Quentin Tarantino
è sotto i riflettori per il suo prossimo film, Django
Unchained che sarà a Natale nei cinema
americani e per le dichiarazioni rilasciate da egli stesso su
Playboy in cui ha detto: “I registi peggiorano quando
invecchiano. Di solito, gli ultimi 4 film di una filmografia sono i
peggiori. Un brutto film ne cancella 3 buoni”. E aggiunge
“10 film potrebbero bastare. Per ora ne ho realizzati 7. Se
dovesse succedere qualcosa nel mio cuore, se avessi una nuova
storia, potrei tornare. Ma se dovessi fermarmi a 10 film sarebbe un
buon manifesto artistico” sull’onda delle reazioni
generali, la Miramax ha deciso di rilasciare in rete molto foto
inedite del film Kill Bill vol 2.
Ciò che emerge dalle foto è
l’esperienza del set e del caos orchestrato dal regista americano,
inoltre ci sono numerose foto di lui steso con membri del cast, tra
cui Carradine, Uma Thurman, Samuel L. Jackson e Daryl
Hannah. Altri scatti riguardano scene solo
intraviste nel finale del film.
Sono state rilasciate online
diverse foto per promuovere una serie di film che vedremo sugli
schermi a partire dal 2013 fino ad agosto dello stesso anno,
variano di genere e stili, ci sono sequel e non, ma le aspettative
sono alte per tutti.
La prima foto è di Karl
Urban che ritorna come Vaako nel terzo film di Riddick, che è ancora una volta diretto da
David Twohy, nel cast si sono anche Vin Diesel e
Katee Sackhoff.
Le altre due foto mostrano
Vin Diesel in Fast
and Furious 6, il film uscirà nelle
sale il 24 maggio 2013 e nel cast sono presenti
anche Paul Walker, Dwayne Johnson, Michelle Rodriguez,
Luke Evans, Joe Taslim e Gina Carano.
Inseguito ci sono due foto di
Matt Damon nel film fantascientifico
Elysium,
e a dividere lo schermo con lui ci saranno Sharlto Copley,
Wagner Moura, Alice Braga e Diego Luna,
il film uscirà nei cinema il 9 agosto 2013.
Ed infine una foto/poster di Ryan Gosling
in Only God Forgives diretto
nuovamente da Nicholas Winding Refn, ma la
pellicola deve essere ancora acquistata per la distribuzione.
E’ stata rilasciata online una clip
per il nuovo film di Gabriele Muccino,
Quello che so sull’amore (Playing for
Keeps) in Italia dal 31 Gennaio 2013. Il regista romano nella
sua
Siamo in un periodo storico
del cinema in cui le produzioni cinematografiche stanno lavorando
sulla ricerca di mezzi da impiegare nel processo produttivo. Il
tema principale del dibattito moderno è sull’intervento delle
tecnologie digitali e del loro utilizzo nei film. Questo si è
accentuato nel momento in cui diversi registi famosi si sono
schierarsi con o contro queste tecnologie.
Poco tempo fa, avevamo affrontato
il tema delle produzioni
cinematografiche. Quest’oggi vi proponiamo un intervista allo
stesso giovane produttore italiano che ci ha illustrato in maniera
dettagliata quali sono i principali ostacoli per produzioni di
questo genere.
Andrea Marotti ha
una casa di produzione, la Film Maker, con sede a Roma e
specializzata in film di genere, dal thriller, all’horror fino al
fantasy. Questa azienda è una produzione cinematografica
indipendente che lavora molto in funzione di coproduzioni e la
commercializzazione attraverso canali distributivi alternativi.
-Andrea, è vero o è
leggenda che determinati aspetti, come l’ideazione di effetti
visivi e mezzi di scena, richiedono una fase di produzione
diversa?
<<È vero che la
realizzazione di qualunque effetto visivo dovrebbe sempre iniziare
con una accurata pianificazione e pre-visualizzazione. La cultura
produttiva predominante ancora oggi nell’industria italiana e
internazionale in relazione agli effetti visivi è quella del “lo
aggiustiamo in post-produzione”, ovvero (…) concentrare tutta
l’attenzione sulla preparazione delle riprese e di rimandare alla
post-produzione e agli effetti visivi tutto quello che in ripresa
non è perfettamente riuscito. Le nuove tecnologie digitali, se
utilizzate in modo consapevole, consentono di realizzare delle
pre-visualizzazioni,(…) molto accurate attraverso le quali il
regista e il produttore possono prevedere il risultato dell’impiego
di una tecnica piuttosto che di un’altra e possono quindi stabilire
in anticipo quale è la strada migliore e più economica per arrivare
all’effetto voluto. La difficoltà sta nell’inserire queste tecniche
all’interno di una pipeline (flusso di lavoro) coordinata e
funzionale, (…) senza alterazioni e perdite di informazione dalle
pre-visualizzazioni, al montaggio fino agli effetti
visivi.>>
-In un
processo come questo, quali difficoltà si incontrano e come
cambiano le aspettative del pubblico?
