Home Blog Pagina 158

Venezia 73: fuori concorso Planetarium con Lily-Rose Depp

Venezia 73: fuori concorso Planetarium con Lily-Rose Depp

Oggi fuori concorso verrà presentato a Venezia 73, il film PLANETARIUM di Rebecca Zlotowski con Natalie Portman, Lily-Rose Depp e Emmanuel Salinger.

La trama del film: Anni 30. Laura e Kate Barlow sono due giovani sorelle americane che praticano sedute spiritiche. A Parigi, durante il loro tour europeo, incontrano André Korben, un rinomato produttore cinematografico francese. Visionario e controverso, Korben è il proprietario di uno dei più grandi studios della Francia, dove produce film utilizzando costose tecniche americane all’avanguardia, senza badare a spese nonostante la Grande Depressione. Benché scettico, Korben decide di sottoporsi ad una seduta spiritica privata con le sorelle Barlow: gli eventi ai quali assisterà provocheranno in lui un forte shock. Profondamente colpito, offre ospitalità alle ragazze stipulando con loro un contratto annuale allo scopo di sfruttarle per realizzare il primo vero film di fantasmi. Ma le intenzioni di Korben sono ben altre e Laura capisce ben presto che vi sono ragioni più oscure che lo legano a loro.

Venezia 73: Frantz recensione del film di François Ozon

Venezia 73: Frantz recensione del film di François Ozon

frantz

Dopo CinquePerDue Frammenti di vita amorosa e Potiche La Bella Statuina, François Ozon torna in concorso alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con il suo bellissimo Frantz, melodramma che riprende molte tematiche care all’ormai celebre regista francese ma che al tempo stesso si addentra in territori mai esplorati prima, sia da un punto di vista stilistico che narrativo.

Il film è ambientato alla fine della Prima Guera Mondiale, in una piccola cittadina tedesca, e vede protagonista Anna, una giovane donna che ogni giorno si reca in visita alla tomba del fidanzato Frantz, morto al fronte in Francia. Un giorno Anna incontra Adrien, un timido e affascinante francese che, come lei, è andato a raccogliersi sulla tomba dell’amico tedesco. Ben presto tra Anna e Adrien si instaura un forte legame, fino a quando la donna non verrà a conoscenza di un segreto apparentemente inconfessabile.

Quello che François Ozon ci regala con Frantz è una piccola grande opera dalla messinscena impeccabile e dalla struttura lineare ed armonica, con due interpretazioni straordinarie. Il regista e sceneggiatore francese rispolvera tematiche a lui familiari come il lutto, il piacere ambiguo e l’educazione sentimentale, e contemporaneamente ne esplora di nuove, servendosi di un bianco e nero nostalgico e avvolgente che, intervallato da inaspettate e vivaci pennellate di colore, conferisce realismo e veridicità alla storia, ai personaggi e alla pellicola nella sua totalità.

frantz

La menzogna e il perdono sono i due punti cardine di un racconto che si sviluppa come un vero e proprio romanzo di formazione: da un lato seguiamo l’educazione sentimentale della protagonista Anna (una Paula Beer da Coppa Volpi), colta tra i suoi desideri e le sue disillusioni; dall’altro il percorso di espiazione di Adrien (un fragile, sensibile e meraviglioso Pierre Niney), un uomo tormentato dal senso di colpa, la cui ossessione per la figura di Frantz ha avuto effetti deleteri sulla propria esistenza.

Due storie che Ozon mescola per confondere lo spettatore (è come se fosse la stessa sceneggiatura a mentire, al pari dei suoi personaggi) e che non si limita a descrivere soltanto sulla carta, ma che racconta anche attraverso l’occhio della sua macchina da presa, riprendendo i tragitti percorsi dai due protagonisti in modo da elevare l’idea del movimento ad una dimensione concreta e funzionale alla comprensione dei personaggi e dei loro mutamenti interiori.

Frantz è un’opera delicata e mai scontata che sceglie volontariamente di tacere l’emozione travolgente per sostituirla con il coinvolgimento più placido e graduale. François Ozon ci trasporta in un un mondo dove non c’è spazio per i sogni o per l’evasione, ma soltanto per la bugia, sia essa liberatoria, salvatrice o devastante.

Venezia 73: François Ozon presenta il suo Frantz

Venezia 73: François Ozon presenta il suo Frantz
françois ozon
Foto La Biennale di Venezia / Iacopo Salvi

Attesissimo il ritorno di François Ozon alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dopo CinquePerDue Frammenti di vita amorosa e Potiche La Bella Statuina, il regista e sceneggiatore francese torna protagonista del concorso del Festival con Frantz, melodramma interpretato da Pierre Niney e Paula Beer.

Accompagnato in conferenza stampa dai due protagonisti del film, Ozon ha aperto le danze spiegando la genesi del progetto: “L’idea della pellicola nasce da uno spettacolo teatrale di Maurice Rostand. Poi mi sono documentato e ho scoperto che quella stessa storia era già stata portata sullo schermo da Lubitsch con Broken Lullaby del 1931. Ad ogni modo il mio film si distacca molto dall’opera originale, con la quale onestamente non sarei mai voluto entrare in competizione”.

Venezia 73: Frantz recensione del film di François Ozon

Il film è girato in b/n, intervallato da alcune sequenze a colori. A proposito di questa scelta il regista ha rivelato: “È stata una grande sfida per me. Anche perché non avevo mai lavorato in bianco e nero prima d’ora. Mi sembrava comunque una scelta inevitabile, visto il tema e l’ambientazione del film. Ad ogni modo, le scene a colori rappresentano una sorta di ritorno alla vita in questo clima di lutto che pervade l’intera narrazione”.

Parlando invece dei due attori protagonisti, Pierre Niney e Paula Berr, Ozon ha dichiarato: “Avevo conosciuto Pierre grazie a J’aime regarder les filles, ai suoi ruoli alla Comédie française e a Yves Saint Laurent. È un attore fantastico, a suo agio sia con la commedia che con il dramma. Di Paula invece non conoscevo nulla, e devo ammettere che è stata una sorpresa. Ho fatto un casting in Germania dove ho incontrato molte giovani attrici. Quando l’ho visto ho pensato subito che fosse perfetta per la parte. È giovane ma ha un modo di recitare davvero maturo”.

Frantz

Venezia 73: Emma Stone incanta il Lido

0
Venezia 73: Emma Stone incanta il Lido

Emma Stone è la prima star a sfilare sul red carpet della Mostra di Venezia, coprotagonista di La La Land, film in concorso diretto da Damien Chazelle, regista presente con lei alla kermesse.

Venezia 73: Emma Stone e Ryan Gosling aprono la Mostra con La La Land

La la Land Emma StoneLa Settantatreesima Mostra d’Arte Cinematografica del Cinema di Venezia si aprirà questa sera, alle 19.00, nella Sala Grande, alla presenza di Alberto Barbera e Paolo Baratta, in compagnia della Madrina di Venezia 73, l’attrice Sonia Bergamasco. La serata d’apertura sarà inaugurata dalla consegna del Leone d’oro alla carriera a Jerzy Skolimowski.

Venezia 73: il programma completo

A seguire, la vera stella della serata, il film d’apertura La La Land, di Damien Chazelle (Whiplash) con protagonisti assoluti Emma Stone e Ryan Gosling, nei panni colorati e romantici di Mia e Seb, due sognatori nella città della stelle.

Il film di Chazelle apre anche il Concorso ufficiale di Venezia 73.

Gli altri appuntamenti della giornata prevedono un omaggio al compianto Abbas Kiarostami, il regista iraniano scomparso lo scorso luglio.

Venezia 73: ecco il programma della 31° Settimana della Critica

Venezia 73: ecco il programma della 31° Settimana della Critica

È stato presentato il programma della Trentunesima Settimana della Critica in programma dal 31 agosto al 10 settembre 2016, organizzata dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani nell’ambito di Venezia 73, la 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Di seguito il programma completo del film selezionati:

In concorso:

Akher Wahed Fina (The Last of Us)
di Ala Eddine Slim
Tunisia-Qatar-UAE-Libano, 2016 – World Premiere

Drum
di Keywan Karimi
Francia-Iran, 2016 – World Premiere

Jours de France (Four Days in France)

di Jérôme Reybaud
Francia, 2016 – World Premiere

Los nadie (The Nobodies)

di Juan Sebastián Mesa
Colombia, 2016 – International Premiere

Prank
di Vincent Biron
Canada, 2016 – World Premiere

Singing in Graveyards
di Bradley Liew
Malesia-Filippine, 2016 – World Premiere

Le ultime cose
di Irene Dionisio
Italia-Svizzera-Francia, 2016 – World Premiere

Eventi speciali fuori concorso:


