Stravagante, vitale, gioioso ma
allo stesso tempo torbido, mortifero e violento. Parliamo del
cinema di Pedro Almodóvar, ma anche di Pedro
stesso, cantore per eccellenza della donna sul grande schermo che
oggi compie gli anni (Calzada de Calatrava, 24 settembre 1951).
Il cinema di Almodóvar può essere
diviso in due epoche diverse, chiaramente delineate da
Tutto su Mia Madre, ad oggi forse il suo
capolavoro e che gli è valso il Premio Oscar (il suo primo, seguito
poi da quello alla sceneggiatura originale per Parla
con lei) per il miglior film straniero. Ha un mondo
suo, una sua casa di produzione e tante muse (maschie e femmine),
che popolano il suo cinema con ritratti di donne sempre diverse e
magnifiche.
Sono Carmen Maura, Marisa
Paredes, Penélope Cruz, Cecilia Roth, Victoria Abril, Antonio
Banderas, Rossy De Palma, Chus Lampreave e Javier
Bardem gli attori e le attrici che con lui ci regalano un
mondo talvolta violento, altre volte sgargiante di vita e colori,
ma sempre mosso dalla vitalità più profonda dell’essere umano.
Orlando Jonathan Blanchard
Bloom è, sì, una superstar, ma per arrivarci ne ha superate di
ogni in questi 37 anni. A parte che lo hanno chiamano Orlando, e
sicuramente all’inizio deve essergli suonato parecchio strano, a
lui che è inglese doc (nato a Canterbury). Ma vogliamo parlare
della potenziale obbro… em, abbreviazione in “Orly”?
Ok, passiamo ai guai veri, quando a
scuola il ragazzo capisce di faticare più degli altri a causa della
dislessia, ma non per questo perde le speranze, anzi: comincia a
coltivare il sogno della recitazione. Trasferitosi a Londra, entra
al National Youth Theatre e poi alla British American Drama
Academy. Qualche ruoletto in tv e nel ‘97 ecco il debutto al cinema
con una particina nel biopic Wilde. Proprio quando la
carriera sembra carburare, Orlando ne combina una grossa: cade dal
3° piano mentre tenta di arrivare (a modo suo) a una terrazza sul
tetto, e si rompe la schiena (per la cronaca, nel suo CV ci sono
pure una frattura al braccio sinistro, una al polso destro,
fratture ad entrambe le gambe e varie contusioni craniche, a quanto
pare per colpa di rugby, sci, snowboard e motocicletta in ordine
sparso).
Comunque, la prospettiva della
paralisi viene miracolosamente scongiurata e il giovanotto se la
cava con 2 placche metalliche e 6 bulloni nella schiena, più la
riabilitazione. E si riprende alla grande, visto che il ruolo che
lo riporta in pista è quello dell’elfo Legolas nella
trilogia de Il signore degli anelli. Nei mesi
trascorsi in Nuova Zelanda per le riprese, Orlando si allena
duramente a suon di tiro con l’arco, scherma ed equitazione, così
da vestire al meglio i panni del suo eroico personaggio, veloce e
leggero come ogni creatura del Bosco Atro che si rispetti. Il
trittico di Peter Jackson è un successone e Mr Bloom è
ufficialmente un divo, con tanto di pole-position nella lista di
People degli scapoli più sexy di Hollywood del 2004. Idolo
delle teenager di mezzo mondo (facciamo anche 3/4), Orlando è
perfetto per interpretare Will Turner ne I pirati dei
Caraibi: La maledizione della prima luna è
però solo il primo film di una lunga (quanto ancora?) serie, e
Orlando abbandona la nave Ai confini del mondo (il
capitolo 3), anche perché nel frattempo ha altro a cui
dedicarsi.
È infatti tra i protagonisti di due
colossal semi-storici: Troy, in cui presta il volto a
Paride, e Le Crociate, dove torna a combattere per
Ridley Scott, con cui ha già lavorato in
Black Hawk Down nel 2001. Orlando non è solo un tipo
da blockbuster – come dimostrano il western Ned
Kelly, l’indie The Calcium Kid e la commedia
agrodolce Elizabethtown – però c’è da dire che non ci
mette molto a tornare alle megaproduzioni, così nel 2011 lo
troviamo nell’(in)evitabile revisione de I tre
moschettieri by Paul W.S.Anderson (è il
perfido Duca di Buckingham), e ora è di nuovo lì che scocca frecce
nella Terra di Mezzo insieme all’allegra brigata de Lo
Hobbit – La desolazione di Smaug (sempre da
J.R.R. Tolkien). Le orecchie a punta di Legolas lo aspettano
anche nell’epilogo della trilogia, atteso per il prossimo Natale,
ma intanto Orly si diletta col teatro (è Romeo in un allestimento
contemporaneo di Broadway) e col figlio, nato nel 2011 dalla
relazione con la top Miranda Kerr, sua compagna dal 2007
(dopo la rottura con l’attrice Kate Bosworth) e moglie dal
2010. Ex dallo scorso ottobre.
Ma ora basta tergiversare: è tempo
di festeggiare. Non siamo certi di come si facciano gli auguri in
elfico, perciò puntiamo su un classico: HAPPY BIRTHDAY ORLANDO!
Olivia Jane Cockburn, meglio nota
come Olivia Wilde, cambia il cognome al liceo (scegliendo
quello del celebre Oscar di letteraria memoria) per onorare la
famiglia di giornalisti e scrittori. A casa sua sono tutti tipi da
penna & calamaio, coi genitori che animano i salotti dell’alta
società di Washington, ospitando nei loro party tanto diplomatici,
quanto politici, quanto Mick Jagger. La piccola Olivia,
però, vuole fare l’attrice da quando ha 2 anni e alla fine ci
riesce.
Comincia dalla TV, dove fra il 2004
e il 2005 prende parte a una dozzina di episodi della serie
TheO.C., anche se originariamente ha
fatto il provino per la protagonista Marissa Cooper (ruolo andato a
Mischa Barton). Il 2007, invece, è la volta del Dr.
House, in cui il suo personaggio, la bisessuale Remy Hadley
(soprannominata “Tredici”), è una new entry nello staff dello
scorbutico Gregory, e resterà al suo fianco fino al 2011, quando
Olivia deciderà di lasciare la TV per dedicarsi al cinema a tempo
pieno (salvo tornare per i due episodi finali dello show nel 2012).
E una puntatina sul grande schermo la signorina l’ha già fatta con
una manciata di pellicole (fra cui l’inquietante Alpha
Dog di Nick Cassavetes e l’horror
Turistas), ma resterà sempre debitrice di
House per la fama acquisita: quel tanto che basta per farle
conquistare le copertine dei magazine internazionali (nel 2009
Maxim la elegge la più sexy, mentre l’anno successivo è la
PETA ad assegnarle lo scettro, alquanto singolare, di più
sexy fra le vegetariane) e scalare le posizioni nei titoli di testa
dei film. Nel 2010, infatti, la fanciulla si aggiudica il ruolo di
Quorra in Tron Legacy, seguito da The Next
Three Days di Paul Haggis; mentre nel 2011 tocca a
due film più o meno fantascientifici, ovvero Cowboys &
Aliens e In Time, cui si aggiungono nel 2012
il drammatico The Words e la commedia Una
famiglia all’improvviso. Più recentemente l’abbiamo vista
recitare per Ron Howard in Rush, al fianco
dello statuario Chris Hemworth, e fra pochi giorni sarà sui
nostri schermi con l’acclamato Her di Spike
Jonze. E se la vita lavorativa le ha riservato belle sorprese,
anche il privato non scherza! Sposatasi in segreto in un pulmino
scolastico abbandonato ad appena 19 anni (era il 2003) col suo
innamorato dell’epoca – il filmmaker/musicista italiano Tao
Ruspoli (della famiglia che possiede l’omonimo Palazzo) – la
signorina torna single nel 2011, quando col maritino decidono di
divorziare. Tempismo perfetto, perché Miss Wilde a fine anno
comincia a frequentare il collega Jason Sudeikis, con cui si
fidanza ufficialmente nel gennaio 2013. La coppia al momento è in
dolce attesa di un bel maschietto (che dovrebbe arrivare questo
maggio), ma la maternità non intralcerà certo la carriera della
Wilde, visto che soltanto nei prossimi mesi sono almeno 3 i film in
uscita che la vedono coinvolta.
Intanto noi la coinvolgiamo nei
festeggiamenti: 30 anni sono un traguardo importante, no? Lo
spumante lo dobbiamo per forza accantonare, ma in compenso alla
ragazza spettano almeno due fette di torta. HAPPY BIRTHDAY
OLIVIA!
Ogni appassionato di cinema spera un
giorno di vedere un film che riunisca nel suo cast i propri attori
del cuore. Per i fan di Johnny Depp e Leonardo DiCaprio, due dei più
acclamati interpreti della loro generazione, ciò è avvenuto nel
1993 con il film Buon compleanno Mr.
Grape. Il film è diretto da Lasse
Hallström, noto anche per Le regole della casa del
sidro e Chocolat,
particolarmente abile nel dar vita a racconti famigliari complessi,
dove i sentimenti dei personaggi sono la base di partenza tanto per
i conflitti quanto per gli eventi che li vedranno protagonisti.
In questo caso, però, la storia è
basata sull’omonimo romanzo del 1991 di Peter
Hedges, scrittore che ha qui debuttato come sceneggiatore
e si è poi negli anni distinto anche come regista con i film
L’amore secondo Dan e Ben is Back. Alternando
il dramma a momenti più leggeri, il film è un appassionato racconto
di una famiglia problematica, che trova però nei sentimenti che
uniscono i suoi membri la forza di andare avanti e superare ogni
ostacolo. Acclamato dalla critica, Buon compleanno Mr.
Grape è stato uno dei film più apprzzati del suo anno,
vantando ancora oggi un forte fascino.
Del film, in particolare, rimangono
memorabili proprio le scene che vedono Depp e DiCaprio condividere
lo schermo, dimostrando la bravura dei due attori all’epoca già
tanto apprezzati. Se Depp era già noto per altri titoli, per
DiCaprio questo lungometraggio rappresentò invece un vero e proprio
momento di svolta. Prima di intraprendere una visione del film,
però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali
curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà
infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla
trama, al cast di attori e ad
altre curiosità. Infine, si elencheranno anche le principali
piattaforme streaming contenenti il film nel
proprio catalogo.
Buon compleanno Mr. Grape: la trama
del film
Protagonista del film è
Gilbert Grape, il quale in seguito alla morte del
padre si è trovato a doversi fare carico della sua problematica
famiglia. Questa è composta dalla madre Bonnie,
una donna trascurata e obesa che trascorre tutto il suo tempo sul
divano, il fratello Arnie, affetto da autismo, e
dalle sorelle Amy e Ellen. La
vita per Gilbert è tutt’altro che semplice, specialmente per via
dei numerosi guai in cui si caccia Arnie, ai quali deve sempre
porre rimedio. La famiglia, inoltre, si sta preparato proprio al
diciottesimo compleanno del ragazzo, un’età che si credeva non
avrebbe potuto raggiungere.
I preparativi vengono però sconvolti
dall’arrivo in città di Becky, una giovane lì
soltanto di passaggio ma che conquista subito il cuore di Gilbert.
Con lei il ragazzo inizia a sognare una vita diversa, lontana dai
suoi problemi quotidiani. L’ennesimo guaio di Arnie, però, non farà
che peggiorare la situazione, portando sempre più Gilbert a
trovarsi ad un bivio su ciò che è giusto fare. Ben presto per lui
non sarà più possibile rimandare una decisione, e dovrà stabilire
se inseguire i propri sogni o rimanere a prendersi cura della sua
famiglia.
