Tom Cruise è il
protagonista del nuovo spot tv di Jack Reacher Punto di Non Ritorno, sequel
del film con protagonista l’eroe che Cruise ha già interpretato una
volta. Alla regia del film c’è Edward Zwick. Di seguito il
video:
Jack
Reacher Punto di Non Ritorno: trailer italiano con
Tom Cruise e Cobie Smulders
Il primo film era l’adattamento
cinematografico del romanzo La prova decisiva, scritto da
Lee Child nel 2005. Il sequel sarà l’adattamento del romanzo
Punto di non ritorno.
Nel cast di Jack Reacher
Punto di Non Ritorno ci sono Tom Cruise,
Cobie Smulders, Aldis Hodge, Danika Yarosh
e Patrick Heusinger.
Edward Zwick, che
aveva già diretto Tom in L’Ultimo
Samurai, tornerà a lavorare con la star di Hollywood
per il film che arriverà nei cinema USA il 21 ottobre 2016.
Di seguito la sinossi del
primo film: In una città pacifica e tranquilla, cinque persone sono
uccise da un cecchino. Gli indizi portano velocemente ad un ex
soldato di nome James Barr. Tace durante l’interrogatorio, ma
scrive il nome di Jack Reacher, un ex poliziotto militare. Durante
il trasporto verso il carcere viene lasciato in balia di altri
carcerati che lo riducono in coma. La polizia non ha idea di come
rintracciare Jack Reacher ma è lui a presentarsi spontaneamente,
intenzionato a confermare la condanna di Barr a causa di un crimine
da lui commesso in passato, ma sa anche che questi non avrebbe mai
chiesto il suo aiuto se fosse davvero colpevole.
Tra i prossimi progetti di
Tom Cruise figurano lo sci-fi Mena, che lo
vedrà di nuovo collaborare con Doug Liman (già
regista di Edge of Tomorrow), e
l’annuncio reboot de La
Mummia. L’attore tornerà anche protagonista
dell’annunciato sesto capitolo della saga di Mission
Impossible.
Il sito ha anche chiesto al
leggendario autore se decide lui il suo cameo e se gli
piacerebbe interpretare un ruolo più consistente:
“Oh no, no, decidono loro. Non
credo si possa decidere qualcosa del genere. Essi si limitano a
darmi pochi secondi, e hanno paura che io oscurare la stella
del film. Sapete come vanno queste cose.”
Diretto da Jon
Watts, Spider-Man Homecoming
vedrà protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomei in quelli di zia May e Zendaya sarà
invece Michelle. Al cast si aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin
Starr, Abraham Attah, Selenis Leyva, Hannibal
Buress, Isabella Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J.
Totah, Michael Mando, Bokeem Woodbine, Tyne
Daly e Kenneth Choi.
È stata diffusa una nuova immagine
di Michael Fassbender nei panni dell’assassino
Aguilar. Parliamo chiaramente di Assassin’s
Creed, l’atteso adattamento cinematografico del
videogame Ubisoft.
Nel cast del film anche
Michael Kenneth
Williams, Marion
Cotillard, Jeremy Irons, Brendan
Gleeson e Ariane
Labed. La pellicola sarà diretta da Justin
Kurzel, che ha già diretto Michael
Fassbender e Marion Cotillard in
Macbeth. La sceneggiatura porta la firma
di Bill Collage, Adam Cooper, Michael Lesslie.
Le riprese del film
sono iniziate ad agosto 2015 e si sono svolte a Londra, a Malta e
in Spagna. Si sono poi ufficialmente concluse a gennaio 2016.
Assassin’s Creed, prodotto
e distribuito dalla 20th Century Fox, uscirà in America il
21 dicembre 2016. Nelle sale italiane invece
arriverà il 5 gennaio 2017. Di seguito la prima
trama:
Callum Lynch (Michael
Fassbender) scopre di essere un discendente di una società segreta
di assassini dopo aver sbloccato memorie genetiche che gli
permettono di rivivere le avventure del suo antenato, Aguilar,
nella Spagna del 15esimo secolo. Dopo aver acquisito una conoscenza
e delle abilità incredibili, decide di attaccare gli oppressivi
Cavalieri Templari ai giorni nostri.
Ecco una nuova immagine da
Doctor Strange con
Benedict Cumberbatch pubblicata in esclusiva su
Yahoo Movie. La trovate di seguito:
Doctor
Strange: il trailer italiano del film con Benedict
Cumberbatch
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L’uscita di
Doctor Strange è prevista per il 4
novembre 2016. Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon Aibel e Glenn
Berger, rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel
cast del film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Ispirato all’omonimo e celebre
personaggio dei fumetti, apparso per la prima volta nel luglio del
1963 nel numero 110 di “Strange Tales”, il film Marvel Doctor Strange racconta la
storia del neurochirurgo Stephen Strange, che dopo un terribile
incidente automobilistico scopre un mondo nascosto fatto di magia e
dimensioni alternative.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan Lee e
Stephen Broussard come produttori esecutivi.
Gruppo di famiglia (ricca, molto
ricca) con cadavere, o meglio tanti cadaveri, di ogni tipo,
dimensione e soprattutto prezzo. No, non è il plot di un nuovo film
di Eli Roth alle prese con la saga di
Hostel, ma purtroppo la cruda, spietata e
grottesca, oltre ogni immaginazione, realtà di
Safari.
Ulrich Seidl
racconta, con la dovizia di un illustratore estremamente prodigo di
dettagli, un mondo deviato e perverso, dove tutto è possibile,
dimostrando che in fondo con i soldi è possibile acquistare tutto,
anche il diritto di uccidere un altro essere vivente. Descrive il
mondo della cosiddetta “caccia grossa”, sconosciuto e lontano ai
più, forse immaginato e rielaborato nella mente in maniera
avventurosa, pensando ai romanzi d’avventura di fine ottocento o ai
film di Tarzan. Invece ci rivela che si tratta di un vero e proprio
supermercato della violenza, dove tutto è riconducibile a un valore
in denaro. E così Seidl, con mano ferma e la sapiente ironia di un
creatore di immagini segue alcuni gruppi di facoltosi turisti
che tra un’ abbronzatura, una birra e una dormita uccidono ignari
animali che hanno avuto la sventura di trovarsi sulla loro
strada.
L’autore imbandisce gustosi e
grotteschi tableau vivant con i protagonisti reali dei
vari massacri, abbigliati con cappelli di sughero e completi
coloniali, come se avessero detto loro di travestirsi da cacciatori
per la notte di Halloween. Li circonda di teste impagliate e
cadaveri imbalsamati che divengono il ricordo storpiato e
malinconico di quello che un tempo era la loro vita libera nella
savana africana. E a questi piccoli meravigliosi affreschi alterna
le loro prodezze sul campo, mostrandoceli in tutta la loro goffezza
e presuntuosa idiozia.
Vediamo ragazzine capricciose che
sognano di uccidere un okapi, ma che mai (dicono, con disarmante
sensibilità) potrebbero sparare a un leone o un ghepardo, obesi che
non riescono neanche a camminare o salire su una scaletta,
addormentarsi gonfi di birra in un capanno, in attesa di sparare
con fucile di calibro così grande che potrebbero abbatterci un
aereo, e ancora signore imbellettare che non vedono l’ora di farsi
una fotografia con la carcassa sistemata in posa dell’animale da
loro assassinato.