<<La principale
difficoltà che incontriamo è di natura culturale: la maggior parte
dei produttori non ha alcuna preparazione tecnica o tecnologica e
quindi fatica a capire la portata dei benefici che l’approccio
digitale può portare. È difficile cambiare la mentalità del
“aggiustiamolo in post”.
D’altra parte invece le
aspettative del pubblico sono sempre maggiori: nell’ultimo decennio
i primi dieci maggiori incassi cinematografici a livello globale
sono sempre stati film di effetti visivi. E quasi sempre questi
film hanno innalzato il livello qualitativo e quindi l’aspettativa
del pubblico.>>
-Dando una rapida occhiata
a tutti i film che hai prodotto, si denota come nella tua
filmografia ci sia una linea editoriale. Qual è il motore di base
nell’accettare queste proposte?
<<La linea editoriale
degli ultimi anni è stata determinata innanzitutto dalla presenza
di effetti visivi e dalla possibilità di applicare l’innovazione
tecnologica ai film che ho prodotto. Ma ovviamente trovare una
bella storia e gli interpreti giusti, dal regista al cast fino alla
crew, per raccontarla è sempre l’ambizione
principale.>>
-Una delle caratteristiche
fondamentali della Film Maker, sono le coproduzioni. La tua casa ha
numerosi partner, in Italia, Argentina, Canada e molte altre
ancora. Quanto valore hanno le collaborazione nei mercati
internazionali?
<<Sono fondamentale. Le
nostre partnership internazionali ci hanno consentito di finanziare
progetti che il mercato italiano non avrebbe mai avuto né la forza
né la volontà di realizzare. Lo stesso concetto lo stiamo
applicando alla realizzazione di un network internazionale di
effetti visivi, utilizzando le tecnologie e i software gestionali
per consentire agli artisti digitali di non dover emigrare per
poter lavorare su dei film di livello internazionale. Attraverso
questo network siamo per esempio riusciti a lavorare alla
realizzazione di effetti visivi di alto livello su dei film di
produzione USA, ma dai nostri studi di Roma.>>
-Parlando nello specifico,
Hidden 3D rappresenta la prima coproduzione italo-canadese
per un film in 3D, come è stata l’esperienza nelle due realtà
produttive?
<<Essendo anche il
produttore del film ovviamente non ho avuto problemi ad applicare i
concetti di design visualizzazione e pipeline digitale a questa
produzione. Il risultato è stato che la stereografia del film
risulta essere tecnicamente perfetta e che il film, pur nella sua
relativa riuscita artistica, resta un piccolo capolavoro tecnico e
produttivo.>>
-Stai per affrontare
anche il genere di fantascienza avendo acquisito i diritti del
classico a fumetti L’Eternauta. Puoi dirci di più al
riguardo?
<<È sicuramente il
progetto al quale sono più legato da un punto di vista emotivo e
personale. La scomparsa del mio amico e coproduttore argentino del
film, Oscar Kramer, ha lascito un grande vuoto che
solo ora, dopo oltre un anno dalla sua scomparsa, sia io che i suoi
soci argentini stiamo iniziando ad affrontare. È un film che si
farà, ci vorranno ancora uno o due anni per vederlo nascere, ma
sarà un grande progetto che lascerà una traccia
indelebile.>>
-Hai coprodotto Dracula
3D di Dario Argento, che è stato selezionato anche per il
Festival
di Cannes 2012, quali sono state le difficoltà
maggiori?
<<Dario è un grande
artista che è abituato a realizzare le sue riprese di istinto,
senza pianificazione ne limitazioni o costrizioni tecniche.
Conciliare questo approccio puramente artistico alle necessità
tecniche della stereoscopia e degli effetti visivi è stata
sicuramente la sfida maggiore. I team della stereoscopia (DBW) e
degli effetti visivi (Film Maker) hanno collaborato strettamente e
insieme abbiamo sperimentato nuove soluzioni tecniche che hanno
consentito a Dario di essere relativamente libero di girare quel
che la sua arte e il suo istinto gli hanno
suggerito.>>
Questa settimana al
cinema è all’insegna della musica. Due infatti i live in
programmazione: dei leggendari Queen e del rocker nostrano Vasco
Rossi. Ai quali si aggiunge una vasta scelta di lungometraggi di
svariato genere.
Manca meno di un mese all’uscita
mondiale de Lo Hobbit: Un Viaggio
Inaspettato, e tutto il Globo è in fermeto. Ma la
vera follia euforica si sta respirando forse solo in Nuova Zelanda,
vera e propria patria dell’universo tolkieniano grazie a
Peter Jackson e luogo privilegiato che ospiterà la
premiere del film il prossimo 13 diembre.
Per l’occasione, la linea aerea
nazionale, la Air New Zealand ha ristrutturato i suoi
aeroporti, costruendo nuovi e bellissimi fondali per i rulli
trasporta-bagagli che daranno il benvenuto ai viaggiatori nella
bella isola del Pacifico.
Ancora più di come era accaduto per
Il Signore degli Anelli, Nuova Zelanda e
produzione del film stanno facendo fronte comune, collaborando alla
promozione del film e traendo probabilmente ognuno beneficio
dall’altro.
