La sequenza presa in analisi è
tratta dal film Across the Universe, in
particolare l’analisi proposta si sviluppa tramite un lavoro
comparativo tra una sequenza del film e un videoclip dei Green Day
Wake me up When September Ends; scopo di tale lavoro è quello di
individuare assonanze tra le immagini di uno e dell’altro prodotto
preso in questione, e nel caso particolare non solo di immagini
mostrate, ma anche di storie raccontate, avvalorando la tesi di una
reciproca influenza tra i due mezzi presi in considerazione mediata
dalla contaminazione reciproca che generi e linguaggi attraversano
e “che va innanzitutto nella direzione di un collage multimediale”
[1]
La scena considerata, quella del
funerale del fidanzato della protagonista Lucy (Evan Rachel Wood),
comincia dall’arrivo della notizia della morte al fronte del
giovane. La sequenza accompagnata da un brano dei Beatles ha un
significato conchiuso che sta a sé esattamente come un video
musicale, e questo per ogni segmento del film. Le canzone in
questione è Let it Be, del 1970 (composta principalmente da Paul
McCartney anche se viene come da consuetudine attribuita al duo
compositivo Lennon/McCartney), alla quale sono accostate le
immagini prima di Lucy sconvolta e scene di guerriglia urbana nelle
quali si nota un ragazzino cantare e poi le scene montate in
parallelo di due funerali, quello del giovane marines, e quello del
bambino di colore visto cantare in precedenza, in qualche modo
legato ad un atro protagonista del film, Jojo.
Il videoclip, diretto da Michael
Perlmutter, racconta invece la vicenda di una giovane coppia che
viene separata dalla decisione di lui di rispondere alla chiamata
dello Zio Sam. La canzone del gruppo statunitense, malinconica, che
parla di memoria e ricordi e di tempi felici passati troppo in
fretta, viene raccontata proprio con la storia dei ragazzi che
all’inizio sono felici insieme e poi separati dalla guerra.
Anche se non è detto che la storia
del video finisca come quella del film (la canzone, e con essa il
video, finisce prima che possa finire anche la storia raccontata),
notevole è l’impronta che il primo, del 2005, ha lasciato nel
secondo, del 2007. E’ impossibile non ricordare il primo guardando
l’altro sia per la presenza, non trascurabile, di Evan Rachel Wood,
che interpreta entrambi, sia per tutto il bagaglio tecnico che i
due prodotti hanno in comune. Oltre all’evidente adozione, in
entrambi i casi di un montaggio parallelo, straordinario è il
lavoro sulla fotografia, calda e luminosa nelle scene gioiose per
entrambi, tendente al verde e decisamente più cupa nelle scene di
guerra. Non può esserci esempio più chiaro di come due generi, che
dovrebbero parlare lingue diverse su supporti diversi, riescono
invece a darsi mutuo soccorso per uno sviluppo di entrambi verso
nuove forme espressive, il cinema usando il digitale e il
compositing a tratti esasperato, il video adottando una narrazione
di eventi ed uno stile registico tipicamente cinematografici.
Il collage multimediale di cui
sopra è proprio questa mescolanza, questa contaminatio che si
verifica sempre più di frequente, e che in film musicali, quali
Across the Universe, non può fare a meno di essere debitrice del
genere più prossimo al musical, il videoclip. Molteplici infatti
sono gli esempi di registi che passano dall’uno all’altro genere,
tra i più disinvolti sicuramente Michael Gondry, e con risultati
eccellenti, vedi il piccolo gioiello Eternal Sunshine of the
Spotless Mind[2]. Tuttavia in questo caso, i numeri musicali
prendono il sopravvento su tutto, addirittura sulla (debole) trama
che li attraversa. Il film si riduce ad essere un percorso, la
presentazione di un momento nel suo svolgersi, nella sua
immediatezza. Al contrario di Garrone che in Primo Amore elimina,
come fa il suo protagonista, tutto il superfluo fino a raggiungere
ciò che è davvero importante, quasi un’operazione beckettiana di
sintesi e straniamento dalla concretezza del proprio essere, qui la
regista Julie Taymor, lavora per accumulo, realizzando “un film
visionario e psichedelico raccontato dai Beatles, i cui testi
acquisiscono nuova linfa, con uno sguardo al passato e uno al
presente”[3].
Il musical moderno, diverso dai
molteplici made in MGM degli anni ’40 e ‘50, consente questo lavoro
di accumulo, ma difficilmente si riesce a trovare l’armonia tra
musica ed eccessi grafici e scenografici, come invece accade con
splendente efficacia in Moulin Rouge (2001 di Baz Luhrmann). A
giustificare lo slegamento dei segmenti in Across the Universe può
intervenire, solo in parte, l’ingombrante (perché celebre) colonna
sonora che sovrasta storia ed interpretazioni.
Il tipo di rapporto dialettico che
il film istaura con il videoclip sta alla base della contaminazione
tra i generi, e qui non si parla più in maniera ristretta di generi
cinematografici, ma si ci riferisce appunto ai diversi generi di
intrattenimento/media che vengono proposti e si moltiplicano grazie
proprio all’introduzione del digitale e al nuovo e ampissimo
ventaglio di possibilità che una mente fantasiosa riesce a
concepire.
Si tratta dunque di uno
snaturamento del mezzo cinematografico oppure di un completamento,
come dichiara Metz, della sua intrinseca natura onirica? Guardando
ad Across the Universe si direbbe che sebbene la contaminatio sia
un mezzo espressivo produttivo, restano comunque ben definiti i
campi per ogni singola manifestazione artistico –comunicativa, cioè
esistono, nonostante la labilità dei confini tra gli uni e gli
altri, ambiti riservati alle storie da cinema, raccontate per il
cinema, e invece ambiti, non meno validi, che si prestano a
raccontare, come per la storia dei Green Day, un breve stralcio che
può avere o meno uno sviluppo di spazio e tempo insieme ad un senso
compiuto, come può essere un cortometraggio o un videoclip.
[1] G.D. Fragapane, Tra Fotografia
e Cinema. Nuovi spazi nell’era digitale in Passages, drammatugie di
confine a cura di A.Ottai pag. 6.
[2]Brutalmente tradotto in italiano
con Se mi lasci ti cancello con due protagonisti eccezionali, Jim
Carrey e Kate Winslet che ha ricevuto una nomination
all’Oscar come miglior attrice protagonista. Il film ha inoltre
vinto una statuetta per miglior sceneggiatura originale.
[3] Mattia Nicoletti in
http://www.mymovies.it/dizionario/recensione.asp?id=49437