Arrivano al cinema
in anteprima esclusiva come evento
speciale solo il 27, 28 e 29 gennaio
(elenco delle sale a breve su www.nexodigital.it) i
primi due episodi della nuova stagione de L’AMICA GENIALE.
Storia del nuovo cognome, la serie di Saverio
Costanzo, tratta dal best seller di Elena
Ferrante, edito da Edizioni E/O, in onda su Rai1 dal 10
febbraio. Un appuntamento unico per far vivere ai fan in anteprima
sul grande schermo e condividere con tutti gli altri appassionati i
nuovi episodi della saga che ha conquistato oltre dieci
milioni di lettori in tutto il mondo.
Gli eventi del secondo libro
de L’amica geniale riprendono esattamente dal
punto in cui è terminata la prima stagione. Lila (Gaia Girace) ed
Elena (Margherita Mazzucco) hanno sedici anni e si sentono in un
vicolo cieco. Lila si è appena sposata ma, nell’assumere il cognome
del marito, ha l’impressione di aver perso sé stessa. Elena è ormai
una studentessa modello ma, proprio durante il banchetto di nozze
dell’amica, ha capito che non sta bene né nel rione né
fuori. Nel corso di una vacanza a Ischia le due amiche
ritrovano Nino Sarratore (Francesco Serpico), vecchia conoscenza
d’infanzia diventato ormai studente universitario di belle
speranze. L’incontro, apparentemente casuale, cambierà per
sempre la natura del loro legame, proiettandole in due mondi
completamente diversi. Lila diventa un’abile venditrice
nell’elegante negozio di scarpe della potente famiglia Solara al
centro di Napoli; Elena, invece, continua ostinatamente gli studi
ed è disposta a partire per frequentare l’università a Pisa. Le
vicende de L’amica geniale ci trascinano nella
vitalissima giovinezza delle due ragazze, dentro il ritmo con cui
si tallonano, si perdono, si ritrovano.
“L’AMICA GENIALE – STORIA
DEL NUOVO COGNOME” (8 episodi da 50’) è prodotta da The
Apartment e Wildside, parte di Fremantle, e da Fandango in
collaborazione con Rai Fiction, in collaborazione con HBO
Entertainment e in co-produzione con Umedia. La serie ha visto la
partecipazione di 125 attori e migliaia di comparse, circa
8500 maggiorenni e 860 minorenni, e la realizzazione di circa 2.000
costumi tra realizzazioni originali e di repertorio.
L’evento al cinema, con la
proiezione dei primi due episodi della serie, è distribuito in
esclusiva da Nexo Digital solo il 27, 28 e 29
gennaio con i media partner Radio DEEJAY e
MYmovies.it.
Dopo un dittico che
sicuramente ha fatto discutere, a tratti sgradevole e violento nei
confronti delle sue protagoniste, L’amica geniale – Storia
della Bambina Perduta torna su RaiUno con le
puntate 7 e 8, Il ritorno e L’indagine. Dopo
decenni che le due amiche erano separate, questi due episodi le
vedono tornare insieme, confidenti e collaboratrici, di nuovo
vicine, mentre la loro relazione assume dei contorni nuovi che fino
a quel momento non si erano mai definiti così bene. Il loro
rapporto di forze si evolve ulteriormente e se Lila continua a
essere quella tra le due che tende a prevaricare l’altra, Elena si
conferma una donna piena di risorse, soprattutto dopo la
fine della storia con Nino.
L’addio a Nino e “Il
ritorno” al rione
Con il settimo episodio,
dal titolo Il ritorno, la storia si immerge
di nuovo nel tumulto emotivo di Elena, che torna alle sue radici e
al suo inizio, prendendo di nuovo casa al rione, proprio sotto
all’appartamento di Lila. La rottura definitiva con Nino è un
momento di liberazione e consapevolezza: un legame tossico che
viene reciso, non senza amarezza, ma con grande decisione. La scena
del loro confronto nella casa di Via Petrarca però non è il trionfo
della volontà di Elena, quanto piuttosto un verboso e depotenziato
colloquio tra due persone che, almeno da una parte, un tempo si
erano amate. Nino confessa tutte le sue piccolezze e questa volta
Lenù ha gli strumenti per allontanarlo, definitivamente. La scelta
degli sceneggiatori di mostrare il tradimento di Nino con una donna
sformata e anziana è stato un inciampo di scrittura davvero
sgradevole, come se solo vedendosi tradire con una donna così poco
attraente, Lenù avesse capito che quest’uomo, che ha amato per così
tanto tempo, non merita quella devozione. Il tradimento perpetrato
nel tempo da Nino, la sua ostinazione a coltivare se stesso al
posto della sua storia con Elena, il continuo desiderio di
affermazione e conferma, l’insicurezza che mortificava
l’intelligenza della compagna erano ben più gravi di una sveltita
con l’attempata domestica. Ma una scelta “grafica” rispetto agli
eleganti non detti allusivi del romanzo, è sembrata più adeguata
alla televisione. Non sarà l’unica volta in questa coda di serie,
né sarà la più sgradevole.
Alba Rohrwacher è Elena ne L’Amica Geniale – Storia della Bambina
Perduta
Archiviato finalmente
Nino dal suo cuore (ma non dalla sua vita, continuano a condividere
una figlia, dopotutto) Elena torna al rione, dove riafferma la
propria autonomia, nonostante la difficoltà di essere una donna
sola con tre bimbe. Questo ritorno alle origini diventa un
catalizzatore per la sua scrittura, che finalmente trova una nuova
forza e autenticità. La pubblicazione del suo libro e il successo
che ne deriva trasformano Elena in una figura di spicco, ma il
prezzo del suo successo diventa evidente: la distanza crescente tra
lei e un ambiente che implode su sé stesso. Elena è ormai un
elemento estraneo al rione e tuttavia una componente importante per
il suo ecosistema, una voce narrante.
L’evento che fa seguito
al ritorno di Lenù al rione è il tanto atteso matrimonio di
Marcello Solara con la sorella di Elena, Elisa, una delle sequenze
più cariche di tensione dell’episodio. La scena mira a sottolineare
un punto in particolare, che però non viene spiegato adeguatamente:
Michele Solara è definitivamente libero dall’incantesimo di Lila,
ormai la disprezza soltanto e con lei disprezza anche la sua
“brutta copia”, Alfonso. Vestito da donna, l’uomo fa irruzione al
matrimonio, creando agitazione e tensione. Verrà cacciato e
allontanato, solo Lila e Lenù gli rimarranno accanto, fino a che
Michele non lo picchierà a sangue per le strade del rione, davanti
all’indifferenza di tutti (tranne del buon Enzo, al quale però Lila
impedirà di intervenire). Edoardo Pesce, il
Michele adulto, è superbo nella messa in scena della bruta e cieca
cattiveria del Solara maggiore. Il pestaggio di Alfonso è uno dei
momenti più crudi e disturbanti dell’intera serie, eppure il
trattamento del personaggio appare forzato rispetto alla
delicatezza con cui era stato tratteggiato nei romanzi.
Punto fermo rimane
l’amicizia tra Lila e Lenù, sempre in bilico tra parità e abuso,
onestà e inganno, in balia degli umori della prima che continuano a
influenzare e travolgere la seconda che, dopo tutto questo tempo,
appare finalmente più consapevole e capace di schermarsi dalle
inevitabili cattiverie dell’amica.
La scrittura come
strumento di attacco al potere: L’indagine
L’ottavo episodio tira le
fila di molteplici tensioni, portando alla luce l’influenza
opprimente dei Solara e l’ineluttabile disgregazione del rione. La
morte di Alfonso segna un punto di non ritorno: non solo per la sua
brutalità, ma per il modo in cui spezza definitivamente la già
fragile speranza di una resistenza al potere dei Solara. La
reazione di Lila, fredda e piena di disprezzo, è un elemento di
distacco che evidenzia quanto la serie scelga di calcare la mano
sull’aspetto più crudo e spietato della realtà narrata. La donna è
spezzata dalla morte dell’amico, eppure sceglie di reagire in
maniera fredda, senza lasciarsi attraversare da quel dolore che
però, lo vedremo, avrà il tempo di esplodere per altre ragioni.
Alba Rohrwacher e Irene Maiorino sono Elena e Lila ne L’Amica
Geniale – Storia della Bambina Perduta
Il degrado del rione e la
ritrovata ispirazione di Elena si fondono come un’arma nelle mani
di Lila: la donna desidera che la compagna si faccia voce della
protesta e del cambiamento, vuole utilizzare le parole per
distruggere la violenza dei Solara, pensiero che ne rivela la
fondamentale ingenuità, soprattutto di fronte a una violenza cieca
e sorda che prende corpo in Michele. La ribellione delle due amiche
le vede brevemente fiorire in un nuovo afflato collaborativo:
scrivono, lavorano, si confrontano, tornano a essere le due bimbe
piene di speranze nel mondo delle idee, per poi scontrarsi contro
una realtà ben più cruda. Le parole che mettono insieme non servono
ad altro che a mettere Elena in una posizione di difficoltà
all’interno del rione, mentre Michele, sempre più violento e
minaccioso, si erge come un simbolo di quella brutalità sistemica
che soffoca ogni tentativo di cambiamento.
Elena si trova costretta
ad affrontare una querela e i problemi economici che ne derivano,
trovandosi a dover difendere la propria carriera e integrità.
L’episodio riflette bene la spirale di compromessi e minacce che
circondano entrambe le protagoniste, mostrando una Napoli senza
speranza che divora i suoi figli. Ancora una volta L’amica geniale
guarda oltre i confini del privato, affacciandosi con approccio
problematico alla società, al pubblico, instaurando uno stretto
legame trai due aspetti della narrazione.
L’amica geniale
giunge alla svolta decisiva
Gli episodi 7 e
8 segnano un passaggio cruciale nella narrazione de
L’amica geniale – Storia della Bambina
Perduta, confermando il talento della serie nel
coniugare il dramma personale con il contesto sociale. Tuttavia,
alcune scelte narrative, come il trattamento del personaggio di
Alfonso, potrebbero risultare discutibili per chi ha amato la
delicatezza del romanzo. Resta potente, invece, il rapporto tra
Elena e Lila, sempre più sfaccettato e complesso. Questi episodi ci
ricordano che il rione non è solo un luogo fisico, ma un’entità
viva, un microcosmo di potere e lotte, in cui i sogni di
emancipazione si scontrano con la brutalità del sistema.
Gli episodi 5 e 6 della
quarta stagione de L’Amica Geniale –
adattamento della tetralogia di Elena Ferrante
– si immergono nel cuore del tumultuoso intreccio tra maternità,
amicizia e amore, facendo emergere nuove dinamiche emotive e
conflitti irrisolti. La complessità delle relazioni tra i
personaggi raggiunge vette drammatiche, con una narrazione che
intreccia sapientemente momenti di tensione, fragilità e
consapevolezza, concentrandosi maggiormente sui fatti che vediamo
accadere più che sulla loro elaborazione.
La Frattura
Il quinto episodio,
intitolato La Frattura, si concentra proprio sulla
separazione, la spaccatura che si viene a creare, sempre più
profonda, tra i personaggi principali, riflessa sia nei legami
personali sia nel tessuto sociale che li circonda. La storia si
apre con Lenuccia, che riscopre sia la maternità con l’ultima
arrivata, Immacolata, avuta da Nino, che il rione, con tutti i suoi
personaggi/manifesto: la donna incontra di nuovo Michele Solara,
nell’ufficio di Lila, e lo trova notevolmente cambiato: è la
pallida ombra di sé stesso mentre si confronta con Lila,
determinata e sovrana della situazione, decisa nel suo disprezzo
verso un uomo che un tempo rappresentava il potere e il controllo,
ma che ora è fragile e sconfitto. Il terremoto che ha devastato
Napoli fa da sfondo a un’umanità altrettanto spezzata,
traumatizzata ma anche affaticata dalla vita stessa.