Ecco le belle immagini postate su
Facebook dalla pagina ufficiale della compagnia
aerea:
Emergono oggi i primi dettagli
relativi al biopic di Aaron Sorkin dedicato a
Steve
Jobs. In un intervento dedicato alla
seconda stagione di The Newsroom e all’eventuale
presenza dello scandalo Petraeus all’interno della serie della HBO,
Sorkin ha parlato del suo adattamento della biografia del
co-fondatore della Apple scritta da Walter
Isaacson.
A quanto sembra, il film sarà
diviso in tre macroscene che, in tempo reale per
la durata di 30 minuti l’una, porteranno in scena il dietro le
quinte dei momenti precedenti al lancio di tre importanti prodotti
Apple quali il Mac, il NeXT e
l’iPod. La speranza dello sceneggiatore è quella
di poter chiudere la pellicola con il testo dello spot della Apple
“Dedicato ai folli” (lo potete trovare qui) narrato da
Dario Fo.
Per potersi preparare al meglio,
Sorkin ha incontrato il co-fondatore della Apple Steve
Wozniak e altri personaggi che hanno realmente orbitato
intorno a Jobs. L’intervento integrale di Sorkin
lo trovate qui di seguito:
http://www.cinefilos.it/wp-content/uploads/2012/06/La-vita-di-pi-film-ang-lee.jpgManca
ormai poco all’uscita dell’attesissimo nuovo film di Ang
Lee negli Stati Uniti, Vita di Pi, e oggi
arrivano due nuove featurette dedicata alla
Il capitolo conclusivo della saga
di Twilight, Breaking Dawn part 2, sbanca il
botteghino dei film più visti nelle sale nordamericane. Il film,
uscito la scorsa settimana, incassa in un colpo solo la bellezza di
141 milioni di dollari. Lo segue ad una discreta distanza
Skyfall,
che questa settimana mette in cassa 41 milioni di dollari, portando
il suo totale a 161. La terza posizione è per il nuovo
kolossal biografico firmato da Steven SpielbergLincoln,
con Daniel Day Lewis nei panni dell’iconico
presidente degli Stati Uniti, che incassa 21 milioni di
dollari.
Il quarto posto è occupato da
Wreck-it Ralph, cartone animato di casa Disney,
che uscirà nelle nostre sale il prossimo 20 Dicembre. Il film ha
incassato altri 18 milioni di dollari che portano il suo totale a
121. A metà classifica rimane stabile Flight,
con un intenso Denzel Washington diretto da Robert Zemeckis. Il
film incassa 8 milioni di dollari questa settimana, per un totale
di 61. Il sesto posto è occupato invece da Argo,
il film, accolto con favore dalla critica, vede nuovamente
impegnato Ben Affleck nel doppio ruolo di regista e attore.
Il film, presente in classifica da
6 settimane, incassa milioni di dollari, portando il suo totale a
92. In settima posizione scende, dopo quasi due mesi di
presenza in sala e in classifica, Taken 2, il cui
incasso totale ha ormai raggiunto i 135 milioni di dollari, di cui
2 incassati questa settimana. La commedia musicale ambientata
in un liceo Pitch Perfect ha avuto una vita
strana: uscito in sala, nelle prime settimane non si è palesato tra
i film più visti, mentre è entrato tra i primi dieci dalla scorsa
settimana, rimanendo comunque nelle zone basse della
classifica.
Da due settimane è infatti in
ottava posizione, con un incasso settimanale di un solo milione di
dollari, che però porta il suo totale a 61. La nona posizione
è occupata da un altro film “resistente”: Here comes the
boom, presente da 6 settimane, è rimasto sempre nella zona
semi bassa della classifica e questa settimana mette da parte un
milione di dollari che si va ad aggiungere al suo totale, che
arriva a 41 milioni di dollari. Chiude la classifica
Hotel Transylvania, che con i 900 mila dollari di
questa settimana, porta il suo totale a 143.
La prossima settimana si
attendono le uscite di: Hitchcock, il film
biografico sul gigante della storia del cinema thriller,
impersonato in maniera stupefacente da Anthony Hopkins, e il nuovo
film di Ang Lee Life of Pi.
Il trailer italiano di Epic, film
d’animazione di prossima uscita distribuito da 20th Century Fox. Il
film è realizzato dai creatori dell’Era Glaciale e Rio e debutterò
al cinema nel 2013.
Arriva online un’incredibile video
che riassume la costruzione dei set epici del
film Il Cavaliere Oscuro – il
ritorno, ultima avventura di Batman targato Christopher
Nolan.Il filmato è uno dei tanti contenuti extra che vedremo nella
versione blu-ray del film in uscita il 4 Dicembre in tutto il
mondo.
Il film di Robert
Redford La regola del silenzio (The company you keep) uscirà al
cinema il 20 Dicembre distribuito da 01 distribution. Tra gli
interpreti della pellicola, oltre allo stesso regista,
Record della saga per Breaking Dawn – Parte 2, che sbanca
al botteghino italiano con un incasso strepitoso. Reggono bene
Hotel Transylvania e Venuto al Mondo, mediocri le altre
new entry. Ci si aspettava un esordio col botto e così è stato.