Film di apertura

Prevenge
di Alice Lowe
Regno Unito, 2016 – World Premiere

Film di chiusura
Are We Not Cats
di Xander Robin
USA, 2016 – World Premiere

***

Giona A. Nazzaro – “Anno Uno. Il cinema è sempre un Anno Uno. Solo i numeri e le statistiche credono alla crisi (che non c’è ma si vede). Il cinema, quello per cui vale la pena scendere in campo, si continua a fare. Sta là fuori, basta vederlo. La Settimana della Critica – luogo dove sono stati scoperti autori quali Olivier Assayas, Mike Leigh, Harmony Korine, Kevin Reynolds, Pedro Costa, Antonio Capuano e Michel Bena – è da sempre interlocutrice privilegiata di questo rinnovamento.
I festival, oggetto di periodiche e non entusiasmanti disquisizioni che s’interrogano sulla loro (in)utilità, sono o dovrebbero essere il luogo-narrazione delle cose del cinema. Non un banale emporio delle merci cinematografiche disponibili ma l’arena del farsi di un pensiero che riflettendo su ciò che si può ancora realizzare con le immagini in movimento, offra anche qualche
idea, magari non banale, sullo stato del mondo in cui viviamo.
Non è un’idea nuova, questa. Rossellini faceva così. E se possiamo osare ispirarci a un solo tratto della poetica rosselliniana, questo è la sua totale assenza di qualsiasi nostalgia cinematografica. Il suo essere stato sempre al presente indicativo, calato nel farsi della Storia. Talmente calato nel presente del suo tempo da essere forse l’unico cineasta che ha pensato il futuro del cinema (e non solo). Ecco. Questa determinazione a stare nel presente, a non cedere né a nostalgie né a mitologie, è la prima spinta propulsiva di questa 31. SIC. Cinema di oggi, fatto oggi, per sguardi di oggi. Perché solo l’oggi, nella sua imprendibilità, permette di immaginare un cinema che torni a esplorare il nostro rapporto con quanto accade sullo schermo e intorno a esso.
Il novero di titoli di quest’anno, individuati fra più di 500 film iscritti, è all’insegna del “piacere filmico”, un “piacere” che si attiva a partire da un rimettersi in gioco rispetto alle convenzioni della visione. Un “piacere” del quale il rischio e lo stupore sono gli elementi fondanti. A partire da Prevenge – geniale slasher-movie post-femminista diretto da Alice Lowe, già vista nei film di Edgar Wright e Ben Wheatley – passando per Le ultime cose di Irene Dionisio – tesa rivisitazione dell’umanesimo neorealista – si opera una ri-mappatura non delle cose viste, ma di quelle ancora tutte da vedere.
Keywan Karimi, cineasta iraniano condannato a un anno di carcere e 223 frustate per offesa all’Islam, firma con Drum un noir metafisico ed espressionista, mentre Ala Eddine Slim, documentarista e videoartista tunisino, con The Last of Us rilancia con grande audacia un cinema sperimentale e astratto, avventuroso e addirittura schiettamente fantascientifico.
Perché, in fondo, e non potrebbe essere diversamente, il cinema è un’arte giovane per definizione. E non solo in senso anagrafico. Basti pensare a Los nadie di Juan Sebastián Mesa, girato in sette giorni fra le strade più inaccessibili di Medellin, o a Prank di Vincent Biron, ex direttore della fotografia di Denis Côté, apologo di nichilismo hardcore post-salingeriano.
E se il cinema è sempre e anche un riprendere (o un riperdere) il proprio posto nel mondo, Jours de France di Jérôme Reybaud ipotizza un sensuale viaggio sentimentale, utilizzando un navigatore d’eccezione come Grindr, per ritrovare i nomi dimenticati delle cose. Pepe Smith, leggenda del rock filippino, è probabilmente la presenza più sorprendente: protagonista di Singing in Graveyards, assieme a Lav Diaz, si offre come immagine e specchio del complesso rapporto con la modernità e la democrazia del suo paese.
Infine, in chiusura, Are We Not Cats di Xander Robin, un melodramma horror viscerale, una favola dark scandita dalla musica dei Funkadelic, Yvonne Fair, Lightning Bolt e Albert Ayler. Sorpresa proveniente dagli Stati Uniti, si ricollega alla new wave dei primissimi anni Ottanta reinventando pulsioni e calligrafie oniriche.
Senza dimenticare lo splendido mucchio selvaggio di cortisti italiani di Sic@Sic, sinergia attivata in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà; autrici e autori lanciati alla conquista del futuro armati solo del loro sguardo, sorprendente, rigoroso, audace, tenero, provocatorio, radicale e generoso. E patrocinati da Marco Bellocchio, il più giovane e vitale dei Maestri italiani. Segnateveli oggi i nomi di Chiara Leonardi e Edoardo Ferraro, Valentina Pedicini e Rossella Inglese, Maria Giovanna Cicciari, Fatima Bianchi e il collettivo Caruso, Falanga, Lombardi, Tenace.
La 31esima edizione della Sic non è una proposta chiusa ma un invito al viaggio. Si pongono oggi le premesse per immaginare il cinema che è ancora tutto da inventare.”

Venezia 73: Damien Chazelle e Emma Stone raccontano La La Land

Venezia 73: Damien Chazelle e Emma Stone raccontano La La Land

Venezia 73 Emma StoneCaricati della grande responsabilità di aprire Venezia 73 con La La Land, film in concorso, Emma Stone e Damien Chazelle sono le prime star a essere ospitate nella sala del Palazzo del Cinema adibita alle conferenze stampa della Mostra.

Il film in questione è La La Land, musical ambientato nella città di Los Angeles con protagonisti la Stone e Ryan Gosling, assente al Lido perché impegnato sul set di Blade Runner 2.

“Il mio primo lungometraggio, Guy and Madeline on a Park Bench, era un musical. Abbiamo bisogno, mai come oggi, di speranza e amore e nei musical si possono fare delle cose che violano le regole della realtà, come mettersi a cantare, per esprimere il linguaggio dei nostri sogni. Il mio tentativo era di tornare indietro alla grande tradizione del genere, adattandola a oggi. Un immaginario old fashion, ma con persone vere che vivono nella Los Angeles di oggi.” Così, Damien Chazelle ha presentato la sua colorata avventura nella Los Angeles dei nostri giorni, tra ambizioni da attrice e sogni da jazzista dei due protagonisti.

Emma Stone ha anche lei una solida esperienza nel campo del musical, essendo anche stata Sally Bowles in Cabaret a Broadway. “Amo il musical veramente da sempre ho esordito sul palco a 8 anni proprio cantando e recitando. Ho sempre sognato di farlo al cinema e La La Land mi ha dato questo possibilità. A 15 anni arrivai per la prima volta a Los Angeles perché volevo fare l’attrice. Ci sono stati anche per me vari incidenti durante i provini, situazioni in cui mi sono sentita umiliata. Ma io non sono come Mia. Lei scrive in prima persona la sua storia, le sue esperienze, mentre io non ho avuto il suo stesso coraggio.”

Su Los Angeles, Chazelle sfata il mito della città dei sogni infranti. “Ci vivo da nove anni e mi ricordo la prima volta in cui arrivai, senza conoscere nessuno. Non è stato facile, come in ogni città in cui non hai punti di riferimento, in più L.A. non è amichevole. Queste contraddizioni le ho messe nel film, tutti i cliché come il traffico, le celebrità, la competizione. Credo che scavando emerga qualcosa di molto poetico e bello. La La Land è raccontato con lo sguardo fresco di chi vede la città per la prima volta. Nel bene e nel male è un sogno nel mondo reale”.

Venezia 73: La La Land recensione del film con Emma Stone e Ryan Gosling

Emma Stone, da attrice molto spesso presa a esempio dai fan più giovani, ha òpoi dichiarato sul messaggio che dà il film: “Mi auguro che si liberino del cinismo, seguano con gioia la speranza e la bellezza delle storie da raccontare, senza interpretare ogni cosa con uno sguardo cinico, prendendo in giro tutto. Spero siano spinti a lavorare per ottenere quello che vogliono, per realizzare i propri sogni”.

Venezia 73: Arrival recensione del film con Amy Adams

0
Venezia 73: Arrival recensione del film con Amy Adams

L’arma più potente di ogni essere vivente è il linguaggio. Che sia visivo, scritto, del corpo, o semplicemente dello sguardo e delle emozioni, ci aiuta a stare al mondo, ci guida e spesso ci salva. Da questo assunto Denis Villeneuve, regista di Sicario, racconta un misterioso incontro tra specie, pianeti, momenti.

In Arrival, 12 misteriosi oggetti volanti non identificati raggiungono la Terra, dislocandosi in altrettanti luoghi. Nel Montana, l’esercito degli Stati Uniti stabilisce un campo base per analizzare l’astronave aliena stanziatasi sul territorio americano. Per capire la natura dell’ “arrivo”, i militari coinvolgono una linguista (Amy Adams) e uno scienziato (Jeremy Renner), allo scopo di decifrare il linguaggio, la tecnologia e le intenzioni dei visitatori.

Arrival si basa su Storia della tua vita, racconto inserito nella raccolta omonima di Ted Chiang e per l’adattamento, Villeneuve si è avvalso della penna di Eric Heisserer, avvezzo allo sci-fi. Dopo aver dimostrato grande destrezza con il thriller, il regista di Prisoners si affaccia alla fantascienza, abbracciando il genere nella maniera più pura, senza però rinunciare all’approccio intimo nel tratteggiare i personaggi. La sua maestria sta nel raccontare con le immagini, nello spiegare una storia che si rivela essere più complessa di quello che si immagina attraverso gli occhi di Amy Adams, ancora una volta performer di grande spessore e intensità. L’attrice si fa portatrice di sofferenze, emozioni, paure, curiosità e intelletto che si divincolano dalla sua umanità pur fondandola e diventano caratteristiche universali che accomunano il noto e l’ignoto.

