Diario di una Schiappa
2: Greg inizia a frequentare la seconda media. Ormai si è
ambientato, si è liberato del “formaggio ammuffito” che lo ha fatto
tanto penare, e ora pensa che le cose stiano andando per il verso
giusto. C’è solo un problema: suo fratello Rodrick ce la sta
mettendo tutta per rovinargli la vita.
Uscite al cinema del 5 agosto 2011
Joe Wright: estetica ed emozione
Non ha neanche quarant’anni ed è già un apprezzato regista, le cui opere sono amate dai festival internazionali. Con soli quattro lungometraggi – l’ultimo, Hanna, uscirà nelle sale italiane il prossimo 12 agosto – è riuscito a imporre all’attenzione di critica e pubblico il suo stile rigoroso, con un raffinato senso dell’estetica e un’ispirazione, si direbbe, più pittorica che cinematografica, che non rinuncia, però, all’intensità dell’emozione. Stiamo parlando del londinese Joe Wright, classe 1972, che proprio dalle arti figurative e dal teatro – quello di marionette fondato dai genitori a Islington – muove i primi passi artistici, per approdare poi dietro la macchina da presa. Dai tempi della scuola si appassiona alla regia. Poi, lavora come burattinaio assieme ai genitori presso il loro Little Angel Theatre, ma è determinato a completare la formazione in ambito cinematografico, nonostante la dislessia da cui è affetto. Lo ritroviamo quindi alla Anne Scher Theatre School, poi al Campbell College of Arts, e infine al Central St. Martins, dove ottiene l’agognata laurea in belle arti e film.
Ed è proprio mentre completa gli studi che ha la possibilità di firmare il suo primo lavoro dietro la macchina da presa: un cortometraggio per la BBC dal titolo Crocodile Snap (1997). A questo, che ottiene un certo successo, segue un secondo corto: The End (1998).
Joe Wright, filmografia
Quindi, la carriera di Joe Wright sembra prendere strade diverse, seppur affini a quella del cinema: è assunto alla Oil Factory, società londinese di produzione video, soprattutto musicali. Ne dirige alcuni, e si occupa del casting. E siccome il nostro non si fa mancare niente in questi primi anni di attività, si dà anche alle serie tv, sempre con la BBC, che gli offre di sceneggiarne una: Nature boy. Siamo così ai primi anni del nuovo millennio e Joe continua a lavorare in tv, con le serie Bob & Rose (2001), Bodily harm (2002) e Charles II: The power and the passion (2003), di cui cura alcuni episodi.
Ma i due veri grandi amori di Wright restano il cinema e la regia. Ed è a questo che decide di tornare due anni dopo, nel 2005, quando firma il suo esordio nel lungometraggio. Da bravo inglese qual è, scegliere di proporre sul grande schermo una pietra miliare della tradizione letteraria del suo paese: Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen. Dal romanzo simbolo della borghesia britannica tra Illuminismo e Romanticismo, Wright trae un film dall’estetica “neoclassica” molto curata, in cui ricostruisce egregiamente l’ambiente nei dettagli. Per interpretare la famiglia Bennet, il regista sceglie oculatamente: il signore e la signora Bennet sono Donald Sutherland e Brenda Blethyn, ansiosa di accasare le figlie e petulante come nel romanzo. La parte della dolce primogenita Jane è affidata a Rosamund Pike – con cui Wright avrà una relazione. Ma protagonisti indiscussi sono la scaltra Lizzy/Keira Knightley e il signor Darcy/Matthew Macfadyen. La trasposizione ha momenti d’intensità e riesce a coinvolgere. Ottiene diverse nomination importanti, sia agli Oscar che ai Golden Globe. La pellicola si fa notare ed apprezzare da pubblico e critica e lancia Wright come nuova promessa del cinema. Dà inoltre l’avvio al sodalizio artistico tra il regista e la Knightley, che sarà di nuovo scelta da lui per il suo secondo film.