The Twilight Saga: Breaking Dawn – Parte
2 sbanca al box office italiano con un incasso
record per la saga: il film ha infatti incassato ben 10,4 milioni
di euro da mercoledì a domenica, con una media stratosferica di
9600 euro per sala. Lanciato in oltre 800 copie, l’ultimo atteso
capitolo della saga di Twilight ha debuttato nella sola giornata di
mercoledì con 2,2 milioni di euro, attirando 370.000 spettatori
nelle prime ventiquattro ore. Il finale della saga vampiresca più
amata/odiata degli ultimi anni raggiunge così il totale di 8,2
milioni nei quattro giorni.
Dopo un esordio così imponente, motivato dall’ondata di fan che si
sono precipitate al cinema, ci si aspetta un normale calo nei
prossimi giorni, ma di certo i 15 milioni complessivi di
Breaking Dawn – Parte 1 verranno superati.
I vampiri la fanno da padrone (con
le dovute differenze del caso) al botteghino italiano. Scende
infatti al secondo posto Hotel Transylvania, che incassa 1,7
milioni negli ultimi quattro giorni e arriva a quota 4,5 milioni.
Venuto al Mondo conferma la terza
posizione. La pellicola di Sergio Castellitto regge molto bene,
raccogliendo 1,2 milioni al suo secondo weekend e arrivando così a
3,1 milioni totali.
Skyfall scende al quarto posto con
1,1 milioni. Il capitolo 23 del franchise 007 giunge a un ottimo
risultato complessivo per la saga, superando quota 11 milioni di
euro. Rispetto all’esordio della scorsa settimana, Argo perde una posizione, ma in
termini di incassi regge piuttosto bene. Il film di Ben Affleck
incassa 685.000 euro per 1,7 milioni totali.
Le posizioni successive sono
occupate da pellicole in calo: Viva l’Italia (315.000 euro) e
Red Lights (282.000 euro), giunti
rispettivamente a 5 milioni totali e 958.000 euro.
7 Psicopatici debutta soltanto
all’ottavo posto. Nonostante le ottime critiche e un cast stellare,
il nuovo film di Martin McDonagh raccoglie solo 248.000 euro in 150
copie.
Ottiene invece una media migliore
La sposa promessa, che esordisce in
nona posizione con 153.000 euro raccolti in una cinquantina di
sale. Chiude la top10 un’altra new entry, Acciao, tratto dal romanzo di
successo di Silvia Avallone: il film si accontenta di 92.000 euro
in 40 copie.
Da segnalare infine il quindicesimo
posto di Alì ha gli occhi azzurri. Lanciato in
40 sale, il film ha avuto poco tempo per sfruttare la rilevenza
mediatica ottenuta con la vittoria di due premi al Festival di Roma
appena conclusosi. La pellicola di Claudio Giovannesi incassa
dunque appena 49.000 euro.
Basato su una storia vera,
Black Star tratta di una squadra di
calcio di rifugiati politici che quattro amici italiani allenano
con l’ambizione di farla partecipare al campionato cittadino.
Ottenuto in gestione un vecchio campo di calcio abbandonato nel
quartiere di Pietralata a Roma, la squadra diviene il bersaglio di
un gruppo di abitanti che si unisce in un Comitato di Quartiere,
rivendicando l’uso del campo e ottiene, grazie ad un abile
avvocato, lo sgombero del campo.
Tuttavia dopo essere sopravvissuti
all’inferno dell’emigrazione forzata, i ragazzi non pensano neanche
per un secondo di mollare e si barricano all’interno del campo per
quattro giorni, fino a quando, durante la notte di San Lorenzo,
tutto si risolve in un lacrimevole lieto fine. Per il cast
sono stati scelti tutti attori evidentemente non professionisti:
indubbiamente buone le intenzioni, peccato per il risultato da
dilettanti allo sbaraglio e non solo per la pessima
recitazione.
Black Star, il film
Mettere persone ‘comuni’ davanti ad
una cinepresa (in memoria di Pasolini), si sa, è sempre un rischio
e non tutti hanno il coraggio di mettersi così tanto in
discussione. Pertanto, pur apprezzando il coraggio – che a volte
premia, come nel caso del film vincitore del premio della giuria
Alì ha gli occhi azzurri – non riusciamo
a vederne gli effettivi (inesistenti) risultati.
Il film di Francesco
Castellani, presentato fuori concorso al festival
internazionale del film di Roma è costruito su intuizioni
registiche potenzialmente buone, ma si disintegra nell’impatto con
una sceneggiatura scontata, banale e retorica, e satura di cliché
tipicamente da fiction televisiva… tant’è che il film sarebbe
stato certamente più apprezzabile e godibile se non fosse stato
presentato al festival, ma avesse avuto una distribuzione
prettamente televisiva.
