nuovo horror di James Wan

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Si va completando il cast del nuovo vilm di James Wan (regista del primo Saw e, più recentemente, di Insidious): dopo Patrick Wilson e Vera Farmiga è la volta di Ron Livingstone e Lily Taylor. Il titolo inizialmente scelto, The Conjuring, è stato in seguito scartato e al momento non ne è stato ancora trovato un altro. Wilson e la Farmiga interpreteranno una coppia di ‘investigatori psichici’ che affronteranno il caso più terrificante della loro vita in una fattoria del Rhode Island; qui, un’altra coppia (Livingstone e la Taylor) si è  trasferita coi propri figli, solo per scoprirla infestate da una presenza dmeoniaca che decisamente non li vuole trai piedi. La sceneggiatura è stata scritta Chad e Carey Hayes, sulla base del caso della famiglia Perron, raccontato dagli investigatori Ed e Lorraine Warren, negli anni ’70. Le riprese dovrebbero cominciare nel prossimo marzo.

Fonte: Empire

Lena Headey a fianco di Ethan Hawke in Vigilandia

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Dopo aver trovato in Ethan Hawke il protagonista, Vigilandia – sci-fi thriller di James DeMonaco (regista le cui precedenti opere non sono granché memorabili) ha trovato anche la sua controparte femminile in Lena Headey (protagonista in Terminator: The Sarah Connor Chronicles, oltre ad aver recitato in altre serie come Game of Thrones o White Collar).

Del film, che sarà un’opera a basso costo, si sa poco: regista e produttori hanno voluto mantenere il massimo riserbo. Produttore è Jason Blum (Insidious), la cui compagnia sta attualmente lavorando a Platinum Dunes di Michael Bay. Nota anche per il ruolo della Regina Gorgo in 300 di Zack Snyder, la Headey sarà sugli schermi in autunno col remake del fumettistico Dredd.

Fonte: Empire

Catherine Zeta-Jones torna sul set per Soderbergh

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Catherine Zeta-Jones torna sul set per Soderbergh

Steven Soderbergh continua a portare avanti il suo nuovo progetto, un ‘thriller – farmaceutico’ intitolato Side Effect: sul fronte del cast, arriva la conferma della partecipazione di Catherine Zeta-Jones, che nel film affiancherà Jude Law, Channing Tatum, e Blake Lively. La storia ruoterà proprio attorno al personaggio della Lively, preda di ansia e depressione a causa dell’imminente scarcerazione del marito; questo stato la poterà ad assumere una grande quantità di farmaci e le cose peggioreranno ulteriormente quando intreccerà una relazione col suo medico (interpretato da Jude Law).

La sceneggiatura è stata scritta da Scott Z Burns (The Informant, Contagion). Per gran parte degli attori principali non si tratta della prima collaborazione con Soderberg: la Zeta-Jones ha recitato in Traffic, Jude Law in Contagion, Tatum ha preso parte a Haywire, e farà parte anche di Magic Mike, altro film messo già in cantiere da Soderberg. Catherine Zeta-Jones sarà presto sugli schermi nel nuovo film di Stephen Frears e nel musical Rock of Ages.

Fonte: Empire

E’ morto Theo Angelopoulos

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E’ morto il regista greco Theo Angelopoulos. A dare lantizia la polizia di Atene che è accorsa immediatamente quanto il grande artista, Palma d’Oro a Cannes e Leone d’Oro alla Mostra del cinema di Venezia

Road to the Oscar 2012: ecco una photogallery di tutti i candidati!

Eccoli i nominati, tutti a fremere per la grande notte del 26 febbraio che incoronerà uno di loro migliore dell’anno. Cinefilos.it vi offre una gallery sintetica ma esplicativa dei nominati per questa

Oscar 2012: tutte le nomination

Oscar 2012: tutte le nomination

Ecco l’elenco completo delle nomination agli Oscar 2012. Come c’era da aspettarsi, The Artist ha conquistato la maggiori candidature: film, regia, attore protagonista, attrice non protagonista, sceneggiatura oltre a

Oscar 2012: annunciate le categorie principali

Oscar 2012: annunciate le categorie principali

Ecco le nomination della 84esima edizione degli Academy Awards, annunciata da Jennifer Lawrence (nominata lo scorso anno per Un Gelido Inverno) e il Presidente dell’Academy, Tom Sherak.

Vampiri: i migliori 50 secondo SFX

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Il sito sfx.co.uk ha stilato un’interessante classifica … succhiasangue. I soggetti in questione sono infatti i vampiri di celluloide, che siano da grande o da piccolo schemo, sono stati classificati in una top 50

The Iron Lady – Intervista a Meryl Streep!

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The Iron Lady – Intervista a Meryl Streep!

In attesa dell’uscita nelle sale di The Iron Lady, la fresca vincitrice del Golden Globe come miglior attrice Maryl Streep, ci racconta il film attraverso la sua esperienza sul set. Vi ricordiamo anche la nostra recensione: The Iron Lady.

Qual è stata la sua prima reazione quando la regista Phyllida Lloyd le ha proposto di interpretare il ruolo di Margaret Thatcher?

Quando Phyllida mi ha detto che avrebbe diretto un film sulla vita di Margaret Thatcher e sulle tematiche della sua leadership, ha immediatamente stuzzicato il mio interesse. Non sono molte le donne leader e non sono molti i registi interessati a sondare cosa significa per una donna essere una leader.

Riflettere sulle barriere che Margaret Thatcher ha dovuto abbattere per diventare la Premier del Regno Uniti significava entrare nella mente di una donna di fine anni ’70, quando riuscì ad emergere e ad assumere il comando del suo partito. E io non faccio che ripetere alle mie figlie che allora il mondo era molto diverso e che tuttavia alcune cose restano molto simili.

È stato interessante seguire le orme di una donna cresciuta durante la Guerra, scoprire la Gran Bretagna del dopoguerra, un periodo di privazioni e di ricostruzione, e vedere questa donna elaborare la propria filosofia e tradurla in pratica formulando soluzioni per quelle che lei considerava delle mancanze nel benessere economico del suo paese. È stato come osservareuna persona, casualmente donna, che tenta di risolvere enormi problemi di portata mondiale in un modo del tutto inedito per una donna.

È entrata in un circolo per soli uomini, nel mondo dell’alta borghesia, e ha preso tutti per la collottola. A prescindere dall’orientamento politico di ognuno, lo considera un risultato significativo?

Io come attrice, arrivando il primo giorno sul set per le prove mi sono sentita incredibilmente sconfortata perché mi sono trovata in mezzo a 40-45 meravigliosi attori inglesi ed ero l’unica donna nella stanza e credo di aver provato la sensazione che deve aver provato Margaret Thatcher arrivando alle riunioni del Partito Conservatore.

I giorni delle riprese nella ricostruzione del Parlamento sono stati particolarmente interessanti: come catturare l’attenzione di un’assemblea, come coinvolgere un pubblico che ti ascolta per riuscire a convincerlo della bontà della tua scelta politica sono situazioni con cui ci misuriamo ancora oggi in quanto esseri umani.

Ho visto registe lottare nel tentativo di assumere il comando. E non siamo ancora del tutto a nostro agio con il concetto di una donna al comando. Margaret Thatcher è stata realmente una grande innovatrice nel mostrare uno dei modi in cui una donna può assumere la leadership. Non aveva grandi problemi a capire come comandare e quindi, in un certo senso, gli uomini non hanno avuto grandi problemi a capire come seguirla. Secondo me è quando una donna esita sul modo di comandare o si preoccupa di come viene percepita o teme di perdere la prima femminilità che la sua abilità al comando ne risente.

Due temi che emergono nel film sono avere l’amore e perderlo e avere il potere e perderlo. Per lei quale dei due è più importante?

Credo che la riuscita del film dipenda dal fatto che alcuni momenti salienti di forte tensione e pressione nella sua vita politica sono controbilanciati da momenti di eguale rilevanza nella sua vita privata che hanno avuto ripercussioni altrettanto grandi su di lei come essere umano nella sua totalità. Quindi abbiamo cercato di fare un film su un essere umano a tutto tondo.

Margaret sostiene che se prendi decisioni dure, la gente ti odia oggi, ma ti ringrazierà per molte generazioni. Ed è sempre in questi termini che deve ragionare un leader, ma anche una madre, che deve pensare ‘è vero, adesso la faccio soffrire e lei mi odierà per quello che le impedisco di fare, ma a lungo andare mi ringrazierà’. Penso che siano preoccupazioni simili. Se un politico ragiona a breve termine, facilmente riscuote consensi, ma è bene avere un’ottica a lungo termine.

Il film è incredibilmente apolitico. Secondo lei il pubblico ne resterà sorpreso?

