Joss Whedon è
probabilmente il regista più amato dai fan dei cinecomics, avendo portato per la prima volta sul
grande schermo gli Avengers. Dopo Age of
Ultron, il regista ha apparentemente chiuso la sua
collaborazione con Marvel, per il momento, ma resta
sempre aperto a collaborare di nuovo con la casa delle idee e con
qualunque altro studio che gli offra la possibilità di portare
qualcosa di personale in un disegno più grande.
In particolare, Joss
Whedon ha dichiarato di non disdegnare affatto l’idea di
dirigere un film di un franchise importante come quello di
Star
Wars: “Credo sia una cosa divertente da fare, non
credete? Mettere qualcosa di personale al servizio di un disegno
più grande se ti permettono di aggiungere la tua interpretazione.
Non c’è niente di diverso da nessun’altro racconto. A volte bisogna
barcamenarsi, ma per esempio la Marvel mi ha fatto fare due film
che sono fondamentalmente miei. Per cui, farei un film su Bond? Si.
Anne Hathaway tornerebbe di nuovo a fare Catwoman? Perché no.
Voglio fare un film di Star Wars? Certo. Perché mai si dovrebbe
dire di no? Ho visto il trailer di Rogue One e ho pensato che
vorrei davero fare qualcosa del genere.”
Che i vertici della
LucasFilm siano in ascolto? Che ne pensate?
Joss Whedon rivela quale
Avengers sarebbe perfetto come
Presidente degli USA
Kevin Feige è
sicuramente una preziosa fonte di informazioni per quello che
riguarda la produzione dei filmMarvel, e l’atteso
Avengers Infinity War non fa eccezione.
Il boss dei Marvel
Studios ha infatti parlato di nuovo dei personaggi che vedremo
nel film che siglerà la fine della Fase 3 e ha
annunciato che potremmo vedere anche alcuni dei personaggi che
costituiscono la formazione degli Illuminati.
“Dunque, quello che è
interessante in merito agli Illuminati – ha dichiarato Feige –
è che alcuni personaggi della formazione interagiscono con
altri personaggi, quindi non so esattamente in che modo seguendo la
storyline, ma alcuni personaggi tra questi saranno visti sullo
schermo nel prossimo Avengers Infinity War.”
Gli Illuminati sono un gruppo
di personaggi dei fumetti, creato da Brian Michael
Bendis (testi) e Steve McNiven (disegni),
pubblicato dalla Marvel Comics. Considerando che la
formazione originale della squadra, composta da Namor, Iron
Man, Freccia Nera, Charles Xavier, Doctors Strange e
Reed Richards, fanno già parte del MCU, nons arebbe strano vederne alcuni all’opera
contro Thanos.
Avengers Infinity
War arriverà al cinema il 4 Maggio 2018.
Christopher Markus e Stephen McFeely si
occuperanno della sceneggiatura del film, mentre la regia è
affidata a Anthony e Joe
Russo.
Il sito Event Cinemas ha svelato, anche se non in
maniera ufficiale, la durata complessiva di Rogue One A Star
Wars Story, che arriverà al cinema il prossimo 14
dicembre. Il film diretto da Gareth Edwards
dovrebbe essere lungo 133 minuti, ovvero 2 ore e 13, il che lo
renderebbe cinque minuti più breve di Star Wars il
Risveglio della Forza. La durata sembra ragionevolmente
attendibile, anche se non si hanno ancora conferme ufficiali dalla
LucasFilm o dalla Disney.
Diretto da Gareth
Edwards su una sceneggiatura di Gary
Whitta e Chris Weitz, Rogue
One a Star Wars Story è un film prequel ambientato
negli anni tra La Vendetta dei Sithe
Una Nuova Speranza. L’uscita in Italia è
prevista per il 14 dicembre 2016. Nel cast del
film Felicity Jones, Mads
Mikkelsen, Rizz Ahmed, Diego
Luna, Forest Whitaker, Jiang
Wen e Ben Mendelsohn.
Il film sarà certamente
ambientato durante a “Dark Time” dell’Impero, Tra gli episodi III e
IV e sarò il più oscuro e grintoso film dell’universo di Star Wars.
Sembra che il film sarà un war movie vecchia maniera. Nella storia
tutti i Jedi vivono in clandestinità e probabilmente saranno sullo
sfondo della storia principale. Ci saranno inoltre un sacco di
nuove forme di vita aliena. Saranno introdotti nuovi personaggi
droidi e Alieni. At-at, X-Wings, Ala-Y, A-Sts saranno presenti
nella storia. Ci sarà molta azione nella Jungla. Sembra un nuovo
droide sarà parte della banda di ribelli che tentano di rubare i
piani della Morte Nera. Felicity Jones sarà un soldato ribelle
pronta per la battaglia.
Continua la produzione di
Black Panther in casa Marvel, e dopo avervi rivelato il titolo di lavorazione del
film di Ryan Coogler, arriva adesso via Variety una nuova informazione in merito al
casting del film.
Letitia Wright, che
vedremo in Ready Player One di
Steven Spielberg, è entrata a far
parte del cast e interpreterà Serita, un personaggio creato
appositamente per il film con protagonista Chadwick
Boseman. Sembra probabile che si tratti di un quarto
membro del Dora Milajea, il corpo di guardia
personale di T’Challa.
Coogler scriverà e dirigerà
Black Panther che seguirà la storia di
T’Challa, il re guerriero di Wakanda, da dove era stata interrotta
in Captain America Civil
War. Non è ancora chiaro quali altri personaggi
parteciperanno alla storia, anche se sembra una buona possibilità
che nel film ci sia anche Ulysses Klaw, che ha esordito in
Avengers Age of Ultron con il volto di
Andy Serkis. Inoltre sembra ci possa essere spazio
anche per Everett Ross, visto sempre in Civil
War con il volto di Martin
Freeman.
Chadwick Boseman interpreta il
protagonista, T’Challa, già visto in Captain America
Civil War. Con lui ci sono Michael B. Jordan che interpreterà Erik Killmonger (un
villain nel materiale d’origine), il premio Oscar Lupita Nyong’o, che sarà Nakia, un ex
membro del Dora Milaje di Wakanda, ora agente del Killmonger, e
Danai Gurira nei panni di Okoye, un
membro del Dora Milaje, le donne che si allenano per diventare le
mogli del Re di Wakanda. Winston Duke sarà Man
Ape.
Black
Panther arriverà al cinema il 16 febbraio del
2018.
La giornata di giovedì 20 ottobre
alla Festa di Roma è stata tutta per Meryl
Streep, vera e propria leggenda internazionale che ha
portato alla manifestazione capitolina il suo ultimo film, Florence Foster Jenkins.
Di seguito gli scatti dal tappeto
rosso dell’Auditorium:
Sarà presentato oggi nella
selezione ufficiale della Festa del cinema di Roma
2016, The Hollars, il film diretto
da John
Krasinski con protagonisti Anna Kendrick,
Mary Elizabeth Winstead, Sharlto Copley e Richard
Jenkins.
Festa di Roma 2016: The Hollars
diretto da John Krasinski
Trama The Hollars:
John Hollar è un artista di New York costretto a tornare nella
piccola città della provincia americana che ha lasciato da tempo,
nel momento in cui riceve la notizia della malattia di sua madre.
Dopo essere tornato nella casa in cui è cresciuto, John rimane
immediatamente coinvolto, suo malgrado, nei problemi della sua
famiglia disfunzionale, ritrova un vecchio rivale di quando era al
liceo e la sua ex fidanzata particolarmente esuberante, tutto
questo mentre la sua ragazza, a New York, sta per avere un bambino
e lui sta per diventare padre.
Sarà presentato oggi alla Festa del cinema di Roma 2016, 7
minuti, il nuovo film di Michele Placido
che vede protagonisti AMBRA
ANGIOLINI, CRISTIANA
CAPOTONDI, FIORELLA
MANNOIA, MARIA
NAZIONALE, VIOLANTE
PLACIDO, CLÉMENCE
POÉSY, SABINE TIMOTEO e
con OTTAVIA PICCOLO e ANNE
CONSIGNY.
7 minuti una
produzione Goldenart con Rai
Cinema arriverà al cinema dal 3 Novembre
2016.
Festa di Roma 2016: Michele Placido
con 7 minuti
7 MINUTI Da
una storia vera: I proprietari di un’azienda tessile italiana
cedono la maggioranza della proprietà a una multinazionale.
Sembra che non siano previsti
licenziamenti, operaie e impiegate possono tirare un sospiro di
sollievo. Ma c’è una piccola clausola nell’accordo che la nuova
proprietà vuole far firmare al Consiglio di fabbrica. Undici
donne dovranno decidere per sé e in rappresentanza di tutta la
fabbrica, se accettare la richiesta dell’azienda. A poco a
poco il dibattito si accende, ad emergere prima del voto finale
saranno le loro storie, fatte di speranza e ricordi. Un
caleidoscopio di vite diversissime e pulsanti, vite di donne,
madri, figlie.
Walt Disney
Pictures ha diffuso un nuovo contributo video
di Doctor Strange, l’attesissima nuovo
film Marvel Studios in uscita il 26
ottobre che trascinerà il pubblico in un viaggio pericoloso,
misterioso e strabiliante.
Secondo il produttore Kevin
Feige“nell’Universo Cinematografico Marvel ci sono numerosi film
ambientati in contesti urbani: si tratta di storie ‘a misura
d’uomo’ per così dire. E poi c’è il livello cosmico, che abbiamo
esplorato in film come Thor, Guardiani della Galassia e The
Avengers. Ma nei fumetti Marvel c’è anche un lato
soprannaturale molto importante, che non avevamo ancora esplorato
al cinema. Doctor Strange è il film ideale per entrare finalmente
in quel reame”.
