Il Canale Youtube della Illumination
ha reso disponibile il nuovo trailer di Il Grinch,
la nuova avventura animata dello studio di Cattivissimo
Me, basata sull’omonimo racconto del Dr.
Seuss, Il Grinch e la favola di
Natale!. A dare la voce all’antipatico e verde
protagonista, nella versione originale, c’è Benedict
Cumberbatch, doppiato in italiano da Alessandro
Gassman.
Come loro ottavo film interamente
animato, la Illumination racconta la storia di un cinico brontolone
che decide di rubare il Natale ma alla fine si lascia commuovere
dal generoso spirito natalizio di una ragazzina e cambia idea.
Divertente, commovente e visivamente sbalorditivo, è una storia
universale sullo spirito del Natale e sull’indomabile forza
dell’ottimismo.
Nonostante manchi un anno, la
Illumination Entertainment ha diffuso la prima
foto del suo nuovo film d’animazione, Il Grinch,
in cui vediamo il protagonista bambino.
Il poster raffigura il protagonista
che sarà doppiato da Benedict Cumberbatch nella
sua versione adulta, per raggiungere all’anagrafe il personaggio
creato nel 1957 dal Dr. Seuss che celebre racconto
Il Grinch e la favola di
Natale!.
Alla regia del film ci
sono Peter Candeland e Yarrow
Cheney, mentre fa parte del cast vocale al fianco di
Cumberbatch anche Matthew O’Callaghan.
La novella del Dr.
Seuss venne adattata per la prima volta in animazione, nel
1966, con Boris Karloff che venne scelto per
prestare la voce al personaggio, questa vecchia e cattiva creature
che desiderava rovinare il Natale nella città di Chistaqua.
Dopo il lavoro di Chuck
Jones, adesso la Illumination, casa dei
Minions e di Cattivissimo Me,
adatterà il personaggio all’era della computer grafica.
La storia vanta un altro
adattamento, diretto da Ron Howard, con
protagonista Jim Carrey.
Il film è atteso per il 2018 e
potrebbe raccontare una storia di origini, in cui scopriamo in che
modo questa creaturina verde, anche tenera, come la vediamo nel
poster, si è trasformata nel vecchio cattivo che dà il titolo alla
storia originale.
Disponibile dal 20 marzo in Dvd,
Blu-ray, Blu-ray 3D, 4K Ultra HD e Digital HD con Universal
Pictures Home Entertainment Italia, Il
Grinch è uno dei cattivi più famosi della storia delle
fiabe e, di recente, anche del cinema grazie all’adattamento di
Ron Howard con Jim
Carrey, e ora grazie al film d’animazione con la voce
di Alessandro Gassman (Benedict
Cumberbatch nella versione originale).
Prodotto da Illumination e
Universal, arriva il film basato sull’amata fiaba del Dr. Seuss sul
cinico brontolone che intraprende una missione per rubare il
Natale, solo per poi sentire il suo cuore crescere di tre taglie in
più grazie ad amicizie inaspettate. Insomma un cattivo che ruba la
scena e conquista il pubblico, ma la storia del cinema è piena di
personaggi come lui, cattivi, qualche volta oscuri, ma con grande
carisma e appeal su tutto il pubblico. Eccone alcuni!
Hal 9000 – 2001: Odissea nello spazio
Il computer super potente che “non
sbaglia mai” nel film di Stanley Kubrick del 1968
è uno dei villain più iconici e memorabili della storia del
cinema.
Nonostante il pubblico debba stare
dalla parte degli astronauti, è innegabile che il grande occhio di
vetro rosso di Hal catturi l’attenzione e anche la simpatia del
pubblico.
Freddy Krueger – Nightmare
È un cattivo efferato e
implacabile, eppure nessuno o quasi ricorda le sue vittime ma
soltanto lui, il suo guanto artigliato, il suo maglione lacero e,
ovviamente, il volto segnato dal fuoco.
Freddy è un’icona del cinema
horror, un villain che tutti abbiamo imparato ad amare.
Hannibal Lecter – Il Silenzio degli
innocenti/Hannibal/Red Dragon/serie tv
Nonostante il fatto che la sua
compagnia a cena possa destare qualche sospetto sugli ingredienti
segreti che si celano nelle nostre pietanze, è innegabile che la
compagnia del Dottor Lecter è preziosa.
Che abbia il volto di Mads
Mikkelsen o quello di Anthony Hopkins,
Hannibal rimane il preferito dai fan.
Pennywise – It
Incubi infantili e palloncini
colorati; il pagliaccio Pennywise è uno dei villain dell’horror più
iconici di sempre, soprattutto per chi è cresciuto a cavallo degli
anni ’90.
Il romanzo di Stephen King, la miniserie e ora il film: il
mito di Pennywise continua a crescere, mentre non sono in molti
quelli che ricordano i sette ragazzini che, nonostante tutto, lo
hanno fermato!
Jack Torrance – Shining
Il mattino ha l’oro in bocca, e
Jack lo sa bene, rinchiuso nell’Overlook Hotel. Il protagonista di
uno dei film più famosi del grande regista inglese, Stanley
Kubrick, balza in scena come un feroce pazzo furioso,
armato di accetta e disposto a fare a pezzi anche la sua stessa
famiglia.
Memorabile la scena del bagno, in
cui sfascia la porta e terrorizza la moglie Wendy, ma ancora più
iconico il suo volto congelato nella neve del labirinto. E un po’
allo spettatore, dispiace.
Darth Vader – Star Wars
È il miglior cattivo del cinema, il
miglior personaggio del cinema, sicuramente il più famoso e quello
con maggiore appeal, ma soprattutto si rivela non essere poi così
tanto cattivo. Come aveva previsto la sua amata Padme “c’è ancora
del buono in lui”, e così si è rivelato alla fine.
La sua figura tragica, la sua
storia, la sua fine, tutto contribuisce a farne il miglior peggior
personaggio di sempre. Non c’è concorrenza.
Gru – Cattivissimo Me
Sempre a proposito di cattivi che
in fondo sono buoni, il cattivissimo di casa
Illumination ha senz’altro rubato il cuore del
pubblico, principalmente perché è buffo, finto cinico e perché
quando serve riesce a capire in quale posto si trova il suo
cuore.
Niente a che vedere con gli eroi
senza macchia e senza paura che sanno da subito qual è il loro
posto. Gru lo scopre piano piano, e fa sentire in compagnia anche
chi non ha le idee troppo chiare.
Lo abbiamo visto al cinema e lo
vedremo presto anche in tv, nella sua serie su Disney +:
Loki, il dio degli Inganni, è il classico cattivo
che però tanto cattivo non è. Certo è infido, un ingannatore,
appunto, ma è sempre pronto a dare una mano a
Thor quando il fratellastro ne ha bisogno, anche se
cerca sempre il suo tornaconto.
Sarà questa sua elegante doppiezza
che lo ha reso uno dei personaggi preferiti dal pubblico,
specialmente quello femminile, del MCU?
Joker – DC Films
Icona dei fumetti, Nemesi di
Batman, Principe del Crimine, Clown sorridente, e inconfondibile
personaggio che il cinema e la tv, in live action e in animazione,
ci hanno regalato in tantissime varianti possibili.
La migliore forse è quella della
serie animata degli anni ’90, la più famosa e amata, per diverse
ragioni, quella di Heath Ledger per Il Cavaliere Oscuro, di Christopher
Nolan. Tutti lo amano, qualche volta anche di più rispetto
a Batman!
Lo zingaro – Lo chiamavano Jeeg Robot
Prodotto esclusivamente italiano,
nato dalla mentre di Gabriele Mainetti che ha
diretto
Lo chiamavano Jeeg Robot, Lo zingaro di Luca
Marinelli non è una figura letteraria ma un personaggio
che grazie alla scrittura e soprattutto al suo interprete, è
entrato nel cuore degli spettatori, complice il look, il modo di
parlare e forse anche un eroe così sommesso e silenzioso che, prima
della resa dei conti, gli ha permesso di splendere così tanto!
Il Grinch in Home Video
dal 20 marzo
Disponibile dal 20 marzo in Home
Video, la nuova edizione casalinga de Il Grinch
contiene oltre 60 minuti di contenuti extra esclusivi, tra cui 3
mini film: “Giorni da cani in inverno”, con protagonisti il Grinch
ed il suo fedele amico Max; “Yellow is the New Black” e “I piccoli
aiutanti di Babbo Natale”, entrambi con gli adorabili Minion.
Include inoltre incredibili featurette, un tutorial per imparare a
disegnare e molto di più.
Narrato nella sua versione
originale dal vincitore di Grammy Pharrell
Williams, anche nominato agli Oscar (in italiano, la voce
narrante è di Emiliano Coltorti), Il
Grinch ha come voce del famigerato protagonista il
nominato agli Oscar Benedict Cumberbatch (in italiano, Alessandro Gassman), che vive una vita
solitaria all’interno di una caverna sul monte Crumpit con la sola
compagnia del suo fedele cane Max.
L’incredibile cast originale vanta
le voci di Rashida Jones (Parks and
recreation, I Muppets) nei panni di Donna Chi Lou,
Kenan Thompson (Saturday Night
Live) in quelli di Bricklebaum, Cameron
Seely (The
Greatest Showman) nei panni di Cindy Chi Lou e con la
presenza della leggendaria Angela Lansbury
(Anastasia, La bella e la bestia) nei panni
del sindaco di Chinonsò. Divertente, visivamente splendido e che
scalda il cuore, Il Grinch è l’occasione perfetta
per passare una serata in famiglia!
Sergio
Rubini (Dobbiamo parlare, L’uomo nero, L’anima
gemella) presenterà in anteprima al Bif&st 2019 Il
Grande Spirito, la sua nuova commedia che racconta il
rocambolesco incontro sui tetti della periferia di Taranto tra un
rapinatore malmesso, lo stesso Rubini, e un eccentrico individuo
che vede il mondo a suo modo, interpretato da Rocco
Papaleo (Moschettieri del re – La penultima
Missione, The Place, Basilicata coast to coast).
Dopo il successo del film Dobbiamo
parlare Rubini dirige un’originale action comedy in cui due anime
molto diverse, ma entrambe emarginate, cercano una via di fuga. A
fare da cornice i vecchi lavatoi e le terrazze dei palazzi di
periferia che diventano un insolito rifugio e il teatro di
un’amicizia inaspettata. Nel cast anche Ivana Lotito,
Bianca Guaccero e Geno Diana.
In un quartiere della periferia
di Taranto, durante una rapina, uno dei tre complici, un
cinquantenne dall’aria malmessa, Tonino (Sergio Rubini)
approfittando della distrazione degli altri due, ruba tutto il
malloppo e scappa.
