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Anche Darren Aronofsky in lista per Superman

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Anche Darren Aronofsky in lista per Superman

Anche Darren Aronofsky secondo Il Los Angeles Times  è nella lista per aggiudicarsi la regia del nuovo Superman prodotto da Christopher Nolan. La shortlist diventa sempre più ricca…ed è in continua evoluzione e che dietro le quinte Nolan e i produttori del film stanno lavorando sodo per trovare un regista a cui affidare il film in tempo per iniziare le riprese nel 2011.

Steven Zeitchik sul blog del Los Angeles Times 24 Frames rivela che Darren Aronofsky, ancora legato al nuovo film di Robocop (ma dubbioso sul fatto che venga mai realizzato), sarebbe in lizza per dirigere il reboot delle avventure dell’Uomo d’Acciaio.

Aronofsky” spiega Zeitchik, “ha discusso del film con Nolan, rivelano le mie fonti. Nolan sta intensificando la sua ricerca di un regista per il film (…) e Aronofsky ovviamente è solo uno dei tanti nomi. Nolan e la partner produttiva Emma Thomas stanno contattando una rete di registi più ampia di Krypton, tra cui figurano Zack Snyder, Matt Reeves e un numero di registi più navigati”.

Questo non significa che Aronofsky sia tra i favoriti, anche perché è ben nota la sua resistenza a lavorare a pellicole sotto il controllo delle major hollywoodiane (anche se avere Nolan come produttore dovrebbe garantirgli una certa libertà creativa).

fonte:Los Angeles Times

Anche Daniel Radcliffe agli Oscar 2013

Per lui è ancora presto per essere presente alla grande serata come protagonista, ma sembra che quest’anno Daniel Radcliffe parteciperà alla serata degli Oscar in qualitàdi ospite. Non si sa bene ancora cosa ci riserverà l’attore, però sappiamo dalla produzione che la cerimonia seguirà il filo conduttore della musica da film, come testimoniano anche le illustri presenze canore fino ad ora annunciate.

La cerimonia si terrà domenica 24 febbraio al Dolby Theatre di Los Angeles. Intanto Daniel si da da fare, dopo la partecipazione a A Young Doctor’s Notebook e al contenstato Kill Your Darlings, l’attore ha appena terminato le riprese di The F Word e Horns.

Fonte: Portus

Anche Cristiana Capotondi sbarca ad Hollywood

Da Cannes arrivano interessanti novità dal Mercato del cinema, soprattutto per quello che riguarda i talenti ‘nostrani’.

Anche Ciclope e Jean Grey in X-men: giorni di un futuro passato?

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Anche Ciclope e Jean Grey in X-men: giorni di un futuro passato?

cyclops-jean-grey-x-men-giorni-di-futuro-passatoIl cast del nuovo film di X-men continua a crescere. Oggi arriva la notizia che Bryan Singer sembra anche ansioso di riuscire ad inserire nel film anche altri due personaggi dei precedenti film, Ciclope e Jean Grey.

Anche Christian Bale in Transcendence di Wally Pfister?

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Anche Christian Bale in Transcendence di Wally Pfister?

Anche Christian Bale potrebbe entrare a far parte del cast di Transcendence di Wally Pfister, il debutto alla regia del Direttore della Fotografia Premio Oscar per Inception

Anche Charlie col Machete

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Charlie Sheen si è unito al cast di Machete Kills, il sequel diMachete firmato sempre da Robert Rodriguez. E’ lo stesso sceneggiatore

Anche Bryan Cranston tra le voci di Kung Fu Panda 3

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Bryan Cranston, assieme a Mads Mikkelsen e Rebel Wilson entra nel cast vocale di Kung Fu Panda 3, unendosi ai veterani della serie Jack Black, Angelina Jolie e Seth Rogen.

Il film, diretto Jennifer Yuh Nelson, già regista del secondo capitolo della serie, vedrà il protagonista Po proseguire il proprio viaggio a base di arti marziali e lotte contro il male, accompagnate dalle consuete scorpacciate. L’uscita del film è stata fissata per il 23 dicembre 2015.

Cranston ha già lavorato come doppiatore per la Dreamworks, offrendo la propria voce alla tigre Vitaly in Madagascar 3; l’attore sta attualmente lavorando sul reboot di Godzilla. Rebel Wilson, recentemente nel cast di Pitch Perfect apparirà in un piccolo ruolo in Pain & Gain, mentre Mikkelsen sarà sugli schermi in The Necessary Death Of Charlie Countryman.