Non ho iniziato a lavorare al film con un’opinione politica su Margaret Thatcher. In tutta sincerità, sapevo scandalosamente poco dei suoi programmi politici. Sapevo che erano in linea con molti dei programmi del Presidente Reagan, che conoscevo meglio, ma non con tutti.

Quindi non mi interessava tanto approfondire gli obiettivi che ha perseguito quanto il costo che le sue scelte politiche hanno avuto su di lei come

persona. Quello che abbiamo cercato di illustrare, con tutta l’accuratezza di cui siamo stati capaci, sono stati i motivi dell’odio viscerale da un lato e dell’ammirazione profonda dall’altro suscitati dalle sue decisioni politiche. Ma ci preoccupava soprattutto il prezzo che deve pagare un individuo che prende decisioni così cruciali. Quando sei un leader con un enorme carico di responsabilità, come ne risenti sul piano umano e quanta capacità di resistenza devi avere per continuare a essere forte?

Interpreta Margaret in un arco temporale di 40 anni; dev’essere stata una sfida incredibile.

Interpretare 40 anni della vita di un personaggio è una sfida, ma quando arrivi alla mia età, ti sembra di avere ancora 20 anni, quindi non è stato un grande problema. Una parte di te si sente ancora la stessa persona che eri quando avevi 16 o 26 o 36 o 46 o 56 anni. Quindi hai accesso a tutte le persone e a tutte le età che hai già vissuto. Credo sia il grande vantaggio, se ne esiste uno, di diventare vecchia.

È stata una meravigliosa opportunità. Di solito il cinema ti colloca in un periodo specifico, ma questo è un film che consente di guardare al passato di una vita intera ed è stato davvero entusiasmante cercare di farlo. Voglio però aggiungere che la creazione di Margaret anziana è anche in gran parte merito, oltre che dello splendido lavoro dei truccatori J. Roy [Helland] e Marese [Langan], della geniale metamorfosi realizzata da Mark Coulier grazie alle protesi che ha disegnato.

Qual è stata la cronologia delle riprese?

Il secondo giorno sul set, quando ero da poco sbarcata dall’aereo dal Connecticut, parlando con questo accento, abbiamo girato la scena della riunione di Gabinetto, quando lei è all’apice del comando e al tempo stesso sull’orlo del crollo nervoso.

Per rispondere alla sua domanda, non mi hanno aiutata affatto, girando tutto il film senza alcun ordine cronologico! Ma in fin dei conti credo sia stato un bene lanciarmi subito in una scena così ambiziosa, perché mi ha costretta a rimboccarmi le maniche come un Marine e a prepararmi a combattere. E ho combattuto ogni singolo giorno delle riprese.

Ora mi sveglio tutte le mattine pensando ‘Grazie a Dio non sono la leader del mondo libero, non sono il Presidente Obama!’. Oh, che compito! Una cosa che ti resta davvero dentro dopo aver interpretato un personaggio di proporzioni shakespeariane è il senso di gratitudine. Mi sento molto modesta e scoraggiata al pensiero dello spaventoso peso che Margaret Thatcher si era presa sulle spalle. È una posizione terribile, scomodissima e devastante quella di chi deve decidere di mandare delle persone a rischiare la morte e poi la sera appoggia la testa sul cuscino. La gente pensa che non paghi alcuno scotto e considera i personaggi pubblici come dei mostri o degli dei, ma la verità è che stanno tutti nel mezzo.

Pensa che il pubblico uscirà dal cinema con un’opinione mutata di Margaret Thatcher?

Non so se gli spettatori cambieranno opinione sulle sue scelte politiche, ma se non altro capiranno meglio le pressioni che ha dovuto sopportare e le

ragioni per cui, alla fine, la risposta che lei sembrava rappresentare all’epoca è stata respinta. Penso che quanto meno arriveranno a cogliere questo. E, alla fine, dopo che la risposta che lei rappresenta viene respinta, vedranno la persona che sopravvive a tutto questo anno dopo anno e, come chiunque altro, continua a rimuginare nella sua testa ‘Cos’era che…? Ricordi questo? Ricordi quest’altro?’.

La destinazione di ogni essere umano è la stessa.

Durante le riprese, la produzione ha diffuso una sua foto sul set nei panni di Margaret Thatcher che è stata pubblicata sulla prima pagina non solo di quasi tutti i quotidiani britannici in edicola, ma anche dei giornali internazionali. Qual è stata la sua reazione?

Quando la foto è stata ripresa da tutte le agenzie in Cina, nel Sudest Asiatico e in posti che non avremmo mai immaginato fossero interessati al progetto, ovviamente i produttori si sono esaltati: forse non è solo un film per sette persone a Westminster! È stato confortante per tutti.

Ma, parlando a livello generale, credo che ci sia una porzione di pubblico cinematografico spesso sottostimata, ovvero le donne, che raramente vedono sullo schermo i personaggi che interessano loro. C’è una sete di conoscenza nei confronti di Margaret Thatcher perché è stata un’innovatrice a molti livelli. Credo che questo film avrà un pubblico molto trasversale e incuriosirà anche le persone che di solito non vanno al cinema perché l’attuale offerta cinematografica le respinge o le annoia.

La stampa ha riferito che prima di girare questo film ha visitato la Camera dei Comuni. Che tipo di visita è stata e che cosa ha imparato?

È stato meraviglioso potermi fare un’idea del protocollo e del comportamento da tenere nella Camera dei Comuni. Abbiamo avuto accesso allo spazio dietro le quinte, non so bene come si chiami, dove ci sono una serie di piccoli uffici attraverso cui i deputati entrano nella Great Hall. Mi sentivo un po’ intimidita a stare nell’aula dove si è riunito per la prima volta il Parlamento inglese nel 1066, una sala sorprendentemente piccola in realtà. È stato toccante vedere quanto è piccola a confronto dell’enorme portata dei capitoli di storia che sono stati scritti al suo interno, della statura delle personalità che quei muri hanno accolto, della grandezza delle idee che sono scaturite da quel luogo. E anche vedere quanto è intima, come i deputati siedono uno di fronte all’altro, gridando uno con l’altro o assumendo un’aria annoiata. È un luogo piuttosto antagonistico.

E poi come è stato ricreare le scene dei suoi interventi dalla tribuna?

Sono state scene ad alta tensione e per certi aspetti sono servite a farmi entrare nella testa di Margaret Thatcher. Era una delle rare donne che facevano politica all’epoca. Ce n’erano altre, ma lei è stata una delle pochissime a raggiungere il vertice.

E non ci è riuscita promuovendo la sua immagine sui mezzi di informazione o con qualsiasi altra astuzia adottino le persone per costruire le proprie carriere politiche nell’attuale sistema, quando meno negli Stati Uniti. Non si preoccupava di essere affabile, ma di essere competente. Doveva essere più preparata e meglio preparata degli altri, doveva prevedere tutte le domande che chiunque avrebbe potuto rivolgerle, anche quelle che nessuno avrebbe

mai pensato di farle, doveva avere una risposta per ogni cosa, perché doveva essere più brava di qualsiasi altro uomo nella sua posizione per poter mantenere la sua posizione. C’era una resistenza enorme all’idea di una donna leader.

È stato entusiasmante incarnarla. A maggior ragione dopo aver visto una serie di filmati di repertorio che mi hanno mostrato la sua prontezza, la sua preparazione impeccabile, la sua determinazione a lottare, la sua capacità nel cogliere l’occasione giusta per sferrare un attacco, sicura di vincere. Un simile appetito è elettrizzante e necessario per avere la stoffa del leader.

Quali sono le doti migliori di Phyllida?

La sua qualità più grande come regista sta nel fatto che non esiste aspetto della lavorazione di un film in cui non abbia il massimo livello di talento. È dotata di grande pazienza e di grande lucidità mentale. Non ha mai virato dal film che avevamo tutti insieme convenuto di fare, non si è mai allontanata da quella visione durante la lavorazione. Spesso il cinema è un processo creativo così singolare e viscerale che inizi a lavorare a un film immaginandolo in un modo, ma poi lo trasformi in qualcos’altro fino ad arrivare a gettare la spugna e ad ammettere che ti è sfuggito di mano ed è diventato un’altra cosa.

Ma a noi questo non è successo, grazie allo sforzo che abbiamo fatto per mantenere gelosamente la sua visione. È incredibilmente coinvolgente: ti sollecita e ascolta qualsiasi proposta collaborativa tu le faccia e spesso ne tiene conto, anche se questo non la porta a modificare la destinazione originale del film che ha in mente. Sono molto fiera del fatto che tutti noi siamo arrivati alla stazione a cui avevamo previsto di scendere, perché è un risultato raro. Il cinema è una forma d’arte collaborativa, quindi può partire in molte direzioni diverse. Ma noi abbiamo avuto un grande sostegno da parte dei nostri produttori, dalla Pathé e dagli altri investitori. Ci hanno appoggiato in quello che abbiamo cercato di fare.