Siamo così al 2007, quando la nuova fatica del regista inglese viene scelta per aprire il Festival del Cinema di Venezia – Joe Wright è il più giovane regista cui sia stato riservato questo onore. Si tratta di Espiazione, e siamo sempre in ambito di trasposizioni letterarie, ma stavolta l’opera è di letteratura contemporanea. Il film infatti, è tratto dall’omonimo romanzo di Ian McEwan. Anche in questo caso, ci troviamo di fronte a un adattamento fedele al romanzo. Al centro, le vicende della famiglia Tallis a partire dagli anni Trenta del secolo scorso, ed in particolare, una vicenda privata con conseguenze dolorose, cui si intreccerà la tragedia umana collettiva della Seconda Guerra Mondiale. Tutto parte infatti dall’errore di una ragazzina (Briony Tallis/Saoirse Ronan), che scopre la relazione tra la sorella maggiore (Cecilia Tallis/Keira Knightley) e un suo amico d’infanzia (Robbie Turner/James McAvoy).
Travisando i fatti e aggiungendo una buona quota di immaginazione a ciò che vede una notte nel buio, Briony accusa l’incolpevole Robbie di aver abusato di una sua cuginetta. Errore che cambierà per sempre la vita degli amanti Robbie e Cecilia, ma anche quella della piccola Briony. Resasi conto del danno arrecato, infatti, cercherà per tutta la vita il modo di espiare. Realizzazione che si destreggia bene nel gestire una complessa materia. Attori tutti in parte, primi tra tutti la Knightley e James McAvoy, ma anche Vanessa Redgrave, nei panni di Briony settantenne. Perfetta ricostruzione d’epoca, come vuole la precisione già mostrata dal nostro regista in Orgoglio e pregiudizio. Il film è candidato agli Oscar e ai Golden Globe, e stavolta ottiene alcuni riconoscimenti: Oscar e Golden Globe per la Miglior colonna sonora originale (ad opera di Dario Marianelli, che aveva già curato le musiche del lungometraggio d’esordio di Wright), e Golden Globe anche come Miglior film drammatico.
Due anni dopo, ancora una trasposizione per il regista londinese, stavolta dal libro del giornalista Steve Lopez su Nathaniel Ayers: musicista, suonatore di violino e violoncello di grande talento, ma con problemi psichici, finito a vagare senza dimora per le strade di Los Angeles. Il film racconta anche, in maniera realistica e disincantata, il rapporto tra il giornalista Robert Downey Jr. e Ayers, che ha il volto di Jamie Foxx.
Nel 2011, Wright passa al thriller, dirigendo ancora la giovane Saoirse Ronan che ritrova, dopo Espiazione, in Hanna. Se lì era una bambina con la passione per la scrittura e troppa fantasia, qui sarà una killer adolescente, figlia di un agente della Cia. Nel cast accanto a lei, Cate Blanchett e Eric Bana. Il film è prodotto dalla Marty Adelstein Productions e distribuito dalla Warner Bros. Per le musiche, stavolta il regista si affida ai Chemical Brothers. Sarà nelle sale dal prossimo 12 agosto.
Wright, tuttavia, non ha certo dimenticato il suo amore per i grandi romanzi classici e sta già preparando l’adattamento di Anna Karenina di Tolstoj, protagonista, neanche a dirlo, Keira Knightley.
Anche Laurence Fishburne in Man of Steel
Laurence Fishburne entrerà a far parte del cast di Man of Steel, reboot di Superman che vede al timone Zack Snyder e le cui riprese dovrebbero cominciare nelle prossime settimane. Secondo EW l’attore interpreterebbe Perry White, il capo redattore della testata giornalistica immaginaria Daily Planet della città di Metropolis e superiore del neo giornalista Clark Kent.
Protagonista di questo nuovo episodio di Superman è Henry Cavill (The Tudors) e accanto a lui un vero cast di stelle: Amy Adams come Lois Lane, Russell Crowe nei panni di Jor-El, Diane Lane in quelli di Martha Kent, Kevin Costner come Jonathan Kent, Michael Shannon come Generale Zod, e Julia Ormond nei panni di Lara Lor-Van.
La sceneggiatura è firmata da David S. Goyer e l’uscita è prevista per il 14 giugno 2013.
Fonte: Primissima
Il nuovo traielr di Twixt
Tinker, Taylor, Soldier, Spy: un nuovo poster e le foto
Ecco in rete altre immagini ufficiali di Tinker, Taylor, Soldier, Spy, l’adattamento del thriller di John le Carré intitolato La Talpa, atteso al prossimo Festival di Venezia.