Buon compleanno Mr. Grape: il cast
del film
Come anticipato, ad interpretare
Gilbert Grape vi è l’attore Johnny Depp,
scelto dal regista per la sua capacità di esprimere le emozioni dei
suoi personaggi semplicemente attraverso le proprie espressioni del
viso. Nel ruolo di suo fratello Arnie vi è invece Leonardo
DiCaprio, il quale raccontò di aver svolto numerose
ricerche per interpretare il problematico personaggio. L’attore,
infatti, spese diverso tempo in un istituto per ragazzi affetti da
autismo, al fine di comprendere meglio il loro comportamento e dar
vita ad un’interpretazione realistica. Alla premier del film,
infatti, in molti rimasero sorpresi nello scoprire che egli non era
realmente affetto da autismo. Recentemente, ricordando il film,
Depp ha affermato di essere stato spesso troppo brusco nei
confronti di DiCaprio, ribadendo invece tutto il suo rispetto per
il collega.
Nel ruolo della madre Bonnie,
invece, vi è Darlene Cates, qui al suo debutto
cinematografico. Il personaggio da lei interpretato, inoltre,
presenta diverse similitudini con quella che è stata la sua vita
personale. Prima di prendere parte a questo film, infatti, la Cates
non era uscita di casa per circa cinque anni, proprio come Bonnie,
e le due condividono inoltre molti problemi fisici. Fu scelta per
la parte dopo essere stata vista come spettatrice in un programma
TV. Nel ruolo delle sorelle Amy e Ellen vi sono invece
Laura Harrington e Mary Kate
Shellhardt. L’attrice Juliette Lewis
recita nei panni di Becky, scelta dal regista dopo averla vista nel
film Cape Fear. Completano il cast Mary
Steenburgen nei panni di Betty Carver, John C. Reilly
in quelli di Tucker Van Dyke e Crispin Glover come
Bobby McBurney.
Buon compleanno Mr. Grape: i premi,
le candidature, il trailer e dove vedere il film in streaming e in
TV
Buon compleanno Mr. Grape
fu molto apprezzato dalla critica e divenne uno dei principali
protagonisti della stagione dei premi di quell’anno. In
particolare, però, tutte le attenzioni si concentrarono
sull’interpretazione di DiCaprio, il quale ricevette i maggiori
onori. Per la sua performance, infatti, egli ottenne una nomination
come miglior attore non protagonista alla New York Film Critics
Circle Award, ai Golden Globe e ai premi Oscar. Quella è stata la
sua prima nomination all’ambito premio, divenendo anche uno dei più
giovani candidati di sempre. DiCaprio ha invece poi vinto sempre in
tale categoria alla National Board of Review Award e come miglior
performance rivelazione al Chicago Film Critics Association
Award.
È possibile fruire di
Buon compleanno Mr. Grape grazie alla sua
presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming
presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi
di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play e Amazon Prime Video. Per vederlo, una
volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il
singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così
modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità
video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di
lunedì 8 novembre alle ore 21:215
sul canale Cielo.
Un po’ modella, un po’ regina dei
calendari sexy, un po’ testimonial, un po’ attrice. Adesso anche un
po’ separata: dopo ben 14 anni, il suo matrimonio con Vincent
Cassel sembra giunto al capolinea.
Sicuramente, anche da neo-single,
Madame Bellucci non avrà grossi problemi di liquidità, con
un curriculum che vanta Dolce&Gabbana, Cartier e
Dior fra le griffe che l’hanno voluta come volto simbolo per
le loro campagne. Ne ha fatta di strada la ragazza di provincia (di
Perugia) che ha iniziato come modella per pagarsi gli studi di
giurisprudenza, ma ha finito per dedicarsi anima e corpo
(soprattutto corpo) alla passerella. Ecco quindi il calendario
Pirelli, e quelli di Max e GQ. Avrebbe anche
potuto fermarsi lì, ma il cinema (purtroppo) è un’attrazione
irresistibile per le top e, se già agli esordi ti capita di
lavorare con Coppola (in Dracula di Bram
Stoker, 1992), poi è difficile rinunciare. Certo, magari
potresti evitare Vanzina, ma i gusti son gusti.
Poco male: Monica (o Monicà, come
dicono i suoi concittadini a Paris) si rifa con l’arrivo del
Duemila, quando Malèna (di Tornatore) la
lancia a livello internazionale, per poi catapultarla nella realtà
virtuale di Matrix Reloaded e Matrix
Revolutions. Non aggiungeremo altro, a parte che la
Bellucci lavora anche con Terry Gilliam, Antoine
Fuqua e Mel Gibson, che ne La Passione di
Cristo le offre il ruolo abituale da ‘femme fatale’, ma ne
rivela le doti drammatiche praticamente insospettate. La sua Maria
Maddalena è molto convincente ed emozionante, anche se bisogna
ammettere che parla poco, e quel poco lo dice in aramaico, il che
aiuta… Noi ora aiutiamo lei a spegnere le sue (insospettabili) 49
candeline. BON ANNIVERSAIRE, MONICÀ!
Mischa Anne Barton o, se
preferite, Marissa Cooper di O.C., dieci anni fa era
la ragazza che tutti volevano, quella che monopolizzava le
copertine dei teen-magazine di mezzo mondo e che scalava le
classifiche delle star più sexy & promettenti del nuovo millennio.
Poi, nella terza stagione della celebre serie, ecco che il suo
personaggio muore in un incidente d’auto, e chi s’è visto s’è
visto.
Questa giovane attrice
anglo-irlandese (naturalizzata americana) nasce nel 1986 a Londra,
ma a 6 anni si trasferisce a New York, diplomandosi alla
Professional Children’s School di Manhattan nel 2004. Tuttavia, è
da quasi un decennio che recita: inizia col teatro ad appena 9
anni, quando ottiene il ruolo di protagonista in
Slays!. Nella pièce è una bambina russa contaminata
dalle radiazioni che scappa dalla guerra, ed è subito
“rivelazione”. La signorina appare in altri lavori teatrali, per
poi debuttare al cinema un paio d’anni dopo nel film Lawn
Dogs, al fianco di Sam Rockwell: anche in questo
caso gli apprezzamenti si sprecano e la ragazza sembra ormai
lanciata nella giusta direzione. Un po’ di gavetta in film di
successo come Il sesto senso e Nottingh
Hill (1999), più qualche ruolo minore in teen-movies tipo
L’altra metà dell’amore e Tart, ed è
fatta. Il 2003 è l’anno della consacrazione definitiva con
The O.C., dove Mischa interpreta una dei quattro
personaggi principali.
La sua Marissa è un’adolescente
ricca e viziata con un’infinità di problemi personali e un debole
per la vita spericolata. E per il nuovo arrivato, Ryan Atwood
(Benjamin McKenzie), bulletto tutto muscoli & cipiglio. Lo
show è un trionfo e il futuro di Miss Barton sembra assicurato… ma
poi quell’incidente fatale della terza stagione arresta gli ascolti
e la serie naufraga, per essere chiusa dalla Fox alla fine
del quarto capitolo. Mischa, dal canto suo, continua a darsi da
fare, fra video musicali (con James Blunt ed Enrique
Iglesias) e pellicole importanti, vedi Closing the
Ring di Attenborough (2007). Il regista rimane
talmente impressionato dalla performance della fanciulla da
incoraggiarla a seguire il seminario su Shakespeare niente
meno che alla Royal Academy of Dramatic Art nella sua città natale.
Forse non c’era bisogno di scomodare il Bardo per poi apparire in
titoli come St. Trinians e Decameron
Pie, ma come si dice: impara l’arte e mettila da parte.
Ecco, lei l’ha messa proprio in fondo in fondo e ha cominciato a
dedicarsi alla moda, creando collezioni di accessori, abiti, e via
dicendo. Per non parlare delle infinite collaborazioni in veste di
testimonial per grandi marchi (leggi, fra gli altri, Calvin
Klein e Chanel). Al cinema, quindi, l’abbiamo
vista sempre meno, e di recente pare essersi specializzata in film
horror, come testimoniano gli ultimi titoli del suo CV:
Homecoming, 1303, I Will Follow
You into the Dark. Anche nella vita privata la Barton deve
aver avuto qualche momento horror, come quando, ancora minorenne,
l’hanno fermata per guida senza patente e in stato di ebbrezza; o
quando si è vista rinchiudere in un centro psichiatrico in seguito
ad un misunderstanding con delle infermiere. Vai a sapere…
Quello che sappiamo di certo è che
sarà meglio evitare lo spumante. La torta, invece, gliela
concediamo: è pur sempre il suo compleanno. HAPPY BIRTHDAY
MISCHA!
Ha la faccia giusto per incutere
timore e nella recente storia televisiva ci ha fatto spaventare
abbastanza, interpretando Merle Dixon in The Walking Dead.
Michael Rooker oggi festaggia i 59 anni e lo fa
con una carriera alle spalle di tutto rispetto, durante la quale ha
fatto da spalla a tantissimi volti più noti del cinema e che
proprio grazie a The Walking Dead è arrivato
all’attenzione di un pubblico vastissimo, che l’ha temuto, odiato e
infine (SPOILER) amato.
Perchè chi ha quella mascella, quel
sorriso sghembo, è destinato a metterci un po’ di paura sullo
schermo, anche se poi nella vita reale è un vero burlone. Ma
Michael ha abbracciato il suo destino di brutto, sporco e cattivo e
si è dedicato ad una serie di caratteri in actione thriller
dove, immancabilmente, fa la parte del villain: serial killer in
Henry – Pioggia di sangue, cattivo in
Mississippi Burning, contro
Steven Seagal in Nico,
oddirittura rivale di Tom
Cruise in Giorni di
Tuono.
Insomma, sembra proprio che i ruoli
da buono non gli piacciano, o che sia lui a non piacere ai buoni.
Fatto sta che Michael Rooker continua la sua
carriera di piccoli ruoli anche accanto a Sylvester
Stallone e Arnold Schwarzenegger, oltre a
partecipare a un breve ciclo di episodi in Chuck. Nel 2010
e nel 2013, come detto è Merle, fratello maggiore e ‘elemento
instabile’ della banda di Rick, che si trova, alla fine della terza
stagione, a fare i conti con il bene comune e soprattutto con la
sua coscienza. Anche in questo breve e significativo momento di
bontà, Rooker fa egregiamente il suo dovere.
Forse non tutti sanno che l’attore sarà a breve catapultato nel
mondo dei cinecomics. Sarà infatto Yondu in
Guardians of the Galaxy, personaggio
fondamentale per la crescita di uno degli (anti)eroi protagonisti,
Star Lord.In attesa di vederlo dipinto di blu, noi gli facciamo gli
auguri! Buon Compleanno Michael Rooker!
Un nome che tradisce le origini
tedesche (il signorino nasce a Heidelberg da padre teutonico),
colori che tradiscono le origini irlandesi (la mamma è una
discendente del celebre Michael Collins), e un corpo che in
molte vorrebbero tradisse la fidanzata – dopo due colleghe di set,
la carica è attualmente ricoperta da Madalina Ghenea,
attricella (= attrice/modella) conosciuta all’ultimo Festival di
Toronto.
Sì, perché Michael
Fassbender ha debuttato al cinema solo nel 2007, ma in una
manciata di anni è diventato un sex-symbol internazionale, oltre ad
essere uno degli attori più richiesti/apprezzati/premiati della sua
generazione. La determinazione paga: il ragazzo, infatti, capisce
di voler recitare sul serio quando al liceo comincia ad avvicinarsi
al teatro e così, invece di iscriversi all’università, si
trasferisce a Londra per frequentare il Drama Centre London.
Comincia poi a fare tournée con la sua compagnia e si fa notare
all’Edinburgh Festival Fringe del 2006 con una pièce in cui
interpreta proprio il lontano congiunto Michael Collins.
Ma non si tratta dell’unica
coincidenza della sua vita: con il suo gruppo Michael porta in
scena, nella triplice veste di produttore/regista/attore, una
versione teatrale del cult Le Iene di
Tarantino, e sarà Quentin in persona a sceglierlo per il
ruolo del britannico Archie Hicox in Bastardi senza
gloria (2009), film che gli darà grande visibilità
preparandogli il terreno per l’esplosione di Shame.