Non mancano poi scene cruente, come
la macellazione di una giraffa, e la descrizione dell’agonia delle
prede che non vengono quasi mai uccise su colpo. E dicevamo che
tutto ha un prezzo; si parte dai 250 euro per prede relativamente
comuni, come le gazzelle, fino ad arrivare a diverse migliaia di
euro per leoni, elefanti, o specie con pochi esemplari disponibili,
rare, per non dire a rischio di estinzione. Si scopre che la
maggior parte delle riserve di caccia in Africa, in cui si svolge
indisturbata questa mattanza, sono di proprietà di facoltosi
occidentali e che i clienti sono imprenditori, dentisti, medici,
industriali, avvocati, tutte persone che non si fanno problemi a
spendere migliaia di euro semplicemente per il gusto di uccidere. E
la gente del posto naturalmente è parte impotente del gioco, messa
biecamente a tacere e resa complice con pochi spiccioli. Assistiamo
cosi a scene di servilismo e apparente disinteresse, forse più
agghiacciante delle stesse uccisioni.
Come ci ha abituato Seidl in altri
suoi film, Canicola o Im Keller, le immagini sono
splendide, accattivanti, la regia sapiente, il suo gusto per il
grottesco ci porta a sorridere, ma poi quel sorriso si paralizza e
si congela nella riflessione che quello che stiamo vedendo è tutto
vero, che gli assassini sono i nostri vicini di casa. Ci insinua il
dubbio che forse anche noi potremmo avere un prezzo, che potendolo
pagare non esiterebbero a spararci, per poi appendere la nostra
testa impagliata nel loro lussuoso salotto, o semplicemente per
farci apparire con loro in un selfie da mostrare con orgoglio agli
amici.
Sul red carpet di Venezia
73 arriva finalmente fuori concorso il premio Oscar Paolo
Sorrentino per presentare la nuova serie televisiva The Young Pope
targata Sky, HBO. Ecco le foto:
Genio di un
Sorrentino, l’hai fatto apposta. L’altro ieri era
il ‘Fertility Day’, ieri la vignetta sui terremotati di
Charlie Hebdo. Sono stati giorni talmente pieni
per il battagliero popolo della rete che oggi, stremato da questa
lunga sequela di scuotimento di neuroni per l’affermazione delle
più sofisticate delle posizioni intellettuali (roba complessa, tipo
‘Francia merda’ o ‘fucilateli tutti’) si è giustamente concesso una
pausa rilassante sfruttando gli ultimi giorni di bel tempo estivo
in attività edificanti come la gara di rutto con citazione di
Hegel, il salto della nerchia e gli scherzo al citofono con formule
sataniche recitate al contrario – “!Ozzacots”; “?E’ ihc”;
“Niiiiiird! Niiiiiiiird!” – e non si è accorto che nel frattempo tu
hai fatto appena passare a uno dei più importanti festival di
cinema internazionali un film dove il papa non solo è uno stronzo
ambiguo, ma fuma pure e dichiara cose atroci sulla Chiesa come se
regalasse caramelle. Certo, poi se la cava sempre dicendo “dai, era
un sogno”, oppure “dai, scherzavo”. È il famoso metodo Giacobbo: vi
ricordate quando durante Voyager, in fissa per il Codice da Vinci
le sparavano grosse spacciando il buon Gesù come un precursore
hippie di Rocco Siffredi? Ecco, tutte le puntate
così. “Il Santo Graal che sarebbe in realtà il figlio illegittimo
del Cristo e della Maddalena travestita da Leonardo Da
Vinci concepito nella cappella di Rosslyn che in realtà è
una macchina del tempo che permette di reincarnarsi in Chubacabras
per sterminare i templari e sostituirli con dei bambini
Indaco”.
Poi, dopo aver fatto venire un
infarto a diverse vecchie devote, aver provocato l’intasamento
delle linee del Vaticano a causa delle numerose chiamate
richiedenti esorcismi, aver provocato la resurrezione in
contemporanea di Giuda Iscariota, Germano Mosconi e
Mario Magnotta, immediatamente santificati perché,
rispetto a quello che si sentiva in tivvù, le loro venivano
considerate solo innocue marachelle, con la faccia sorniona e il
sorrisone a trentadue denti di chi ti percula anche se non ti
conosce, Giacobbo con un colpo da maestro ritirava tutto. “Abbiamo
scherzato! Non c’è alcuna prova di quello che vi abbiamo detto! Lo
abbiamo trovato scritto sui cessi dell’Autogrill! Avevate capito
Cristo? Abbiamo detto Fristo!” e tutte questo cialtronesco
arrampicarsi sugli specchi per evitare di vedere la Rai chiusa,
barricata e purificata con le fiamme.
Comunque, il film – sono in realtà
i primi due episodi di una serie, ma funzionano da soli anche come
un film – mi è piaciuto moltissimo. Il papa è un incrocio tra una
rockstar e un super-eroe e Silvio Orlando
interpreta un antagonista che manda a casa Jared
Leto e Luca Marinelli a fasse almeno ‘na
bibbita prima del prossimo giro. Che ogni tanto c’è anche da
riposarsi. Heath Ledger no, non esageriamo, che
lui già si riposa da tempo.
Ma invece c’è gente
che la misura non ce l’ha. Per dire, James Franco.
Ogni settimana fa un film. E ormai sarà una decina d’anni che non
si può avere una
Venezia senza James Franco. Che io
per carità, gli voglio bene pure perché è narcolettico e si
addormenta durante le interviste, quindi ti ci fai i selfie facile
che lui neanche se ne accorge, e se hai tempo gli metti pure la
cartaccia delle merendine in bocca come facevamo alla gita delle
medie quando qualche poraccio si addormentava sull’autobus.
Però dopo che hai fatto Spider-Man e il tuo primo
film da regista io la prossima volta che te vojo vedè è ai
Migliori Anni con Carlo Conti, non è che
ogni dieci minuti poi stà lì a gridà che hai sfornato un nuovo
capolavoro. Non fà finta di niente, Mainetti, che
stai lì in fondo a fischiettare ma t’avemo sgamato che stasera
presenti un altro corto alla sezione ‘Cinema nel giardino’.
Lo chiamavano Jeeg
Robot c’è piaciuto a tutti, ma mo’ pigliate
respiro, guardate il cielo, le montagne, rilassatevi. Non facciamo
come con Zerocalcare, che a un certo punto dove mi
giravo ci stava lui e il mio strizzacervelli ha dovuto sudare le
sette proverbiali camicie – quelle che gli avventori qui al Lido
non usano, loro ne hanno una sola per tutta la durata del festival
– per convincermi che non mi stava perseguitando.
A metà strada tra Salem e il
vecchio west si insinua la nuova fatica cinematografica del regista
olandese Martin
Koolhoven, Brimstone, quest’anno in
concorso a Venezia.
Protagonista
di Brimstone è la giovane e bella Liz
(Dakota
Fanning) un’ostetrica sposata ad un uomo molto più
vecchio di lei, che vive in quella che sembra una quieta cittadina
di stampo puritano. A turbare la
sua tranquillità ci pensa l’arrivo inaspettato al villaggio del
reverendo Preacher (Guy
Pearce) che sembra avere dei conti in sospeso con Liz
e appare da subito intenzionato a trasformare la sua vita in un
inferno. Inizia così per la ragazza una vera e proprio lotta per la
sopravvivenza che la spingerà a lasciare la città per sfuggire al
pericoloso nemico e proteggere così i suoi figli dalla sua ira.