The Dark Knight Rises: nuovo video e foto dal set
Grande rissa ai pieni del municipio di Gotham, Batman e Bane se le stanno dando di santa ragione e nei pressi del combattimenti, tumblers, poliziotti e … Miranda Tate!
Si tratta ovviamente del set di The Dark Knight Rises, dal quale possiamo vedere alcune foto e per la prima volta sul set Joseph Gordon-Levitt e Marion Cotillard. I ruoli di entrambi gli attori sono abbastanza misteriosi, perchè pur sapendo chi interpreteranno (Miranda Tate e l’agente John Blake) non si conosce l’effettivo coinvolgimento dei due nella trama.
Ecco la prima loro foto sul set:
Ecco invece una bella foto della scazzottata tra Christian Bale
e Tom Hardy:
Qui troverete le altre foto: Razzi, Getty Images, MailOnLine, superherohype, eyeprime.
Intanto qui un nuovo video dal set nel quale possiamo vedere le Tumbler mimetiche:
Fonte: badtaste
Box Office ITA del 1 agosto 2011
Terzetto invariato sul podio, con Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2, Captain America e Cars 2. New entry praticamente non pervenute…
Anche alla sua terza settimana, Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 mantiene la prima posizione, raccogliendo altri 924.000 euro che gli consentono di abbattere la quota dei 20 milioni di euro complessivi. Si tratta del risultato più alto per un film di Harry Potter dopo dieci anni, ovvero dopo i 25 milioni di Harry Potter e la Pietra Filosofale: pare proprio che sarà difficile raggiungere questa somma…
Captain America: Il
primo vendicatore regge in seconda posizione con un
distacco minimo da Harry Potter: il film Marvel raccoglie infatti altri
860.000 euro e giunge a 4,1 milioni totali.
Ancora terzo posto per Cars 2, arrivato a
10 milioni complessivi con gli ultimi 149.000 euro incassati.
Diario di una
schiappa è l’unica new entry ad apparire nella top10:
la commedia debutta al quarto posto con 120.000 euro.
Nel frattempo, calo per Transformers 3
(112.000 euro) e Per sfortuna che ci sei
(103.000 euro), che arrivano rispettivamente a quota 8,3 milioni e
789.000 euro.
Le donne del sesto piano guadagna ancora una posizione arrivando a 900.000 euro complessivi, mentre nelle ultime tre posizioni troviamo At the end of the day (38.000 euro per 143.000 euro), Bitch Slap – Le superdotate (35.000 euro per 166.000 euro) e Il ventaglio segreto (23.000 euro per 240.000 euro).
Al via il Festival di Locarno 2011
L’arte di arrangiarsi: recensione del film con Emma Roberts
L’arte di arrangiarsi (The Art of Getting), ultimo film diretto da Gavin Wiesen, uscirà nelle sale italiane il 5 agosto con il titolo tradotto L’arte di arraggiarsi. La storia racconta di George (Freddie Highmore), un giovane adolescente che per la sua apatia, solitudine e mancanza apparente di emozioni e di buona volontà rischia di non superare il suo ultimo anno di liceo, compromettendo il suo futuro. Viene descritto fin dalle prime scene, uno studente dotato di un talento particolare nel disegno, ma che a causa della sua indifferenza verso le regole e dell’intenzione di non trovare stimoli nella vita, è praticamente un fallito a livello sociale e accademico. E’ sicuramente un artista, ma senza idee.
Un giorno, però incontra Sally (Emma Roberts), una sua compagna di corsi, è bella e intrigante; i due trovano un punto di contatto e diventano amici. Lei provoca una trasformazione in lui: lo introduce a una vita più avvincente e meno solitaria. Come ogni storia di adolescenti e non, l’amicizia si trasforma in qualcos’altro…causando inevitabili squilibri e cambiamenti. Il plot principale è incentrato proprio su questa pseudo amicizia, che fin da subito comprendiamo possa portare ad altro, soprattutto dalle attenzione che il giovane George riserva a Sally. Fanno da sfondo altri problemi da affrontare, come i difficili rapporti con le rispettive famiglie, i problemi a scuola e l’alto rischio di bocciatura del protagonista.