Fonte: Empire

Anche Brad Pitt sul set di The Counselor

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Dopo aver ammirato l’elegante Michael Fassbender sul set di The Counselor, è ora il turno di Brad Pitt. Ecco infatti l’attore americano sul set del film di Ridley Scott:

Anche Blake Lively per Savages

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La scorsa settimana Blake Lively era la capofila del gruppo di attrici che sarebbero state prese in considerazione per interpretare Ofelia in Savages di Oliver Stone, anche se per la pianificazione l’attrice di Gossip Girl ha dovuto scegliere tra questo progetto e Oz:great and powerfull.

Anche Billy Bob Thornton a fianco di Downey Jr. in The Judge?

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Anche Billy Bob Thornton a fianco di Downey Jr. in The Judge?

Billy Bob Thornton è ufficialmente in trattative per recitare uno dei ruoli – chiave in The Judge, film diretto da David Dobkin, con protagonista Robert Downey Jr.

Nelle ultime settimane le caselle del cast del film sono andate progressivamente riempiendosi: a dare qualche problema è stata soprattutto la ricerca dell’interprete del ruolo del padre del protagonista, per il quale inizialmente si era pensato a Jack Nicholson, ma che poi verrà interpretato da Robert Duvall. In seguito a entrare nel cast è stato Vincent D’Onofrio; ora sarebbe la volta di Thornton, che per inciso con lo stesso Duvall ha recentemente lavorato nel suo Jayne Mansfield’s Car.

Basato su una sceneggiatura originale firmata da Nick Schenk, rivista poi da Bill Dubuque, The Judge racconta la storia di un avvocato rampante che torna nella sua città natale dopo decenni, in occasione del funerale della madre; qui scoprirà che suo padre, col quale da anni ha rotto i rapporti, è sospettato dell’uccisione della donna. Il protagonista dovrà dunque usare le sue capacità per provare l’innocenza del padre, ristabilendo con lui un legame perduto da tempo. Billy Bob Thornton interpreterebbe il procuratore che ha portato l’accusato in tribunale.

L’attore ha recentemente finito di girare due film: Red Machine, incentrato su una lotta senza quartiere contro un orso Grizzly scatenato e Parkland, ambientato sullo sfondo dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. L’attore dovrebbe inoltre partecipare a Three Nigts, commedia ambientata nel mondo del baseball, ancora in fase di pre-produzione.

Fonte: CinemaBlend

Anche Benicio Del Toro nel film di Malick con Natalie Portman!

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Ancora foto dal set di Terrence Malick con protagonista Natalie Portman e Michael Fassbender. Oggi però sul set è stato fotografato forse una nuova new entry nel film, Benicio Del Toro. Le foto confermano i rumors che volevano l’attore nel cast della pellicola.

Anche BB-8 ha il suo character poster per Star Wars il Risveglio della Forza

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Anche il tenero BB-8, nuovo droide del franchise di Star Wars, ha ottenuto il suo character poster in occasione dell’arrivo al cinema de Il Risveglio della Forza!

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Star Wars Il Risveglio della Forza uscirà sul grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include il ritorno di Harrison Ford, Carrie Fisher, Mark Hamill, Anthony Daniels, Peter Mayhew e Kenny Baker con le nuove aggiunte John BoyegaDaisy RidleyAdam DriverOscar IsaacAndy SerkisDomhnall GleesonLupita Nyong’oGwendoline Christie Max von Sydow.

Anche Anne Hathaway e Daniel Radcliffe per The Modern Ocean

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Anne Hathaway, Keanu Reeves, Daniel Radcliffe, Chloe Grace Moretz, Tom Holland, Asa Butterfield, Abraham Attah e Jeff Goldblum sono tutti pronti a salpare, letteralmente, per il prossimo progetto di Shane Carruth. Il film drammatico si intitolerà infatti The Modern Ocean e in mezzo al cast stellare vedrà recitare lo stesso Carruth.

Il precedente progetto di Carruth, Upstream Color, ha vinto il premio spciale della Giuria al Sundance del 2013, mentre quello ancora precedente, Primer, ha vinto, sempre al Sundance, il gran premio della giuria nel 2004.