Per realizzare un film che si
amalgamasse con il realismo dell’Universo Cinematografico Marvel, il regista Scott Derrickson
voleva assicurarsi di prendere molto sul serio il lato scientifico
delle dimensioni alternative, rispettando le varie teorie
scientifiche sugli universi paralleli. “Il
misticismo” spiega il regista, “rifugge le
nostre categorizzazioni e la nostra abilità di comprendere
attraverso la conoscenza, che è scientifica e dimostrabile. Ai miei
occhi, il misticismo non nega l’esistenza della realtà: vuole
semplicemente dirci che esiste una realtà superiore che va oltre la
nostra comprensione”.
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la storia del
neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che
viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un
terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo
tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione
altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà
che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un
avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che
vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi
scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare
alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e
ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Ad appena un anno di distanza dal
suo ultimo lungometraggio – un biopic dal titolo The
Program – il celebre regista de Le Relazioni
Pericolose,Stephen Frears, torna all’attacco
con Florence Foster Jenkins film liberamente
ispirato alla vita dell’omonima cantante d’opera.
La storia si svolge a New York nei
gloriosi anni venti. Florence (Meryl
Streep), è una ricca ereditiera, una donna bizzarra ed
eccentrica che, pur non avendo alcun tipo di talento musicale,
sogna di diventare una famosa cantante lirica. Convinta di poter
stregare il pubblico newyorkese con la sua voce non proprio
angelica, Florence tenterà la scalata al successo con l’aiuto del
marito St. Clair Bayfield (Hugh
Grant), un nobile inglese squattrinato nonché mediocre
attore teatrale, e del giovane pianista Cosmè McMoon (Simon
Helberg).
Stephen Frears ancora una
volta sceglie di raccontarci la storia di una donna eccezionale e
complessa nella sua diversità, con quella grazia e raffinatezza
caratteristiche del suo stile. Nonostante infatti la storia di
Florence fosse stata già proposta al cinema soltanto un anno fa da
Xavier Giannoli con il suo
Marguerite – film che conquistò pubblico e critica
al Festival di Venezia -, l’ultima
fatica di Frears sembra avere una marcia in più. Mentre il film di
Giannoli è un vero e proprio ‘one woman show’, Florence
Foster Jenkins lascia spazio di manovra anche agli altri
personaggi; il ritratto della protagonista si delinea anche e
soprattutto grazie alla presenza di una coppia di comprimari
d’eccellenza come Hugh Grant, straordinario nella parte del
marito fedifrago e devoto allo stesso tempo, e Simon
Helberg – l’Howard Wolowitz di The Big Bang
Theory – che dà vita ad un personaggio a dir poco esilarante
dimostrando di essere pronto ad abbandonare il mondo delle sitcom
per spiccare il volo.
Si tratta quindi di una commedia
brillante ma non solo; a momenti di estrema comicità Frears
contrappongono infatti scene davvero drammatiche che creano uno
leggero squilibrio nella narrazione e rallentano in alcuni
punti il ritmo di un film che, per la maggior parte, corre spedito
e senza intoppi. A fare la differenza, oltre al magnifico impianto
estetico del film, è senza alcun dubbio la presenza di una
protagonista immensa ed ineguagliabile nella sua bravura. Dopo aver
visto infatti Meryl Streep cantare come un
usignolo in film come Mamma Mia!, Radio America e
il più recente Into The Woods, sorprende che la
stessa possa essere tanto convincente con una voce tanto sgraziata
e stonata.
Grazie quindi ai suoi
colori pastello, ai tessuti preziosi e scintillanti degli
eccentrici abiti della protagonista, alla sua accattivante
atmosfera così retrò, Florence Foster Jenkins è un film che incanta
e che riesce a placare la fame di bellezza dello spettatore.
Nonostante non sia il Frears migliore degli ultimi anni, questo
film è un irrinunciabile ‘pasticcino’ da festival al quale nessuno
saprà rinunciare.
Dopo aver visto confessarsi e
sfilare sul tappeto rosso star internazionali come
Tom Hanks,
Viggo Mortensen e
Oliver Stone oggi la Festa del Cinema di accoglie la
meravigliosa Meryl Streep, leggenda del
cinema.
L’attrice premio Oscar più premiata
al mondo, qui a Roma per l’anteprima italiana del film
Florence Foster Jenkins di Stephen
Frears, subito dopo la proiezione si è concessa ai
giornalisti in una lunga ed entusiasmante conferenza stampa. Ecco
il resoconto dell’incontro.
Si dice che solo chi canta
senza cuore può definirsi davvero senza talento; dopo essersi messa
alla prova con il difficile ruolo di Florence, come considera
questa affermazione?
“È un’affermazione davvero
interessante e che non avevo mai sentito. Penso che la utilizzerò
in futuro quando dovrò parlare di Florence [ride]. Per me il
talento è prima di tutto una questione di passione; tutto ciò che
facciamo perde d’importanza se non lo facciamo con amore.”
Nel corso della sua
carriera l’abbiamo vista affrontare ruoli sempre differenti e mai
facili. Questa volta come si è preparata per il personaggio di
Florence?
“Devo ammettere che è stato
molto difficile ed interessante lavorare su Florence. Non ho mai
avuto un ruolo come questo […] Quando ho iniziato a prepararmi per
affrontare questo nuovo personaggio, mi è subito venuto in mente un
episodio di cui avevo letto tempo fa e che riguardava il famoso
compositore statunitense George Gershwin; nonostante il suo
incredibile talento, spesso Gershwin suonava da solo in una sala
vuota, andando fuori tempo quasi come volesse stonare di proposito.
Ecco, questo mi ha fatto pensare immediatamente a Florence, alla
quale non importava cantare bene o meno ma lo faceva solo perché
era una cosa che la rendeva felice.”
Le elezioni presidenziali
americane sono ormai alle porte e tutti noi conosciamo bene le sue
opinioni a riguardo; c’è qualcosa che vorrebbe dire agli americani,
un messaggio che vorrebbe condividere, affinché votino per Hillary
Clinton o per Donald Trump?
“[ride] Devo dire che
onestamente non ne sento la necessità. Stanno entrambi facendo un
ottimo lavoro da soli, senza il mio aiuto, a difendere i propri
valori…soprattutto Trump [ride]. Penso che gli americani abbiano
ormai capito di che pasta è fatto e di quanto valga Hillary. Ora la
decisione spetta a loro.”
Nel film St. Clair –
interpretato da uno splendido Hugh Grant – protegge sua moglie
Florence dalle recensioni negative che continuano a pioverle
addosso. C’è mai stato un St. Clair nella sua vita che, per
risparmiarle un dolore, le ha tenuto nascoste delle recensioni non
proprio lusinghiere?
“[ride] Devo ammettere che non
leggo mai le recensioni. Senza offesa ma penso che il giornalismo
al giorno d’oggi sia avvelenato da una massiccia dose di criticismo
che spesso e volentieri si abbatte sulle donne soprattutto riguardo
l’aspetto estetico; si parla di come sia invecchiata una donna, di
quante rughe le siano comparse sul viso o di quanto sia ingrassata…
Preferisco evitare tutto questo, non mi interessa. Mi affido di
solito alle persone che mi amano e che amano ciò che faccio; il
loro parere per me conta più degli altri anche non è quasi mai
obiettivo [ride].”
Lei è ormai considerata una
leggenda del cinema, un’attrice alla quale le ragazze più giovani
si ispirano e che prendono ad esempio. Come si sente ad essere un
modello per le nuove generazioni di attrici?
“Mi sento davvero onorata ed
obbligata a dare il massimo in ogni cosa che faccio. Devo dire che
mi sento spesso sotto pressione, soprattutto il primo giorno di
lavoro, perché appena metto piede sul set sento immediatamente gli
occhi di tutti addosso. Le persone tendono a trattarmi come un mito
ma io sono una persona come le altre; voglio che, soprattutto al
lavoro, non ci siano muri tra me e i miei colleghi né tantomeno che
loro abbiamo paura di me [ride]. Anche io commetto errori; spesso
sul set capita che, nonostante le indicazioni dettagliate del
regista, io sbagli o mi dimentichi una battuta o che vada a destra
invece che a sinistra: solo in quel momento le persone cominciano a
rilassarsi.”
L’abbiamo vista spesso
cantare in film come Radio America e Mamma Mia! e sappiamo che ha
una bellissima voce. Con Florence invece si è dovuta confrontare
con una donna che è tutto fuorché intonata; in che modo si è
preparata?
“Sembra strano ma la
preparazione è stata lunga e molto complessa. Avevo un vocal coach
che mi seguiva e ricordo che, proprio mentre cercavo di capivo come
riuscire ad interpretare quelle bellissime arie in pieno stile
Florence, mi divertivo a provocare con i miei atteggiamenti il mio
bravissimo pianista russo che faceva di tutto per trattenersi e non
scoppiare a ridere.”
Ricordiamo tutti con quanto
vigore ha sostenuto, all’ultima edizione del Festival di Berlino,
il film italiano Fuocoammare di Gianfranco Rosi e sicuramente saprà
che sarà il candidato italiano nella categoria Miglior Film
Straniero ai prossimi Oscar. Forse non sa che la candidatura di
Rosi è stata accompagnata da una lunga polemica proprio
perché per molti il film sarebbe stato meglio nella categoria
documentario; continuerà a sostenere Fuocoammare agli
Academy?