Koolhoven, dopo aver introdotto la
sua imperturbabile protagonista femminile, decide di raccontarci la
sua storia ripercorrendo gli eventi che hanno segnato la vita di
Liz ma lo fa andando a ritroso prima di arrivare ad un
‘fiammeggiante’ finale. Essendo la componente religiosa
fondamentale alla narrazione, il film viene suddiviso in quattro
episodi, ognuno dei quali prende il suo titolo dalla Bibbia, ovvero
Apocalisse, Esodo, Genesi e Castigo.
Questa divisione in capitoli, che
dovrebbe rendere il film più dettagliato e facilitarne la
comprensione, in realtà non fa altro che frammentare ancor di più
una storia la cui sceneggiatura fa acqua da tutte le parti sin
dalle prime battute. Si parte infatti con
Apocalisse – senza alcun dubbio l’episodio più
convincente dei quattro – e ci si ritrova in un’ambientazione
tipica del New
England dell’epoca
puritana; ma l’atmosfera, caratteristica dei film che
affrontano il difficile periodo della caccia alle streghe, subisce
un brusco e repentino cambiamento con il sopraggiungere del secondo
episodio, Esodo, dove ci ritrova all’improvviso nel polveroso e
selvaggio west.
Questo avvicendamento così drastico
non solo è destabilizzante per lo spettatore ma sembra non aver
alcun senso; non si riesce infatti ad inserire la storia in una
precisa dimensione spazio temporale e ognuno degli episodi sembra
essere completamente scollegato dagli altri.
A pesare ancora di più sul già
labile equilibrio del film è l’uso eccessivo della violenza,
soprattutto sulle donne e animali, che non è solo inquietante ma,
nella maggior parte dei casi, anche gratuito.
La brutalità di alcune scene sembra
voler sopperire alla mancanza di sostanza del film le cui sorti non
vengono risollevate nemmeno dalla presenza nel cast di attori
eccellenti come la giovanissima Fanning e il suo antagonista
Pearce; mentre la prima risulta quasi totalmente inespressiva, Guy
invece dà vita ad un personaggio così rigido e controllato da
sembrare quasi la versione macchiettistica di un inquisitore,
suscitando ilarità piuttosto che terrore e raccapriccio. Nonostante
le onorevoli intenzioni di Martin Koolhoven di omaggiare il genere
del western
all’italiana, Brimstone è purtroppo un
esperimento completamente fallito che qui a Venezia ha guadagnato
ben pochi applausi e un numero imbarazzante di fischi.
Attesissimo il ritorno di François Ozon alla Mostra
Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Dopo
CinquePerDue Frammenti di vita amorosa e
Potiche La Bella Statuina, il regista e
sceneggiatore francese torna protagonista del concorso del Festival
con Frantz, melodramma interpretato da
Pierre Niney e Paula Beer.
Accompagnato in conferenza stampa
dai due protagonisti del film, Ozon ha aperto le danze spiegando la
genesi del progetto: “L’idea della pellicola nasce da uno
spettacolo teatrale di Maurice Rostand. Poi mi sono documentato e
ho scoperto che quella stessa storia era già stata portata sullo
schermo da Lubitsch con Broken Lullaby del 1931. Ad ogni modo il
mio film si distacca molto dall’opera originale, con la quale
onestamente non sarei mai voluto entrare in
competizione”.
Venezia
73: Frantzrecensione del film di François Ozon
Il film è girato in b/n,
intervallato da alcune sequenze a colori. A proposito di questa
scelta il regista ha rivelato: “È stata una grande sfida per
me. Anche perché non avevo mai lavorato in bianco e nero prima
d’ora. Mi sembrava comunque una scelta inevitabile, visto il tema e
l’ambientazione del film. Ad ogni modo, le scene a colori
rappresentano una sorta di ritorno alla vita in questo clima di
lutto che pervade l’intera narrazione”.
Parlando invece dei due attori
protagonisti, Pierre Niney e Paula
Berr, Ozon ha dichiarato: “Avevo conosciuto Pierre
grazie a J’aime regarder les filles, ai suoi ruoli alla Comédie
française e a Yves Saint Laurent. È un attore fantastico, a
suo agio sia con la commedia che con il dramma. Di Paula invece non
conoscevo nulla, e devo ammettere che è stata una sorpresa. Ho
fatto un casting in Germania dove ho incontrato molte giovani
attrici. Quando l’ho visto ho pensato subito che fosse perfetta per
la parte. È giovane ma ha un modo di recitare davvero
maturo”.
Atteso al varco dopo un Oscar
“confezionato” grazie a talento e tradizione e un film per molti
versi incompreso, Paolo Sorrentino fa esordire la sua prima
esperienza televisiva al Festival di Venezia, una straordinaria
opera che, nonostante il formato di partenza, prodotto da Sky per
il piccolo schermo, si sposa benissimo con le dimensioni della sala
cinematografica. The Young Pope racconta
il papato di Pio XIII, un giovane cardinale neoeletto, appena 47
anni, che si inserisce in una macchina burocratica perfetta e
funzionante, come il Vaticano, e deve far conciliare le sua
ingombrante personalità con riti, presenze, giochi di potere, cose
che “sono sempre andate in un certo modo”, con la sua personalità,
misteriosa, contraddittoria e ambiziosa, una personalità difficile
da inquadrare per tutte le persone che gli ruotano intorno, per
l’ambizioso e ambiguo Segretario di Stato, per chi lo conosce da
sempre e per i fedeli, che si trovano di fronte un nuovo
personaggio, distante anni luce da quello che dovrebbe essere un
Papa.
Con The Young
Pope, Paolo Sorrentino rinuncia in
parte (non nella sequenza iniziale del pilot almeno) alla sua
estetizzante antinarrazione per concentrarsi sulla scrittura.
Accantonate in parte le evoluzioni registiche fini a se stesse, il
regista confeziona dei personaggi impeccabili, complessi,
sfaccettati, con una scrittura solida e allo stesso tempo spiritosa
e intelligente. Lo script originale di Sorrentino
è poi illuminato dalle grandi interpretazioni di Jude Law e Silvio Orlando, tra gli altri. I due
protagonisti principali, con misura e mestiere, danno vita alle
battute mettendo in scena un racconto che, volendo fare dei
paragoni di toni e argomenti narrati, rimbalza tra
House of Cards, I
Borgia e alcune delle grandi e complesse serie di
successo degli ultimi anni.
Rimanendo perfettamente
riconoscibile nella sua autorialità (sia registica che narrativa),
Paolo Sorrentino si concentra sulla storia e sulla
costruzione dei personaggi, realizzando un prodotto che dal pilot
si conferma interessante, coinvolgente, divertente e senza dubbio
da seguire. Dal 21 settembre su Sky Atlantic.
Dopo Arrival, Amy
Adams è stata la stella anche della terza serata del
Festival di Venezia 2016, durante la
quale ha presentato Nocturnal
Animals di Tom Ford. Di seguito
gli scatti con protagonista la Adams che per l’occasione ha
indossato ovviamente un abito a sirena firmato Tom
Ford.
Grandi star hanno sfilato sul red
carpet di Venezia 73 nella serata di ieri,
ecco di seguito le foto di ieri, tra gli
altri Naomi Watts, Amy Adams, Tom Ford,
Jake Gyllenhaal,
Aaron Taylor-Johnson, Colin Firth e molti
altri.