Al centro del film c’è la storia d’amore tra Margaret e Denis, altro personaggio affascinante, magistralmente interpretato da Jim Broadbent. Com’è stato lavorare con lui?

Ha un grandissimo senso dell’umorismo e, anche in molti dei ruoli più seri che gli ho visto interpretare, ha il talento dell’ironia e della comprensione empatica, due doti molto toccanti. Denis Thatcher è stato spesso dipinto all’opinione pubblica come una sorta di pagliaccio. E il profilo della sua veste pubblica è stato uno degli aspetti del personaggio, ma sapevamo che Jim avrebbe ancorato il suo protagonista in un substrato di spessore e comprensione della sua maschera di comicità, indagando sul ruolo che il suo senso dell’umorismo ha avuto nel vivacizzare la sua vita e quella di Margaret e sull’importanza della presenza in una coppia di uno disposto ad alleggerire le tensioni ridendo e scherzando. Penso che gran parte degli atteggiamenti nei confronti di Denis fossero dettati dal fatto che la sua posizione destabilizzava molte persone, uomini e donne. Era scioccante vedere una donna Capo di Stato e a quel punto lui cos’era? Il Signor Marito di…? Come potevano definirlo? Il “first husband”? Che cos’era?

In questa fase dell’evoluzione della specie umana solo adesso ci stiamo abituando ad accogliere queste nuove posizioni dei generi sessuali. Secondo

me lui era satireggiato, ma non sembrava provarne risentimento e questa sua reazione è stata davvero straordinaria. So che Jim Broadbent è arrivato sul set con un forte pregiudizio nei confronti di Margaret Thatcher e della sua politica. E man mano che abbiamo interpretato la vecchia coppia di coniugi, credo che abbia un po’ modificato la valutazione, non tanto del suo premierato o del suo operato politico, quanto del suo presunto lato umano che forse ha accettato di più. Di sicuro ha accettato me come attrice che vestiva i suoi panni: ho sentito da parte sua un affetto autentico e un sincero sgomento per la vita che era stata riservata loro.

Prima dell’inizio delle riprese ha passato un po’ di tempo con Alexandra Roach?

Alexandra Roach interpreta Margaret Thatcher giovane. Si è discusso molto di come fare assomigliare il suo incantevole nasino all’insù al mio, ma lei è stata al gioco! È un’attrice davvero incantevole. Ho trovato meraviglioso il rapporto che ha costruito con Harry, che interpreta Denis giovane. Hanno entrambi dedicato un’estrema cura al tentativo di dare ai due personaggi giovani il sapore dei due personaggi anziani. Hanno realmente fatto un ottimo lavoro.

Richard E. Grant si è divertito dicendo che i signori che la circondavano, i suoi colleghi di Gabinetto, erano come palline di naftalina di equità.

No, no, non pallina di naftalina. Li ha definiti falene, falene che circondano una sorgente di luce. Posso dire che Richard E. Grant si diverte in qualunque situazione. È una compagnia simpaticissima. Tutti quei signori sono stati fantastici con me, mi hanno accolta in un territorio a cui io non appartengo, essendo un’intrusa, un’americana.

Ma in un certo senso sono stata incoraggiata a interpretare Margaret Thatcher proprio per il fatto che lei stessa era un’intrusa in quel Partito Conservatore fatto di parrucconi laureati a Oxford e Cambridge in cui lei marciava imperterrita. E io ho pensato: se ce l’ha fatta lei, posso farcela anch’io.

E Anthony Head nei panni di Geoffrey Howe?

Un personaggio fondamentale. Per Margaret Thatcher rappresentava una roccia, una voce giudiziosa, una persona su cui poter sempre contare e quando alla Camera dei Comuni Geoffrey Howe si alzò e diede le dimissioni, ogni cosa precipitò verso la fine.

Anthony è un attore magnifico, estremamente affascinante sul piano personale, che qui interpreta splendidamente e con grande umiltà un uomo senza pretese, facendone un ritratto bellissimo. Percepisci il suo dolore e il suo disappunto. Era molto importante consentire un’identificazione con ogni singolo deputato e con la sua personalità. Ogni attore è arrivato sul set con una biografia esaustiva della persona che avrebbe rappresentato, non per cercare di imitarla, ma per tentare di incarnare qualche verità di quella persona e del ruolo che ha avuto in questa tragedia..

Qual è stato l’aspetto più bello della realizzazione di questo film?

Sicuramente l’opportunità di guardare una vita intera, perché nella fase della vita in cui sono io capita di guardarsi alle spalle e di ripensare a tutta la propria storia. A volte è sconvolgente quanto una vita può essere grande e piena di eventi che nel momento in cui li stai vivendo sembrano molto importanti.

Poi però ti rendi anche conto che quello che conta davvero è il presente, quello che vivi adesso, nel preciso istante e nel luogo in cui ti trovi a viverlo. E si può argomentare che l’unica cosa importante è vivere intensamente la propria vita nell’esatto momento in cui ci si trova e che è questa la cosa più difficile che esiste al mondo. In fondo è il principio del Buddismo Zen, vivere intensamente il qui e ora, sentirlo, esserci fino in fondo.

Quando siamo giovani, ognuno di noi dichiara quello che non farà mai, ma poi seguiamo tutti lo stesso destino, abbiamo tutti un inizio e una fine. È un’ambizione insolita per un film puntare l’intera narrazione verso quel momento, il momento della fine. Di solito un film tende verso un apogeo, un’aspirazione alta. Qui invece guardiamo un distillato di cosa significa aver vissuto una vita enorme, esagerata, intensissima e vederla poi sprofondare. Insomma, è poesia, non trova?

Meryl Streep: vera diva del grande schermo

Meryl Streep: vera diva del grande schermo

Meryl Streep. Attrice versatile, perfettamente a suo agio nel dramma come nella commedia, con i suoi personaggi femminili ha caratterizzato e caratterizza il cinema da oltre trent’anni. Personaggi diversissimi, ma sempre donne grintose, di coraggio, con una forte personalità, cui ha prestato i tratti della sua bellezza fine ed elegante, ma anche determinazione e testardaggine. Così anche per la sua più recente interpretazione, dal 27 gennaio nelle sale: quella di Margaret Thatcher in The Iron Lady di Phyllida Lloyd.

Confermando il suo feeling coi riconoscimenti e le statuette – è l’attrice che ha ricevuto più candidature agli Oscar e ai Golden Globe, ed in quest’ultima categoria è colei che ne ha ottenuti il maggior numero –  simbolo dell’apprezzamento che l’attrice riscuote negli Usa, sua patria, ma non solo, si è aggiudicata pochi giorni fa proprio il Golden Globe come Miglior Attrice per il ruolo della Thatcher, mentre il Festival del Cinema di Berlino si appresta a conferirle l’Orso d’Oro alla carriera. E chissà che, grazie alla sua ultima fatica, non possa di nuovo arrivare a stringere tra le mani la statuetta più prestigiosa, quell’Oscar che già fu suo due volte: nel 1980 per la sua straordinaria interpretazione della signora Kramer in Kramer contro Kramer  di Robert Benton, accanto a Dustin Hoffman; e tre anni dopo, per il ruolo della prigioniera polacca in La scelta di Sophie. Indipendentemente da come andranno le cose, la bravura di quest’attrice e la perfetta aderenza ai personaggi che interpreta, frutto di un meticoloso lavoro, ha sempre messo d’accordo tutti, facendo di lei, indiscutibilmente, una delle più grandi del cinema contemporaneo.

Meryl StreepMary Louise Streep nasce a Summit, nel New Jersey, il 22 giugno del 1949. Sua madre è un’artista, dipinge e dirige una galleria d’arte, mentre il padre è a capo di una casa farmaceutica. In casa la chiamano Meryl e con questo nome sarà poi conosciuta. Nelle sue vene scorre sangue nord europeo: Inghilterra, Irlanda, Svizzera, Olanda. La madre le trasmette la passione per il canto, che le fa studiare fin da bambina. La famiglia vive a Bernardsville, nel New Jersey, e Meryl ha due fratelli. Si diploma nella stessa cittadina e comincia ad appassionarsi al mondo dello spettacolo. È il 1971 quando le viene conferito il Bachelor of Arts in dramma  al Vassar College, mentre il Master of Fine Arts a Yale risale al ’75. Studia poi all’Actor’s Studio con Stella Adler e si dà al teatro. È da qui che parte anche la sua avventura cinematografica. Sarà infatti durante uno di questi spettacoli teatrali che catturerà l’attenzione di Fred Zinnemann, che le proporrà la sua prima apparizione sul grande schermo nel drammatico Giulia (1977), accanto a Vanessa Redgrave e Jane Fonda. A quest’epoca, la Streep ha 28 anni ed è pronta per il grande salto.