Parallelamente, il
rapporto tra Elena e Nino si sgretola
progressivamente. Nino, sempre più ingombrante nella vita di Elena,
si dimostra un uomo egocentrico e inaffidabile, incapace di essere
presente nei momenti cruciali. Quando Elena si reca in ospedale per
partorire da sola, la sua solitudine è straziante: un momento che
dovrebbe essere di gioia si trasforma in una riflessione amara
sulla fragilità delle sue scelte sentimentali. Il giorno seguente,
Nino si presenta in ospedale e proclama un’affermazione che sembra
riecheggiare più un bisogno egoistico che un’autentica
dichiarazione d’amore: “Io non ce la faccio a stare senza di
te”. La domanda si insinua: Nino è davvero l’uomo che Elena
merita, o è solo una proiezione del desiderio di appagare una
idealizzazione che nasce dalla prima giovinezza?
Alba Rohrwacher è Elena in L’Amica Geniale – Storia della Bambina
Perduta
Dopo la nascita della
piccola Immacolata, che Elena sceglie di chiamare così come segno
riconciliatorio verso la madre malata, l’anziana donna e Lila vanno
a far visita alla neo-mamma a Via Petrarca, nella casa con le
finestre sul mare. Ma, quando la signora si sente male e viene
trasportata in ospedale, Lenù dimostra tutta la sua insicurezza nei
confronti del compagno: mentre la madre è in pericolo di vita e lei
è costretta a rimanere a casa con la neonata, Lila e Nino corrono
in ospedale con la signora, ma per Lenù il pensiero fisso è
la loro vicinanza, il loro tornare in contatto, la paura
che tra loro possa nascere di nuovo qualcosa. Questo atteggiamento
ostile e sospettoso non viene replicato da Lila, che di contro
esternando il suo disprezzo per Nino, resta accanto alla madre di
Elena come fosse la sua.
L’episodio de
L’Amica Geniale si chiude lasciando una sensazione
di disagio. Elena, sempre più esasperata, appare fastidiosa, quasi
distante dalla profondità emotiva che la caratterizzava. Un effetto
forse voluto, che sottolinea il suo stato di crisi e un momento in
cui si avvicinano decisioni importanti da prendere.
L’imbroglio
Il sesto episodio,
L’imbroglio, esplora ulteriormente la relazione tra Lila e
Elena, mettendo in luce due concezioni opposte di maternità e di
identità personale. Il parto di Lila, violento, arrabbiato, quasi
contro natura evidenzia quanto le due donne abbiano un temperamento
differente, anche rispetto a questi lati dell’essere donna: Lenù è
sempre accogliente, mentre Lila è sfidante, costantemente in lotta.
La nascita della bambina di Lila avviene in un clima di tensione e
fatica, specchio delle sue resistenze emotive e fisiche.
L’esperienza di Elena, che aveva partorito in solitudine, è di
tutt’altra natura. Due racconti diversi di maternità, segnati dalle
rispettive fragilità e dai legami che le due donne intrecciano con
chi le circonda.
La puntata si concentra
su altri tre avvenimenti molto importanti che vedono come filo
conduttore Elena: il primo è la confessione di Alfonso. L’uomo che
sta cercando di fare i conti con la sua identità di genere si
confessa a Lenù raccontandole in che modo l’aiuto di Lila è stato
determinante per accettarsi, l’amica lo ha incoraggiato a esplorare
e deformare la propria immagine.
Intanto la madre di Elena
peggiora e, nel suo ultimo atto di lucidità, chiede ai figli di
fare la cosa giusta: Peppe e Gianni devono lavorare per Lila e
abbandonare le attività criminali con i Solara, mentre Marcello
deve sposare Elisa. Per quello che riguarda Elena, lei ha sempre
fatto le cose a suo modo, lo farà anche adesso: sul letto di morte,
Lenù riceve il riconoscimento di indipendenza che ha sempre cercato
da sua madre.
Ma la morte di sua madre
porta la donna in un nuovo territorio, in cui si sente ancora una
volta intrappolata tra il peso delle responsabilità familiari e
l’incompiutezza della sua vita. Una situazione di impasse
che verrà sbloccata solo grazie all’intervento di Nino che,
involontariamente, si rivela alla fine per quello che è anche agli
occhi di Elena, che era l’unica a non vedere la sua infima caratura
umana. La scoperta di un suo tradimento – l’ennesimo, scopriremo –
consente a Elena di trovare la forza e la lucidità di allontanarlo
e solo dopo scopre da Lila che l’uomo non aveva mai smesso di
cercare la sua vecchia amante. La scelta degli showrunner di
raccontare in questi termini l’allontanamento di Elena e Nino si
allontana dal racconto originale eppure conferisce alla storia una
forza in più, una chiarezza e una inequivocabili che i libri di
Elena Ferrante non sempre tengono in considerazione.
L’Amica Geniale: un
dittico di eventi e temi
Questo nuovo dittico di
L’Amica Geniale – Storia della Bambina Perduta si
addentra nei momenti più dolorosi e complessi della serie: il senso
di smarrimento, il peso delle scelte sbagliate, la maternità come
croce e delizia, la perdita e il lutto. E sembra che il costante
balletto che l’adattamento fa tra ciò che accade nel romanzo e ciò
che invece viene reinventato e modificato per la serie riesca ad
acquisire autorità e credibilità man mano che gli eventi ci
appaiono chiari e privi delle ombre e dei non detti che Ferrante
adora disseminare.
La frattura e
l’imbroglio non sono solo eventi specifici, ma temi
ricorrenti che definiscono la traiettoria di questa stagione,
conducendo gli spettatori verso un finale che si preannuncia
doloroso e catartico. Il legame tra Lila ed Lenù,
fatto di gelosie, rancori, ma anche di un amore profondo e
indistruttibile, rimane il vero cuore pulsante della storia,
un’amicizia che resiste nonostante tutto e che è destinata ancora
una volta a evolversi.
Volge al termine, con due
episodi dolorosi e liberatori, la quarta e ultima stagione
dell’adattamento della tetralogia scritta da Elena
Ferrante e lette (e guardata) in tutto il mondo,
L’Amica Geniale: Storia della bambina perduta. Gli
ultimi
due episodi, ”La Scomparsa” e “La
Restituzione”, chiudono chiudono un quarto ciclo che, pur
mantenendo alcuni dei temi centrali del romanzo, si discosta
significativamente nella narrazione e nello sviluppo dei
personaggi. Questo distacco, se da un lato apre nuove possibilità
interpretative, dall’altro mina la coerenza emotiva e stilistica
che ha caratterizzato l’opera letteraria, lasciando spesso un senso
di incompiutezza.
Fabrizio Gifuni e Irene Maiorino – L’Amica Geniale
4×09
La Scomparsa, il
punto di non ritorno
Il titolo di questo
quarto romanzo (e della rispettiva serie) dovrebbe aver messo gli
spettatori condizione di non rimanere troppo sorpresi di fronte
alla svolta drammatica che questo episodio porta al finale della
serie. “La Scomparsa” si concentra su un evento tragico: la
sparizione di Tina, la figlia di Lila e Enzo, che segna un punto di
non ritorno per tutti i protagonisti. L’episodio inizia con una
serie di tensioni familiari: la piccola Emma comincia a sentire con
forza l’esigenza di avere anche lei una figura paterna, e Nino come
da aspettativa non eccelle nell’essere presente per la figlia.
Tuttavia, riesce a trovare il tempo di fare visita alla bambina al
rione, in occasione del mercato domenicale. Mentre Lila tiene Imma
in braccio e conversa rapita con Nino, Tina scompare. La bimba non
si trova più: le ricerche si intensificano, ma si rivelano vane,
lasciando un vuoto devastante. Che fine ha fatto la piccola e
brillante Tina?
L’episodio è così
devastante per tutti i personaggi coinvolti che sembra che da quel
momento le tragedie e i dolori non possano fare altro che
aumentare. Gennaro, il fratello di Lila, viene trovato morto,
sopraffatto dalla droga; Generino, il primogenito di Lila, anche
lui preda della dipendenza, ripudia suo padre Stefano, ridotto
all’ombra di se stesso, e rende complicatissima la vita della madre
e di Enzo, ormai vero e proprio padre adottivo del giovane. Intanto
Lila è quello che più di tutti subisce le devastanti conseguenze
della scomparsa della bimba: convinta che Tina sia ancora viva,
cede in una spirale di follia. Il monologo immaginato da Lenù, che
tenta di ricostruire il pensiero di un’amica ormai irraggiungibile,
è un tocco narrativo interessante ma poco incisivo. La serie sembra
più interessata a raccontare il lento disfacimento della comunità
che a soffermarsi sulle implicazioni psicologiche che non siano
teatrali.
La vicinanza di Elena
diventa salvifica per Lila, la mantiene ancorata alla realtà, ma
l’omicidio dei fratelli Solara renderà l’ambiente del rione sempre
più pericoloso e tossico per la donna che, con tre figlie, cercherà
di mettersi al riparo da quella violenza, una volta per tutte.
Irene Maiorino in L’Amica Geniale 4×09
La Restituzione
(di Tina e Nu)
Arrivati all’ultimo
episodio di L’Amica Geniale: Storia della bambina
perduta, ci troviamo di fronte a una serie di scelte
narrative che movimentano l’addio alla storia e allo stesso tempo
ne viziano l’elegante fissità che aveva fatto dell’ultimo romanzo
della tetralogia un piccolo capolavoro di riflessione
sull’esistenza, sui dolori e le perdite, soprattutto sul tempo che
passa e sui sentimenti, gli affetti che restano, pur nelle loro
storture. Ebbene, per l’adattamento di un romanzo così potente si è
pensato bene di abbassare il tono e di aggiungere alla storia
svolte da soap opera che confondono le acque e il racconto dei
personaggi. Nel decimo episodio torna alla ribalta Pasquale, che
viene arrestato per aver assassinato Michele e Marcello Solara.
Parte dell’episodio è
dedicato ai tentativi di Lenù di intercedere per lui tramite le
conoscenze politiche di Nino, il quale, neanche a dirlo, si rivela
poco utile. Più avanti nella storia, sembra che Generino e Dede,
primogenita di Elena, si innamorino, tuttavia scopriamo poi che il
figlio di Lila scapperà di casa con Elsa, la secondogenita di Lenù,
una svolta del tutto inaspettata, sia per la madre in pena, che per
gli spettatori a dir poco sorpresi. Elena parte allora con Enzo per
recuperare i ragazzi a Bologna, ma scopre che sono dalla nonna.
Questa importante deviazione rispetto al materiale originale da una
parte genera perplessità, soprattutto per la superficialità con cui
viene trattata sia la vicenda di Pasquale (lui, a differenza degli
altri interpreti, non è “cresciuto” avendo sempre il volto di
Eduardo Scarpetta) che quella di Gennarino e
Elsa, dall’altra dà finalmente la possibilità a Enzo di emergere,
con un toccante monologo che Pio Stellaccio ci
regala con una grande autenticità e commozione.
Alba Rohrwacher e Irene Maiorino in L’Amica Geniale
4×10
L’addio al rione, che
segue queste sgangherate vicende, è un momento cruciale per Lenù,
come si può ben intuire, tuttavia anch’esso è poco valorizzato.
Addirittura l’ultimo saluto tra lei e Lila appare freddo e
convenzionale, due caratteristiche che non hanno niente a che
vedere con nessuno dei due personaggi. Elena parte quindi per
Torino, mentre le sue figlie maggiori prendono strade diverse: Dede
va a New York dal padre, seguita anni dopo da Elsa, mentre Enzo,
che capisce che non ha più un posto accanto a Lila, si trasferisce
a Milano. Nino, nel frattempo, viene arrestato, per lui un epilogo
che appare affrettato, ma che comunque ci regala una certa
soddisfazione, qualunque siano le ragioni dell’arresto, che non
vengono condivise.