Arrival: trailer ufficiale del film di Denis Villeneuve

Più che la ricerca dell’altro, Arrival è un invito alla cooperazione e alla conoscenza reciproca, proprio attraverso quel linguaggio totale che si astrae dalla lingua parlata. I canoni dello sci-fi vengono toccati con rispetto della tradizione ma non si rinuncia al tentativo di fare propria una storia principalmente umana, che, nel colpo di scena finale, si rivela nella sua universalità. Nell’incontro con l’altro, Villeneuve ci invita ad accettare, amare e scoprire noi stessi.

Sorprendendo, affascinando e intrappolando lo spettatore con una tensione narrativa raffinata e costante, Denis Villeneuve rivela un aspetto più umano, tenero, e forse per questo più potente, della sua personalità registica, confezionando una preziosa esperienza cinematografica.arrival

Ecco il nostro speciale di Venezia 73

Venezia 73: arriva The Bad Batch con Keanu Reeves, Jason Momoa e Jim Carrey

Oltre all’italiano Munzi, oggi è il grande giorno a Venezia 73 di The Bad Batch  di Ana Lily Amirpour (Usa, 119’, v.o. inglese s/t italiano) con Suki Waterhouse, Jason Momoa, Keanu Reeves, Jim Carrey e Giovanni Ribisi.

Il film è una feroce fiaba distopica ambientata in una desolata regione del Texas in cui alcuni reietti della società cercano di sopravvivere.

[nggallery id=2918]

Festival di Venezia 2016: Hacksaw Ridge recensione del film di Mel Gibson

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.Mel Gibson Festival di Venezia 2016

Venezia 73: annullata la cena di gala per solidarietà con le vittime del sisma nel centro Italia

Venezia 73Anche la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ha deciso di mostrare la sua solidarietà verso le vittime del tragico terremoto che ha colpito il centro Italia nella notte del 24 agosto.

A Venezia 73 non ci sarà nessuna cena di gala né il ricevimento tradiozionale sulla spiaggia dell’Excelsior.

La Biennale fa sapere di “partecipare al lutto, esprimere profondo cordoglio per le vittime, nonché viva solidarietà e vicinanza alle comunità duramente colpite dal sisma”.

Venezia 73: il programma con Malick, Ford, Wenders, Villeneuve, Sorrentino

Al red carpet di inaugurazione parteciperanno gli ospiti del film di apertura, Emma Stone e Ryan Gosling che presentano il film di Damien Chazelle La La Land, insieme al presidente di Giuria, Sam Mendes con i giurati Laurie Anderson, Gemma Arterton, Giancarlo De Cataldo, Nina Hoss, Chiara Mastroianni, Joshua Oppenheimer, Lorenzo Vigas e Zhao Wei, la madrina di Venezia 73, il Presidente della Giuria di Orizzonti Robert Guédiguian con i giurati Jim Hoberman, Nelly Karim, Valentina Lodovini, Moon So-ri, Josè Maria (Chema) Prado Chaitanya Tamhane, il Presidente della Giuria per l’Opera Prima Kim Rossi Stuart con i colleghi giurati Rosa Bosch, Brady Corbet, Pilar López de Ayala, Serge Toubiana.

Il Festival di Venezia partirà il 31 agosto e si concluderà il 10 settembre al Lido.

Venezia 73: Amy Adams sirena dorata sul red carpet

0
Venezia 73: Amy Adams sirena dorata sul red carpet

Dopo Arrival, Amy Adams è stata la stella anche della terza serata del Festival di Venezia 2016, durante la quale ha presentato Nocturnal Animals di Tom Ford. Di seguito gli scatti con protagonista la Adams che per l’occasione ha indossato ovviamente un abito a sirena firmato Tom Ford.

Venezia 73: Amy Adams e Jeremy Renner presentano Arrival

Terzo film in concorso della seconda giornata di Venezia 73 è Arrival (dopo The Light Between Oceans e Les Beux Jours d’Aranjuez ). Il film di Denis Villeneuve, assente al Lido, è stato splendidamente rappresentato in conferenze stampa dai suoi protagonisti: Amy Adams e Jeremy Renner.

Venezia 73: Arrival recensione del film con Amy Adams

“È stata una delle grandi gioie della mia carriera – ha commentato Amy Adams in merito al lavoro con Villeneuve – Denis è un regista concentrato e attento, molto calmo e sereno. Ci ha consentito di girare con pazienza. Non avevo mai lavorato con un regista così paziente”.

Le fa eco il collega Jeremy Renner: “Denis è molto intelligente, non so come faccia a tenere tutto insieme, a essere così equilibrato in tutto quello che gli passa per la testa. Consente a tutti di fare il meglio senza imporre l’eccellenza. Consente a tutti di collaborare ma rimane saldamente al timore dell’opera.”

Arrival racconta di un arrivo, appunto, uno sbarco di alieni sulla Terra che però si risolve in maniera molto insolita, rispetto ai canoni del genere sci-fi. Per Renner il film mostra la meraviglia dell’umanità che riesce, nonostante tutto, a trovare un punto di incontro, un legame nonostante tutto, nel momento più estremo.

Amy Adams, notissima e amata per le sue straordinarie interpretazioni, ci consegna anche in questo film una performance incredibile, ma nonostante la sua familiarità con il grande shcermo e i grandi registi, conferma che il genere della fantascienza non era mai stato, prima d’ora, tra le sue predilezioni. “Non avrei mai pensato di fare un film del genere, per me era una sfida, abbiamo lavorato su di noi ma anche con qualcuno che non esisteva, e Denis è stato bravissimo, è riuscito a creare un rapporto trai personaggi e questo ambiente che in realtà non esiste.” Per quanto riguarda invece l’immedesimazione nel personaggio di Louise, la linguista protagonista, la Adams ha attinto anche dalla sua esperienza personale: “Nelle prime pagine di sceneggiatura c’è questo viaggio nel cuore di una madre, e visto che anche io sono madre, questa vicinanza mi ha aiutata moltissimo. Poi nella seconda parte, in cui si esplora anche il lavoro di Louise, la parte più fantascientifica, ho cercato una connessione con gli alieni, con l’altro.” Mentre sulla scelta che Villeneuve ha fatto, nel volerla nel suo film, Adams ha dichiarato: “Quando mi offrono un ruolo chiedo sempre perché abbiano pensato a me, e se la risposta è perché vogliono qualcuno che possa piacere, dico di no. Denis mi ha detto che gli serviva qualcosa che potesse mostrare cosa pensava il personaggio, e mi ha detto che guardandomi recitare, riuscivo a trasmetterlo.”

Jeremy Renner, noto ai più per la sua pertecipazione al franchise Marvel, non è nuovo a film d’autore di un certo spessore, e aveva già lavorato con Villeneuve, ma in ruoli molto diversi. “Non avevo mai interpretato un personaggio del genere. Per me poteva essere una sfida. Inoltre molto di quello che accade non viene detto ma solo mostrato, perciò avevo l’occaisone di fare il mio lavoro. La parole a volte ci tradiscono, io mando al diavolo alcunconversazioni solo perché uso male una parola. Il linguaggio del corpo invece è inequivocabile.”

Arrival racconta di una linguista e un matematico che vengono coinvolti dal Governo quando un essere non identificato, presumibilmente alieno, compare nell’atmosfera terrestre. Nelle dichiarazioni che Renner ha rilasciato a USA Today, il film è un thriller molto teso e intenso, ma allo stesso tempo tocca corde molto intime. “Se siete genitori vi spezzerà”, ha dichiarato Jeremy Renner.

Denis Villeneuve, reduce da due film acclamati da pubblico e critica, Prisoners e Sicario, arriverà alla Mostra di Venezia in Concorso con Arrival. Nel film protagonisti sono Amy AdamsJeremy RennerForest Whitaker, Michael Stuhlbarg, Tzi Ma e Mark O’Brien.

Venezia 73: American Anarchist recensione del documentario di Charlie Siskel

american anarchist

Per decenni i più grandi filosofi si sono interrogati sul concetto di responsabiltà. Per Max Weber l’uomo è chiamato a rispondere delle conseguenze delle proprie azioni che hanno un peso sulla vita degli altri esseri umani. Per Hans Jonas il concetto di responsabilità acquista una dimensione nuova data la minaccia incombente del progresso tecnologico sulla vita degli individui.

Lo spirito rivoluzionario di William Powell è il motore di una storia iniziata nel 1970 che continua ad alimentarsi ancora oggi, chiamando perentoriamente in causa quel concetto di responsabilità a cui – nonostante gli anni trascorsi e le parole spese – si fatica ancora a definire con lucida precisione.

La pubblicazione di The Anarchist Cookbook, libro contenente le istruzioni per la fabbricazione di esplosivi che Powell scrisse ormai quarant’anni fa (a soli 19 anni), è al centro del documentario American Anarchist di Charlie Siskel. In un’intervista senza filtri dalla quale emerge una personalità forte che a mano a mano si libera di qualsiasi sovrastruttura esternando così tutta la sua fragilità, lo stesso Powell riflette sulle conseguenze della pubblicazione di una delle più controverse opere mai pubblicate, a metà tra il manifesto rivoluzionario e il più didascalico dei manuali.

american anarchist

Siskel si serve di una forma stilistica molto classica e sicuramente più congeniale al piccolo schermo (non sorprende, vista l’attiva produzione del regista in ambito televisivo) per ripercorre la vita di Powell, una vita segnata dalla continua associazione del suo “libro maledetto” a decenni di violenza e terrorismo, inclusi episodi di proteste antigovernative e di sparatorie nelle scuole.