La corsa di Tonino, inseguito
dai suoi complici sempre più infuriati, procede verso l’alto, di
tetto in tetto fino a raggiungere la terrazza più elevata, oltre la
quale c’è lo strapiombo, che lo costringe a cercare rifugio in un
vecchio lavatoio. Lì trova uno strano individuo (Rocco Papaleo)
dall’aspetto eccentrico: porta una piuma d’uccello dietro
l’orecchio, sostiene di chiamarsi Cervo Nero, di appartenere alla
tribù dei Sioux.
Tonino si trova sotto assedio:
il quartiere è presidiato dai suoi inseguitori e gli angoli delle
strade controllate. In questa immobilità forzata a Tonino rimane
un’unica disperata alternativa: allearsi con lo squilibrato che si
comporta come un pellerossa e che, proprio perché guarda il mondo
da un’altra prospettiva, potrà forse fornirgli la chiave per uscire
dal vicolo cieco in cui è finito.
Dopo aver diretto il film
Dobbiamo parlare, Sergio Rubini torna nella doppia veste di
regista e attore per il film Il Grande
Spirito, una commedia agrodolce nella quale
divide la scena con Rocco Papaleo e Ivana Lotito. I tre sono
protagonisti di una vicenda tanto bizzarra quanto struggente, che
elogia l’innocenza quale sentimento salvifico, attraverso il legame
tra gli ultimi, gli emarginati.
In un quartiere della periferia di
Taranto, durante una rapina, Tonino (Sergio
Rubini), un cinquantenne dall’aria malmessa,
approfittando della distrazione dei due complici, ruba tutto il
malloppo e scappa. Il suo è un gesto di riscatto nei confronti di
chi non ha più rispetto del suo lungo e onorato curriculum
delinquenziale. La corsa di Tonino procede verso l’alto, di tetto
in tetto fino a raggiungere la terrazza più elevata. Lì incontra un
eccentrico individuo, il quale sostiene di chiamarsi Cervo Nero
(Rocco
Papaleo), di appartenere alla tribù dei Sioux e che il
Grande Spirito in persona gli aveva preannunciato l’arrivo
dell’Uomo del destino.
Commedia dai toni malinconici,
Il Grande Spirito conquista sin dalle
prime scene grazie ad un incipit particolarmente dinamico,
assumendo poi una tipica impostazione teatrale con unica
ambientazione. È qui, dall’alto di una malmessa terrazza, che
impariamo a conoscere meglio i due protagonisti. Se Sergio Rubini
incarna un delinquente in cerca di riscatto, in apparenza
interessato esclusivamente al proprio guadagno personale, Rocco
Papaleo è invece il suo opposto. Cervo Nero è quello che
comunemente viene apostrofato, anche dal Tonino di Rubini, come un
minorato. Dietro le etichette sociali, si nasconde tuttavia uno
spirito puro, sognatore, innocente. I due diventano ben presto
un’insolita coppia, in parte comica in parte tragica. Attraverso di
loro si potranno acquisire nuovi punti di vista sul mondo, da
riproporre poi anche allo spettatore.
Perché, nonostante quanto le prime
sequenze del film possano far pensare, il film trova nell’amicizia
il suo tema cardine e nell’innocenza il sentimento ricorrente.
Un’amicizia tra due emarginati, confinati nell’ombra per via delle
loro stranezze, eppure più capaci di altri ad affrontare la vita
grazie alla loro semplicità. La storia scritta da Rubini, insieme a
Carla Cavalluzzi e Angelo Pasquini, cerca così di trasmettere tutti
i valori del caso, tentando di proporre un punto di vista diverso
al modo con cui spesso si guardano le cose. Non sempre la
sceneggiatura riesce a far ciò, a volte rallentata da un ritmo
altalenante, altre ancora dalla sensazione di voler raccontare
troppo. La visione, e la buona riuscita del film, sono ad ogni modo
sostenuti dall’atmosfera comica e malinconica sulla quale si fonda
il rapporto tra i personaggi.
In particolare, spicca Rocco Papaleo, quasi irriconoscibile e
completamente votato ad un personaggio con il quale era facile
cadere nella trappola della macchietta. Papaleo riesce invece a
tenere brillantemente le redini del personaggio, sfoggiando una
caratterizzazione e una capacità drammatica che permette di
affezionarsi al suo personaggio, e di apprezzare nuovamente le sue
grandi doti attoriali.
Ne Il Grande
Spirito vediamo dunque incontrarsi personaggi con
trascorsi e punti di vista completamente differenti. Da questo
incontro si costruisce un film che non cerca di essere etico ma
utilitaristico. Si vive meglio se non si cede al cinismo, sembra
voler comunicare Rubini. E anche se a volte cede sul ritmo il film
riesce in fin dei conti a consegnare una favola sulla quale è
possibile far nascere una riflessione a riguardo.
Arriva al cinema il 9 maggio
Il
Grande Spirito, il nuovo film diretto e interpretato
da Sergio Rubini, con Rocco Papaleo,
Bianca Guaccero e Ivana Lotito. Di
seguito la nostra intervista a Rubini e Lotito.
[brid video=”411693″ player=”15690″ title=”Il Grande Spirito
intervista a Rubini e Lotito”]
Sergio
Rubini (Dobbiamo parlare, L’uomo nero, L’anima
gemella) presenterà in anteprima al Bif&st 2019 Il
Grande Spirito, la sua nuova commedia che racconta il
rocambolesco incontro sui tetti della periferia di Taranto tra un
rapinatore malmesso, lo stesso Rubini, e un eccentrico individuo
che vede il mondo a suo modo, interpretato da Rocco
Papaleo (Moschettieri del re – La penultima
Missione, The Place, Basilicata coast to coast).
Dopo il successo del film Dobbiamo
parlare Rubini dirige un’originale action comedy in cui due anime
molto diverse, ma entrambe emarginate, cercano una via di fuga. A
fare da cornice i vecchi lavatoi e le terrazze dei palazzi di
periferia che diventano un insolito rifugio e il teatro di
un’amicizia inaspettata. Nel cast anche Ivana Lotito,
Bianca Guaccero e Geno Diana.
In un quartiere della periferia
di Taranto, durante una rapina, uno dei tre complici, un
cinquantenne dall’aria malmessa, Tonino (Sergio Rubini)
approfittando della distrazione degli altri due, ruba tutto il
malloppo e scappa.
La corsa di Tonino, inseguito
dai suoi complici sempre più infuriati, procede verso l’alto, di
tetto in tetto fino a raggiungere la terrazza più elevata, oltre la
quale c’è lo strapiombo, che lo costringe a cercare rifugio in un
vecchio lavatoio. Lì trova uno strano individuo (Rocco Papaleo)
dall’aspetto eccentrico: porta una piuma d’uccello dietro
l’orecchio, sostiene di chiamarsi Cervo Nero, di appartenere alla
tribù dei Sioux.
Tonino si trova sotto assedio:
il quartiere è presidiato dai suoi inseguitori e gli angoli delle
strade controllate. In questa immobilità forzata a Tonino rimane
un’unica disperata alternativa: allearsi con lo squilibrato che si
comporta come un pellerossa e che, proprio perché guarda il mondo
da un’altra prospettiva, potrà forse fornirgli la chiave per uscire
dal vicolo cieco in cui è finito.
Il grande silenzio (tit. or. Die grosse
stille) è il film del 2005 diretto da Philip Gröning con
protagonisti monaci della grand Chartreuse di Grenoble.
Il grande silenzio, la trama
L’ordine dei Certosini è ritenuto
una delle confraternite più rigide della Chiesa Cattolica Romana.
Nascosta dagli occhi del pubblico, la vita quotidiana dei monaci
segue le regole ed i rituali secolari dell’ordine. I visitatori ed
i turisti sono tenuti fuori dai locali del monastero. Non esistono
di fatto pellicole sui monaci. L’ultima ripresa avvenne nel 1960
quando due giornalisti furono ammessi nel monastero. Non gli fu
però concesso di riprendere i monaci. 19 anni dopo il suo primo
incontro con l’attuale Priore Generale dell’ordine, al regista
Philip Gröning fu dato il permesso di girare un film sulla vita dei
monaci.
Questo unico permesso di girare è
il risultato di una lunga e leale relazione tra Philip Gröning e il
Priore Generale. Il contratto prevede che per almeno 7 anni non
verrà permesso di girare alcun altro film nel monastero. Comunque,
considerato che fino a questo momento non era mai stato dato il
permesso di girare, questo film potrebbe rimanere unico. Philip
Gröning ha vissuto nel monastero ed ha seguito i monaci con la
telecamera. Il regista ha sperimentato la stessa vita di un
recluso, divenendo parte del rituale e della vita quotidiana, ed ha
potuto scoprire così il mondo dei monaci e dei novizi che conducono
una vita tra antichi riti e moderne conquiste.
Il Grande silenzio, l’analisi
Non è facile parlare
di Il grande silenzio. Non è mai facile
parlare di un film. In primis, per una differenza di codici: il
film ha un codice basato su una scrittura per immagini in movimento
e suoni, riprendendo le parole di Bresson, mentre le recensioni o i
saggi hanno un altro codice che è quello della scrittura
propriamente detta.
Nel caso specifico si tratta di un
film in cui la parola è pressoché totalmente assente, come già il
titolo suggerisce. I monaci della grand Chartreuse nel film non
parlano, fatte salve le sequenze delle preghiere, o quella posta
verso la fine in cui un monaco cieco dice di non essere addolorato
della propria cecità perché gioioso nel suo accostarsi a Dio.
Groning ha compiuto un’impresa
folle, al limite dell’assurdo: un film di due ore e quaranta, non
parlato, sulla vita dei monaci della gran Chartreuse, e realizzato
con pochi mezzi, senza luci e con una sola telecamera, dove
predominano le inquadrature fisse e a volte si ripetono situazioni
simili.
Ma l’assurdità dell’impresa di
Groning è pienamente giustificata dal contesto particolare in cui
egli si è trovato a girare. Già nel 1984 il regista tedesco aveva
chiesto ai monaci della certosa di effettuare delle riprese
all’interno della stessa, ma gli fu detto che sarebbe stato
possibile solo di lì a 16 anni, poiché non si sentivano, a loro
dire, ancora pronti. Il regista fu richiamato 16 anni dopo. Le
clausole: il silenzio, che i monaci certosini osservano e di cui
Groning partecipa, e la povertà di mezzi.
Parlare del Verbo o delle sue
manifestazioni, senza fare ricordo al verbo inteso come voce o
racconto, (poiché non c’è qui una trama, ma un insieme di sequenze
e situazioni) è comunque impresa coraggiosa, una ragione di più per
vedere questo film.
Il grande silenzio
è quasi un film dogma, per la castità e la povertà di mezzi
con cui è girato, ma ne esce fuori del cinema verità, quasi.