L’ultima sequenza, ci
riporta lì dove tutto era cominciato: un’anziana Elena viene
svegliata dalla telefonata di Gennarino, spaventato perché da 48
ore “mammà non s’ trov’”. Lila decide così di sparire, disfarsi nel
nulla, portando con sé tutte le fotografie, gli oggetti personali,
tutto ciò che testimonia il suo passaggio nel mondo, sparisce per
unirsi alla sua Tina, mai dimenticata, lasciando dietro di sé
soltanto un figlio smarrito, e una vaga perplessità nella mente
della sua amica. Alla quale però dedica il suo ultimo pensiero,
prima di dissolversi: rientrando a casa, un giorno, Elena trova
nella cassetta della posta Tina e Nu, le bambole di pezza che
avevano perso da bambine.
Tina e Nu, le bambole di Lenù e Lila ne L’Amica Geniale
4×10
L’Amica Geniale:
Storia della bambina perduta rinuncia alla poesia in favore della
televisione
Con un adattamento poco
fedele principalmente nello spirito del racconto, la quarta
stagione de L’Amica Geniale chiude in anti-climax
una delle serie che a ragione verranno ricordate come uno dei
migliori prodotti televisivi della produzione italiana. E
nonostante questo, la quarta stagione è senza dubbio il momento più
basso di questa trasposizione quasi sempre elegante e preziosa. La
tendenza constante di questo quarto ciclo è stata quella di operare
un abbassamento di tono costante, una trivializzazione del
materiale di partenza che, come dote principale aveva quella di
rendere alti e poetici anche i discorsi più volgari e carnali.
Probabilmente perché la scrittura consente l’utilizzo di metafore e
sottintesi che la serie, come linguaggio di comunicazione, pretende
di mostrare con le immagini. La serie perde quella capacità di
Ferrante di rendere sublimi anche gli eventi più violenti, sporchi
e quotidiani, scadendo talvolta in una rappresentazione ruvida che
suscita più ilarità che empatia.
Ma non è solo un
“problema” di tono: i personaggi secondari, in particolare
Generino, le figlie di Elena e Alfonso, sono trattati con
superficialità, preferendo il cliché all’approfondimento
psicologico, un difetto che si riscontra esclusivamente nelle
scelte di scrittura, e non nelle interpretazioni degli attori che
rimangono uno dei punti forti della serie, con la sola eccezione di
Alba Rohrwacher, quasi condannata a una Elena
che proprio non le calza. Nonostante questa forzatura, è lei la
vera protagonista della serie, non solo voce narrante ma anche
punto di vista dal quale percepiamo tutto e tutti, mentre il
personaggio di Lila, interpretato splendidamente da Irene
Maiorino, rimane un personaggio secondario, letto
attraverso il filtro dell’amica e mai (più) centro vivo, selvaggio
e propulsivo dell’azione.
Il potenziale emotivo
dell’opera viene solo parzialmente sfruttato, rendendo questi
ultimi episodi un’occasione mancata per onorare appieno il
capolavoro letterario da cui traggono origine.
Domenica 6 febbraio
RaiUno ci riporta nel rione, riprende a raccontare le storie di
Lila e Lenù ne L’Amica Geniale 3 – Storia di chi fugge e di
chi resta. E proprio dal titolo, ormai, lo sappiamo, c’è
chi fuggita, Elena, dalla povertà e dall’ignoranza, e chi invece è
rimasta, Raffaella, sempre alle sue condizioni.
L’Amica Geniale 3 – Storia
di chi fugge e di chi resta racconta gli anni ’70
La terza stagione della
serie HBO-Rai Fiction espande il suo racconto, non solo perché le
due protagoniste, sempre interpretate da Gaia Girace e Margherita
Mazzucco, sono cresciute ed entrambe hanno trovato la loro
strada che le rende in qualche modo uniche per la loro generazione
e il loro tempo, ma anche perché l’affresco dei romanzi, e con essi
della serie, si allarga al racconto di un’Italia tumultuosa, in cui
l’università, la fabbrica, la piazza, persino il silente e pigro
rione in cui crescono Lila e Lenù diventano teatri di scontri
politici e bracci armati, di ideologie e di conflitti destinati a
dare forma al Paese contemporaneo.
La regia della serie
questa volta ha una sola voce, quella di Daniele
Luchetti, che si sostituisce a Saverio Costanzo e
Alice Rohrwacher e che accompagna le due protagoniste, con
tutti i loro amici e nemici, per i tumultuosi anni ’70. La
produzione si conferma di ottimo livello, sia da un punto di vista
tecnico che artistico, con una riduzione da romanzo attenta e
funzionale, ma soprattutto con dei protagonisti sempre più maturi e
a loro agio con i personaggi che portano sullo schermo.
Due donne
contro
Non solo, ne
L’Amica Geniale 3 – Storia di chi fugge e di chi
resta la nostre due protagoniste cominciano a
sperimentare ancora di più, sulla loro pelle, la disparità tra uomo
e donna, tra quello che è concesso agli uni e quello che devono
rubare e strappare per sé le altre. Le mani lunghe, i commenti
sgradevoli, le etichette, le imposizioni, l’essere per forza uno
strumento per la felicità dell’uomo, l’essere sottoposta a
giudizio, sottomessa a volontà maschile, essere non soggetto agente
ma oggetto reagente. E chi un modo, chi in un altro, entrambe
tentano di sottrarsi a ciò che a loro è stato destinato, entrambe
provano a scrivere una storia che sia soltanto loro.
Lila, dopo essere
scappata con il figlio dal matrimonio infelice con Stefano, grazie
all’aiuto di Enzo (Giovanni Buselli, unico
personaggio maschile positivo dell’intera serie!), lavora adesso
nel salumificio Soccavo, in cui oltre a sopportare condizioni di
lavoro disumane, deve anche tenere a bada Bruno Soccavo, vecchio
amico conosciuto a Ischia ai tempi dell’amore proibito per Nino, e
ora capo dell’azienda di famiglia e troppo sicuro di poter fare ciò
che vuole con le sue operaie, e soprattutto con Lila. Dal canto
suo, Elena sembra che sia sul punto di ottenere tutto ciò che
desidera: ha scritto il suo primo libro, lo presenta nelle librerie
d’Italia, è fidanzata con un giovane professore, Pietro, la cui
famiglia gli Airota, sembra capace di aprirle tutte le porte del
mondo accademico al quale lei si sta avvicinando.
Vite parallele ma
co-dipendenti
Due vite che scorrono
ormai parallele, ma che tornano ad incrociarsi quando Elena torna
dai genitori, al rione, e Lila chiede il suo aiuto. Si ricuce così
lo strappo che le aveva viste lontane per così tanto tempo, e le
due amiche geniali tornano a parlarsi, ad aiutarsi, a tessere
quella tela insolita e misteriosa che è la loro amicizia, sempre al
limite tra l’amore viscerale che si prova per i consanguinei, e il
disprezzo per chi rappresenta esattamente ciò che vogliamo essere e
che non riusciamo ad essere.
In L’Amica
Geniale 3 – Storia di chi fugge e di chi resta, Lila e
Lenù continuano ad essere complementari e antitetiche, e forse
proprio questo è il segreto del fascino magnetico di questa storia
di donne profondamente ancorata al suo tempo, eppure sempre
attuale, perché nonostante gli anni e le lotte, le donne devono
sempre faticare un po’ di più, per avere successo nel lavoro, per
essere indipendenti, per far capire anche a chi le ama che sono
complete anche senza essere mogli o madri, che non sono oggetti
reagenti, che possono scegliere per sé, che possono avere il
coraggio della solitudine e stare bene con le loro
scelte.
Dopo un ritorno e un
aggiustamento a causa del nuovo casting, siamo pronti a buttarci
nuovamente, con familiarità e passione, nella vita di Lenù e Lila,
con gli episodi 3 e 4 de L’amica geniale –
Storia della bambina perduta, ultima stagione della
serie che adatta la tetralogia di Elena Ferrante, famosa in tutto
il mondo e già conclusa nella messa in onda per gli Usa su HBO.
L’amica geniale torna in
un rione completamente cambiato
Le stagioni più felici
della serie hanno visto il rione come luogo di violenza e
ignoranza, ma anche posto sicuro, dove si aveva un’identità, una
certezza, la possibilità di esistere in un microcosmo piccolo ma
confortante.
Il ritorno di Elena ai luoghi natii, nel capitolo 27,
I Compromessi, la riporta in un luogo che ormai è
sconosciuto. La donna ritrova la madre, la famiglia, soprattutto
Lila e tutti vivono in un mondo notevolmente cambiato e reso
pericoloso da una modernità, che in lì ha attecchito con il suo
volto peggiore. Elena si trova catapultata, di nuovo, in un nuova
vita, a fronteggiare delle circostanze impreviste, ma si ritrova
anche nuovamente in compagnia (e all’ombra di) Lila. L’amica
d’infanzia ha dato una svolta importante alla sua vita, diventando
una donna d’affari e trovando, non capiamo ancora bene come, il
modo di sovrastare il potere dei Solara, i boss di quartiere che
hanno tormentato le ragazze sin da ragazzine.
Lila è ora una specie di
padrona buona dei rione, una vera e propria “Madrina”, potente e
ricca, spietata, ma anche buona, generosa e compassionevole,
l’unica a cui rivolgersi per cercare aiuto. Una posizione che
sembra sposarsi alla perfezione con le due anime della donna, che
vive da sempre di contrasti, di nobiltà d’animo e cattiveria. E
mentre Lila sale in considerazione agli occhi dello spettatore,
Elena si confronta con la povertà delle sue scelte di vita,
continua a vivere come l’amante ufficiale di Nino, lo accompagna
anche alle visite domenicali in famiglia, nelle quali (orrore
supremo!) Incontro di nuovo il laido Donato Sarratore, padre di
Nino e, a tutti gli effetti, suo stupratore.
Il corpo come
dispositivo narrativo
In queste circostanze
ambivalenti, le due donne dovranno affrontare un felice imprevisto:
entrambe restano incinta (di Nino e di Enzo, rispettivamente), e
cominciano a condividere questo percorso trasformativo che le
avvicina di nuovo, tanto che Lila diventa “la zia preferita” di
Dede e Elsa.
La serie si sposta quindi
di nuovo sull’importanza del corpo abitato non solo dalle donne, ma
anche da quello che loro stesse generano e, di nuovo, le due
amiche/nemiche non potrebbero essere più diverse nell’affrontare
questo percorso (che entrambe conoscono bene, essendo già madri).
Elena è contenta della sua rotondità, paziente, serena, stanca.
Lila è irrequieta, senza questo nascituro come un corpo estraneo,
da espellere, che “le tocca i nervi”, ovvero la infastidisce,
arrivando a pensare che in lei ci sia qualcosa che non va…
Irene Maiorino e Alba Rohrwacher sono Lila e Lenù in L’amica
geniale – Storia della bambina perduta – Foto Cortesia di HBO-Rai
Fiction
Un terremoto che scopre
le crepe di Lila e la solidità di Elena
La chiave di lettura di
questo disagio, e dell’intera personalità di Lila, ce la offre in
un momento di enorme generosità della sceneggiatura, l’episodio
successivo, il capitolo 28, Terremoto. Se
l’episodio precedente aveva citato la Strage di Bologna dell’estate
del 1980, confermando, anche in maniera marginale, quanto L’Amica
Geniale sia radicato nel suo tessuto sociale, questa seconda
puntata settimanale ci porta avanti nel tempo, fino a novembre,
quando ci fu il terribile Terremoto dell’Irpinia e tutta la
provincia napoletane venne scossa, letteralmente, con grande
violenza. Lenù e Lila sono da sole, è domenica, e le due amiche in
stato avanzato di gravidanza decidono di passare un pomeriggio
pigro in compagnia, a casa di Lila, al rione, fino a che la terra
non comincia a tremare (un tocco di enfasi ha fatto coincidere
l’inizio della prima scossa con la domanda di Elena a Lila: “Cosa
sai di Nino?”).