Attraverso le dichiarazioni dello stesso Powell (e le numerose immagini di repertorio) entriamo in contatto con l’esperienza di un uomo tormentato alla continua ricerca di un senso per i danni causati da quello che era inizialmente (ed unicamente) nato come atto di protesta contro il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam, nel clima esaltante della controcultura e degli scontri politici degli anni ’60 e ’70.

Siskel cerca di avvicinarsi a Powell e – di conseguenza – allo spettatore nel modo più limpido e meno contaminato possibile, dipingendo il ritratto di un rivoluzionario pentito che, all’età di 65 anni, si ritrova a dover fare i conti con gli effetti devastanti di una ribellione giovanile che continuano ad intaccare non solo la sua esistenza e le persone che lo circondano, ma anche il suo spirito, in una confessione sorprendentemente sincera che apre le porte a tutta una serie di profonde e sconcertanti riflessioni.

Il documentario/intervista di Siskel ha il grande pregio di soffermarsi su Powell in quanto essere umano, sull’uomo che non riesce a liberarsi del suo passato e che non smette di interrogarsi sull’importanza delle azioni e, soprattutto, sull’impatto che le nostre idee e le nostre parole possono avere sulla vita degli altri.

american anarchist

Venezia 73: ad Amir Naderi il premio Jaeger-LeCoultre

Amir Naderi La Biennale di Venezia e Jaeger-LeCoultre annunciano che è stato attribuito al grande regista iraniano Amir Naderi (Vegas, Manhattan by Numbers, Davandeh-Il corridore) il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016), dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo.

La consegna del premio ad Amir Naderi avrà luogo lunedì 5 settembre alle ore 14.00 in Sala Grande (Palazzo del Cinema), prima della proiezione Fuori Concorso del suo nuovo film Monte, in prima mondiale a Venezia. Il film (girato in Italia sulle montagne altoatesine e friulane) è ambientato nel 1350 e racconta la drammatica storia di un uomo che cerca di riportare la luce del sole nel proprio villaggio, dove la famiglia riesce a stento a rimanere in vita proprio per la prevalenza dell’oscurità. Monte ha fatto parte nel 2014 dei progetti selezionati all’interno del programma Venice Gap-Financing Market del Venice Production Bridge.

A proposito di questo riconoscimento, il Direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato: “Amir Naderi ha contribuito in maniera decisiva alla nascita del Nuovo cinema iraniano negli anni ’70 e ’80 con alcuni capolavori destinati a rimanere nella storia del cinema come Davandeh (Il corridore, 1985) e Ab, bâd, khâk (Acqua, vento, sabbia, 1988). Ma anche dopo il suo trasferimento a New York nel 1988, Naderi è rimasto ostinatamente fedele a se stesso e a un’idea di cinema di ricerca e sperimentazione per nulla incline alle mode e alle facili scorciatoie. In tutti i suoi lavori, non è difficile rinvenire il nucleo di una identica ossessione che trascende il principio di realtà per spingere l’individuo oltre il proprio limite. L’ultima mezz’ora di Monte costituisce una sorta di sintesi di tutto il suo cinema, la metafora bigger than life della lotta per la sopravvivenza, contro i confini, le coercizioni e gli oltraggi che talvolta rendono la vita umana miserabile. Un epilogo da togliere il fiato, che traduce in immagini di grande potenza espressiva le idee, le emozioni, le visioni che sono alla base di tutti i suoi film. Il premio Jaeger-LeCoultre è il riconoscimento meritato che sancisce l’originalità e la grandezza di un cineasta fuori dal gregge, il talento di un regista appassionato e la generosità di un uomo che sembra non conoscere limiti”.

Amir Naderi Dagli anni Settanta, Amir Naderi (Abadan, 1945) è stato tra le figure più influenti del Nuovo cinema iraniano, e si è affermato con classici quali Tangsir (1974), Entezar (1974), vincitore del premio della giuria al festival dei ragazzi di Cannes, Davandeh (Il corridore, 1985) e Ab, Bad, Khak  (Acqua, vento, sabbia 1989), questi ultimi entrambi vincitori della Mongolfiera d’oro al Festival di Nantes. Davandeh è il primo film a emergere internazionalmente dal panorama iraniano. Naderi è anche il primo importante regista iraniano a espatriare alla metà degli anni ’80, trasferendosi a New York e realizzando – con la trilogia Manhattan by Numbers (1993),  A,B,C…Manhattan (1997), Marathon (2000) – opere che hanno catturato in maniera unica l’atmosfera particolare di quella metropoli. Il successivo Sound Barrier (2005) ha vinto il premio Roberto Rossellini della critica alla Festa di Roma 2006. Vegas: Based on a True Story è stato presentato in Concorso a Venezia nel 2008. Cut è stato girato in Giappone ed è stato il film d’apertura della sezione Orizzonti a Venezia nel 2011, vincendo successivamente i premi per il miglior regista e il miglior attore ai 21. Japan Professional Film Awards. Il lavoro di Naderi è stato oggetto di retrospettive in musei e festival di tutto il mondo. Oltre che regista, Naderi è anche sceneggiatore e montatore di buona parte delle sue opere. Ha fatto parte di giurie internazionali, presiedendo quelle del concorso di Tokyo FILMeX 2011 e della sezione Orizzonti a Venezia nel 2012. Il suo nuovo film Monte, in prima mondiale a Venezia 2016, con Andrea Sartoretti e Claudia Potenza, è il primo progetto ambientato e diretto in Italia di Naderi. Monte è una coproduzione Italia Usa Francia: Citrullo International, Zivago Media, Cineric, Ciné-sud Promotion e KNM in collaborazione con Rai Cinema e con il sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Direzione generale per il cinema.

Il film è stato girato quasi interamente sulle montagne dell’Alto Adige, a oltre 2.500 mt d’altezza sul gruppo montano del Latemar, e in Friuli-Venezia Giulia nei comuni di Erto, Casso e a Sott’Anzas, con il sostegno di IDM – Film Commission dell’Alto Adige e della Film Commission del Friuli Venezia Giulia. Le riprese sono durate 6 settimane

Jaeger-LeCoultre è per il dodicesimo anno sponsor della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e per il decimo del premio Glory to the Filmmaker.  Il premio è stato assegnato negli anni precedenti a Takeshi Kitano (2007), Abbas Kiarostami (2008), Agnès Varda (2008), Sylvester Stallone (2009), Mani Ratnam (2010), Al Pacino (2011), Spike Lee (2012), Ettore Scola (2013), James Franco (2014), Brian De Palma (2015).

Venezia 73: a Paradise il Premio Soundtrack Stars Award 2016

Venezia 73: a Paradise il Premio Soundtrack Stars Award 2016

Konchalovsky ParadiseÈ andato al Maestro Andrei Konchalovsky (per il film Paradise) il Premio Soundtrack Stars Award 2016 per la migliore colonna sonora tra i film presentati in concorso alla 73.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Un premio speciale è stato assegnato alla colonna sonora del film di Giuseppe Piccioni Questi giorni. Lo ha deciso la Giuria presieduta da Gianni Canova che, valutata la qualità complessiva della selezione di quest’anno dal punto di vista dell’attenzione alle sonorità del cinema, ha voluto sottolineare -oltre le scelte finali- l’originalità della sperimentazione sulla quale si fonda l’operazione ambiziosa di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi in Spira mirabilis.

Il Premio a Konchalovsky è stato assegnato, come si legge nella motivazione ,“per la scelta rigorosa di una sonorità intrinseca alla stessa struttura narrativa del film”.

Al film di Giuseppe Piccioni Questi giorni – con le musiche di Valerio C. Faggioni – un riconoscimento speciale “Per la perfetta sintonia delle scelte vocali con l’emotività e la sensibilità che il regista sottolinea nell’interpretazione delle giovani protagoniste del film”. Si è conclusa così al Lido la quinta edizione del Premio che si era aperta, all’insediamento della Giuria, con la consegna del Premio della critica che Soundtrack Stars Award 2016 riserva ogni anno a un autore particolarmente significativo a Gabriele Muccino segnalando così il suo rapporto speciale con la musica. “Quello tra musica e cinema è ’un link che ha promosso in tutti i suoi film una costante ricerca di nuove sonorità” si legge nella motivazione “sempre in stretta collaborazione con autori particolarmente sensibili all’importanza della musica per il cinema: Paolo Buonvino, Andrea Guerra, poi Lorenzo Jovanotti con cui è evidente, in L’estate addosso, che ha debuttato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, una particolare sintonia, dalla scelta delle collaborazioni artistiche all’effetto sul pubblico, anche attraverso un solo brano già diventato, come spesso accade nel suo cinema, un leitmotiv di successo”.

La Giuria:

Con il Presidente Gianni Canova, direttore della rivista di Istituto Luce Cinecittà 8½, nella Giuria 2016 del Premio, con Laura Delli Colli a nome del SNGCI, sono stati quest’anno Cristiana Paternò (8½ e Cinecittà News), Marina Sanna (Rivista del Cinematografo/Ente dello Spettacolo) e la ‘squadra’ autorevolissima di ‘Hollywood Party’ (RadioTre) con Steve Della Casa, Enrico Magrelli, Alessandro Boschi, Alberto Crespi, Miriam Mauti.

Venezia 73: a Liev Schreiber il Persol Tribute 2016

Venezia 73: a Liev Schreiber il Persol Tribute 2016

La Biennale di Venezia e Persol annunciano che è stato attribuito all’attore e regista statunitense Liev Schreiber (Spotlight, X Men: le origini – Wolverine, Ogni cosa è illuminata) il Persol Tribute to Visionary Talent Award della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (31 agosto – 10 settembre 2016).