Ma procediamo per gradi. La prima tappa importante nella carriera
di Fassbender è la serie TV Band of Brothers, targata
HBO-BBC e prodotta dal duo Spielberg/Hanks,
mentre per vederlo sul grande schermo bisogna aspettare il 2007,
quando il giovanotto sfodera addominali e polmoni d’acciaio in quel
di Spartaaaa insieme ai 300 di Zack
Snyder. Magari la storia è stata un pochino ritoccata, è vero,
ma il pubblico è elastico e apprezza ugualmente (tanto che è appena
uscito in sala il “midquel” L’alba di un impero,
ovvero una sorta di sequel che però narra vicende riconducibili al
primo film e rimaste per così dire ‘fuori campo’).
Se gli è andata bene coi greci,
perché non passare ai romani e tentare un altro colpaccio al
botteghino? Ecco quindi Centurion, pellicola che
fantastica sulle ultime gesta della Nona legione prima della sua
misteriosa scomparsa nel II secolo d.C., e che sarebbe del tutto
trascurabile… non fosse per l’apertura con Michael che corre a
perdifiato e (soprattutto) a torso nudo. Siamo al 2010 e il nostro
eroe è pronto ad accantonare i ruoli fisici per dimostrare di che
pasta è fatto. A onor del vero, ha già manifestato il suo talento
con Hunger (2008), esordio del regista Steve
McQueen che lo vede nei panni dell’attivista nordirlandese
Bobby Sands, realmente esistito e morto in prigione nel 1981
durante uno sciopero della fame. Per la parte Fassbender perde ben
18 chili, con una dieta shock di sole 600 calorie al giorno… e va
da sé che la performance gli fa guadagnare un meritatissimo
British Independent Film Award come migliore attore. Squadra
che vince non si cambia: il 2011 è, dunque, la volta del già citato
Shame, il film che lancia definitivamente Michael, facendo
di lui una star mondiale, grazie anche alla Coppa Volpi intascata
alla Mostra di Venezia per la sua interpretazione da brividi
(tralasciando i commenti sulle sue virtù più nascoste, qui il
ragazzo è davvero un mostro di bravura).
Comunque il 2011 è l’anno d’oro di
Michael, protagonista assoluto della stagione cinematografica: è
infatti il Rochester di Jane Eyre e il Magneto
di X-Men: L’inizio (ovvero, Ian McKellen
versione young, ruolo che riprenderà a breve nel sequel/prequel
Giorni di un futuro passato); picchia duro in
Knockout – Resa dei conti di Soderbergh e se
la batte con Freud in A Dangerous Method di
Cronenberg (lui è lo psichiatra Jung). Ormai il suo
nome è una garanzia e i registi si mettono in fila per
scritturarlo: Ridley Scott lo assolda per lo sci-fi
Prometheus (2012) ed è talmente soddisfatto di lui
che lo vuole anche in The Counselor – Il procuratore
(2013). Non c’è due senza tre? Per Steve McQueen di sicuro, visto
che lo chiama a collaborare di nuovo nel ruolo del perfido Edwin
Epps in 12 anni schiavo. Segue trionfo. Scommettiamo
che anche il suo Macbeth cinematografico (al fianco
di Marion Cotillard) sarà un successone, e se è vero che
Shakespeare non è per tutti, ci penserà l’adattamento del videogame
Assassin’s Creed (uscita prevista nel 2015) ad
accontentare il pubblico da multiplex.
Adesso speriamo che lui si
accontenti del nostro coro di auguri, perché con questa crisi il
regalo non ce lo potevamo proprio permettere. HAPPY BIRTHDAY
MICHAEL!
Se sei stata a lungo in terapia ma
poi ti ritrovi a inseguire conigli e a bere tè con degli
psicopatici, forse la cura non ha funzionato granché. O forse ti
chiami Mia Wasikowska (cognome impronunciabile ereditato
dalla mamma polacca) e hai recitato nella serie In
Treatment, per poi finire nel Paese delle Meraviglie con
Tim Burton.
La suddetta australiana con un
passato da ballerina – se di passato si può parlare, ad appena
24 anni – non ci ha messo molto a farsi notare e, piroettando di
set in set, ha macinato un film dietro l’altro, attraversando
generi e personaggi con la disinvoltura di una professionista
navigata. Dopo l’incursione nel mondo strampalato di Burton, Mia
torna alla realtà con I ragazzi stanno bene, per poi
rituffarsi nella letteratura, quale nuova incarnazione di
Jane Eyre (col neodivo Fassbender).
E non scordiamoci della mirabile
performance in L’amore che resta (teen d’autore dello
specialista Van Sant), seguita da un’altra boutade in
costume in Albert Nobbs, dove sostituisce last minute
l’altrettanto bionda Amanda Seyfried. Il tutto in meno di 2
anni. Se ultimamente abbiamo visto Miss Wasikowska in versione dark
(nel look e non solo) al servizio del famigerato Park
Chan-wook (Stoker), chissà cosa ha in serbo per
noi insieme a quel pazzo di Cronenberg! Ma la ragazza non ha
ancora appeso il corsetto al chiodo, quindi prepariamoci a vederla
presto anche nei panni fedifraghi di Madame Bovary:
magari non saranno firmati Miu Miu (di cui è stata
testimonial), ma, tra una trina e un merletto, la fanciulla troverà
certo un posticino per la sua macchinetta digitale (come su Jane
Eyre), perché la fotografia è una passione irrinunciabile.
L’altra passione al momento è il
collega Jesse Eisenberg (più anziano di 6 anni), conosciuto
sul set di The Double. Se son rose fioriranno. Se son
candeline, invece, si spegneranno. HAPPY BIRTHDAY, MIA!
Mamma ballerina, papà doppiatore (è la voce francese di
Ned Flanders dei Simpson), nonni materni
editori di poster di film. L’arte – soprattutto quella
cinematografica – ce l’ha nel sangue, Mélanie Laurent; e
alle sue origini è legato anche il ruolo che le cambierà la
carriera, quello di Shoshanna Dreyfus in Bastardi senza
gloria. Come lei, anche Mélanie è ebrea e c’è di più: suo
nonno è un vero sopravvissuto delle deportazioni naziste.
Fortunatamente la ragazza nasce in
tempi più felici, esattamente nel 1983 a Parigi, e, malgrado
respiri arte sin dal primo vagito, arriva al cinema solo da
adolescente, quando nel 1998 va con l’amica del cuore sul set di
Asterix & Obleix contro Cesare a vedere il padre di
lei recitare. Un signore di nome Gérard Depardieu la nota
subito e le chiede se per caso non voglia provare a fare l’attrice.
La risposta di Mélanie è uno scanzonato “Perché no?”, e il gioco è
fatto. Prima Gérard le dà qualche consiglio da veterano, ovvero non
studiare recitazione (è già dotata quanto basta), non imparare le
battute troppo in anticipo e non sentirsi mai ridicoli quando si
interpreta un ruolo. A questo punto la fanciulla è pronta per il
debutto in Un pont entre deux rives di
Auburtin, coprodotto da Depardieu, appunto.
Non scordiamoci che Mélanie va
ancora a scuola ma, una volta presa la maturità classica, può
dedicarsi al cinema full time, e sembra prenderlo molto sul serio
perché, fra il 1999 e il 2009, appare più o meno in una ventina di
film. Tra i tanti titoli, nel 2005 attira l’attenzione con
Tutti i battiti del mio cuore di Jacques
Audiard, e l’anno successivo si aggiudica il ruolo da
protagonista in Je vais bien, ne t’en fais pas di
Philippe Lioret, che le fa guadagnare numerosi
riconoscimenti, primo fra tutti il Premio César per la miglior
promessa femminile. Durante le riprese del film, mademoiselle
Laurent incontra anche quello che sarà il suo compagno per quattro
annetti buoni, Julien Boisselier (salvo poi troncare nel
2009, e sposarsi nel 2012 con un giovanotto dall’identità ignota,
che nel 2013 le regalerà il suo primo bebé, Léo). La svolta vera
arriva nel 2009 col già citato Bastardi senza gloria: Mr
Quentin Tarantino, infatti, la sceglie come protagonista
femminile in un cast di maschioni rudi e pronti a tutto. Anche la
sua Shoshanna, comunque, non scherza e l’intensa interpretazione di
Mélanie – un mix di dolce fragilità e invincibile forza d’animo –
lascia senza fiato.
Nello stesso anno la ragazza mette
a segno un altro colpaccio, Il concerto di
Radu Mihăileanu, e le lodi vanno da sé. Nel frattempo, però,
è riuscita anche a sperimentare la regia con un paio di
cortometraggi, De moins en moins, selezionato a
Cannes 2008, e l’erotico À ses pieds. Avrebbe dovuto
debuttare come regista anche a teatro e al cinema, ma poi si è
messo di mezzo Tarantino col suo filmetto e lei ha dovuto
rimandare. Il 2010 è la volta di Vento di primavera e
Beginners; il 2011 è l’anno del Festival di Cannes, che la sceglie come
madrina, ma anche di Dior, che la vuole per la campagna del
profumo Hypnotic Poison, e di Damien Rice, che
collabora alla realizzazione del primo disco di Mélanie, En
t’attendant (e quando la ospita a casa sua in Irlanda, non
la inizia solo alla musica, ma pure al compostaggio domestico e al
cibo organico). Recentemente abbiamo visto la Laurent in
Treno di notte per Lisbona e nell’hollywoodiano
Now You See Me – I maghi del crimine, ma non finisce
certo qui.
Bellezza e grazia concentrate in
appena 157 centimetri (si sa, nelle botti piccole c’è il vino
buono) e un talento pronto a esplodere in ogni ruolo. Questa è
M.lle Laurent. E ha solo 31 anni. BON ANNIVERSAIRE MÉLANIE!
Mel Com-Cille Gerard Gibson
si chiama così perché è di origine irlandese, e sia il primo che il
secondo nome sono un omaggio a dei santi di quelle parti. Lui santo
lo è un po’ meno.
Sesto di 10 figli (+ 1 adottato),
deve aver provato a gareggiare coi genitori, visto che a sua volta
ne ha sfornati 8. O meglio, è la moglie che ha partorito 7 degli 8
pargoli Gibson, e forse, a un certo punto, oltre che le acque le si
è rotto anche qualcos’altro, e i due si sono separati. 26 anni di
matrimonio & la folta prole significano alimenti luculliani: il
divorzio è tra i più costosi di Hollywood, con 400 milioni di
dollari di mantenimento. A questi si aggiungono i 750 mila versati
da Mel come risarcimento alla musicista russa con cui nel 2009 ha
avuto l’ottavo bebè. Sì, perché le donna alla fine lo ha mollato,
denunciandolo per maltrattamenti e minacce di morte. Oltre ad
essere abbandonato dalla sua agenzia, Gibson sarà costretto alla
libertà vigilata e alla riabilitazione. Una biografia da film
questa. Chissà, magari un giorno Mel deciderà di dirigere un biopic
sulla sua vita: ormai è un regista navigato, e comunque saprebbe
come ritrarre al meglio il protagonista. Sicuramente comincerebbe
dal diploma in arte drammatica a Sidney, cui seguono particine in
TV e, dopo appena due anni, il ruolo della svolta. Nel ‘79 Mel
viene scelto per interpretare “Mad” Max Rockatansky in
Interceptor, che ottiene un successo tale da generare
ben due sequel, e ispirare il cult d’animazione Ken il
guerriero (per la cronaca, pare che abbia ottenuto la parte
grazie al look un po’ malandato procuratogli da una rissa pochi
giorni prima del provino).
Comunque, la fama assoluta arriva
nell’87 con Arma letale, destinato ad essere solo il
primo di 4 film dedicati al poliziotto borderline Martin Riggs.
Dopo il rodaggio da action man, negli anni Novanta Gibson vira su
altri personaggi, più complessi e drammatici – primo fra tutti
l’Amleto di Zeffirelli – e si cimenta anche
con la regia. La prima prova dietro la macchina da presa è
L’uomo senza volto (1993), di cui è anche
protagonista, ma il colpaccio lo fa due anni dopo con
Braveheart (che fa rima con Oscar). Se è vero che i
progetti successivi tendono a somigliarsi per genere (Ransom
– Il riscatto, Ipotesi di complotto,
Payback), con l’arrivo del Duemila Mr Gibson fa
di tutto un po’: il film d’autore (The Million Dollar
Hotel), il drammone storico (Il patriota), la
rom-com (What Women Want), il war movie (We
Were Soldiers), il thriller sci-fi (Signs).
