Due forme d’arte della scrittura:
la capacità di ridurre (o di approfondire) per il grande schermo
una storia che è stata romanzo, e che quindi ha già avuto un suo
pubblico, il più grande giudice, e la capacità di inventare una
storia per lo schermo, che tenga per due ore o più il pubblico in
sala.
I film nominati agli Oscar nelle
due sottocategorie nelle quali si divide la macro categoria
Sceneggiatura, racchiudono questi grandi talenti. La predominanza è
ovviamente di penne americane o inglesi, tranne per la candidatura
di Amour di Michael Haneke tra le
sceneggiature originali, buttata nell’agone a sfidare il colosso di
Quentin Tarantino, Django Unchained.
Nella sezione di sceneggiature non
originali, adattamenti di romanzi o libri o addirittura semplici
articoli di giornale, è una sfida a tre tra biografie, storie di
fantasia e una sola commedia. Il primo, probabilmente favorito se
non vincerà altri premi più importanti è la sorpresa
Argo, regia di Ben Affleck, adattato per lo
schermo da Chris Terrio dall’articolo scritto da Tony
Mendez su come riuscì, negli anni ’70 a liberare sei
diplomatici americani rifugiati presso l’ambasciatore canadese
durante la crisi degli ostaggi in l’Iran, usando l’artificio con
cui gli americani ipnotizzano da secoli il mondo intero: il cinema.
Il premio dovrebbe andare più alla persona di Mendez che a chi ha
adattato la storia, ma anche riuscire a mettere sullo schermo una
fuga degna di Logan non è roba da poco.
Segue tra i maggiori accreditati
alla vittoria Lincoln, l’adattamento della biografia
del presidente USA redatta da Doris Kearnes Goodwin
realizzata da Tony Kushner. Il film è candidato praticamente
in ogni categoria, e non poteva mancare la riduzione per lo schermo
dei concitati ultimi mesi di vita del presidente che ha cambiato il
volto e forse il pensiero degli Stati Uniti.
Favorito, e anche guardato con
interesse, è la storia portata allo schermo da Lucy Alibar e
Benh Zeitlin, (anche regista) di Re della Terra
Selvaggia (Beasts of the southern wild), la
vera sorpresa delle nomination, di prossima uscita nelle nostre
sale, adattato proprio dallo spettacolo teatrale della stessa
Alibar che narra una storia reale a metà strada con la favola e con
qualche accenno al disastro dell’uragano Kathrina con protagonista
una bambina, anche lei outsider di queste nomination.
Gli altri candidati ma chissà con
quali chance di accaparrarsi il premio sono Il Lato Positivo
– Silver Lining Playbook, una commedia
romantica con Bradley Cooper che grazie ai Golden Globes e
le candidature ai più importanti premi cinematografici del mondo è
riuscito a risalire la classifica del box office che fino a quel
momento non lo aveva affatto premiato. La candidatura sembra più
che altro omaggiare lo sceneggiatore, David O. Russel,
assolutamente riconosciuto per altri lavori diversi per originalità
e spessore come I
Huckabeese l’intenso
The fighter, candidato due anni
fa. Last but not least, Vita di Pi,
adattato per lo schermo dal romanzo bestseller omonimo di Yann
Martel, portato sullo schermo da Ang Lee e da David
Magee la cui ultima apparizione tra i nominati agli Oscar fu
per Neverland – un sogno per la vita, il biopic su
Matthew Barry con Johnny Depp.
Per la sezione relativa alle
sceneggiature originali, come abbiamo già anticipato, a contendersi
la statuetta ci sarà il genio esplosivo di Tarantino e la sua
originalità nello scrivere Django Unchained,
districandosi bene tra generi, citazioni e schiavitù. L’altro
titolo degno di nota è appunto Amour scritto dallo
stesso Haneke, che già convinse a suo tempo per l’opera la giuria
del festival
di Cannes dello scorso anno, che ne decretò la vittoria. Anche
in questa sezione c’è un possibile outsider: Flight,
la storia di un tormentato e tossico pilota che diventa eroe, a
quanto pare la storia riesce a tenere agganciati gli
spettatori tanto da averlo fatto definire da alcuni giornali
d’oltreoceano il miglior thriller di quest’anno. Non poteva
sfuggire alle nomination, nonostante le polemiche, anche il film
sulla cattura del nemico pubblico n°1 Osama Bin Laden descritta
anche con occhio un po’ accusatorio in Zero Dark
Thirty di Kathryn Bigelow. Come accadeva per
The hurt locker, anche questo film è stato scritto
dal suo collaboratore, nonché compagno, Mark Boal.
Ultimo e dovuto spazio dato al
cinema indipendente è rappresentato dalla candidatura di
Moonrise Kingdom, scritto dallo stesso regista Wes
Anderson insieme all’inseparabile Roman Coppola,
colorata e tenera storia di una fuga d’amore durante una tempesta.
Vedremo durante la serata chi avrà la meglio: il cinema altisonante
o quello sussurrato? i film che sono già un cult, o quello per
cinefili cronici? Il 24 febbraio sapremo.