La consegna del Persol Tribute to Visionary Talent Award 2016 a Liev Schreiber avrà luogo venerdì 2 settembre alle ore 22 in Sala Grande (Palazzo del Cinema, Lido di Venezia), in occasione della proiezione del film Fuori Concorso The Bleeder (Usa/Canada, 93’) diretto da Philippe Falardeau, con Liev Schreiber e Naomi Watts. Si tratta di un biopic che racconta la vera storia del pugile statunitense Chuck Wepner, che ispirò il personaggio di Rocky Balboa nella celebre serie cinematografica Rocky.

In precedenza, Liev Schreiber era stato più volte presente alla Mostra di Venezia:

come interprete l’anno scorso con il film premio Oscar Il caso Spotlight di Tom Mc Carthy, nel 2012 con il film d’apertura Il fondamentalista riluttante di Mira Nair, nel 2004 con The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme;

come regista nel 2005 con il suo film d’esordio Ogni cosa è illuminata, con Elijah Wood, per il quale ha vinto i premi Lanterna Magica e Biografilm.

Il Direttore della Mostra, Alberto Barbera, a proposito di questo riconoscimento ha dichiarato: “Ho un’ammirazione sconfinata per Liev Schreiber, capace di dare il meglio di sé sia nei ruoli da protagonista in tanti film di produzione indipendente,  che in quelli da comprimario in molti film mainstream hollywoodiani, oltre che in una serie di grande successo come Ray Donovan, da lui prodotta e in parte diretta. La  solida preparazione da attore shakespeariano dei suoi esordi sono il lievito che continua ad alimentare  interpretazioni imprevedibili  e complesse, intrise di profonda umanità. Ogni volta che compare in scena, si ha l’impressione che il film si alzi di tono,  facendo di ogni sua apparizione qualcosa di unico e memorabile. La sensibilità, l’intuito, l’intelligenza ne sono componenti essenziali: le stesse qualità del suo unico lungometraggio regista, Ogni cosa è illuminata, che mi auguro non debba rimanere solitaria prova di un talento non comune.”

Chiara Occulti, Senior Vice President Brand and Communication Management di Luxottica Group, ha dichiarato: “Siamo particolarmente orgogliosi di continuare la nostra collaborazione con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, per noi giunta quest’anno alla sua dodicesima edizione consecutiva. Il PERSOL TRIBUTE TO VISIONARY TALENT AWARD celebra nel 2016 Liev Schreiber, un talento che rispecchia appieno la personalità di Persol. Siamo orgogliosi che un artista come Schreiber abbia accettato di ricevere e di associare il suo talento a quello di Persol.”

Venezia 73: il programma con Malick, Ford, Wenders, Villeneuve, Sorrentino

Liev  Schreiber è considerato uno tra i più talentuosi attori del cinema contemporaneo, oltre a essere uno stimato regista e attore teatrale. Tra i suoi titoli di successo al cinema, Il caso Spotlight (2015) diretto da Tom Mc Carthy, vincitore dell’Oscar per il miglior film, Salt (2010) di Phillip Noyce, X-Men le origini – Wolverine (2009) di Gavin Hood, Motel Woodstock (2009) di Ang Lee, Defiance – I giorni del coraggio (2008) di Edward Zwick, The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme, Kate & Leopold (2002) di James Mangold accanto a Meg Ryan e Hugh Jackman, A walk on the moon – Complice la luna (1999) di Tony Goldwyn, The Hurricane (1999) di Norman Jewison, RKO 281 (1999) di Benjamin Ross, Big Night (1996) di Campbell Scott e Stanley Tucci e la trilogia Scream (1996, 1997, 2000) diretta da Wes Craven. Liev Schreiber ha diretto nel 2005 il suo primo lungometraggio Ogni cosa è illuminata, con Elija Wood. Ha studiato presso la Royal Academy of Dramatic Art, una tra le più rinomate scuole di teatro del mondo e tra le più antiche della Gran Bretagna, e si è laureato nel 1992 alla Yale School of Drama. Ha vinto un Tony Award nel 2005 come miglior attore non protagonista per Glengarry Glen Ross, e ha ricevuto due nomination come protagonista per Uno sguardo dal ponte (2010) e Talk Radio (2007).

La 73. Mostra del Cinema di Venezia si terrà al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2016, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

Venezia, 5 agosto 2016

Venezia 73: a Jean-Paul Belmondo e a Jerzy Skolimowski il Leone alla carriera

Sono stati attribuiti all’attore francese Jean-Paul Belmondo e al regista polacco Jerzy Skolimowski i Leoni d’oro alla carriera della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera.

A partire da quest’anno, il Cda ha deciso l’attribuzione di due Leoni d’Oro alla carriera in ciascuna delle edizioni future della Mostra: il primo assegnato a registi o appartenenti al mondo della realizzazione; il secondo a un attore o un’attrice ovvero a personaggi appartenenti al mondo dell’interpretazione.

Jean-Paul Belmondo, icona del cinema francese e internazionale, ha saputo interpretare al meglio l’afflato di modernità tipico della Nouvelle Vague attraverso gli straniati personaggi di A doppia mandata (À double tour, 1959) di Claude Chabrol, Fino all’ultimo respiro (1960) e Il bandito delle 11 (1965, in concorso a Venezia) entrambi di Jean-Luc Godard, o La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. In particolare, impersonando Michel Poiccard/László Kovács in Fino all’ultimo respiro, Belmondo ha imposto la figura di un antieroe provocatorio e seducente, molto diverso dagli stereotipi hollywoodiani ai quali lo stesso Godard si ispirava. La sua recitazione estroversa gli ha consentito poi di interpretare alcuni dei migliori gangster del cinema poliziesco francese, come in Asfalto che scotta (1960) di Claude Sautet, Lo spione (1962) di Jean-Pierre Melville e Il clan dei marsigliesi (1972) di José Giovanni, ottenendo un enorme successo popolare con i molti film successivi, da L’uomo di Rio (1964) di Philippe de Broca a Il poliziotto della brigata criminale (1975) di Henri Verneuil, da Joss il professionista (1981) di Georges Lautner a Una vita non basta (1988) di Claude Lelouch. “Un volto affascinante, una simpatia irresistibile, una straordinaria versatilità – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – che gli ha consentito di interpretare di volta in volta ruoli drammatici, avventurosi e persino comici, e che hanno fatto di lui una star universalmente apprezzata, sia dagli autori impegnati che dal cinema di semplice intrattenimento”.

Jerzy Skolimowski – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – è tra i cineasti più rappresentativi di quel cinema moderno nato in seno alle nouvelles vague degli anni Sessanta e, insieme con Roman Polanski, il regista che ha maggiormente contribuito al rinnovamento del cinema polacco del periodo”. Lo stesso Polanski (che lo volle accanto come sceneggiatore nel suo film d’esordio Il coltello nell’acqua), ebbe a predire: “Skolimowski sovrasterà la sua generazione con la testa e le spalle”. In realtà, la carriera del “boxeur poeta” (secondo la definizione datane da Andrzej Munk, il “padre” cinematografico di Skolimowski), durata ben oltre cinquant’anni con diciassette lungometraggi realizzati, è stata tutt’altro che facile, segnata da continui dislocamenti – dalla Polonia al Belgio, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, prima del definitivo ritorno in Patria avvenuto meno di dieci anni fa – che ne hanno contrassegnato l’opera: apolide in apparenza, perché assoggettata a strategie produttive eterogenee ed apparentemente diseguali, in realtà personalissima e originale in ciascuna delle opere in cui si è concretizzata. La trilogia realizzata in Polonia ai suoi esordi, Rysopis (1964), Walkover (1965)e Barriera (1966), fu per i Paesi dell’Est ciò che i primi film di Godard sono stati per il cinema occidentale, mentre i capolavori successivi – Il vergine (1967, Orso d’oro a Berlino), La ragazza del bagno pubblico (1970), L’australiano (1978, Grand Prix a Cannes), Mani in alto! (1981), Moonlighting (1982, migliore sceneggiatura a Cannes) sono tra i film più rappresentativi di un cinema moderno, libero e innovatore, radicalmente anticonformista e audace. I film più recenti realizzati dopo il ritorno in patria – Quattro notti con Anna (2008), Essential Killing (2010, Premio Speciale della Giuria a Venezia)e 11 minuti (2015, in concorso a Venezia) manifestano infine un’inesauribile e sorprendente capacità di rinnovamento, che lo collocano di diritto tra gli autori più combattivi e originali del cinema contemporaneo.

Il programma completo della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia verrà presentato alla stampa il 28 luglio p.v. a Roma, all’Hotel Excelsior (ore 11).

Venezia 73, tutti i vincitori: Leone d’Oro a The Woman Who Left di Lav Diaz

Ecco il palmares completo della 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016.