Oggi a Venezia 73 è il giorno di
The Young Pope, la serie Sky diretta e
scritta da Paolo Sorrentino. Il regista premio
Oscar è infatti l’ospite d’onore di oggi al Lido, dove vengono
presentati anche in concorso anche Frantz
di François Ozon e
Brimstone di Martin
Koolhoven.
Black Panther è
senza dubbio uno dei film Marvel Studios più attesi del
prossimo futuro, grazie soprattutto all’azzeccata interpretazione
dell’attore Chadwick Boseman in Civil
War. Con ogni probabilità il film standalone
riprenderà proprio da dove l’avevamo lasciato, ed oggi a parlare
del personaggio è proprio Chadwick Boseman che
a CBR rivela che tipo di personaggio
vedremo.
“Sento che nel film si
avrà la possibilità di vedere come lui non sarà più una persona
egoista. Non sarà un dittatore, né una persona che fa le cose
puramente per il proprio profitto. Lui ha un aspetto eroico, ha un
cuore da eroe, da leader. Si può credere in lui perché è
misericordioso, e gli si possono perdonare anche cose che non
sono propriamente perfette.”
Chadwick Boseman interpreta il
protagonista, T’Challa, già visto in Captain America
Civil War. Con lui ci sono Michael B. Jordan che interpreterà Erik Killmonger (un
villain nel materiale d’origine), il premio Oscar Lupita Nyong’o, che sarà Nakia, un ex
membro del Dora Milaje di Wakanda, ora agente del Killmonger, e
Danai Gurira nei panni di Okoye, un
membro del Dora Milaje, le donne che si allenano per diventare le
mogli del Re di Wakanda.
“Voglio ringraziare tutti per
l’energia, faremo del nostro meglio, lavoreremo sodo e ci vedremo
presto” ha dichiarato il regista del film, Ryan
Coogler. La produzione del film comincerà a Gennaio ad
Atlanta.
Coogler scriverà e dirigerà
Black Panther che seguirà la storia di
T’Challa, il re guerriero di Wakanda, da dove era stata interrotta
in Captain America Civil
War. Non è ancora chiaro quali altri personaggi
parteciperanno alla storia, anche se sembra una buona possibilità
che nel film ci sia anche Ulysses Klaw, che ha esordito in
Avengers Age of Ultron con il volto di
Andy Serkis. Inoltre sembra ci possa essere spazio
anche per Everett Ross, visto sempre in Civil
War con il volto di Martin
Freeman.
Black
Panther arriverà al cinema il 16 febbraio del
2018.
Continuano le riprese
di Transformers The Last Knight,
l’annunciato prossimo capitolo del franchise di successo diretto da
Michael Bay. Ebbene, oggi è proprio quest’ultimo
ha pubblicare due incredibili video dal set in Scozia, nel quale
vediamo acrobazie esplosioni dal caotico set. Il video arriva a
poca distanza dall’annuncio di chi
interpreterà Re Artù che vi abbiamo rivelato qualche giorno
fa.
Un video pubblicato da Michael Bay (@michaelbay) in data:
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Si intitola
Transformers The Last Knight il quinto
capitolo della saga miltimilionaria della Hasbro portata al cinema
dal genio fracassone di Michael Bay. Anche se non si hanno
dettagli sulla trama, è probabile che l’ultimo cavaliere del titolo
sia proprio Optimus Prime che, come abbiamo scoperto in
Age of Extinction, appartiene ai
Cavalieri di Cybertron.
La storia ruoterà intorno a
Optimus Prime che scopre che è stato lui la causa della distruzione
di Cybertron. Per riportare ilpianeta in vita, avrà bisogno diun
misterioso artefatto, qualcosa che avrà a che fare con Merlino, il
mago di Re Artù.
Il sito aggiunge che Merlino ha
ricevuto i suoi poteri magici proprio da un Transformers e in
qualche modo l’artefatto in questione è legato a questa cosa. Anche
se non ci sono ulteriori dettagli, sembra quasi scontato che il
misterioso artefatto sia Excalibur, la prodigiosa spada di
Artù.
Per quanto riguarda invece i
personaggi, Bumblebee è ora il leader degli Autobot che fanno base
nelle Badlandsin South Dakota.
Anche i Dinobots torneranno insieme
a quelli che il sito chiama mini-dinobots. Conosceremo anche
The
Creator, un nuovo Transformers inglese, Cogman che diventa una
Aston Martin e Squeaks che invece è una Vespa. Megatron intanto
sarà di nuovo un jet fighter.
Mark Wahlberg torna ad
interpretare Cade Yeager e sarà affiancato da Isabela
Moner nei panni di Izabella, protagonista femminile, e da
Jerrod Carmicheal, in un ruolo non specificato. Si
unisce al cast Laura
Haddock.
Transformers The Last
Knight uscirà nelle sale americane il 23 giugno 2017
e dovrà competere con Wonder Woman della Warner
Bros.
Il quinto capitolo sarà diretto
ancora una volta da Michael Bay su una
sceneggiatura di Art Marcum, Matt
Holloway (Iron Man) e
Ken Nolan (Black Hawk
Down).
Dopo l’acclamata opera prima
A Single Man – film presentato a Venezia nel 2009 e
che ha fruttato a Colin Firth la Coppa Volpi e una
nomination Oscar nello stesso anno – , Tom Ford fa
il suo trionfale ritorno in laguna con Nocturnal
Animals.
Tratto dal romanzo di Austin
Wright dal titolo Tony & Susan, il film racconta la storia di una donna,
Susan, interpretata da Amy Adams, incastrata in una relazione
sentimentale con un uomo infedele e assente, costretta ad una vita
fin troppo ordinaria ed insoddisfacente. Un giorno però Susan
riceve il manoscritto di un romanzo che porta la firma di Walker
(Jake
Gyllenhaal), sua ex fiamma al college nonché suo ex
marito. Attraverso quelle pagine e grazie all’angosciante storia
dei protagonisti del romanzo, Susan si risveglia bruscamente dal
suo torpore e capisce di essere in qualche modo ancora legata ai
fantasmi del suo passato.
La semplicità della trama potrebbe
trarre in inganno eppure in questo film non c’è niente di
convenzionale. Quello di Tom Ford è infatti un thriller ansiogeno
la cui complessa narrazione si sviluppa in tre direzioni, dando
vita a tre storie differenti ma parallele. Attraverso gli occhi di
Susan abbiamo infatti accesso alle inquietanti vicende di Tony –
ancora
Jake Gyllenhaal – un professore universitario che, in
viaggio con la moglie (Isla
Fisher) e la figlia (Ellie Bamber),
si imbatte in un gruppo di malintenzionati in autostrada, andando
incontro purtroppo ad un tragico destino. Allo stesso tempo però
ripercorriamo, attraverso alcuni flashback, le tappe principali
della storia d’amore tra Walker e Susan che ha poi portato
quest’ultima tra le braccia di un altro uomo apparentemente
perfetto.
Il regista, e anche sceneggiatore
in questa occasione, riesce quindi a sostenere perfettamente il
peso di questo ingombrante intreccio, presentandoci una storia in
cui realtà e finzione si fondono e confondono, dove presente,
passato e immaginazione corrono sugli stessi binari. Il thriller in
questo caso si trasforma, grazie alla meravigliosa ed intensa
Amy Adams – che si vocifera potrebbe essere la
candidata perfetta per la Coppa Volpi femminile di quest’anno -, in
un vero e proprio dramma in cui le angosce di Susan sembrano
respirare all’unisono con quelle di Tony, interpretato da un
immenso
Jake Gyllenhaal che, dopo la deludente prova di
Everest, film d’apertura della scorsa
edizione del festival, torna a brillare con un impegnativo duplice
ruolo.
