Stanno proseguendo in Arizona le
riprese di Una Notte
da Leoni 3 e oggi vi mostriamo delle foto di Nogales,
trasformatasi per l’occasione in una città messicana. Ricordiamo
infatti che il terzo capitolo della serieè ambientato a Tijuana. Le
foto, postate da JustJared, mostrano
il trio delle meraviglie (Wolf Pack), Bradley Cooper, Zach
Galifianakis ed Ed Helms, sul set. Nel cast del film anche Gillian
Vigman (Stephanie), Jamie Chung (Lauren) e Sasha Barrese (Tracy),
che interpretano le loro mogli.
Il film in preproduzione, tratto
dal romanzo 50 sfumature di grigio, ha uno sceneggiatore,
o meglio una sceneggiatrice. Si tratta di Kelly
Marcel, già autrice dello scrip Saving Mr.Banks,
presente nella black list del 2011.
La sceneggiatrice, secondo il
produttore del film Michael De Luca, ha tutte le caratteristiche
per realizzare un ottimo script: riesce a costruire solide
strutture narrative, dando ai personaggi una forte gamma di
emozioni e una buona profondità.
Nel film, stando a quanto rivela
Worstpreviews, sono già coinvolti Coln Farrell e Tom Hanks. 50
sfumature di grigio racconta della relazione sentimentale e
sessuale del miliardario Christian Grey con la studentessa
Anastasia Steele. Il romanzo è già corredato di due sequel
intitolati 50 sfumature di nero e 50 sfumature di rosso, che
raccontano l’evolversi di questa relazione sentimentale.
Arriva uno speciale dietro le quinte di 007 Skyfall,
nuovo atteso film su James
Bond diretto da Sam Mandes. Il filmato
ripercorre l’incredibile lavorazione del film e include interviste
al cast ed alcune scene inedite.
Intanto, approfittiamo dell’occasione per presentarvi la nuova
Bond Girl: Bérénice Marlohe
Dopo le bellissime prime immagini e
il divertentissimo trailer, ecco che la Disney/Pixar rendo
possibile l’accesso al primo sito ufficiale di Monsters
University, prequel attesissimo del celebre
Monsters & Co.
Il sito, realizzato come un vero e
proprio sito universitario permette all’utente di registrarsi,
scegliere un corso di studi e tra le materie disponibili: Scuola di
Spavento, Scienze Umanistiche e Mostruose, e altri corsi simili.
Inoltre c’è anche uno shop on-line per poter comprare gadget del
film. Inoltre le gallery del sito mostrano tutte le parti dei vari
campus e le attività extracurriculari che si possono praticare alla
Monsters University!
Qui il link al sito,
mentre a seguire qualche screen-shot del portale in cui scopriamo
(forse) qualche nuovo personaggio del film:
Diretto da Dan
Scanlon, Monsters
University annovera nei suoi doppiatori originali
Billy Crystal, John Goodman, Steve Buscemi e
Jennifer Tilly.
E’ stato proiettato da poco al
New York Film Festival l’ultima creatura di Steven Spielberg e subito Twitter è stato
invaso di commenti sul film e sui due attori protagonisti.
Iron Sky – Saranno nazi
vostri: In un mondo alternativo i Nazisti hanno creato nel
1945 una base segreta sulla luna e nel 2018 pianificano di tornare
ed invadere la Terra.
Sono iniziate le
riprese del film Nottetempo dell’esordiente
Francesco Prisco, con Giorgio
Pasotti, Nina Torresi,Gianfelice
Imparato, Esther Elisha e Antonio
Milo.
Il primo Teaser Trailer di
Die Hard – Un buongiorno per morire, quinto episodio
della saga con protagonista Bruce Willis e Jai
Courtney e diretto da Jon Moore.
Arriva il trailer
ufficiale di Il Peggior Natale della Mia Vita, nuova
pellicola che si appresta a invadere i nostri schermi nel periodo
natalizio, diretta da Alessandro Genovesi e con Fabio De Luigi,
Il ritorno di Liam Neeson nei
panni del privato cittadino che si ritrova ad avere a che fare con
dei rapitori turchi, balza al promo posto nella classifica dei film
più visti nelle sale del Nord America. Il film, Taken
2 incassa 50 milioni di dollari. Segue in seconda
posizione il film di animazione Hotel
Transylvania, con un incasso di ulteriori 26 milioni di
dollari che porta il suo totale a 76 milioni. Il terzo posto è
occupato dalla commedia musicale Pitch perfect
che, a leggere la trama sembra un Glee versione cinematografica e
con meno loser protagonisti. Il film incassa quasi 15 milioni di
dollari questa settimana, portando il suo totale a quasi 22.
