In Open Grave
Jonah si risveglia in una fossa piena di cadaveri, senza ricordare
nulla di sé e dell’accaduto. Tratto in salvo da una misteriosa
ragazza cinese apparentemente muta, l’uomo attraversa un bosco
pieno di corpi, sino a giungere in una baita isolata dove
all’interno altre cinque persone paiono in stato confusionale ed
affette da amnesia. Che cosa è successo? Chi sono queste persone?
Di chi ci si può realmente fidare?
Partendo da un incipit che ricorda
subliminarmente il recente Wrecked,
Open Grave, quarto lungometraggio dello spagnolo Gonzalo
Lopez-Gallego, si dipana su di una trama che, pur
ricalcando il meccanismo narrativo di Identità
Sospette, riesce intelligentemente a non cadere
nell’agguato del plagio, dando vita ad una storia in generale
solida e ben strutturata, in grado di muoversi agilmente negli
angusti ed (ormai) aridi territori a cavallo tra l’horror e lo
psycho-thriller. Sei persone chiuse in un luogo isolato, senza
memoria e senza fiducia reciproca.
Niente di nuovo dunque, ma il
regista confeziona un prodotto di genere che, seppur con qualche
indubbia ingenuità logica, non può non scatenare la curiosità dello
spettatore, accompagnandolo per mano alla ricerca dei vari indizi
disseminati nel corso del racconto, che porteranno a ricostruire
gli orribili accadimenti che hanno innescato la pellicola. Complici
della buona riuscita finale vi sono in primo luogo l’avvincente
(seppur non originalissima) sceneggiatura di Chris e
Eddie Borey, la quale tappezza la vicenda di ottimi colpi di
scena e descrive in maniera alquanto particolareggiata la
misteriosa psicologia dei personaggi, i quali vengono incarnati da
un ottimo cast che comprende Sharlto Copley,
Joseph Morgan, Thomas Kretschmann, Erin
Richards e Josie Ho. Una recitazione nel complesso
efficace e che riesce a rendere la giusta tensione narrativa, in
perfetta armonia con l’ottimo montaggio dello stesso Gallego, il
quale si affida alla tecnica del flash-back per aiutare a
ricomporre i labili tasselli di un puzzle narrativo in cui niente è
come sembra.
Alterando sapientemente momenti di
puro gore a situazioni di ben dosato thrilling, Open
Grave si dipana lentamente sotto l’occhio avido dello
spettatore, il quale si ritrova non solo a non potersi immedesimare
in uno specifico personaggio, ma come gli stessi, egli è privo di
elementi con cui interpretare la vicenda, affidandosi alle
sporadiche informazioni che gli vengono centellinate nel corso
della storia. Il meccanismo della tensione qui funziona alla
grande, e riesce da solo a compensare a qualche sporadica banalità
logica e recitativa. Senza disdegnare un omaggio al maestro
Romero, il regista spagnolo ci porta a riflettere sul tema
della memoria e dell’identità, e come quest’ultima possa o meno
segnare il nostro futuro. Ma l’interrogativo che permane per tutto
il film rimane sempre uno; che cosa è successo? Come in un
racconto kafkiano il segreto si cela in un antefatto narrativo che
precede i titoli di testa. Un’ inquietante pagina bianca.