Ma quello che incanta e sbalordisce
di Nocturnal Animals è l’eleganza e l’estetica così
lineare di Tom Ford che fonde i tre piani
narrativi con l’ausilio a volte di pochi semplici elementi
riuscendo a creare una connessione spazio temporale tra le storie.
In un meraviglioso crescendo, il film si conclude con un finale
all’apparenza scontato ma bensì aperto a molteplici interpretazioni
e che, in linea con il clima d’incertezza caratteristico della
storia, lascia lo spettatore con mille domande e solo una manciata
di risposte.
Guarda il promo ufficiale in
stop-motion della nuova linea di toy di Rogue One A Star
Wars Story, l’atteso primo spin-off
dell’estensione dell’universo di Star Wars targato Walt Disney.
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Rogue One A Star Wars
Story: Darth Vader nel nuovo trailer ufficiale
Diretto da Gareth
Edwards su una sceneggiatura di Gary
Whitta e Chris Weitz, Rogue
One a Star Wars Story è un film prequel ambientato
negli anni tra La Vendetta dei Sith e
Una Nuova Speranza. L’uscita in Italia è
prevista per il 14 dicembre 2016. Nel cast del
film Felicity Jones, Mads
Mikkelsen, Rizz Ahmed, Diego
Luna, Forest Whitaker, Jiang
Wen e Ben Mendelsohn.
Il film sarà certamente
ambientato durante a “Dark Time” dell’Impero, Tra gli episodi III e
IV e sarò il più oscuro e grintoso film dell’universo di Star Wars.
Sembra che il film sarà un war movie vecchia maniera. Nella storia
tutti i Jedi vivono in clandestinità e probabilmente saranno sullo
sfondo della storia principale. Ci saranno inoltre un sacco di
nuove forme di vita aliena. Saranno introdotti nuovi personaggi
droidi e Alieni. At-at, X-Wings, Ala-Y, A-Sts saranno presenti
nella storia. Ci sarà molta azione nella Jungla. Sembra un nuovo
droide sarà parte della banda di ribelli che tentano di rubare i
piani della Morte Nera. Felicity Jones sarà un soldato ribelle
pronta per la battaglia.
Mentre cresce l’attesa
per l’arrivo del primo trailer di Guardians of the
Galaxy Vol. 2, sequel del film di successo targato
Marvel Studios, oggi il regista James Gunn ha diffuso via twitter una foto che rivela la
Groot Version della sceneggiatura del
film. In sostanza è la versione a cui hanno accesso solo Vin
Diesel e James
Gunn e riguarda principalmente Groot
e il suo modo di comunicare che secondo questi ultimi no si limita
semplicemente a “Io sono Groot”.
I due hanno anche tenuto una
sessione di domande e risposta con alcuni fan, dove il regista ha
rivela alcuni dettagli sulla storia.
“Il primo film è stato
davvero come diventare una famiglia. Questo film invece
si concentrerà sull’essere una famiglia. Questo è quello con cui
avrete realmente a che fare, ed è quello di cui questo film parla.
Loro sono “la famiglia”, che lo vogliano o no, ma come sapete
vogliono anche uccidersi a vicenda ma questo dovrete scoprirlo nel
film.”
In Guardians of the
Galaxy Vol. 2, che arriverà al cinema nel 2017,
torneranno sicuramente Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave
Bautista e in veste di doppiatori Vin
Diesel e Bradley Cooper.
Confermati anche il Collezionista
(Benicio Del Toro), Yondu (Michael
Rooker) e Nebula (Karen Gillan). Tra le
new entry Pom Klementieff, Kurt Russell, Elizabeth
Debicki, Tommy Flanagan e Chris
Sullivan.
Al ritmo di una nuova,
fantastica raccolta di brani musicali (Awesome Mixtape #2),
Guardiani della Galassia Vol.
2, racconta le nuove avventure dei Guardiani, stavolta alle
prese con il mistero che avvolge le vere origini di Peter Quill.
Vecchi amici e nuovi alleati, oltre ai personaggi preferiti dai fan
verranno in aiuto ai nostri eroi mentre l’Universo Cinematografico
Marvel continua ad
espandersi.
Dopo CinquePerDue
Frammenti di vita amorosa e Potiche La
Bella Statuina, François Ozon torna in concorso alla
Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia con il suo
bellissimo Frantz, melodramma che
riprende molte tematiche care all’ormai celebre regista francese ma
che al tempo stesso si addentra in territori mai esplorati prima,
sia da un punto di vista stilistico che narrativo.
Il film è ambientato alla fine della
Prima Guera Mondiale, in una piccola cittadina tedesca, e vede
protagonista Anna, una giovane donna che ogni giorno si reca in
visita alla tomba del fidanzato Frantz, morto al fronte in Francia.
Un giorno Anna incontra Adrien, un timido e affascinante francese
che, come lei, è andato a raccogliersi sulla tomba dell’amico
tedesco. Ben presto tra Anna e Adrien si instaura un forte legame,
fino a quando la donna non verrà a conoscenza di un segreto
apparentemente inconfessabile.
Quello che François
Ozon ci regala con Frantz è una
piccola grande opera dalla messinscena impeccabile e dalla
struttura lineare ed armonica, con due interpretazioni
straordinarie. Il regista e sceneggiatore francese rispolvera
tematiche a lui familiari come il lutto, il piacere ambiguo e
l’educazione sentimentale, e contemporaneamente ne esplora di
nuove, servendosi di un bianco e nero nostalgico e avvolgente che,
intervallato da inaspettate e vivaci pennellate di colore,
conferisce realismo e veridicità alla storia, ai personaggi e alla
pellicola nella sua totalità.
La menzogna e il perdono sono i due
punti cardine di un racconto che si sviluppa come un vero e proprio
romanzo di formazione: da un lato seguiamo l’educazione
sentimentale della protagonista Anna (una Paula
Beer da Coppa Volpi), colta tra i suoi desideri e le sue
disillusioni; dall’altro il percorso di espiazione di Adrien (un
fragile, sensibile e meraviglioso Pierre Niney), un uomo tormentato dal
senso di colpa, la cui ossessione per la figura di Frantz ha avuto
effetti deleteri sulla propria esistenza.
Due storie che Ozon mescola per
confondere lo spettatore (è come se fosse la stessa sceneggiatura a
mentire, al pari dei suoi personaggi) e che non si limita a
descrivere soltanto sulla carta, ma che racconta anche attraverso
l’occhio della sua macchina da presa, riprendendo i tragitti
percorsi dai due protagonisti in modo da elevare l’idea del
movimento ad una dimensione concreta e funzionale alla comprensione
dei personaggi e dei loro mutamenti interiori.
Frantz è
un’opera delicata e mai scontata che sceglie volontariamente di
tacere l’emozione travolgente per sostituirla con il coinvolgimento
più placido e graduale. François Ozon ci trasporta
in un un mondo dove non c’è spazio per i sogni o per l’evasione, ma
soltanto per la bugia, sia essa liberatoria, salvatrice o
devastante.