Looper, in cui Joseph Gordon Levitt si trova
nuovamente dopo Inception e Dark knight rises catapultato in un
futuro sicuramente adrenalinico ma in cui è presente un retaggio
del passato: la mafia che rapisce la co-star Bruce
Willis. Il film è in quarta posizione con un incasso
totale di 40 milioni di dollari. A metà classifica appare
Frankenweenie, il primo cortometraggio di Tim
Burton diventato film, che incassa 11,5 milioni di dollari. In
sesta posizione scende dopo neanche una settimana The
trouble with the curve film sul baseball con protagonista
Clint Eastwood, che incassa solo 4 milioni di
dollari questa settimana per arrivare ad un totale di quasi 30
milioni. In settima posizione troviamo il thriller The
house at the end of the street, questa volta la presenza
di Jennifer Lawrence non ha permesso alla pellicola, in classifica
da tre settimane, di mantenere alti gli incassi come accaduto con
il blockbuster Hunger games. Il film incassa quasi
4 milioni di dollari per un totale di 27.5. In ottava posizione
resta stabile The master di Paul Thomas Anderson,
con un modesto incasso di quasi 2 milioni di dollari che porta il
totale a 12. Scende anche Finding Nemo in versione
rimasterizzata, che troviamo al nono posto con un incasso
settimanale di quasi due milioni di dollari che porta il suo totale
a 39. Chiude la classifica The perks of being a
wallflower, film con Emma Watson su amori adolescenziali,
che incassa 1.5 per un totale di 3.
La prossima settimana usciranno: Smiley un
horror sullo stile di So cosa hai fatto , l’attesa
commedia con cast stellare 7 Psychopaths e
il thriller Middle of
nowhere.
Arriva il video musicale della
canzone di Adele che sarà la colonna sonora del nuovo film
dell’agende Bond, intitolato 007 Skyfall
diretto da Sam Mendes con Daniel Craig,
Judi Dench, Ralph Fiennes, Javier Bardem, Naomie Harris, Rhys
Ifans, Bérénice Marlohe, Albert Finney.
Da sempre fiore all’occhiello del
Festival di Roma, la sezione dedicata ai giovani e giovanissimi,
Alice nella Città, cambia pelle e diventa autonoma,
maggiorenne,
Nel primo weekend di quattro giorni,
L’Era Glaciale 4 rimane in testa,
seguito dagli esordi di Ted e Step Up Revolution 3D. Incassi in
crescita con la nuova strategia distributiva.
Un incrocio per certi versi
prevedibile: da una parte Terrence Malick che, dopo avere per
decenni fatto attendere tempi biblici ai propri fan tra un film e
l’altro, ha improvvisamente preso un ritmo da centometrista,
sfornando film in quantità (per lui) industriale; dall’altra,
Michael Fassbender, uno dei nomi ‘caldi’ di Hollywood, anche lui
impiegato in progetti a ritmo serrato.
I due lavoreranno insieme in
occasione del prossimo progetto di Malick, che seguirà Knights of
Cup e ancora senza titolo, dopo che per diverso tempo era stato
battezzato Lawless (titolo poi gentilmente ‘liberato’ da Malick e
usato da John Hillcoat). Sul set a fianco di Fassbender ci sarà
anche Ryan Gosling, altro astro nascente del firmamento
hollywoodiano; del cast faranno parte anche Rooney Mara, Holly
Hunter e Natalie Portman.
La tabella di marcia di Malick
prevede l’uscita di To the wonder (presentato a Venezia) tra fine
2012 e inizio 2013; sarà poi la volta di Knights of Cup (che a
quanto si sa sarà una satira sul mondo delle celebrità). Michael
Fassbender sarà prossimamente sugli schermi in The Counsellor di
Ridley Scott, prima di reindossare l’elmo di Magneto in X-Men: Days
Of Future Past e, probabilmente, di tornare ad essere diretto da
Steve McQueen in Twelve Years A Slave.
Sienna Miller si aggiunge al cast di
Foxcatcher, nuova opera di Bennett
Miller (Moneyball), dedicata al campione olimpico di lotta
libera Dave Shultz, che sarà interpretato da Mark
Ruffalo.
Sienna Miller (nessuna parentela col regista)
interpreterà il ruolo – chiave della moglie del protagonista.
Foxcatcher seguirà
la vicenda della tragica morte di Shultz, ucciso dal suo amico John
DuPont (erede della dinastia dei magnati della chimica), colpito da
un attacco di schizofrenia paranoide. DuPont, che nel film verrà
interpretato da Steve Carell, era stato infatti un
entusiasta fan della lotta libera olimpica, fino a creare e
finanziare una sua squadra privata, la Foxcatcher, dal quale deriva
il titolo del film. Del cast farà parte anche Channing
Tatum, nel ruolo del fratello di Shultz, Mark, lottatore a
sua volta. L’inizio delle riprese è previsto per fine ottobre.