Nel 1978 Michael Cimino la vuole per uno dei suoi capolavori: sarà accanto a Robert De Niro – ancora oggi suo grande amico – John Savage e Christopher Walken ne Il Cacciatore, intenso lavoro incentrato sull’esperienza di tre amici, soldati in Vietnam. Il film ottiene un grandioso successo agli Oscar, portandone a casa addirittura cinque (miglior film, regia, attore protagonista Walken, montaggio e suono). Anche la Meryl Streep è per la prima volta candidata al premio e si fa conoscere così dal grande pubblico. Sul set del film, poi, conosce l’attore John Cazale, del quale sarà la compagna fino alla sua prematura scomparsa quello stesso anno. Quindi, sposerà uno scultore: Don Gummer, con cui avrà quattro figli.

Del 1979 sono due lavori importantissimi nella carriera dell’attrice del New Jersey: Kramer contro Kramer di Robert Benton e Manhattan di Woody Allen. Nel primo, Ted e Joanna Kramer sono una coppia con un figlio (Billy/Justin Henry), in crisi. Joanna/Meryl Streep, oppressa dalle responsabilità familiari e forse non più soddisfatta della propria vita, decide di prendersi del tempo per riflettere. Perciò se ne va, lasciando marito e figlio a cavarsela da soli. I due trovano un nuovo equilibrio, Ted/Dustin Hoffman riorganizza la propria vita in funzione della cura del figlio, impara ad essere per Billy anche “una madre”, ma Joanna torna e vuole il divorzio, nonché la custodia del piccolo. Inizia così una feroce battaglia legale tra i due genitori. Dunque un film non facile, sul ruolo e sui diritti dei padri, da considerare pari in tutto e per tutto a quelli delle madri.

Meryl Streep: vera diva del grande schermo

Alla Meryl Streep spetta caratterizzare questa figura di donna complessa, sul cui comportamento si può discutere, ma che ci appare qui con tutte le sue debolezze, le difficoltà, i dubbi umanissimi, e  con un sincero amore per il figlio. Interpretazione stellare sia per la Streep che per Hoffman. Infatti i due attori guadagnano entrambi il Premio Oscar. Per Meryl Streep arriva anche il Golden Globe, primo di una lunga serie. In Manhattan, l’attrice è ancora una donna (Jill) che abbandona il marito (Woody Allen/Isaac Davis), scrittore per la tv newyorkese, stavolta per amore di un’altra donna. Ma Isaac incontrerà per le vie di Manhattan Mary Wilkie/Diane Keaton. Collaborazione di peso quella con Allen per l’attrice di Summit. Qui i toni sono quelli di una commedia, diretta con maestria da un Woody Allen in stato di grazia. Un film che racconta soprattutto l’amore del regista per la sua città, che ci appare in bianco e nero mentre la storia si dipana sulle note di Gershwin. Nel 1981 Meryl è scelta da Karel Reisz per interpretare il ruolo della protagonista in La donna del tenente francese. Una storia d’amore tra passato e presente, che vede coinvolti una donna dell’ ‘800 che rinuncia a tutto, ed anche alla sua reputazione, per amore del tenente Jeremy Irons e, ai giorni nostri, due attori che portando in scena questa storia, vengono travolti dalla stessa passione. Quest’interpretazione consente tra l’altro alla Streep, interprete di entrambe le donne, di mostrare una delle sue particolari doti: quella di padroneggiare perfettamente diversi accenti e di saper quindi passare disinvoltamente dall’inflessione inglese britannica a quella americana.

È un periodo d’oro questo per la nostra attrice, che nell’83 viene insignita di un secondo Oscar e del Golden Globe per la sua straordinaria interpretazione nel drammatico La scelta di Sophie di Alan Pakula, che vede al suo fianco Kevin Kline, all’esordio sul grande schermo. Qui interpreta una giovane polacca, prigioniera nel campo di concentramento di Auschwitz, che compie una scelta difficilissima: abbandonare la figlioletta per salvare la vita propria e dell’altro figlio, collaborando con un comandante del campo. Nello stesso anno, con Silkwood entriamo assieme alla Streep in fabbrica e indaghiamo sul suo mal funzionamento: l’attrice interpreta l’operaia Karen Silkwood, vittima di una contaminazione radioattiva sul luogo di lavoro  nell’Oklahoma degli anni ’70, diretta da Mike Nichols. Nel cast anche Kurt Russel e Cher.

Meryl StreepDel 1985 è un altro grande successo di pubblico e critica, che accresce ancora la popolarità di Meryl Streep in tutto il mondo: La mia Africa di Sydney Pollack, tratto dall’omonimo testo di Karen Blixen. Una donna dal carattere forte la baronessa Blixen, che l’attrice interpreta con maestria e intensità. Donna che si innamora dell’Africa, dove compra e gestisce da sola una piantagione di caffè ai primi del ‘900. Ed ha anche il coraggio di lasciarsi alle spalle un matrimonio, quello col barone Blixen che le ha consentito di condurre una vita agiata, per cercare il vero amore. Lo troverà in Denys/Robert Redford. Allo stesso tempo, dunque, un inno a favore del coraggio e dell’intraprendenza delle donne, ma anche il racconto di una storia d’amore travagliata, tra una donna possessiva e decisa e un uomo che ama innanzitutto la propria libertà. Il film ottiene diversi Oscar, tra cui Miglior Film, Regia e Sceneggiatura, ma si fa apprezzare molto anche all’estero, in particolare nel nostro paese. Viene infatti premiato col Nastro d’Argento e col David di Donatello come miglior pellicola straniera, e a Meryl Streep va un meritato David come miglior attrice straniera. Dopo aver lavorato accanto a De Niro, Hoffman, Redford, nel 1986 l’attrice del New Jersey condivide il set con Jack Nicholson. Entrambi sono alle prese con un matrimonio che non riescono proprio a far funzionare in Heartburn – Affari di cuore, dove Meryl ritrova la direzione di Mike Nichols. Il regista la sceglierà di nuovo nel 1990 per il drammatico Cartoline dall’inferno.

Gli anni ’90 iniziano all’insegna della varietà per l’attrice: nel ’92 si fa dirigere da Robert Zemekis nella commedia La morte ti fa bella, dai toni satirici. Assieme a lei a reggere questa satira sul sogno dell’eterna giovinezza, Goldie Hawn e Bruce Willis. L’anno dopo torna al dramma, con la trasposizione cinematografica del romanzo di Isabel Allende La casa degli spiriti, che attraverso le vicende della famiglia Trueba ci racconta il Cile dagli inizi del ‘900 al regime di Pinochet. Difficile senza dubbio la sfida di racchiudere il grande affresco storico nel tempo di un film e di trasporre un romanzo senza tradirlo, ma il tema è forte e meritevole di trattazione, così come meritevoli sono senz’altro le interpretazioni degli attori, specie quelle di Jeremy Irons, nei panni del capofamiglia, il generale Esteban Trueba, della moglie Clara/Meryl Streep, e della sorella Ferula/Glenn Close. Nel ’95, Meryl aggiunge un tassello alle sue prestigiose collaborazioni e ottiene di nuovo il favore di pubblico e critica, diretta niente meno che da Clint Eastwood, e protagonista assieme a lui del romantico I ponti di Madison County. Francesca è una donna sposata che vive nella campagna dell’Iowa e dedica tutta la sua vita alla famiglia. Il fotografo Robert Kincaid è di passaggio, ma i due vivranno in pochi giorni un amore che cambierà le loro vite.

Il nuovo millennio inizia invece con la partecipazione al film di Spike Jonze Il ladro di orchidee, accanto a Nicholas Cage e Tilda Swinton, che vale all’attrice del New Jersey un altro Golden Globe. Dello stesso anno è un’altra scommessa vinta dalla Streep. Prende parte infatti a The Hours, impegnativa trasposizione del romanzo di Michael Cunningham. Un cast tutto al femminile regge quest’ambiziosa opera che vede protagoniste Nicole Kidman, nei panni di Virginia Woolf, Julianne Moore/Laura e Meryl Streep/Clarissa: tre donne in tre epoche diverse, legate da storie che s’intrecciano e dal romanzo Mrs. Dalloway, tre donne poste di fronte a scelte importanti, insoddisfatte delle proprie vite. L’interpretazione che colpisce maggiormente è senz’altro quella di Nicole Kidman, che guadagna l’Oscar e il Golden Globe – ma tutte e tre le protagoniste ottengono l’Orso d’Oro al Festival di Berlino. Nel 2004, un tuffo nel genere fantastico, con la partecipazione a Lemony Snicket – Una serie di sfortunati eventi, favola dalle atmosfere oscure per la regia di Brad Silberling.