“Oh ma certo! Sono molto
orgogliosa che il film di Rosi sia stato scelto per rappresentare
l’Italia agli Oscar e spero che l’Academy lo vorrà sostenere. È un
film assolutamente unico nel suo genere. Per noi americani spesso
le tragedie del mediterraneo sono solo numeri o statistiche lette
dai presentatori del tg della sera; vedere invece immagini di corpi
senza vita in acqua o il volto insanguinato di un bambino
terrorizzato scampato ad un bombardamento è qualcosa che colpisce
nel profondo. Tutti sappiamo riconoscere il male ma spesso non
riusciamo ad immaginarne gli effetti catastrofici. Fuocoammare è un
film importante che continuerò a sostenere.”
Nonostante la poca maturità
di Florence, che sembra quasi una bambina intrappolata nel corpo di
un’adulta, lei è riuscita a rendere il suo personaggio molto
complesso e a regalarci tutto un caleidoscopio di
emozioni.
“Prima di tutto grazie per il
complimento, lo apprezzo molto. È bello che sia riuscita a
trasmettere così tanto con un solo personaggio. Florence è una
donna molto più complessa di quanto si possa pensare; proprio come
una bambina riesce a strapparti un sorriso con un show
improvvisato, così anche l’ingenuità di Florence ti colpisce dritto
al cuore […] In lei ci sono ancora quell’incoscienza e quella
spontaneità che tutti noi, purtroppo o per fortuna, perdiamo
naturalmente crescendo.”
Per Florence l’arte, la
musica, è una vera e propria ragione di vita; per lei cosa vuol
dire fare cinema?
“È lo stesso per me. Quando
recito mi sembra sempre la prima volta, provo le stesse sensazioni,
lo stesso brivido del primo giorno. Il mio entusiasmo non svanisce
con il passare del tempo e ogni ruolo riceve le stesse attenzioni;
ogni personaggio va difeso e curato perché ognuno merita il suo
posto nel mondo.”
Per lei recitare è un po’
come nascondersi in un personaggio oppure sente in qualche modo di
prevaricarlo?
“Alcuni dei registi con i quali
ho lavorato potrebbero dire che io in effetti l’abbia fatto [ride].
In realtà non ho mai voluto prevaricare i personaggi ma immergermi
completamente in essi: è una sorta di mio guilty pleasure [ride] È
qualcosa che ho sempre fatto già da piccola quando mi divertivo a
fingere di essere mia nonna; voler essere qualcun altro è un
privilegio che viene concesso a noi attori al quale non potrei mai
rinunciare. È terribilmente egoista, lo so [ride].”
Nel film di Stephen Frears
si parla tanto dell’amicizia di Florence con Arturo Toscanini, noto
direttore d’orchestra italiano; cosa le piace
dell’Italia?
“[parla in italiano] Ooohhh amo
tutti! In America tutti vogliono essere italiani [ride].”
C’è qualche attrice giovane
oggi che pensa possa essere in un certo senso la sua erede e che
possa fare una carriera simile alla sua?
“In tanti anni di carriera
penso di aver infranto un bel po’ di tabù e di aver fatto strada
alle nuove generazioni. Anni fa quando un’attrice arrivava a
sessant’anni diventava inutile e nessuno sapeva cosa farle fare e
la sua carriera si spegneva lentamente. Adesso, anche grazie alla
televisione, le donne hanno molto più libertà e scelta.”
Il personaggio di Florence
vive in un’illusione per placare il suo dolore fisico e non solo.
Crede che questa possa essere una soluzione? E, ha mai pensato di
saper fare qualcosa che invece non le riusciva poi così tanto
bene?
“I film sono un’illusione.
Senza il cinema e i film voi non sareste qui con me. Tutti abbiamo
bisogno di illusione per vivere e per affrontare la vita quotidiana
senza sentire il costante desiderio di suicidarci [ride] Per quanto
riguarda la seconda parte della domanda, non mi viene in mente
niente di specifico ma ho dei figli che non perdono mai occasione
di ricordarmi cosa non riesco a fare [ride].”
Non so se lo sa ma esiste
un film francese, Marguerite di Xavier Giannoli, presentato l’anno
scorso al Festival del Cinema di Venezia, che racconta una storia
molto simile a quella di Florence Foster Jenkins. Volevo sapere se
ha mai visto questo film e cosa ne pensa.
“Ho sentito molto parlare di
Marguerite e sempre con toni entusiastici ma purtroppo non l’ho
ancora visto.”
Fritz Lang,
all’apice della sua carriera, dopo i grandi successi realizzati in
Germania, è in profonda crisi nel trovare la giusta ispirazione per
un nuovo film, che gli viene pressantemente richiesto dai suoi
produttori.
Nel suo vivere smodato e svogliato,
tra prostitute e abuso di droga, si imbatte sul giornale nella
notizia di un crudele assassino seriale a Düsseldorf. Decide così
di indagare e di costruire il suo nuovo film sulla vicenda,
abbandonando la grandiosità della messinscena e l’uso delle masse,
che lo avevano caratterizzato nelle sue opere precedenti, per
potersi liberamente dedicare alla psicologia di un singolo
personaggio, avvalendosi anche al supporto del sonoro.
L’indagare, vagando in uno stato di psicosi generale creata
dall’assassino e il confrontarsi con lui dopo l’ arresto, lo
porterà a una dolorosa riflessione nei confronti di se stesso.
Gordian Maugg getta in pasto al
pubblico un Lang molto diverso dalla logica mitizzazione che
solitamente avviene nei confronti delle figure di spicco di arte e
cultura. Con un duro e convincente bianco e nero, in un formato
quadratoide che richiama le vecchie pellicole, racconta senza
pudori e senza pietà i tormenti di un uomo famoso, egocentrico,
drogato, sadico, costretto a fare i conti con un passato duro e
violento. Lo vediamo in crisi con la moglie Thea, anche sua
sceneggiatrice, ma soprattutto alle prese con i tragici ricordi
della guerra, con le persone da lui uccise in Galizia e con la
ferita all’occhio che lo accompagnò per tutta la vita.
Il regista costruisce una sfrontata
indagine da parte di Fritz Lang sul mostro di
Düsseldorf, aiutata e permessa da un suo amico nella Polizia, dove
i fatti reali si mescolano con l’immaginazione e con la finzione
filmica. In questo sta tutta l’originalità e la destrezza di Maugg,
che riesce abilmente a costruire un insieme di sequenze in cui il
confine tra realtà e finzione viene continuamente spezzato con
sapienti irruzioni visive di personaggi ed elementi. Un azzeccato
uso di materiali di repertorio e di spezzoni di film dello stesso
Fritz Lang, in particolare M – Il Mostro
di Düsseldorf, diviene materia plasmabile nelle sue mani
rappresentando una scelta vincente. Gli interpreti sono convincenti
e perfettamente calati nei ruoli, supportati da una fotografia ben
calibrata, anche se forse scontata, per il suo richiamo duro e
tagliente, oltre al già citato bianco e nero, al cinema
espressionista tedesco.
Rimane solamente il dubbio di quanto
si sia spinta la mano sulla fantasia, forzando il reale svolgersi
degli eventi e giocando forse troppo sulla figura di Fritz
Lang.
Ecco le prime foto Meryl
Streep all’Auditorium dove presenta nella selezione
ufficiale della Festa del cinema di Roma 2016Florence Foster Jenkins, il film diretto da
Stephen Frears. Ecco tutte le foto:
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Florence Foster
Jenkins racconta la storia vera della cantante d’opera
Florence Foster Jenkins, diventata nota per le sue scarse abilità
canore.Meryl
Streep è la protagonista della pellicola, affiancata
da Hugh Grant, Simon Helberg, Nina Arianda e Rebecca Ferguson.
Le riprese del film si sono svolte
nel Regno Unito. Nel film vediamo la Streep nei panni di
Florence Foster Jenkins con Grant nei panni del
suo partner St. Clair Bayfield.
Il film è la storia
vera dell’ereditiera di New York ossessionata dall’idea di
diventare una cantante d’opera. La sua voce che lei percepiva nella
sua testa era bellissima, ma per tutti gli altri era chiaramente
orribile. Suo “marito” e agente, St. Clair Bayfield, un
aristocratico inglese che faceva l’attore, era determinato a
proteggre la sua amata Florence dalla verità. Ma quando lei decise
di dare un concerto pubblico a Carnegie Hall nel 1944, lui seppe
immediatamente che era di fronte alla più grande sfida della sua
vita.
Il film è diretto da Stephen
Frears su una sceneggiatura di Nicholas
Martin e nel cast vediamo anche Simon Helberg,
Rebecca Ferguson e Nina Arianda. Il film
uscirà nelle sale britanniche il prossimo 6 maggio, mentre negli
Stati Uniti arriverà il 12 agosto.
Il giovanissimo Kubo, scampato
grazie alla mamma alla furia del malvagio nonno, si guadagna da
vivere affascinando gli abitanti di un piccolo villaggio di
pescatori con il suo magico dono di dar vita a storie mirabolanti
facendole saltar fuori dagli origami animati al suono del suo
Shamisen. Il nonno ha rubato un occhio al piccolo Kubo quando era
appena nato e ora vorrebbe impossessarsi di quello rimasto, facendo
ricorso a tutte le sue arti malvagie e all’aiuto di due terribili
zie.