Nate Parker riprende il volo: dopo
aver interpretato un aviatore della Seconda Guerra Mondiale in Red
Tails, l’attore (quest’anno sugli schermi anche in Arbitrage e in
Red Hook Summer di Spike Lee) salirà a bordo di Non-Stop,
thriller aereo che tra l’altro vedrà il protagonista Liam Neeson
tornare ad essere diretto da Jaume Collet-Serra, riformando la
coppia di Unknown (Senza Identità). Neeson sarà un agente
dell’aeronautica federale che si troverà a dover fronteggiare un
dirottatore. Parker interpreterà un altro viaggiatore a bordo, che
darà una mano al protagonista. La sceneggiatura è stata
scritta da John Richardson e Chris Roach, le riprese dovrebbero
cominciare entro qualche settimana a New York. Parker potrebbe
tornare a breve sul set per Spike Lee, nel remake di Oldboy.
Mentre è alle prese con Alex Cross,
che potrebbe segnare l’avvio di una nuova serie di film d’azione,
Rob Cohen potrebbe essere coinvolto anche in altre due ‘saghe’ di
successo, quelle di Fast and Furious e di xXx, entrambe peraltro
con protagonista Vin Diesel. Cohen ha recentemente affermato che
sarebbe entusiasta di mettere le nuovamente le mani su Fast and
Furious, che considera una sua creatura, pur criticando il lavoro
fatto coi sequel, con l’unico scopo di fare soldi: il regista ha
affermato che è un miracolo se la serie non sia ancora stata
affossata. Per quanto riguarda l’eventuale terzo capitolo di xXx,
invece, tutto tace, anche a causa dello scarso interesse di Vim
Diesel, che, attualmente impegnato proprio su Fast and Furious,
sembrerebbe piuttosto interessato a riprendere il personaggio di
Riddick. Nel frattempo, Cohen va avanti sulla sua strada: dopo Alex
Cross sarà la volta di un film ambietato durate la guerra di Corea
che spera di girare nel 2013.
Patricia Clarkson e Zachary Booth
sono le più recenti ‘new entries’ in Last Weekend, commedia nera
firmata da Tom Dolby e Tom Williams, che per entrambi segnerà il
debutto alla regia. Il resto del cast include Joseph Cross, Devon
Gray, Jayma Mays, Chris Mulkey, Alexia Rasmussen, Rutina Wesley. Il
film seguirà il fine settimana di una coppia e dei suoi figli che
ospiteranno un gruppo di amici nella loro casa sul Lago Tahoe; da
qui prenderà il via una serie di eventi che finiranno per
sconvolgere la breve vacanza, attentamente pianificata dalla
padrona di casa.
La casa in cui sarà ambientata la
vicenda è la stessa che nel 1951 venne utilizzata per le riprese di
A Place In The Sun (Un posto al sole), con Elizabeth Taylor.
Patricia Clarkson è recentemente apparsa in Friends with Benfit con
Justin Timberlake e Mila Kunis, oltre che nella sitcom della NBC
Parks and Recreation e sarà prossimamente in The East di Zal
Batmanglij a fianco di Alexander Sarsgard, Ellen Page, Brit
Marling and Julia Ormond.
Le tecnologie digitali
oggi stanno influenzando tutti gli aspetti della produzione, a
comicinare dal modo con cui i team creativi sono in grado di
comunicare finendo alle produzioni virtuale
Trainspotting è il
film culto di Danny Boyle del 1996 con
protagonisti nel cast Ewan McGregor, Ewen Bremner,
Jonny Lee Miller, Kevin McKidd, Susan Vidler
Anno: 1996
Regia: Danny
Boyle
Cast: Ewan
McGregor, Ewen Bremner, Jonny Lee Miller, Kevin McKidd, Susan
Vidler
Trama di Trainspotting
Edinburgo, cinque amici Mark
Renton, Sick Boy, Spud, Tommy e Francis vivono di espedienti,
ognuno con i propri eccessi: i primi tre sono tossicodipendenti;
Tommy è un palestrato salutista fissato per la cura del corpo e non
vuole saperne di droghe, così come Francis, un violento ladro
abituale.
Analisi del film
Trainspotting
Trainspotting è un film del 1996 diretto da
Danny Boyle, tratto dall’opera omonima di Irvine
Welsh del 1993. Un lungometraggio diventato un cult degli anni ’90,
molto amato dai giovani dell’epoca. Il film affronta in modo ora
drammatico, ora ironico, ora grottesco, il dramma della dipendenza
dall’eroina, in una Scozia degradata e socialmente disagiata. La
pellicola riesce in modo perfetto a descrivere il rapporto dei
giovani con la droga; cosa li avvicina ad essa, cosa può farli
allontanare, cosa li fa ritornare nel tunnel. Solo la morte di un
innocente li fa ragionare e provare a vivere diversamente.