Una materia che poteva essere
interessante, se non altro per il fatto che quello della squadra di
calcio è un progetto vero, scade in qualcosa di già visto, che a
tratti può far sorridere ma che, una volta usciti dalla sala, non
ci lascia granché. Nel finale, decisamente troppo lungo,
l’immancabile lieto fine fa spegnere lentamente le speranze (sempre
dure a morire) di un colpo di scena salvifico… così, succede
esattamente quello che ci si aspetta: discorso commovente e vissero
per sempre felici e contenti.
Una commedia certamente senza
pretese, ma che, nell’ambito festivaliero che giunge alla fine, non
fa altro che dare il colpo di grazia all’inevitabile stanchezza
dello spettatore. Arrivati faticosamente ai titoli di coda, la
sensazione non può che essere quella di una partita giocata male:
perfetta sulla carta, ma disastrosa nell’impatto con la realtà.
Peter Stormare
(Hansel & Gretel: Cacciatori di Streghe,
The Last Stand) sarà protagonista assieme
a Laura Allen (vista in varie serie TV, come
4400 e Grey’s Anatomy)
dell’horror Clown, prodotto da
Eli Roth.
Diretto da Jon
Watts, che lo ha anche scritto, assieme a CD
Ford, il film ruota attorno a un padre che si trova
improvvisamente con un problema, quando il clown che ha assunto per
animare la festa di compleanno del figlio rinuncia all’incarico
all’ultimo momento. Il protagonista allora indosserà lui stesso un
costume, non sapendo che questo è oggetto di una tremenda
maledizione.
Laura Allen sarà la moglie del
protagonista, mentre Stormare avrà il riolo di un ‘esperto’ della
tradizione dei pagliacci e dei relativi lati oscuri che li
circondano…
Ancora azione per Liam
Neeson: non contento di avere a che fare in continuazione
con rapimenti, o di trovarsi a lottare per la sopravvivenza nel
gelo artico, l’attore sembra ora avere tutta l’intenzione di
imbracciare le armi in The All
Nighter.
In questo nuovo action-thriller,
Neeson sarà un attempato sicario che si troverà a scontrarsi contro
i suoi ex datori di lavoro, mentre cercherà di proteggere la sua
famiglia, avendo nel contempo a che fare anche con le autorità.
Il progetto è stato avviato da
circa un anno, su sceneggiatura di Brad Ingelsby
(Out of the furnace); nulla si sa al
momento riguardo il possibile regista. Neeson sarà prossimo
protagonista del drammatico The Third
Person di Paul Haggis e ancora una
volta in un film d’azione, Non-Stop,
stavolta ambientato su un aereo, oltre a offrire la propria voce a
Lego: The Piece Of Resistance.
Dopo una battuta di arresto nel
2011, dovuta all’uscita di scena della Universal,
sembra ora tornare in auge Memphis,
biopic dedicato a Martin Luther King, firmato
da Paul Greengrass. Il film, seguirà le ultime ore
del leader dei diritti civili, giunto a Memphis per dare il suo
supporto ai lavoratori della sanità in sciopero, offrendone un
ritratto a tutto tondo, senza tacerne i lati più controversi. La
storia narrerà anche le vicende successive, con la caccia al
colpevole.
Nonostante lo obiezioni sollevate
dagli eredi di King riguardo alcuni aspetti della trama, Greengrass
sarebbe comunque intenzionato a fare di Memphis il suo prossimo
progetto, sebbene in parallelo stia sviluppando l’idea di un film
dedicato alla squadra di calcio del Barcellona. Il suo lavoro
più recente, intitolato Captain Phillips
e dedicato alla vicenda di un rapimento da parte di prirati somali,
con protagonista Tom Hanks è atteso nelle sale
nell’ottobre 2013.
School of
Fear, serie di romanzi per bambini scritta da
Gitty Daneshvari si prepara a sbarcare sul
grande schermo: al progetto si starebbe interessando, sia in
qualità di produttore che di regista McG (sigla
usata da Joseph McGinty Nichol, regista tra gli
altri We are Marshall e
Terminator: Salvation).
In School of Fear quattro bambini,
affetti a livello patologico di varie fobie (acqua alta,
claustrofobia, insetti e paura di morire) vengono portati dai loro
genitori in una scuola ‘speciale’ dove, grazie Mrs. Wellington,
cercheranno di superare le proprie paure, con metodi ben poco
convenzionali e spesso più terrificanti delle loro stesse fobie.La
sceneggiatura del film sarà firmata da Daniel
Mackey.
Vincent D’Onofrio
(indimenticato Palla di Lardo in Full Metal Jacket e più
recentemente nel cast della serie Law And Order:
Criminal Intent) sarà trai protagonisti di Broken
Horses, esordio in lingua inglese del regista indiano
Vidhu Vinod Chopra.
Al film parteciperanno anche
Chris Marquette (The Girl Next
Door), Anton Yelchin
(Star Trek), Thomas Jane
(The Mist), Sean Patrick Flanery (The
Boondock Saints) e Maria Valverde
(Three Steps Above Heaven).
Ancora scarsi i dettagli riguardo
la trama, che a quanto pare si incentrerà su una guerra di bande al
confine tra Messico e Stati Uniti. La sceneggiatura è stata scritta
dallo stesso Chopra, assieme ad Abhijat Joshi.