Con un curriculum così prestigioso e un cast di prim’ordine, ci sono grandi aspettative in merito a questo progetto.

Fonte: Variety

Anche Adewale Akinnuoye-Agbaje in Thor 2: the Dark World!

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Arriva da Variety la notizie che Adewale Akinnuoye-Agbaje interpreterà  Kurse/Algrim il Forte nell’atteso sequel di Thor: The Dark World, che sarà diretto da Alan Taylor.

Anche Aaron Eckhart in un progetto Marvel?

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Anche Aaron Eckhart in un progetto Marvel?

Dopo che ieri vi abbiamo dati la notizia di un probabile coinvolgimento di Joseph Gordon Levitt in un film targato Marvel sul Doctor Strange, arriva oggi anche la notizia che un altro attore, che ha avuto a che fare con il mondo cinematografico DC e con Christopher Nolan in particolare, potrebbe essere stato coinvolto da un misterioso progetto Marvel ancora senza nome.

Parliamo di Aaron Eckhart che sembra aver dichiarato che la Marvel Studio l’ha contattato per offrirgli un ruolo non meglio identificato. Durante un’intervista radiofonica è stato chiesto all’attore che fu Harvey Dent/Due Facce se gli sarebbe piaciuto tornare a lavorare con Nolan o in un altro cine comic. Aaron ha risposto che sia a lui che alla Marvel piacerebbe fare qualcosa insieme un giorno…magari.

La domanda quindi è la seguente: dovremo aspettarci anche Aaron Eckhart in un progetto Marvel ? Nel video trovate l’intera dichiarazione :

Dopo aver visto Aaron Eckhart nei panni del Presidente degli Stati Uniti in Attacco al potere – Olympus has fallen, potremo di nuovo ammirare la sua presenza scenica e la sua bravura in Io Frankenstein, in cui l’attore sarà protagonista accanto alla bella Yvonne Strahovski.

Fonte: CBM

Anche a Sarkozy il suo biopic, oggi a Cannes

Anche a Sarkozy il suo biopic, oggi a Cannes

Pochi politici hanno avuto l’onore (se così possiamo definirlo) di veder raccontata sullo schermo la propria vita e ascesa.

Anch’io: trailer del film sul #MeToo, al cinema da Gennaio

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Anch’io: trailer del film sul #MeToo, al cinema da Gennaio

La due volte candidata all’Oscar Carey Mulligan (Una Donna Promettente, An Education) e Zoe Kazan (la serie Il Complotto contro l’America, The Big Sick – Il matrimonio si può evitare… l’amore no) protagoniste di Anch’io, nel quale interpretano le reporter del New York Times Megan Twohey e Jodi Kantor, che insieme hanno raccontato una delle storie più importanti di una generazione. Una storia che ha infranto decenni di silenzio sul tema degli abusi sessuali avvenuti a Hollywood e che ha cambiato per sempre la cultura americana. Anch’io è diretto dalla vincitrice dell’Emmy Maria Schrader (la serie Unorthodox) ed è scritto da Rebecca Lenkiewicz, sceneggiatrice del film vincitore del premio Oscar Ida.

Anch’io, leggi la recensione

Dai produttori vincitori degli Academy Award di 12 anni schiavo, Moonlight, Minari, Selma – La strada per la libertà e La grande scommessa e dal produttore candidato all’Oscar di Zero Dark Thirty e American Hustle – L’Apparenza inganna, il film è tratto dall’inchiesta del New York Times di Jodi Kantor, Megan Twohey e Rebecca Corbett e dal bestseller del New York Times “She Said: Breaking the Sexual Harassment Story That Helped Ignite a Movement” di Jodi Kantor e Megan Twohey.

Testimonianza del potere del giornalismo investigativo, Anche Io racconta il viaggio di reporter e redattori impegnati nell’incessante ricerca della verità e mette in luce il coraggio di coloro che sono sopravvissute e di chi ha scelto di farsi avanti per fermare un predatore seriale. Insieme, il loro impegno e la loro forza d’animo hanno dato vita a una conversazione nazionale, hanno contribuito a riportare alla luce il movimento #MeToo e alimentato una riflessione sul sistema che lo aveva reso possibile.