Che Laika sforni
capolavori non è certo una novità e le quattro candidature
all’Oscar sui quattro film finora realizzati lo conferma
pienamente. L’Oriente messo in scena in Kubo e la
spada magica da Travis Knight innamorato
perdutamente del Giappone dai tempi in cui seguiva il padre
(Proprietario di Nike) nei suoi viaggi di lavoro, è veramente
sorprendente per accuratezza di dettagli e per maestosità, nonché
per l’originale capacità di interpretazione grafica, che ci regala
un Giappone dei tempi dei samurai unico e convincente. I set,
costruiti realmente in teatro di posa, in scala 1:5, sono
stati poi ulteriormente moltiplicati ed estesi con sapienti
interventi di compositing digitale, rendendo le ambientazioni
fortemente spettacolari e soprattutto credibili.
I personaggi sono
meravigliosi e denotano un lungo studio per approdare alle felici
scelte definitive. Kubo, il protagonista, riesce letteralmente a
sfondare lo schermo, regalando una miriade di espressioni e di
emozioni da fare invidia al migliore degli attori in carne e ossa.
La riconoscibilità dei caratteri stilistici dei personaggi
rappresenta un altro punto di forza del progetto. Si capisce dai
primi fotogrammi che si tratta di un film con il marchio Laika, ormai sinonimo di qualità e
garanzia per una storia avvincente, mai banale, con contenuti
adatti a ogni età e soprattutto con le giuste tinte macabre, che
l’accompagnano dai tempi dello stupefacente
Coraline.
In Kubo e la spada
magica l’uso del digitale è massiccio, necessario per
supportare la grandiosità delle situazioni sceniche, ma anche
discreto e non prova mai a rubare la scena all’animazione a passo
uno, che rimane in tutta la sua riconoscibilità.
Le voci originali sono di grandi
attori del calibro di Charlize Theron, Art Parkinson,
Ralph Fiennes, George Takei,
Rooney Mara e Matthew McConaughey, e
di conseguenza anche l’impostazione fondamentale della recitazione
impartita ai burattini. Rimane quindi la paura per il doppiaggio
italiano, che come spesso avviene per i film d’animazione potrebbe
sminuire o male interpretare il grande lavoro di base fatto sulla
caratterizzazione dei personaggi.
La colonna sonora, piacevole,
funzionale alla narrazione e chiaramente dal sapore orientale, è
dell’italiano Dario Marianelli. Per i titoli di
coda la cantautrice e pianista Regina Spektor ha
realizzato una cover di “While My Guitar Gently Weeps”,
celebre brano dei Beatles, scritto da George
Harrison.
Travis Knight,
approdato finalmente alla regia dopo anni di lavoro come capo
animatore e produttore, ci regala un gioiello dell’animazione a
passo uno, un viaggio fantastico adatto a spettatori di ogni età.
Una festa per gli occhi, un turbine di colori, l’avventura di una
piccola armata di personaggi strabilianti immersi in
ambientazioni mozzafiato che si rifanno a un Giappone antico
e reinventato con intelligente fantasia. Il quarto film di casa
Laika Kubo e la Spada Magica rappresenta
l’ennesimo riuscito passo avanti nel perfezionamento di quella
particolare forma di animazione riportata non troppi anni fa alla
ribalta dal buon Tim Burton.
Il primo trailer di
Logan ci ha dato un assaggio di quello che sarà il
terzo film su Wolverine, con protagonista uno
Hugh Jackman invecchiato e alle prese con il tempo
che scorre inesorabile, anche per un mutante eternamente giovane
come quello che interpreta ormai da 16 anni.
Di seguito potete vedere qualche
screen ad alta risoluzione dal trailer stesso
in cui vediamo non solo Logan e l’annunciato
Xavier, ma anche una ragazzina che dovrebbe essere
X-23:
Per Hugh Jackman questo ritorno nei panni
del mutante con gli artigli di adamantio sarà la sua ottava volta
(se si conta anche il cameo di X-Men L’Inizio) nel
personaggio. È l’attore che più di tutti rappresenta i mutanti
Marvel al cinema, una sorta di
Robert Downey Jr per il corrispettivo
MCU, e potrebbe essere arrivato
alla fine del suo coinvolgimento nel franchise proprio con questo
film.
Logan ha un’uscita
prevista per il 3 marzo 2017. Alla regia c’è James
Mangold (già regista di Wolverine
L’Immortale), mentre nel cast ci saranno Hugh
Jackman,Boyd Holbrook, Richard
E. Grant, Stephen Merchant, Eriq La
Salle, Elise Neal e Patrick
Stewart.
Mentre il 26 ottobre 2016 è sempre
più vicino e l’uscita nelle nostre sale di Doctor Strange si approssima,
arrivano dagli Stati Uniti le prime reazioni alla visione del
film.
Quello che sembra un sentimento
condiviso dai più è che, lontano dai soliti sensazionalismi legati
a un nuovo film Marvel in uscita, questa
volta la casa delle idee abbia prodotto un film intelligente e
visivamente innovativo, che porta avanti l’aspetto estetico del
MCU e non solo storie e personaggi. Inoltre anche il
3D sembra essere stato sfruttato a pieno.
Steven Weintraub:
Doctor Strange è diverso da qualunque film di Marvel ed è per questo che amo la
Marvel. Continuano a a reinventarsi
facendolo sembrare semplice. La componente visiva è meravigliosa.
Vale la pena guardarlo in 3D. Ci sono due scene nei titoli di coda
ed entrambe anticipano il futuro…senza spoiler. Non è il miglior
film Marvel, ma è un fantastico
adattamento di Doctor Strange con delle sequenze che vi manderanno
al tappeto.
Peter Sciretta: Le
scene d’azione di Doctor Strange rendono i quadri di MC Escher
perfettamente innocui. Cumberbatch è completamente immerso nel
personaggio, il film è più divertente di quanto mi aspettassi, un
richiamo alle storie in solitario in stile Iron Man.
Josh L. Spoockey:
Dico Sì alla Proposta di Legge della California 64 perché voglio
qualunque cosa si fumino alla Marvel, e la voglio subito. La
magia in Doctor Strange rende Harry Potter come un circolo di
prestigiatori. Tra le cose migliori, i personaggi del film sono il
più multidimensionali possibile. Lo sviluppo e la conclusione delle
storie sono architettate a dovere.
Erik Davis: È
decisamente il film Marvel più strano fino ad oggi, ma
è selvaggio e strano nei migliori modi possibili. Aspetto visivo da
urlo, storia ben inquadrata. Le scene d’azione sono incredibili,
ferocemente folli, frenetiche e nerd. Se c’è un punto debole, è
l’umorismo. Non si fonde bene come nel caso degli altri film
Marvel.
David Ehrlick:
Doctor Strange è colpevole di *tutti* i soliti problemi dei film
Marvel, ma Tilda Swinton e alcune
sequenze impressionanti lo rendono uno spettacolo meritevole di
essere visto. Non pensavo che l’avrei detto, ma finalmente abbiamo
un film Marvel con una bella colonna
sonora. Che fortuna essere vivi per assistere a tutto ciò.
Mike Ryan: Mi è
piaciuto. Il film più autonomo dall’UCM degli ultimi tempi. Mi è
quasi sembrato un reboot di Iron Man. Nel senso che sembra che quel
coglione ma affascinante Stephen Strange sia destinato a prendere
il posto di quel coglione ma affascinante Tony Stark. Strange e
Stark sono *quasi* lo stesso personaggio. Ha senso che scelgano una
star come Cumberbatch per entrare in gioco ora che Downey si
prepara a dire addio. Spero solo che un giorno impari a essere
semplicemente Doctor Normal.
Wolfman Bibbiani:
Non lo metterei nella top cinque dei film Marvel, ma Doctor Strange è un film
di grande intrattenimento con grandi idee, CGI da favola e scene
d’azione uniche.
Alex Welch: Doctor
Strange contiene alcune delle migliori scene d’azione in un film
Marvel. Ci sono solo problemi con
l’umorismo e con il ritmo della storia. Benedict È Doctor Strange,
la sua performance tiene incollati allo schermo per tutto il film.
E poi anticipa qualcosa di molto eccitante per l’Universo Marvel in arrivo. Ultima cosa: la
colonna sonora di Michael Giacchino è la migliore mai ascoltata in
un cinecomic della Casa delle Idee.
Jeff Cannata:
Ricordate quando Matrix vi ha fatto ricredere su cosa fosse
possibile mostrare nelle scene d’azione? Doctor Strange lo fa per 4
o 5 volte.
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la storia del
neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che
viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un
terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo
tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione
altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà
che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un
avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che
vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi
scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare
alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e
ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Grazie ai contenuti speciali
presenti nell’edizione Home Video di Star
Wars Il Risveglio della Forza, veniamo a conoscenza di
un interessantissimo e inedito dettaglio sul film diretto da
JJ Abrams.
In un estratto dal commento audio al
film diffuso poche ore fa online, infatti, Abrams ha rivelato che
Ava DuVernay (regista dell’acclamato
Selma) ha avuto un ruolo fondamentale nella
preparazione della scena che vede duellare Rey (Daisy Ridley) e Kylo Ren (Adam Driver). Nello specifico, si
tratta della sequenza in cui Rey si scaglia contro il maestro dei
Cavalieri di Ren, che venne girata durante un reshoot quando la
maggior parte delle riprese era ormai terminata.