Dopo aver visto L’arte di arrangiarsi, si evince che probabilmente il regista ha voluto raccontare una storia generazionale: di George ormai ne è pieno il mondo. Lui rappresenta quei giovani che si sentono quasi obbligati a non credere più a niente, trovando una scusa per non impegnarsi, per non appassionarsi, perché le passioni conducono a indispensabili sacrifici, che pochi ormai sono disposti a fare. Nonostante questo importante tema sociale, L’arte di arrangiarsi risulta troppo semplice, nell’accezione negativa del termine. È una storia comune, già sentita e vista soprattutto nel cinema americano. Non esprime molto. Ci sono dei momenti in cui la sceneggiatura può colpire lo spettatore e farlo sorridere e anche la musica si fonde bene con le scene. Il suo problema risiede nella trama, banale e già sentita.
Bradley Cooper in The Silver Linings Playbook
Leonardo Di Caprio in un altro western?
Leonardo DiCaprio già coinvolto nel ruolo del cattivo in Django Unchained di Quentin Tarantino, interpreterà un altro western: The Creed of Violence. Todd Field si occuperà della regia, e sta adattando il romanzo omonimo di Boston Teran. LA Times riferisce che per Di Caprio si pensa ad uno dei ruoli principali, quindi bandito o agente, ma non si conoscono ancora i propositi dell’attore in merito al progetto.
La storia racconta di un bandito contrabbandiere di armi che deve superare la frontiera messicana con un carico di armi, appunto, in direzione della rivoluzione in Messico.
fonte: coming soon
Box Office USA 1 agosto 2011
Harry Potter e i doni della morte Parte 2 inizia a cedere alle nuove uscite. Scende infatti al terzo posto della classifica del Box office americano, lasciando la prima posizione a Cowboys and aliens, che appena uscito, incassa 36 milioni di dollari.
Captain America resiste in seconda posizione, raggiungendo 117 milioni di dollari.
In quarta posizione, una commedia sul tradimento e gigolò redenti: Crazy, stupid, love. Seguita da un’altra commedia su forme diverse di relazione: Amici di letto-Friends with benefits, che si ferma in sesta posizione con 38 milioni di dollari di incasso.
Horrible bosses-Come ammazzare il capo e vivere felici, scende in settima posizione, mentre Transformers 3 si ferma nella parte bassa della classifica, ma con un incasso lordo da far girare la testa: 338 milioni di dollari.
Zookeeper si avvia verso l’uscita dalla classifica con un incasso settimanale di 4 milioni di dollari e anche Cars 2, in nona posizione, aggiunge 2 milioni al suo incasso totale che arriva a quota 182 milioni.
Winnie the Pooh chiude la classifica con quasi due milioni di dollari di incasso, raggiungendo quota 22 milioni.
Tra i film più attesi della prossima troviamo Attack the block film di fantascienza di Joe Cornish realizzato con il benestare di Edgar Wright, realizzatore di pellicole di culto come Hot Fuzz e Shaun of the dead.
Esce anche il nuovo film di Miranda July, The future, che tratta di alterazioni spazio temporali causati dall’adozione di un gatto. Dalla regista di Me and everyone we know, un’altra opera che promette di essere surreale.
The Avengers – il primo teaser trailer
Ecco on line l’attesissimo primo teaser trailer de I Vendicatori, nel quale abbiamo un piccolo assaggio dei nostri eroi che già singolarmente hanno affollato gli schermi negli anni passati.
Adam Sandler coinvolto nel remake di Tre Scapoli e un Bebè
La casa della gioia di Terence Davies
La casa della gioia è il film del 2000 diretto da con protagonisti Gillian Anderson, Eric Stoltz, Laura Linney, Anthony La Paglia, Elizabeth Mc Govern, Dan Aykroyd e Jodhi May
La trama di La casa della gioia: New York, inizi del Novecento: Lily Bart, trentenne dall’ottima educazione ma con pochi mezzi e abituata a vivere sopra le proprie possibilità, cerca un marito ricco ma si innamora di Selden, un avvocato di belle speranze, suscitando l’odio di una ricca signora che credeva sua amica. Man mano la giovane donna cade in disgrazia, perdendo protettori e eredità familiari, e riempiendosi di debiti, in una società in cui una cattiva reputazione ti può uccidere, soprattutto se sei troppo abituata agli agi per lavorare. Per Lily la caduta sembra davvero implacabile e forse nemmeno Selden riuscirà a salvarla.