Anch’io vede nel cast anche la candidata all’Oscar Patricia Clarkson (Shutter Island, Schegge di April), dal vincitore dell’Emmy Andre Braugher (Homicide, Thief – Il professionista), dalla vincitrice del Tony Award Jennifer Ehle (Zero Dark Thirty, Orgoglio e Pregiudizio) e dalla candidata all’Oscar Samantha Morton (Minority Report, In America – Il sogno che non c’era).

Anch’io arriva in prima tv su SKY e NOW

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Anch’io arriva in prima tv su SKY e NOW

Ispirato dall’indagine vincitrice del Premio Pulitzer che ha mandato in frantumi un sistema corrotto dando alle donne il potere di parlare apertamente, Anch’io arriva in prima tv lunedì 20 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K.

Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il film sarà proposto in seconda serata su Sky Cinema Due.

Basato sull’indagine bomba del New York Times, Anch’io segue la straordinaria storia vera di come le reporter Megan Twohey e Jodi Kantor sono passate da perdenti a fonte d’ispirazione rompendo il silenzio che circonda la violenza sessuale a Hollywood. Determinate a svelare la verità che molti temono di dire, la collaborazione di Megan e Jodi scuote il sistema, consentendo alle donne coraggiose di riprendere forza attraverso storie di sopravvivenza in questo straordinario film della regista vincitrice di un Emmy Maria Schrader (Unorthodox, I’m Your Man), con le accattivanti interpretazioni della due volte candidata all’Oscar Carey Mulligan (Una donna promettente, An Education) e Zoe Kazan (The Big Sick – Il matrimonio si può evitare… l’amore no, Il complotto contro l’America), con la performance di Mulligan che ha ricevuto una nomination ai Golden Globe come Miglior Attrice non protagonista.

A testimonianza del potere del giornalismo investigativo e della sua influenza nel rinvigorire il movimento #MeToo, l’imponente cast del film comprende anche Patricia Clarkson (Schegge di April, House of Cards), Andre Braugher (Brooklyn 99, The Mist) e Ashley Judd (Colpevole d’innocenza).

Anch’io, in prima tv lunedì 20 novembre alle 21.15 su Sky Cinema Uno (e alle 21.45 anche su Sky Cinema Drama), in streaming su NOW e disponibile on demand. Su Sky il film sarà disponibile on demand anche in 4K per i clienti Sky Q o Sky Glass con pacchetto Sky Cinema e con servizio opzione Sky HD/Sky Ultra HD attivo. Il 25 novembre,Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il film sarà proposto in seconda serata su Sky Cinema Due.

Anatomy Awards: il premio ai migliori nudi di cinema e tv

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Anatomy Awards: il premio ai migliori nudi di cinema e tv

LVA_PHOTO_HD_30.tifLa season awards culminerà durante la notte degli Oscar, ma intanto c’è ancora molta strada da fare e premi da assegnare. Trai molteplici premi dedicati al mondo del cinema e delle serie tv, ce n’è uno, giunto alla 15esima edizione, che ci ha lasciati un po’ sorpresi, ma che ha delle innegabili ragioni di esistere. Si tratta dell’Anatomy Awards, un premio che incorona i migliori corpi visti al cinema, ovviamente come mamma li ha fatti.

Il 25 febbraio prossimo saranno annunciati i vincitori in tutte le diverse categorie del premio (che comprendono Miglior Seno, Miglior Fondoschiena, Miglior Nudo Frontale e Miglior Film addirittura), intanto però sul sito di Mr. Skin, che organizza l’evento e promuove da 15 anni il premio, è possibile leggere, e vedere, la lista completa delle nominate….perchè, sì, qualora ve lo stesse chiedendo, è un premio che prevede solo categorie al femminile.

Tra gli illustri candidati per la categoria miglior film, c’è anche il bellissimo lavoro di Abdellatif Kechiche, La vita di Adele.

A QUESTO LINK trovate il sito ufficiale su cui potete esprimere le vostre preferenze.

Anatomy Awards 2015: le vincitrici degli Oscar del nudo [foto]

Sandra Bullock, nel 2010, riuscì nell’impresa d vincere sia un premio Oscar che un Razzie Award, rispettivamente per la migliore e la peggiore interpretazione da protagonista in un film. Un’imprea simile, anche se forse più lusinghiera, è riuscita quest’anno a Julianne Moore, che dopo aver vinto l’Oscar per Still Alice, ha anche portato a casa un premio alla carriera agli Anatomy Awards 2015, ovvero i riconoscimenti di cinema che premiano i nudi femminili su grande schermo.