Due anni dopo a regalare a Meryl l’ennesimo successo è la straordinaria abilità con cui impersona l’arcigna e altera direttrice di un importante magazine di moda, Miranda Priestley, in Il Diavolo veste Prada alle prese con l’apprendistato, non solo lavorativo, della giovane dipendente Andie Sachs/Anne Hathaway. L’interpretazione merita un nuovo Golden Globe. Ma non è questa l’unica commedia con la quale la Streep si cimenta quell’anno. Se infatti nella prima parte della sua carriera ha interpretato soprattutto ruoli drammatici, ha progressivamente scoperto e coltivato, sempre con ottimi risultati, anche il lato comico del suo talento. Così nel 2006 veste anche i panni di Liza, psicanalista di Uma Thurman/Rafi, che cerca l’amore e sembra trovarlo nel giovane David che però, guarda  caso, è il figlio di Liza. Ottima la sua interpretazione in questo Prime, commedia brillante firmata Ben Younger. Nel 2007 Meryl torna al dramma e ritrova Robert Redford, col quale non recitava dai tempi de La mia Africa. In questo caso, però, l’attore è anche regista e sceglie proprio la Streep e Tom Cruise per affiancarlo in Leoni per agnelli, pellicola d’impegno, in cui Redford fonde le storie di tre personaggi: il politico dalle forti ambizioni, senatore Irving/Cruise, la giornalista in cerca di uno scoop che lo intervisterà in esclusiva, Janine Roth/Streep, e un professore, Stephen Malley/Redford che cerca di far cambiare idea a un suo studente intenzionato ad abbandonare gli studi. A tenere insieme e a far da sfondo alla storia c’è la guerra in Afghanistan. Redford intende con questa pellicola scuotere le coscienze e richiamarle all’impegno.

Ma Meryl non trascura neppure il genere thriller, e partecipa all’esordio del regista sudafricano Gavin Hood, Rendition – Detenzione illegale. Nello stesso anno fa di nuovo ampiamente centro e mostra ottime doti di cantante, ballerina e performer nella commedia musicale Mamma Mia!, per la regia di Phyllida Lloyd, in cui dà corpo e una straordinaria vitalità al personaggio di Donna, spensierata figlia dei fiori negli anni ’60 e ora pragmatica padrona di un piccolo hotel in un’isola greca, alle prese  con l’imminente matrimonio della figlia, e non solo. Lo stesso anno la vede anche partecipare a Il dubbio, di John Patrick Shanley, che affronta il delicato tema della pedofilia all’interno delle istituzioni religiose (qui, in una scuola). Il film analizza in maniera complessa la questione e va a fondo nel tratteggiare le psicologie dei personaggi. Non solo quella del presunto pedofilo, Padre Flynn, ma anche quella della direttrice: Sorella Aloysius, una perfetta Meryl Streep.

L’attrice appare anche nel documentario di John Walter Theatre of war, incentrato sullo spettacolo Madre coraggio di Brecht, interpretata dalla Streep al teatro all’aperto di Central Park a New York. Questo testimonia come l’attrice non abbia mai abbandonato la sua passione degli inizi: quella per il palcoscenico. Nora Ephron la vuole nel 2009 per un ruolo brillante nella commedia gastronomica Julie & Julia. L’attrice è stavolta un’americana a Parigi negli anni ’50, conquistata dalla cucina francese. La sua storia scorre in parallelo con quella di una giovane americana dei nostri giorni, anche lei alle prese coi fornelli. Ennesima prova magistrale e meritato Golden Globe.

The Iron Lady filmEd eccoci all’attualità: nelle sale italiane arriva dal 27 gennaio The Iron Lady: un film che ha già fatto molto parlare di sé ed è già valso a Meryl, sua protagonista, il Golden Globe come Miglior Attrice drammatica. Una pellicola per la quale è tornata a farsi dirigere da Phyllida Lloyd, con cui aveva condiviso la fortunata esperienza di Mamma Mia! Una nuova sfida, forse una delle più difficili della sua carriera: quella di vestire i panni, nonché rendere la personalità e il temperamento forte, di Margaret Thatcher, Primo Ministro inglese dal 1979 al 1990. Personaggio discusso e anche criticato per alcune scelte politiche che cambiarono, nel bene o nel male, il volto dell’Inghilterra. La sfida è in parte già vinta, ma manca ancora il “boccone più ghiotto”: di certo l’attrice sarà una delle protagoniste nella corsa all’Oscar 2012.

The Iron Lady: recensione del film con Meryl Streep

The Iron Lady: recensione del film con Meryl Streep

In The Iron Lady, Margaret Thatcher, ex Primo Ministro britannico, ormai ottantenne, fa colazione nella sua casa in Chester Square, a Londra. Malgrado suo marito Denis sia morto da diversi anni, la decisione di sgombrare finalmente il suo guardaroba risveglia in lei un’enorme ondata di ricordi. Al punto che, proprio mentre si accinge a dare inizio alla sua giornata, Denis le appare, vero come quando era in vita: leale, amorevole e dispettoso. Lo staff di Margaret manifesta preoccupazione a sua figlia, Carol Thatcher, per l’apparente confusione tra passato e presente dell’anziana donna.

Preoccupazione che non fa che aumentare quando, durante la cena che ha organizzato quella sera, Margaret intrattiene i suoi ospiti incantandoli come sempre, ma a un bel momento si distrae rievocando la cena durante la quale conobbe Denis 60 anni prima. Il giorno dopo, Carol convince sua madre a farsi vedere da un dottore. Margaret sostiene di stare benissimo e non rivela al medico che i vividi ricordi dei momenti salienti della sua vita stanno invadendo le sue giornate nelle ore di veglia.

Meryl Streep è Margaret Thatcher

Arriva anche da noi The Iron Lady, film biografico che narra l’avvincente storia di Margaret Thatcher, una donna che è riuscita a farsi ascoltare in un mondo dominato dagli uomini, abbattendo le barriere di discriminazione sessuale e sociale. È questo uno dei temi portanti che l’inizio del film porta con sé, cercando di indagare quei lati meno battuti di un’Inghilterra  immobilizzata da una difficile situazione economica ed un maschilismo molto diffuso e difficilmente superabile. Il carattere e l’intraprendenza sono certamente i punti forti che caratterizzano profondamente il personaggio protagonista della storia.

Meryl Streep in The Iron Lady
Meryl Streep in The Iron Lady © 2011 – The Weinstein Co.

E chi se non un’altrettanto intraprendente e carismatica attrice come Meryl Streep può far rivivere con il giusto piglio quel personaggio sul grande schermo. Ancora una volta, Meryl echeggia poderosamente con la sua performance nell’intricato intreccio narrativo di una storia, contribuendo in grossa misura ai pro che caratterizzano la pellicola. Tuttavia quello che sorprende di più è che il suo contributo di bravura genera anche i contro, perché la Streep è talmente brava e desiderata che fa terra bruciata intorno a sé.

Il film è talmente incentrato su di lei e sul suo personaggio che finisce per diventare un cane che si morde la coda, finendo per generare un affresco si affascinante e intrigante ma altrettanto thatchercentrico e didascalico, finendo per limitare quelle che erano le reali potenzialità della storia. D’altronde, districarsi fra la vita politica e dirompete della Thatcher e l’intimità fragile e difficile di Margharet è un terreno difficile per molti.

Meryl Streep e Anthony Head in The Iron Lady
Meryl Streep e Anthony Head in The Iron Lady © 2011 – The Weinstein Company

Un film che fatica a stare dietro alla sua protagonista

Sin dalle prime battute diventano chiari i limiti della regista chiamata a dirigere questo ambizioso progetto: Phyllida Lloyd. La sua regia in tutta la  prima parte è un po’ piatta e non aiuta a far decollare il film, rialzandosi brevemente solo nelle ultime parti della storia, poco per un film che avrebbe dovuto essere un affresco su un periodo storico, su un personaggio storico e al contempo una dolce e sensibile storia d’amore. Gran parte dei meriti di una seconda parte più interessante e ricca di sfumature vanno senza dubbio alla magistrale performance di Jim Broadbent, che interpreta il marito della vulcanica donna, Denis Thatcher.

Dipinto dall’opinione pubblica come un pagliaccio, l’attore riesce nell’intento di rappresentare il suo personaggio come qualcosa di molto più che un semplice menestrello. La sua ironia e il suo senso dell’umorismo hanno senz’altro aiutato a far valere l’importanza del ruolo di Denis nella vita di coppia dei Thatcher, non a caso gli istanti d’intimità fra i due sono i momenti migliori del film, che nonostante tutto sorprende a più riprese, lasciando spazio anche ad alcune riflessioni politiche che risultano essere tutt’oggi ancora spaventosamente attuali.