La casa della gioia, l’analisi
Dopo aver raccontato alcune storie contemporanee, il regista inglese Terence Davies si rivolge ad uno dei romanzi dell’autrice statunitense Edith Wharton, amica e allieva di Henry James, impareggiabile nella descrizione dei riti e delle crudeltà della società americana tra Otto e Novecento. Con location a disposizione ad Edimburgo, costumi e scenografie sontuosi ma un budget economico che non pesa sul risultato finale, Terence Davies colleziona un piccolo gioiello, aiutato anche da un cast di attori popolari ma non divi, dove i mezzi limitati non emergono, ma sottolineano un risultato sobrio ma efficace, con una cura dei dettagli che ricorda a tratti quella del nostro Luchino Visconti.
E se l’allora Scully di X-Files è perfetta nel ruolo di Lily e viene scelta da Davies non perché fan dell’agente dell’FBI (non ha mai visto la celeberrima serie cult) ma per la sua rassomiglianza con le attrici romantiche anni Quaranta alla Greer Garson e alla Eleanor Parker, tra gli altri interpreti spiccano un Dan Aykroyd agli antipodi rispetto ai ruoli buffi che gli diedero il successo, il futuro Jack Malone di Senza traccia Anthony La Paglia e Laura Linney, oggi madre di famiglia alle prese con il cancro, là spietata e infida donna dell’alta società.
Ogni scena rappresenta la caduta di Lily agli inferi, antieroina tragica, non così simpatica da commuovere fino in fondo ma emblema di un mondo spietato, e trascina lo spettatore in un gorgo da cui non si potrà uscire vivi, metafora della società di allora, ma anche specchio di regole che, sia pure in maniera diversa, ci sono ancora oggi. Perfetto per chi ama i melodrammi in costume, La casa della gioia arrivò vicino alle nomination agli Oscar, che avrebbero dovuto toccare in particolare la sua interprete, Gillian Anderson, penalizzata poi dall’essere un volto per la televisione: la stessa Anderson, trasferitasi poi a Londra, si è specializzata in ruoli in sceneggiati in costume, sfruttando una vena che già qui emergeva.
Passato in sordina al cinema nel 2000, pur con l’appoggio degli amanti del genere e dei fan della Anderson, La casa della gioia è un classico da riscoprire, una favola morale tragica e una storia in costume che merita di stare alla pari di altre pellicole del genere.
L’età dell’innocenza di Martin Scorsese
L’età dell’innocenza Anno: 1993 Regia: Martin Scorsese Cast: Daniel Day Lewis, Michelle Pfeiffer, Winona Ryder, Richard E. Grant, Geraldine Chaplin, Miriam Margoyles, Robert Sean Leonard, Sian Philipps, Alexis Smith
Sinossi: Nella New York del 1873 l’affascinante Newland Archer sta per convolare a giuste nozze con la sua promessa sposa, May Welland, ma il ritorno dall’Europa di Ellen Olenska, cugina della fidanzata e suo amore d’infanzia, sconvolge tutto. Tra Ellen, fuggita da un marito fedifrago, e Newland nasce un profondo sentimento, ma le regole sociali impediranno loro di poter realizzare il loro amore, e entrambi seguiranno due strade preordinate, Newland con May, Ellen libera da suo marito e in Europa. Anni dopo, ormai vedovo e libero, Newland rifiuterà di reincontrare Ellen per rimanere legato ad un antico ricordo di passione mai consumata fino in fondo.
Analisi: Niente mafia, né serial killer psicopatici, né gang di strada impegnate in scontri all’ultimo sangue: eppure la buona società descritta da Edith Wharton e trasposta in film da Scorsese è altrettanto spietata (omicidi a parte) degli universi da lui descritti in altre storie.
Come Kubrick in Barry Lindon, anche Scorsese sceglie un mondo perfetto e raffinato, ricostruito da musiche, dalle scenografie di Dante Ferretti, dai costumi di Gabriella Pescucci, ma che nasconde dietro una crudeltà di riti e di regole spietata.