Arriva da Variety la conferma che
Jon
Favreau tornerà a vestire i panni di Happy Hogan in
Spider-Man Homecoming, l’atteso reboot
dedicato alle avventure dell’Uomo Ragno che avrà come protagonista
Tom Holland.
Happy Hogan è l’autista personale
di Tony Stark ed è apparso nella saga di Iron
Man (i cui primi due film sono stati diretti proprio
da Favreau). Ricordiamo che lo stesso Iron Man, ossia
Robert Downey Jr., apparirà in
Spider-Man Homecoming.
Sinossi: “Un giovane Peter
Parker / Spider-Man (Tom Holland), che ha fatto il suo sensazionale
debutto in Civil War, comicnia ad esplorare la sua nuova identità
nei panni del tessi ragnatele in Spider-Man Homecoming”.
Diretto da Jon
Watts, Spider-Man Homecoming
vedrà protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomei in quelli di zia May e Zendaya sarà
invece Michelle. Al cast si aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin Starr, Abraham
Attah, Selenis Leyva, Hannibal Buress, Isabella
Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J. Totah, Michael
Mando, Bokeem
Woodbine, Tyne Daly e Kenneth
Choi.
Il film racconterà la storia di un
Peter Parker al liceo, dunque sarà un nuovo reboot che arriverà al
cinema 7 Luglio 2017. Secondo alcune anticipazioni rivelate da
Kevin Feige,
nel film dovrebbe apparire Adrian Toomes,
noto per essere il cattivo Vulture, villain che ha debuttato nel
fumetto del 1963 “The Amazing Spider-Man”#2. Prodotto
dai Marvel Studios, il film
sarà distribuito da Sony Pictures.
IFC Films ha diffuso il primo trailer
ufficiale di Certain Women, film corale
visto al Sundance Film Festival e
acquistato dalla IFC Films per la distribuzione in USA. Nel film,
tra gli altri, ci sono Kristen Stewart, Michelle
Williams e Laura Dern.
Ecco il trailer:
Il film racconta la storia di tre
donne che si sforzano di costruire la propria vita nel Nord-Ovest
degli Stati Uniti. Michelle Williams è una nuova
arrivata, madre e moglie, con problemi coniugali. Kristen
Stewart interpreta una giovane studentessa di legge che
lega con una ragazza di un ranch, interpretata da Lily
Gladstone. Laura
Dern è un avvocato che si trova a scontrarsi con il
sessismo sul lavoro. Le loro storie si intersecano con risultati
imprevedibili.
Il film arriverà nei cinema USA il
prossimo 14 ottobre ed è diretto da Kelly Reichardt, che ha già
lavorato con Michelle Williams in
Wendy and Lucy
del 2008 e in Meek’s
Cutoff del 2010.
Risale allo scorso giugno la
notizia che Elizabeth
Banks non avrebbe diretto Pitch
Perfect 3, terzo capitolo della saga musicale con
protagoniste Anna Kendrick e Rebel
Wilson.
Oggi la stessa Banks, che vedremo
prossimamente nei panni di Rita Repulsa nel reboot di Power Rangers,
ha annunciato via Instagram chi sarà a dirigere Pitch
Perfect 3: si tratta di Trish Sie,
che ha debuttato alla regia di un lungometraggio nel 2014
con Step Up All In.
Anna
Kendrick, Brittany Snow e Rebel
Wilson torneranno in Pitch
Perfect 3. A scrivere la sceneggiatura torna
Kay Cannon, sceneggiatrice dei primi due
episodi.
Il film originale del 2012,
adattato dal libro di Mickey RapkinPitch
Perfect: The Quest for Collegiate A Cappella Glory, ha
incassato 113.000.000 di dollari in tutto il mondo, mentre
Pitch Perfect 2 ha più che raddoppiato la
cifra incassando ben 286,000,000 dollari in totale. Costato 29
milioni di dollari, il secondo episodio è riuscito a replicare
(e a migliorare) il grandissimo successo del suo predecessore,
raggiungendo in poco tempo quota 287.5
milioni di dollari in incassi globali.
Grandi aspettative perciò anche da
questo futuro film che vede alla produzione, ancora una volta,
Paul Brooks per la Gold Circle Entertainment e la
Banks e Max Handelman per la
Brownstone Productions.
Quando si pensa al mito non si
immagina quasi mai che dietro ci possa essere una storia vera. E
così, in un gioco di rimandi, il mito diventa più vero
dell’originale, della persona in carne e ossa a cui il mito si
ispira. Come capita a Chuck Wepner, pugile che
tutti voi conoscete, anche se non sapete di conoscerlo.
The Bleeder racconta proprio l’ascesa, il
declino e la redenzione di Wepner, un personaggio fagocitato dalla
sua stessa notorietà, dal desiderio di fama e dal narcisismo che lo
ha travolto per così tanto tempo durante la sua carriera di pugile
professionista.
The Bleeder, il film
Philippe Falardeau
ci racconta questa avventura immersa negli anni ’70, attraverso
musiche e immagini, ambientazioni volutamente grezze e riprese che
emulano la grana e lo stile dei film dell’epoca. Protagonista
assoluto del film è Liev Schreiber nei panni di Chuck
Wepner: il solido attore ci consegna una personalità
delicata e fragile che si lascia travolgere dalle circostanze e
allo stesso tempo profondamente incapace di essere all’altezza del
suo mondo.
In bilico tra distruzione e fama,
Wepner sembra fare tutte le scelte sbagliate fino alla presa di
coscienza definitiva che ne segnerà il punto più basso e allo
stesso tempo la ripartenza. Stranianti, nel racconto, la presenza
di icone pop quali Muhammad Alì e Sylvester Stallone che, interpretati da
attori, perdono la loro mitizzazione e smascherano una messa in
scena altrimenti perfetta.
The
Bleeder è un ritratto affettuoso e allo stesso tempo
realistico e duro di un personaggio sconosciuto, ma che in fondo
tutti abbiamo conosciuto già sul grande schermo: il vero Rocky.
Venezia 73 – Oggi vi parlo di un
film della Settimana Orizzontale degli Autori, una
sezione parallela inaugurata quest’anno con lo scopo di dare voce a
temi poco trattati dalla volgare, superficiale e sciatta
cinematografia popolare che si preoccupa solo di portare pubblico
in sala con i bei faccini puliti degli attori hollywoodiani. Si
intitola Sono giorni che
non caco, ed è una produzione franco-canadese, un
intenso esperimento di docu-fiction basato sulla tragica vicenda di
un giovane e affascinante uomo, direttore di un’affermata testata
giornalistica online, che improvvisamente vede la sua vita
sconvolta dal dramma di un intestino capriccioso come una starlette
degli anni ’50. Già provato dallo stravolgimento dei ritmi della
flora batterica nel corso di brevi ma impegnative vacanze, il
protagonista – che porta un nome di fantasia, Amedeo
Franceschi, ma è sicuramente ispirato alla figura di
qualche collega realmente presente qui al Lido – le prova tutte per
risolvere la sua situazione, in un emozionante crescendo di
tensione drammatica. Dalle supposte al whisky ai clisteri ripieni
di Spritz, passando per lo yoga – toccante la
scena in cui assume la posizione dello sfintere urticante, con un
gran lavoro d’interpretazione sia facciale che mimica – le palle di
cannone sparate nello stomaco e l’incontro ravvicinato con
Michael Fassbender, senza riuscire a cavare un
ragno (né altro) dal buco. Commovente il finale in cui ATTENZIONE
SPOILER l’uomo riesce finalmente a risolvere la situazione tra
mille effetti pirotecnici sulle note di ‘We are the
Champions’. Che poi, bastava dirlo, gli avrei consigliato
L’Estate addosso di Muccino, che già a
partire dal titolo ispira espletazioni (a vederlo, poi, non ne
parliamo).