La due donne si aiutano e
si fanno forza, riescono a farsi strada fino alla strada e alla
macchina, dove rimangono in cerca di riparo. E qui, Lila ha
un’altra delle sue crisi, fa di nuovo esperienza di quella
“smarginatura” a cui avevamo assistito nella prima stagione, quando
ai suoi occhi la realtà si sfrangia, i confini delle cose si aprono
e lasciano uscire la loro parte viscerare e irrazionale, e nulla ha
più senso. Irene Maiorino abbraccia quindi la responsabilità di
spiegare, finalmente, la natura di Lila al pubblico e anche a
Elena, riportando a parole il celebre passo dei romanzi: L’unico
problema è sempre stato l’agitazione della testa. Non la posso
fermare, devo sempre fare, rifare, coprire, scoprire, rinforzare e
poi all’improvviso disfare, spaccare.
Ma la sceneggiatura non
si ferma a riportare la citazione dall’originale, va più a fondo e
per molti versi spiega meglio (cosa che il libro non farà mai fino
all’ultima pagina) quello che è il “mistero Lila”, in un impeto di
purezza e onestà, la donna confessa all’amica: “In me il male score
insieme al bene”, dimostrando così a se stessa a Elena e allo
spettatore tutta la sua specialità, ma anche la sua debolezza. È un
momento intimo e epifanico, in cui capiamo finalmente qual è il
rapporto di forze tra le due e quanto siano indispensabili l’una
all’altra per camminare dritte in un mondo continuamente spazzato
dalle onde della tragedia, della violenza e della prepotenza
maschile. Una prepotenza che nella sua violenza esteriore viene
contrastata con fierezza da Lila, ma che nella sua violenza
psicologica e subdola, rappresentata dalla stessa esistenza di Nino
Sarratore (Fabrizio
Gifuni), costringe ancora Lenù a soccombere.
L’Amica Geniale – Storia
della bambina perduta perde anche l’ispirazione
Il guizzo di generosità
nello svelamento della personalità di Lila si perde però in un mare
piatto. La serie sembra faticare a trovare quell’animo ruvido e
dolente, ma anche romantico e favolistico, che l’aveva
caratterizzata sin dall’inizio. Ormai siamo affezionati a Lila e
Lenù e vogliamo sapere come va a finire la loro storia e cosa il
futuro ha in serbo per loro. Siamo persino disposti a sopportare il
miscasting di Alba Rohrwacher perché comunque la sua voce
rappresenta un legame lungo e affettivo con lo show (lei non ne ha
nessuna colpa, si capisce), ma la regia e le idee, in questa
stagione, sembrano davvero distribuite a risparmio e ci sembra di
avviarci verso la fine di questa storia con stanchezza e
rassegnazione.
In attesa dell’arrivo in TV de
L’Amica Geniale – Storia del nuovo
cognome, è in programmazione nelle
sale The Space Cinema – il 27, 28,
29 gennaio – un appuntamento unico per far vivere ai fan
in anteprima sul grande schermo e condividere con tutti gli altri
appassionati i nuovi episodi della saga che ha conquistato oltre
dieci milioni di lettori in tutto il mondo.
La serie, tratta dalla tetralogia
del libro di Elena Ferrante, riprende il racconto
da dove era stato interrotto: Lila si è appena
sposata ma, nell’assumere il cognome del marito, ha l’impressione
di aver perso sé stessa. Elena è ormai una
studentessa modello ma, proprio durante il banchetto di nozze
dell’amica, ha capito che non sta bene né nel rione né fuori. Tra
paesaggi bucolici e lotta tra classi sociali si svolge la vita
nel Rione Sanità; scenario che fa da sfondo ad
un’amicizia profonda e controversa ma allo stesso
tempo unica, un tuffo nella vitalissima giovinezza
delle due ragazze, dentro il ritmo con cui si tallonano, si
perdono, si ritrovano.
Presentato in anteprima al Telluride
Film Festival il 2 settembre, L’amante di Lady
Chatterley è una pellicola drammatica e romantica diretta
dall’attrice e regista francese Laure de Clermont-Tonnerre. La
sceneggiatura, scritta da David Magee, è tratta dall’omonimo
romanzo di D. H. Lawrence. Nel cast ritroviamo
Emma Corrin (Diana Spencer nella quarta
stagione di The Crown) nel ruolo di Lady Connie Chatterley,
l’attore britannico Jack o’Connell nei panni di
Oliver Mellors, e Joely Richardson (Red
Sparrow,
The sandman). L’amante di Lady Chatterley
distribuito in streaming su Netflix non è l’unico adattamento cinematografico del
libro: l’impossibile storia d’amore di Connie ed Oliver è stata già
oggetto di diverse altre pellicole in passato, dalla versione del
1955 diretta dal francese Marc Allégret, fino alla più recente del
2015 diretta da Jed mercurio e con l’affascinante
Richard Madden (Rob Stark nella serie Il trono di
spade) nel ruolo di Mellors.
L’amante di Lady Chatterley: una
storia di amore e passione
Inghilterra, Prima guerra mondiale.
La giovane Connie Reid si unisce in matrimonio con il baronetto
Clifford Chatterley, poco prima che lui parta come soldato in
guerra. Per via delle ferite subite in campo di battaglia, Clifford
perde l’uso delle gambe. Con la fine del conflitto, i due si
trasferiscono a Wragby, piccolo villaggio nel Lincolnshire, dove la
famiglia di Clifford ha una grande magione. Qui sarà Connie
inizialmente a prendersi totalmente cura del marito invalido, tanto
da iniziare a risentirne molto fisicamente ed emotivamente.
Clifford sottolinea in più occasioni alla stessa Connie
l’importanza per la famiglia di produrre un erede: non
considerandosi in grado di poter avere figli per via della sua
disabilità, la invita anche ad avere rapporti con un altro uomo,
pur di avere un figlio, da poi riconoscere come frutto del loro
matrimonio. In una condizione di grande sconforto dovuto alla noia
della campagna ed alla quasi totale mancanza di amore o interesse
da parte di Clifford, Connie trova conforto tra le braccia di
Oliver Mellors, il guardiacaccia della tenuta. Quella che però
sembra iniziare come una pura attrazione fisica finirà per
tramutarsi in un’affiatata relazione tra i due amanti.
Lady Connie Chatterley davanti alla magione di Wragby
La scoperta della sessualità
L’amante di Lady
Chatterley è di per sé un film abbastanza esplicito dal
punto di vista sessuale; spesso, in altre pellicole, una presenza
persistente di scene di sesso può risultare in qualche modo noiosa
o fastidiosa. In questo caso, però, viene dato uno scopo ed un
significato ben preciso a queste scene. Connie, ingabbiata dal
marito, non riesce ad esprimere la propria sessualità liberamente,
viene anzi velatamente mortificata da Clifford per avere questi
desideri. Questo suo chiudersi e reprimere tutte le sue passioni la
porta a stare male, fino a crollare.
Mellors, invece, con il mero
rapporto fisico e poi con una relazione che diviene romantica, la
porta ad esprimere liberamente le proprie emozioni ed a darle un
amore pieno, sia dal punto di vista sentimentale che sessuale.
Questo nuovo stato di Connie viene presentato allo spettatore come
un qualcosa di sano, quasi primordiale: i rapporti tra Connie e
Mellors avvengono prevalentemente all’aperto, nella natura: la
persistenza di suoni naturali e le vedute di questi boschi fanno
sembrare la relazione dei due innamorati come un ritorno ad un
paradiso primordiale. Una scena che trasmette maggiormente questo
senso di libertà sessuale dei due è il momento in cui Mellors e
Connie, incuranti dei problemi derivanti dal loro stare insieme e
dalle regole sociali, danzano e corrono insieme nudi sotto la
pioggia.
La società moderna contro
l’amore
La naturalezza e semplicità
dell’amore di Connie e Mellors in L’amante di Lady
Chatterley finisce per confrontarsi con la realtà della
società. Un elemento che Clifford, dalla sua visione conservatrice,
spesso sottolinea a Connie è proprio la netta differenza di classe:
lui considera i minatori, come anche lo stesso Mellors, come esseri
inferiori, con cui ha in comune solo l’essere umano.
I pregiudizi ed il forte classismo
che contrasta l’amore dei due non provengono dal solo Clifford ma
dalla società in generale. Portando in grembo il frutto di quella
che era comunque una relazione fuori dal matrimonio, e con un uomo
di umili origini, Connie è costretta a rinunciare al suo status
sociale per stare con Mellors. La stessa signora Bolton,
infermiera di Clifford, sottolinea, parlando con le altre donne del
villaggio, la bontà e la purezza dei sacrifici di Connie per amore.
Connie ha preferito una vita umile ma colma d’amore, ad
un’esistenza di fasti ed indifferenza.
Oggi in Germania abbiamo molta
difficoltà ad immaginare cosa significhi davvero “emigrazione”,
perché conosciamo solo l’altro lato del problema: siamo diventati
noi stessi un paese di immigrazione (…). È possibile che una storia
che descrive il modo in cui la gente lasciava la propria patria non
contribuisca a capire meglio gli immigranti di oggi? Che cosa
significava un addio allora? Per quanto tempo le persone si
portavano addosso, nelle loro nuove case, il dolore di questa
partenza?
Edgar Reitz
Il paese è sempre
Schabbach, nell’Hunsrück, la regione dove Edgar Reitz nacque nel
1932. La famiglia è ancora la protagonista della trilogia di
Heimat: è la famiglia Simon, attraverso cui il regista
tedesco ha raccontato la storia del suo Paese, dalle macerie della
prima guerra mondiale agli anni 2000.
Con L’altra Heimat.
Cronaca di un sogno la monumentale saga di
Reitz, che in Italia si rivelò un vero e proprio
fenomeno di culto riscuotendo un successo enorme e
scatenando appassionati dibattiti sul tema della serialità, giunge
al suo quarto capitolo, concepito appositamente per il
cinema. Il discorso provvisoriamente concluso nel 2006
riprende, tornando indietro nel tempo al 1843, sempre
nell’immaginaria Schabbach, dove la famiglia Simon lavora e lotta
contro la morte e dove il figlio Jakob fugge dalla fatica
quotidiana immergendosi nei libri e nel sogno di un Nuovo Mondo. Lo
stesso sogno che accompagna la grande emigrazione di migliaia di
europei nell’America del Sud, nel tentativo disperato di sottrarsi
alle carestie, alla povertà e al dispotismo che dominavano i loro
paesi perché, come recita il loro motto, “Qualunque sorte è
migliore della morte”.
Il film arriva al cinema per due
soli giorni, il 31 marzo e l’1 aprile.
In occasione dell’uscita italiana de
L’Altra Heimat. Cronaca di un sogno (31
marzo e 1 aprile), il regista tedesco Edgar Reitz
arriva dunque in Italia e incontra il suo pubblico nell’ambito di
un tour che toccherà diverse città. Si parte da
Milano dove all’Arcobaleno Film
Center il film verrà proiettato alle ore 10 di
domenica 22 marzo e sarà seguito dell’incontro col
maestro (NB. I giornalisti possono richiedere un accredito
rispondendo a questa mail). Si prosegue poi con il Cinema
Massimo di Torino con la proiezione di lunedì 23
marzo alle ore 20 introdotta da Edgar Reitz. Segue la
tappa di Roma: qui Reitz saluterà il pubblico e
introdurrà il film al Cinema Farnese Persol martedì 24
marzo alle ore 19 (NB. I giornalisti di Roma possono
richiedere un accredito sia per questa proiezione che per
l’anticipata stampa rispondendo a questa mail. L’anticipata, chiusa
e riservata ai media, è prevista per il 18 marzo alle ore 17 e si
svolgerà invece presso la Casa del Cinema).
Il tour di Reitz proseguirà poi
verso Bari, dove il regista sarà ospite del Bif&st –
Bari International Film Festival – per una delle otto
lezioni di cinema con grandi registi europei.
L’Altra Heimat.