E se il dilemma di Newland Archer è tra ragione, cioè fare quello che tutti si aspettano da lui, e sentimento, seguire un cuore che non riuscirà a far palpitare, Daniel Day Lewis è perfetto come gentiluomo ottocentesco, tormentato ma incapace di andare fino in fondo a costo di negarsi una vita completa e l’amore, mentre Michelle Pfeiffer, dona anima all’eroina romantica e moderna Ellen Olenska, oggetto di desiderio e disapprovazione ma anche femminista ante litteram. Tra i due emerge Winona Ryder, perfetta e a tratti odiosa moglie alto borghese, pronta a sacrificare tutto pur di tenere insieme il suo mondo familiare: per questo ruolo l’allora ventiduenne attrice ebbe una candidatura all’Oscar, confermandosi tra le migliori interpreti degli anni Novanta, premesse che non sono poi state mantenute fino in fondo.
L’età dell’innocenza è una gioia per gli occhi per la cura della realizzazione, per la resa meticolosa di ogni scena, per i dettagli esatti che rivivono insieme ad un’epoca comunque affascinante sullo schermo, e sa colpire al cuore per la sua storia d’amore senza speranza, fuori dal tempo e romantica, manierata ma nello stesso tempo straziante nella sua tragicità.
Chuck Norris in The Expandables 2?
Trespass: il poster con Nicole Kidman e Nicolas Cage
In Time – il trailer originale
The Dark Knight Rises: ecco i taxi di Gotham
Hanna: recensione del film di Joe Wright
Joe Wright, uno dei registi inglesi più ‘britannici’ in circolazione, ha stregato pubblico e critica, a suo tempo, con due pellicole (quasi) perfette. Espiazione e Orgoglio e Pregiudizio l’hanno lanciato nell’Olimpo dei grandi cineasti, con un immediato riconoscimento anche da Hollywood che l’ha premiato con 10 nomination agli Oscar e adesso porta sul grande schermo la sua nuova storia, Hanna.
Attraversato l’oceano, Wright ha realizzato Il Solista, che per molti versi è un film decisamente minore a quelli che ci aveva offerto precedentemente Joe. Con Hanna, il regista si assume quindi il compito di riprendersi quegli spettatori (e quei critici) che lo avevano abbandonato nella sua terza regia.
Hanna è un’adolescente dalla pelle candida, gli occhi di ghiaccio e i capelli biondissimi e arruffati, vive in nei boschi del nord Europa, con un padre che giorno dopo giorno la addestra a diventare un soldato perfetto, in grado di combattere, sopravvivere e soprattutto uccidere. Vissuta per 16 anni in questo deserto di ghiaccio, Hanna si troverà catapultata nel mondo vero e con enorme meraviglia, vi troverà tutte le cose di cui aveva solo letto: l’elettricità, la musica, le altre persone. Ma soprattutto la ragazza verrà a conoscenza delle sue origini e dovrà fare i conti con una donna dai capelli color del fuoco e dall’animo di ghiaccio: la donna che deve uccidere.
Wright cambia
marcia, ci fa dimenticare corsetti e sottovesti e ci catapulta in
un universo freddo e spietato, offrendoci un lussuoso saggio di
regia che stona con una sceneggiatura nel finale un po’ fiacca. Se
tutta la prima parte del film incalza lo spettatore e lo incolla
alla poltrona, a metà film l’esigenza di scoprire e sapere, insieme
ad Hanna, maggiori dettagli e giustificazioni diventa una snervante
attesa di conoscenza che alla fine lascia insoddisfatti. Il finale
scialbo è forse quello che di peggiore c’è in un film per altri
versi decisamente notevole.
Abbiamo già accennato all’incredibile capacità registica di Wright, che rimanendo fedele alla sua cifra stilistica per eccellenza, il piano sequenza, ne altera le movenze eleganti per adattarle a quelle della musica, firmata The Chemical Brothers, e dando un ritmo vincente alla fuga e alla caccia che nel film accompagnano i personaggi.