VENEZIA 73

Leone d’Oro per il miglior film – The Woman Who Left di Lav Diaz

Leone d’Argento per la migliore regia – (ex aequo) Amat Escalante per La region salvaje e Andrei Konchalovski per Paradise

Gran premio della Giuria – Nocturnal Animals di Tom Ford

Premio Speciale della Giuria – Ana Lily Amirpour per The Bad Batch

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile – Oscar Martinez per El Ciudadano Ilustre di Mariano Cohn e Gaston Duprat

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile – Emma Stone per La La Land di Damien Chazelle

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente – Paola Beer per Frantz di Francois Ozon

Premio per la migliore sceneggiatura – Noah Oppenheim per Jackie di Pablo Larrain

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” – The Last of Us di Ala Eddine Slim

ORIZZONTI

Premio Orizzonti – Liberami di Federica Di Giacomo

Premio Orizzonti alla regia – Home di Fien Troch

Premio Speciale della Giuria – Big Big World di Reha Erdem

Premio migliore sceneggiatura – Bitter Money di Wang Bing

Premio Orizzonti Cortometraggio – La Voz Perdida di Marcelo Martinessi

Premio alla migliore interpretazione maschile – Nuno Lopes per Sao Jorge di Marco Martins

Premio alla migliore interpretazione femminile – Ruth Diaz per The fury of a patient man di Rauco Arevalo

VENEZIA CLASSICI

Miglior documentario sul cinema – Le concours di Claire Simon

Miglior film restaurato – Break up – L’uomo dei cinque palloni di Marco Ferreri

Venezia 73

Venezia 73La mostra è finita, andate in pace…

La 73ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica si è svolta a Venezia dal 31 agosto al 10 settembre 2016; anche quest’anno è diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna è l’attrice italiana Sonia Bergamasco. L’elenco dei film in programma alla 73ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 28 luglio 2016 a Roma. La giuria è presieduta dal regista britannico Sam Mendes.

La La Land di Damien Chazelle è stato selezionato come film d’apertura della manifestazione.

Venezia 73, red carpet: Jude Law, Paolo Sorrentino e …

0
Venezia 73, red carpet: Jude Law, Paolo Sorrentino e …

Sul red carpet di Venezia 73 arriva finalmente fuori concorso il premio Oscar Paolo Sorrentino per presentare la nuova serie televisiva The Young Pope targata Sky, HBO. Ecco le foto:

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73, foto: Tom Ford, Jake Gyllenhaal, Aaron Taylor-Johnson…

Grandi star hanno sfilato sul red carpet di Venezia 73 nella serata di ieri, ecco di seguito le foto di ieri, tra gli altri  Naomi Watts, Amy Adams, Tom Ford,  Jake Gyllenhaal, Aaron Taylor-Johnson, Colin Firth e molti altri.

Di seguito gli scatti:

[nggallery id=2918]

Venezia 73
Foto La Biennale di Venezia / Iacopo Salvi

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73, foto: la madrina della Mostra, Sonia Bergamasco

Venezia 73, foto: la madrina della Mostra, Sonia Bergamasco

Ecco i divertiti scatti fotografici a cui si è prestata Sonia Bergamasco, madrina di Venezia 73. Nelle foto a seguire anche Kim Rossi Stuart, sbarcato al Lido dove presenterà Tommaso fuori concorso, e Barbara Palvin, deliziosa testimonial L’Oreal.

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.Sonia Bergamasco Venezia 73

 

Venezia 73, foto dal red carpet: Emma Stone, Gemma Arterton

Venezia 73, foto dal red carpet: Emma Stone, Gemma Arterton

Si è tenuta questa sera alla presenza di Emma Stone e Damien Chazelle la cerimonia d’apertura del Festival di Venezia 73. Presenti sul red carpet la madrina, Sonia Bergamasco, Emma Stone, le giurie internazionali, Kim Ki-Duk e tanti altri ospiti.

Di seguito gli scatti:

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Foto di Aurora Leone.

Venezia 73 red carpet: Michael Fassbender con Alicia Vikander, Jeremy Renner accompagna Amy Adams

Ecco le foto dei red carpet di Venezia 73. Sul tappeto rosso hanno sfilato i cast di The Light Between Oceans e di Arrival con Michael Fassbender con Alicia Vikander, e Jeremy Renner in compagnia di Amy Adams.

Di seguito gli scatti:

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.Venezia 73

Venezia 73 foto: le Giurie della Mostra

0
Venezia 73 foto: le Giurie della Mostra

Ecco le foto dei componenti delle Giurie della Mostra del Cinema di Venezia 73. Presenti al photocall, ovviamente, i presidenti dei diversi concorsi, Sam Mendes per il Concorso Internazionale, Robert Guédiguian per Orizzonti, Kim Rossi Stuart per il Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” e Roberto Andò per la sezione Classici.

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.venezia 73

Venezia 73 foto: Fassbender, Vikander, Adams e Renner al Lido

Venezia 73 foto: Fassbender, Vikander, Adams e Renner al Lido

Giornata di grandi nomi e grandi film a Venezia 73. Tante le pellicole in concorso e tanti anche le star che hanno prestato le loro facce famose ai flash dei fotografi. Michael Fassbender, Alicia Vikander, Amy Adams e Jeremy Renner sono solo alcuni, i più famosi, degli ospiti di serie A di questa seconda giornata di Festival di Venezia 73.

Di seguito gli scatti:

[nggallery id=2918]

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73 – La mostra è finita, andate in pace…

Venezia 73 – La mostra è finita, andate in pace…

Dopo dieci giorni di film, quando un improvviso senso di vuoto per la mancanza di proiezioni ti assale, viene naturale riflettere e rivedere quelle tante idee, quelle riflessioni sui vari film visti, che durante la maratona cinematografica ti hanno a volte esaltato, spesso fatto arrabbiare e molte volte lasciato indifferente. Si ripercorre il programma, segnato come un campo di battaglia, o come un disordinato taccuino d’appunti, per vedere cosa rimane di un mucchio di opere con le quali hai condiviso tanti giorni e l’ennesima fine d’estate Veneziana.

Molte volte, a fine proiezione, è sorto un naturale senso di indignazione per aver visto inseriti in concorso film che forse non dovevano essere neanche presentati nella selezione generale, poi cala un po’ l’arrabbiatura e si inizia a ragionare; si arriva così alla conclusione che quel film andava semplicemente collocato in una sezione differente, magari collaterale.

La mia è semplicemente un’idea personale, una serie di pensieri a voce alta e non è assolutamente un volersi accanire con un singolo film, che magari preso da solo, o visto nel contesto giusto, risulterebbe anche piacevole. Ma d’altronde il cinema è così, si può essere critici plurilaureati e armati di tutti i parametri d’analisi possibili e immaginabili, oppure semplici spettatori che cercano nella sala un’evasione dallo stress di una vita insoddisfacente, ma alla fine è solo e un’unica cosa che decreta il giudizio su un film appena visto: il gusto personale. Quante volte, nelle file per entrare in sala, si porge l’orecchio a discussioni scaturite attorno a un film appena visto e si sentono pareri discordanti, difese a oltranza, bocciature senza possibilità d’appello, ma alla fine spesso di fronte a uno ‘stallo messicano’ di natura critica si sente dire “comunque a me è piaciuto”, oppure “sarà anche un capolavoro, ma sinceramente io non lo sopporto”. E attenzione, non sono commenti di semplici spettatori paganti muniti di biglietto, ma di critici inviati da importanti testate, di studenti di cinema, di persone che giornalmente lavorano nella realizzazione e diffusione di film, e diciamolo, anche di una masnada di infiltrati, quasi sempre di Venezia e dintorni, muniti di accredito ottenuto non si sa come.

piumaSorge spontaneo ragionare sul fatto, che a differenza di tanti altri festival importanti, in quello di Venezia svetta la dicitura ‘d’ Arte Cinematografica’ e quindi, almeno nella sezione concorso ci si aspetterebbe di trovare opere che siano consone a tale appellativo. Poi ci si imbatte in Piuma di Roan Johnson, storia sicuramente ben raccontata e dignitosa nella sua esposizione, ma assolutamente lontana dall’essere una forma rappresentativa di un cinema inteso come linguaggio espressivo. E ancora, Questi giorni di Giuseppe Piccioni, per il quale vale la stessa identica considerazione, con l’aggravante del fatto che ci troviamo invece di fronte a un autore navigato, che forse potrebbe permettersi l’ardire di provare a sperimentare, allontanandosi dal mero mestiere, o da quel navigare in acque sicure che tanto piace e rassicura la produzione italiana ma non solo. Per fortuna ci è stato evitato di trovare in concorso L’Estate addosso, del buon vecchio Gabriele Muccino, o Tommaso di Kim Rossi Stuart, evitandoci così di dilungarci in ulteriori disquisizioni sulle tristi derive del nostro cinema. Sarebbe stato bello vedere in gara The Young Pope di Paolo Sorrentino, che però saggiamente trincerato nell’approdo sicuro della serialità televisiva si toglie dalla mischia e dimostra che si può eccome essere ancora autori e far nascere schieramenti opposti di seguaci e detrattori, ma soprattutto afferma che si può sperimentare e raccontare in maniera personale, provando a ricercare quel qualcosa che sembra dimenticato, o sarebbe meglio dire ‘rimosso’, dal mero scopo di raccontare.

E il problema più grande forse sta proprio nel narrare a tutti costi una storia e del rimanere inesorabilmente ingabbiati nella struttura narrativa, sciorinando strutture,  dispositivi e modelli ormai prevedibili, scontati, per non dire inutili. Ma poi a metà percorso arriva Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, discutibile certo, ma sicuramente in linea con quello spirito di ricerca che ci si auspicherebbe in un concorso d’Arte Cinematografica. E poi Voyage of Time: Life’s Jorney di Terrence Malick, con il quale, nel bene e nel male, al di là del gusto personale si rientra in carreggiata.