Cronaca di un sogno
Mentre girava Heimat 3,
Reitz ricevette la lettera di un’infermiera che lavorava in un
ospedale di Porto Alegre. La donna lo aveva visto in un reportage
televisivo brasiliano dedicato al cinema tedesco e, notando la sua
somiglianza col Dottor Reitz, titolare della clinica in cui
lavorava, si chiedeva se esistesse una parentela tra i due. Alcuni
mesi più tardi la stessa infermiera fece avere al regista un libro
dal titolo Genealogia della famiglia Reitz in Brasile,
scritto dal sacerdote cattolico Raulino Reitz, che all’inizio degli
anni ’60 aveva condotto alcune ricerche sulla sua famiglia in
Brasile. Il volume fece scoprire a Reitz che in effetti gli
antenati della brasiliana famiglia Reitz erano originari del
villaggio di Hirschfeld, a soli quindici chilometri da Morbach, suo
paese natale.
Commento del
regista
Il tempo che ci separa dagli
eventi di questa storia è di appena 160 anni, ma si è trattato di
un viaggio in una Germania molto diversa e quasi completamente
dimenticata, in un paese sfigurato da una miseria opprimente.
Occorre un grande sforzo d’immaginazione per capire che meno di un
secolo e mezzo fa gli abitanti del nostro erano costretti a
sbarcare il lunario in condizioni incomparabili con quelle di
qualsiasi luogo del mondo odierno. A partire da Schabbach ci siamo
esercitati a osservare la vita contemporanea con gli occhi di un
estraneo ed è stato terribile vedere quanto apparissero di colpo
apocalittici il consumismo, l’egocentrismo e le pretese esagerate
della nostra società frammentata. Di fatto, uno degli effetti
diDie andere
Heimat è forse quello di indurre il pubblico a fermarsi per un
istante e a vivere il diverso ritmo che permetteva ai nostri
antenati di sopravvivere. In fondo, potrebbe essere ancora quello
il vero ritmo del nostro cuore.
La saga di
Heimat
Girato in parte in bianco e nero e
in parte a colori, Heimat (che prende il nome dalla parola
tedesca che indica la casa o il luogo natio) fu presentato in
anteprima nel 1984 alla 41ª Mostra internazionale d’arte cinematografica
di Venezia, raccogliendo un enorme consenso di critica.
Suddiviso in 11 episodi per un totale di 924 minuti, il film narra
la storia della famiglia Simon e di Schabbach, villaggio
immaginario dell’Hunsrück, regione d’origine del regista. Dieci
anni dopo, nel 1992, uscì Heimat 2 – Cronaca di una
giovinezza e nel 2004 arrivò Heimat 3 – Cronaca di una
svolta epocale. L’altra Heimat. Cronaca di un sogno è
stato presentato a Venezia nel 2013 e esce ora nei cinema italiani
per due giorni, martedì 31 marzo e mercoledì 1 aprile, distribuito
da Ripley’s Film, VIGGO e Nexo Digital.
Edgar Reitz
Nato nel 1932 a Morbach è uno degli
esponenti di punta del Nuovo Cinema Tedesco. Dopo il diploma di
maturità si trasferisce a Monaco di Baviera e comincia a lavorare
nel cinema in vari ruoli, dallo sceneggiatore al montatore,
dall’aiuto regista al direttore della fotografia. Nel 1962 è tra i
registi firmatari, insieme a Herzog, Kluge, Fassbinder, von Trotta,
del Manifesto di Oberhausen che denunciava la crisi del
cinema tedesco e auspicava l’inizio di un nuovo corso, economico ed
estetico, per la settima arte in Germania. Dopo aver diretto
diversi cortometraggi, nel 1967 debutta nel film lungo con la
storia d’amore Mahlzeiten, che alla Mostra di Venezia
vince il Premio come Miglior Opera Prima. Due anni dopo torna a
Venezia con Cardillac e successivamente gira diversi film
in co-regia (come il collettivo Das Goldene Ding, 1971,
presentato alla Mostra) e lungometraggi (come Geschichten vom
Kübelkind, 1971, Die Reise nach Wien, 1973, e Il
sarto di Ulm, 1978). Il successo internazionale arriva proprio
a Venezia con la proiezione in anteprima del capolavoro di Reitz,
l’opera monumentale Heimat (1984), serie per la
televisione in undici episodi della durata complessiva di 924
minuti che racconta una lunga saga famigliare intrecciata con la
storia della Germania dal 1919 al 1982. Il progetto sulla storia
recente della Germania proseguirà con i film, tutti presentati a
Venezia, Die Zweite Heimat Chronik einer Jugend
(Heimat 2. Cronaca di una giovinezza, 1992), ambientato
tra il 1960 e il 1970, Heimat 3. Chronik einer Zeitenwende
(Heimat 3. Cronaca di una svolta epocale, 2004), che
racconta gli anni dal 1989 al 2000 e Heimat. Fragmente
(2006), complemento alla trilogia composto da scene tagliate e
materiali inediti. Reitz è tornato a Venezia 70 fuori concorso con
Die Andere Heimat. Chronik einer Sehnsucht (Home From
Home. Chronicle of a Vision), ambientato nella Prussia di fine
Ottocento.
Il primo film di Sara
Petraglia, L’albero, in concorso
alla Festa del Cinema di Roma nella sezione
Progressive Cinema, è un viaggio di formazione assieme duro e
poetico, tragico e leggero, un coming of age romano, che prende
corpo nelle strade del Pigneto. La regista e sceneggiatrice, figlia
di uno dei più noti sceneggiatori italiani, Sandro
Petraglia, sceglie una storia di amicizia, amore e
dipendenza per il suo esordio sul grande schermo.
La trama de
L’albero
Bianca, Tecla
Insolia, è una ventenne che si trasferisce a Roma per
frequentare l’università. Trova un appartamento al Pigneto assieme
alla sua amica Angelica, Carlotta Gamba. Dalla
finestra di casa si vede un maestoso albero al di là della
ferrovia. Lontane dalle loro famiglie e con quella voglia
spregiudicata e adolescenziale di sperimentare tutto senza pensare
alle conseguenze, le due ragazze sprofondano nella dipendenza da
cocaina. Una gita a Napoli non cambia le cose. Insieme sperimentano
amore e morte, finché per ciascuna arriva il momento di scegliere
cosa fare della propria vita.
Tecla Insolia in L’albero – Foto di Sara Petraglia
Un modo diverso di
raccontare la dipendenza
Raccontare la dipendenza in modo non
convenzionale era uno degli obiettivi dichiarati di Sara Petraglia.
La regista lo fa innanzitutto senza giudizio, ma solo descrivendo.
Non ci sono enfasi ed estremizzazione eccessiva, ma neppure la
volontà di edulcorare. Petraglia affida il suo racconto a due
“insospettabili”, due ragazze dalla faccia pulita, apparentemente
lontane anni luce dal mondo delle sostanze, da chi lo popola, da
chi vi gravita attorno. Mai come in questo caso, l’apparenza
inganna. Si mettono così in discussione pregiudizi e visioni
precostituite. In modo realistico e non immaginifico o fantasioso,
il film mostra anche come si possa superare la dipendenza, senza
sconti o scorciatoie.
Troppo tristi per avere
vent’anni
Tuttavia,
L’albero non è, o non è solo, un film
sulla dipendenza. Le famiglie delle protagoniste non compaiono mai.
Forse questa è una pecca del film, non si indagano le origini del
loro disagio. Ma non è ciò che si vuole raccontare. C’è invece il
gruppo dei pari, amiche e amici. Ventenni come tanti ma, come nota
Bianca in una scena emblematica del film, tutti molto tristi. La
protagonista per prima si rifugia nell’uso di sostanze, non solo
cocaina, per dare spallate a questa tristezza, al dolore che da
sempre la accompagna. Quello leopardiano – non per nulla
un’immagine del poeta di Recanati campeggia nel salotto di casa –
che scaturisce dalla consapevolezza della caducità della vita,
della natura effimera della felicità, sempre fugace. Bianca non
sopporta tutto ciò e la vita, così com’è le sembra troppo difficile
da affrontare. Preferisce rifugiarsi nei libri e nei diari che lei
stessa scrive, nell’immaginazione, anziché vivere la realtà. Sembra
quasi che, con l’incoscienza della loro età, le due amiche siano
disposte perfino a rinunciare alla vita stessa. La regista le
mostra in questo momento di spericolata leggerezza e nel percorso
che porterà in particolare Bianca, su cui si sofferma maggiormente
lo sguardo di Petraglia, a fare i conti con questa sofferenza,
questa sorta di feroce malinconia, che è parte di sé.
Carlotta Gamba in L’albero – Foto di Sara Petraglia
L’albero, opera prima
semplice ed efficace
L’albero
ha una costruzione semplice, con pochi elementi, messi ben a fuoco.
La sceneggiatura è lineare e questo consente alla regista, che l’ha
curata, di tenere la materia del film efficacemente sotto
controllo. La durata del film è agile. Petraglia riesce a tenere
insieme nella sua visione disincanto e poesia, affrontando con
levità temi intimi e profondi. Una leggerezza che certo non è
sinonimo di superficialità. La regista rende anche con vivida
immediatezza la vita del quartiere che descrive, sembra conoscerlo
bene. Anche nell’inserto napoletano, che sposta l’azione in altro
luogo, lo spettatore vede una Napoli insolita per il nostro cinema,
né da cartolina, né da cronaca nera. Le sue strade di notte, come
l’umanità che le abita, somigliano a quelle del Pigneto, ma
potrebbero trovarsi in qualsiasi altra parte del mondo.
Le interpretazioni di Tecla
Insolia e Carlotta Gamba
Tecla Insolia –
L’arte della gioia – e Carlotta
Gamba –
Gloria!,
Vermiglio,
Dostoevskij – offrono interpretazioni sentite e
coinvolgenti, mai sopra le righe. Così vuole la regista, che le
dipinge come due ragazze normalissime, invitando anche lo
spettatore a riflettere su quanto il tipo di malessere presente nel
film possa essere diffuso. L’albero è un
esordio convincente, che mescola un dolore esistenziale profondo
all’incoscienza e all’ingenuità dei vent’anni. Un film sulla
difficoltà di raggiungere un equilibrio nella vita, per viverla
senza farsene rovinosamente travolgere. Questo equilibrio sembra
essere come l’albero del titolo: bello, maestoso, ma apparentemente
irraggiungibile. Spesso però, basta cambiare strada per arrivarci,
magari optando per un percorso meno lineare, meno immediato, forse
più lungo, più tortuoso, ma che porta proprio lì.
Luca ha 14 anni ed è affetto da
sclerosi tuberosa, una malattia molto rara che viene diagnosticata
ad un bambino su 7000, vive con il padre fornaio in un piccolo
centro, che non riesce ad accettare la malattia del figlio, rifiuta
le offerte di aiuto e collaborazione dell’Associazione Sclerosi
Tuberosa gli fa.
L’Agave di Cristallo,
l’unica rassegna cinematografica che premia i film per la qualità
dei dialoghi, parte il 21 e 22 novembre con la
nuova edizionenella città di Pietrasanta.
La rassegna è nata nel 2005 da
un’idea di Stefano De Martino, già autore del più
noto Premio Lunezia per il valore musicale e letterario delle
canzoni italiane, e in passato ha annoverato presenze illustri
come Pupi Avati, Ettore Scola, Mario Monicelli, Dino Risi,
Lina Wertmuller, Nanni Moretti e molti altri; personalità
premiate per la qualità dei dialoghi all’interno delle loro opere
cinematografiche, precisa peculiarità del premio Agave di
Cristallo.
L’edizione di quest’anno,
patrocinata dalla Toscana Film Commission e dal festival “La
Versiliana”, si svolgerà presso la città di Pietrasanta. “Un
territorio che ci onora e ci stimola” spiega il Patron Stefano De
Martino “Pietrasanta è una cittadina tra le più prestigiose
d’Italia in tema d’arte e di iniziative culturali”.
La manifestazione si svolgerà al
Teatro Comunale di Pietrasanta con la prima giornata dedicata alla
visione di alcuni film in concorso e all’incontro “Dialogo sui
mestieri del cinema” rivolto agli studenti delle scuole di
Pietrasanta, che assisteranno alla proiezione del Miglior Film
Straniero per la qualità dei dialoghi.