Fondamentale è la giovane protagonista Saoirse Ronan, che con Wright in Espiazione aveva conquistato la sua prima nomination agli Oscar, e che qui dimostra talento e profondità espressiva. La sua Hanna si trasforma da preda a cacciatore con una duttilità disarmante rendendo ancora più avvincente la storia e confermando l’immenso talento della piccola protagonista di Amabili Resti.
Accanto a lei la divina
Cate Blanchett, villain di turno, che con i
soli occhi trasmette timore nel ruolo dell’agente speciale
Marissa Wiegler. In ombra invece Eric
Bana nei panni del padre di Hanna, Erik,
troppo preoccupato di preoccuparsi per riuscire a ‘far funzionare’
il suo personaggio.
Il lupo diventa Cappuccetto Rosso e viceversa, in un mondo reale che Wright ha fuso con quello fiabesco ma inquietante del Fratelli Grimm, non dimenticando nemmeno la casetta di marzapane.
Hanna rappresenta sicuramente una rinascita per Wright, che si mette nuovamente in gioco con una storia e un genere straordinariamente distanti dal suo solito, e il regista si rivela all’altezza di questa nuova fatica.
Joe Wright è tornato.
Bad Teacher: recensione del film con Cameron Diaz
Sicuramente ricorderemo tutti quei film in cui l’insegnamento diviene una vera e propria missione. Bene, Bad Teacher è la prova di come, a volte, questo mestiere sia unicamente una necessità.
In Bad Teacher Elizabeth Halsey (Cameron Diaz), maestra di scuola media dai metodi poco ortodossi, alcolizzata e con una canna sempre pronta per l’occasione, insegnerà solo fino a quando il proprio ricco fidanzato non la sposerà. Ma tutti i suoi piani saltano quando viene lasciata e si trova ad affrontare un altro anno scolastico unicamente con l’obbiettivo di pagarsi l’affitto e riuscire a rifarsi il seno. Alla costante ricerca di un uomo che la mantenga, si troverà in conflitto con la collega Amy (Lucy Punch) per la conquista del professore nuovo arrivato Scott (Justin Timberlake).
Il lungometraggio diretto Jake Kasdan si colloca perfettamente tra le commedie mediocri per le quali lo spettatore non andrà oltre il sorriso sporadico, senza riuscire a ridere di gusto. Il personaggio di Elizabeth, interpretato da una Cameron Diaz che tanto ci aveva fatti ridere in precedenti gioielli della commedia (Tutti pazzi per Mary su tutte), è scritto in maniera efficace solo per la prima parte della storia, diventando poi sciatto nella seconda metà. La caratterizzazione di Mrs. Halsey è esattamente come il suo personaggio: superficiale, tanto che l’unica sua motivazione, pur praticando il nobile mestiere dell’educatrice, è solo quello di guadagnare per pagarsi un paio di tette nuove. Il risultato però è un grande senso di vuoto in sala.
L’unico personaggio degno di nota è quello di Russell Gettis (Jason Segel), impacciato professore di ginnastica ripetutamente rifiutato dalla bella Elizabeth. Spinto dalla voglia di conquistare la bionda cattiva maestra, si dimostrerà disperatamente motivato nel suo intento di catturare l’attenzione di quella professoressa sopra le righe, armato unicamente della sua semplicità. Nonostante le commedie per adulti sembrano prendere sempre più piede, questo risultato di bassa comicità non troverà facili consensi nel pubblico, ma chi vorrà passare una serata senza troppe pretese si ritroverà sicuramente in sala a vedere Bad Teacher, magari riuscendo anche a scovare nel sottotesto un messaggio morale.
Lee Pace in Lincoln
L’atteso progetto di Steven Spielberg dedicato al presidente
degli Sati Uniti Lincoln si accresce di un altro nome che prenderà
parte alle riprese: si tratta di Lee Pace.
L’orso Yoghi 3D: recensione del film di Eric Brevigh
Dopo le svariate avventure televisive alla ricerca di leccornie di tutti i tipi e di tutti i gusti, Yoghi e Bubu diventano trimensionali e passano al grande schermo. L’orso Yoghi 3D, il nuovo film d’animazione di Eric Brevigh – già regista di Viaggio al centro della Terra 3D – unisce modellini CGI, computer grafica e divertenti attori comici americani: Tom Cavanagh, Anna Faris e T. J. Miller.