Scene forti si alternano a sequenze
drammatiche; il risultato finale è un film che fa riflettere, ma
non bacchetta, né mitizza l’eroina. E’ proprio il caso di dirlo:
una giusta dose. Più che i giovani o l’eroina, ad essere criticata
è la società, che a partire dagli anni ’90 è diventata sempre più
smarrita, svuotata di ideali e punti di riferimento. Nel libro a
cui si ispira invece, c’è una maggiore crudezza; come ad esempio
accadde per Christiane F. – Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino
(1981), snellito nella trasposizione cinematografica ma rimasto
immutato quanto a durezza delle immagini.
Trainspotting, il film culto degli
anni 90′
Tra le sequenze più suggestive di
Trainspotting certamente va annoverata quella in
cui Mark, preso da crisi di astinenza, vede la piccola Dawn, morta
tragicamente, camminare sul soffitto e poi girare la testa al
contrario verso di lui. Una scena ripresa più volte in modo
ironico, come vedremo, specie nei cartoon.
La scena più divertente è invece
quella in cui le feci di Mark, racchiuse in un lenzuolo, finiscono
sui genitori della fidanzata.
Per il regista inglese
Danny Boyle si tratta del secondo film e in fondo
anche il più noto, nonostante ne abbia girati successivamente altri
dieci. Quanto al cast, nei ruoli principali troviamo Ewan McGregor – Mark Renton, Ewen
Bremner – Spud, Jonny Lee Miller – Sick
Boy, Kevin McKidd – Tommy, Susan
Vidler – Allison.
Particolarmente
apprezzata è anche la colonna sonora
di Trainspotting, racchiusa in 2 volumi,
quest’ultimo di difficile reperimento. In esso si trovano anche le
canzoni che il regista avrebbe voluto inserire nel film o che
comunque, per usare parole sue, “hanno ispirato il film”. In
particolare il regista si duole di non aver inserito questi due
brani: The Passenger di Iggy Pop
e Atmosphere dei Joy Division, la
band da cui, dopo la morte del loro leader Ian Curtis, sono nati i
New Order.
Trainspotting è
stato più volte oggetto di citazioni o riferimenti. In una scena
del film Dobermann, del 1997, compare proprio la locandina di
Trainspotting. Nel 3º episodio della quindicesima
stagione de I Simpson Bart
e Lisa hanno un’overdose di “zucchero”, e vedono Maggie camminare
sul soffitto e girare la testa, proprio come la neonata Dawn. Lo
stesso succede nel 5º episodio della seconda stagione de I
Griffin, alla fine della puntata Stewie è nel suo lettino
in preda a crisi d’astinenza, e vede se stesso gattonare sul
soffitto e girare la testa. Nel 2009 il rapper italiano
Fabri Fibra si è ispirato alle scene finali di
Trainspotting per girare il videoclip della
canzone Incomprensioni. Nella serie TV Chuck, il 2º episodio della
prima stagione inizia con la stessa scena di corsa e la stessa
canzone di Trainspotting.
Infine, una curiosità. Nonostante
il film sia ambientato ufficialmente a Edimburgo, quasi tutte le
scene sono state girate a Glasgow; tranne la scena di apertura,
girata proprio a Edimburgo, e quella finale, girata a Londra.
Più volte succede che l’approccio
filosofico all’esistenza quotidiana ci riveli l’arbitrarietà dei
pregiudizi mentali, tramite cui crediamo di vivere autenticamente.
Spesso, i grandi artisti vogliono indirizzare lo spettatore verso
una consapevolezza così impegnativa. Se consideriamo, ad esempio,
il film di Stanley Kubrick, 2001:
Odissea nello spazio, si giustificherà che l’intero
montaggio delle scene sia volto a suscitare la nostra
interrogazione sopra tutto ciò che appare ovvio. A testimoniarlo
concorrono soprattutto le situazioni limite, quelle per cui noi
restiamo vittime di qualche evento, angoscioso o doloroso.
Pure il fenomeno artistico può
diventare un utile viatico verso la migliore e più esaustiva
conoscenza di sé. Nel film 2001: Odissea nello
spazio, ogni desiderio umano d’apprendere la Verità
si concentrerà simbolicamente nella figura del misterioso
monolite. Esso all’inizio è contemplato dalla scimmia, e
successivamente dagli astronauti. Il monolite sembra un
oggetto assolutamente estetico, in quanto ci chiederebbe di
stravolgere i vincoli con le categorie del nostro vissuto, date dai
pregiudizi quotidiani. Questi saranno finalmente ripensati, di
fronte alla meraviglia dell’inesprimibile. Ci abbandoniamo allo
stupore dell’ignoto, il quale si pone, tramite l’opera d’arte, come
simbolo d’una dimensione divina, sempre più pura. Se ammettiamo
questo, dobbiamo anche concludere che l’uomo, finché sarà vivente e
quindi caduco, difficilmente raggiungerà una sapienza perfetta del
Mistero che lo circonda. Naturalmente, il fenomeno artistico si
percepirà allo stesso modo. Un lettore che razionalmente
pretendesse di violare tale condizione, si troverebbe a dover
comunque dire qualcosa, ma, nello stesso tempo, le sue risposte
resterebbero ancora riduttive, e magari facilmente opinabili.