Davanti all’occhio vitreo della telecamera i monaci pregano,
insieme o in solitudine, leggono, accolgono novizi, si tagliano i
capelli, cucinano, curano piante e animali, riparano scarpe e
vestiti, officiano rituali.
I vari atti quotidiani dei monaci
sono di tanto intercalati da sequenze di primi piani fissi di
alcuni di essi, inquadrature dell’ambiente naturale, o cartelli su
fondu nero che riportano citazioni bibliche.
Non c’è alcun vezzo formale volto a
impreziosire o rivestire di ulteriore significato ciò che viene
ripreso. I soli prodigi tecnici che si vedono non sono neppure tra
i più eclatanti: qualche effetto di pellicola invecchiata,
fotografia sgranata, obiettivi grandangolari per esasperare la
profondità o volere andare più addentro a ciò che viene
mostrato.
È un assurdo, si è detto più sopra.
E non poteva essere altrimenti. Perché questo film, che nel suo
essere costituisce un absurdum, documenta un qualcosa che già è
assurdo. Perché decidere di recidere pressoché totalmente (fatto
salvo un solo computer di cui si occupa un solo monaco) il legame
col mondo esterno, andandosi a isolare tra le alpi francesi, perché
condurre un’esistenza basata solo su meditazione, preghiera,
silenzio, lavoro, perché rinunciare a quanto sta fuori e approdare
a uno stile di vita così scarno? Per fede, sembra dire Goring a
mezzo delle didascalie che riportano citazioni bibliche, la più
ricorrente delle quali, significativamente, è tratta dal libro del
profeta Geremia: “Tu mi hai sedotto, Signore, e io mi sono lasciato
sedurre”.
Era già Kierkegaard a parlare della
fede come un assurdo, e un legame con l’Assoluto che sia a propria
volta assoluto. Absolutum, in latino, ovvero, sciolto da tutto e
tutti, radicalmente, come i monaci della certosa.
Per fede, e per rivolta, verrebbe
da dire, opponendo alla frenesia del mondo la serenità
contemplativa, dedicandosi a ogni atto, anche il più banale e
quotidiano con attenzione e cura, come fosse prezioso.
Il grande silenzio, a metà tra
Malick e Tarkovskij
Pur avendo come suo centro di base
la fede in un Dio, non si tratta di un film religioso come siamo
abituati a vederne. Ciò che è trascendente non appare, la fede è
costantemente presente, ma mai se ne parla direttamente. Essa è ciò
che scorre come sotterraneo alle immagini del film, piuttosto.
Immagini che in sé non documentano alcuna realtà trascendente, ma
anzi una quotidiana, pacificata realtà del tutto immanente e
fortemente materica: ne sono testimonianza i vari soffermarsi della
macchina da presa -con uno sguardo che potrebbe richiamarci alla
mente Malick o Tarkovskij– sugli
ambienti naturali (distese innevate, piante, corsi d’acqua), o i
vari oggetti. Non solo: le attività dei monaci che ci vengono
mostrate sono per lo più azioni semplici, di lavoro: segare dei
tronchi, spalare la neve. Ma li vediamo anche giocare come bambini
quando scivolano su un pendio innevato…
La stessa reiterazione dei più
semplici atti quotidiani ha qualcosa del rituale: una ritualità
dell’immanente, vissuto dai monaci come fosse manifestazione del
trascendente.
È curioso, a primo impatto, che si
documenti una realtà immanente in maniera così scabra e
rosselliniana, per dire di uomini così votati a ciò che li
trascende. Ma forse è proprio il loro modo di rapportarsi a
quell’immanenza che Groning si prova a catturare, pur sapendo che
non ha a disposizione altro che la propria telecamera, e che egli,
non è altro che un uomo, come tutti dotato solo dei sensi per
conoscere. E ciò rende comunque questa sua impresa affascinante.
Che ci sia riuscito o meno è un altro discorso, e determinare ciò
sta, inevitabilmente, al singolo spettatore, sulla base di come
accosta questo film, che è sicuramente complesso nella sua
essenzialità.
Presentato al 37° Torino
Film Festival, Il grande passo è
la seconda regia di Antonio Padovan, che torna a
dirigere Giuseppe Battiston, dopo che il corpulento
attore era già stato il protagonista del suo esordio,
Finché c’è prosecco c’è speranza.
Il grande
passo è quello che l’umanità ha compiuto arrivando
sulla Luna, quello che Neil Armstrong consegnò
alla Storia con la sua frase divenuta celebre. Il grande passo è
quello che vorrebbe fare anche Dario, solitario genio con il sogno
bruciante di arrivare sul satellite con un’astronave costruita
tutta da solo. Quando l’ennesimo tentativo di realizzare il suo
sogno finisce con un incendio che brucia i campi dei suoi
confinanti, Dario viene arrestato e minacciato di venire rinchiuso
in un istituto per malati mentali. L’unico che arriva in suo
soccorso è Mario, il fratellastro che quasi non ha mai conosciuto.
Ordinario (gestisce una ferramenta), posato, gentile, Mario non può
essere più diverso dal fratello, eppure per il grande dolore che
condividono, l’abbandono del padre, i due riescono a trovare un
modo per comunicare ed entrare in contatto l’uno con l’altro.
Il grande passo a
metà tra fiaba e dramma familiare
Adottando un tono a metà tra la
fiaba e il dramma familiare, senza mai rinunciare a momenti di puro
divertimento, Padovan racconta prima la storia di una famiglia
sgangherata, di due fratelli che trovano un modo loro di far fronte
comune ad una infelicità che li ha visti reagire in maniera
completamente diversa; ma il regista racconta anche di un sogno, di
una passione e di una dedizione che può essere confusa con pazzia
da quegli individui che non la capiscono. Ed è quello che accade a
Dario: l’uomo è scontroso, burbero, riservato, completamente
concentrato sul suo obbiettivo, e questa caparbietà viene confusa
con una disabilità mentale che invece non esiste.
Mario è invece dolcissimo, docile,
accomodante e paziente, tutto ciò che il fratellastro non è, e
questa differenza permetterà ad entrambi di scoprirsi e venirsi
incontro, di imparare ad amarsi come fratelli ed alla fine di
aiutarsi. E sembra essere questo l’interesse principale di Padovan,
che non si cura troppo del contorno, del paese provinciale, delle
figure caratteristiche, o del pretesto narrativo stesso, ma si
concentra completamente sui suoi protagonisti.
Stefano Fresi e Giuseppe
Battiston, coppia vincente
Per la prima volta
insieme sul grande schermo, Stefano Fresi e
Giuseppe Battiston si fronteggiano in una
serie di scambi memorabili, entrambi perfettamente a loro agio nei
ruoli che sono stati loro affidati. E tanto Battiston tira fuori
gli artigli e offre una performance di “scienziato pazzo” fuori dal
mondo, tanto Fresi riesce a dare dignità ad un personaggio che non
ha nessuno strumento per eccellere, l’uomo comune semplice,
normale, che l’attore ritrae con toccante delicatezza.
Proprio le due performance fanno
dimenticare alcune leggerezze de Il grande
passo, luoghi comuni un po’ troppo marcati e alcune
svolte narrative lasciate andare con troppa facilità. Rinunciando
ad approfondire la complessità del rapporto dei due fratelli con il
padre, il regista sceglie solo di accennarne gli esiti, in modo
abbastanza schematico, impoverendo un aspetto del film che forse
poteva essere affrontato con maggiore cura.
Ma forse a Padovan non interessava,
forse Il grande passo è solo il racconto
di un sogno e di come i sognatori spaventino l’uomo comune ed
abbiano comunque bisogno di sostegno e comprensione.
20 luglio
1969: il giorno in cui un sogno
impossibile, conquistare la luna, è diventato
realtà. 20 luglio 2020: il giorno in cui
quello stesso sogno, a distanza di mezzo secolo,
diventerà un’icona di ripartenza… Comincia
qui, da un gioco di simmetrie poetiche e simboliche, la scommessa
che i produttori e i distributori hanno deciso di fare
su Il grande passo del
regista Antonio Padovan: un tour
di anteprime estive nelle
arene, iniziando da Bergamo, per
contribuire (appunto) alla ripartenza del
box office italiano.
Dal 20
agosto, la commedia lunare
con Battiston e Fresi –
distribuita da Tucker
Film e Parthenos –
raggiungerà le sale cinematografiche
italiane. Se tre mesi di buio hanno interrotto il
volo del nostro cinema, rendendo urgente e tassativo il suo
trasferimento online, ecco dunque approdare in
sala una sorridente favola
moderna che sulla speranza del volo ha costruito la
propria necessità narrativa. Uscire “fisicamente” in
sala, d’altronde, è stato fin da subito un obiettivo da
raggiungere e perseguire con determinazione, per amore del pubblico
e del grande schermo.
Questa storia dolceamara di razzi e di
allunaggi verrà lanciata da un campo-base fortemente
bisognoso di un volo e di un allunaggio: la città di
Bergamo. L’appuntamento, organizzato da SAS e
Conca Verde con Tucker Film, è fissato alle 21.30 al Cinema
all’aperto Arena Santa Lucia. Ospiti speciali: il regista Antonio
Padovan, il protagonista Giuseppe Battiston e la produttrice Betta
Olmi.
Prodotto
da Ipotesi Cinema e Stemal
Entertainment con Rai
Cinema, Il grande
passo unisce per la prima volta il Nordest
di Giuseppe Battiston e la Roma
di Stefano Fresi. Due “fratelli
cinematografici” che, al di là delle apparenze, non potrebbero
essere più diversi: l’impetuoso e geniale Dario
(Battiston), ossessionato dall’idea di raggiungere
la luna a bordo di un razzo, e il placido Mario
(Fresi), che gestisce un negozio di ferramenta
nella capitale. Tutto funziona bene, finché le loro strade non
s’incrociano…
«Raccontando questa
storia – commenta Padovan – ho voluto
rendere omaggio a due mondi del cinema che amo e che vivono dentro
di me. Quello americano, un po’ infantile e sentimentalista, con
cui sono cresciuto da bambino: il cinema di sognatori
come Steven Spielberg. E quello
silenzioso e sincero, il cinema della mia terra, creato da
artigiani come Carlo Mazzacurati. Questi due
mondi s’incontrano e si scontrano in una storia che parla del sogno
di andare sulla luna, e di due fratelli che imparano a
conoscersi».
Il
grande passo vede la partecipazione
di Roberto Citran, Camilla
Filippi, Vitaliano
Trevisan e Teco Celio. La
colonna sonora porta la firma leggendaria del
maestro Pino Donaggio. Un caloroso ricordo è
rivolto a Flavio Bucci, qui nella sua ultima
partecipazione straordinaria.
