La squadra del film di Natale
quest’anno torna “sul luogo del delitto”, con Vacanze di
Natale a Cortina, come lo ha definito lo stesso Neri
Parenti in conferenza stampa: quello Cortina d’Ampezzo dove tutto
cominciò nel lontano 1983 con Vacanze di Natale di
Carlo Vanzina. E ad affiancare il regista toscano
ci sono alla sceneggiatura proprio i fratelli Vanzina. Si
ricostituisce dunque il terzetto che già collaborò per
Vacanze di Natale ’95. L’intento dichiarato è
riportare l’italianità nel film, abbandonare l’esotico per il
nostrano, che vuol dire anche tornare alla commedia di costume, a
prendere di mira i modi e le mode della società italiana
attuale.
Vacanze di Natale a Cortina, il film
Atmosfera pienamente natalizia
dunque stavolta, che punta sulle varie facce e situazioni di una
commedia indubbiamente corale. Al centro, la vicenda della coppia
alto borghese, Christian De Sica, nei panni
dell’avvocato Roberto Covelli, e sua moglie Elena (Sabrina
Ferilli): lui è stanco della sua vita da donnaiolo e
vorrebbe riconquistare la moglie, che però proprio ora sembra
tradirlo. Ma ci sono anche i popolani arricchiti grazie a un gioco
a premi, che spendono tutto in una vacanza a Cortina, sperando di
incontrare persone famose (Giuseppe
Giacobazzi/Andrea e Katia Follesa/Wanda),
e i loro parenti (Brunella/Valeria Graci e
Massimo/Ricky
Memphis) che li raggiungono sulla neve per innescare
una lotta senza quartiere a colpi di lusso e vips. Infine
c’è l’ingegner Brigatti/Ivano Marescotti, che
rappresenta una compagnia del Gas e durante le vacanza deve a tutti
i costi chiudere un accordo con un magnate russo per la fornitura
di energia all’Italia, se non vuole rischiare il suo posto. Lo
affianca il suo autista siciliano di nome Lando/Dario Bandiera, che
lo metterà ulteriormente nei guai.
Dunque, si gioca sulle diverse
provenienze, sia in termini di estrazione sociale, sia in termini
geografici, puntando forse su una comicità più “adulta” rispetto
alle “gag meccaniche” delle pellicole precedenti. Molto è basato
sullo scambio di battute comiche, sugli equivoci, sulla comicità di
situazione. Si ride in effetti in vari momenti, anche da chi come
la sottoscritta, si aspettava poco o nulla dal “cinepanettone”.
Anche se, intendiamoci, non si tratta certo di una comicità o di
un’ironia raffinate. E non mancano anche battute scontate o banali.
Diciamo che, quanto meno, c’è un’alternanza di questi due aspetti.
Il cast, oltre a De Sica – che padroneggia l’ormai collaudatissimo
ruolo dell’italiano un po’ cialtrone, cinico e misogino, che alla
fine però riesce a farsi ben volere (nei momenti migliori ci
ricorda Alberto Sordi) – e alla Ferilli,
a suo agio in territori comici da diverso tempo, dà nel
complesso buone prove. Ivano Marescotti veste al
solito in modo impeccabile i panni della “canaglia”, mentre
Bandiera è in bilico tra la recitazione cinematografica e la
comicità da sketch. Funziona la coppia Graci-Memphis, un po’ meno
quella Giacobazzi-Follesa (che risente forse troppo di una comicità
“alla Zelig”). Efficaci poi alcune caratterizzazioni azzeccate di
personaggi come il receptionist dell’albergo o la domestica
filippina.
Sceneggiatura di Parenti e dei
fratelli Vanzina, dagli esiti discontinui. Si è voluto tornare a
fotografare certi attuali vizi e mode italiani, il che contiene in
sé un elemento di riflessione, se non di critica: l’abuso del
social network, la smania della gente comune per un contatto –
anche breve ed effimero – con la celebrità o con chi ne fa parte
(con numerosi vips nel ruolo di sé stessi). Anche se a
volte sembra ci sia più un ammiccamento complice a quanti seguono
quelle mode. Così come l’attenzione riservata alla donna, trattata
secondo Neri Parenti qui diversamente che negli altri film (“credo
che questo film, forse per la prima volta, piacerà anche molto alle
donne, perché sono trattate in maniera diversa rispetto al
passato”), da una parte ci dispensa dall’esposizione ridondante di
anatomie femminili, dall’altra finisce per rientrare comunque negli
stereotipi, solo che accanto a quello del marito fedifrago, o dello
scapolo donnaiolo, ora c’è anche quello della donna cornificatrice,
e/o creduta tale. Il ricorso a vari dialetti d’Italia, è senza
dubbio una risorsa, ma la contrapposizione nord-sud è abusata, e
nei dialoghi qualche scivolata c’è. Si sconta poi una certa
ripetitività di alcuni meccanismi comici.
Altra nota un po’ dolente, la
presenza di svariati marchi che si fa sentire e vedere in più
punti: a partire dall’albergo dov’è girato il film, ai marchi di
automobili, alle attrezzature sportive, ai ristoranti di Cortina …
Non è detto che chi va al cinema abbia voglia di assistere con
frequenza a riferimenti pubblicitari nel film. Tuttavia, lo si è
detto in apertura, seduti sulla vostra poltrona potrete farvi certo
qualche risata; è da apprezzare lo sforzo del cambiamento di rotta,
ed è stata senz’altro buona l’idea del ritorno alle origini, che ha
prodotto effetti positivi. La pellicola sarà da oggi nelle sale
italiane, prodotta, al solito, dalla Filmauro di Aurelio e Luigi De
Laurentiis.