In fondo, nel film di
Kubrick il monolite uccide tutti coloro che tentano di
svelarne i segreti. Giustamente, potremmo interpretare quegli
assalti come azioni babeliche. Il filosofo tedesco Martin
Heidegger intravide nel fenomeno estetico l’abilità da parte della
Dimensione Assoluta di celarsi e insieme svelarsi nella sapienza
completa del Mistero. Kubrick trasportò la medesima dialettica in
campo cinematografico. Una vera e propria odissea della conoscenza
attende l’astronauta che s’appresti a ricercare la Verità. Una tesi
che rientrerebbe nella filosofia di Platone. Lui ci ricorda che nel
fenomeno artistico l’ideale astratto della sapienza è trasmissibile
solo attraverso la materia, lavorata dal pittore o dallo scultore.
Quest’ultima, però, già riduceva le speranze che il contemplatore
colga il suo significato più autentico, ben al di là del mero
prodotto fabbricato. Infatti, la materia veniva riconosciuta in
quanto tale attraverso lo sguardo di chi volesse studiarne
l’artisticità. Ma, facendo questo, il lettore/contemplatore avrebbe
forzatamente applicato i propri pregiudizi intellettuali di
riferimento.
In 2001: Odissea nello
spazio, la scimmia che impara ad usare gli arnesi per vivere,
sfrutta un processo conoscitivo del tutto intuitivo ed ipotetico.
Essa si aiuta con la contemplazione del raggio solare, che emerge
dietro al monolite, perciò a causa del Divino. Nel
contempo, però, lì la scimmia non deduce in via perfetta alcuna
sapienza. Qui torna la dialettica propugnata da Heidegger, dentro
il vero fenomeno estetico. Comunemente, si obietta che la cultura
contemporanea curi poco l’espressione artistica, preferendo che si
sviluppino abilissime maestranze nel campo della tecnologia. Si
crede poi che il linguaggio estetico, libero dalle convenzioni
arbitrarie (per cui abbastanza metaforico da rivelare l’Assoluto),
abbia ormai ceduto il passo a quello standardizzato o banale, della
multimedialità. Heidegger temeva questo, benché gli antichi greci
non opponessero nettamente la tecnica all’artisticità. In effetti,
loro riconoscevano che qualunque fenomeno estetico fosse pur sempre
costruito, dunque materiale, distanziandosi immediatamente dal
divino. Faremmo meglio a rivalutare il prodotto tecnico, come un
ulteriore viatico per raggiungere la Verità.
Il misterioso monolite
scoperto dagli astronauti sulla nuova luna è perfettamente
geometrico. Quello ci sembrerebbe proprio un prodotto
standardizzato. In primo luogo, poi, il monolite possederà
una chiara materialità. Tuttavia, questa risulta piuttosto
particolare, perché eterea e capace di dare le allucinazioni a chi
voglia conoscerla, come gli astronauti. E’ anche così che uno di
loro, Bowman, compirà il suo reale cammino d’introspezione
autocritica. Qualcosa che a buon diritto percepiremo con più
motivazioni etiche. A fondamento del monolite, non può
esistere la mera materialità geometrizzante del prodotto (come
nella serialità industriale). Il film di Kubrick ci insegna
l’infinitezza del nostro cammino conoscitivo, verso la Sapienza
Assoluta. Esso necessariamente diventerà sempre più pratico, lungi
dal mero intellettualismo.
Il film si conclude con
l’immagine molto vissuta delle tre età, che si succedono
l’una sull’altra. L’adulto (l’astronauta Bowman) che ha potuto
entrare nelle quattro pareti del monolite divino
diventa nello stesso tempo bambino e vecchio.
L’intellettualismo della contemplazione si risolve nel punto
massimo della pratica vitale (se questa riguarda l’intera
esistenza, dalla nascita alla morte). L’impulso etico delle persone
si libera forse più dall’anima che dalla mente razionale, spesso
astratta. Un’idea che noi troveremmo all’inizio del film, quando la
scimmia scopre il sapere molto pragmatico dell’arnese. Quella
procede da una serie di pensieri ipotetici. Spesso, il cuore sa
porsi in maniera autocritica molto prima della ragione. Nel film
2001: Odissea nello spazio, il celebre computer Hal 9000
acquista svariate capacità emotive, senza che i suoi programmatori
le avessero previste. Lui saprà ridiscutere ogni pregiudizio
personale. E’ il momento in cui la razionalità programmatica,
all’origine stoltamente sopravvalutata come infallibile, sceglie di
vivere secondo una sua morale (sfortunatamente per gli astronauti,
contro di loro).