Con immenso piacere, ieri a Roma in
occasione della Premiere Europea del film Il Grande
Match, abbiamo avuto l’occasione di incontrare e
intervistare le due leggende Sylverster Stallone e
Robert De Niro, che ci hanno parlato del loro
ultimo film e dell’esperienza di lavorare insieme.
Ne Il Grande
Match Stallone e De Niro sono rispettivamente Henry
“Razor” Sharp e Billy “The Kid” McDonnen, due pugili di Pittsburgh
finiti sotto i riflettori dell’intera nazione a causa della loro
accanita rivalità. Ai tempi d’oro ognuno di loro aveva vinto
un match ma, nel 1983, alla vigilia del terzo e decisivo incontro,
improvvisamente Razor aveva annunciato il suo ritiro, rifiutandosi
di spiegare il perché, ma assestando un colpo definitivo alla
carriera di entrambi. Trenta anni dopo il promoter di
pugilato Dante Slate Jr., vedendo la possibilità di fare soldi, fa
ai due boxers un’offerta che non possono rifiutare: tornare sul
ring e regolare i conti una volta per tutte. Ma i due non ce la
fanno ad aspettare: già durante il loro primo incontro dopo decenni
finiscono con il darsele di santa ragione in una esilarante rissa
che finisce subito in rete e diventa famosissima.
L’improvvisa frenesia dei social media trasforma quindi il loro
match locale in un evento imperdibile per HBO. Ora, se
riusciranno a sopravvivere agli allenamenti, potranno combattere di
nuovo e scoprire chi è il più forte.
Il film è
interpretato anche da Kevin Hart, Alan
Arkin, Kim Basinger, Jon
Bernthal e il giovane esordiente Camden
Gray.
In Il grande match
Henry “Razor” Sharp (Sylvester
Stallone) e Billy “The Kid” McDonnen (Robert
De Niro) sono due ex pugili. Rivali da sempre, si odiano
profondamente. In passato si sono scontrati due vote sul ring: la
prima ha vinto Razor, l’altra The Kid. Decidono allora, con motivi
e stimoli diversi, di giocare un re-match, un’ultima grande sfida
che decreti una volta per tutte il vincitore. Tutto è preceduto da
una campagna mediatica senza esclusione di colpi. Chi lo fa per
soldi? Chi perché vuole davvero la sfida finale? Di mezzo c’è anche
una donna (Kim
Basinger).
Il rischio maggiore in un film come
Il Grande Match, (Grudge Match in inglese, dove
“grudge” significa astio, invidia, rancore), è quello di risultare
interamente un’operazione commerciale, con continui riferimenti al
passato, derivati dalle filmografie dei due attori protagonisti,
che tra l’altro hanno recitato entrambi nel ruolo di pugili
(Stallone in Rocky; De Niro in
Toro Scatenato). Condire il tutto con
elementi trash, nostalgici, parodistici sarebbe il tassello finale.
Invece questo rischio è stato evitato. Il film procede a sé stante,
non è citazionistico e questo è forse il suo punto di forza. Al
limite siamo noi spettatori che, conoscendo a memoria il curriculum
dei due attori, tentiamo forzatamente di trovare connessioni col
passato.
Il Grande Match, il film
E un altro punto di forza è
la sceneggiatura. Benché ci troviamo di fronte ad un film molto
prevedibile, lineare, il grande sforzo è stato quello di costruire
due personaggi che, se pur molto diversi caratterialmente, fossero
bilanciati a puntino, per non far “tifare” lo spettatore né per
l’uno, né per l’altro. Così, qualora ci si stesse affezionando
troppo al Billy di Stallone, non mancherà la pulce nell’orecchio a
far dubitare del suo personaggio. Un pareggio dentro lo schermo e
al di fuori. Particolare anche la totale assenza di flashback,
nonostante i continui riferimenti al passato.
Un piccolo appunto sull’epilogo,
tenendosi ben lontani dal pericolo di spoiler: talmente caricato
durante tutto Il grande match, la parte finale
inizia con il piglio giusto, procedendo lentamente e regalando ogni
minimo dettaglio. Si spegne però troppo presto, perdendo quel
fascino che aveva accumulato durante tutto il crescendo della
pellicola.
Peter Segal, coadiuvato da
sceneggiatori che hanno le idee chiare, ha confezionato un
prodotto non cadendo nell’errore di voler citare dal passato
e creando una nuova storia, una commedia con la battuta pronta, ma
anche con un sapore della sfida gestito senza strafare. Il regista
è riuscito a dirigere bene anche i personaggi secondari, dandogli
il giusto peso e non oscurandoli dietro la coppia Stallone-De Niro.
Peccato per una prevedibilità troppo marcata e per un epilogo che,
nella sua costruzione e non nello script, risulti poco
all’altezza.
Sylvester Stallone
e Robert De Niro sono due combattenti nella storia di
Hollywood, protagonisti sul ring dal 1970 con Rocky e
Toro Scatenato, ma quest’anno il duo ha preso una bella
batosata al botteghino. Il Grande Match, uscito nelle
sale americane a Natale, con i suoi incassi non è nemmeno arrivato
nella classifica dei dieci film più visti del mese e le previsioni
per le prossime settimane non sono affatto rosee. Il produttore
della Warner Bros, Bill Gerber, aveva sperato che riportare
non una, ma ben due vecchie glorie sul grande schermo, gli portasse
lo stesso successo ottenuto nel 2008 con Grand
Torino, interpretato da Clint Eastwood, che aveva incassato 270
milioni dollari in tutto il mondo. Ma finora, Il Grande
Match si è rivelato un fallimento finanziario.
Costato 40 milioni
di dollari, probabilmente riuscirà appena a coprire le spese di
produzione, chiudendo un anno infelice per Sylvester
Stallone e Robert De Niro.
Bullet to the Head, il
più recente film d’azionedi Stallone (sempre distribuito dalla
Warner Bros.), è stato uno dei grandi flop del 2013, guadagnando
solo 9,4 milioni dollari in tutto il mondo per un budget di 55
milioni. D’altro canto, The Big Wedding, prodotto
dalla Lionsgate, interpretato da De Niro e Diane
Keaton, l’anno scorso ha incassato solo 21 milioni di dollari, a
fronte dei 35 milioni che era costato.
Entrambi gli attori avranno però
modo di riprovarci nel 2014: Stallone si prepara a lanciare un
terzo capitolo per i suoi Mercenari ad agosto, mentre De
Niro ha diversi progetti all’orizzonte, tra cui una nuova commedia
The Intern, con co-protagonista Reese Witherspoon.
Ecco il trailer de Il
Grande Match, prossimo film che vedrà confrontarsi le
leggende del ring Sylvester Stallone e
Robert De Niro. Il film è diretto da Peter
Segal.
Ne Il
Grande Match Stallone e De Niro sono rispettivamente
Henry “Razor” Sharp e Billy “The Kid” McDonnen, due pugili di
Pittsburgh finiti sotto i riflettori dell’intera nazione a causa
della loro accanita rivalità. Ai tempi d’oro ognuno di loro
aveva vinto un match ma, nel 1983, alla vigilia del terzo e
decisivo incontro, improvvisamente Razor aveva annunciato il suo
ritiro, rifiutandosi di spiegare il perché, ma assestando un colpo
definitivo alla carriera di entrambi. Trenta anni dopo il
promoter di pugilato Dante Slate Jr., vedendo la possibilità di
fare soldi, fa ai due boxers un’offerta che non possono rifiutare:
tornare sul ring e regolare i conti una volta per tutte. Ma i due
non ce la fanno ad aspettare: già durante il loro primo incontro
dopo decenni finiscono con il darsele di santa ragione in una
esilarante rissa che finisce subito in rete e diventa
famosissima. L’improvvisa frenesia dei social media trasforma
quindi il loro match locale in un evento imperdibile per
HBO. Ora, se riusciranno a sopravvivere agli allenamenti,
potranno combattere di nuovo e scoprire chi è il più forte.
Il film è
interpretato anche da Kevin Hart, Alan
Arkin, Kim Basinger, Jon
Bernthal e il giovane esordiente Camden
Gray.
È ufficialmente pronto lo spin-off
de Il Grande Lebowski di John
Turturro, intitolato Going Places, che
dovrebbe trovare una distribuzione in autunno durante il periodo
festivaliero. A confermarlo è l’attore in un’intervista,
concludendo così un’epopea iniziata nel 2016 grazie alla
benedizione dei fratelli Coen.
Turturro ha scritto, diretto e interpretato il film che segue le
avventure di Jesus Quintana, il personaggio della
pellicola originale, e la competizione con un altro criminale in
una gara di piaceri sessuali verso la stessa donna.
“Sarà eccessivo“, ha
dichiarato la star americana, “E mostrerà quanto siano stupidi
gli uomini. Di questo parlerà: delle donne, che sono i personaggi
più forti e più uniti tra loro. Ho dovuto cambiare la sceneggiatura
ma ora sento che funziona bene. Fondamentalmente sarà
un’esplorazione di Jesus che esce di prigione dopo essere stato
incastrato con l’accusa di pedofilia, ma anche una commedia molto
umana.”
Di seguito la prima sinossi ufficiale dello spin-off:
John Turturro interpreta Jesus
Quintana in Going Places, un film su un trio di disadattati la cui
dinamica irriverente e sessualmente carica si evolve in una
sorprendente storia d’amore mentre il loro atteggiamento spontaneo
e irriverente nei confronti del passato e del futuro si ritorce
ripetutamente, anche se compiono inavvertitamente buone azioni.
Quando i protagonisti di fanno nemico un parrucchiere armato di
armi, il loro viaggio diventa una costante fuga dalla legge e dalla
società.
Il film vede nel cast anche
Susan Sarandon e Bobby
Cannavale ma non è stata ancora confermata la
presenza di Jeff Bridges con un cameo nel ruolo
del Drugo.
Il finale de Il grande
Lebowski è un pasticcio che si dipana nel modo più
ordinato possibile. Una serie di trame assurde si scontrano nei
momenti finali del film dei fratelli Coen del
1998, e il trio Walter (John
Goodman), Donny (Steve Buscemi) e il
“Dude” (Jeff
Bridges) viene drasticamente spinto fuori dalle loro
vite senza vita per affrontare milionari, nichilisti, pederasti e
persino loro stessi. Data la sua natura caotica e apparentemente
senza scopo, Il grande Lebowski può essere
etichettato come un film “senza trama”, con pochi conflitti
rilevanti; la carta vincente del film è però proprio la gestione di
una serie di questioni apparentemente irrilevanti che spingono i
personaggi in un inesorabile stato di disordine.
Il grande Lebowski
è dunque un impeccabile esercizio di genere che sfida la narrazione
convenzionale in modo accessibile, e il finale del film mette in
mostra l’impresa in modo perfetto, flirtando con il dramma
strappalacrime senza rinunciare alla sua commedia scanzonata.