A tre anni e mezzo di distanza dai
primi annunci, ancora nulla di certo vi è attorno al progetto
Asteroids, portato avanti dalla
Universal. Inizialmente affidata alla penna di
Matthew Lopez, la versione cinematografica del
celebre videogioco anni ’80 è ora passata nelle mani di Jez
Butterworth. Come gli appassionati ricorderanno, nel
videogame (uscito per la Atari), il giocatore
doveva difendere la Terra da una pioggia di asteroidi tramite la
sua navicella spaziale.
Tradotto sul grande schermo, il
tutto potrebbe dare vita al classico film catastrofico, per quanto
l’idea non sia certamente nuova né originale (da
Meteor ad
Armageddon, Hollywood è periodicamente
tornata sul tema di oggetti spaziali in rotta di collisione con la
Terra). Possibile anche una versione in stile Dark
Stark, magari con un manipolo di piloti spaziali
incaricati di intercettare i pericolosi asteroidi.
Vedremo se e cosa sarà in grado di
creare Butterworth, che al suo attivo ha film come Fair
Game (Caccia alla spia),
L’ultima legione e Birthday
Girl, del quale è stato anche regista. Lo
sceneggiatore ha al momento in corso vari progetti, il più
interessante dei quali è un biopic dedicato a James
Brown. Poco altro è stato deciso riguardo il film: si era
parlato di una regia affidata a Roland Emmerich,
ma al momento l’indiscrezione non ha trovato conferme. Il progetto
è comunque sotto la supervisione di Lorendo di Bonaventura, già
produttore delle serie di Matrix e
Transformers.
Si è conclusa da meno di dodici ore
la VII edizione del Festival Internazionale del Film di Roma
2012 e l’Auditorium ha chiuso i battenti alla critica e ai
giornalisti , mai come quest’anno, provenienti da tutto il mondo,
per lasciare spazio al pubblico che oggi potrà vedere le repliche
dei film premiati ieri sera dalla Giuria Internazionale presieduta
da Jeff Nichols.
Marco Mueller ha
condotto con grande professionalità e attenzione un Festival
vissuto forse con troppa ostilità da chi si aspettava una Venezia
2.0, accompagnando gli ospiti più importanti da un punto di vista
mediatico e raccogliendo sia gli applausi che i fischi che hanno
riempito la sala Sinopoli ieri sera alla premiazione. E parliamone
subito, visto che è l’argomento caldo di questa giornata post
festivaliera: il premio alla miglior regia a Paolo
Franchi per E la Chiamano Estate
ha fatto arrabbiare e indignare non solo la critica cinematografica
(o meglio gran parte di essa) che non sempre però è tenuta in
considerazione, ma soprattutto il pubblico, che in fase di
proiezione con gli ospiti ha addirittura preteso indietro i soldi
del biglietto. Jeff Nichols, PJ
Hogan e tutta la Giuria Internazionale hanno difeso in
maniera un po’ blanda la loro scelta in conferenza stampa
post-premiazione, alimentando ancora di più il malcontento.
Tutta’altra storia il premio a Isabella Ferrari
per la migliore interpretazione femminile: l’attrice protagonista
di E la Chiamano Estate si è fatta carico
di pesanti fischi e dissensi, nonostante forse il suo premio sia
davvero meritato, dal momento che ha partecipato ad un film che
l’ha messa alla prova realmente, da un punto di vista fisico e
psicologico.
Quello che Cinefilos.it vuole
mettere in chiaro una volta per tutte in relazione al film di
Franchi è che, l’opera è stata così male accolta non per un
malcelato senso di bigottismo o pudore che pervade la stampa
italiana, ma proprio perché ad opinione nostra e di tutti i nostri
colleghi il film è stato fatto, seppure con le migliori intenzioni,
davvero senza nessun criterio registico, ed è proprio da questo
punto che nasce il dissenso totale per il premio alla migliore
regia, riconoscimento che, lo ricordiamo, ha anche una valenza
tecnica.
Ma E la Chiamano
Estate non è stato, per fortuna, l’unico film
premiato. Applausi per Marfa Girl di
Larry Clark, il regista che ha raccontato con
grande amore uno spaccato quotidiano di una cittadina di confine
tra Messico e Texas. Anche il Marc’Aurelio d’Oro a Clark
ha fatto discutere, ma in maniera più contenuta, conciliando forse
di più i pareri comunque contrastanti della critica. Per quanto
riguarda gli attori, abbiamo già parlato della Ferrari, mentre
restano da commentare il premio ai due francesi Jérémie
Elkaïm per la sua interpretazione in Main dans
la Main e a Marilyne Fontaine che ha
vinto il premio per la migliore esordiente grazie al suo piccolo
ruolo in Un Enfant de Toi. Se la
performance della Fontaine è stata premiata nel contesto di un film
che non aveva ambizioni, la vittoria del bravo Jérémie è sembrato
un contentino a quello che era considerato uno dei principali
concorrenti al Marc’Aurelio d’Oro, in memoria del fatto
che il Festival di Roma delle passate edizioni ha sempre premiato
una commedia.