Hal 9000 subisce la disconnessione
da parte del solo astronauta sopravvissuto ai suoi inspiegabili
omicidi. La memoria informatica si vede configurata tramite una
fila di sottili barre rosse. Forse per Kubrick il monolite
è una fessura perché il suo assalitore deve letteralmente
ritagliarsi uno spazio visivo. Ciò varrebbe sotto le coperture del
mondo solo materiale.
Nel 1964, il regista Michelangelo
Antonioni gira il suo nono lungometraggio, dal titolo
Il deserto rosso. Ci ricordiamo la
storia, incentrata sul personaggio di Giuliana. Moglie del
dirigente industriale Ugo, il quale pare incapace di capirla, lei,
complice un incedente d’auto, comincia a vivere una fase
depressiva, che neppure l’amicizia (prima) ed il tradimento (dopo)
con l’Ing. Corrado salveranno dal suo acuirsi.
Il film s’intitola
Il
deserto rosso, con due sole parole. Un
sostantivo, che rinvia alla fredda o meglio scheletrica
architettura del Polo petrolchimico a Ravenna, e poi un aggettivo,
che rinvia all’unica tonalità (presente dappertutto: negli abiti,
nelle pareti, nelle condutture, nei parapetti ecc…) almeno
teoricamente in grado di rivitalizzare lo spleen esistenzialistico
dei personaggi. Antonioni ama le carrellate che portano la macchina
da presa a risalire, o di contro a ridiscendere, i vari edifici. Il
film Il deserto rossoinizia
mostrandoci il fumo industriale, da una coppia di soffioni.
Contraddicendone la risalita, tramite il vento, la macchina da
presa si sposta in discesa, inquadrando gli operai, i quali
dovrebbero andare a lavoro (siccome in quelle ore la Cgil
ha indetto uno sciopero). E’ la prima testimonianza estetica
dell’incomunicabilità visiva, la quale supporterà i dialoghi mai
conclusi fra i vari personaggi, in tutto il film.
La metafora del fumo industriale è
interessante: nel film i personaggi dialogano in maniera
confusionaria; il fumo degli scarichi industriali risale in aria
formando delle volute, molto lente e pesanti da percepire; i
dialoghi dei personaggi hanno spesso un’ambizione intellettuale,
alla fine, però, ne escono solo dei giri di parole. Gli esempi sono
numerosi, anche il personaggio in apparenza più stabile
(assumendosi le responsabilità che gli competano, quantomeno in
ambito lavorativo), ovvero l’Ing. Corrado, giunge a dire: “Io
nasco a Trieste, ma la mia famiglia s’è trasferita a Bologna; da
solo ho vissuto prima a Milano, poi a Bologna, mentre adesso non
saprei dove andare”. La protagonista Giuliana (con la grande
recitazione di Monica Vitti, musa di Antonioni sia dentro sia fuori
il set, per dieci anni) pensa nella confusione di se stessa in
specie quando racconta i propri sogni. Abbiamo l’impressione che
lei non concluda un vero discorso perché si sente letteralmente in
un altro mondo.
Ricordiamo una scena in cui la
protagonista ha la testa quasi nascosta, dentro la tappezzeria del
divano: di nuovo, è la metafora del fumo industriale che,
pericolosamente, non risale per disperdersi in aria, ma rimane a
contorcersi, nel piano orizzontale del vissuto materiale. La regia
poi rinforza la nostra comprensione inconcludente di Giuliana, con
la sinestesia. La sirena di una nave mercantile va virtualmente a
perforare la testa della donna, impedendole persino di vivere. Le
onde sonore sostituiscono il fumo industriale. L’intero film è
montato per inquadrature i cui elementi tagliano continuamente se
stessi. Nella scena iniziale, ad esempio, gli operai passano da
destra a sinistra (in orizzontale), mentre Giuliana ed il figlio
Valerio s’avvicinano a noi, dalla profondità (dunque in verticale).
L’incomunicabilità visiva del film presuppone che i loro incroci
saranno solo fittizi. Il gruppo degli operai non si fermerà innanzi
a Giuliana e Valerio, o viceversa e le persone rinunceranno al
contatto reale (conoscendosi).
Più in generale, è caratteristico
che Antonioni in molti film inquadri i protagonisti a sfuggire gli
uni sugli altri. Giuliana pronuncia la sua frase sconclusionata, e
quando l’Ing. Corrado le si avvicina, lei ha già camminato oltre.