Per non parlare delle due regie colossali: La Passione di
Cristo nel 2004 – opera controversa per il tema e la
crudezza delle immagini, ma di enorme successo – e
Apocalypto nel 2006. Poi Mel si ritira dalle scene
per qualche anno, per riapparire di recente in ruoli inediti come
il Mr Beaver dell’amica Jodie Foster, o gli
action esagerati alla Machete Kills e The
Expendables 3 (di prossima uscita).
In caso non ci aveste mai pensato,
l’anagramma di Mel Gibson è “limbs’n’ego”(“membra ed ego”) e, in
caso non lo sapeste, è un fervente cattolico e un
ultra-conservatore, ma col vizietto della bottiglia… quindi insieme
alla torta gli offriamo un bel bicchiere di gazzosa. HAPPY BIRTHDAY
MEL!
Ok, sarà anche una bomba sexy
certificata, ma se vogliamo essere pignoli le sue misure sono
86-55-81 (anche se ora, a suon di ritocchini, forse dobbiamo
calcolare pure la circonferenza zigomi), per 163 cm di altezza.
Insomma, Megan Denise Fox non è poi così perfetta…
Però è piuttosto carina, bisogna ammetterlo.
E deve esserlo già da piccola, se è
contornata prevalentemente da amici maschi, cosa che non piace
affatto alle sue compagne: l’invidia è una brutta bestia e pare che
la poveretta subisca atti di bullismo e sia costretta a mangiare
chiusa nel bagno della scuola. Fortunatamente, però, l’aspetto
fisico le porta presto anche qualche soddisfazione, non nella forma
di fidanzati (perché la famiglia è molto rigida al riguardo), ma
lavorativamente parlando, visto che, appena tredicenne, Megan
comincia a vincere svariati premi da modella. Ma “oltre alle gambe
c’è di più”, cantava Sabrina Salerno, e non
dimentichiamoci che la ragazzina balla e recita da quando ha 5
anni, così nel 2001 finisce che si avvicina alla tv con qualche
ruoletto, per poi debuttare sul grande schermo nel 2004 in
Quanto è difficile essere teenager!
accanto a Lindsay Lohan. Il successo lo raggiunge
un po’ di tempo dopo col blockbuster
Transformers (2007) di Michael
Bay, in cui interpreta Mikaela Banes, l’amata di
Shia LaBeouf, e comparirà anche nel sequel
La vendetta del caduto, per il quale il
regista osa chiederle di ingrassare qualche chiletto (5, dicono)
perché la vede un po’ troppo smunta.
Tuttavia, la ritroviamo in piena
forma fisica nell’horror Jennifer’s Body,
in cui fa la parte di una cheerleader indemoniata (ma con un corpo
divino) che dà del filo da torcere all’angelica Amanda Seyfried. Peccato che la sua
performance non venga apprezzata a dovere e nel 2009 Megan si becca
una nomination ai famigerati Razzie Awards come peggiore attrice
dell’anno, complice anche l’interpretazione concomitante nel
secondo Transformers. Malgrado la candidatura ben poco
lusinghiera, i produttori del film per un attimo pensano di
riconfermarla anche per il terzo capitolo, non fosse che la
signorina qualche tempo prima ha rilasciato un’intervista in cui
accostava il regista Bay a un certo Hitler per il
modo in cui, secondo lei, gestiva il set (…o per quei 5 chili di
troppo?). L’osservazione è pesantuccia, da “persona non grata”
stile Lars Von Trier per intenderci, tanto che la
bella Megan alla fine viene rimpiazzata dalla modella inglese
Rosie Hungtington-Whiteley (la fidanzata di
Jason Statham, per intenderci).
La carriera di Miss Fox procede,
dunque, con Jonah Hex e con
un’apparizione nel video di Love the Way You
Lie di
Eminem/Rihanna, accanto a
Dominic Monaghan (alias lo hobbit Merriadoc alias
Charlie di Lost). Tra gli altri film del
suo CV, Friends with Kids (2011),
Questi sono i 40 (2012) e l’imminente
Tartarughe Ninja versione 2.0. Il cinema,
però, non è l’unica attività della fanciulla, impegnata anche a
farsi fotografare (possibilmente poco vestita) per le copertine dei
magazine di tutto il mondo, fino a monopolizzare la quasi totalità
dei siti e delle riviste per maschietti, al punto che nel 2009 gli
stessi media interessati decidono di boicottarla temporaneamente
per dare spazio anche ad altre donzelle. Valli a capire. Poi ci
sono le campagne pubblicitarie di Armani (le
collezioni Underwear – ma dai! – e
Jeans) e la promozione della fragranza
Insinct di Avon. E non
scordiamoci che Megan è anche una madre di famiglia: col marito
Brian Austin Green, l’indimenticabile David di
Beverly Hills 90210 (sposato nel 2010),
ha infatti prodotto due pargoli, Noè il primo (Noah, in inglese) e
Bodhi il secondo (chissà se in questo caso la scelta è stata
dettata da motivi spirituali o dall’ammirazione per l’omonimo
personaggio di Patrick Swayze in Point
Break).
Per festeggiare i suoi 28 anni, il
party glielo abbiamo organizzato a domicilio perché lei ha paura di
volare e l’unico rimedio pare sia cantare le canzoni di
Britney Spears (anche no). Però non abbiamo
invitato tanta gente perché la ragazza è una tipa poco socievole e
non vogliamo contrariarla. Togliamoci questo dente, va’. HAPPY
BIRTHDAY MEGAN!
Una che nel 1979 è stata la
reginetta del liceo non poteva che diventare “la fidanzatina
d’America”, anche se adesso, varcata la soglia dei 50, la fascia
della ‘sweetheart’ sarà andata a qualche collega più giovane.
Certo, Margareth Mary Emily Anne Hyra, alias Meg
Ryan, ha fatto di tutto (forse anche troppo) per cancellare i
segni del tempo: il bisturi, però, a volte non aiuta…
Ma guardiamo ai bei tempi che
furono, quando Meg è appena agli esordi e, dopo una lunga gavetta,
nell’89 fa il colpaccio con la commedia romantica
Harry ti presento Sally, diventata cult con la
celebre scena della tavola calda, che si fa davvero hot quando
Meg/Sally simula un superorgasmo davanti a Billy
Crystal/Harry. Il ruolo dell’innamorata le calza a pennello e
la regista del film, Nora Ephron, la riconferma come
protagonista in Insonnia d’amore (1993), successo
planetario che regalerà alla Ryan il titolo (in realtà, non troppo
lusinghiero) di fidanzatina federale. Per dimostrare di essere
un’attrice a tutto tondo, Meg fa l’alcolizzata nel drammatico
Amarsi, e la critica apprezza. Il richiamo della
rom-com però è fortissimo, ed ecco che la ritroviamo in pellicole
come French Kiss, Innamorati cronici,
C’è posta per te, Kate & Leopold,
Il bacio che aspettavo, sebbene accanto a questi
titoli ne compaiano anche di più tosti/drammatici, quali Il
coraggio della verità, City of Angels,
Rapimento e riscatto, In the Cut,
Against the Ropes. Purtroppo, però, il nuovo
millennio non vede brillare Meg come in passato e le sue
apparizioni diminuiscono sempre più, fino ad arrestarsi nel 2009,
anno dell’ultimo lavoro dell’attrice (almeno per ora). E il Duemila
vede anche la fine del suo matrimonio col collega Dennis
Quaid, naufragato nel 2001 dopo 10 anni, secondo i
maligni per via di un flirt da set fra la Ryan e Russel
Crowe.
Vai a sapere… Ma sappiamo per certo
che oggi Meg festeggia il compleanno, e la torta è già pronta.
HAPPY BIRTHDAY SWEETHEART!
Questo aitante texano ha bazzicato
le colleghe Sandra Bullock, Ashley Judd e Penélope
Cruz prima di accasarsi con la modella brasiliana Camila
Alves, sua moglie dal 2012 dopo un lungo fidanzamento e 3
pargoli. Pare gli piaccia suonare (e non solo) i bonghi di notte.
Nudo. O almeno così dicevano i suoi vicini qualche anno fa. Hai
capito Matthew McConaughey! (Si legge tipo “Meconehi”).
Nel 2005 People lo dichiara
il più sexy dell’anno, ma lui ci è abituato: al liceo è il più
bello dell’annuario scolastico, e il fisicaccio viene presto
corredato da una laurea. La carriera d’attore prende ufficialmente
il via nel 1993 con una storia di formazione, La vita è un
sogno, cui seguono film di vario genere: dall’horror
Non aprite quella porta IV, al legal thriller
Il momento di uccidere (da Grisham), allo
storico Amistad, allo war-movie U-571,
passando per la fantascienza (Contact) e la commedia
(EDTv). Il Duemila invece è il trionfo dell’amore,
con una sequela di rom-com che fanno di Meconehi il perfetto
innamorato di inizio millennio: Prima o poi mi sposo,
Come farsi lasciare in 10 giorni, A casa con i
suoi, La rivolta delle ex, intervallati da
pellicole più action – Sahara, Rischio a
due, Tutti pazzi perl’oro – in
cui Matthew può finalmente tirar fuori i muscoli, soprattutto
quelli addominali. E c’è perfino chi ha provato a calcolare i
minuti complessivi in cui il suo fisico statuario appare scamiciato
sul grande schermo: hanno perso il conto. Nel 2011, però,
Meconehi dà una svolta alla sua carriera, trasformandosi
nell’inquietante Killer Joe di William
Friedkin, per poi (s)vestire i panni dello stripper sul viale
del tramonto in Magic Mike, e quelli del galeotto in
incognito in Mud.
È vero che buona parte del suo
corpo è sempre in bella mostra, ma questi ruoli sono decisamente
insoliti per lui, e adesso non resta che vederlo in The wolf
of Wall Street al servizio di Scorsese. Nell’attesa,
però, assaggiamo un pezzo di torta e gli cantiamo HAPPY BIRTHDAY
MR. MECONEHI!
Attore, sceneggiatore, produttore,
filantropo. Ma anche gran giocatore di poker che rientra nella Top
40 degli attori coi maggiori incassi nella storia, e che
People ha nominato l’uomo più sexy del mondo (era il
2007, anno in cui il suo nome è finito anche sul lastrico, cioè
sulla Walk of Fame di Hollywood). Malgrado l’innegabile fama e un
paio di ex come Claire Danes e Winona Ryder, alla
fine si è sposato una civile, che gli sfornato pure 3 figlie.
Questo, ladies and gents, è
Matt
Damon, Oscar alla sceneggiatura per Will Hunting –
Genio ribelle, il cui successo gli apre porte e portoni. La
statuetta la condivide con l’amico di sempre, Ben
Affleck, con cui collabora a diversi progetti nel corso
della sua carriera (intrapresa a scapito di Harvard). Carriera che
registra la prima battuta (una sola) di Damon in
MysticPizza, nel lontano 1988; poi la
consueta gavetta, fino all’exploit di Will Hunting (diretto
da Gus Van Sant), che lo traghetta verso film di grande
richiamo, come Salvate il soldato Ryan (= salvate
Matt), la trilogia collettiva di Ocean (coi compari
Pitt e Clooney), e l’altra trilogia, che lo vede
assoluto protagonista, nonché action-hero: la serie di
Bourne (prima che il testimone – e l’amnesia –
passassero a Jeremy Renner). Seguono pellicole di spessore
come Syriana, The Departed (dove se la
batte con Leuccio nostro), e Invictus, ma Damon non
rinuncia all’adrenalina, ed eccolo in Green Zone di
Paul Greengrass (lo stesso di Bourne 2 e 3).