Uscite al cinema di lunedì 23 e venerdì 27 gennaio

Uscite al cinema di lunedì 23 e venerdì 27 gennaio

Da lunedì 23 gennaio – Bobby Fischer Against the World: Nato nel 1943 e morto nel 2008, Bobby Fischer è stato sicuramente un grande scacchista se non il più grande di sempre. Il documentario prodotto dall’HBO ne ripercorre la biografia utilizzando le testimonianze di chi lo ha conosciuto direttamente integrate con un’ampia selezione di materiali video. Il fulcro del docufilm è il famosissimo incontro in Finlandia con Boris Spassky tenutosi nel 1972 e avente in palio la corona mondiale allora detenuta dal russo.

Da venerdì 27 gennaio – Mission Impossible – Protocollo Fantasma: Implicati loro malgrado in un gravissimo attentato terroristico al Cremlino, l’agente Ethan Hunt e i suoi collaboratori sono messi al bando dal governo americano. Il Presidente lancia l’operazione “Protocollo Fantasma”. Hunt e i suoi ufficialmente non agiscono più per conto degli Usa ma tocca a loro, senza alcuna copertura, cercare di fermare chi sta cercando di scatenare una guerra nucleare.

L’arte di vincere: Gli Oakland Athletics sono una buona squadra di baseball che però non può competere con i budget stratosferici di squadre come ad esempio i New York Yankees. Quando al termine di una buona stagione il general manager Billy Beane si vede portar via i suoi tre migliori giocatori, la loro sostituzione diventa impossibile.

ACAB – All Cops Are Bastards: Cresciuti nel culto della destra fascista, i tre protagonisti si scoprono disillusi al termine di una parabola di violenza che e’ la loro ”educazione sentimentale”. Nella narrazione si svela, attraverso l’occhio e il linguaggio degli ”sbirri” e una lunga inchiesta sul campo, la trama occulta dei piu’ sconcertanti episodi di violenza urbana accaduti in Italia negli ultimi due anni.

The Iron Lady: Il film racconta la storia di una donna che ha rotto le barriere del genere e della classe per essere ascoltata in un mondo dominato dagli uomini. La storia riguarda il potere e il prezzo che viene pagato per il potere, ed è un ritratto sorprendente e penetrante di una donna straordinaria e complessa.

Il sentiero: Sarajevo. Luna fa la hostess mentre il suo compagno Amar opera come controllore di volo all’aeroporto. I due stanno cercando di avere un figlio e sono anche disposti a ricorrere all’inseminazione artificiale. Amar viene però sospeso dal lavoro perchè sorpreso con alcolici in servizio. Per caso incontra un ex commilitone divenuto musulmano integralista. Gli viene offerto un lavoro come insegnante di computer in una comunità musulmana che vive isolata dalla città. Da quel momento i percorsi di Amar e Luna iniziano a dividersi.

A.C.A.B.,la società dell’odio: intervista al cast

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Si è tenuta questa mattina a Roma l’anteprima dell’attesissimo esordio di Stefano Sollima, conosciuto da tutti e soprattutto dalle più giovani generazioni, per essere il regista di Romanzo Criminale – La serie. Il film in programma, di cui tutti ormai stanno parlando, è il coraggioso ACAB, tratto dal romanzo omonimo di Carlo Bonini, edito da Einaudi.

A.C.A.B. – All Cops Are Bastards: recensione del film di Stefano Sollima

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Rabbia, frustrazione, esasperazione. Queste sono le parole chiave per descrivere la storia di A.C.A.B. – All Cops Are Bastards, primo lungometraggio di Stefano Sollima, (regista di Romanzo Criminale – La serie, Suburra, Adagio), tratto dall’omonimo romanzo, edito da Einaudi, di Carlo Bonini. A.C.A.B. – All Cops Are Bastards, ha l’abilità di farci entrare con forza nella storia fin dal primo fotogramma, affrontando un vissuto quotidiano che rispecchia la società odierna, caratterizzata da un odio che non ha soluzioni, ma che si manifesta contagiando viralmente ogni categoria dello Stato.

I protagonisti sono tre poliziotti appartenenti al reparto mobile della Polizia dello Stato, si chiamano Cobra (Pierfrancesco Favino), Negro (Filippo Nigro), e Mazinga (Marco Giallini). Una loro prima definizione ordinaria li definisce uomini armati, addestrati per mantenere l’ordine all’interno di situazioni a rischio, come quelle che accadono negli stadi o nelle manifestazioni. Poi però c’è la cronaca, che dal G8 in poi, ha mostrato un’altra faccia della categoria, che ci ha sempre di più allontanato e posto criticamente nei loro confronti.

Visti ora come dei violenti, spesso fautori di ulteriore odio contro lo Stato. A.C.A.B. – All Cops Are Bastards, si spinge oltre la cronaca e s’insinua nel vissuto quotidiano di questi celerini, raccontandoci una storia autentica, senza la presunzione di rivelare una verità definitiva. Prima di tutto chi appartiene alla Celere, fa parte di una squadra. I tre protagonisti sono come fratelli che si proteggono e difendono nel momento del bisogno. Perché i celerini sono obbligati a essere uniti e solo insieme rappresentano una forza contro il disordine. Ma, è il disordine che loro combattono? Forse no.

A.C.A.B. - All Cops Are Bastards Pierfrancesco Favino
Una scena di A.C.A.B. – All Cops Are Bastards. Cortesia di 01 Distribution.

Chi controlla i guardiani?

I celerini di A.C.A.B. – All Cops Are Bastards, sono mossi da una rabbia potente che li domina e li spinge senza giustificazione, contro quei deboli, che, proprio come loro, sono mossi dall’esasperazione verso uno Stato distante, che non rispetta i loro diritti. Burattini in divisa, strumenti di una politica che da troppo tempo, si è posta a debita distanza da una realtà ogni giorno più degradata e violenta; una realtà che fa paura, e si sa che, quando si è mossi dalla paura e dalla frustrazione di non essere ascoltati né protetti, nessun ideale, nessuna morale può fermare l’escalation della violenza. È in questi momenti che la giustizia personale diventa l’unica soluzione. Poco importa se sono emigrati, giovani facinorosi o fascisti.

Sollima alla regia di un film teso e necessario

Sollima non delude e convince il pubblico con un film potente, sincero e coraggioso, che non condanna né critica i poliziotti, ma li descrive senza generalizzazioni e con le relative differenze. Adriano Costantino (interpretato dal talentuoso emergente Domenico Diele), incarna una di queste differenze: è feroce come i suoi compagni e inizialmente, si lascia anche trasportare dalla rabbia e dalla loro idea di giustizia, però ha la forza e soprattutto, il coraggio di comprendere l’insensatezza della violenza a tutti i costi, trovando una soluzione nella legalità.

A.C.A.B. – All Cops Are Bastards è sotto ogni punto di vista un film necessario, denuncia e ritratto di una realtà sociale, la cui trama si coniuga perfettamente a uno stile di regia realistico, accompagnato da una fotografia dominante e da una colonna sonora, non solo pertinente al film, ma anche appartenente all’immaginario musicale dei protagonisti, come Seven Nation Army dei White Stripes, base musicale dei cori dei tifosi negli stadi di tutto il mondo. Un film che dividerà il pubblico, ma che senza dubbio lo scuoterà, immergendolo con forza in una violenza ormai familiare.

Julia Roberts con Alec Baldwin e Jim Parsons in The Normal Heart

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Dopo il successo di Mangia Prega Ama, il regista Ryan Murphy ci riprova con The Normal Heart. Una strabiliante Julia Roberts farà parte di un cast altrettanto eccezionale, con

Ryan Reynolds e Reese Witherspoon per Big Eyes

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Dalla collaborazione congiunta di Scott Alexander e Larry Karazewski alla regia e alla scenografia, patrocinato da Tim Burton in qualità di produttore, nasce il progetto Big Eyes.

Aspettando Belluscone. Una storia siciliana

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Si avvia alla fase conclusiva il progetto di Franco Maresco, regista mordace che in perfetto stile Cinico TV ha ideato il film Belluscone. Una storia siciliana. Ispirato alla figura

Contagion in Dvd dal 25 Gennaio – Recensione

Il Film: A prima impressione sembrerebbe essere un film come molti altri, un thriller analogo ad altre opere che hanno parlato di virus, contagio, epidemia. Tuttavia il Contagion di Soderbergh è un film che si distacca molto dal costrutto discorsivo puro del genere, allontanandosene man mano che la narrazione va avanti, diventando qualcosa di molto più che un semplice esercizio di forma.