Ecco di seguito tutte le vincitrici:

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Alexandra Daddario ha ‘ovviamente’ portato a casa il premio per il Miglior Seno, mentre un po’ a sorpresa Keri Russel ha vinto il premio per il miglior sedere. Illustre premiata anche Scarlett Johansson, che ha vinto due premi, Miglior nudo integrale frontale e Miglior debutto di una celebrità in nudo. Che ne pensate?

L’Anatomy Awards è un premio che incorona i migliori corpi visti al cinema, ovviamente come mamma li ha fatti e che annovera solo la categoria femminile.

Anatomia di uno scandalo: recensione della miniserie con Michelle Dockery

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Scrivere la recensione di Anatomia di uno scandalo potrebbe sembrare semplice, perché la serie Netflix con Michelle Dockery e Sienna Miller si focalizza principalmente sul tema del consenso in fatto di rapporti sessuali. Un argomento chiaro e fondamentale, eppure molto sfumato. Tuttavia, la serie sviluppata da David E. Kelley e Melissa James Gibson, e basata sul romanzo di Sarah Vaughan, Anatomy of a Scandal, racchiude tutta un ventaglio di argomenti correlati che la rendono estremamente interessante anche se forse non universalmente gradita.

La trama di Anatomia di uno scandalo

Per molte serie tv, è fondamentale conoscere lo svolgersi degli eventi, ma nel caso di Anatomia di uno scandalo la trama può essere riassunta in poche parole: un rappresentante del Governo britannico viene accusato di violenza sessuale all’interno delle Camere. Un affare sporco, rischioso e pericoloso per entrambe le parti, una faccenda che potrebbe trascinare nel fango un uomo per bene con la sua famiglia e il suo lavoro, o che potrebbe mettere alla berlina ancora una volta una donna che ha tutto da perdere e che trova il coraggio di denunciare. Come in ogni situazione del genere, purtroppo molto spesso anche nella vita reale, ci sono due versioni della storia, e se i fatti sono univoci e parlano chiaro, il racconto degli stessi prende sempre una parte.

L’aspetto più interessante di Anatomia di uno scandalo è proprio questo: lo spettatore sa chi mente, i fatti vengono mostrati in maniera univoca e oggettiva, eppure, all’interno dell’aula di tribunale, lo spettatore esterno regredisce a partecipante al processo e assiste a interrogatori e arringhe chiedendosi davvero da quale parte si trovi la ragione. 

Merito di questo è chiaramente insito nella scrittura di David E. Kelley e Melissa James Gibson che riesce a dare spessore a ogni personaggio senza mai scendere nel macchiettiamo e nella rappresentazione bidimensionale. A questo si associa poi un cast, tutto inglese ovviamente, che riesce a consegnare allo spettatore delle prove di altissimo profilo, sia che si tratti della sempre impeccabile Michelle Dockery, sia che invece si parli del più discontinuo Rupert Friend che in questo caso è un credibilissimo Mister Whitehouse, funzionario del Governo e marito e padre impeccabile. 

“I Whitehouse sono dei vincenti” è questo che il padre ripete in maniera ossessiva ai suoi figli, ed è questo che i bambini, nella loro purezza, imparano e assimilano. Sono nati con il privilegio del nome e della classe e mai e poi mai possono uscire battuti da un contenzioso, o almeno è questo quello che vengono educati a credere, come suo padre prima di loro, che sin da adolescente ha sempre avuto le spalle sicure della sua posizione. È un concetto centrale della serie che punta il dito contro un privilegio (che coincide poi con quello del maschio bianco etero cis) a discapito di chi non è nato ricco, non è nato bello e, peggio ancora, non è nato uomo. Alla luce di questo, James Whitehouse fa una figura men che misera, soprattutto in confronto alle tre donne che in qualche modo ne determinano la sorte.