Come spiegato dal regista, la
DuVernay gli consigliò di includere nella scena il momento in cui
Rey fa un respiro profondo, chiude gli occhi e senta la Forza
scorrere potente in lei. Un dettaglio che ha aggiunto ancora più
pathos al duello, specie dopo la scena in cui vediamo Rey impugnare
la spada di Luke richiamandola a sé proprio grazie alla Forza.
Star Wars Il Risveglio della Forza
è arrivato sul grande schermo il 16 dicembre 2015 con un cast che
include il ritorno di Harrison
Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, Anthony
Daniels, Peter Mayhew e Kenny
Baker
con le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
Driver, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline
Christiee Max
von Sydow.
Star Wars Episodio Il Risveglio della
Forza si svolge circa 30 anni dopo i fatti raccontati
in Episodio VI Il Ritorno dello
Jedi.
Dopo la distruzione della
seconda Morte Nera e la caduta dell’Impero, dalle ceneri di
quest’ultimo è nato il sinistro Primo Ordine, con a capo il Leader
Supremo Snoke e il suo braccio destro Kylo Ren. Oltre alla
Resistenza, sostenuta dalla Repubblica e guidata dal generale Leia
Organa, il pericolo numero uno del Primo Ordine è l’ultimo dei
cavalieri Jedi, Luke Skywalker, misteriosamente sparito da tempo. A
cercare Luke è anche sua sorella Leia che vede in lui l’unica
possibilità di ristabilire pace e giustizia nella galassia. Per
trovarlo, Leia ha inviato sul pianeta Jakku uno dei suoi più bravi
e coraggiosi piloti, Poe Dameron. La missione segreta di Poe è
quella di recuperare un indizio sul luogo in cui si trova
Luke…
Piuma di Roan
Johnson: E’ la storia di Ferro e Cate, due ragazzi come
tanti, ai giorni nostri. Una gravidanza inattesa e il mondo che
inizia ad andare contromano: la famiglia (quella accogliente e
“normale” del ribelle Ferro, quella sgangherata e fuori dagli
schemi della più assennata Cate), la scuola (i fatidici esami di
maturità), gli amici (che sì, li capiscono, ma devono partire per
il viaggio organizzato dopo gli esami), il lavoro (che non c’è).
Tra tentennamenti e salti nel buio, prese di responsabilità e bagni
di incoscienza, i due protagonisti attraverseranno i nove mesi più
emozionanti e complicati della loro vita, cercando di non perdere
la loro purezza e quello sguardo poetico che li rende così
speciali.
Cicogne in Missione di
Nicholas Stoller, Doug Sweetland: Le cicogne
portano i bambini… o almeno una volta era così. Adesso consegnano i
pacchi per Cornerstore.com, il gigante del commercio online.
Junior, il miglior impiegato dell’azienda, è sul punto di ricevere
una promozione quando per sbaglio attiva la Macchina
Fabbrica-Bambini, dando così vita a una bimba adorabile e
assolutamente non autorizzata. Nel disperato tentativo di
recapitare questo fagottino di problemi prima che il capo se ne
accorga, Junior e la sua amica Tulip, l’unica umana a Stork
Mountain, iniziano una corsa contro il tempo per portare a termine
la loro prima consegna, intraprendendo un viaggio frenetico e
rivelatore durante il quale più di una singola famiglia potrebbe
trovare la felicità e le cicogne potrebbero tornare a svolgere la
loro vera missione.
Jack Reacher 2: Punto di non
ritorno di Edward Zwick: Jack
Reacher (Tom Cruise) ritorna con il suo marchio di
giustizia nel sequel Jack Reacher: Punto di non ritorno. Susan
Turner (Cobie Smulders), maggiore dell’esercito che dirige la
vecchia unità investigativa di Reacher, viene arrestata con
l’accusa di spionaggio e Reacher, consapevole della sua innocenza,
deve aiutarla ad uscire di prigione e scoprire la verità dietro una
grande cospirazione del governo per proteggere i loro nomi e
salvare le loro vite. Fuggitivo dalla legge, Reacher scopre un
potenziale segreto del suo passato che potrebbe cambiare la sua
vita per sempre.
American pastoral di
Ewan McGregor: Tratto dal libro capolavoro di
Philip Roth vincitore del Premio Pulitzer, American Pastoral è la
storia di Seymour Levov detto “lo Svedese”, un uomo che dalla vita
ha avuto tutto: bellezza, carriera, soldi, una moglie ex Miss New
Jersey e una bambina a lungo desiderata, ma il cui mondo pian piano
va in pezzi quando la figlia ormai adolescente compie un attacco
terroristico che provoca una vittima. Come è possibile che una
tragedia di questo tipo sia accaduta proprio allo Svedese, la
persona che per tutta la sua vita ha incarnato il Sogno Americano?
Dove ha sbagliato?
Io, Daniel Blake di
Ken Loach: Per la prima volta nella sua vita,
Daniel Blake, un falegname di New Castle di 59 anni, è costretto a
chiedere un sussidio statale in seguito a una grave crisi cardiaca.
Il suo medico gli ha proibito di lavorare, ma a causa di
incredibili incongruenze burocratiche si trova nell’assurda
condizione di dover comunque cercare lavoro – pena una severa
sanzione – mentre aspetta che venga approvata la sua richiesta di
indennità per malattia. Durante una delle sue visite regolari al
centro per l’impiego, Daniel incontra Katie, giovane madre single
di due figli piccoli che non riesce a trovare lavoro. Entrambi
stretti nella morsa delle aberrazioni amministrative della Gran
Bretagna di oggi, Daniel e Katie stringono un legame di amicizia
speciale, cercando come possono di aiutarsi e darsi coraggio mentre
tutto sembra beffardamente complicato.
Sappiamo ormai da diverso tempo
che Mackenzie Davis potrebbe
esserela favorita per interpretare il ruolo
di Domino nell’atteso Deadpool 2. Tuttavia
Collider ha reso nota la lista di attrici che sarebbero in lizza
per il ruolo, e a quanto pare la 20th Century Fox non avrebbe già
deciso per la Davis.
La fonte riporta che la
major ha già incontrato (o incontrerà a breve) per un provino
le seguenti attrici: Mary Elizabeth Winstead
(10 Cloverfield Lane, Scott Pilgrim vs. the World),
Lizzy Caplan (Now You See Me 2, Masters of
Sex), Sienna Miller (Burnt, American Sniper),
Sofia Boutella (Star Trek Beyond, Kingsman:
The Secret Service) Stephanie Sigman
(Narcos, Spectre) e Sylvia Hoeks
(Overspel, Blade Runner 2049).
A queste si aggiungerebbero
anche Mackenzie Davis (Halt and Catch Fire),
Ruby Rose (Orange Is the New Black), Eve Hewson
(The Knick) e Kelly Rohrbach (Baywatch).
La lista è davvero lunga, e
sicuramente nei prossimi giorni verranno svelati i nomi che
arriveranno realmente a contendersi la parte.
Deadpool ha
incassato 363 070 709 dollari in Nord America e 417 408 522 dollari
nel resto del mondo, per un totale mondiale di 780 479 231 dollari.
Deadpool è stato accolto generalmente bene dalla
critica, soprattutto grazie alla recitazione di Ryan Reynolds e
alla comicità pungente e ironica della sceneggiatura.
Negli Stati Uniti d’America,
Deadpool ha stabilito un nuovo record, diventando
il film vietato ai minori ad incassare di più ($132.4 milioni) nel
week-end d’apertura, per un esordio totale di $264.7 milioni,
dietro solo a Cinquanta sfumature di grigio
per quanto riguarda i film rated R.
A circa due mesi dalla scomparsa di
Gene Wilder,
indimenticabile interprete – tra gli altri – di Willy
Wonka e
la Fabbrica di Ciccolato, arriva la notizia che la Warner
Bros. è al lavoro su un prequel dedicato al personaggio nato
dalla penna di Roald Dahl.
Il film non sarà un nuovo
adattamento del romanzo uscito nel 1964 o del suo
seguito Il grande ascensore di cristallo, né
una storia di origini, ma racconterà bensì un’avventura vissuta da
Willy Wonka
in età giovanile. Nel nuovo film non saranno neanche presenti
personaggi storici come Charlie Bucket, che
probabilmente appariranno in altri film se si deciderà di dare il
via ad un vero e proprio franchise. La nuova pellicola
Wonka sarà
prodotta da David Heyman (la saga di
Harry Potter), mentre la
sceneggiatura porterà la firma di Simon Rich.
La fabbrica di cioccolato è
tra i più famosi libri per ragazzi scritti da Roald Dahl. Il
racconto è ispirato alla giovinezza di Dahl: quando frequentava la
Repton School, la famosa ditta produttrice di cioccolato Cadbury
spediva ai collegiali delle scatole piene di nuovi tipi di dolci e
un foglietto per votare. I dolci preferiti venivano quindi immessi
nel mercato.
Da questa storia sono stati tratti
due film: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato di Mel
Stuart e La fabbrica di cioccolato di Tim Burton.
Sette film. Sette brevi sequenze per
riassumere l’incredibile carriera di David Mamet,“rockwriter” (se così possiamo definirlo con un
neologismo), un uomo che ha trasformato la scrittura (per il
cinema, la tv o il teatro) diventando a sua volta un personaggio in
grado di calamitare l’attenzione degli spettatori grazie al
magnetismo, l’ironia, la conversazione brillante e ad un
atteggiamento sempre all’insegna del politicamente scorretto.
Protagonista di un recente Incontro
Ravvicinato alla Festa di Roma
2016, ha ripercorso la propria carriera da autore e
regista tramite “sette pezzi facili”, commentandoli e arricchendoli
con aneddoti ad essi legati.