Ricerche e sperimentazioni interessanti si intravedono anche in Nocturnal Animals di Tom Ford, in La Regiòn Savaje di Amat Escalante, in Franz di Francoise Ozon, in Les Beaux Jours d’Aranjuez di Wim Wenders, in Paradise di Andrej Konchalowsky, in Ang Babaeng Humayo (The Women Who Left) di Lav Diaz.

on the milky roadPeccato invece per autori come Emir Kusturica, che tanto hanno regalato in passato all’arte cinematografica, con opere che hanno influenzato il modo d’intendere l’espressione cinematografica,  ma che oggi appaiono assai stanchi, esauriti e manieristi nei confronti di se stessi.

E anche fuori della competizione ufficiale si incontrano opere estremamente interessati per ricerca espressiva e utilizzo del linguaggio cinematografico per evadere creativamente e costruttivamente dalla rigida gabbia della struttura narrativa. Mi riferisco allo splendido e toccante film su Nick Cave One More Time With Feeling di Andrew Dominik, al sorprendente Boys in the Trees di Nicholas Verso, dove sotto la patina del teen-movie a tinte horror si scopre una ricerca visiva e introspettiva di rara sensibilità, incentrata sul difficile, drammatico passaggio tra adolescenza ed età adulta, o al film interamente costruito con spezzoni d’archivio Dawson City: Frozen Time di Bill Morrison.

Non sono mancati chiaramente e giustamente film colossali di grande presa visiva e costruiti per sbancare al botteghino, dove la presenza di una star o di un’altra fa la differenza, alla faccia della ricerca espressiva o della manipolazione del linguaggio per indagare sulla narrazione. Ma in fondo è giusto che ci siano in un festival film di questo genere perché rappresentativi di quello che oggi è diventato il mezzo cinema e oltretutto piacevoli per spezzare l’inevitabile seriosità che spesso si annida nel fare Arte Cinematografica.

Concludo sottolineando ancora una volta che queste considerazioni sono personali e totalmente discutibili. Cercavo dal festival stimoli, idee e soprattutto motivazioni che mi facessero tornare al mio lavoro carico di voglia di fare e soprattutto di sperimentare. E la 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica non mi ha deluso in questo, con una valida selezione rappresentativa a tutto tondo del modo di intendere e fare cinema in questo momento nel mondo, senza preclusioni di tecniche, generi, e soprattutto di entità economiche per la realizzazione di un film.The Young Pope Venezia 73

Il nostro speciale di Venezia 73

Venezia 73 – Basta la parola

Venezia 73 – Basta la parola

Venezia 73 – Oggi vi parlo di un film della Settimana Orizzontale degli Autori, una sezione parallela inaugurata quest’anno con lo scopo di dare voce a temi poco trattati dalla volgare, superficiale e sciatta cinematografia popolare che si preoccupa solo di portare pubblico in sala con i bei faccini puliti degli attori hollywoodiani. Si intitola falquiSono giorni che non caco, ed è una produzione franco-canadese, un intenso esperimento di docu-fiction basato sulla tragica vicenda di un giovane e affascinante uomo, direttore di un’affermata testata giornalistica online, che improvvisamente vede la sua vita sconvolta dal dramma di un intestino capriccioso come una starlette degli anni ’50. Già provato dallo stravolgimento dei ritmi della flora batterica nel corso di brevi ma impegnative vacanze, il protagonista – che porta un nome di fantasia, Amedeo Franceschi, ma è sicuramente ispirato alla figura di qualche collega realmente presente qui al Lido – le prova tutte per risolvere la sua situazione, in un emozionante crescendo di tensione drammatica. Dalle supposte al whisky ai clisteri ripieni di Spritz, passando per lo yoga – toccante la scena in cui assume la posizione dello sfintere urticante, con un gran lavoro d’interpretazione sia facciale che mimica – le palle di cannone sparate nello stomaco e l’incontro ravvicinato con Michael Fassbender, senza riuscire a cavare un ragno (né altro) dal buco. Commovente il finale in cui ATTENZIONE SPOILER l’uomo riesce finalmente a risolvere la situazione tra mille effetti pirotecnici sulle note di ‘We are the Champions’. Che poi, bastava dirlo, gli avrei consigliato L’Estate addosso di Muccino, che già a partire dal titolo ispira espletazioni (a vederlo, poi, non ne parliamo).

Comunque, il film è bello perché dà voce a istanze che da ste parti sono comuni, costretti come si è condividere il bagno con altri sessanta coinquilini, a correre da una parte all’altra per non perdere nemmeno un minuto di qualsiasi cazzata ci propini la selezione – ‘ok, parla di rutti acrobatici. Ma se poi è bello? Se poi vince il Leone? Che fai? Non te lo vedi? – alla fine le parti basse vanno in sciopero. Come diceva il saggio: tratta bene il tuo ano e lui tratterà bene te.

Jake GyllenhaalCorollario: qua si continuano a vedere scene spaventose di degrado umano davanti al red carpet. Ieri era per Fassbender. Oggi è per Jake Gyllenhaal. O per Alvaro Vitali, non ho capito bene. Tanto diciamocelo, ognuno che abbia almeno cinquanta like a post su facebook ormai è considerato una star, e ogni scusa è buona per rendersi ridicoli a favore della gente affamosa. Una dormiva direttamente dentro la valigia. Sarà. Io sono vittima di uno strano fenomeno ipnotico, e non je la potrei mai fà. Per me su quel tappeto ci possono passare pure Amy Adams, Charlize Theron, Scarlett Johansson o Salma Hayek. Se l’attesa per vederle supera i cinque minuti mi appaiono automaticamente come quattro cessi a pedali, e perdo interesse. Quando invidio il candore.

(Ang)

Avevo visto in una proiezione casalinga riservata a pochi la pellicola orizzontale di cui parla Ang, per questo motivo oggi ho saltato l’anteprima per trovare il tempo per darme na sistemata (cioè ben 15 minuti), e andare a vedere Nocturnal Animals di Tom Ford. Diciamocelo, so annata pure perché il mio sogno è chiedere al regista, stilista, esteta e talento della moda di firmarmi le occhiaie, e pensavo di farlo in conferenza stampa, mentre tutti fanno domande interessantissime e avvincenti, come ad esempio ‘cosa ne pensi della maternità surrogata’ (n.d.a. chiesto seriamente da Marilena Vinci a Michael Fassbender. CIOE’ tra un boato di donne che gli avrebbero chiesto il numero lei chiede la MATERNITÀ SURROGATA. Brava Vinci, ecco perché ti amiamo, perché prendi l’ormone e lo metti da parte) io volevo alzarmi, con gli occhiali da sole Gucci ovviamente, e dirgli ‘Tom, le cose so due. O me firmi le occhiaie o me spieghi sta cosa dei culi.

Perché cari miei, se non lo sapete quest’anno al lido è l’anno del culo. Di riferimenti anali già vi avevamo raccontato, insomma, parlando del film di Muccino (Gabri, stacce, you are always on my mind), ma anche il film di Ford non scherza proprio. Non mi riesce di farne una recensione cazzona perché la pellicola è davvero molto interessante, a tratti anche commovente. Un super thriller, esteticamente seduttivo e cromaticamente perfetto la cui sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Ford, che ti tiene col fiato sospeso fino alla fine.

Quello che stona, ma forse è un omaggio al lido, è la presenza ingombrante e claustrofobica di questi culi, messi così un po’ alla cazza, in ogni dove.

Caro Tom, volevi dirci qualcosa a posteriori?

Non so. Però grazie caro, finalmente me so dimenticata la proiezione di ieri sera del Cristo Ciego, che voglio dire, io al cinema me vedo pure senza colpo ferire i documentari muti sulla storia del cemento, ma sto film m’ha messo un malumore che avrei preso a capocciate il poro Rauco. Vi sintetizzo brevemente la storia.

C’è un ragazzo che è convinto di essere una sorta di reincarnazione di Cristo, tanto da prendere e partire per aiutare un amico d’infanzia fisicamente in difficoltà, certo di poter compiere un miracolo sull’arto menomato dell’amico. Insomma prende e parte a piedi nudi in pellegrinaggio per tutto il deserto del Cile.

Poi non succede un cazzo.

C’è bisogno che commenti?

Piccolo aggiornamento sugli usi e costumi. Tranquilli: passano gli anni, cambiano gestioni, ma gli amici autoctoni so sempre uguali, ce odiano.

Siamo arrivati al lido e già sul vaporetto uno mi ha detto che proprio non ci sopporta, che dipendesse per lui ce menerebbe tutti. Ieri una si è premurata di dirmi che ‘qui fanno la differenziata’. A me lo dici? Che vivo mezzo anno della mia vita in Emilia Romagna, che te mandano Report a casa se cicchi per strada?

Per cui pensavo che ci meritiamo dopo tanti anni un po’ di onestà, per questo vorrei parlare a cuore aperto, e buttare il badge, che mi, che ci distingue così tanto da voi, oltre l’ostacolo.

Amici del lido, è dal 1937 che ci ospitate demmerda. Tirate fuori la dignità e nelle insegne dei vostri locali, fuori dalle vostre case, sui vostri autobus scrivete “Desolati, ce provamo dal 1937 ad abituarci alla vostra presenza, ma ce vié sempre na merda. Questi anni di fallimenti non sono un caso, ma prova del fatto che siamo proprio incapaci. Qualcuno se stava a imparà, ma l’abbiamo mannato a vende vetri di Murano ai turisti. D’altronde, se non se capimo manco tra di noi quanno parlamo, come pretendete che capimo a voi?