Comunque, il film è bello perché dà
voce a istanze che da ste parti sono comuni, costretti come si è
condividere il bagno con altri sessanta coinquilini, a correre da
una parte all’altra per non perdere nemmeno un minuto di qualsiasi
cazzata ci propini la selezione – ‘ok, parla di rutti acrobatici.
Ma se poi è bello? Se poi vince il Leone? Che fai? Non te lo vedi?
– alla fine le parti basse vanno in sciopero. Come diceva il
saggio: tratta bene il tuo ano e lui tratterà bene te.
Corollario: qua si
continuano a vedere scene spaventose di degrado umano davanti al
red carpet. Ieri era per Fassbender. Oggi è per Jake
Gyllenhaal. O per Alvaro Vitali, non ho capito bene. Tanto
diciamocelo, ognuno che abbia almeno cinquanta like a post su
facebook ormai è considerato una star, e ogni scusa è buona per
rendersi ridicoli a favore della gente affamosa. Una dormiva
direttamente dentro la valigia. Sarà. Io sono vittima di uno strano
fenomeno ipnotico, e non je la potrei mai fà. Per me su quel
tappeto ci possono passare pure Amy Adams, Charlize Theron,
Scarlett Johansson o
Salma Hayek. Se l’attesa per vederle supera i
cinque minuti mi appaiono automaticamente come quattro cessi a
pedali, e perdo interesse. Quando invidio il candore.
(Ang)
Avevo visto in una proiezione
casalinga riservata a pochi la pellicola orizzontale di cui parla
Ang, per questo motivo oggi ho saltato l’anteprima per trovare il
tempo per darme na sistemata (cioè ben 15 minuti), e andare a
vedere Nocturnal Animals di Tom Ford.
Diciamocelo, so annata pure perché il mio sogno è chiedere al
regista, stilista, esteta e talento della moda di firmarmi le
occhiaie, e pensavo di farlo in conferenza stampa, mentre tutti
fanno domande interessantissime e avvincenti, come ad esempio ‘cosa
ne pensi della maternità surrogata’ (n.d.a. chiesto seriamente da
Marilena Vinci a Michael Fassbender. CIOE’ tra
un boato di donne che gli avrebbero chiesto il numero lei chiede la
MATERNITÀ SURROGATA. Brava Vinci, ecco perché
ti amiamo, perché prendi l’ormone e lo metti da parte) io volevo
alzarmi, con gli occhiali da sole Gucci ovviamente, e dirgli ‘Tom,
le cose so due. O me firmi le occhiaie o me spieghi sta cosa dei
culi.
Perché cari miei, se non lo sapete
quest’anno al lido è l’anno del culo. Di riferimenti anali già vi
avevamo raccontato, insomma, parlando del film di Muccino (Gabri,
stacce, you are always on my mind), ma anche il film di Ford non
scherza proprio. Non mi riesce di farne una recensione cazzona
perché la pellicola è davvero molto interessante, a tratti anche
commovente. Un super thriller, esteticamente seduttivo e
cromaticamente perfetto la cui sceneggiatura è stata scritta dallo
stesso Ford, che ti tiene col fiato sospeso fino alla fine.
Quello che stona, ma forse è un
omaggio al lido, è la presenza ingombrante e claustrofobica di
questi culi, messi così un po’ alla cazza, in ogni dove.
Caro Tom, volevi dirci qualcosa
a posteriori?
Non so. Però grazie caro, finalmente
me so dimenticata la proiezione di ieri sera del Cristo Ciego, che
voglio dire, io al cinema me vedo pure senza colpo ferire i
documentari muti sulla storia del cemento, ma sto film m’ha messo
un malumore che avrei preso a capocciate il poro Rauco. Vi
sintetizzo brevemente la storia.
C’è un ragazzo che è convinto di
essere una sorta di reincarnazione di Cristo, tanto da prendere e
partire per aiutare un amico d’infanzia fisicamente in difficoltà,
certo di poter compiere un miracolo sull’arto menomato dell’amico.
Insomma prende e parte a piedi nudi in pellegrinaggio per tutto il
deserto del Cile.
Poi non succede un cazzo.
C’è bisogno che commenti?
Piccolo aggiornamento sugli usi e
costumi. Tranquilli: passano gli anni, cambiano gestioni, ma gli
amici autoctoni so sempre uguali, ce odiano.
Siamo arrivati al lido e già sul
vaporetto uno mi ha detto che proprio non ci sopporta, che
dipendesse per lui ce menerebbe tutti. Ieri una si è premurata di
dirmi che ‘qui fanno la differenziata’. A me lo dici? Che vivo
mezzo anno della mia vita in Emilia Romagna, che te mandano Report
a casa se cicchi per strada?
Per cui pensavo che ci meritiamo
dopo tanti anni un po’ di onestà, per questo vorrei parlare a cuore
aperto, e buttare il badge, che mi, che ci distingue così tanto da
voi, oltre l’ostacolo.
Amici del lido, è dal 1937 che
ci ospitate demmerda. Tirate fuori la dignità e nelle insegne dei
vostri locali, fuori dalle vostre case, sui vostri autobus scrivete
“Desolati, ce provamo dal 1937 ad abituarci alla vostra presenza,
ma ce vié sempre na merda. Questi anni di fallimenti non sono un
caso, ma prova del fatto che siamo proprio incapaci. Qualcuno se
stava a imparà, ma l’abbiamo mannato a vende vetri di Murano ai
turisti. D’altronde, se non se capimo manco tra di noi quanno
parlamo, come pretendete che capimo a voi?
Verrà assegnato a Jackie
Chan l’Oscar alla Carriera durante la prossima edizione
degli Academy Awards. Ad annunciarlo è stata la
presidente dell’Academy, Cheryl Boone, che con
Chan ha annunciato anche gli altri personaggi che riceveranno il
riconoscimento alla carriera: la montatrice inglese Anne v
Coates, il direttore di casting Lynn
Stalmaster e il documentarista Frederick
Wiseman.
Ecco cosa l’attore, regista ed
esperto di arti marziali ha scritto in segno di ringraziamento:
Sono passati 56 anni da quando
ho girato il primo film: avevo sei anni e fino ad oggi ho finito
per lavorare a oltre 200 film. Vorrei ringraziare con tutto il
cuore gli Oscar per avermi assegnato questo premio di
incoraggiamento e per aver riconosciuto i miei traguardi nonostante
la mia “giovane” età. Sono estremamente onorato di essere il primo
cinese nella storia a ricevere questo premio.
Il JC Stunt Team ha sempre avuto
un motto: “Non chiediamo perché, lo facciamo e basta o moriamo”.
Questo è sempre stato uno dei nostri principi fondamentali, nonché
una forma di filosofia di vita che, in qualità di star dei film
d’azione, abbiamo molto a cuore. In tutta onestà, girare un film
d’azione non è semplice. Per noi è normale ferirci e sanguinare,
molti di noi si sono coperti il corpo di ferite, e io non ho fatto
eccezione. Ecco perché vorrei condividere questo onore con i miei
fratelli del JC Stunt Team che hanno attraversato con me momenti
belli e brutti nel corso degli anni. Ci tengo, poi, a condividere
questo premio con ogni altro attore di film d’azione in tutto il
mondo.