Le prime quattro clip erano tratte
da film che ha scritto e diretto: in ordine, ad aprire le danze è
stato Phil Spector. Riguardo a tale film
tv targato HBO e con protagonisti Al Pacino ed Helen
Mirren, Mamet ha approfondito il suo rapporto – da autore
– con il biopic e con la scrittura di un personaggio realmente
esistito: cosa lo rende affascinante ai suoi occhi?
Condannato per assassinio e ancora
in carcere, il film della HBO analizza il rapporto tra il noto
produttore discografico e il suo avvocato che non crede alla sua
colpevolezza: così, per il ruolo del primo la scelta era ricaduta
su Pacino che, come Mamet, non ha voluto approfondire il legame con
il “vero” Spector. Da sceneggiatore, il Premio Pulitzer ha
preferito solo intrattenere con il discografico un carteggio dal
carcere; da attore, invece, il premio Oscar ha preferito creare un
personaggio vicino allo Spector di quei tempi e lontano dall’ombra
di oggi. Per il ruolo dell’avvocato, invece, racconta Mamet come
incontrarono alcune difficoltà con il casting: la prima scelta fu
Bette Midler (costretta a rinunciare per problemi
di salute) così riuscirono a convincere la Mirren (chi si è
ritirata a vivere in Italia) persuadendola ad accettare.
La curiosità più grande che ha
spinto David Mamet ad approcciarsi ad un
personaggio realmente esistito è legata al suo potenziale: per
scrivere un biopic – confessa – non bisogna seguire qualche strana
poetica, bisogna limitarsi ad osservare: non ci sono delle
caratteristiche specifiche da seguire, l’importante è descrivere le
persone e catturare la fonte della nostra attenzione verso di
loro.
La seconda clip è tratta
dal film Spartan, che vede protagonisti
Val Kilmer e Kristen Bell, e il noto drammaturgo
ha riflettuto – ovviamente condendo il tutto con vari aneddoti
divertenti – il suo rapporto con alcuni attori: dalla Bell
conosciuta sul set del programma tv Funny or
Die e poi provinata e scelta per il suo film,
passando per Danny DeVito, suo grande amico,
anch’egli pronto a prestarsi a scherzi e situazioni imbarazzanti
d’ogni tipo nate sui set, fino a Gene Hackman:
protagonista accanto a DeVito di The
Heist, l’attore ha un carattere difficile che, però,
sembra aver messo da parte per lavorare con Mamet e godersi, nel
miglior modo possibile, l’esperienza sul set; e proprio
quest’ultimo film, The Heist, è il
protagonista della terza clip, ricca di adrenalina e tensione ma
povera di dialoghi. A tal proposito, viene rivolta a Mamet una
domanda provocatoria: preferisce ricoprire il ruolo di regista o di
sceneggiatore/drammaturgo?
Per il diretto interessato entrambi
sono interessanti: scrivere un dialogo è un’arte difficile nella
quale solo pochi riescono ad eccellere. Nel cinema, al contrario
che nella tv, è più importante ciò che viene mostrato piuttosto che
ciò che viene detto. Bisogna quindi imparare a procedere con una
scrittura per immagini piuttosto che a parole, come ha cercato di
fare anche lui con The Heist, che
rappresentava una vera sfida: non sapeva girare, figuriamoci un
film d’azione. Ma solo guardando i film di Sam
Peckinpah è risucito a trovare le risposte che cercava.
Creare un’inquadratura, immortalare un fotografa, non è solo un
onere del regista: il risultato finale si ottiene grazie
all’esperienza e alla bravura del direttore della fotografia e
degli attori, anche se la sfida più grande rimane sempre quella in
sala di montaggio, che si trasforma spesso in una vera e propria
corsa contro il tempo.
L’ultima clip da regista e
sceneggiatore mostra Hollywood, Vermont:
una commedia su Hollywood e i suoi meccanismi, che fa nascere una
domanda: in questo gioco di rimandi, quanto spazio è lasciato
all’improvvisazione degli attori e quanto alla scrittura?
Mamet, ridendo, risponde dicendo che
« Se sei un grande chef, non puoi dire ai camerieri che
servono ai tavoli di cambiare, a loro piacimento, le portate prima
di servirle» ovvero: nel suo modo unico e
politicamente scorretto, conferma che non si lascia mai niente al
caso e che il concetto di improvvisazione è abolito; del resto,
dopo cinquant’anni di cinema, teatro, tv e con attori importanti e
noti, nessuno si è mai concesso la libertà di improvvisare qualcosa
variando “sul tema”, anche perché scrivere è il suo mestiere, e non
il loro.
Sempre a proposito di ispirazioni e
modelli nel suo mestiere, viene chiesto al drammaturgo se è
vero che Harold Pinter è stato il suo punto di
riferimento a teatro: secondo David Mamet, la
drammaturgia non si può insegnare nelle scuole. Per studiarla,
bisogna partire da un’ottima fonte d’ispirazione: nel momento in
cui si scopre che qualcun altro, prima di noi, ha già fatto
qualcosa di molto buono, bisogna superarla subito (o, almeno,
provarci). Per tale motivo Pinter ha rappresentato, per lui, una
vera e propria guida.
Nella seconda parte si approfondisce
il Mamet “semplice” sceneggiatore, e il primo film della lista è
Gli Intoccabili di Brian De
Palma. Dopo aver confessato di aver scritto una
sceneggiatura su Malcom X circa 10-15 anni prima che Spike
Lee girasse il suo film, Mamet si perde nel flusso degli
aneddoti e dei ricordi: racconta del suo nuovo romanzo ambientati a
Chicago e con protagonisti numerosi gangsters, come pure di
Sean Connery e di quando “rischiò” di finire in un
film scritto dal drammaturgo e nel quale avrebbe dovuto recitare
anche il nostro Nino Manfredi: solo che alla fine
l’assistente dell’attore italiano chiese di poter apportare alcune
correzioni al personaggio di Manfredi, Mamet si rifiutò e, alla
fine, la collaborazione sfumò del tutto. Un piccolo appunto che il
drammaturgo/scrittore fa a De Palma, regista de
Gli Intoccabili, riguarda la
famosa scena della carrozzina “rubata” (palesemente) a S.
Ejzenstejn.
La penultima clip dà spazio ad una
delle sue sceneggiature ritenute un capolavoro: si tratta del film
Il Verdetto, diretto da Sidney
Lumet (suo grande amico) e che vede protagonista
Paul Newman nei panni di un avvocato e che, in un
primo momento, avrebbe dovuto/voluto scrivere la sceneggiatura del
film ispirandosi ad un vero fatto di cronaca accaduto in un
ospedale di Boston. Prima di quel film David Mamet
aveva realizzato ben 25 sceneggiature rifiutate, finché non scrisse
questa per un progetto che coinvolgeva – in un primo momento –
Lumet e l’attore Robert Redford mentre un’altra
persona doveva scrivere la sceneggiatura completa e definitiva. Ma
alla fine persero due pezzi fondamentali del puzzle e Lumet si
ritrovò in “cabina di regia”: così anche Mamet, suo amico, si
“imbarcò” nel progetto. Piccola curiosità: all’inizio il suo script
non prevedeva la presenza di un verdetto; ma alla fine ripensò alle
parole di Alfred Hitchcock (parafrasando: se si
ambienta un film a Parigi, bisogna mostrare prima o poi la Torre
Eiffel) e così lo inserì nello script definitivo.
L’ultimo film esemplificativo della
ricca carriera di Mamet non poteva non essere
Americani: oltre a raccontare che il
ruolo di Alec Baldwin è stato aggiunto
appositamente per lui e per il film (e quindi non era previsto
nella versione originale), evoca di nuovo le premesse che hanno
portato alla nascita di questo capolavoro della drammaturgia:
all’epoca lavorava a Chicago in un’agenzia immobiliare, e aveva
raccolto un ampio spaccato di una variegata umanità. Quando,
tempo dopo, si ritrovò ad insegnare recitazione nel Vermont, un
college propose di portare in scena una sua opera, e la scelta
ricadde su Americani (che nel frattempo
aveva scritto): così nacque questo capolavoro.
Un’ultima riflessione prima di
concludere l’incontro riguarda il rapporto tra il drammaturgo e la
politica, o almeno il “politicamente corretto”: ha cercato tutta
una vita di rincorrere il desiderio di liberarsi, definitivamente,
di questa convenzione sociale, anche a costo di mettersi nei
guai. Racconta che da ragazzo non aveva nessun talento, e rischiava
di passare il tempo rincorrendo lavori poco qualificati oppure
cacciandosi nei guai e finendo in prigione: a salvarlo è stata la
passione per la scrittura, prima di scoprire di riuscirci e di
avere anche un discreto successo. La vita gli ha insegnato che non
bisogna mai sfidare il Fato e che la Verità è fondamentale.
In fin dei conti la drammaturgia parla e crea la menzogna, il
disequilibrio; solo quando viene svelata la Verità allora si
ristabilisce uno status quo. Solo attraverso quest’ultima
ci si può veramente liberare, riconfermando il potere del teatro e
il suo ruolo sociale.