Il miglior contributo tecnico è
andato invece all’unico film messicano in concorso, Mai
Morire, per la bellissima fotografia realizzata da
Arnau Valls Colomer, emozionatissimo e incredulo
nel ricevere il riconoscimento al suo lavoro. Altro premiato tra
gli italiani è stato Claudio Giovannesi con il suo
bel film Alì ha gli occhi azzurri, che
pur non essendo perfetto si colloca in quel filone di cinema
sociale che riesce ancora a raccontare qualcosa di interessante
allo spettatore. Giovannesi ha portato a casa anche il premio per
la Migliore opera prima e seconda assegnato dalla giuria
presieduta dal kubrickiano Matthew Modine.
The Motel
Life, dei fratelli Gabriel e Alan
Polsky, ultimo film presentato in concorso, ha vinto,
nell’ambito del premi principali, il riconoscimento per la migliore
sceneggiatura, portando a casa anche il Premio del Pubblico BNL per
il miglior film e conquistando anche il primo posto per il Mouse
D’Oro, premio che la stampa on line assegna in via ufficiosa
durante i Festival di Roma e Venezia. Quello che secondo chi scrive
è stato il miglior film presentato al concorso di quest’anno,
insieme all’ignorato A Glimpse inside the Ming of
Charlie Swan III diretto da Roman
Coppola, è da considerarsi quindi il vero vincitore del
Festival, dal momento che ha riunito il parere del pubblico e della
critica “giovane” on-line.
All’indomani della conclusione del
Festival di Roma, possiamo quindi dire che l’evento, atteso e
criticato sin da prima del suo effettivo svolgimento, ha generato
polemiche a tutti i livelli, soprattutto per la mancanza di quei
nomi altisonanti che Mueller era solito portare in gran quantità al
Festival di Venezia. Premesso che
qualsiasi confronto tra le due realtà festivaliere italiane è fuori
luogo, Marco Mueller ha davvero, secondo chi
scrive, fatto il meglio che poteva con il poco tempo che aveva,
riuscendo a collezionare buoni film in concorso (come
The Motel Life, A Glimpse inside the Ming of Charlie
Swan III, Back to 1942) accanto alle inevitabili
“cose brutte” che in tutti i Festival capita di vedere. Promuoviamo
Mueller e la sua squadra con riserva, in attesa di vedere cosa
riuscirà a fare il prossimo anno, se ci sarà un prossimo anno, con
tempo e forze a disposizione.
Il vero problema alla base di ogni
tipo di polemica resta però l’identità di un Festival che fino ad
ora ha avuto conduzioni così diverse da minarne solamente la base e
addirittura la ragion d’essere. Bisognerebbe forse trovare il
giusto equilibrio tra cinefilia e star system, cinema indipendente
e pellicole di grande richiamo, per riuscire ad accontentare tutti
e dare finalmente giustizia al bellissimo palcoscenico che
l’Auditorium offre al Festival Internazionale del Film di
Roma. Tutto sul Festival di Roma nel nostro speciale
Mundo Invisivel è un film
collettivo che raggruppa importanti registi mondiali mettendoli
alla prova del racconto di quella parte di mondo che spesso non si
vede con un tocco artistico: il submondo del centro di una grande
città, un gatto nero nel cimitero, indios nel giardino della città,
la tecnologia ed il ritmo incessante della metropoli, l’arte
dell’attore, la spiritualità della favela, un cameriere di un
albergo di lusso, un elogio alla pazzia tra la vita e la morte, un
tributo al pubblico del cinema, le sfide della visione residuale,
un genocidio nascosto.
Si tratta di cortometraggi la cui
durata varia dai 3 ai 15 minuti, e per realizzare i quali sono
stati chiamati nomi importanti come Wenders, Egoyan, De
Oliveira e il compianto Theo
Anghelopolous.
I cortometraggio sono tutti
ambientati in Brasile, nella città di San Paolo in particolare, ad
eccezione del corto di Atom Egoyan, che però torna in Brasile
dopo aver raccontato dell’invisibilità del genocidio armeno, con un
artificio del racconto.
L’idea di questo film collettivo è
venuta a Leon Cakoff, siriano naturalizzato
brasiliano, critico cinematografico, che ha iniziato a ragionare
sul concetto di invisibilità, sia come malattia, ossia della
impossibilità del vedere, sia come posizione sociale, del non
essere visto.
Da qui, quindi lo sguardo dei
registi si è posato anche in maniera ironica sulle difficoltà di
interazione del mondo moderno: De Oliveira ad esempio, ironizza sul
caos tecnologico delle metropoli, raccontando la storia di due
amici che escono insieme, ma che, per parlarsi, sono costretti a
telefonare l’uno all’altro per superare il caos cittadino. O invece
come Wenders, che focalizza l’invisibilità sul non vedere, portando
il suo sguardo sul lavoro di alcuni medici che ridanno la vista ai
bambini nati con delle problematiche alla vista.