(Vì)venezia 73

Venezia 72: Xie – Xie tea sponsor della Mostra

Venezia 72: Xie – Xie tea sponsor della Mostra

Quest’anno la celebre mostra del cinema di Venezia, si arricchisce di uno sponsor molto particolare. Xie – Xie tea, brand devoto a far scoprire l’arte del te, sarà infatti uno degli sponsor.

Ecco i comunicato stampa che illustra il prodotto:

“Il nome del nostro brand XIE XIE in Mandarino significa “grazie”. Gratitudine è un sentimento spontaneo di fronte all’importante lavoro di promozione culturale svolto negli anni dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Siamo fieri di annunciare oggi il nostro impegno in veste di sponsor della 72. Edizione.

Siamo un’impresa taiwanese attiva nel settore del tè. Il nostro è un marchio giovane, ma guidato da una visione ben precisa che ci ha spinto fin dall’inizio ad un dialogo costante con il mondo del design e della moda e, d’ora in avanti, del cinema e dell’arte. La nostra volontà è quella di promuovere e valorizzare la cultura del tè. Il tè Oolong costituisce la nota fondamentale di tutte le nostre miscele. Oolong non è semplicemente il nome di una pianta particolare: il termine Oolong denota anche e soprattutto una forma di preparazione di cui vogliamo preservare la qualità e l’eleganza. Due foglie all’estremità di ogni ramo delle piante con cui lavoriamo vengono selezionate come base del nostro prodotto. Queste foglie sono essiccate nella loro interezza, senza essere frantumate o tritate. Mantenendo l’integrità di queste foglie, manteniamo l’integrità di una tradizione taiwanese.

La Mostra di Venezia è un evento verso cui sentiamo un legame speciale. Nel nostro impegno verso il mondo della cultura diamo la massima importanza alla valorizzazione dello scambio creativo tra l’est asiatico e l’occidente. Non si tratta infatti di due culture separate senza possibilità di dialogo, per noi Oriente e Occidente rappresentano una serie di spazi attraversati da flussi costanti. Questo dinamismo sta alla base di ogni attività creativa, innovativa e provocante. Questo spirito ci ha portato recentemente, tra le altre iniziative, a una collaborazione con lo showroom del fashion designer americano-taiwanese Alexander Wang durante la scorsa settimana della moda uomo a Parigi, e a una partnership tecnica con il product designer giapponese Sori Yanagi.

Crediamo che la Mostra di Venezia incarni pienamente questo spirito. Il lavoro svolto in passato dalla Mostra per espandere la conoscenza e il riconoscimento del cinema internazionale in Europa è notevole. In particolare il merito riconosciuto al cinema asiatico ed al cinema taiwanese specificamente ci rendono molto fieri.

Questa sponsorship rappresenta per noi una tappa fondamentale nel nostro supporto delle arti.”

Venezia 72: vincitori e vinti di un’edizione senza lode

Venezia 72: vincitori e vinti di un’edizione senza lode

E anche questa Venezia 72, 72esima Mostra del Cinema di Venezia ha spento ogni riflettore, gli operai hanno iniziato a smontare le strutture e i leoni a grandezza naturale, a scollare il tappeto rosso dall’entrata del Palazzo del Cinema. Già domani mattina 14 settembre la Sala Darsena, la Sala Grande, la minuscola Pasinetti non avranno più file, non avranno più transenne, allo stesso modo non ci sarà più bisogno di lanciare bombe a mano per accaparrarsi un panino o una pizzetta rinsecchita, saremo finalmente rientrati a casa.

Nella valigia e nel cuore, oltre alla roba sporca e alla ovvia fatica, ci portiamo i ricordi di un’edizione tranquilla, priva di reali scossoni, calma e piatta come il mare al mattino. Sia per quanto riguarda le presenze professionali e di pubblico – ormai rischiano di non entrare in sala soltanto i poveri accrediti verdi, i culturali – sia dal punto di vista della qualità dei film selezionati. Non sono mancate neppure le star internazionali, che soprattutto nella prima metà del Festival hanno attirato orde di ragazzine urlanti e fatto scattare i flash dei fotografi. A deludere davvero, come tradizione, soltanto i premi assegnati dalla giuria internazionale di Venezia 72 guidata da Alfonso Cuarón e composta da personalità di peso come il regista turco Nuri Bilge Ceylan, il regista polacco Pawel Pawlikowski, il regista italiano Francesco Munzi, il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, l’attrice tedesca Diane Kruger, la regista e sceneggiatrice britannica Lynne Ramsay, l’attrice e regista statunitense Elizabeth Banks.

La guerra eterna fra i gusti dei critici presenti al Lido e i giurati è infatti senza soluzione, dal destino ogni volta già scritto: si “incazzano” i primi (come i francesi di Paolo Conte di fronte alla forza di Bartali), vincono i secondi, senza possibilità di replica. Dei favoritissimi della vigilia, sempre per gli addetti ai lavori si intende, come Francofonia del Maestro Aleksandre Sokourov, Rabin, The Last Day di Amos Gitai, l’immenso Beixi Moshuo (Behemoth) del cineasta cinese Liang Zhao, del nostro Marco Bellocchio con Sangue del Mio Sangue è rimasto poco e niente. Appena le recensioni positive sulle varie riviste accreditate in laguna e una montagna di stelle di carta incollate alla buona su un cielo altrettanto finto. A trionfare è il sud America e l’esordiente Lorenzo Vigas, con un dramma disperato sospeso fra l’impossibilità di amare e l’omosessualità nel feroce contesto di Caracas. Desde Allà (Da Lontano) è infatti il vero outsider dell’edizione, capace di sorprendere tutti e vincere contro prodotti meglio confezionati, segue a ruota El Clan di Pablo Trapero insignito del Leone d’Argento (ovvero la miglior regia). Poco male, dei premi se ne ricordano i manuali, i database, e alla fin della fiera è anche bello che i risultati siano di molto differenti rispetto alle aspettative, così si ha qualcosa di cui discutere. È più bello vincere una scommessa impossibile, dopo aver puntato sul cavallo peggiore, che tornare a casa con la quota più scontata su cui tutti hanno giocato.

Non tutte le scelte però sono state deludenti, la Coppa Volpi a Valeria Golino infatti è un grande premio, meritato e quasi simbolico. La sua Anna in Per Amor Vostro vale un’intera carriera, il ruolo della vita come spesso si suol dire, in profumo di riconoscimento sin dai titoli di coda. Inoltre unico premio italiano, poiché tutto il quartetto Bellocchio-Messina-Gaudino-Guadagnino ha salutato il lido con l’amaro in bocca, nonostante la qualità del suo cinema, esattamente come accaduto all’ultimo Festival di Cannes, durante il quale i nostri registi hanno mostrato artigli affilati ma senza riuscire a graffiare abbastanza i giurati. C’è però da esser fieri, L’Attesa e i già citati Sangue del Mio Sangue e Per Amor Vostro sono opere da guardare, da sentire, da vivere, protagonisti di un anno cinematografico meravigliosamente più unico che raro.

Fuori dalla lista del ‘da guardare’ solo Luca Guadagnigno, il titolo del suo A Bigger Splash ricorda solo un clamoroso buco nell’acqua, un titolo da evitare con tutte le forze, anche casomai dovesse passare in televisione in un afoso pomeriggio d’estate. Un’anomalia che neppure Charlie Kaufman saprebbe rendere gradevole, e che nulla ha a che fare con quel piccolo gioiellino chiamato Anomalisa, Gran Premio della Giuria. Un film d’animazione in stop-motion per persone adulte, che vedono il mondo e la gente in maniera piatta, noiosa, e sono schiave dell’abitudine, da vedere nel primo giorno di programmazione. Sarà invece difficile vedere nelle nostre sale Abluka (Follia), un terremoto visivo che racconta la Turchia sotterranea delle spie, una guerra tra poveri che ha solo perdenti, giustamente incoronato con il Premio Speciale della Giuria. Non tutto è andato perduto, dunque, è il pensiero che ci torna in mente mentre allontanandoci dal Lido siamo proiettati già all’edizione numero 73.

Ancora una volta i premi non metteranno d’accordo nessuno, Johnny Depp apparirà sempre più grasso (speriamo di no…) e i veneziani ci spenneranno vivi come polli allo spiedo cotti a puntino, ma in fondo è ciò che ci piace, è il nostro strambo e insostituibile lavoro. Che qualcuno dovrà pur fare.

Venezia 72: tutti gli occhi su Johnny Depp [foto]

Nonostante oggi sia presenta al Lido il maestro Sokurov, gli occhi, gli obiettivi e i sorrisi sono tutti per lui, Johnny Depp, il pirata di Hollywood, che arriva alla 72° Mostra per Black Mass (leggi la recensione), di Scott Cooper, in compagnia di Dakota Johnson e Joel Edgerton.

Ecco le foto della mattina:

[nggallery id=1998]

(Foto di Aurora Leone)

La 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica avrà luogo a Venezia dal 2 al 12 settembre 2015, anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna sarà l’attrice italiana Elisa Sednaoui. L’elenco dei film in programma alla 72ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 29 luglio 2015 a Roma. Il film di apertura del festival sarà Everest, del regista Baltasar Kormákur.

La giuria sarà presieduta dal regista messicano Alfonso Cuarón.