Nel suo curriculum si nota come
ricorrano certi nomi, primo fra tutti Soderbergh: la
collaborazione n°7, Behind the Candelabra, è
fortemente attesa sui nostri schermi. E se col recente
Elysium Matt non ci ha dato molti
brividi (o forse sì?), gli concediamo la rivincita con The
Zero Theorem di TerryGilliam e
Monuments Men di Clooney. Nel frattempo gli
accendiamo tutte e 43 le candeline. HAPPY BIRTHDAY, MR. DAMON!
Il prossimo 19
febbraio
Massimo Troisi avrebbe compiuto settant’anni. Per celebrare
questo importante anniversario, venerdì 17
febbraio, Rai Documentari proporrà in
prima visione alle ore 21.25 su Rai Tre il film
documentario “Buon compleanno Massimo” di
Marco Spagnoli. Una produzione Samarcanda
Film, in collaborazione con Rai
Documentari, con Regione Campania Film
Commission, con Ufficio Cinema del Comune di
Napoli,che sarà poi disponibile su RaiPlay a partire dal
19 febbraio 2023.
Intervengono nel
film (in ordine alfabetico): Renzo Arbore, Eugenio Bennato,
Jerry Calà, Maurizio Casagrande, Enrico Casarosa, Vittorio Cecchi
Gori, Nino D’Angelo, Enzo De Caro, Maurizio De GiovanniLello Esposito, Fabio Fazio, Francesco Frigeri,
Massimiliano Gallo, Frank Matano, Pietra Montecorvino, Francesca
Neri, Franco Oppini, Ferzan Özpetek, Iris Peynado, Roberto
Perpignani, Nini Salerno, Umberto Smaila, Cinzia TH Torrini,
Rosaria Troisi, Roberto Vecchioni.
Buon
compleanno Massimo racconta la vita, il lavoro, il
genio e lo sguardo di Massimo Troisi attraverso testimonianze
inedite e coinvolgenti e ripercorre i momenti più importanti di una
vita e di una carriera “unici”.
La vita di Massimo
Troisi viene ricordata dai suoi stessi familiari, dagli amici, dai
collaboratori e da chi ha avuto modo di conoscerlo nei tanti
aspetti della sua personalità. I ricchi materiali di repertorio,
mescolati a un racconto intenso ed emozionante, condurranno lo
spettatore in un viaggio alla scoperta dell’artista oltre l’uomo
indimenticabile, profondo, dalla grande ironia e umanità. Una
storia sul cuore fisico, ma anche metaforico di uno dei più grandi
artisti italiani del Novecento, sul suo rapporto con Napoli, sul
suo sguardo pacato e sincero sulla vita e sul mondo, ma anche sulle
ingiustizie e sulle grettezze dell’esistenza, che lui ripudiava in
pieno.
Massimo Troisi
viene ricordato da tanti testimoni diretti, alcuni probabilmente
inattesi, che raccontano del suo lavoro e del suo impegno personale
come uomo e come artista: gli aneddoti dei suoi amici e colleghi (I
Gatti di Vicolo Miracoli, Nino D’Angelo, Francesca Neri, ecc.) si
mescolano alle memorie di tutti coloro che hanno lavorato in
maniera sistematica con l’artista di San Giorgio a Cremano in
contesti diversi, come Renzo Arbore. Infine, saranno presenti
interviste di artisti di oggi che a Troisi si ispirano più o meno
direttamente, come per esempio Frank Matano.
In questo racconto,
a guidare lo spettatore alla scoperta della vita
di Massimo Troisi e della sua importanza nell’immaginario
collettivo di Napoli e italiano, è Maurizio De
Giovanni, uno dei principali scrittori italiani e anche
uno degli autori napoletani più influenti della sua generazione. De
Giovanni, grande ammiratore di Massimo Troisi, appartiene alla
stessa generazione del regista scomparso da cui lo separava poco
meno di un lustro: nato nel 1958 a Napoli, De Giovanni ricorda
molto bene l’impatto del cinema di Massimo Troisi (1953) e della
sua figura carismatica, per non parlare poi della benefica
influenza sulla città partenopea di cui egli stesso è un
narratore, sebbene da un punto di vista diverso.
“Ricordare
Massimo Troisi nei giorni in cui avrebbe compiuto settanta anni è
per me e per la Rai motivo di grande soddisfazione, alla quale si
unisce un affetto sincero per uno straordinario personaggio, che,
andandosene troppo presto, ci ha lasciato la sensazione di aver
perso un amico prima ancora che uno dei più grandi attori e registi
del dopoguerra” ha dichiarato Fabrizio Zappi,
Direttore di Rai Documentari. Questo
documentario, che riesce a ritrarre la sua più autentica umanità
oltre al suo straordinario talento artistico, nasce anche con
l’ambizione di lenire questa ferita collettiva, restituendoci di
Massimo una memoria più viva che mai”.
Per essere uno che ha lasciato la
scuola a soli 13 anni, età in cui ha manifestato anche i primi
problemi con la coca (che non è non la bibita) e i primi impulsi
teppisti, Mark Robert Michael Wahlberg alla fine
non se l’è cavata affatto male. E dopo 25 lunghi anni, oltre alla
sua personale stella sulla mitica Walk of Fame di Hollywood, il
giovanotto è riuscito a prendersi pure il diploma superiore.
Probabilmente i signori Wahlberg
non avrebbero scommesso nemmeno un centesimo sul futuro del loro
ultimo nato (il 9°), visto che l’adolescenza Mark la passa sulle
strade a scippare il prossimo e spacciare droga con la sua gang. Le
ripetute bravate lo portano addirittura ad una condanna per tentato
omicidio dopo che il ragazzo ha pestato di brutto un vietnamita, e
la galera (sebbene abbreviata) lo convince a dare una svolta alla
sua vita e cambiare rotta, a cominciare dal nome. Ecco quindi che
il signorino diventa Marky Mark e, con l’aiuto del
fratello Donnie, membro della boy band New Kids on the
Block, entra anche lui nel mondo della musica, fondando i
Marky Mark & the Funky Bunch. Il gruppo non scala
le classifiche, ma ai concerti il frontman usa vestirsi ben poco, e
spesso e volentieri si mostra al pubblico solo con le mutande.
È così che attira l’attenzione di
Calvin Klein, che nei primissimi anni Novanta lo
sceglie per una campagna pubblicitaria di intimo al fianco di
Kate Moss. Un trionfo. Le foto girano il mondo e
lui diventa un sex symbol a tal punto da permettersi di dedicare
un’autobiografia al suo amato pistolino. Abbandonata l’attività di
musicista e modello, Mr Wahlberg decide di cimentarsi col mestiere
di attore, debuttando ufficialmente sul grande schermo nel 1994 con
Mezzo professore tra i marines, seguito
da Ritorno dal nulla (primo set con
Di Caprio) e Paura, che
lo vede protagonista in veste di stalker a scapito di una
sciagurata (e giovanissima) Reese Witherspoon. Il
ruolo decisivo arriva nel ‘97 ed è quello della pornostar di
Boogie Nights – L’altra Hollywood by
P.T. Anderson, dopodiché Mark comincia a
prender parte a produzioni importanti, fra cui Three
Kings (prima collaborazione col regista David
O. Russell, che lo chiamerà poi in I Heart
Huckabees e The Fighter),
La tempesta perfetta, e una serie di
remake più o meno fortunati, fra cui Planet of the Apes
– Il pianeta delle scimmie (versione Tim
Burton), The Italian Job e,
soprattutto, The Departed – Il bene e il
male, con cui Scorsese gli regala la
sua prima nomination all’Oscar (da non protagonista).
Nel frattempo il signorino ha quasi
recitato ne I segreti di Brokeback
Mountain col quasi-collega Joaquin
Phoenix, ma ha finito per rifiutare il progetto perché a
disagio con le scene di sesso previste dal copione. Poco male: i
due attori saranno comunque partner più avanti ne I
padroni della notte, film che, come tutti gli altri
titoli dal 2001 in poi, Mark ha rischiato di non fare mai, visto
che quell’11 settembre di infausta memoria il nostro eroe avrebbe
dovuto essere sul volo United 93. Un cambio di programma last
minute gli ha salvato la vita, ma gliel’ha segnata per sempre; in
Shooter (2007) si scorge anche un libro
intitolato 9/11, omaggio di Wahlberg al ricordo di quella
tragedia sfiorata. E Shooter è anche il film per cui
l’attore ha imparato a mirare il bersaglio da un chilometro di
distanza al suo secondo giorno di allenamento, traguardo
generalmente raggiunto dopo settimane di esercizio.
Il signorino è davvero portato per
i ruoli fisici ed è pure un appassionato body-builder, come
dimostrano gli altri titoli del suo CV: E venne il
giorno, Max Payne, il già
citato The Fighter, Pain & Gain – Muscoli e
denaro, Cani sciolti,
Lone Survivor. Certo, ci sono anche opere
di altro genere, come lo straziante Amabili
resti, o l’irriverente Ted,
in cui Mark perde un po’ della conclamata virilità facendosi menare
di santa ragione dal Ted del titolo, ovvero il suo orsetto di
peluche/‘rimbombamico’. Menomale che c’è Michael
Bay, che presto lo riporterà a sfoderare i bicipiti nel IV
Transformers, L’era
dell’estinzione. A casa Wahlberg sicuramente di
estinzione non si parla, dato che Mark e la moglie/modella
Rhea Durham (dopo anni di fidanzamento e le nozze
del 2009) hanno prodotto 4 eredi. Finora.
Prima che mettano in cantiere un
altro pargolo, spegniamo queste 43 candeline. Oggi il nostro
festeggiato dovrà fare a meno dei suoi integratori (la linea
“Marked”, manco a dirlo, è la sua), per buttarsi faccia in giù
sulla torta. HAPPY BIRTHDAY MARKY MARK!
Oggi festeggiamo Marco
Beltrami. Come chi? Solo perché vi siete fermati a Hans
Zimmer, John Williams e Howard Shore, non è che
non ci siano altri compositori a Hollywood. E il ragazzo è uno di
questi. Classe 1966 e un cognome che tradisce le origini italiane,
Beltrami è un amico di vecchia data di Wes Craven, il papà
di Scream, e con lui collabora in più di un’occasione
(sette, ad oggi), tanto da essere etichettato come uno che fa le
musiche horror.
Beh, in effetti è proprio il
capitolo 1 della celebra saga degli anni Novanta che lo lancia
nello showbiz: è il ‘96 e il grande successo di Scream
regala al musicista altri progetti, diversi per genere ma con una
sfumatura thriler/action che li accomuna. Qualche esempio?
The Faculty, Resident Evil (cui lavora
insieme a Marilyn Manson, uno che fa paura veramente),
Hell Boy, I, Robot, Red
Eye. Sì, è proprio uno da roba tosta, il signor Beltrami,
ma non per questo rinuncia a pellicole più ‘indie’ (tipo Le
tre sepolture) e, a forza di strimpellare qua e là, ecco
che si becca pure due nomination all’Oscar, la prima per Quel
treno per Yuma e la seconda per The Hurt
Locker. Certo, se vuoi evitare l’incasellamento nelle
categorie “film di paura”/“film d’azione”, poi non è che ti getti,
bacchetta alla mano, su World War Z e
Wolverine. E non parliamo dell’atteso remake di
Carrie, dove il sangue scorre a fiumi e l’orrore
divampa dalla prima nota.
Ma se citi fra le tue influenze
Bernard Hermann (il fido collaboratore di Hitchcock),
Ennio Morricone e Nino Rota, avrai anche altro da
offrire, e siamo sicuri che ne sentiremo delle belle. Del resto, un
film – che sia horror, action, d’amore o di guerra – non può vivere
senza la musica. O meglio, potrebbe, ma le emozioni non sarebbero
le stesse. E, un po’ emozionati per l’esito incerto della nostra
esibizione, proviamo a intonare un TANTI AUGURI A TE, MR.
BELTRAMI!
Ha un fratellino, Jake, che fa
l’attore famoso, e un marito, Peter Sarsgaard, che fa
l’attore famoso pure lui (e ha un cognome ugualmente
impronunciabile). A dire il vero, è il fratello che fa conoscere a
Maggie Gyllenhaal il futuro sposo, incontrato sul set di
Jarhead. Dopo 7 anni insieme, nel 2009 i due si
sposano a Brindisi: hanno già una bimba e presto ne sfornano una
seconda. C’è da scommettere che le due pupe finiranno nello
showbiz, con la famiglia che si ritrovano.