Il 22 novembre si terrà il Galà di
premiazione e nel corso della serata numerosi saranno i personaggi
coinvolti con premi speciali e menzioni alla carriera, tra cui
spiccano i nomi di Piera Degli Esposti per aver valorizzato la
Cine- Letterarietà nei ruoli interpretati, Abel Ferrara per il film
“Pasolini”, Luca Miniero per i dialoghi nella commedia italiana,
Sebastiano Rizzo per il miglior corto “La ricotta e il caffè” e
molti altri.
I film in concorso per il
riconoscimento come Miglior Film Italiano e Straniero sono:
Miglior Film Italiano per
la qualità dei dialoghi
“Tutta colpa di Freud” di Paolo
Genovese
“Ti ricordi di me?” di Rolando Ravello
“Un boss in salotto” di Luca Miniero
Miglior Film Straniero per la qualità dei
dialoghi
Infine, uno spazio speciale verrà
riservato al film “Annie Parker” di Steven Bernstein, con
l’intenzione di valorizzare il dialogo socialmente utile del film;
Rosanna Banfi, testimonial dell’associazione Susan G. Komen per la
lotta ai tumori al seno sarà presente con un intervento.
La Direzione Artistica è affidata a
Christian Floris, già coordinatore artistico, co-autore e
conduttore del Festival “Tulipani di seta nera”. Floris, ė da
sempre impegnato nella creazione e nella realizzazione di prodotti
d’intrattenimento finalizzati alla diffusione culturale in ambito
editoriale, televisivo e cinematografico.
La MGM ha intenzione di portare presto
sul grande schermo l’adattamento cinematografico del romanzo
“Ritornati dalla polvere’ di Ray Bradbury, pubblicato nel 2001.
L’Accademia del Cinema
Italiano – Premi David di Donatello
parteciperà a Moviement Village, il progetto
nazionale che mette in rete circa 200 arene estive allo scopo di
favorire un ritorno al consumo di contenuti sul grande schermo. Dal
1° luglio al 31 agosto, Moviement Village ospiterà
la “Casa del David” in una serie di serate
speciali che proporranno agli spettatori un ampio programma di
proiezioni dei film candidati e premiati all’ultima edizione dei
Premi David di Donatello.
Il pubblico avrà inoltre
l’opportunità di assistere ad una programmazione unica ed
esclusiva, a cura del David, di irresistibili pillole storiche e
attuali delle premiazioni dei grandi protagonisti, delle immagini
emozionanti dell’inedita edizione 2020 in lockdown e interviste e
video selfie in cui i candidati e i vincitori si raccontano in
esclusiva. A corredo anche incontri con alcuni dei più amati
registi e attori del cinema italiano e la possibilità di
approfondire, grazie al racconto di alcuni celebri professionisti,
i tanti mestieri che concorrono alla realizzazione di un film.
Moviement Village
Moviement Village
è un progetto nazionale che punta a rimettere in rete tutte le
arene già esistenti e attive (circa 100), riattivare quelle che non
facevano programmazione (circa 80) e ripristinare strutture
multifunzionali come i cinevillage. L’iniziativa, nel pieno
rispetto dei protocolli dell’emergenza sanitaria che verranno
emanati dalle autorità competenti, è concepita in modo da garantire
la totale sicurezza per gli spettatori in ogni fase dell’evento:
dall’acquisto dei biglietti, alla regolamentazione dei flussi in
entrata e uscita, al controllo degli spazi dedicati.
Il progetto è ideato dalle
associazioni di categoria del settore, ANEC (Associazione Nazionale
Esercenti Cinema) con la partecipazione di ANICA (Associazione
Nazionale Imprese Cinematografiche e Audiovisivo) sezione
distributori e produttori, con Accademia del Cinema Italiano –
Premi David di Donatello, con il sostegno della Direzione Generale
Cinema e Audiovisivo del MiBACT, patrocinata da ANCI e la
collaborazione dell’ANAC, 100 Autori e Nuovo IMAIE.
Il destino di una
giovane donna e del suo amato sembra segnato dall’ostilità del
mondo che li separa, ma la Seconda Guerra Mondiale li metterà alla
prova, allontanandoli ancora di più e alla fine riunendoli in un
nuovo inizio che fa sperare in un futuro di pace, per il loro amore
e per il mondo.
L’Attimo di
Vento (qui il
link alla pagina Facebok ufficiale) è un cortometraggio scritto
e diretto da Nicola Sorcinelli, un prodotto
atipico sotto più punti di vista: non solo un corto (quasi 7
minuti), formato cinematografico da noi molto usato in ambito
amatoriale e non adatto alla filiera commerciale, ma anche un
musical in costume (ambientato negli anni ’40) in cui sentimenti,
paure ed emozioni passano prima di tutto attraverso la musica.
Sorcinelli mette insieme un prodotto raffinato e
preciso, curato in ogni dettaglio, con una qualità di ripresa e di
immagine (effetti digitali compresi) che fa invidia a molti
prodotti italiani realizzati per cinema e televisione.
L’Attimo di
Vento sceglie di raccontare un amore per impressioni,
attimi e ricordi, senza seguire un vero e proprio filo narrativo in
senso stretto e affidando agli sguardi e ai volti antichi dei bravi
interpreti, Noemi Smorra e Oscar
Nini, i messaggi che l’amore e la guerra hanno da
lasciarci. Unica pecca del film, che in caso di un musical rischia
di essere importante, è la musica: ben eseguita e interpretata, ma
ridondante e che forse si sarebbe espressa meglio sulla “lunga
distanza”.
Per le capacità del giovane talento
di SorcinelliL’Attimo di
Vento è un esercizio molto ben riuscito, un lavoro
ambizioso e articolato che speriamo possa tramutarsi presto in un
progetto più corposo.
Parte decisamente male l’avventura
del western Jane Got A Gun: la regista
Lynne Ramsay ha lasciato il set nella prima
giornata di riprese, in quello che a quanto pare è l’abbandono
definitivo del progetto.
La decisione di rinunciare sarebbe maturata alla fine dello
scorso fine settimana, durante il quale si sarebbe consumata
un’insanabile frattura tra la regista e il resto della produzione.
La scelta di Ramsay mette ovviamente nei guai la produzione,
costretta a sospendere improvvisamente il progetto e a cercare in
fretta e furia un nuovo regista.
Interpretato da Natalie
Portman (che partecipa al progetto anche in veste di
produttrice), Jude Law e Joel
Edgerton, Jane’s Got a Gun sembra decisamente nato sotto
una cattiva stella: il film ha subito già un rinvio, che ha
costretto Michael Fassbender a rinunciarvi (a
causa del suo impegno con il nuovo film degli X-Men), sostituito da
Edgerton, il quale faceva già parte del progetto nel ruolo del
cattivo, il quale è stato poi affidato a Jude Law.
L’accaduto ha fatto naturalmente
andare su tutte le furie il produttore Scott
Steindorff, che si è detto shockato per il fatto che
qualcuno possa decidere di abbandonare un progetto cui 150 persone
hanno dedicato tempo, energia, impegno e professionalità e che
adesso si trova privo di un regista. Steindorff ha comunque
affermato che l’arrivo di un nuovo regista è imminente.
Jane Got a Gun vede
protagonista una donna (Portman) che ingaggia il suo ex amante
(Edgerton) per proteggere il proprio marito, dai componenti della
sua ex banda, intenzionati a farlo fuori.
Vera e propria icona televisiva
degli anni Settanta e Ottanta, l’attrice Lynda
Carter mantiene ancora oggi tutto il fascino e il carisma
che l’hanno sempre contraddistinta. Pur essendo rimasta molto
legata al personaggio di Wonder Woman, che l’ha resa celebre, negli anni
si è destreggiata con successo tra attività diverse, dalla
recitazione alla musica e fino al doppiaggio.
Ecco 10 cose che non sai di Lynda Carter.
Lynda Carter: i suoi film e le serie TV
1. È celebre per alcune
serie TV. Tra le prime attività come attrice della Carter
si ricordano alcune serie televisive come Nakia (1974),
Matt Helm (1975) e, naturalmente, Wonder Woman,
dove ha recitato nei panni della supereroina dal 1975 al 1979.
Negli anni è poi apparsa anche in Starsky & Hutch
(1976), L’ultimo dei Mohicani (1994-1995) e nei
film Bambini in vendita (1981), Rita Hayworth: The
Love Goddess (1983), Modella per un giorno (1991),
La mia migliore amica (1996) e e Ricominciare ad
amare (1998). Negli ultimi anni ha invece recitato nelle serie
Law & Order – Unità vittime speciali (2005), Law &
Order – I due volti della giustizia (2005) e
Smallville (2007). Dal 2016 al 2018 è invece stata Olivia
Marsdin nella serie Supergirl, con Melissa
Benoist.
2. Ha recitato anche in
alcuni film. Il debutto sul grande schermo è avvenuto per
la Carter nel 1976 con il film Il mondo violento di Bobbie Jo
ragazza di provincia. In seguito ha recitato per il cinema
soltanto nel 1993 con Frammenti di verità e poi di nuovo
nel 2001 con Super Troopers, con Brian Cox. Ha
poi recitato in Sky High – Scuola di superpoteri (2005),
con Danielle Panabaker e
Kurt Russell,
Hazzard (2005), The Creature of the Sunny Side Up
Trailer Park (2006) e Tattered Angel (2007). Torna al
cinema nel 2017 con Super Troopers 2, mentre nel 2020 ha
un cameo in Wonder Woman 1984, con
Gal Gadot.
3. È anche
doppiatrice. A partire dal nuovo millennio la Carter si è
cimentata anche come doppiatrice, dando voce al personaggio di
Azura nei videogiochi The Elder Scrolls III: Morrowind
(2002), Elder Scrolls III: Bloodmoon (2003), The Elder
Scrolls IV: Oblivion (2006), The Elder Scrolls V:
Skyrim (2011) e Elder Scrolls Online (2014). Nel 2015
ha invece partecipato al doppiaggio del videogioco Fallout 4.
Lynda Carter è Wonder Woman
4. Wonder Woman è il ruolo
che le ha cambiato la vita. Prima di ottenere la parte di
Wonder Woman nell’omonima serie televisiva degli anni Settanta, la
Carter non aveva molte esperienze recitative. Fino a quel momento
si era infatti alternata tra gli studi, la carriera da cantante e
quella da modella. Si trovava però in una situazione economica
piuttosto difficile, con appena 25 dollari rimasti nel suo conto
bancario. Quando seppe di aver ottenuto il ruolo della supereroina,
battendo oltre duemila attrici considerate per la parte, la Carter
seppe che da quel momento la sua vita poteva davvero cambiare in
meglio.
5. Il colore dei suoi occhi
è leggermente diverso da quello visto nella serie. Uno dei
tratti caratteristici della Wonder Women della serie televisiva
sono i suoi straordinari occhi blu, estremamente attraenti. La
Carter, che realmente possiede gli occhi di color blu, ha in realtà
rivelato di come questi assumano la tonalità maggiormente evidente
visibile nella serie grazie ad un filtro utilizzato durante le
riprese, che esaltava i toni del blu.
6. Ha ideato lo stratagemma
per la trasformazione del personaggio. Nei fumetti di
Wonder Woman questa passa dalla personalità anonima di Diana Prince
a quella della supereroina semplicemente uscendo e rientrando in
scena con indosso il costume. Per la serie, tuttavia, i produttori
cercavano qualcosa di nuovo e originale, ma non riuscivano a
trovare una giusta soluzione visiva. Fu proprio la Carter a
suggerire che il personaggio avrebbe potuto trasformarsi
semplicemente eseguendo una piroetta. La cosa venne approvata e il
resto è storia.
Lynda Carter: oggi
7. Continua a recitare e
cantare. Nonostante il suo periodo di massima popolarità
sia stato tra gli anni Settanta e Ottanta, la Carter continua
ancora oggi a recitare e cantare, le sue attività preferite. In
particolare, negli ultimi anni ha pubblicato alcuni album divenuti
dei buoni successi e diverse sue canzoni sono state utilizzate nel
videogioco Fallout4, saga per la quale ha
lavorato come doppiatrice. Di recente, inoltre, ha ottenuto il
ruolo di Asteria in Wonder Woman 1984, comparendo in un
cameo dopo i titoli di coda. Riprenderà tale ruolo, in modo più
esteso, anche in Wonder Woman 3.