Racconta con sterilità disarmante le vicissitudine di diversi personaggi che ruotano intorno ad una società che si trova di fronte un’epidemia senza precedenti, raccontando tutte le varie figure che si trovano, per il loro ruolo sociale, coinvolte in prima persona nel pandemonio generale. Inevitabilmente le relazioni umane diventano il fulcro centrale del film, di una moralità in bilico di fronte all’indecifrabile e all’invisibile. I personaggi diventano preda delle pulsioni più profonde dell’istinto di sopravvivenza, dove l’ossessione per il contatto e l’interazione diventano il nemico numero uno da combattere, a colpi di asocialità e isolamento. Come l’immune Matt Damon che dopo aver perso la moglie portatrice del virus, isola se stesso e sua figlia nella speranza di un futuro, che sembra non esserci. Nella caparbietà e nel dovere troviamo invece i personaggi di Kate Winslet e Marion Cotillard che rischiano la vita e il contagio per portare a termine i loro compiti, che hanno ancora una valenza nel mondo.

In tutto questo colpisce l’atteggiamento freddo e la capacità di distacco di Soderbergh di rimanere impassibile, rigorosamente ancorato al suo sguardo oggettivo, limitandosi a impreziosire il film di uno stile sterile, meccanico, quasi come se in fondo avesse paura egli stesso di contrarre il virus e perdere il controllo.  La stessa meccanicità sembra confluire anche nelle musiche che accompagnano le immagini a tre, quattro passi di distanza, scandendone solo il ritmo.

In questo contesto la paura diventa protagonista indiscussa della vita e anche provare sentimenti di preoccupazione verso i propri cari diventa motivo di rimprovero, per una società che in momenti così sembra non riuscire ad essere compassionevole. Nel caos più totale e nella perdita di realtà l’unico baluardo a cui aggrapparsi sembrerebbe essere quello di un blogger che placa l’ira delle folle attraverso la rete scoprendosi poi un affabulatore ingannevole e meschino, come forse internet in situazioni come queste potrebbe essere. E’ forse una delle tante facce della paura che emergono dal film? E che dire invece delle istituzioni che sembrano reagire lentamente al male, è forse dentro di noi l’antidoto tanto cercato?

Da film freddo e distaccato, la pellicola non sembra voler rispondere alle domande che pone, nè tanto meno il regista sembra voler prendere posizione di fronte agli eventi che racconta. Si limita soltanto ad enunciarli servendo solo in ultima istanza,  su un piatto d’argento un accenno di accusa, di posizione, di constatazione quasi retorica verso il perché e il come, lasciando sempre alla fredda e cruda realtà dei fatti il compito di decifrarla.

L’edizione Dvd: L’edizione che il 25 Gennaio invaderà le videoteche di tutt’Italia è un edizione sobria, concentrata a torno al film che la mente di Steven Soderbergh ha partorito, arricchito anche da un’ulteriore contributo extra: Come un virus cambia il mondo che aiuta a comprendere i reali cambiamenti che l’avvento di un nuovo virus sconosciuto può procurare ad sistema equilibrato come la nostra società moderna.

 

TITOLO

Contagion

REGIA

Steven Soderbergh

CAST

Matt Damon, Gwyneth Paltrow, Marion Cotillard, Kate Winslet, Jude Law, Bryan Cranston, Laurence Fishburne, John Hawkes, Jennifer Ehle, Sanaa Lathan

GENERE

Thriller

ANNO

2011

DURATA

102 minuti circa

VIDEO

16×9 – 1.78:1

AUDIO

Italiano, Inglese, Francese (5.1 Dolby Digital); Inglese (5.1 Audio Descriptive Service)

SOTTOTITOLI

Francese, OlandeseNon udenti: Italiano, Inglese

CONTENUTI SPECIALI

COME UN VIRUS CAMBIA IL MONDO


Trama: Il rischio di una nuova pandemia su base planetaria allerta i medici del Center for Disease Control e dell’OMS. Devono isolare velocemente il nuovo virus, trovare una cura e circoscrivere il contagio iniziato a Hong Kong. Mentre tentano di limitare i morti, si diffondono notizie false e incontrollate che alimentano la psicosi collettiva innescando disordini civili.

Box Office ITA del 23 gennaio 2012

Strepitoso debutto in sala per Benvenuti al Nord, che ottiene cifre da capogiro monopolizzando il panorama cinematografico nostrano. Segue il buon debutto di Underworld – il risveglio, con Immaturi 2 al terzo posto.

L’ultimo fine settimana è stato caratterizzato da nuove uscite di tutti i gusti, ma gli spettatori italiani hanno praticamente ignorato la variegata offerta per precipitarsi a vedere l’atteso Benvenuti al Nord. Il sequel di uno dei maggiori successi del 2010 – che aveva chiuso con ben 29,8  milioni di euro – ottiene un incasso eccezionale: 12,2 milioni di euro da mercoledì a domenica, ben 9,8 milioni nei tre giorni! Distribuito in quasi 900 sale, il film ha ottenuto uno dei migliori weekend per il cinema italiano (un anno fa Che bella giornata aveva raccolto la cifra record di 18,6 milioni nei cinque giorni – 9,6 milioni nei tre), portando in sala ben 1,8 milioni di spettatori. Prevedibile un certo calo per il prossimo fine settimana, ma Benvenuti al Nord potrebbe comunque avvicinarsi al risultato complessivo di Benvenuti al Sud.

Il resto della top10 presenta ovviamente cifre di tutt’altro tipo.
Underworld – il risveglio debutta in seconda posizione con 994.000 euro (anche grazie al sovraprezzo), ottenendo una buona media. Immaturi – il viaggio scende dunque al terzo posto con 893.000 euro, arrivando a quota 10,7 milioni totali: il film ha perso oltre il 50% per via della concorrenza di Benvenuti al Nord.
Segue l’altro film distribuito dalla Medusa, La Talpa, che giunge a 2 milioni complessivi con altri 645.000 euro.

J. Edgar scende in quinta posizione, portandosi a quota 5,5 milioni con gli ultimi 454.000 euro raccolti. Calo anche per Alvin Superstar 3 – Si salvi chi può che arriva a 5,4 milioni con altri 439.000 euro.

The Help apre soltanto al settimo posto: il film campione d’incassi negli USA, che è valso un Golden Globe a Octavia Spencer, raccoglie solo 291.000 euro e punta decisamente al passaparola.

Shame guadagna una posizione rispetto al week-end d’esordio e con 223.000 euro giunge a 665.000 euro.

Chiudono la top10 Non avere paura del buio (222.00 euro) e L’incredibile storia di Winter il delfino (215.000 euro), arrivati rispettivamente a 987.000 euro e 725.000 euro.

Box Office USA del 22 Gennaio 2012

Nonostante sia arrivato al quarto episodio, Underworld, appena uscito, è in vetta al Box office USA di questa settimana. Così come era accaduto ad un’altra saga che vanta uno zoccolo duro di affezionatissimi, Final Destination, che diligentemente vanno a vedere in massa ogni nuova messa in scena cinematografica della serie. Così è accaduto anche per questo ultimo capitolo della saga anch’essa con tematica vampiresca ma affatto melensa. Il film incassa infatti 25 milioni di dollari e distanzia decisamente la seconda posizione. Red tails, che racconta le vicissitudini di un plotone di piloti che combattono durante la seconda guerra mondiale, formato prevalentemente da afroamericani, segue la prima posizione, e incassa 19 milioni di dollari. Scende Mark Wahlberg, star di Contraband, il film incassa 12 milioni di dollari questa settimana, arrivando ad un totale di 46. In quarta posizione troviamo il film drammatico, tratto da un romanzo di Jonathan Safran Froer, Extremely loud and incredibly close, in cui un bimbo cerca di superare in un modo un po’ fantasioso il trauma della perdita del padre avvenuta per gli attentati alle Torri gemelle di 10 anni fa. Il film fa di tutto per essere interessante, alla regia infatti c’è Stephen Daldry, regista di Billy Elliot, nel cast ci sono Sandra Bullock e Tom Hanks oltre che il giovane Thomas Horn. Il film ha incassato 11 milioni di dollari. In quinta posizione troviamo Haywire, il film “piccolo” che accompagna sempre le grosse produzioni di Steven Soderbergh, che precedentemente quest’anno ci aveva angosciato non poco con il virale, in tutti i sensi, Contagion. In questo film invece seguiamo la vendetta di un soldato super specializzato; nel cast Ewan McGregor e Michael Fassbender. Il film ha incassato  9 milioni di dollari. Scende anche la riedizione del classico Disney Beauty and the beast, che questa settimana incassa 8 milioni di dollari che fanno arrivare il totale a 33, relegando la pellicola al sesto posto della classifica dei dieci film più visti. In settima posizione scende anche il musical con le star storiche della musica soul e country messe insieme in Joyful noise; il film ha un totale di 22 milioni di dollari.