Inoltre, Il grande Lebowski esplora molti degli
elementi del genere poliziesco senza saltarci completamente dentro,
trasformandosi rapidamente in una satira quando le minacce e i
nemici arrivano quasi a compiere i danni che i protagonisti fanno a
sé stessi, costruendo interessanti dinamiche caratteriali che
raggiungono il loro punto di ebollizione quando il finale costringe
i personaggi a contemplare il pasticcio che le loro azioni
sconsiderate hanno provocato.
Cosa succede nel finale de
Il grande Lebowski
Il finaledeIl
grande Lebowski è un tipico caso di più persone che
cercano di avere la meglio l’una sull’altra, finché la situazione
non si trasforma in un punto di non ritorno. Il protagonista si
trova in mezzo a tutta questa confusione, completamente ignaro del
tradimento che lo spinge a vivere l’assurda avventura che segue.
Dopo aver appreso da Maude che il ricco (grande) Lebowski potrebbe
non essere quello che sembra, il Dude inizia a sospettare di essere
stato preso in giro per tutto il tempo da tutte le parti, a
cominciare dal milionario, e chiama Walter e si
dirige a casa di Lebowski dove la verità si svela rapidamente e,
naturalmente, in modo piuttosto stupido.
Non appena il Dude entra in casa
Lebowski, si imbatte in Bunny che si aggira per la casa e va subito
nell’ufficio di Lebowski per chiarire le cose. Lì scopre che i
nichilisti sono entrati in scena solo perché volevano usare la
scomparsa di Bunny come una facile via di fuga per sottrarre denaro
a Lebowski, il quale, a sua volta, ha approfittato della confusione
per sottrarre denaro al proprio istituto di beneficenza, usando il
Dude come corriere di una transazione che si è rivelata falsa come
la borsa di Walter. La verità viene svelata, ma Dude sa di non
poterne ricavare nulla e torna semplicemente alla sua routine.
Il grande Lebowski
si conclude però tristemente con un ultimo conflitto, che coinvolge
i cosiddetti nichilisti, il gruppo di tedeschi che aveva minacciato
Dude con una marmotta, ora tornati per reclamare i soldi del
riscatto che non sono mai arrivati nelle mani di Dude. In uno
scontro esilarante e patetico, Walter combatte gli uomini in modo
brutale e trionfa, ma Donny muore improvvisamente per un attacco di
cuore. E così rimangono in due, il Dude e Walter, senza nulla da
fare se non andare al bowling. In una narrazione finale
dell’enigmatico Straniero (Sam
Elliott), egli dice al pubblico che Maude (Julianne
Moore) è rimasta incinta, il che significa che c’è un
piccolo Lebowski in arrivo.
Cosa è successo a Bunny?
Il modo in cui Il grande
Lebowski prende in giro il suo pubblico è uno dei motivi
principali per cui è uno dei migliori film dei fratelli Coen.
All’inizio, la scomparsa di Bunny sembra essere il più grande
mistero del film e i personaggi discutono costantemente su cosa le
sia realmente accaduto. Le teorie spaziano dal fatto che Bunny si
sia rapita per estorcere un po’ di più a Lebowski o che sia stata
tenuta in ostaggio dagli imprevedibili nichilisti tedeschi, che si
sono dimostrati alquanto pericolosi. Alla fine si scopre che Bunny
ha semplicemente lasciato la città senza avvertire nessuno,
tornando indenne dopo che i nichilisti hanno usato la sua scomparsa
per ricattare Lebowski.
Secondo Dude, l’alluce mozzato
inviato dai nichilisti sembra confermare che Bunny è in pericolo,
mentre Walter è sicuro che potrebbe essere l’alluce mancante di
chiunque e che i tedeschi stiano solo bluffando. In una scena
successiva, il mistero più grande viene risolto grazie a un piccolo
dettaglio che può facilmente sfuggire: mentre i nichilisti
discutono del loro piano in una tavola calda, c’è una rapida
inquadratura del piede del membro femminile coperto di bende e con
un dito mancante. Poiché Uli Kunkel conosceva bene Bunny, ha
approfittato dei suoi giorni di assenza e ha dipinto il dito finto
proprio come lei dipingeva il suo.
Dopo che il Dude viene incaricato di
fare da corriere per i soldi del riscatto di Bunny, Walter decide
di scambiare la borsa dei soldi con un anello contenente la sua
biancheria intima, convinto che Bunny si sia rapita da sola. Il
piano prevedeva di tenere i soldi per sé piuttosto che per la
piccola tassa del corriere, ma i due finiscono per perdere la borsa
originale, impedendo a Dude e Walter di controllarla e di capire
che si trattava di un bluff. Con l’anello “originale” scomparso, i
due sono spinti in uno stato di sospetto, sapendo che non avrebbero
avuto i soldi se i nichilisti li avessero cercati, senza sapere che
non li avrebbero avuti in ogni caso.
Tanto per cominciare,
Jeffrey Lebowski (David
Huddleston) non si preoccupa della sorte di Bunny perché
ha chiuso con lei, il che lo spinge a consegnare a Dude un anello e
a lasciare che sia lui stesso a occuparsi dei ricattatori,
conservando segretamente il milione di dollari e risolvendo due
problemi in una volta sola. Poiché la borsa originale non conteneva
denaro e non è mai arrivata a destinazione, i sospetti di Walter su
Larry, l’adolescente i cui compiti sono stati trovati nell’auto di
Dude, si sono rivelati infondati e hanno solo reso più difficile la
loro situazione. Nonostante la confusione, il piano chiude il
cerchio: i nichilisti tedeschi si rivoltano contro Dude alla
ricerca del denaro, mentre il grande Lebowski esce indenne dalla
situazione.
Cosa c’entrano i nichilisti?
I principali antagonisti del film, i
nichilisti tedeschi, vedono nella scomparsa di Bunny l’occasione
perfetta per chiedere soldi a Jeffrey Lebowski in cambio della
ragazza, ma poiché tutto ciò che ottengono è un sacchetto di
biancheria intima di Walter, rivolgono la loro attenzione a Dude e
ai suoi amici. Questi ultimi sono guidati da Uli Kunkel
(Peter Stormare), che in passato ha recitato in un
video porno prodotto da Jackie Treehorn insieme a Bunny, il che
spiega il legame tra i due. Prima di dedicarsi al crimine e al
nichilismo, il gruppo faceva parte di una band di musica
elettronica chiamata Autobahn, che suona alla radio durante la
lotta nel parcheggio.
Il vero significato del finale de
Il grande Lebowski
A suo modo assurdo, Il
grande Lebowski sembra racchiudere tutte le tendenze e le
idiosincrasie che hanno dominato i primi anni ’90 nella figura di
Dude, che incarna vividamente la cultura fannullona cresciuta
contemporaneamente nelle strade e nell’arte. Nel finale del film,
tutte le stranezze del decennio collidono a favore di una satira
intelligente che, a prescindere da tutte le atrocità casuali in
corso, non avviene certo per caso. La catena filosofica nichilista
è lì per uno scopo: rappresenta l’assoluto opposto di ciò che
predica Dude, ovvero la passività nei confronti dell’assurdità
della vita.
I nichilisti de Il grande
Lebowski rappresentano l’ipocrisia generazionale che trova
conforto nel trovare scappatoie per sfruttare le persone, mentre
Dude trova pace nel suo circolo vizioso individuale, tornando
nell’agio della sua routine dopo che il circo è andato in malora.
Tale ipocrisia si applica a tutti i personaggi particolari che Dude
incontra lungo il cammino, dal piano di gravidanza di Maude al
tradimento di Jeffrey Lebowski. Dude accetta passivamente il suo
fardello come se si trattasse di semplici distrazioni. Alla fine,
c’è chi usa, chi accetta di essere usato e chi muore cercando di
decidere. Come racconta lo Straniero, Dude “sela
prende comoda per tutti noi peccatori”.
Il trailer e dove vedere il film in
streaming e in TV
È possibile fruire di Il
grande Lebowski grazie alla sua presenza su alcune delle
più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è
infatti disponibile nei cataloghi di Apple
iTunes, Tim
Vision, Now e Prime Video. Per vederlo, una volta
scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo
film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di
guardarlo in totale comodità e ad un’ottima qualità video. Il film
è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 2
novembre alle ore 21:00 sul canale
Iris.
Per anni John Turturro, uno degli attori
feticcio dei fratelli Coen
(Crovevia della morte, Barton Fink È successo a
Hollywood, Fratello, dove sei?), ha espresso il
desiderio di ritornare nei panni di Jesus
Quintana, iconico personaggio interpretato nel cult
Il Grande Lebowski.
Adesso, stando a quanto riportato da
Birth Movies Death, l’attore si starebbe stancato di aspettare i
noti registi e avrebbe deciso di riportare da solo Jesus sul grande
schermo nel suo prossimo film da regista Going
Places, un remake del film del 1974 con Gerard
Depardieu, Jeanne Moreau e Isabelle Huppert.
Secondo la fonte, il film sarebbe a
tutti gli effetti uno spin off de Il Grande
Lebowski, le cui riprese sono attualmente in corso a
New York. La pellicola, che non ha ancora una distribuzione, sarà
prodotta Robert Salerno (…e ora parliamo di
Kevin, A Single Man) e vedrà John
Turturro recitare al fianco di Susan Sarandon, Bobby
Cannavale e Audrey Tautou.
Sempre secondo la fonte, la trama
del film (o almeno la presunta trama del film) dovrebbe ruotare
attorno alla figura di una donna (Tautou) che si unisce alle
malefatte di due criminali (lo Jesus di Turturro e il Petey di
Cannavale) con l’obiettivo di convincere uno dei due ad avere un
rapporto sessuale in modo da raggiungere il suo primo orgasmo. La
Sarandon interpreterà una criminale appena uscita di prigione dopo
un lungo periodo di detenzione che si unirà alla banda.
John Turturro
ha seriamente intenzione di cominciare a lavorare su uno spin off
de Il Grande Lebowski concentrandosi sul
suo iconico personaggio: Jesus Quintana, il leggendario giocatore
do bowling contro cui si scontra la squadra del Drugo.
A suo tempo l’attore dichiarò di
essere rimasto un po’ male per il poco tempo dedicato al suo
personaggio nel film, e adesso vorrebbe riscattarlo, ammesso che i
Coen diano l’OK.
Per chi non ricordasse il
personaggio, eco la sua presentazione nel film dei Fratelli
Coen:
Durante un’intervista con
Business Insider, Jeff Bridges ha dichiarato che
vedrebbe di buon occhio un sequel de Il grande
Lebowski, il cult movie dei fratelli
Coen che lo vede protagonista, nonostante i due registi si
siano dichiarati apertamente contrari a sequel e altre operazioni
del genere.