Lynda Carter, il marito e i figli
James e Jessica Altman
8. Ha sposato un procuratore
legale. Dopo un primo matrimonio avuto dal 1977 al 1982
con il suo agente Ron Samuels, l’attrice ha
sposato nel 1984 il procuratore legale Robert A.
Altman, con il quale ha poi avuto due figli:
James, nato nel 1988, e Jessica,
nata nel 1990, la quale è ora una cantautrice. Dopo 37 anni di
matrimonio, nel febbraio del 2021 il marito di lei è venuto a
mancare a causa di un raro tumore del sangue. La Carter ha
raccontato di sentirsi particolarmente smarita in seguito alla
scomparsa dell’amato. Il 29 ottobre 2021 l’attrice ha pubblicato
una nuova canzone, Human and Divine, dedicata all’amore
della sua vita.
Lynda Carter: Miss Mondo 1972
9. È arrivata alle
semifinali di Miss Mondo. Dopo aver inizialmente
intrapreso una carriera musicale, la Carter nel 1972 decide di
tornare in Arizona e partecipare al concorso “Miss Stati Uniti nel
mondo”. Dotata di una straordinaria e prorompente bellezza
naturale, finisce con l’aggiudicarsi il primo premio e ciò le
consente di concorrere come rappresentante del suo paese per il
concorso Miss Mondo. Qui riesce ad arrivare alle seminifinali,
ottenendo ampie lodi e una popolarità tale che le apre le porte nel
mondo della recitazione.
Lynda Carter: età e altezza dell’attrice
10. Lynda Carter è nata il
24 luglio del 1951 a Phoenix, Arizona, Stati Uniti.
L’attrice è alta complessivamente 1.80 metri.
“A James Cameron –
fermati di stroncare WW: sei un’anima povera. Forse non
capisci il personaggio. Io certamente lo comprendo. Come
tutte le donne – siamo più che la somma delle nostre parti. I
tuoi giudizi su una brillante regista, Patty Jenkins, sono dei mal
consigliati. Questo film ha fatto centro. Gal Gadot era
fantastico. Quindi, signor Cameron – ho incarnato questo
personaggio da più di 40 anni. Quindi –
smettila”.
Che dire forse James Cameron farà meglio ad
accettare il consiglio.
Vi ricordiamo che Wonder
Woman ha incassato 819,5 milioni dollari in tutto il
mondo. Il sequel, che sarà diretto nuovamente
da Patty Jenkins vedrò nuovamente nei
panni di Diana PrinceGal Gadot. Il film
sarà ambientato nell’Era moderna.
Wonder Woman 2è in fase di
sviluppo per una data di uscita prevista per il 13 dicembre
2019.
Popolare attrice spagnola,
Lydia Bosch ha negli anni conquistato sempre più
fama, tanto nel proprio paese natale quanto a livello
internazionale. In Italia, ad esempio, è nota per alcune note serie
televisive. Il titolo che più le ha conferito fama, tuttavia, è
quello di Un medico in famiglia, la versione originale da
cui fu poi tratta l’omonima e celebre trasposizione italiana.
Ecco 10 cose che non sai su
Lydia Bosch.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Lidya Bosch: i suoi film e le
serie TV
10. Ha recitato in noti
film spagnoli per il cinema. L’attrice debutta sul grande
schermo nel 1986, con la pellicola El disputado voto del señor
Cayo. Successivamente, recita in titoli come
Jarrapellejos (1988), La luna negra (1989),
Adeus Princesa (1992), Una casa en las afueras
(1995), Al limite (1997), con Bud
Spencer, e You’re the one (una historia de
entonces) (2000), con il quale si consacra. Tornerà poi al
cinema soltano nel 2013, con il film La hermandad.
9. È nota per i suoi ruoli
televisivi. All’inizio della sua carriera l’attrice recita
in alcuni titoli televisivi come le serie Un, dos, tres…
responda otra vez (1984-1992), El olivar de Atocha
(1989), El obispo leproso (1990), Lleno, por
favor (1993) e ¿Quién dá la vez? (1995). Il vero
successo arriva però grazie Médico de familia, dove dal
1995 al 1999 recita nel ruolo di Alicia Soller. A partire dal nuovo
millennio intensifica la propria presenza in televisione recitando
nella serie Motivos personales (2005), Gran Hotel
(2013), Los misterios de Laura (2014), Senza
identità (2014-2015), e Le verità
nascoste (2018).
8. Ha ricevuto
un’importante nomination. Con il film You’re the one
(una historia de entonces), drammatica storia d’amore al temo
del regime fascista in Spagna, l’attrice ha ottenuto alcuni dei
maggiori riconoscimenti della sua carriera. Tra questi vi è la
nomination come miglior attrice protagonista al prestigioso premio
Goya, considerato l’equivalente spagnolo del premio Oscar. Pur non
riportando la vittoria, la Bosch ha avuto modo di affermarsi
ulteriormente all’interno dell’industria.
Lidya Bosch è su Instagram
7. Ha un account
personale. L’attrice è presente sul social network
Instagram con un profilo verificato seguito da oltre 230 mila
persone. All’interno di questo la Bosch è solita condividere
immagini relative a suoi momenti di svago, in compagnia di amici o
colleghi. Non mancano poi anche foto di curiosità a lei legate,
come anche di serate di gala o eventi a cui ha preso parte
6. Utilizza il social per
promuovere il proprio lavoro. Tramite il proprio profilo,
inoltre, l’attrice condivide con i propri follower immagini
promozionali dei suoi progetti da interprete. Sono presenti anche
interviste da lei rilasciate e foto di backstage tratte dai set a
cui ha preso parte. Numerose sono anche le immagini realizzati per
riviste dedicate al mondo dello spettacolo.
Parte delle cose che non sai
sull’attrice
Lidya Bosch: chi è suo marito
5. È stata sposata con un
attore. Nel corso degli anni l’attrice ha sempre cercato
di evitare la diffusione di dettagli relativi alla propria vita
sentimentale. È tuttavia noto che nel 1992 diede alla luce la prima
figlia, avuta con l’attore spagnolo Miguel Molina, con la quale si
frequentava in quel periodo. I due si sposano poi ufficialmente nel
1994, divorziando tuttavia soltanto due anni dopo, nel 1996,
citando differenze inconciliabili.
4. Si è sposata una seconda
volta. Nel 2001 l’attrice si è sposata per una seconda
volta con l’architetto Alberto Martín, con il quale si frequentava
già precedentemente. Nel 2003 la coppia diede alla luce due
gemelli, e per loro la Bosch decise di prendersi una pausa di due
anni dal mondo della recitazione. Nel 2009, l’attrice ha poi dato
vita ad una turbolenta separazione dal marito, culminata nel
divorzio ufficializzato nel 2010.
Lidya Bosch: chi è il suo partner
attuale
3. È molto
riservata. Dal momento del suo secondo divorzio ad oggi,
l’attrice ha ulteriormente diradato le notizie sulla propria vita
privata. Il suo impegno è infatti quello di tenere nettamente
separati lavoro e famiglia, cercando così di crescere i tre figli
lontani dai riflettori della mondanità. Attualmente, perciò, non è
possibile stabilire se la Bosch abbia o meno una nuova relazione, e
i suoi profili social non sembrano suggerire nulla a riguardo.
Lidya Bosch in Le verità
nascoste
2. È la protagonista della
serie. Nel 2018 l’attrice recita nel ruolo di Lidia
McMahón in Le verità nascoste. All’interno della serie, il
suo personaggio è la madre di Paula, ragazza scomparsa in strane
circostanza e ricomparsa dopo anni ormai adolescente. Intorno a
tale mistero si svolgeranno una serie di indagini, che porteranno
la stessa Lidia ad essere una delle principali accusate della
scomparsa della figlia.
Lidya Bosch: età e altezza
1. Lydia Bosch è nata a
Barcellona, in Spagna, il 26 novembre 1963. L’attrice è
alta complessivamente 165 centimetri.
Ogni opera di Gaspar
Noè è un’opera provocatoria, allucinogena, che esplora
nuove forme di narrazione e grammatica del cinema. Con
Lux Æterna, presentato come
proiezione di mezzanotte al Festival di
Cannes 2019, il regista conferma il suo continuo
sperimentalismo, stavolta concentrandosi su una forma più breve,
quella del mediometraggio. Con la sua durata di 50 minuti, il nuovo
progetto del regista argentino si svela con un mockumentary che è
anche saggio sull’arte della regia, della creazione di opere
d’arte.
Protagoniste indiscusse sono
Charlotte Gainsbourg e Béatrice
Dalle. Le osserviamo da prima, in split screen, parlare di
streghe, sesso, registi e produttori, vecchi ricordi dai set dei
loro film. La conversazione, del tutto spontanea, viene poi
interrotta dalla chiamata delle due sul set. Ed è qui che ha inizio
l’incubo infernale diLux
Æterna. Dal set ha inizio un costante pedinamento
delle due, sempre con la formula dello schermo spezzato a metà, con
riprese oggettive e infirst person shot,
quest’ultime a tentare di catturare le due attrici nella loro
intimità. Una volta che il set è pronto può aver inizio il
definitivo declino nella follia, con le luci color rosso, blu,
verde, ad abbagliare ogni cosa.
È un’ode al cinema in puro
stile Noè quella diLux Æterna,
al cui interno vengono richiamati i grandi nomi della settima arte,
da Dreyer a Fassbinder e fino a Godard. Noè si affida alle loro
parole per ritrarre gli autori cinematografici come esseri
imprescindibili, paragonabili a dei che con le loro opere innalzano
la natura dell’uomo.
La forza di questo
mediometraggio è certamente che l’argomento trattato è affrontato
alla maniera di Noè, con i suoi deliri visivi e sonori, che rendono
attraente un qualcosa che in altre forme avrebbe potuto finire per
non esserlo poi molto. Anche Noè rischia in alcuni momenti di
cadere perdendo di vista il discorso, ma è nel momento in cui si
concentra sul lavoro sul set che carica le sue immagini di una
particolare attrattiva. Ciò che vediamo qui accadere è la sua idea
di lavoro di gruppo, un luogo caotico dove è facile perdere il
senno. Un luogo dove il “director” può all’occorrenza trasformarsi
in “dictator”, secondo quanto riporta la citazione a
Fassbinder.
Un luogo infernale, fatto di
oscurità e luci al neon, di corridoi claustrofobici e personaggi
inquieti. Eppure dal caos nasce l’arte, nasce il cinema, a cui Noè
augura lunga vita. Basta arrivare al climax del finale per rimanere
abbagliati, letteralmente, dalla luce. Luce che se catturata a
dover può generare la vita attraverso la tanto amata settima
arte.
Si è spento,
all’età di 59 anni per un attacco di cuore, Andrew
Lesnie il direttore della fotografia della trilogia de
Il Signore degli Anelli e premio Oscar
nel 2002 proprio per la fotografia de La Compagnia
Dell’Anello.
Lesnie è stato uno storico
collaboratore di Peter Jackson, e tra i suoi
contributi più celebri, a parte quello alla trilogia tolkieniana,
ricordiamo Babe Maialino Coraggioso
(1995), King Kong (2005),
HappyFeet (2006),
Io SonoLeggenda (2007),
AmabiliResti (2009),
L’Ultimo Dominatore dell’Aria (2010) e
L’Alba del Pianeta delle Scimmie (2011).
Ultima sua fotografia è stata quella di TheWaterDiviner, esordio alla
regia di Russell Crowe.
Il cinema
italiano piange l’attore romano Angelo Bernabucci,
morto all’età di 70 anni nella capitale, dopo un lungo ricovero
presso l’ospedale Fatebenefratelli. Aveva conosciuto la celebrità
interpretando il macellaio Walter Finocchiaro
nella commedia di Carlo Verdone Compagni di
Scuola.