Inesorabilmente, ma dopo sei settimane di classifica e 197 milioni di dollari incassati, si avvia ad uscire di scena Mission Impossible: Ghost protocol, così come fa l’altro film che ha dominato le feste, ora in nona posizione: Sherlock Holmes: a game of shadows, con un totale di 147 milioni di dollari. In decima posizione a chiudere la classifica, The girl with the dragon tattoo di David Fincher, che questa settimana ha incassato solo 3 milioni di dollari.

La prossima settimana esce un nuovo film in cui Liam Neeson deve affrontare problemi molto più grandi di lui: in The grey, infatti, il suo personaggio si ritrova disperso in Alaska dopo un incidente aereo ed è insidiato da un branco di lupi che ovviamente vedono i superstiti umani come un’ottima colazione. Esce anche Albert Nobbs, che suscita interesse soprattutto per l’interpretazione en travesti di Glenn Close, che nell’Irlanda del 19esimo secolo si deve travestire da uomo per lavorare e sopravvivere. Esce anche una nuova commedia con Katherine Heigl: One for the money.

Anche gli attori piangono al cinema

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Con il loro lavoro, gli attori sono in grado di veicolare un’infinità di emozioni.  E talvolta ci fanno anche piangere. Ma è interessante scoprire quali sono i momenti che hanno emozionato gli attori stessi al cinema, fino a versare lacrime.

The Artist ha vinto il Producers Guild Award!

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Il successo di The Artist continua: dopo aver trionfato ai Golden Globes, il film ha appena vinto il PGA(Producers Guild Award), prestigioso premio destinato alla produzione.

Numerosi altri favoriti come Paradiso Amaro, L’Arte di Vincere, War Horse, Hugo Cabret, Le Idi di Marzo, Midnight in Paris e The Help sono stati quindi battuti dalla pellicola di Michel Hazanavicius, le cui probabilità di vittoria agli Oscar sembrano aumentare di giorno in giorno.

Altri importanti premi sono stati consegnati per l’occasione anche a le avventure di Tintin(produttori Peter Jackson, Kathleen Kennedy, Steven Spielberg)e al documentario Beats, Rhymes & Life: The Travels Of A Tribe Called Quest(Michael Rapaport, Edward Parks).

fonte: badtaste.it

Lo Hobbit: Peter Jackson svela nuovi dettagli sul film!

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In occasione della presentazione al Sundance Film Festival del suo documentario “West of Menphis”, Peter Jackson  ha rilasciato alcune interessanti dichiarazioni sullo hobbit, attesissimo prequel del Signore degli Anelli, fornendo preziosi dettagli sul modo in cui il film sia collegato alla Trilogia:

“Abbiamo sempre voluto che Lo Hobbit facesse parte di una serie di cinque film. Fortunatamente Tolkien ha scritto moltissimo materiale aggiuntivo nelle appendici del Signore degli Anelli, dove ha ricollegato assieme le due storie, 20 o 30 anni dopo la pubblicazione dello Hobbit. E così siamo riusciti a utilizzare un po’ di quel materiale. Il film non sarà una storia per bambini come il romanzo originale, ma conterrà un po’ di umorismo. Alcune delle canzoni del romanzo sono state inserite nel film.”

Jackson ha inoltre aggiunto riguardo alla sua esperienza sul set: “Mi sto godendo il film proprio come un fan, che è la cosa che mi entusiasma maggiormente. Sono felice di tornare sul set ogni giorno, adoro girare questo film. A febbraio inizieremo altri 100 giorni di riprese, quindi intorno a luglio avremo finito. A quel punto avremo girato entrambi i film.” “Lo Hobbit: un viaggio inaspettato”, arriverà al cinema il 14 dicembre 2012.

 

Dark Shadows: nuova foto di Johnny Depp!

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Dark Shadows: nuova foto di Johnny Depp!

è finalmente disponibile in rete  una nuova foto di Johnny Depp in Dark Shadows, ultima fatica di Tim Burton da una sceneggiatura di Seth Grahame- Smith.

L’immagine mostra Depp nei panni di Barnabas Collins, un vampiro alla ricerca del suo amore perduto, Jozette: sul suo cammino incrocierà il destino di numerosi personaggi, fra i quali una strega innamorata di lui di nome Angelique(Eva Green), una bizzarra matriarca che si rifiuta di uscire di casa dal giorno della morte del marito(Michelle Pfeiffer) e una strana psicologa(Helena Bonham Carter)”esperta” in disordini del sistema circolatorio.

Ispirato a una serie televisiva di successo degli anni ’60 creata da Dan Curtis, Dark Shadows uscirà nei cinema americani l’11 maggio 2012.

Lo Hobbit: un viaggio inaspettato – Trailer Italiano

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Una bella notizia che i fan di Peter Jackson e de Il Signore degli Anelli aspettavano da tempo: dalle 10:30 di questa mattina è disponibile in anteprima esclusiva sul canale ufficiale Youtube di Warner Bros il primo trailer italiano del film Lo Hobbit: Un Viaggio Inaspettato.

Ulteriori info nella nostra Scheda-Film: Lo hobbit:un viaggio inaspettato

Olga Kurylenko e Andrea Riseborough a fianco di Tom Cruise?

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Olga Kurylenko e Andrea Riseborough a fianco di Tom Cruise?

Il nuovo film di Joseph Kosinski, regista di Tron Legacy,  non ha ancora un titolo definitivo (negli ultimi tempi sono stati scelti e poi scartati, Oblivion e Horizons), ma un cast già in via di definizione: a fianco del protagonista, Tom Cruise, dovrebbero comparire Andrea Riseborough e Olga Kurylenko.

Il film è ambientato in una Terra devastata e divenuta inospitale, teatro dello scontro con una razza aliena, dove la razza umana è stata costretta ad andare a vivere su piattaforme sospese, tra le nuvole. Cruise interpreterà un soldato incaricato di riparare i droni utilizzati nella guerra. Nel corso del film, il protagonista si troverà diviso tra due donne: da una parte la sua compagna (interpretata dalla Kurylenko), che resta costantemente in contatto con lui; dall’altra una donna misteriosa che sembra essere letteralmente caduta dal cielo, il cui incontro lo porterà a cambiare radicalmente la sua visione del mondo.

Il percorso del film è stato finora particolarmente accidentato: inizialmente seguito dalla Disney, è stato in seguito abbandonato, non essendo propriamente un film per famiglie; a quel punto è entrata in gioco la Universal. Problemi sono sorti anche in sede di sceneggiatura, passata per le mani di Karl Gajdusek, William Monahan e, recentemente Michael Arndt. Per il ruolo di una delle protagoniste si era pensato a  Jessica Chastain, che ha poi rinunciato. Se non vi saranno altri contrattempi, l’inizio delle riprese è previsto nel giro di un paio di mesi, in vista di un’uscita nel luglio 2013. La Riseborough ha raggiunto una certa notorietà solo in tempi recenti, con la sua partecipazione a W.E. di Madonna; molto più conosciuta la Kurylenko, già abituata ad action movie e blockbuster, con ruoli in Quantum Of Solace, Centurion e Max Payne.

Fonte: Empire

La Warner al lavoro su Otherland

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La Warner al lavoro su Otherland

Otherland, primo volume di un ciclo di romanzi sci-fi di Tad Williams (inedito in Italia, dove dello stesso autore sono stati pubblicati i libri del Ciclo delle Spade) sarebbe avviato ad avere una trasposizione cinematografica, ad opera della Warner e prodotta Dan Lin, già produttore di Sherlock Holmes.  La vicenda di Otherland è ambientata 100 anni nel futuro e vede protagonista un gruppo di improbabili eroi cercare di scampare ad un assassino mentre si trovano ad operare nel mondo virtuale, finendo per scoprire una cospirazione il cui scopo è niente meno che la distruzione dell’umanità.

I cinque volumi del Ciclo di Otherland sono usciti  negli USA tra il 1996 e il 2001:  la Warner potrebbe quindi lanciare una nuova saga in più capitoli. Nel frattempo, Dan Lin sta lavorando, tra gli altri, su Gangster Squad di Ruben Fleischer, e si appresterebbe a portare sullo schermo anche la pluripremiata serie a fumetti Bones di Jeff Smith. Per la sceneggiatura di Otherland si è invece pensato a John Scott III, attualmente impegnato sull’adattamento di Abissi d’acciaio, uno dei capolavori di Isaac Asimov.

Fonte: Empire

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