Mamma Maggie esordisce col fratello
in alcuni film diretti dal padre (di origine svedese, da qui il
cognome assurdo) per poi dedicarsi alla laurea in letteratura e
religioni orientali alla Columbia. Ma studia anche recitazione a
Londra e nel tempo libero fa la cameriera nel Massachussets, finché
nel 2001 ottiene una particina in Donnie Darko, dove
è la sorella del protagonista, cioè suo fratello Jake, la cui
carriera decollerà grazie a questo inquietante indie. L’anno dopo
però è la volta di Maggie, che conquista finalmente la scena in
Secretary: la sua timida segretaria asservita al
sadico James Spader cattura l’attenzione e pure una
nomination al Golden Globe. Nel 2003 è una delle allieve di
JuliaRoberts in Mona Lisa smile: nel
cast c’è anche Kirsten Dunst, e Maggie ricambia il favore a
Jake presentandogli la collega, ma la relazione fra i due non
durerà. Miss Gyllenhaal ormai è un’attrice affermata e i progetti
successivi sono assai variegati: dalla commedia Vero come la
finzione, al drammone World Trade Center,
fino al blockbuster campione d’incassi Il cavaliere
oscuro, dove sostituisce Katie Holmes nei panni di
Rachel Dawes, l’amata di Batman. Nel 2009 la sua performance in
Crazy Heart al fianco di Jeff Bridges le fa
quasi vincere l’Oscar, ma Maggie riscuote successi anche a teatro,
dove si esibisce in diverse pièce (con un debole per
Checov).
La fanciulla vanta anche un passato
da modella (per Miu Miu e Agent Provocateur) e un
presente da attivista impegnata in svariate cause. Noi le rubiamo
solo qualche minuto per farle spegnere le 36 candeline. HAPPY
BIRTHDAY MAGGIE!
Logan Wade Lerman è – a
sentir lui – un tipo creativo, tranquillo e piuttosto casalingo,
uno che non ama tanto lo sport, insomma, ma che compensa col
pianoforte e col cinema, la sua mania. Si definisce anche la pecora
nera della famiglia, perché quasi tutti i parenti lavorano in campo
medico (a parte mammà, che gli fa da manager), mentre lui ha scelto
di recitare.
Diplomatosi alla Beverly Hills High
School (quando ci andavano Brendon & Brenda lui era appena nato),
si iscrive alla New York University per studiare scrittura
creativa, ma deve rimandare per gli impegni di lavoro. Ormai è un
attore vero, con una carriera iniziata alla fine degli anni
Novanta, quando comincia ad andare ai provini un po’ per
divertimento. Con quel faccino si fa strada a suon di spot,
debuttando poi al cinema nel 2000 con Il patriota,
dove interpreta uno dei mille figli di Mel Gibson, facendo
poi bis con What Women Want, nella parte dello
stesso Mel da piccolo. Data la giovane età, Lerman viene presto
scelto per interpretare il ‘mini-me’ di un’altra star, Ashton
Kutcher, in The Butterfly Effect (2004), che –
insieme ad altre apparizioni tv – segna il suo ritorno sugli
schermi dopo una pausa di un annetto, in cui il giovanotto si è
fermato a riflettere sulle sue ambizioni, giungendo alla
conclusione che vuole effettivamente fare l’attore . Scelta
azzeccata perché, progetto dopo progetto, il signorino si aggiudica
ben 3 Young Artist Awards, l’ultimo dei quali da protagonista nel
film per ragazzi Hoot, cui seguono pellicole più
adulte, come Number 23 (dove è il figlio di Jim
Carrey) e Quel treno per Yuma (dove il papà è
Christian Bale).
Una capatina in Gamer
e My One and Only, e poi Logan è pronto per il grande
salto: è infatti suo il volto cinematografico di Percy
Jackson, l’eroe semi-divino protagonista della saga letteraria
Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo. Il primo film,
Il ladro di fulmini, è del 2010, e il primo sequel,
Il mare dei mostri, del 2013. Lerman, però, ha
firmato anche per un terzo capitolo e – pur non avendo mai letto i
libri prima di ricevere la sceneggiatura – ha anche
confessato che non gli dispiacerebbe prendere parte a tutti e
5 gli episodi. Vedremo. Nel frattempo si è cimentato in un altro
personaggio letterario – con tanto di cappa e spada (ed extensions)
– nella rivisitazione de I tre moschettieri by
Paul W. S. Anderson, che lo ha scelto (senza nemmeno un
provino) per il ruolo del leggendario D’Artagnan. Dopo tutta
questa azione, ecco invece un progetto più intimista (ma sempre
basato su un libro), Noi siamo infinito, dove Logan
recita accanto alla ex-streghetta Emma Watson e all’enfant
terrible di …e ora parliamo di Kevin, Ezra
Miller. Del giovane trio è proprio Logan ad attirare i maggiori
apprezzamenti per il suo ritratto del timido Charlie, beccandosi
pure un Teen Choice Award come miglior attore drammatico. Nessuno
lo può fermare, neanche il diluvio universale! Ed è proprio lì,
nell’attesissimo Noah di Aronofsky, che lo
troveremo prossimamente con Russel Crowe (ennesimo papà
cinematografico), prima di vedere cosa combina con Brad
Pitt in Fury, in uscita a fine anno.
Ma per quello c’è ancora tempo,
siamo appena a gennaio… che poi è il mese di Mr Lerman, un
capricorno classe 1992. HAPPY BIRTHDAY LOGAN!
È il fratello di Thor, ma
non è Loki. E non sembra neanche così cattivo. Biondo,
classe 1990, Liam Hemsworth passa l’infanzia a surfare
tra le onde australiane, finché non decide di seguire le orme dei
fratelli maggiori (oltre al divino Chris c’è anche Luke,
meno noto), cominciando con le recite scolastiche.
Dopo qualche particina qua e là,
nel 2007 entra nel cast della soap Neighbours, dove
rimane stabilmente per un paio d’anni (nel ruolo del paraplegico
Josh Taylor). Segue una serie tv per ragazzi (Elephant
Princess) e poi, finalmente, il giovane Liam si affaccia
anche al cinema, con Segnali dal futuro e
Triangle (2009). Di lì a poco le cose sembrano
mettersi bene, perché gli viene offerta una parte in The
Expendables – I mercenari con Stallone. Peccato che
il personaggio finisca per essere eliminato dal copione, e non se
ne fa più di nulla… almeno fino al 2012, quando il suo Billy “The
Kid” Timmons viene reintrodotto nel sequel (I Mercenari
2). Comunque Liam non dispera, anche perché Kenneth Branagh
lo chiama per fargli il provino per Thor. Peccato che
poi la parte del dio-dal-martello-facile se la becchi il fratellone
Chris. Vabbè, son cose che capitano, dai… la fortuna girerà anche
per lui. E infatti nel 2010 è proprio Liam a far battere il cuore a
Miley Cyrus nell’adattamento cinematografico de
L’ultima canzone di Nicholas Sparks
(comparendo anche nel video del brano When I Look at
You di Miley, tema principale del film). In breve tempo la
realtà arriva a superare la finzione, perché i due cominciano a
fare coppia pure fuori dal set e, dopo alti e bassi, nel 2012 ecco
l’annuncio ufficiale del loro fidanzamento, con annesso tentativo
di convivenza a Los Angeles. Purtroppo l’idillio finisce nel
settembre 2013, quando giunge la triste notizia della rottura
definitiva. Chi ha mollato chi? Difficile dirlo. Certo, Miley è un
po’ una rompi-balle (come testimonia anche la sua ultima hit
Wrecking Ball), ma non è detto che la colpa sia tutta
sua: in fondo, cantare nuda e leccare martelli in pubblico è il suo
mestiere, Liam dovrebbe saperlo. Comunque, il supergossip anticipa
l’uscita del nuovo album di Miss Cyrus e il tempismo desta qualche
sospetto. Ce ne faremo una ragione? Sì, anche perché vuol dire che
Liam è single, e quel metro e 91 di aitanza australiana – guarnito
di occhioni blu e sorriso a prova di dentista – farà sicuramente
impazzire i tabloid nei mesi a venire. Intanto ha fatto impazzire
le fan degli Hunger Games nelle vesti del combattivo
Gale Hawthorne, l’amico del cuore dell’eroina Katniss Everdeen.
Archiviati i primi due capitoli della saga di Suzanne
Collins, Liam tornerà anche nell’ultimo,
Mockingjay, appositamente diviso in due parti per il
grande schermo (I doni della morte di Harry
Potter e Breaking Dawn insegnano, e comunque la
matematica non è un’opinione).
La carriera è appena decollata e il
signorino avrà tempo per dimostrare di cosa è capace. Intanto
vediamo se riesce a spegnere le 24 candeline con un soffio solo.
Con quel torace lì non dovrebbe essere un problema. HAPPY BIRTHDAY
LIAM!
Si chiama come Leonardo Da
Vinci perché ha dato il primo calcio nel pancione mentre la
mamma ammirava un dipinto del celebre artista. E il nome ha portato
fortuna a Leonardo Di Caprio, che esordisce a soli 3 anni in
uno show per bambini e, dopo la gavetta in TV, nel ‘93 debutta al
cinema con De Niro in Voglia di ricominciare.
Nello stesso anno è anche il fratello handicappato di Johnny Depp in Buon compleanno Mr.
Grape, per cui si becca le nomination al Golden Globe e
all’Oscar.
Anche i personaggi successivi sono
impegnativi – vedi il tossico di Ritorno dal nulla e
il tormentato Rimbaud in Poeti dall’inferno –
per non parlare dell’eroe shakespeariano in Romeo +
Giulietta di Baz Luhrmann, con cui conquista il
Festival di Berlino e milioni di ragazze. La sua faccia monopolizza
diari e pareti, e le cose peggiorano quando nel ‘97 esce
Titanic. Jack Dawson è il re del mondo, ma anche dei
cuori delle spettatrici che assistono impotenti al tragico
epilogo.
Quanti accidenti si è presa la
povera Rose! È vero, quella zatterella bastava per tutti e due, ma
la licenza artistica dove la mettiamo? Il colossal di
Cameron lancia Leo nell’olimpo di Hollywood, eppure,
malgrado la scia del Titanic, La maschera di
ferro e The beach non fanno faville, e Di
Caprio vira verso progetti più tosti, dando il via al suo sodalizio
con Scorsese, che nel 2002 lo dirige in Gangs of New
York, per poi riconfermarlo come protagonista in The
aviator (2004), The departed (2006),
Shutter Island (2010) e l’imminente The wolf of
Wall Street.
Ma Leo collabora anche con altri
registi DOC come Spielberg (Prova a
prendermi), Edward Zwick (Blood
Diamod), Ridley Scott (Nessuna verità),
Sam Mendes (Revolutionary Road, dove torna a
lavorare con la naufraga Kate Winslet), Christopher Nolan
(Inception), Clint Eastwood (J.
Edgar), e Tarantino, che finalmente lo convince a
fare il cattivo in Django Unchained (dopo il no di
Leo all’Hans Landa di Bastardi senza gloria – p.s.
Christoph Waltz ringrazia per l’Oscar). Ultimamente lo
abbiamo rivisto al servizio di Luhrmann nelle bianche vesti di
Gatsby, che si strugge d’amore per la Daisy di
Carey Mulligan; nella vita vera, invece, frequenta una
modella tedesca appena ventenne, Toni Garnn, l’ultima di una
lunga serie di top. Ci si potrebbe organizzare un defilé con le sue
ex: Gisele Bundchen, BarRafaeli, Erin
Heatherton; magari lasciamo fuori Aretha Wilson, una
modella che nel 2005 a un party gli ha tirato in testa una
bottiglia rotta (= 17 punti di souvenir), ma buttiamo in passerella
un’altra fiamma di Leo, l’attrice Blake Lively (ora
Mrs Reynolds).