Dopo l’esordio con
Verdone del 1988, recitò in altri film molto
popolari, come Fratelli d’Italia di
Neri Parenti, Vacanze di
natale di Oldoni e il
Conte Max di Christian De
Sica.
Bernabucci, classe
1944, era un attore verace, con una teatralità innata, e a
dimostrarlo c’è un aneddoto che racconta di quando Carlo
Verdone scoprì il suo talento cinematografico mentre
conversava con un meccanico in un bar di Trastevere.
La triste notizia della sua morte è
stata diffusa anche sul web, e in particolar modo sul social
network Twitter, dove uno dei primi tweet è stato
inviato dal critico Marco Giusti.
Noi, vogliamo ricordarlo così, con
quella comicità genuina che lo contraddistingueva.
E’ scomparso a soli 36
anni il figlio di Sylvester Stallone e la prima moglie Sasha, Sage,
a causa di un’ overdose di farmaci. La polizia che sta procedendo
alle analisi non
Netflixha rilasciato il trailer
ufficiale di Luther:
Verso l’inferno, l’imminente film sequel
del thriller poliziesco britannico di successo della
BBC. Il video presenta John Luther di Idris Elba mentre scappa di prigione per dare
la caccia al famigerato serial killer interpretato da
Andy Serkis, che ha terrorizzato Londra. Il film
debutterà in UK in sale selezionate il 24 febbraio, a cui seguirà
il suo debutto in streaming il 10 marzo a livello
globale.
In Luther:
Verso l’inferno, epica continuazione della
premiata saga televisiva reimmaginata per il cinema, un cruento
serial killer terrorizza Londra mentre il brillante detective
caduto in disgrazia John Luther (Idris
Elba) si trova dietro le sbarre. Tormentato per non
essere riuscito a catturare l’efferato cyberpsicopatico che ora lo
perseguita, Luther decide di evadere di prigione per portare a
termine il lavoro con ogni mezzo necessario. Nel film recitano
anche Cynthia Erivo,
Andy Serkis e Dermot Crowley, che torna nel ruolo di Martin
Schenk.
Dai un’occhiata al trailer in lingua originale di
Luther: The Fallen Sun qui sotto:
Luther: verso
l’inferno è la
versione cinematografica della fortunata
serie dal semplice titolo di Luther
prodotta dalla BBC, andata in onda dal 2010 al 2019, e che in
Italia è stata prima distribuita su Fox Crime e poi su
Netflix.
Il lungometraggio uscirà a sua
volta su Netflix dal 10 marzo ed è diretto Jamie
Payne, che aveva già curato la regia della quinta e ultima
stagione. Mentre la sceneggiatura è di Neil Cross, ideatore dello
stesso personaggio dell’ispettore capo detective che dà il nome
alla storia, incarnato dall’attore Idris Elba. Nel corso della trasmissione delle
cinque fortunate stagioni, l’interesse del pubblico nei confronti
delle stesse è cresciuto esponenzialmente e, durante questi anni,
le candidature e le vittorie ai più disparati premi si sono
sprecate. Dal 2012
Idris Elba ha vinto un Golden Globe, il Screen Actors
Guild Award e il Critics’ Choice Television Award, e per Neil Cross
nel 2011 c’era stato l’Edgar Award come miglior sceneggiatura per
il primo episodio della prima stagione.
Era dunque naturale che le lugubri
indagini dell’ispettore capo conducessero all’idea di farne un
film. Ed è così che lo scrittore ha iniziato a rilasciare
dichiarazioni ufficiali di qualche accenno sulla trama finché, dal
sodalizio con il regista Jamie Payne, già dal 2019 sono nate le
prime conferme definitive sul progetto, anche e soprattutto da
parte del suo protagonista (e produttore insieme a Cross)
Idris Elba.
La specifica della direzione
Verso l’nferno indicata dal titolo (che in inglese è
The Fallen Sun) è in senso chiaramente metaforico, ma che
abbraccia sia la psiche che le azioni, e non solo del criminale che
il detective dovrà catturare stavolta.
La discesa agli inferi di Idris Elba ne Luther:
verso l’inferno
Tra le peculiarità di Luther,
spicca sicuramente un intuito raro, che coglie la reale essenza
degli indagati anche soltanto a guardarli attentamente negli occhi.
E, in tal senso, lo sguardo magnetico e sempre semichiuso di Elba è
sfruttato alla grande. Ma il rovescio della medaglia del suo innato
fiuto verso i veri cattivi, è un altrettanto rischiosa attrazione
che loro esercitano su di lui attraverso quel lato oscuro. Luther è
il capo dell’unità anticrimine della polizia londinese che si
occupa, per l’appunto, di omicidi gravi e seriali, e i suoi metodi
sono tutto fuorché fedelmente aderenti ai protocolli di
comportamento. Ma il problema non sarebbe certo quello, se non
fosse che ad essere a briglia sciolta non sia solamente l’istinto
indagatore di Luther, ma anche quello distruttivo.
Neil Cross racconta che per la
creazione del personaggio si è ispirato – neanche a dirlo – a
Sherlock Holmes e a Colombo di Richard Levinson e
William Link. L’uno per l’acume nel cogliere dettagli di cui
nessuno mai si accorge, l’altro per la sua tipica struttura
narrativa conosciuta anche come “howcatchem”, nella quale
l’assassino si vede subito e lo scopo della successione dei fatti è
la scoperta di come verrà catturato.
La discesa agli inferi (o la caduta
del sole, per dirla nella versione inglese del titolo) è quindi la
strada che il detective dovrà intraprendere fino alle fondamenta di
sé, le sue paure, le ombre, attraversando tutto quello che aveva
lasciato incompiuto o che aveva sfiorato con superficialità. E di
nuovo lo compirà seguendo le orme di un altro feroce e inumano
assassino (Andy
Serkis).
Il film lascia col fiato sospeso e,
anche quando lo si riprende, viene comunque seccato dalla brutalità
dalle scene descritte da Neil Cross. Luther: verso
l’inferno dà tutto quello che ci si aspetta, ed è
sicuramente grazie alle performance di
Idris Elba e, in particolar modo, di Andy Serkis se acquisisce del carattere in
più, se, cioè, la violenza viene spiegata dall’ampiezza delle
sfumature dei disturbi psichiatrici raccontati. È ben impostata la
costruzione estetica delle immagini, così come la velocità e il
ritmo della storia. Sarebbe solo stata più importante la cura della
motivazione di alcune scene d’azione che, se fossero state sbrigate
con minor frettolosità, avrebbero dato più corpo alla personalità
del film. Luther: verso l’inferno subisce un po’ il
retaggio della puntata da cinquanta minuti, ma dà comunque quella
giusta dose di angosciante intrattenimento, senza aggiungere nulla
di particolare alla serie che lo ha preceduto.
Le riprese del tanto atteso
film su Luther, basato sulla serie della BBC
con protagonista Idris Elba, inizieranno a settembre. La serie
britannica, creata da Neil Cross, è stata presentata per la prima
volta nel 2010 ed ha avuto grande successo nel corso delle sue
cinque stagioni. Luther segue Elba nei panni dell’ispettore capo
detective della Serious Crime Unit delle forze di polizia del Regno
Unito, che mette la sua vita personale a rischio per il suo
lavoro.
In un’intervista con
Variety, Elba ha rivelato che l’adattamento
cinematografico di Luther entrerà in fase di produzione effettiva a
settembre. Elba, che è anche un produttore esecutivo del film, ha
espresso la sua eccitazione. I fan della serie adorano sia le trame
intelligenti che l’oscurità, un’oscurità a cui il personaggio di
Idris Elba cerca di soccombere. L’attore ha
ricevuto un premio dalla Royal Television Society e due Golden
Globe per il suo lavoro come detective John Luther.
Sebbene molti siano entusiasti per
il film, la serie è stata presa di mira per avere un protagonista
nero senza che questo rappresentasse una raffigurazione della sua
cultura e della sua eredità. Il film è attualmente una produzione
congiunta tra 20th Century Fox, BBC e Chernin Entertainment
Production. Tra i produttori esecutivi ci sono anche Peter Chernin,
Julie Gardner, Katherine Pope e Jane Tranter — Tranter e Gardner
dirigono anche la società di produzione, Bad Wolf.
Possiamo immaginare che il film,
oltre a riproporre le atmosfere della serie, possa in qualche modo
dare più visibilità alla cultura black del suo protagonista.
Cresce l’attesa per il debutto
di Luther 4, il quarto inedito ciclo
di episodi dello show di successo con protagonista Idris
Elba. Ebbene oggi la BBC ha diffuso le foto
promozionali.
[nggallery id=2210]
Luther è una serie
televisiva britannica, di genere drammatico e poliziesco, in onda
su BBC One dal 2010 al 2013. In Italia la serie ha debuttato in
prima visione a pagamento il 6 gennaio 2011 su Fox Crime, e in
chiaro il 24 maggio 2014 su Rai 2.
John Luther è un ispettore della
omicidi di Londra di grande talento, la cui mente brillante non
sempre riesce a proteggerlo dalla forza delle sue passioni.
Si è chiuso con un’incredibile
successo la serie televisiva Luther con
protagonista l’attore Idris Elba, ma per tutti i
fan oggi arriva una splendida notizia, perché la
BBC ha annunciato il suo ritorno in una mini
stagione evento.
Dunque nel 2015 vedremo il ritorno
di Luther con una nuova quarta stagione
ambientata come sempre a Londra e Idris Elba
nuovamente nelle vesti di protagonista.
Ecco le parole del
CEO Cross della BBC:
“Da quando abbiamo salutato
John Luther al Southwark Bridge, non c’è stato un momento in cui
non mi sia chiesto cos’è successo dopo”, spiega Cross in un
comunicato. “Quindi mi sono deciso a scoprirlo. Riuniremo la
squadra; Luther tornerà dove dovrebbe essere. A BBC. A Londra. Al
lavoro”.
Luther è una serie
televisiva britannica, di genere drammatico e poliziesco, in onda
su BBC One dal 2010 al 2013. In Italia la serie ha debuttato in
prima visione a pagamento il 6 gennaio 2011 su Fox Crime, e in
chiaro il 24 maggio 2014 su Rai 2. John Luther è un ispettore della
omicidi di Londra di grande talento, la cui mente brillante non
sempre riesce a proteggerlo dalla forza delle sue passioni.
Tra le tante voci che si susseguono
in questi ultimi frementi giorni che ci separano dalla visione di
Star
Wars il Risveglio della Forza, alcune sono
veramente assurde, tanto da aver attirato l’attenzione di
JJ Abrams.
Il regista del film parlando con
Page Six ha confessato che
tra tutti i rumors assurdi che circolano quello sul taglio del
ruolo di Lupita Nyong’o dal film è l’unico che lui
tiene a smentire: “L’unica cosa più ridicola di Jar Jar Binks
Lord Sith è che ho tagliato la parte di Lupita Nyong’o perché non
sono stato soddisfatto dalla sua performance. In realtà, non sono
stato soddisfatto semplicemente. È stata spettacolare. Ha portato
in vita il personaggio di Maz Kanata nel modo più bello, saggio,
toccante, profondo e divertente possibile. Lupita non ha mai
provato a ammaliarmi. Abbiamo provato diversi approcci e alla fine
abbiamo abbiamo trovato ciò di cui aveva bisogno il film. Ha
elevato tutte le scene in cui ha recitato, le sarò per sempre
grato, e non vedo l’ora che le persone vedano la sua incredibile
performance”.
Star Wars Il Risveglio della
Forzauscirà
sul grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include il
ritorno di Harrison
Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, Anthony
Daniels, Peter Mayhew e Kenny
Baker
con le nuove aggiunte John
Boyega, Daisy
Ridley, Adam
Driver, Oscar
Isaac, Andy
Serkis, Domhnall
Gleeson, Lupita
Nyong’o, Gwendoline
Christiee Max
von Sydow.