Anatomia di uno scandalo sienna miller

Il cast di Anatomia di uno scandalo

In Anatomia di uno Scandalo cast e personaggi vanno a braccetto. La moglie, Sophie, interpretata da Sienna Miller, è la perfetta controparte femminile del privilegio: anche lei nata nelle stesse condizioni di favore e agiatezza, si lascia convincere, e forse le fa comodo, che quei comportamenti, quella vita, quello stile di pensiero possano davvero essere giusti, comportamenti buoni per un uomo buono. Per fortuna l’arco del personaggio è molto articolato, e Miller riesce con una classe che continua a maturare con il tempo, a dare giustizia alla scrittura della sua Sophie. Naomi Scott è invece Olivia Lytton, la stagista che intreccia una relazione clandestina con il suo capo sposato e che non viene ascoltata nel momento in cui gli dice “No”. Lei è colei che ha tutto da perdere, è giovane e di talento, si è fatta coinvolgere in una relazione eticamente sbagliata, e pur tuttavia è colei che avrebbe maggiormente giovato dal silenzio. Ma non ci sta e rischia tutto pur di avere giustizia. Scott non sembra molto a suo agio nel ruolo, ma forse, a dispetto della sua importanza destabilizzante, si tratta del personaggio scritto con meno attenzione, forse perché strumentale a scuotere uno status quo.

 

Chiude questo tris Michelle Dockery, nei panni di Kate Woodcroft, l’avvocato a cui la Corona affida il compito di difendere Olivia e di perorare la sua causa. È lei che deve sostenere l’accusa di stupro contro Whitehouse, è lei che deve abbattere il pregiudizio della giuria che un uomo così affascinante e per bene non può aver commesso un atto così deplorevole. È lei che si deve stagliare contro la forma mentis della società in cui vive. I lineamenti spigolosi di Dockery la rendono fisicamente perfetta per il ruolo, ma sono le sue micro espressioni, il suo talento, la sua postura e la sua tenuta della scena a fare dell’avvocato Woodcroft un personaggio indimenticabile.

Anatomia di uno Scandalo racconta con un punto di vista interessante e approfondito un argomento delicatissimo, quale il consenso, e lo fa sfruttando una dialettica precisa e un modo di mettere in scena gli eventi certosino, avvalorato da un montaggio prezioso e mette bene in evidenza ogni momento, giocando con dissolvenze e sovrapposizioni, scivolamento da un tempo all’altro, da una scena all’altra, senza mai perdere la grazie e il gusto. È possibile guardare in streaming Anatomia di uno scandalo su Netflix.

Anatomia di una Zucchina

Anatomia di una Zucchina

“Zucchina?… Io lo chiamerei Patata con quella faccia!” (Simon)

Nonostante la sua apparente semplicità, La mia vita da Zucchina di Claude Barras è un film molto complesso dal punto di vista tecnico, e come ormai ben sappiamo lo sono tutte le pellicole realizzate con la minuziosa e lunga animazione stop-motion. Certo, non siamo ai livelli di complessità tecnologica delle produzioni di casa Laika, ma nonostante la semplificazione dal punto di vista anatomico dei burattini non è mai facile donare la vita a un esserino inanimato e renderla credibile.

Per la realizzazione del film sono stati costruiti e dipinti sessanta set, sono stati realizzati cinquantaquattro burattini e ognuno in tre esemplari e con costumi diversi. Il lavoro di animazione è durato otto mesi, al ritmo di tre-cinque secondi al giorno per ciascun animatore. Altri otto mesi sono serviti per le lavorazioni sul suono e sulla colonna sonora, nonché per tutto il lavoro di postproduzione digitale.  Complessivamente sono occorsi due anni con il coinvolgimento di una troupe di circa cinquanta persone.zucchina

Claude Barras racconta così l’impostazione che ha voluto dare al suo lavoro di caratterizzazione dei personaggi e alla successiva animazione: “Un grande disegnatore come Hergé, il creatore di Tintin, sosteneva che più la grafica di un viso è semplice, più il pubblico può proiettarvi le proprie emozioni e identificarsi con il personaggio. Sono pienamente d’accordo con lui ed è quanto io stesso provo a mettere in pratica con l’animazione a passo uno dei pupazzi, senza l’ambizione di riprodurre fedelmente la realtà ma provando a darne agli spettatori una visione rielaborata. Combinando delle voci realistiche e naturali con dei personaggi dall’estetica altamente stilizzata, ho anche tentato di conservare nel film lo stile di scrittura di Gilles Paris. Ma la chiave per entrare in questo universo restano gli occhi dei personaggi. I loro occhi enormi, spalancati sul mondo, danno un contributo essenziale all’empatia e alle emozioni.”