Ha buon gusto Di Caprio (pur
essendo vegetariano) e di certo gradirà la nostra torta. Speriamo
che ci inviti nella sua isola del Belize con gli amichetti del
cuore – Winslet, Haas, Maguire – per spegnere
le candeline (rigorosamente eco-compatibili). HAPPY BIRTHDAY
LEO!
Per molti, è e rimarrà sempre
Bella Swan, l’eroina della saga di Twilight;
per molte, è e rimarrà sempre quella ******* che sta/va con
Robert Pattinson, dando peraltro origine
ad nuovo termine, “Robsten” (= Robert + Kristen, sulla scia dei
“Brangelina”)… Che poi abbia placidamente tradito il fidanzatino è
un’altra storia, anche perché pare che adesso sia in atto un
riavvicinamento, quindi meglio non rivangare il passato. Comunque,
per i suoi genitori e per l’anagrafe è e rimarrà sempre Kristen
Jaymes Stewart.
Il secondo nome non è propriamente
femminile, ma si sa, gli americani sono strani, e poi bisogna
ammettere che tra i suoi primi personaggi figurano ragazzine che
sono un po’ dei maschiacci, come ne La sicurezza degli
oggetti (2001) e in Panic Room (2002).
Essendo ancora molto giovane (classe 1990), Kristen Jaymes non può
che interpretare la figlia delle protagoniste di turno – nel primo
caso Patricia Clarkson, nel secondo Jodie Foster – e
fra i suoi genitori d’arte figurano anche il Dennis Quaid e
la Sharon Stone di Oscure presenze a Cold
Creek (2003). Considerati i titoli in questione,
l’infanzia cinematografica di Miss Stewart è a dir poco
travagliata, ma per fortuna è solo finzione: la sua famiglia, in
realtà, se la passa piuttosto bene e, col fatto che entrambi i
genitori lavorano nello showbiz, anche lei sin da piccola nutre
aspirazioni artistiche. La signorina, però, ha dichiarato di non
aver mai avuto l’intenzione di fare l’attrice, né tantomeno di
diventare famosa, anche se in tenera età si esercitava a fare
autografi ovunque: scriveva il suo nome a destra e a manca perché
aveva la fissa delle penne, da qui (evidentemente) l’idea di voler
diventare sceneggiatrice. O forse no.
Comunque sia, il destino prevede la
recitazione ed è proprio ad una recita natalizia che la
piccola Kristen (appena 8 anni) viene notata da un agente (qui da
noi è già una conquista se ti notano i tuoi genitori, visti gli
orari mediamente proibitivi dei saggi scolastici). È così che la
fanciulla entra ufficialmente nel magico mondo della celluloide e,
passo dopo passo, si attira l’attenzione di registi e produttori,
guadagnandosi presto qualche nomination agli Young Artist Awards e
pure qualche soldino, che non guasta mai. L’agenda diventa così
fitta d’impegni che la ragazzina abbandona la scuola e prosegue gli
studi a distanza: il set chiama e lei è più che decisa a
rispondere. In pochi anni prende parte a un discreto numero di
pellicole, fra cui Zathura, Il bacio che
aspettavo, The Messengers, The Cake
Eaters, fino a Into the Wild – Nelle terre
selvagge di Sean
Penn. È il 2007 e a breve la sua vita cambierà per sempre.
Dopo un’altra manciata di titoli (Disastro a
Hollywood, Jumper, The Yellow
Handkerchief), Kristen approda al ruolo della svolta: la
regista Catherine Hardwicke, infatti, sceglie lei per
portare sullo schermo la Bella Swan nata dalla penna di
Stephanie Meyer.
Ad affiancarla, nel ruolo del
vampiro ‘vegetariano’ Edward Cullen (nonché di suo
innamorato dentro e fuori dal set), un Robert Pattinson al momento
semi-sconosciuto, ma destinato a diventare un rubacuori
internazionale. Il film è un successone e per fortuna ci sono altri
tre capitoli che aspettano solo di sbancare il box office: anzi,
per rendere giustizia ai romanzi è meglio dividere l’ultimo tomo in
due parti, fare un film in più, e crepi l’avarizia. Il risultato è
che nel 2012 la Stewart si piazza in pole position nella classifica
della rivista Forbes, che, dopo averle fatto i conti in
tasca, la elegge l’attrice più pagata dell’anno (con circa 34.5
milioni di dobloni guadagnati amoreggiando per finta col suo
fidanzato vero, capitolo dopo capitolo).
E pensare che ha solo 22 anni… Però
non è mai troppo presto per mettere da parte un po’ di soldi,
quindi ben vengano Balenciaga e Chanel che la
vogliono come volto per le loro campagne e la aiutano ad
arrotondare (tutti i giovani fanno un doppio lavoro al giorno
d’oggi). Comunque, fra un mozzico e l’altro, Kristen trova anche il
tempo di girare Adventureland, The
Runaways, Biancaneve e il cacciatore, e
On the Road; e ora, archiviata definitivamente la
saga (con tanto di aglio sparso qua e là a garanzia), ecco che la
ragazza si prepara a tornare in sala con una miriade di progetti,
vedi Camp X-Ray, Sils Maria e
Anesthesia, e che nessuno nomini più vampiri &
licantropi, per cortesia.
Quanto al povero Rob, dopo quella
scappatella con Rupert Sanders (regista di
Biancaneve), non si è ben capito come stiano le cose. Voci
di corridoio sostengono che lui l’abbia superata e voglia
festeggiare con lei il compleanno. Noi siamo qua. HAPPY BIRTHDAY
KRISTEN!
Diamo i numeri? 1947: nasce a St.
Louis, nel Missouri. 1970: si diploma all’Indiana University. 1989:
sposa una collega (che gli darà due figli) e s’intasca un Oscar da
non protagonista. 1997: il liceo dove ha studiato gli dedica il
nuovo auditorium, il “Kevin Kline Theater”.
Questo perticone di un metro e
novanta pensa di voler fare il pianista classico, ma quando entra a
far parte del gruppo di teatro del college capisce qual è la sua
vera vocazione. Per non perdere altro tempo, macina pièce su pièce,
diventando uno dei maggiori interpreti americani di
Shakespeare. A conferma del suo talento, nel giro di pochi
anni si guadagna due Tony Awards (i prestigiosi premi del
palcoscenico), ma al cinema Kevin si affaccerà solo nel 1982, e lo
farà con un signor film: La scelta di Sophie di
Alan J. Pakula. Una volta rotto il ghiaccio, elegge subito
Lawrence Kasdan a regista del cuore, dato che collabora con
lui 5 volte (fra i titoli, Il grande freddo,
Silverado, French kiss). Nell’ambiente,
però, si guadagna il soprannome di Kevin ‘Decline’ (to decline=
rifiutare/declinare un ‘offerta) per la sua tendenza a scegliere
con estrema cura i ruoli da interpretare, senza farsi fagocitare
dalla macchina hollywoodiana. Insomma, Kevin si fa desiderare
parecchio… Ma la stella sulla Walk of Fame gliela concedono
ugualmente (è la n° 2.272), ed è forse l’unico attore a poterne
vantare ben due, perché anche la sua città natale, St. Louis,
gliene intitola una nella Walk of Fame locale. Un uomo da
marciapiede, Mr. Kline. E da Oscar, con l’esilarante Un pesce
di nome Wanda.
Quell’accento spagnolo ha finito
per sedurre anche l’Academy. È proprio vero che gli uomini
divertenti hanno un fascino irresistibile, e forse è per questo
che, ai ruoli drammatici, Kline alterna spesso personaggi più
leggeri, come il professore di In & Out. Dentro o
fuori, chi c’è c’è: arrivano le candeline! HAPPY BIRTHDAY
KEVIN!
Una che di nome fa Kerry Marisa
Washington non può che studiare alla George Washington
University. O no? Ma una che si laurea in antropologia e
sociologia non è detto che poi finisca a fare l’attrice, giusto? E
invece questa scandalosa pupa del Bronx ha deciso di
dedicarsi anima e corpo alla recitazione, arrivando a diventare una
delle star più amate della TV (e del cinema) degli ultimi anni.
Kerry prende il tesserino della
Screen Actors Guild per poter apparire in una pubblicità; prosegue,
quindi, con qualche telefilm, finché non comincia a fare capolino
anche sul grande schermo, con particine in svariati progetti, fra
cui il danzereccio Save the Last Dance (2001) e il
drammatico La macchia umana (2003). Nel frattempo,
interpreta anche la bella che fa girare la testa a Chris
Rock in Bad Company – Protocollo Praga (2002), un
vero punto di svolta nella sua carriera, non tanto per il ruolo in
sé, quanto perché finalmente la fanciulla riesce a guadagnare in un
anno la somma necessaria per ottenere l’assicurazione sanitaria
come membro della Screen Actors Guild. Il 2004, però, le porta un
po’ di meritata attenzione come protagonista femminile di Lei
mi odia di Spike Lee (con cui tornerà a lavorare in
Miracolo a Sant’Anna nel 2008), seguito dall’action
domestico Mr. & Mrs. Smith e dal biopic
Ray, in cui è la moglie del musicista Ray
Charles interpretato da Jamie Foxx. Nei titoli
successivi la signora si specializza proprio nel ruolo di coniuge,
ma sono tipetti niente male i suoi compagni, a cominciare dal
dittatore ugandese Idi Amin ne L’ultimore di Scozia (2006), per proseguire con la granitica
Cosa ne I Fantastici Quattro (nel 2005 e poi nel
sequel del 2007), fino ad arrivare a Broomhilda von Schaft, ovvero
la moglie di Django, che scatenerà la furente vendetta dello
schiavo ribelle nel tarantiniano Django Unchained
(2012).
Il maritino è una sua vecchia
conoscenza, Mr Foxx: ormai i due sono una coppia collaudata, e
ormai Miss Washington è una diva vera. La conferma arriva anche
dalla rivista People, che nel 2013 la mette al secondo posto
nella classifica annuale delle 100 persone più belle, con
Glamour che le fa eco, eleggendola ‘Donna dell’anno’. Ma
Kerry rientra anche nella lista delle star televisive più pagate
(al n° 20) ed il merito è ovviamente di Scandal, la
serie drammatica targata ABC di cui è appunto protagonista
dal 2011. Ideato dalla mamma di Grey’s Anatomy,
Shonda Rhimes, lo show narra le gesta di Olivia Pope,
rampante donna in carriera esperta nella gestione di crisi di ogni
sorta, che opera in un posticino tranquillo come Washington
D.C.
Il che vuol dire che se la intende
bene col Presidente degli Stati Uniti. Per il suo personaggio
l’attrice riscuote consensi a destra e a manca: pubblico e critica
concordano che la sua Olivia è una davvero tosta, e le riviste di
moda apprezzano assai l’abbigliamento stiloso-ma-anche-sexy
sfoggiato dalla business-woman, tanto che Miss Pope viene inserita
da Vanity Fair nella Top 10 dei personaggi TV meglio vestiti
del 2013. Mica male, considerato che Kerry è solita collezionare
memorabilia per ogni personaggio che interpreta: un mobile qua, un
paio di scarpe là… e se le sue creature hanno buon gusto, tanto
meglio, no? Comunque sia, gli abiti sono solo un dettaglio: il
fascino Kerry lo deve a madre natura (o perlomeno a sua madre
Valerie), e cotanta bellezza non è certo andata sprecata, con
L’Oréal che l’ha assoldata come testimonial – insieme ad una
nutrita schiera di divine dello showbiz – e Neutrogena che
l’ha da poco scelta come nuovo volto simbolo.
Magari vestiti e creme dovranno
aspettare un po’, perché il pancione cresce a vista d’occhio e
forse adesso la signora vorrà prendersi un po’ di tempo per
fare la mamma, essendo in attesa del primo figlio dal neomarito
Nnamdi Asomugha, giocatore di football della NFL. Per
noi, invece,l’attesa è finita: abbiamo accantonato lo spumante e
preparato una doppia razione di torta. HAPPY BIRTHDAY KERRY!