L’attore ha dichiarato: “Spero
che facciano un sequel sul piccolo Lebowski,
perché le premesse già ci sono, ho messo incinta
Maude [il personaggio di Julianne Moore]. E come dice Lo
Straniero: c’è un piccolo Lebowski in arrivo, no?”
Di recente anche John Turturro, che ne Il
grande Lebowski interpreta Jesus (uno dei suoi
migliori personaggi in assoluto), ha dichiarato che gli piacerebbe
vedere uno spin-off incentrato sull’eccentrico giocatore di
bowling. Chissà però cosa ne pensato i Coen.
Dopo aver accettato il prestigioso
Cecil B. deMille Award ai
Golden Globes
2019,Jeff Bridges torna a sorpresa
nei panni del Drugo, il suo personaggio de Il Grande
Lebowski, il film di culto dei Fratelli
Coen.
Il video vede brevemente l’attore
ritornare nel costume del personaggio: barba e capelli incolti,
occhiali, pigiamone e quel cardigan inconfondibile. Il video è
brevissimo e non è accompagnato da nessuna didascalia particolare,
solo da una data, quella del prossimo
SuperBowl.
Sembra infatti plausibile che, a
differenza di quanto si possa auspicare, il video è solo
un’anticipazione di uno spot che l’attore girerà appositamente per
il Big Game. Vi lasciamo con l’emozionante (per i fan del film e
del personaggio) video:
John Goodman ha
ottenuto la sua stella sulla Walk of Fame e per
celebrarlo, è intervenuto Jeff Bridges, che con
lui ha recitato ne Il Grande Lebowski. Per
l’occasione, Bridges ha riportato in scena il Drugo, il suo
protagonista del film di Joel e Ethan
Coen.
Di recente si è tornato a parlare
del film dei Coen perché John
Turturro, che nel film interpreta Jesus, sta lavorando a
un sequel che vede protagonista proprio il suo personaggio.
Per quanto riguarda John
Goodman, l’attore riceve un riconoscimento importante a
fronte di una carriera ricca di piccoli ma significativi ruoli. Al
momento l’attore è in sala con Kong Skull
Island.
Diretto da Joel
Coen, e scritto da questi insieme al fratello Ethan,
Il grande Lebowski è uno dei più celebri film del duo,
diventanto nel tempo un vero e proprio cult grazie alla scrittura e
alla regia brillante, nonché grazie ad un gruppo di attori alle
prese con personaggi tanto bizzarri quanto iconici.
Ecco 10 cose che non sai su
Il grande Lebowski.
Il grande Lebowski cast
1. Vede la partecipazione
di celebri attori. Protagonista assoluto del film è
Jeff
Bridges, nel ruolo del mitico Jeffrey Lebowski, detto
Drugo. I due migliori amici del protagonista sono invece
interpretati dagli attori John Goodman e Steve Buscemi. Sono inoltre presenti gli
attori Julianne
Moore, Philip Seymour Hoffman,
Sam Elliott e John
Turturro nei panni di Jesus Quintana.
2. Turturro ebbe carta
bianca sul personaggio. Quando Turturro lesse la
sceneggiatura si accorse di avere un ruolo ben più piccolo di
quello che credeva. L’attore ebbe tuttavia completa libertà, da
parte dei Coen, di caratterizzare il personaggio come meglio
credeva, e così agli lavoro sull’aspetto estetico di Jesus
Quintana, e sui suoi eccentrici modi di fare.
3. I costumi del
protagonista sono opera di Bridges. L’attore Jeff
Bridges ha donato al personaggio molti dei suoi reali
vestiti, tra cui i sandali e i celebri maglioni. Gli abiti di
Lebowski sono divenuti con il tempo tanto iconici quanto il
personaggio, ispirando numerosi imitatori sparsi per il mondo.
4. Il personaggio è
ispirato ad un amico dei Coen. Jeffrey Lebowski è ispirato
a Jeff Dowd, finanziatore del primo film dei Coen
e tra i fondatori del Seattle Liberation Front. Al momento della
scrittura della sceneggiatura, i due autori ebbero in mente sin dal
primo momento l’attore Jeff Bridges, che poteva incarnare al meglio
la natura del personaggio.
5. Jeff Bridges lavorò
molto sul personaggio. Prima di girare ogni scena, Bridges
era solito chiedere ai Coen se il personaggio avesse in
quell’occasione fumato o meno uno spinello. Se i due autori
rispondevano di sì, l’attore si strofinava le nocche delle mani
sugli occhi per diversi minuti, così da farli arrossare e replicare
l’effetto dato da uno spinello.
Il grande Lebowski streaming
6. È disponibile in
streaming. È possibile guardare il film su diverse
piattaforme streaming presenti online. La prima di queste è Chili,
e a seguire vi sono Rakuten TV, Google Play e Apple Itunes. Su
ognuna di queste è possibile acquistare o noleggiare il film,
potendolo rivedere una o più volte.
Il grande Lebowski trailer
7. Attirò l’attenzione
degli spettatori. Al momento della sua imminente uscita
nei cinema, il film aveva costruito grandi aspettative nel
pubblico, merito di un trailer efficace. In questo viene infatti
presentata vagamente la storia del personaggio, concentrandosi
prevalentemente sull’atmosfera evocata nel film.
Il grande Lebowski 2
8. Un sospettoso annuncio
ha fatto ipotizzare l’arrivo di un sequel. All’inizio del
2019 sul profilo Twitter di Bridges apparve un breve teaser
scandito dal brano The Man in Me di Bob
Dylan, già presente nel film del 1998. All’interno di
questo appariva proprio l’attore, nuovamente nei panni del celebre
Drugo, che brevemente guardava in camera con il suo solito sorriso
sornione. I fan hanno ipotizzato che fosse segretamente stato
realizzato un sequel al celebre film, ma le speranze furono
disilluse quando di scoprì che Bridges aveva ripreso il ruolo
esclusivamente per apparire in uno spot della birra Stella Artois,
andato in onda durante il Super Bowl.
Il grande Lebowski Jesus
Quintana
9. È stato realizzato uno
spin-off. Nel 2019 viene realizzato un film esclusivamente
dedicato al personaggio di Jesus Quintana, intitolato Jesus
Rolls – Quintana è tornato!. Il ruolo viene ripreso
dall’attore John Turturro, che si occupa anche
della regia. Accanto a lui compaiono nel film gli attori
Bobby Cannavale, Susan
Sarandon, Jon Hamm e
Christopher Walken.
Il grande Lebowski frasi
celebri
10. Contiene numerose
battute divenute di culto. All’interno del film sono
presenti numerose frasi divenute celebri, specialmente grazie
all’interpretazione fornita dagli attori. Ecco alcune delle battute
divenute più di culto:
– Attento perché il messaggio
subliminale è fottiti, lasciami in pace e vaffanculo!
(Jeffrey Lebowski)
– A volte sei tu che mangi
l’orso e a volte è l’orso che mangia te. (Lo
Straniero)
– Lo hai detto hermano. No se
escherza con Jesus! (Jesus Quintana)
– Questo non è il Vietnam, è il
bowling: ci sono delle regole. (Walter
Sobchak)
– Smokey amico mio, stai per
entrare in una valle di lacrime… se ti segni un 8 entri in una
valle di lacrime. La valle di lacrime. (Walter
Sobchak)
Ritornerà al cinema a partire dal
15 Dicembre Il Grande Lebowski, in
versione rimasterizzata in alta definizione. il film cult dei
Fratelli Coen che vede protagonista un cast d’eccezione composto da
Jeff Bridges, John Goodman, Steve Buscemi, Julianne
Moore e John Turturro sarà nelle sale The Space Cinema il
15-16-17 Dicembre.
Trama: Los Angeles, anni novanta:
Jeffrey Lebowski, detto “Drugo”, è un fannullone che vivacchia
senza troppi problemi tra una partita di bowling con gli amici
Walter e Donny, una fumata di marijuana e grandi quantità di White
Russian. La sua vita disimpegnata è improvvisamente sconvolta dalla
visita di due sicari, che solo in seguito all’aggressione capiscono
di aver sbagliato obiettivo a causa di un’omonimia col sig.
Lebowski, un ricco magnate. Prima di togliere il disturbo, i due
killer non mancano di urinare sul tappeto di Drugo. Questi,
convinto dal suo amico Walter, decide di farselo risarcire dal suo
facoltoso omonimo: viene così coinvolto in un’intricata serie di
vicende che lo invischiano, suo malgrado, in rapimenti e riscatti,
in compagnia di artisti pazzoidi e giocatori di bowling che si
credono delle divinità.
Il cast de Il Grande
Lebowski si è riunito per una foto in occasione del 20°
anniversario del film. La pellicola è stata diretta dai
Fratelli Coen ed è uscita nel 1998. Il personaggio
più riconoscibile del film è Drugo, interpretato da Jeff
Bridges, mentre in ruoli altrettanto importanti
comparivano John Goodman, Julianne
Moore e Steve Buscemi.
Il Grande
Lebowski racconta di Jeffrey Lebowski, che viene aggredito
da due criminali che lo hanno scambiato, a causa di una scomoda
omonimia, per un milionario. Durante l’aggressione, i due urinano
anche su un tappeto di Jeffrey. Per ottenere un risarcimento per
questo tappeto, il Drugo accetta di aiutare il milionario,
consegnando un riscatto per liberare la Signore Lebowski, rapita
proprio dai malviventi. Per aiutarlo nel suo viaggio, Drugo recluta
i suoi due compagni di bowling, Walter Sobchak (Goodman) e Donny
Kerabatsos (Buscemi).
Sul suo account Twitter, Bridges ha
pubblicato una foto in cui compare al fianco dei suoi colleghi di
set, per il film dei Coen, Goodman e Buscemi, in occasione della
reunion e della celebrazione del 20° anniversario del film. Con
loro, in foto, anche Harry Smith della NBC.
Nel cast del film comparivano anche
Philip Seymour Hoffman e David
Huddleston, che purtroppo sono morti, negli anni a
seguire.
Mentre un sequel tanto richiesto de
Il Grande Lebowski non è mai stato realizzato, l’attore
John Turturro sta lavorando a uno spin-off
intitolato Going
Places, incentrato sul suo personaggio Jesus Quintana,
il pittoresco avversario di Lebowski e dei suoi amici a
bowling.
Anche se il film è uscito da 20
anni, Il Grande Lebowski ha ancora un grande
impatto sulla cultura pop. Il film è tornato nelle sale in più di
un’occasione ed è stato anche l’ispirazione per un bar in Arizona e
un ristorante in Iowa.
Arriva l’ultimo dei cosiddetti
demake da youtube, ovvero le versioni in 8 bit dei
film più noti o attesi e dopo Il Cavaliere
Oscuro e Blade Runner oggi
tocca al cult Il Grande Lebowski dei
fratelli Coen. A pubblicarlo sempre
CineFix che ha raccontato la pellicola come fosse
un videogioco a 8 bit.