E aggiunge, a proposito dei tempi di narrazione e del suo stile di regia: “La mia vita da Zucchina si concentra sul mondo interiore dei suoi personaggi ed era importante per me avere i tempi giusti per i piccoli gesti, le espressioni del viso, i momenti di attesa. Anche molti aspetti del paesaggio e del tempo atmosferico rispecchiano gli stati d’animo dei protagonisti. Inoltre, ho usato spesso delle inquadrature lunghe per catturare sguardi e emozioni, piuttosto che il consueto campo e controcampo utilizzato nei film d’animazione. Questa scelta dà al film un ritmo molto originale.zucchina-1

I burattini di La mia vita da Zucchina sono alti circa 25 cm e sono stati costruiti artigianalmente uno per uno, senza ricorrere alla prototipazione 3D, ma affidandosi alle tradizionali tecniche artigianali. Sono fabbricati combinando insieme materiali differenti, come la resina per i volti, in modo da ottenere una texture grezza e graffiata, una schiuma di lattice morbida per i capelli, che potesse essere animata con facilità, silicone al platino per le braccia e imbottitura morbida in gommapiuma per i corpicini, poi coperti da abiti in maglieria e tessuto.

Anatomia di una Zucchina

Invece di ricorrere alla sostituzione delle teste o di porzioni del volto, come ormai si usa fare in tutti i grandi film in stop-motion, si è deciso di adottare una soluzione assai più semplice, ovvero sostituire solamente le bocche e le sopracciglia sopra una testa unica che ne era priva e dotata di occhi mobili. Il risultato è sorprendente, tanto semplice quanto efficace. Le teste in resina sono rigide invece che essere morbide e al loro interno nascondono delle piccole calamite che consentono di posizionare con estrema facilità le parti mobili, dando la possibilità di farle anche spostare sulle porzioni del volto. I capelli invece, morbidi e armati con il filo di alluminio, sono stati progettato come una vera e propria parrucca da applicare sulla rotondità della testa calva.zucchina10 zucchina-5

Gli scheletri sono stati realizzati artigianalmente, utilizzando dei classici snodi a sfere per la colonna vertebrale e le gambe, mentre le braccia sono state armate con del semplice filo di alluminio intrecciato, in modo da avere una morbidissima mobilità. La particolarità delle braccia è la loro lunghezza, sono infatti estremamente lunghe e se distese arrivano a toccare il terreno e oltretutto sono sprovviste di gomito, assumendo nei movimenti una singolare forma ad arco, che contribuisce a caratterizzare in maniera originale i personaggi, con una felicissima sintesi grafica. Inoltre le mani sono provviste di sole quattro dita, in moda da rendere più semplice il lavoro di animazione, che comunque risulta convincente e perfettamente funzionale alla recitazione.zucchina-6 zucchina-9 zucchina-7

Il direttore dell’animazione del film è Kim Keukeleire, nato a Seoul ma di cittadinanza belga, con un curriculum che comprende alcuni dei capolavori in stop-motion degli ultimi anni, da Galline in fuga, prodotto dall’inglese Aardman, a Fantastic Mr Fox di Wes Anderson, fino a Frankenweenie di Tim Burton.

Tra gli animatori ci sono i migliori esperti del settore nel panorama europeo, come Tim Allen e Kristien Vanden Bussche.zucchina-3 zucchina-2

E naturalmente per gestire tutto il lavoro di animazione fotogramma per fotogramma è stato utilizzato Dragonframe (il nostro approfondimento), il prodigioso irrinunciabile software ideato da Jamie e Dyami Caliri.zucchina-8

In questi backstage di La mia vita da Zucchina è possibile carpire qualche segreto sulla realizzazione dei burattini e della loro animazione. QUI e QUI

Anatomia di una caduta: recensione del film di Justine Triet – #RoFF18

Ama raccontare storie di donne Justine Triet. Lo fa anche alla Festa del Cinema di Roma con Anatomia di una caduta, dramma a carattere processuale e di approfondimento psicologico che esplora nel dettaglio, quasi dissezionandolo chirurgicamente, il rapporto di coppia tra i due protagonisti, e con il loro figlio undicenne. Il film, prima di essere presentato nel festival romano, si era già fatto notare al Festival di Cannes, dove ha ottenuto il premio più prestigioso: la Palma d’Oro.