È irlandese – del Nord – Kenneth
Branagh (si legge senza la “G”, con l’ “H” aspirata), ma da
piccolo si trasferisce coi suoi in Inghilterra e, per evitare di
essere preso in giro dai compagni, comincia subito a perfezionare
l’accento locale. Gli sarà tornato utile una volta cresciuto,
quando ha deciso di rivoltare Shakespeare come un calzino,
sul palco e sullo schermo, come interprete e come regista.
Basta scorrere il suo curriculum
per notare che il Bardo è un po’ il suo chiodo fisso: Enrico
V, La dodicesima notte, Molto rumore
per nulla, Amleto, Pene d’amor
perdute, Come vi piace, Otello,
Riccardo III, Macbeth… E anche quando
la connessione col grande drammaturgo non è immediata, sempre lì si
va a parare, vedi Nel bel mezzo di un gelido inverno
(1995, diretto e interpretato da Branagh), che narra di una
compagnia di attori shakespeariani. Del resto, è proprio
l’interpretazione di Derek Jacobi nelle vesti del
malinconico Principe di Danimarca a convincere il giovanissimo
Kenneth a intraprendere la strada della recitazione, e la
prestigiosa Royal Shakespeare Company ne è ben lieta.
Branagh diventa presto uno dei talenti più promettenti del Regno
Unito, ma è anche un tipetto ambizioso e già nell’87 fonda la sua
compagnia, la Renaissance Theatre Company, insieme a un
collega di palcoscenico. Gli inizi non sono dei migliori (in molti
lo accusano di megalomania), ma col tempo – e con la collaborazione
di Jakobi e di Judi Dench – Kenneth arriva ad essere
definito addirittura “il nuovo Olivier”. Dev’essere destino, perché
nel 2012 sarà proprio lui a prestare il volto all’indimenticabile
Laurence nel film Marylin, e nello stesso anno sarà
insignito, come lui, del titolo di “Sir”. Sir Branagh non è solo
Shakespeare, e al cinema si cimenta (da attore e/o regista) anche
in altri progetti, assai variegati: da Frankenstein di Mary
Shelley, a Celebrity, all’istituzione
nazionale Harry Potter (il capitolo 2), al
superblockbuster Thor. Certo, alcune pellicole le
poteva pure evitare (Wild Wild West), ma nessuno è
perfetto, e comunque Kenneth aggiunge sempre quel tocco di classe
very British che non guasta.
Con quello sguardo canzonatorio ha
conquistato prima la collega Emma Thompson (sua moglie
dall’89 al ’95) e poi l’attuale signora Burton (ovvero
Helena Bonham-Carter), finché nel 2003 non ha sposato la
regista Lindsay Brunnock. Romeo ha trovato la sua Giulietta,
o almeno glielo auguriamo. E gli auguriamo anche un buon
compleanno. HAPPY BIRTHDAY KENNETH!
Avete presente 渡辺謙? Ma sì dai, Ken Watanabe, l’attore
giapponese che spesso e volentieri se ne va in giro brandendo
katane, col cipiglio dell’uomo che non deve chiedere mai (e se
anche chiedesse, dategli subito quel che vuole, che con quegli
aggeggi lì non si sa mai).
Avete presente ora? Forse ha quello
sguardo sempre cupo perché lui in realtà da grande avrebbe
dovuto/voluto fare il musicista (suonava la tromba), ma al momento
di iscriversi al conservatorio la famiglia è in forte crisi
economica e i soldi per la retta non bastano. Destino? Chissà.
Comunque, dopo il diploma Ken comincia a recitare in teatro a
Tokyo, per poi approdare in TV e infine al cinema (nel 1984). In
patria lavora sodo, e si fa conoscere soprattutto per i suoi ruoli
da samurai, mentre la fama internazionale arriva nel 2003 con un
film intitolato proprio L’ultimo samurai, al fianco
della superstar Tom
Cruise. Ed ecco che a Hollywood si accorgono di Mr.
Watanabe, anche perché si è guadagnato una bella nomination
all’Oscar (da non protagonista) per la sua magnifica
interpretazione di Katsumoto. Sarà per la fresca candidatura, sarà
per quel fascino orientale così enigmatico, nel 2004 Ken è fra i 50
più belli della rivista People (e pensare che nel
2008 è già nonno, a soli 49 anni!). Beh, con la quasi-statuetta e
la benedizione degli esteti, la carriera americana è ufficialmente
inaugurata, e ben presto lo ritroviamo in titoli importanti come
Memorie di una geisha, Lettere da Iwo
Jima, e in due pellicole firmate Christopher Nolan, che prima gli affida
il ruolo del falso Ra’s al Ghul in Batman Begins, e
poi lo richiama per completare il suo eccentrico team di sognatori
in Inception. Niente male, eh?
Nel suo futuro pare ci sia un nuovo
remake di Godzilla, quindi sbrighiamoci a fargli gli
auguri, prima che il lucertolone ci distrugga la torta. HAPPY
BIRTHDAY 渡辺 謙!
È la prima donna premio Oscar alla
regia: l’anno è il 2010, il film The Hurt Locker
(vincitore di altre 5 statuette), la regista Kathryn
Bigelow. Incredibile che si sia dovuto aspettare tanto
per una vincitrice femmina, anche se bisogna ammettere che il
cinema della Bigelow è parecchio testosteronico.
Già agli esordi la signora mostra
un certo interesse per le cose da maschi: The
Loveless (1983) esplora infatti il mondo dei motociclisti
della provincia americana anni Cinquanta, ed è seguito dal thriller
Blue Steel – Bersaglio mortale, con Jamie Lee
Curtis superpoliziotta perseguitata da un killer psicopatico.
Sarà che il marito si chiama James Cameron, sarà che Kathryn ha un vero
debole per l’azione, fatto sta che nel ‘91 l’adrenalina sale
ancora, con Keanu Reeves e Patrick Swayze alla
ricerca del Point Break. Un cult. Nonostante la
successiva la separazione da Mr Blockbuster, la sua passione per le
emozioni forti resta, e anche il rapporto professionale con lui: è
proprio Cameron il co-sceneggiatore e coproduttore di Strange
Days (1995), thriller sci-fi con un sexy Ralph
Fiennes.
Qualche anno di pausa e la Bigelow
coglie tutti di sorpresa con Il mistero dell’acqua,
opera che si distanzia dal suo genere, cui però fa ritorno di lì a
poco con un war-movie claustrofobico, K-19. Dal
sottomarino sovietico alla guerra in Iraq il passo è breve, ma
mentre il primo film si rivela un flop, il secondo trionfa agli
Oscar ed entusiasma la critica. Kathtryn allora alza il tiro: col
nuovo progetto affronta niente meno che l’ossessione americana
dell’ultimo decennio, la caccia a Bin Laden, e così nel 2012 ecco
Zero Dark Thirty, con Jessica Chastain che
stana il terrorista più temuto al mondo. Il film, apprezzato dagli
addetti ai lavori, scalda l’opinione pubblica, che nella
drammatizzazione proposta dalla regista legge presunte istanze
pro-tortura.
Lei smentisce, ma comunque non ha
di che preoccuparsi: se col cinema si mettesse male, può sempre
tornare ristrutturare appartamenti con Philip Glass come ai
vecchi tempi. Intanto però pensiamo alle candeline, va’. HAPPY
BIRTHDAY, KATHRYN!
Parliamoci chiaro: su quella
zatterella di fortuna ci stavano in due, e Rose poteva anche
sforzarsi di far posto al povero Jack, invece di lasciarlo in
ammollo a congelare. Ma non tutte le storie d’amore hanno il lieto
fine, si sa. E lo sa pure Kate Winslet.
Titanic a parte,
anche il suo matrimonio col regista Sam Mendes è naufragato
(dopo 10 anni di amore e 1 pargolo). Quanto a Leo, non deve
essersela presa troppo per quel malinteso in mezzo all’oceano,
perché l’anno scorso l’ha accompagnata lui all’altare dal marito
number two (padre del bebè in arrivo – il terzo per Kate). Il film
di JamesCameron è un trampolino di lancio per la
carriera della giovane inglese, più incline, però, a progetti
indipendenti come Holy Smoke – Fuoco sacro,
Quills – La penna dello scandalo, Iris – Un
amore vero, Se mi lasci ti cancello, cui
seguono pellicole più mainstream, come Neverland – Un sogno
per la vita, Revolutionary Road (di nuovo con
Di Caprio, per la regia dell’allora marito Mendes),
L’amore non va in vacanza (la sua prima vera commedia
romantica), fino a Carnage e Contagion.
Lo sapevate che Kate – che ha una voce da mezzo soprano – ad oggi è
l’attrice più giovane ad aver ricevuto 6 nomination all’Oscar? (Bye
bye, Bette Davis!)
La statuetta l’ha vinta
meritatamente nel 2008 nei panni di una SS avida di letture in
The Reader – A voce alta. E pensare che ha quasi
rischiato di non farlo quel film! La lavorazione si accavallava con
Revolutionary Road, perciò le era
subentrata Nicole Kidman, che però è rimasta incinta poco
prima di iniziare le riprese, ed ecco che Kate ha fatto la sua
rentrée. Per il nudo frontale le avevano addirittura preparato un
simil tupé, ma lei non ha voluto controfigure genitali, e si è
mostrata come mamma l’ha fatta. Da quel 5 ottobre sono passati 38
anni. Che dire? HAPPY BIRTHDAY, KATE!
Rossa naturale (merito della madre
scozzese?) e naturalmente affascinante, Julie Anne Smith è
conosciuta ai più col nome d’arte, Julianne Moore, unica
opzione disponibile quando si iscrive alla Screen Actors Guild.
In realtà da piccola vuole fare il
dottore, ma è talmente brava nelle recite della scuola che la
incoraggiano a tentare seriamente la carriera d’attrice, anche se
lei per sicurezza si prende una laurea alla Boston University. Dopo
la gavetta di rito, sia off-Broadway che in TV, la Moore debutta al
cinema nel 1990 con I delitti del gatto nero, in cui
interpreta la vittima di una mummia. Dopo una serie di ruoli
marginali, nel ‘93 fa parte del corale America oggi
di Altman, che la pone sotto i riflettori quelli veri per la
sua perfomance apprezzatissima dalla critica, e anche per quel
monologo che Marian, il suo personaggio, recita mezza nuda
(che poi è la metà che solitamente resta coperta).
Segue Safe, film low
buget che la vede per la prima volta protagonista assoluta e che dà
inizio alla collaborazione col regista Todd Haynes, con cui
l’attrice tornerà a collaborare anche in Lontano dal
Paradiso (Coppa Volpi 2003) e Io non sono
qui. Non possiamo non citare il cult Il grande
Lebowski, ma sono due pellicole più commerciali,
Nine Months – Imprevisti d’amore e
Jurassic Park II – Il mondo perduto, ad aprire alla
Moore le porte di Hollywood, dove si insedierà stabilmente nel giro
di pochi anni, ricevendo ben 4 nomination all’Oscar, sia come non
protagonista (Boogie Nights nel ‘98 e The
Hours nel 2003), sia come ‘leading actress’ (Fine di
una storia nel 2000 e Lontano dal Paradiso nel
2003). Con l’arrivo del nuovo millennio Julianne è ormai
un’interprete affermata e si può permettere di alternare opere
indipendenti a produzioni più mainstream, così nel suo CV troviamo
titoloni come Hannibal, Laws of
Attraction, The Forgotten, I figli
degli uomini e Crazy, Stupid, Love, ma anche
film d’autore come La fortuna di Cookie,
Magnolia, A Single Man e I
ragazzi stanno bene. A breve la vedremo alle prese col
remake dell’horror di culto Carrie, come a dire che
la signora non si fa mancare proprio niente… anzi, per impiegare il
tempo libero, ecco che si cimenta anche come scrittrice di libri
per ragazzi. Ed è subito best-seller.
A proposito, è appena entrata a far
parte del cast del terzo capitolo di Hunger Games, e
finalmente si è beccata la sua stella sulla Walk of Fame, la n°
2507. Le candeline, invece, sono solo 53. HAPPY BIRTHDAY
JULIANNE!