Il grande
Lebowski (The Big Lebowski) è un film del 1998
diretto dai fratelli Coen, caratterizzato dalla loro singolare
regia e da un cast molto ricco che comprende Jeff Bridges, John
Goodman, Steve Buscemi, Julianne Moore e John Turturro.
Los Angeles, anni
novanta: Jeffrey Lebowski, detto “Drugo”, è
uno slacker che vivacchia senza troppi problemi tra una
partita di bowling con gli amici Walter e Donny, una
fumata di marijuana e grandi quantità di White
Russian. La sua vita disimpegnata verrà però improvvisamente
sconvolta quando riceverà la visita di due sicari, che solo in
seguito all’aggressione capiscono di aver sbagliato obiettivo a
causa di un’omonimia col Sig. Lebowski, un ricco magnate. Prima di
togliere il disturbo, però, i due sicari non mancano di urinare sul
tappeto di Drugo. Questi decide quindi di farselo
risarcire dal suo ricco omonimo: verrà così coinvolto in
un’intricata serie di vicende che
vedranno Drugo invischiato, suo malgrado, in
rapimenti e riscatti, in compagnia di artisti pazzoidi e giocatori
di bowling che si credono delle divinità.
Il Grande
Lebowski è entrato ufficialmente nella lista dei
nuovi film da aggiungere alla National Film Registry della
Biblioteca del Congresso americana: 25 pellicole, che vanno dai
primi film muti del 1913, passando per i documentari e pellicole
“cult” recenti del 2004, sono state selezionate per essere
conservate- per l’eternità- come patrimonio culturale e storico
americano.
Questa procedura viene
ripetuta ogni anno dalla Biblioteca, con le uniche clausole che le
pellicole selezionate debbano essere “culturalmente, storicamente
ed esteticamente” significative e che debbano essere passati 10
anni dalla loro uscita in sala. Il pubblico può proporre dei
titoli, e spesso è proprio da qui che prendono spunto per le loro
scelte i membri della Biblioteca: evidentemente quest’anno i
“dudeisti” (seguaci di “Drugo/ The Dude” Lebowski) devono aver
fatto sentire con forza la loro voce; così, questa pellicola del
1998 dei fratelli Joel ed Ethan Coen si aggiunge
nella lista insieme a pellicole come Salvate il Soldato
Ryan, Rosemary’s baby, Willy Wonka
e la Fabbrica di Cioccolato oppure Luxo
Jr, il primo cortometraggio realizzato con la
computer grafica ad essere candidato agli Oscar.
James H.
Billington, un membro della Biblioteca, ha dichiarato
durante una conferenza stampa che:
“Il National Film Registry
mostra la straordinaria diversità del patrimonio- cinematografico-
americano e i diversi fili che rendono il suo tessuto così
vibrante. Preservando questi film- in totale sono 650- proteggiamo
un elemento cruciale della creatività americana, della sua cultura
e della sua storia”.
È stato finalmente svelato il
misterioso significato nascosto
dietro al video che pochi giorni fa ha fatto palpitare il
pubblico dei social network e che aveva vito tornare Jeff
Bridges nei panni del protagonista de Il Grande
Lebowski.
Il Drugo ha fatto squadra con Carrie
Bradshaw di Sex and the City per promuovere la
birra Stella Artois. Il spot, realizzato per il Super Bowl, vede
protagonista anche Sarah Jessica Parker, al fianco
di Bridges.
Per promuovere la birra si è scelto
di far cambiare drink preferito ai due iconici personaggi, infatti
Carrie rinuncia al suo Cosmopolitan mentre il
Drugo al suo White Russian! Ecco lo spot:
Uscirà il 22 dicembre
Il
grande giorno, il nuovo film con ALDO GIOVANNI e
GIACOMO, diretto ancora una volta da Massimo Venier. Scritto da
Davide Lantieri, Michele Pellegrini, Massimo Venier, Aldo Giovanni
e Giacomo, Il
grande giorno vede protagonisti anche Antonella
Attili, Elena Lietti, Lucia Mascino, Margherita Mannino, Giovanni
Anzaldo, Pietro Ragusa, Roberto Citran
In una grande villa sul lago di
Como tutto è pronto per celebrare il matrimonio di Elio e Caterina.
Sarà il giorno più bello della loro vita e anche di quella dei loro
genitori, soprattutto dei rispettivi padri, Giacomo e Giovanni. I
due si conoscono dai tempi della scuola e hanno condiviso tutto:
l’azienda di famiglia – la Segrate Arredi – gli affetti, le
vacanze… Il matrimonio dei figli rappresenta il suggello più
emozionante alla loro fraterna, indissolubile amicizia. Per questo
non hanno badato a spese: tre giorni di festeggiamenti, un
Cardinale a celebrare le nozze, vini di pregio, chef stellati… E a
dirigere il tutto, un costosissimo maître che si fa chiamare “il
Riccardo Muti del catering”. Peccato che insieme a Margherita, l’ex
moglie di Giovanni nonché madre della sposa, arrivi al matrimonio
anche Aldo, il suo nuovo compagno. Simpatico, espansivo e
soprattutto casinista in sommo grado, il nuovo arrivato si abbatte
sul matrimonio come un tornado, infilando una serie di gaffes e
incidenti esilaranti ma soprattutto costosissimi. Giacomo e
Giovanni provano ad arginarlo in tutti i modi, ma sotto i colpi di
Aldo si aprono delle crepe da cui affiora un malessere nascosto,
destinato a mettere in discussione l’amicizia tra Giovanni e
Giacomo, i loro matrimoni e non solo. E che costringerà tutti a
fare i conti con i propri dubbi e con il coraggio che ci vuole per
concedersi la felicità.
A 14 anni da
Romanzo Criminale, Francesco Montanari torna
sul piccolo schermo per Sky con Il Grande Gioco.
Un drama che ricorda le grandi serie internazionali come Succession
che nasce da un’idea di
Alessandro Roja. Con la produzione di Luca Barbareschi e la
regia di Fabio Resinaro e Nico Marzano, la nuova serie Sky Original
arriverà il 18 novembre con un doppio appuntamento settimanale.
Ogni venerdì sera per quattro settimane consecutive – e un totale
di otto episodi – Il Grande Gioco ci porta dietro le quinte del
calciomercato italiano. Gli episodi saranno disponibili su NOW con
una novità che interessa soprattutto i non abbonati a Sky o NOW: il
primo episodio sarà pubblicato anche sul canale YouTube di Sky.
Il Grande Gioco, la trama
Screditato da false accuse,
Corso Manni (Francesco
Montanari) è passato dall’essere il golden boy dei procuratori
della ISG, la più grande società di procuratori in Italia, ad
essere emarginato dal mondo calcistico. Con l’aiuto del giovane
procuratore Marco Assari (Lorenzo Aloi), Corso
ricostruisce la sua carriera contendendosi la procura del campione
Quintana (Jesús Mosquera Bernal e del promettente
Antonio Lagioia (Giovanni Crozza Signoris) con
Dino (Giancarlo
Giannini) ed Elena De Gregorio (Elena
Radonicich), rispettivamente CEO della ISG e sua ex moglie. Un
inaspettato gioco di alleanze e tradimenti prende forma con
l’ingresso di Sasha Kirillov (Vladimir Aleksić),
un navigato procuratore della russa Plustar, determinato a
conquistare non solo il mercato calcistico italiano, ma anche dei
preziosissimi terreni intestati alla ISG.
Nella location di un rinnovato
Teatro Eliseo è avvenuta la prima stampa de Il Grande
Gioco. Una storia davvero ampia in cui è complicato
stabilire chi è la vera vittima e chi il carnefice. L’intrigo che
ti porta dentro il “grande gioco” è intessuto di bugie, stratagemmi
e anche un po’ di fortuna. I nostri protagonisti giocano con la
fortuna e si sfidano tra loro credendosi dei veri e propri dei.
Dall’altro dei loro grattaceli guardano il mondo sottostante, le
loro pedine, con sufficienza. Questo movimento verticale viene
rappresentato molto bene dalle cineprese dei due registi che
rappresentano una Milano sempre più sviluppata che si erige anche a
“capitale” del calciomercato.
Credit Foto: Federica Di Benedetto
Oltre alla intricata trama
familiare che avvolge la vicenda della famiglia De Gregorio, la
storia racconta i retroscena del calciomercato italiano. La serie
riprende la frenesia all’interno dell’Hotel Sheraton di
Milano che accoglie i più importanti gruppi di procuratori a
livello mondiale. Il nostro Corso Manni è proprio un ex procuratore
la cui vita è stata messa in subbuglio per un evento legato al
calcio scommesse.
Volti e Maschere
Nonostante le vicende che legano i
protagonisti siano inerenti al mondo del calcio, in realtà è solo
lo sfondo di questo intricato dramma. Ricorda un po’ Succession: il padre despota della famiglia De
Gregorio, interpretato da Giannini, nonostante una incombente
malattia non vuole lasciare il posto ai figli. Il figlio maschio di
Dino De Gregorio, Federico, è un grande amico di
Corso e anche la vittima sacrificale di questo
Grande Gioco. Federico è il figlio minore di Dino
è poco interessato al ruolo di CEO ma porta avanti il suo sogno di
aprire un’Academy per giovani talenti. Il peso dei sotterfugi del
padre porterà purtroppo Federico ad autodistruggersi, allontanato
dalle persone a lui più care proprio mentre lanciava
silenziosamente un grido disperato di aiuto.
Se Federico è lontano alle
dinamiche della ISG, Elena De Gregorio, figlia
maggiore di Dino sembra puntare in alto. Il ruolo della
Radonicich, in questi primi due episodi, è
conflittuale. Una Lady Macbeth che cerca di ritagliarsi il suo
spazio in un ambiente prettamente maschile. Possiamo vederne il
volto dalle mille sfaccettature come se indossasse per ogni
circostanza una maschera diversa. La sua interpretazione è anche lo
specchio di quello che sta avvenendo attualmente nel panorama
calcistico italiano con i primi procuratori donna. In realtà,
nonostante il tema e un cast composto dal 99% di uomini, il
personaggio di Elena Radonicich è quello più
intricato.
Credit Foto: Federica Di Benedetto
Corso Manni,
invece, con la maschera da procuratore ha imparato a convivere e lo
spiega al suo nuovo protetto, interpretato da Lorenzo Aloi.
Marco Assai è un promettete procuratore ma è
ancora un novellino del mestiere, ancora troppo buono, troppo
acerbo. Corso gli sarà mentore e amico, indiziandolo alle fasi più
brutali di questo mestiere. Sul finale del secondo episodio, Marco
capisce che non bisogna solo avere una conoscenza accademica del
calcio ma per scovare e far accettare i contratti alle future
promesse del calcio bisogna essere sregolati.