Soprattutto, nel film Deserto rosso, l’incomunicabilità
dello sfuggire ci pare insistita, per la complicità
dell’architettura industriale. Le tubature inevitabilmente seguono
un percorso a zig-zag, nel contrasto fra le pareti ed i
piani. Qualcosa di simile accade nel continuo stop and go di
Giuliana, che si riverserà sull’Ing. Corrado. Antonioni insiste
molto a mostrare che le persone si appoggiano alle pareti,
inquadrandole in diagonale, perché quelle potrebbero cadere da un
momento all’altro. Quando Giuliana ha un momento d’intimità, sia
col marito sia con l’Ing. Corrado, innanzi ai loro corpi può
comparire il più freddo e striminzito parapetto del letto. Torna la
metafora estetica del taglio, per avvertirci che la passione della
protagonista è solo momentanea.
Per il filosofo Sartre, se qualcuno
immagina, accade che la sua coscienza diventi essenzialmente
libera. Così l’io soggettivo si renderebbe del tutto autonomo,
rispetto all’alterità. Invece, se la coscienza stesse a percepire,
le mancherebbe la sua libertà. Un’opera d’arte si pone in via
certamente materiale, così, noi ci aspetteremmo che essa vada
unicamente percepita. Invero, l’arte per Sartre sarà fruita con la
sola facoltà dell’immaginazione. Sappiamo che lui segue un
indirizzo filosofico di tipo essenzialmente esistenzialistico. Ciò
significa che tutta la realtà si fa come tale solo in quanto essa
appare nella coscienza d’un certo (singolo) uomo. L’io soggettivo
che definisce una qualunque persona va costituendo ogni ente del
mondo. La realtà si fa come tale perché un certo individuo ne ha la
sua coscienza.
Questa conclusione definisce il
tema filosofico della cosiddetta intenzionalità, che ciascuna mente
umana porta sempre con sé. Sartre spiega che noi abbiamo
inevitabilmente coscienza di qualcosa. Ciò vale sia per gli enti di
tipo astratto, sia per quelli più semplicemente materiali. La
necessità che noi ammettiamo il medium del di spiega il classico
tema fenomenologico dell’intenzionalità. Però, nell’opera
d’arte resta accettato che nessuno ha coscienza di quella in via
solo percettiva. Un fenomeno estetico ha pure una dimensione
concretamente materiale. Questa va intrinsecamente a richiamare un
atto intenzionale, il quale risulta di stampo sempre
immaginario.
Nel film
Il
deserto rosso, sarebbe facile limitarsi a
percepire il suono della nave mercantile. Durante la scampagnata
dei dirigenti industriali, nella casetta del pescatore, solo
Giuliana ha voglia d’immaginarlo, in maniera creativa. La sirena
della nave letteralmente si trasferisce dentro la testa della
donna. Giuliana è quasi un’esistenzialista, se in lei la realtà
circostante deriva dall’apparenza della sua immaginazione. Nel
contempo, la regia insiste a visualizzare il posizionamento della
scenografia, più che i singoli oggetti. L’Ing. Corrado cerca
d’avvicinarsi a Giuliana, ma lei ha già camminato oltre. Così, noi
vediamo solo il posizionamento del primo sulla seconda. Le tubature
industriali si percepiscono per i loro incroci spezzati (a
zig-zag). Di nuovo, conta il loro posizionarsi. E’ il problema
dell’intenzionalità, se parliamo di filosofia. La scelta
fotografica di colorare alcuni elementi col rosso spinge
l’osservatore ad isolarli, nel loro ipotetico calore.
Presumibilmente, quelli avrebbero dovuto simboleggiare la rinascita
(la rivitalizzazione) dal grigio mondo industriale. In realtà, i
personaggi del film alla fine continueranno ad evitarsi. Giuliana
non rinasce nemmeno sognando la sabbia rosa dell’isola Budelli, a
La Maddalena.
Per Sartre, la coscienza di chi
concettualizza può conoscere (grazie alla sua riflessione
intellettuale) quella che, inizialmente, aveva soltanto percepito
qualcosa. Invece, l’immaginazione si definisce come tale quando una
persona prova a capire unicamente la mera intenzionalità. La
coscienza di chi fantastica si delinea sempre riguardando
l’inevitabilità della mente che si posizioni. Con l’immaginazione,
succede che il fenomeno estetico venga inteso unicamente perché lo
si deve intendere. Tramite l’opera d’arte, la coscienza
contemplativa si riferisce solo al suo inevitabile farsi di se
stessa. Non ci sono altri rimandi.