Il cast di Mary Poppins
Returns si arricchisce di un altro premio Oscar. Dopo
Meryl Streep, arriva da
Variety la notizia che anche Colin Firth
farà parte del cast dell’annunciato sequel del classico Disney
Mary Poppins con protagonista l’intramontabile
Julie Andrews. Nel film Firth interpreterà William
Weatherall Wilkins, presidente della Fidelity Fiduciary Bank che
conosciamo già grazie al film originale. Il cast comprende
già Emily Blunt, nel ruolo
che fu di Julie Andrews, Lin-Manuel
Miranda, creatore del musical di grandissimo
successo Hamilton, e il tre volte premio
Oscar Meryl Streep, che
interpreterà il ruolo della cugina Topsy. Ben Whishaw(Spectre, The
Zero Theorem, Paddington) interpreterà invece Michael
Banks da adulto, mentre Emily Mortimer
sarà Jane Banks adulta. Parliamo di un personaggio minore, che
nei libri di P.L. Travers conosciamo inizialmente col nome
di Topsy Tartlet. Dopo il matrimonio si chiamerà
invece Topsy Turvey. Il personaggio non era stato incluso nel
film Disney del 1964.
Il film arriverà in sala il 25
dicembre 2018 e racconta di Jane e Michael Banks oramai diventati
adulti che, dopo una grave perdita, accolgono in casa
Mary Poppins. Attraverso le sue doti
magiche, e con l’aiuto del suo amico Jack, Mary aiuterà la famiglia
a riscoprire la gioia e il senso di meraviglia che hanno
abbandonato le loro vite. La sceneggiatura sarà scritta da
David Magee; per quanto riguarda la colonna
sonora, importantissima per questo progetto, il candidato al
premio Oscar Marc Shaiman si occuperà della
composizione, mentre il vincitore del Tony Award Scott
Wittman scriverà nuove canzoni originali. A dirigere il
film è stato chiamato un esperto di musical, Rob
Marshall. L’ambientazione, che nel primo film era di poco
precedente alla Prima Guerra Mondiale, in questo film sarà quella
della Grande Depressione, mentre la storia sarà basata sulle storie
di Pamela Lyndon Travers su Mary Poppins e la
famiglia Banks.
È stato diffuso dalla 20th
Century Fox il primo trailer italiano di
Logan, terzo film con protagonista
Wolverine interpretato da Hugh
Jackman. Potete vederlo di seguito.
Per Hugh Jackman questo ritorno nei panni
del mutante con gli artigli di adamantio sarà la sua ottava volta
(se si conta anche il cameo di X-Men L’Inizio) nel
personaggio. È l’attore che più di tutti rappresenta i mutanti
Marvel al cinema, una sorta di
Robert Downey Jr per il corrispettivo
MCU, e potrebbe essere arrivato
alla fine del suo coinvolgimento nel franchise proprio con
Logan.
Il filmha
un’uscita prevista per il 3 marzo 2017. Alla regia c’è
James Mangold (già regista di Wolverine
L’Immortale), mentre nel cast ci saranno Hugh
Jackman,Boyd Holbrook, Richard
E. Grant, Stephen Merchant, Eriq La
Salle, Elise Neal ePatrick
Stewart.
Tornano sul grande schermo le
avventure della saga libraria di Jack Reacher, ancora una volta interpretato
dall’attore più spericolato del momento: Tom Cruise. La star si
era già calata nelle vesti dell’ex poliziotto militare, nel primo
film JackReacher: la Prova
Decisiva, tratto dal nono libro della saga dello
scrittore britannico Lee Child. Questa volta
facciamo un grosso balzo in avanti e – senza parlare di sequel –
assistiamo alle vicende narrate nel diciottesimo romanzo,
Jack Reacher: Punto di non ritorno.
Prodotto in parte dallo stesso
Cruise, la regia del film è affidata stavolta ad
Edward Zwick, che aveva già diretto l’attore ne
L’ultimo Samurai. L’ex ufficiale
Reacher dovrà questa volta fare ritorno al
quartier generale della 110ª unità di polizia militare in Virginia,
per salvare la vita (e la carriera) del maggiore Susan Turner
(Cobie
Smulders), e nel contempo porre rimedio alla propria
vita privata, tra nuovi sentimenti e una figlia imprevista.
Il genere action interpretato da
Tom Cruise pare non aver voglia di invecchiare,
come d’altronde il suo interprete, che a 54 anni suonati è sempre
pronto a saltare da un palazzo all’altro, correre a perdifiato per
le strade della città e tramortire i suoi nemici con la sola forza
della propria prestanza fisica. Detto questo però, non c’è molto
altro dietro un film che può ricordare solo alla lontana i
prototipi cui evidentemente si ispira, come Mission
Impossible e l’epopea di 007.
Quasi fiero del ridicolo
nel quale cade spesso e volentieri, il personaggio di
JackReacher soddisfa appieno
l’egocentrismo di Cruise, che qui si cimenta in
azioni assurde corredate da battute esplicative che si prendono
maledettamente sul serio.
Anche se evidentemente non mira ad
intenti particolarmente profondi, la pellicola di
Zwick non può nemmeno dirsi un intrattenimento
felice. Il susseguirsi sfrenato degli avvenimenti non riesce a
coinvolgere lo spettatore che, in fondo, arguisce il finale
scontato fin dal primo frame. In uscita il 21
ottobre, si consiglia la visione di Jeack Reacher:
Punto di non ritorno solo al pubblico di
aficionados degli action tutti “botte e sparatorie”,
tipici di StevenSeagal e
compagnia bella.
Sarà Meryl
Streep il grande ospite internazionale di oggi della
Festa del Cinema di Roma 2016. L’attrice americana
incontrerà il pubblico dell’auditorium negli
Incontri ravvicinati.
Voleva fare la soprano, Mary Louise
Streep. Poi, fortunatamente, mentre era al college, si è iscritta a
un corso di recitazione. Ora sul suo caminetto campeggiano tre
Premi Oscar® (vinti per le interpretazioni per Kramer contro
Kramer, La scelta di Sophie e The
Iron Lady) e si è guadagnata di diritto lo scettro di Signora
del cinema, con il suo impegno per l’arte, l’ironia e l’eleganza
che le sono proprie. Una cinquantina di film al suo attivo in
quarant’anni di carriera priva di passi falsi, durante i quali ha
interpretato ogni genere di personaggio: dalla timida e delicata
Linda neIl cacciatore di Michael Cimino, alla combattiva
Joanna Kramer, al fianco di Dustin Hoffman, in Kramer contro
Kramer, dalla madre coraggio ossessionata dal rimorso nel
toccante La scelta di Sophie, alla casalinga innamorata di
Clint Eastwood ne I ponti di Madison
County. Se nella prima parte della sua carriera, Streep ha
interpretato soprattutto ruoli drammatici, è dagli anni Ottanta in
poi che riesce a far emergere anche la parte più comica del suo
talento, interpretando personaggi brillanti in commedie di successo
quali La morte ti fa bella, Il diavolo veste
Prada,Mamma Mia!. Nell’incontro, Streep parlerà agli
spettatori delle grandi attrici italiane che l’hanno influenzata,
Silvana Mangano e Anna Magnani su tutte. Con il sostegno
dell’Ambasciata U.S.A. a Roma.
Il
film, basato sulla biografia “Max Perkins. L’editor dei geni” di A.
SCOTT BERG, è diretto dall’acclamato regista teatrale MICHAEL
GRANDAGE (già direttore artistico della Donmar
Warehouse), vincitore di diversi Tony Award; la
sceneggiatura è firmata da JOHN LOGAN (Il
Gladiatore, The Aviator,
Hugo Cabret,
Skyfall), nominato agli Academy
Awards.
Genius è il commovente racconto della
complessa amicizia e dell’evoluzione del rapporto professionale tra
il celebre editorMaxwell
Perkins (che scoprì F. Scott Fitzgerald ed Ernest
Hemingway) e il leggendario gigante letterario
Thomas Wolfe.
Il
ruolo di Max Perkins è interpretato dal Premio Oscar COLIN
FIRTH (Il
discorso del re), al fianco di JUDE LAW (Anna
Karenina, Grand Budapest Hotel) nel ruolo di Thomas
Wolfe.
A
completare un cast di Genius grandi star
troviamo l’attrice premio Oscar, NICOLE
KIDMAN (Paddington,
Stoker) nel ruolo di Aline Bernstein, una
costumista che vive una burrascosa relazione con Wolfe. LAURA LINNEY (Mr. Holmes – Il mistero del caso
irrisolto,
A royal weekend)
nei panni di Louise Perkins, drammaturga di talento e moglie di
Max; GUY PEARCE (The Rover, Lawless) nel ruolo di F.
Scott Fitzgerald e DOMINIC WEST (Testament of Youth,
Pride), nei panni di Ernest Hemingway.
Genius trailer e data
del film con Jude Law e Colin Firth
Sinossi
– Genius:
Il
Premio Oscar Colin Firth è Maxwell Perkins, l’editore passato alla
Storia per aver scoperto scrittori come Ernest Hemingway e F. S.
Fitzgerald e che un giorno si imbatté in Tom Wolfe (Jude Law) un
prodigioso talento, praticamente un GENIO. Come tutti i geni, Wolfe
era talmente consumato dalla sua arte da arrivare ad isolarsi
completamente dal mondo e a sviluppare una malattia che lo porterà
alla morte a soli 38 anni. Colin Firth, Jude Law e Nicole Kidman
per la prima volta insieme in una incredibile storia
vera.
Sarà presentato nella selezione
ufficiale della Festa del Cinema di Roma
2016, Sword Master 3D, il film di
Tung-Shing Yee con Lin Gengxin, Peter Ho,
Jiang Yiyan.
