‘Le avventure di un Monarca
riluttante’, questo potrebbe essere un sottotitolo adatto per
Il Discorso del Re, bellissimo film di
Tom Hooper, in questi giorni nelle sale. La storia
è semplice, ben scritta e magistralmente interpretata: quando Re
Eduardo VIII abdica per poter sposare una donna divorziata, tocca
al timido Bertie, secondogenito di Giorgio V, salire al trono, con
il nome di Giorgio VI.
Il Discorso del Re, la trama
Bertie però non è solo timido, ma è
balbuziente, un vero e proprio handicap per un re che dovrebbe
guidare il suo popolo in una guerra mondiale, la Seconda,
attraverso l’utilizzo della nuova tecnologia radiofonica. Il film
si apre su un discorso fallimentare che Bertie, all’inizio Duca di
York, non riesce a pronunciare in pubblico a causa della sua
invadente balbuzie.
In questo modo veniamo
immediatamente proiettati nel cuore della vicenda, e nel dramma di
quest’uomo che si vede impedito a svolgere i suoi doveri di
componente della famiglia reale; il regista Tom
Hooper si incolla così al suo protagonista, dall’inizio il
suo problema, la sua difficoltà diventa la nostra e la sua ansia è
condivisa con il pubblico che incondizionatamente si pone dalla
parte di quest’uomo che avendo tutte le caratteristiche dell’uomo
comune, è costretto dagli eventi ad assumere un ruolo
straordinario. Ben presto si accorgerà di esserne all’altezza, ma
non prima di aver mostrato la sua umanità, la sua irascibilità e il
suo temperamento orgoglioso.
A capo di questa messa in scena
eccellente il grandissimo
Colin Firth, che già ha impressionato lo
scorso anno nella sua interpretazione del dolore in
A Single Man, e che adesso incanta e
commuove con la sua performance ne Il Discorso del
Re: l’imponenza fisica e la duttilità attoriale di
Colin sono state messe a disposizione di un personaggio, il lavoro
mimetico, dal gesto, alla postura, alla dizione, tutto è stato
curato nel minimo dettaglio e il risultato è straordinario. Firth
riesce ad apparire fragile, nonostante la sua imponenza, a sembrare
sconfitto nonostante l’immensa statura morale del suo personaggio,
lui è Giorgio VI. Accanto a
Colin Firth traviamo due attori di ottimo
livello:
Helena Bonham Carter, che interpreta la
consorte Elizabeth, e Geoffrey Rush, nel ruolo del
controverso logopedista che viene incaricato di guarire il futuro
sovrano, Lionel Logue.
Entrambi gli attori sono
perfettamente all’altezza dei ruoli loro assegnati, e se la Carter
appare una discreta ma salda spalla per Bertie, Geoffrey Rush da
vita ad un personaggio spiritoso, ironico e decisivo per lo
svolgimento narrativo della vicenda. A quanto pare l’attore si
trova molto bene a corte, più che altro nei ruoli di consigliere o
amico reale! Da sottolineare anche la presenza molto breve di
Timothy Spall che interpreta Winston Churchill.
L’attore ritrova la Carter con la quale ha già lavorato in
Sweeney Todd,
Alice in Wonderland e nella saga di Harry
Potter e anche lui si conferma un ottimo attore capace
di un lavoro mimetico davvero notevole.
Ma artefice della bellezza del film
è in primis Hooper, che con una regia molto visibile segue i suoi
personaggi e li posiziona con precisione all’interno del quadro,
privilegiando il decentramento del soggetto e lasciando respirare
l’inquadratura, riprendendo grandi pareti spoglie e ponendo il
personaggio in un angolo, a voler lasciare spazio intorno, a voler
far vedere oltre per far respirare il quadro, e con esso lo
spettatore, proprio come il re balbuziente impara a fare a poco a
poco da Lionel. L’elegante e preciso balletto che Hooper mette in
scena con i suoi attori è coronato e perfezionato
dall’accompagnamento musicale di Alexandre
Desplat, che con discrezione prima e con decisione poi
accompagna nel giusto modo la vicenda, senza imporsi ma rimanendo
sempre presente, accompagnando.
La grande forza de Il
Discorso del Re però è insita nella storia e nella
straordinaria empatia che riesce ad instaurare con il pubblico,
nell’altissimo grado di tensione che riesce a trasmettere e nella
grande emozione che restituisce. Non è solo tanta bella forma, come
solo le produzioni inglesi sanno fare, è anche tanto significato,
una storia di grande forza e grande umanità, con una bellissima
sceneggiatura, attenta e calibrata e avvalorata dalla storia vera
che il film racconta, in una confezione perfetta, coronata da
Colin Firth nella sua interpretazione più
bella (e forse anche fisicamente impegnativa) di sempre.
In un mondo in piena rivoluzione,
quando la comunicazione (e i mezzi di comunicazione) comincia a
diventare davvero importante attraverso i mass media (la
radio), cosa che il film sottolinea più volte, un uomo riesce a
superare i propri limiti ed a diventare un simbolo sotto il
quale un intero impero si rifugerà durante il secondo conflitto
mondiale. Assolutamente un film da vedere, e di rigore, in versione
originale!