Chi tiene le redini del grande
gioco?
Nei primi due episodi presentati
alla stampa si dà solo un accenno a quello che sarà Il
Grando Gioco. Se il titolo può far pensare al grande gioco
del calcio è qui che la serie vuole trarci in inganno. Come abbiamo
sottolineato anche il calcio – con i suoi bravissimi protagonisti
come Jesús Mosquera Bernal e Giovanni
Crozza Signoris – è una pedina in mano ai procuratori. La
trama così intricata eppure così forte e ben argomentata ci porta a
domandarci: chi tiene le redini del grande gioco? Veniamo a
conoscenza di varie parti del passato di Corso e
scopriamo che è stato tradito dall’interno della ISG. Ci sono vari
indiziati che possono aver lasciato il procuratore Manni appeso al
filo.
Uno di questi è il padre di Corso
che è sicuramente invischiato nella vicenda. Ma non è il mandante,
non è lui che muove i fili. La serie, che fino a questo momento si
era presentata allo spettatore come un family drama, cambia faccia
e accoglie il mistero, quasi thriller. Tra i nomi papabili che
possono aver screditato Corso c’è Elena De Gregorio – sua ex moglie
– che è il personaggio a cui è affidata tutta l’enigmaticità della
serie. Elena agisce per uno scopo ben preciso e questo allo
spettatore non è dato saperlo. Ha un tacito accordo con sé stessa e
muove i fili dall’interno senza che nessuno sappia mai bene quale
sarà la sua prossima mossa. Anche Francesco De
Gregorio potrebbe aver tradito il suo amico Corso e questo
spiegherebbe il suo messaggio lasciato in segreteria dove per la
prima volta ammette le sue colpe e chiede scusa.
Un altro personaggio che avrà un
ruolo chiave nelle strategie future è il procuratore russo
Sasha Kirillov, interpretato da Vladimir Aleksic.
Nonostante abbia mostrato una certa abilità nel destreggiarsi in un
ambiente – quello del calcio italiano – lontano da lui, Kirillov è
senza scrupoli. Un punto ancora poco approfondito nei primi due
episodi ed in parte solo accennato è il suo interessamento ai
preziosi terreni destinati all’Academy per soddisfare delle
richieste di altri soci della sua Plustar. L’Academy era un
progetto fortemente voluto da Federico De Gregorio con l’aiuto di
Corso Manni che in seguito alla vicenda del calcioscommesse ha
subito una battuta d’arresto.
La serie porterà uno sguardo
inedito sul mondo del calcio nazionale e internazionale ma mette in
luce la forza e la debolezza degli esseri umani. In un mondo così
spietato e che corre veloce come quello del calciomercato non si
può vacillare. E i nostri protagonisti sono così forti e risoluti
sulle loro convinzioni che sarà davvero una lotta spietata per
venire a capo di questo intrigo. Per fortuna abbiamo ancora quattro
settimane e otto episodi per scoprire chi tiene le redini de
Il Grande Gioco.
Fra affari miliardari, personaggi
senza scrupoli e trattative al cardiopalmo, il calciomercato – fra
i momenti più appassionanti dell’intera stagione calcistica – è ora
per la prima volta al centro di una serie tv. Il grande
gioco è il nuovo titolo Sky Original di cui viene
rilasciato oggi il trailer ufficiale e annunciato il debutto:
dal 18 novembre in esclusiva su Sky e in streaming solo su
NOW.
Il dietro le quinte del calcio in
una serie Sky Studios e Èliseo
entertainment prodotta da Luca Barbareschi e diretta da
Fabio Resinaro (Mine,
Dolceroma) &Nico
Marzano, che vede Francesco Montanari
(Il cacciatore, I Medici – Nel nome della
famiglia) di nuovo protagonista di una serie Sky a più di
dieci anni di distanza dal popolarissimo Romanzo
Criminale – La serie. Ne Il Grande Gioco
interpreta Corso Manni, fino a una decina di anni prima dell’avvio
di questa storia una star nel mondo dei procuratori calcistici,
caduto in disgrazia per un presunto legame con il mondo delle
scommesse clandestine.
Protagonisti con lui anche
Elena Radonicich (1992, La porta
rossa, Fabrizio De André – Principe libero) nei panni
di Elena De Gregorio, ex moglie di Manni e procuratrice a sua
volta, e il vincitore del David di Donatello nonché candidato
all’Oscar Giancarlo Giannini (Casino
Royale, Il cuore altrove, Pasqualino
Settebellezze), che nella serie interpreta Dino De Gregorio,
il padre di Elena, fondatore e CEO dell’agenzia di calciatori più
potente in Italia contro cui Corso medita vendetta.
Montanari, Radonicich e Giannini
guidano un grande cast internazionale del quale fanno parte anche
Lorenzo Cervasio (Come un gatto in tangenziale
– Ritorno a Coccia di Morto, Il Capitale Umano) nei
panni di Federico De Gregorio, fratello minore di Elena,
Jesus Mosquera Bernal (Toy Boy), che qui
interpreta il campione Carlos Quintana, Lorenzo
Aloi (Lasciarsi un giorno a Roma,
Fedeltà, La compagnia del Cigno 2) nei panni di
Marco Assari, giovane e talentuosissimo procuratore,
Giovanni Crozza Signoris (Il Traditore,
Zero), che presterà il suo volto alla giovane promessa del
calcio Antonio Lagioia, e Vladimir Aleksic nei
panni di Sasha Kirillov, procuratore russo senza scrupoli.
In otto episodi scritti da
Tommaso Capolicchio, Giacomo
Durzi, Filippo Kalomenidis,
Marcello Olivieri e Andrea Cotti,
la serie racconta per la prima volta il lavoro dei procuratori
sportivi senza tralasciare gli interessi economici e politici che
possono gravitare dietro l’ingaggio di un calciatore o il successo
di un’intera squadra. Tommaso Capolicchio, Giacomo Durzi, Filippo
Kalomenidis e Marcello Olivieri sono i creatori della serie,
realizzata a partire da un’idea di Alessandro Roja con la collaborazione di
Riccardo Grandi.
La trama de Il grande
gioco
Screditato da false accuse, Corso
Manni (Francesco
Montanari) è passato dall’essere il golden boy dei procuratori
della ISG, la più grande società di procuratori in Italia, ad
essere emarginato dal mondo calcistico. Con l’aiuto del giovane
procuratore Marco Assari, Corso ricostruisce la sua carriera
contendendosi la procura del campione Quintana e del promettente
Antonio Lagioia con Dino De Gregorio (Giancarlo
Giannini) ed Elena De Gregorio (Elena Radonicich),
rispettivamente CEO della ISG e sua ex moglie. Un inaspettato gioco
di alleanze e tradimenti prende forma con l’ingresso di Sasha
Kirillov, un navigato procuratore della russa Plustar, determinato
a conquistare non solo il mercato calcistico italiano, ma anche dei
preziosissimi terreni intestati alla ISG.
Il grande gioco: trailer della serie tv
Il Grande Gioco sarà
disponibile in esclusiva su Sky e in streaming solo su NOW in tutti
i Paesi in cui Sky è presente. La distribuzione internazionale è di
NBCUniversal per conto di Sky Studios.
L’attesa è quella snervante di una
finale arrivata ai calci di rigore. Davanti alla porta a giocarsi
tutto rimangono solo i grandi campioni e Corso Manni, procuratore
sportivo fra i più bravi in circolazione, sta per battere il suo
rigore decisivo, quello che ne decreterà la vittoria – e quindi la
riabilitazione definitiva – o la sconfitta… In esclusiva su Sky e
in streaming solo su NOW torna per il gran finale Il grande gioco, la serie Sky Original
prodotta da Sky Studios e Èliseo entertainment sui segreti del
calciomercato: settimo e ottavo episodio domani, venerdì 9
dicembre, in prima serata su Sky Atlantic (saranno
disponibili anche on demand).
Francesco
Montanari (Il cacciatore, I Medici – Nel nome
della famiglia) interpreta Corso Manni, procuratore caduto in
disgrazia per un presunto legame con il mondo delle scommesse
clandestine. Con lui Elena Radonicich
(1992, La porta rossa, Fabrizio De André –
Principe libero) nei panni di Elena De Gregorio, ex moglie di
Manni e procuratrice a sua volta, e il vincitore del David di
Donatello nonché candidato all’Oscar Giancarlo
Giannini (Casino Royale, Il cuore
altrove, Pasqualino Settebellezze), che nella serie
interpreta Dino De Gregorio, il padre di Elena, fondatore e CEO
dell’agenzia di calciatori più potente in Italia contro cui Corso
medita vendetta.
Nel cast anche Lorenzo
Cervasio (Come un gatto in tangenziale – Ritorno a
Coccia di Morto, Il Capitale Umano) nei panni di
Federico De Gregorio, fratello minore di Elena, Jesus
Mosquera Bernal (Toy Boy), che qui interpreta il
campione Carlos Quintana, Lorenzo Aloi
(Lasciarsi un giorno a Roma, Fedeltà, La
compagnia del Cigno 2) nei panni di Marco Assari, giovane e
talentuosissimo procuratore, Giovanni Crozza
Signoris (Il Traditore, Zero), che
presterà il suo volto alla giovane promessa del calcio Antonio
Lagioia, e Vladimir Aleksic nei panni di Sasha
Kirillov, procuratore russo senza scrupoli.
Il grande gioco, la trama del
settimo e ottavo episodio
Nel settimo e ottavo episodio
Kirillov riesce a portare Quintana al Milan ed Elena per vendetta
fa circolare il video di Quintana e Valeria, causando
l’allontanamento del giocatore dalla squadra. Corso coglie
l’occasione per riportare, grazie ad Assari e Valeria, Quintana
all’Atletico Madrid, e si procura con l’inganno le prove della
responsabilità di Elena nella pubblicazione del video. Intanto
Lagioia è insofferente verso la gestione della ISG sulla sua
immagine. Allo stadio San Siro si gioca Atletico Madrid vs Milan:
Lagioia e Quintana si fronteggiano con immensa sportività. Lagioia
ha un infortunio e si riavvicina ad Assari. Negli skybox Corso
mette Elena con le spalle al muro e la costringe a dimettersi dalla
ISG, mentre Dino offre a Kirillov i terreni in cambio del suo
allontanamento. Dino è di nuovo CEO e prima di morire fa delle
scelte inaspettate, ribaltando la situazione.
IL GRANDE GIOCO è creata da Tommaso Capolicchio, Giacomo Durzi,
Filippo Kalomenidis, Marcello Olivieri. Da un’idea di Alessandro
Roia, con la collaborazione di Riccardo Grandi. Regia di Fabio
Resinaro & Nico Marzano.