L’ottavo odioso film di
Quentin Tarantino arriverà nelle sale italiane il
prossimo 4 febbraio, in più di 600 copie, e il regista, felice come
non mai, ha presentato questo suo nuovo progetto a Roma, in
compagnia di Ennio Morricone, suo compositore del
cuore, che ha realizzato una colonna sonora pazzesca per il film, e
di Kurt Russell e Michael
Madsen, due degli otto protagonisti del film. Un ottavo
film, nuovo, per molti aspetti, ma già visto per molti altri, in
quella particolare e rassicurante maniera che solo Tarantino riesce
a fare, quando prende un genere, lo impasta a un altro, e lo
trasforma, raccontando più storie in una, più generi in uno,
perché, come lui stesso ha affermato “non riuscirò mai a fare
tutti i film che vorrei, così ne faccio cinque in uno”.
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Un ballerino trai generi che
conferma anche in questo caso la sua abilità: “Tendo a giocare
con i generi, ma c’è anche un aspetto diverso… Mi faccio
trasportare dalla storia. Come amante dei film e del cinema tendo a
rispondere bene quando mi trovo davanti a un filma cavallo tra
generi diversi. E se riesco a farlo anche io è positivo per lo
spettatore che ha speso bene i soldi del biglietto, perché con un
solo biglietto può vedere più film diversi. Credo di avere il
talento di giocare con i generi. Per quanto riguarda la metodologia
della scrittura – ha continuato, rispondendo alla domanda in
merito al suo processo creativo quando scrive una storia e una
sceneggiatura – a volte pianifico, altre volte mi lascio
trascinare. A volte a sceneggiatura finita mi rendo conto che ci
sono cose su cui non avevo riflettuto. Ero consapevole che volevo
scrivere un western e anche un giallo da camera, alla Agatha
Christie, solo alla fine del film mi sono reso conto che avrei
fatto anche un horror.”
Sempre in merito ai generi, il
regista ha risposto con una interessante curiosità a chi gli ha
detto che il suo film più che a un dramma da camera sembra ispirato
a La Cosa di Carpenter.
“C’è una somiglianza con lo scenario, c’è la neve,
indubbiamente, ma in entrambi i casi c’è la paranoia, l’idea di non
potersi fidare di nessuno – ha spiegato Quentin – Anche
qui ci sono personaggi che sono intrappolati in una stanza e non
possono fidarsi l’uno dell’altro. Ho sempre pensato a questo film
come un Le iene alla western, e pensando che mentre facevo Le iene
mi sono pesantemente rifatto a La Cosa di Carpenter, è divertente,
perché alla fine c’è davvero una simbiosi tra i tre film, e questo
potrebbe essere come La Cosa come se fosse un western.”
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Come ogni autore a cui sono cari i
temi narrativi che ogni volta va a scandagliare, anche Tarantino
gioca con gli elementi della narrazione, e anche in questo caso,
oltre a tonnellate di sangue e violenza, ci regala la
mistificazione dell’identità, quel momento in cui ognuno finge di
essere chi non è e nessuno dice la verità sul proprio conto:
“Succede sempre che i sia qualcuno che non è chi deve essere. È
una cosa molto vera, in tutti i miei film c’è chi pretende di
essere altro, si maschera, che poi ci riesca o meno dipende dal
fatto se vive o muore. Non so perché inserisco sempre questo
elemento, ma mi piace molto come aspetto drammatico e i miei attori
sono molto bravi quindi mi piace metterli alla prova. È una cosa
che fa capolino in tutti gli scenari che realizzo. Ad esempio però
in Bastardi senza gloria, Shosanna Dreyfus (Melanie Laurent, ndr) è
un’ottima attrice, eppure muore, e lo stesso vale per Bridget Von
Hammersmark (Diane Kruger, ndr). Aldo Raine (Brad
Pitt, ndr) invece è un pessimo attore, può essere solo se
stesso, eppure alla fine sopravvive.”
Che Tarantino sia un grande amante
dei personaggi femminili non è un segreto, dalla Sposa a Jackie
Brown, le sue donne sono sempre state oggetto e soggetto
privilegiato delle sue storie. La sua Daisy Domergue
(Jennifer Lason Leigh, nominata all’Oscar per il
ruolo) è invece principalmente oggetto: battuta, insultata e
picchiata dal suo carceriere, John – il boia – Ruth (Kurt
Russell, ndr). Perché tanto accanimento su una donna, in
un momento in cui Hollywood e il mondo intero sembra non parlare
d’altro che di parità trai sessi? La risposta è delle più sincere e
femministe possibili: “Nella storia la prigioniera è sempre
stata una donna. Se avessi scelto di mettere un uomo ciccione al
posto di Daisy però non sarebbe cambiato nulla nella storia, perché
non è un personaggio sessualizzato. Il fatto che ci sia tanto
accanimento dipende dall’atteggiamento del boia che, come
cacciatore di taglie, mira a portare i suoi personaggi vivi alla
forca, allora li terrorizza e li picchia per evitare che scappino e
si ribellino, e non cambia metodo per una donna.” Se non è
femminismo l’esatta parità di trattamento tra uomo e donna non
sappiamo davvero cosa sia! Ma Tarantino ha anche un’altra risposta:
“Mi piaceva inserire una donna in questa situazione perché mi
piace il modo in cui una donna complica le cose, complica le
emozioni e soprattutto la vostra visione del film.”
Il film, girato nel formato
panoramico dei “gloriosi 70 mm” restituisce anche il sapore del
vecchio cinema, dei paesaggi estesi e delle atmosfere western nel
senso più filologico del termine, almeno nella prima parte del
film. Ma la lotta tra la pellicola e il digitale, che Tarantino e
altri registi sostengono con forza, a favore della prima, può dirsi
una specie di lotta come quella che ci fu tra indiani e cowboy?
“Spero che la pellicola faccia
meglio degli indiani. Ma hanno combattuto per molto e gliele hanno
fatte vedere di tutti i colori.”
Per quello che invece riguarda la
riflessione politica che in questo film sembra essere molto
presente, soprattutto nel linguaggio e nella tensione che si
instaura trai personaggi, Tarantino ha spiegato: “Non so se è
un film politico. Credo che Django e Bastardi più politici per gli
argomenti che raccontavano, ma la verità è che potrebbe esserlo
diventato dopo. Non ho pensato che potesse esserlo quando ho
cominciato a scrivere ‘Una diligenza si fa strada nella neve alta
mentre arriva una tempesta…’, ma quando i personaggi hanno
cominciato a parlare ho pensato che forse le parti potessero
rispecchiare lo stato delle società americana di adesso. Ma quello
era solo la sceneggiatura, poi facendo il film, girando, ci siamo
resi conto che quello che succedeva ogni giorno, poteva essere
davvero rilevante. Apprendevamo delle cose dalle news, e poi ne
parlavamo sul set. A volte sei fortunato, e credo sia questo il
caso.”
Ovviamente anche Tarantino ha detto
la sua sulla polemica Oscar So White, lui che con
l’Academy ha un rapporto d’amore e d’odio e che per questo film,
per quello che riguarda lui in prima persona (sceneggiatura e
regia), non è stato preso in considerazione. “Mi sarebbe
piaciuto che Samuel L. Jackson fosse stato nominato, secondo me la
meritava. Magari non posso dirlo in maniera oggettiva, ma lo penso.
Per quanto riguarda il boicottaggio, io non sono stato nominato ma
se lo fossi stato nominato ci sarei andato.”