Coda – I segni del
cuore è la nuova pellicola di Sian Heder
(Tallulah)
al cinema da giovedì 31 marzo distribuito da Eagle
Pictures e vincitrice del Sundance Film Festival 2021
e
vincitore di tre premi Oscar.
Coda – I segni del
cuore si presenta come remake del film francese del 2014
“La Famille Bélier” di Éric
Lartigau, di cui riprede, in parte, il soggetto. Tuttavia,
ciò che è nuovo nella versione di Heder – e fa assolutamente la
differenza – è il cast: mentre la famiglia nell’originale era
infatti interpretata da attori udenti (salvo l’eccezione del
fratello, interpretato dall’attore sordo Luca
Gelberg), qui a dare vita alla famiglia Rossi è invece un
cast eccezionale, interamente di attori sordi, composto dal
vincitore Oscar Marlee Matlin, Troy
Kotsur and Daniel Durant.
Coda – I segni del cuore: la sordità
prorompente di un coming-of-age atipico
Emilia Jones
interpreta la diciassettenne Ruby, una studentessa
volenterosa che vive a Gloucester, nel Massachusetts e che, ogni
mattina, all’alba, si alza per aiutare la sua famiglia nella loro
attività di pesca. Heder riesce a fare entrare lo spettatore
velocemente, e in maniera piuttosto efficace, nella routine della
ragazza, che è abituata ad essere l’interprete della famiglia, in
quanto Coda – I segni del cuore: letteralmente,
Child Of Dead Adults, unica udente in una famiglia
di adulti sordi (anche metaforicamente). Il canto è la passione più
grande di Ruby, che si svilupperà nel corso del film assieme alla
sua crescita personale, plasmata dai contrasti e dalle ambizioni
tipiche di ogni adolescenza, sanciti da un affetto famigliare
espressivo, sensoriale e indissolubile.
Coda – I segni del
cuore scardina ogni convinzione con cui lo spettatore
potrebbe approcciarsi alla pellicola, nonostante l’impianto del
tipico e piacevole coming of age, che segue il percorso di una
ragazzina di provincia talentuosa, che sogna di poter studiare in
città. C’è un’insegnante burbero ma idealista, le prove del coro
della scuola e un’audizione importante alle porte. E, naturalmente,
una famiglia riluttante nei confronti delle ambizioni della figlia.
Sia Heder sfrutta a proprio vantaggio un assetto narrativo
convenzionale e confortevole per poterlo impreziosire tramite una
cornice innovativa, dipinta a tutto tondo da un occhio registico
preciso e puntuale. Coda – I segni del
cuore è una piccola storia che scalda il cuore, che
fa credere in un miracoloso umano, nella forza e importanza di un
insegnamento vicendevole, suggerito da più punti di vista.
L’eccezionale Emilia Jones riesce a tratteggiare
perfettamente un carattere in via di formazione, plasmato da
interazioni volte all’estensione e accumulo gestuale e corporeo, un
linguaggio fisico che non è mai stato così comprensibile, caloroso
e affascinante.
Consapevole di un cambiamento nel
suo mondo interiore, portato avanti da una passione sovrastante,
Ruby inizierà ad avvertire dubbi riguardo la sua canonica routine e
il rapporto con i famigliari. Si è sempre messa in prima linea per
loro, quando il mondo “parlante” diventava troppo crudele o
denigratorio, senza però effettivamente costruirsi una propria
autonomia. Ed è proprio quando iniziano a palesarsi stimoli
dall’esterno (un insegnante di canto che nota il suo talento, la
prima cotta…) che Ruby faticherà a trovare una propria dimensione.
Centrale nella riappropriazione di un nuovo sé, aggiornato e
veritiero, è per Ruby il confronto con forme di dialogo aliene al
comune parlato, che trovano nella gestualità, negli sguardi e nella
contemplazione di un silenzio fisico, malleabile, le proprie radici
fondanti. La sordità, apparente o ricercata, è acquisibile o
eludibile a seconda del punto di vista adottato, per reperire un
canale di comunicazione rinnovato e autentico, raggiungibile solo
attraverso un affetto sincero e dimostrabile tramite le passioni
più pure.
La contemplazione di
silenzi assoluti
La sordità intesa come mancanza di
ascolto, soprattutto nei confronti di noi stessi e di chi ci sta
attorno è fulcro narrativo della pellicola; antidoto a questa
condizione disagevole diventa allora l’impiego di un nuovo codice,
atto a rinsavire anime costrette all’interno di convinzioni
falsate. Il confutare la propria posizione all’interno di una
comunità diventa spunto di riflessione non solo per la giovane
Ruby, ma anche per gli adulti attorno a lei, che capiranno come non
sempre ci sia una corrispondenza biunivoca tra i propri precetti e
pregiudizi e il mondo esterno. L’acronimo Coda – I segni
del cuore si configura come un titolo parlante,
condotto da chi vuole manifestare il concetto di sordità in senso
lato, consacrato dalla contemplazione di silenzi interiori
assoluti, come nella notevole pellicola
Sound of Metal.
L’isolazionismo di una famiglia
chiusa per propria volontà all’interno di un sistema a loro
congeniale, con un’unica apertura verso l’esterno (Ruby, per
l’appunto) si trasforma in corso d’opera drasticamente, una volta
che i Rossi capiscono che il desiderio di Ruby non è altro che
comunicare. Ma non comunicare esternamente e in maniera
proibitiva nei confronti di chi non può cogliere le sonorità, bensì
architettare una nuova modalità di scambio di messaggi e di
emozioni, rendendo la disabilità un veicolo di fondamentale
importanza per poter carpire ciò che di più profondo si nasconde in
un cuore animato dalla passione.
Coda – I segni del
cuore sancisce la vittoria di un nuovo metodo
comunicativo, basato sul decodificare le sonorità di un cuore mosso
dalla passione e dall’affetto più sincero. Una direzione sincera,
una sceneggiatura schietta e spigliata, assieme a interpretazioni
attoriali assolutamente encomiabili, sottolineano come Coda
– I segni del cuore azzecchi tutte le note giuste,
componendo una sinfonia dalle sonorità impercettibili, eppure
fortificanti.