Con la fantasticheria, la coscienza
si fa del tutto autonoma, attiva e spontanea. Di contro,
percependo, accade che noi restiamo passivamente condizionati dal
mondo in cui ci troviamo, tramite una precisa situazione
esistenziale. Per Sartre, l’immaginazione si darà avendo la
coscienza d’un fenomeno esteriore, che sfugga sia alla sensazione
sia al pensiero. Innanzi all’opera d’arte, l’intenzionalità è
letteralmente di tipo impercettibile. Ma essa non può unicamente
(essenzialmente) riflettere. Ciò avviene dal momento che
l’immaginazione si pone in via sempre esteriore, laddove il
pensiero si trova necessariamente interiorizzato. L’intenzionalità,
di stampo appena impercettibile, per Sartre va a nientificare la
più immediata sensibilità del corpo. Con l’opera d’arte, il
contemplatore sa finalmente che la coscienza è unicamente di se
stessa. Allora immaginare significa intendere con la mente un
oggetto che risulti solo posizionato dall’Io. Qui la coscienza non
si fa più condizionare dal piano della realtà materiale (che invece
va sempre percepita). L’immaginazione diventa per Sartre una vera e
propria forma di negazione universale, ossia tanto del mondo
concreto quanto di ciascuna riflessione intellettuale.
Nel film Deserto rosso, la
protagonista Giuliana all’improvviso chiede all’Ing. Corrado se lui
vota a destra oppure a sinistra. Lui rilancia: quella prima domanda
ne aprirebbe una seconda, anche più importante: “Credi o non credi
in Dio?”. L’Ing. Corrado ritiene che in ogni caso loro siano
innanzi ad “un problema troppo grande da risolvere”. E’ il momento
in cui la riflessione intellettuale si fa inutile, in mezzo ad una
natura (la materia del mondo) che si percepisce come squamosa e
viscida, complici gli scarichi industriali. Nel film Deserto
rosso, la battuta del “Credi o non credi in Dio?” si risolve
forse laicamente nel “Mi pare un problema che noi possiamo solo
porre”. Alla nientificazione degli affetti fra le persone,
s’accompagna la nientificazione dell’ambiente.
La storia di un cittadino
italiano “con il vizio dell’onestà”. Così Elio Germano commenta
L’ultima ruota del carro, il prossimo film di Giovanni Veronesi
Nonostante le critiche
negative che avevano interessato anche la prima parte della saga,
Taken 2 con Liam Neeson, ha incassato
ben 50 milioni di dollari in 72 ore.
Non sarà un Godzilla simile a tutti quelli che siamo stati
abituati a vedere. Parola del regista Gareth Edwards che si
appresta a dirigere le avventure del mostro più spaventoso di tutti
i tempi.
Nell’intervista al Coventry
Telegraph, infatti, Edwards ha parlato del taglio che vorrebbe dare
al film: “Godzilla e le sue avventure hanno attirato la mia
attenzione e la mia curiosità da sempre”, ha detto. “La mia idea
principale sarà appunto immaginare: cosa succederebbe se tutto
questo accadesse davvero? Voglio avere un approccio
molto concreto e realistico nei confronti del film”.
Ma quali saranno gli effetti
speciali, soprattutto per quanto riguarda l’aspetto che avrà il
mostro? “Non ho mai lavorato così duramente, così a lungo” risponde
Edwards, e aggiunge: “Non mi era mai capitato di essere stato
così emotivamente coinvolto in qualcosa che è durato solo pochi
secondi, da quando ho perso la mia verginità! Ma la reazione è
stata incredibile e non vedo l’ora per tutti i fan, di vedere il
nostro prodotto finale”.
Godzilla è stato creato dal
giapponese Tomoyuki Tanaka, ed è il ‘risultato’
dei disastri nucleari. Il primo remake americano su di lui fu
diretto da Roland Emmerich nel 1998.
Godzilla, il film
Vi ricordiamo che Godzilla, diretto
da Gareth
Edwards,comprende nel cast attori
del calibro di
Aaron Taylor-Johnson, Bryan
Cranston, Elizabeth
Olsen David Strathairn, Juliette
Binoche e la new entry Ken
Watanabe. La pellicola arriverà in Italia il 15 Maggio
2014. Akira Takarada, protagonista della pellicola
originale, dovrebbe, inoltre, avere anche una piccola parte in
questa rivisitazione, tornando sul set
di Godzillaa
sessanta anni di distanza dalla sua interpretazione.
Scritto da Max
Borenstein, che ha rielaborato uno script
di David S. Goyer e David
Callaham, Godzillasarà
il film di punta della Warner Bros dell’anno 2014, visto
che la data di uscita preventivata è stata infatti individuata nel
16 maggio 2014. Un film da cui la produzione si aspetta
molto che, però, dovrà scontrarsi al botteghino con altre pellicole
in uscita nello stesso periodo, quali The Amazing
Spiderman 2, il reboot delle tartarughe ninja e il
sequel dell’Alba del pianeta delle scimmie.
Il primo a dichiararlo è stato
il Daily Mail. Pare proprio che Ms Marvel sarà nel sequel di The
Avengers e che ad essere in lizza per interpretarla siano Emily
Blunt e Ruth Wilson.