La trama Il terzo Maestro
del Palazzo delle Spade è considerato come il più potente
Maestro della Terra da quando aveva dodici anni. Stanco dello
spargimento di sangue nel mondo delle arti marziali, decide di
andare via per sempre, diffondendo la notizia della sua morte e
nascondendosi in un bordello dove si spaccia per Chi, un addetto
alle pulizie. Yan, altro grande guerriero, viene spesso confuso per
il terzo Maestro di spade. Il suo più grande desiderio è quello di
poter combattere con lui ma quando incontra accidentalmente Chi,
non lo riconosce e anzi, gli insegna tutti i suoi segreti di
guerriero. Intanto Qiudi, ex fidanzata di Chi lasciata sull’altare,
è in cerca di vendetta e tenta di sedurre Yan con l’obiettivo di
uccidere il terzo Maestro. Nel disperato tentativo di tirare fuori
Chi dal suo nascondiglio, Qiudi commette un massacro nel Palazzo
delle Spade ponendo il seme per una feroce resa dei conti.
Diretto da Stephen
Frears, Florence Foster Jenkins
racconta la storia vera della cantante d’opera Florence Foster
Jenkins, diventata nota per le sue scarse abilità
canore.Meryl
Streep è la protagonista della pellicola, affiancata
da Hugh Grant, Simon Helberg, Nina Arianda e Rebecca Ferguson.
Le riprese del film si sono svolte
nel Regno Unito. Nel film vediamo la Streep nei panni di
Florence Foster Jenkins con Grant nei panni del
suo partner St. Clair Bayfield.
Il film è la storia vera
dell’ereditiera di New York ossessionata dall’idea di diventare una
cantante d’opera. La sua voce che lei percepiva nella sua testa era
bellissima, ma per tutti gli altri era chiaramente orribile. Suo
“marito” e agente, St. Clair Bayfield, un aristocratico inglese che
faceva l’attore, era determinato a proteggre la sua amata Florence
dalla verità. Ma quando lei decise di dare un concerto pubblico a
Carnegie Hall nel 1944, lui seppe immediatamente che era di fronte
alla più grande sfida della sua vita.
Il film è diretto da Stephen
Frears su una sceneggiatura di Nicholas
Martin e nel cast vediamo anche Simon Helberg,
Rebecca Ferguson e Nina Arianda. Il film
uscirà nelle sale britanniche il prossimo 6 maggio, mentre negli
Stati Uniti arriverà il 12 agosto.
Mentre cresce l’attesa per il
debutto al cinema di Doctor Strange, l’attrice
Tilda Swinton è tornata a parlare del film mentre
era ospite al Jimmy
Kimmel Live dove ha rivelato un aneddoto curioso che
riguarda suo figlio e che ci fa scoprire nuovi indizi sulle
ambientazioni del film. Infatti, dalle parole dell’attrice intuiamo
che vedremo un nuovo pianeta nella pellicola.
“Con mio figlio abbiamo avuto
questo momento sorprendente un giorno sul set. Quando sono
rientrata da una sessione di riprese, l’ho incontrato per il pranzo
in mensa e lui mi ha chiesto ‘Che cosa hai fatto stamattina? Fai un
pianeta!’.Si tratta di un pianeta che, ora lo capisco perché ho
visto il film, avrà un grande effetto alla fine del film.”
Sembra dunque che dovremo aspettarci
grandi cosa da questo Antico che ha già creato tante polemiche!
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Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la storia del
neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che
viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un
terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo
tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione
altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà
che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un
avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che
vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi
scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare
alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e
ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Hell or High Water
è pronto a scuotere il pubblico della Festa di Roma
2016 con il suo riuscito mix tra tradizione e innovazione,
codici classici di genere rinnovati e applicati alla realtà,
mostrando le contraddizioni che affliggono un Sud degli Stati Uniti
talmente rurale da essere rimasto immutato nonostante lo scorrere
del tempo.
È lo scozzese David
Mackenzie ad aver firmato questo gioiello emblema,
ironicamente, della “buona scuola americana”, adattando il proprio
gusto alle regole del gioco di un genere antico e connaturato alla
natura stessa degli Stati Uniti.
Hell or High Water
si concentra sulle vicende umane di Toby (Chris
Pine), costretto da sempre a sopravvivere
(piuttosto che vivere), coperto dai debiti e afflitto da una
“strana malattia” molto comune chiamata povertà. Ma qualcosa nella
sua vita da divorziato cambia quando nel ranch di famiglia trova il
petrolio. Per assicurare un avvenire agiato ai figli e ripagare
debiti e ipoteche, ha in mente un folle piano criminale: rapinare
una banca texana e riciclare i soldi presso il Casinò. Per portarlo
a termine ha bisogno dell’aiuto di suo fratello Tanner (Ben
Foster), ingestibile e fuori di testa, uscito dal carcere
dopo dieci anni di prigione. Ma sulle loro tracce si metteranno
subito due determinati e testardi Texas Rangers – dei quali uno ad
un passo dalla pensione (Jeff
Bridges) – pronti a tutto pur di coglierli sul
fatto.
Avvalendosi
delle preziose interpretazioni di alcune superstar hollywoodiane –
che qui dimenticano la patinata esteriorità dello showbusiness per
mettere al servizio del regista sudore, lacrime e sangue –
Mackenzie realizza quasi l’impossibile: far risorgere il genere
western dal suo sepolcro. E lo fa rispettando alla perfezione tutti
quelli che sono i topoi classici ma inserendoli in
un contesto moderno, aggiornandoli: la classica grande rapina
al treno cambia testimone e dai cavalli si passa ai cavalli
rombanti di vecchi pick up, con sullo sfondo il desolato e arido
paesaggio del Texas punteggiato da pompe petrolifere; i due
fratelli protagonisti si macchiano di azioni palesemente fuorilegge
e – almeno per Toby – a spingerli è la disperazione: perdere tutto
o sopravvivere, ma a che prezzo? Anche a costo di condannare la
propria anima per l’eternità.
Come dice Alfredo, il collega del
Texas Ranger Marcus, quelle terre un tempo appartenevano ai suoi
avi (indiani, e specialmente Comanche) e furono sottratte dagli
invasori bianchi; ora spetta ai bianchi vedersele portar via dagli
altri, “Loro”, quei nemici incarnati dalle banche. Il mondo messo
in scena da Mackenzie in Hell or High Water è
un crudele “cane – mangia – cane” dove ognuno è un nemico per
l’altro (significato del nome Comanche) e la guerra per la
sopravvivenza è crudele, feroce ma soprattutto senza esclusione di
colpi: ogni distrazione può costare cara e pregiudicare la
conquista della libertà (moderna frontiera che ha sostituito il
vecchio West).
Goldstone
è l’ultima fatica del regista australiano Ivan Sen
presentata alla Festa di Roma 2016: un film che si
appresta a cambiare il punto di vista di tutte le nostre conoscenze
legate al noir e al western modellandoli ad immagine e somiglianza
dell’impervio ed assolato paesaggio australiano.
Ambientato nella cittadina mineraria
omonima di Goldstone, circondata dal deserto e punteggiata di
container in metallo, narra le vicende dello sdrucito detective Jay
Swan (“mezzo sangue” per metà aborigeno, alla ricerca di una
propria dimensione spirituale dopo la perdita della figlia e la
fine del proprio matrimonio) inviato per indagare su una ragazza
asiatica scomparsa. Nonostante l’accoglienza sinistra e raggelante
da parte dell’intera comunità, dalla sindaca agli aborigeni stessi
fino al poliziotto Josh (anche lui incastrato in una sorta di limbo
tra ciò che è diventato e ciò che avrebbe voluto essere), i due
decideranno di unire le forze superando i dissidi personali per
cercare di scavare nei torbidi segreti celati dietro l’apparente
tranquillità del piccolo centro.
Il film di Sen è un curioso
ibrido tra la tradizione western e il noirhard
boiled pronto a decostruire il mito tradizionale della
frontiera – tipicamente legato alla cultura americana – cercando di
renderlo conforme ad elementi culturali/ paesaggistici del mondo
australiano. Ogni dettaglio, grazie alla straordinaria
fotografia che li immortala, diventa cult, accessorio
imprescindibile per l’efficacia della storia raccontata: gli
sguardi dei protagonisti immortalati grazie a dei primissimi piani
stretti e serrati, i loro laconici silenzi, i respiri affannosi e
ogni più piccolo rumore rallentano il tempo della narrazione,
mentre lo spettatore è condotto per mano in un viaggio dal sapore
“sciamanico” fin dentro le radici di un non luogo fuori dal tempo e
dallo spazio, possibile grazie all’assurdità metafisica di posti
come Furnace Creek: la terra arida e ocra, le rocce rosse, i
tramonti a loro volta rossastri, le case inesistenti sostituite da
container arroventati e le strade desolate. Tutto, nel film,
suggerisce un clima di inquietante attesa: ogni personaggio è in
cerca di qualcosa (la Verità, sé stesso, una ragazza scomparsa,
soldi, il proprio passato, fortuna etc.) e non possono far altro
che andare incontro al proprio destino assecondando proprio quel
limbo temporale nel quale sono confinati e nel quale tutto appare
come sospeso, asfissiante e rarefatto come in un’afosa giornata
estiva minacciata dall’arrivo imminente di un temporale. I codici
del genere western riconfermano la stretta parentela con il
noir (che altro non è, banalizzando, che la sua evoluzione
moderna e metropolitana), ma contemporaneamente tutto in
Goldstone è soggetto ad altre regole del
gioco, rendendo difficile una tradizionale classificazione di
questo non convenzionale “western dell’anima” australiano.