Mundo
Invisivel allo stesso tempo vero e poetico, che
interpreta la posizione dell’uomo nel mondo spesso caotico e
distratto.
Presentato fuori concorso alle settima edizione del Festival
Internazionale del Film di Roma, Tom Le
Cancre di Manuel Pradal, regista di
Maria della Baia degli Angeli (presentato
a Venezia nel 1997), è un film dall’apprezzabile grazia a livello
tecnico e di trama, che si distingue per le deliziose
interpretazione dei giovanissimi protagonisti.
A metà tra Peter Pan e il Lucignolo
di Pinocchio, Tom il Somaro ci porta con Tom Le
Cancre alla scoperta di quello che è – perdonate
l’insistenza con le favole – un misto tra il paese delle meraviglie
e quello dei balocchi. Portando con sé gli spettatori, una classe
di bambini di 5 anni sostituisce paradossalmente la maestra,
svenuta nel bel mezzo di una gita a causa di una bacca velenosa,
con un.. somaro: Tom che di andare a scuola ha smesso prestissimo e
vive tra i boschi, solo. Totalmente smarriti, i bambini si mettono
al servizio del somaro, che non li lascerà tornare a casa fino a
quando non avranno dimenticato tutto ciò che hanno imparato a
scuola.
Tom Le Cancre, il film
A parte questo, tuttavia, dopo i
primi fuocherelli di entusiasmo e dopo una brillante prima parte,
con dialoghi a dir poco esilaranti tra i bambini che si trovano in
una situazione di autogestione, comincia a perdere di ritmo,
protraendosi noioso e ridondante per novanta minuti che, per quanto
possano sembrare pochi, risultano essere anche troppi.
Tolto il tentativo non riuscito di
mettere d’accordo grandi e piccini, Tom le
Cancre resta un’opera collocabile in una categoria
ben precisa, d’intrattenimento di qualità per i più piccoli. Di
particolare interesse il personaggio che dà il titolo al film, la
cui indole più profonda resta un’incognita dall’inizio alla fine:
il ragazzo sembra oscillare tra l’egoismo di chi se l’è sempre
cavata da solo e l’altruismo incerto e goffo di chi occasioni per
essere ‘più buono’ in fondo non ne ha mai avute.
Una complessità che sarebbe stata
interessante approfondire e che avrebbe forse dato più impatto al
film ma che, evidentemente, è stata sacrificata a causa degli altri
due personaggi principali, ai quali sembra dedicata un’attenzione
superflua. Tuttavia quella di dare rilievo ad alcune situazione
piuttosto che ad altre, resta una scelta comprensibile nell’ambito
di un film destinato al pubblico giovanissimo.
Nonostante gli uomini facciano
milioni di cose pur di non fermarsi semplicemente a parlare del sé
più profondo, quello in cui si prova ad elaborare il dolore per un
rapporto finito, la ferita mai rimarginata della sconfitta e il
senso di inadeguatezza per tutto ciò che sembra più grande di noi,
ad un certo punto della vita succede che tutto quello che un uomo è
stato ed è gli si para davanti, fastidioso come la testa del tipo
più alto di noi al cinema: proprio non puoi ignorarlo. Tutto questo
è Una pistola en cada mano di Cesc Gay, una
commedia corale suddivisa in cinque ‘episodi’ più un epilogo in cui
il tempo sembra dilatarsi, nello spazio di una ‘semplice’
chiacchierata in cui otto uomini si raccontano con totale
sincerità, in un modo che troppo spesso sembra alieno al mondo
maschile. Nel farlo, i nostri otto protagonisti sembrano finalmente
togliere la maschera di forza che si sentono costretti ad
indossare, rivelando i loro lati più deboli, ma anche quelli più
comici.
Il regista catalano con Una
pistola en cada mano ci mette di fronte a frammenti di
vita quotidiana: incontri casuali e non che diventano straordinari.
Con un montaggio lento e una certa predilezione per la camera
fissa, grazie alla bravura degli attori (tra cui Ricardo Darìn,
Eduardo Noriega, Javier Càmara e Eduard Fernàndez) e a dialoghi non
solo serrati, ma dall’ironia dissacrante e sagace, Gay non rischia
mai di cadere in ridondanze inutili, anzi tiene sempre desta
l’attenzione dello spettatore, che riesce a trascorrere 100 minuti
di intrattenimento di ottimo livello.
Una materia che nelle mani di
qualcun altro avrebbe sicuramente finito per diventare banale e già
vista, grazie a Cesc Gay, alla sua decima regia, diventa un inedito
ed intelligente quadro generazionale che mette in mostra le
debolezze dell’uomo, analizzandolo con onestà e spogliandolo di
quello strato di pudore che tende a nasconderle e che si
concretizza in una ‘Pistola in ogni mano’, nel tentativo di
difendersi dal giudizio del sé e degli altri.
Presentato nella categoria fuori
concorso alla settima edizione del Festival Internazionale del Film
di Roma, con Una pistola en cada mano ci
avviamo alla fine di un Festival che avuto sì, molti alti e bassi,
ma che ha regalato, soprattutto nell’ambito della commedia, dei
risultati niente male.