Grazie alla mia famiglia; grazie
a ogni persona di talento eccezionale e di grande professionalità
con cui ho lavorato su un set; e grazie ai miei partner commerciali
che mi hanno supportato continuamente.
In verità mi sono imposto un
“piccolo traguardo: spero che questa statuetta dorata non sia la
mia ultima. Non credo che gli Oscar abbiano la regola che non puoi
vincere un’altra statuetta dopo aver già ricevuto un premio
onorario, no?
Approfitto dell’occasione per
ringraziare di cuore i miei fan che mi sostengono da sempre. Siete
il motivo per cui sono tanto motivato ad andare avanti.
Chuck Wepner è il
pugile a cui Sylvester Stallone si è ispirato per
raccontare la storia di Rocky Balboa nel
1976. La sua storia ce la racconta, al Lido, in occasione della
Mostra del Cinema, Liev Schreiber, che in
The Bleeder, interpreta il pugile che è
stato quasi campione del mondo dei pesi massimi.
Schreiber,
protagonista e produttore del film, ha affidato il copione a
Philippe Falardeau, regista canadese di Monsieur
Lazhar, che con la sua sensibilità verso i personaggi
ha convinto l’attore a sceglierlo. Ma il progetto nasce da una
proposta avuta da Naomi Watts, moglie di Schreiber
e interprete, nel film, di Linda, la seconda e attuale moglie di
Wepner. “Ho amato lo script non solo perché parla di boxe, e io
amo questo sport – ha dichiarato Liev – ma perché grazie a
questa storia ho conosciuto questo personaggio e ho scoperto come
ha affrontato la trappola del narcisismo, dell’apparire a tutti i
costi. Per me questa condizione è simbolica anche del lavoro di
attore, nell’essere un personaggio famoso.”
Nel film compaiono alcune icone che
hanno incrociato la via di Wepner, da Ali a Stallone in persona,
che è stato molto collaborativo con il progetto e con l’atore a cui
ha raccontato del suo rapporto con il boxeur.
Anche Naomi Watts
ha raccontato come è stato per lei interpretare questo ruolo
minore, per la storia del film, ma così importante nella vita reale
per Chcuck: “Non ho voluto interpretare la moglie di Chuck
perché in qualche modo era un ruolo che avevo già interpretato.
Inoltre quando sei una coppia nella vita reale tendi sempre un po’
a distrarti. Ho incontrato Linda e abbiamo parlato una sera intera,
mi piace molto la sua saggezza e la sua chiarezza nel vedere le
cose e ho cominciato a costruirla conoscendola, con il look, con la
voce, econ i modi di fare. Lei è una persona piena di vita e per me
è stato bello perché ho sempre interpretato personaggi un po’
tetri, donne sull’orlo di una crisi di nervi.”
Questa sera verrà consegnato
a Liev Schreiber il Persol Tribute to
Visionary Talent Award.
Continuano le riprese
di Spider-Man Homecoming, l’annunciato nuovo
film Marvel Studios e Sony
Pictures, e oggi l’attore Tom Holland ha
pubblicato una nuova foto, nel quale possiamo ammirare uno
Spider-Man più dark, avvolto nell’ombra:
Sinossi: “Un giovane Peter
Parker / Spider-Man (Tom Holland), che ha fatto il suo sensazionale
debutto in Civil War, comicnia ad esplorare la sua nuova identità
nei panni del tessi ragnatele in Spider-Man Homecoming”.
Diretto da Jon
Watts, Spider-Man Homecoming
vedrà protagonista Tom
Holland nei panni di Peter Parker, Marisa
Tomei in quelli di zia May e Zendaya sarà
invece Michelle. Al cast si aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin
Starr, Abraham Attah, Selenis Leyva, Hannibal
Buress, Isabella Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J.
Totah, Michael Mando, Bokeem Woodbine, Tyne
Daly e Kenneth Choi.
Il film racconterà la storia di un
Peter Parker al liceo, dunque sarà un nuovo reboot che arriverà al
cinema 7 Luglio 2017. Secondo alcune anticipazioni rivelate da
Kevin Feige,
nel film dovrebbe apparire Adrian Toomes,
noto per essere il cattivo Vulture, villain che ha debuttato nel
fumetto del 1963 “The Amazing Spider-Man”#2. Prodotto
dai Marvel Studios, il film
sarà distribuito da Sony Pictures.
Per decenni i più grandi filosofi si
sono interrogati sul concetto di responsabiltà. Per Max Weber
l’uomo è chiamato a rispondere delle conseguenze delle proprie
azioni che hanno un peso sulla vita degli altri esseri umani. Per
Hans Jonas il concetto di responsabilità acquista una dimensione
nuova data la minaccia incombente del progresso tecnologico sulla
vita degli individui.
Lo spirito rivoluzionario di
William Powell è il motore di una storia iniziata
nel 1970 che continua ad alimentarsi ancora oggi, chiamando
perentoriamente in causa quel concetto di responsabilità a cui –
nonostante gli anni trascorsi e le parole spese – si fatica ancora
a definire con lucida precisione.
La pubblicazione di The
Anarchist Cookbook, libro contenente le istruzioni per la
fabbricazione di esplosivi che Powell scrisse ormai quarant’anni fa
(a soli 19 anni), è al centro del documentario American
Anarchist di Charlie Siskel. In
un’intervista senza filtri dalla quale emerge una personalità forte
che a mano a mano si libera di qualsiasi sovrastruttura esternando
così tutta la sua fragilità, lo stesso Powell riflette sulle
conseguenze della pubblicazione di una delle più controverse opere
mai pubblicate, a metà tra il manifesto rivoluzionario e il più
didascalico dei manuali.
Siskel si serve di una forma
stilistica molto classica e sicuramente più congeniale al piccolo
schermo (non sorprende, vista l’attiva produzione del regista in
ambito televisivo) per ripercorre la vita di Powell, una vita
segnata dalla continua associazione del suo “libro maledetto” a
decenni di violenza e terrorismo, inclusi episodi di proteste
antigovernative e di sparatorie nelle scuole.
Attraverso le dichiarazioni dello
stesso Powell (e le numerose immagini di repertorio) entriamo in
contatto con l’esperienza di un uomo tormentato alla continua
ricerca di un senso per i danni causati da quello che era
inizialmente (ed unicamente) nato come atto di protesta contro il
coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam, nel
clima esaltante della controcultura e degli scontri politici degli
anni ’60 e ’70.
Siskel cerca di avvicinarsi a Powell
e – di conseguenza – allo spettatore nel modo più limpido e meno
contaminato possibile, dipingendo il ritratto di un rivoluzionario
pentito che, all’età di 65 anni, si ritrova a dover fare i conti
con gli effetti devastanti di una ribellione giovanile che
continuano ad intaccare non solo la sua esistenza e le persone che
lo circondano, ma anche il suo spirito, in una confessione
sorprendentemente sincera che apre le porte a tutta una serie di
profonde e sconcertanti riflessioni.
Il documentario/intervista di Siskel
ha il grande pregio di soffermarsi su Powell in quanto essere
umano, sull’uomo che non riesce a liberarsi del suo passato e che
non smette di interrogarsi sull’importanza delle azioni e,
soprattutto, sull’impatto che le nostre idee e le nostre parole
possono avere sulla vita degli altri.