In L’orso Yoghi 3D
Yellistone Park vive un momento di crisi finanziaria: il sindaco
Brown decide, allora, di tagliare tutti gli alberi secolari e
trasformarlo in un terreno edificabile. Mentre il ranger Smith
viene assunto per tenere in ordine il giardino comunale, Yoghi e
Bubu sono costretti a diventare orsi “normali”. Quando viene
scoperta l’esistenza di una rarissima specie di tartaruga, la
tartaranaruga (nata dall’incrocio tra una rana e una tartaruga), il
parco naturale, per legge, non può più chiudere. Riusciranno i
nostri eroi a fermare in tempo il crudele sindaco
Brown?
Dalla sceneggiatura di un film incentrato sulle rocambolesche creature di Hanna e Barbera, non ci si poteva aspettare molto. E infatti, gli sceneggiatori Brad Copeland e Joshua Sternin non hanno certamente brillato di originalità. Yoghi e Bubu, anche nel 2011, sono stati ritratti come due orsi parlanti capaci soltanto di rubare i cestini da pic nic dei visitatori e combinare guai. Sebbene, dunque, un pubblico infantile possa godere dell’illusione che gli attori dialoghino e abbraccino davvero gli animali, a uno spettatore leggermente più attento, non sfuggono certamente gli errori di collisione. Se con Alvin Superstar e il recente Hop l’esperimento era riuscito, L’Orso Yoghi 3D non riesce a fondere il live action con la computer grafica.
I personaggi, infatti, spesso non guardano in direzione dei modellini CGI, i protagonisti sono poco integrati nel paesaggio e il movimento dello loro bocche poco (e male) si sposa con il doppiaggio. Il problema principale, però, è probabilmente la mancanza di credibilità di Yoghi: troppo spensierato e gioviale per un mondo in cui l’ingenuità, spesso, viene confusa con la ridicolaggine.
Terry Gilliam su Mr. Vertigo
Olivia Wilde diventa Linda Lovelance?
Hugo Cabret: trailer italiano
Brendan e il segreto di Kells: recensione del film
Non è un’illusione: esistono ancora film per bambini che hanno una morale. Abbandonati gli effetti speciali e l’uso abbondante del 3D, questi rari prodotti hanno lo scopo di mandare un messaggio ai pargoletti che guardano il cartone animato. Non importa, dunque, se la qualità dei disegni non è la migliore sulla piazza, né che il colore non è splendente come pochi: l’unica cosa che conta, è far riflettere chiunque sia predisposto alla visione. Brendan e il segreto di Kells, film d’animazione degli irlandesi di Tomm Moore e Nora Twomey è, decisamente, uno di questi. La storia è quella del piccolo Brendan, un orfano cresciuto con uno zio troppo impegnato a fare l’abbate del piccolo paesino di Kells e a difenderlo dall’attacco dei Normanni, per accorgersi della bellezza delle cose semplici, quotidiane, naturali.
Quando arriva in città Padre Aidan, il bambino scopre l’importanza della scrittura come possibilità di raccontare (e, quindi, tramandare) ai posteri la storia e la cultura di un popolo. La fantasia e i sentimenti, però, non vanno mai dimenticati: ecco perché Aisling, la fata della foresta, la bambina dai capelli lunghi come Rapunzel, aiuta Brendan nella sua missione. Il tempo passa, Padre Aidan muore, il piccolo Brendan diventa un giovane uomo, e il sapere del libro inizia a fare il giro del mondo….
Davvero molto bello Brendan e il segreto di Kells, film d’esordio del disegnatore Tomm Moore che, matita alla mano, ha concepito un modo carino, divertente e colorato, per spingere ogni spettatore ad uscire dal guscio per affrontare le proprie paure. Anche quando sembra che tutto sia perduto, infatti, non bisogna mai dimenticare che la bellezza è racchiusa in ogni cosa, per quanto piccola possa essere. Come Mia e il Migù, anche Brendan e il segreto di Kells è un film basato sul valore degli affetti, sul rispetto della natura e sulla gioia di vivere. Una piccola perla in 2D che, con la musica di 2001: Odissea nello spazio, ci invita a (ri)guardare il nostro mondo con occhi nuovi e ad assaporarne ogni piccolo frammento.