La trama di Anatomia di una caduta

Sandra (Sandra Hüller) e suo marito Samuel (Samuel Theis) entrambi scrittori, vivono con il loro figlio Daniel (Milo Machado Graner) che ha perso la vista dopo un incidente, in una baita di montagna vicino a Grenoble. Una mattina Samuel viene però trovato cadavere sulla neve. È caduto giù dalla finestra. Se sia stato un incidente, un tentativo di suicidio, o se l’uomo sia stato ucciso, lo stabilirà il processo che seguirà, in cui la moglie, Sandra, è la principale sospettata.

La donna assume per la sua difesa l’avvocato e vecchio amico, Vincent (Swann Arlaud). Il processo porterà a ripercorrere le fasi di un rapporto travagliato, svelerà vecchi rancori, fragilità e verità nascoste, facendo luce anche su come ciascuno dei coniugi abbia elaborato l’incidente occorso al figlio anni prima. Daniel, dal canto suo, dovrà venire a patti con una nuova idea del rapporto tra i suoi genitori. Al suo fianco, sempre Snoop, il fedele cane guida.

Anatomia di un rapporto di coppia

Anatomia di una caduta potrebbe dirsi un film chirurgico. Se si parte dall’esame autoptico di un corpo, infatti, si passa presto a una disamina millimetrica, il più possibile oggettiva nelle intenzioni, del rapporto fra Sandra e Samuel. Ecco quindi che il titolo è anche metafora calzante. L’incedere minuzioso e “scientifico” è proprio del processo, che intende analizzare freddamente la relazione tra i due, per capire se lì si possano annidare i germi di una volontà omicida. Daniel, undicenne, assiste a questa dissezione e ispezione del rapporto tra i suoi e impara a conoscerli di nuovo. L’idea è buona, ed effettivamente riesce a far emergere le ombre che ci possono essere anche in una coppia che apparentemente funziona.

Anatomia di una caduta Sandra Hüller

L’incedere lento di Anatomia di una caduta

Del processo chirurgico di dissezione Anatomia di una caduta ha anche la lentezza. In chirurgia, si sa, se si sbaglia, le conseguenze possono essere gravi, e anche in giurisprudenza. L’andamento lento, però, è anche il punto debole del film, amplificato poi dal fatto, pur lodevole, che la regista proceda con particolare delicatezza nel raccontare questa storia, senza il ricorso a facili soluzioni come scene madri o spettacolarizzazioni. Le varie sfumature della vicenda vengono snocciolate a poco a poco, nell’arco di 150 minuti. Occorre ammettere che, pur con le buone interpretazioni dei protagonisti e di tutto il cast, Anatomia di una caduta risulta in certi tratti monotono e poco avvincente.

Interpretazioni sentite e convincenti

Sicuramente convincenti sono invece le interpretazioni, in special modo quella della protagonista, di cui si percepisce lo spaesamento di fronte al processo, come quello che la aveva colta nel trasferirsi in Francia da Londra, assecondando un desiderio del marito. Una donna con luci e ombre, fragilità e punti di forza. Contrasti che la rendono umana, una donna in cui ci si può riconoscere. Merito va anche al giovane Milo Machado Graner, nei panni di Daniel e al border collie che interpreta il cane guida, Snoop. Si tratta di un film non facile, molto parlato e con pochi momenti di azione, che effettivamente patisce un’eccessiva lunghezza, ma una buona analisi psicologica è la forza di Anatomia di una caduta, assieme all’intensità dei suoi protagonisti, che danno vita a momenti di coinvolgimento emotivo, seppure discontinui.

Anatomia di una caduta vince il Premio David di Donatello 2024 per il Miglior Film Internazionale

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Anatomia di una caduta di Justine Triet si è aggiudicato il David di Donatello come Miglior Film Internazionale. Il riconoscimento sarà assegnato venerdì 3 maggio nell’ambito della cerimonia di premiazione in diretta, in prima serata su Rai 1, dagli studi di Cinecittà e trasmessa per la prima volta in 4K, con la conduzione di Carlo Conti e Alessia Marcuzzi.

Già vincitore della Palma d’Oro a Cannes e dell’Oscar per la Miglior Sceneggiatura Originale, Anatomia di una caduta è un thriller psicologico che scava nei segreti di una famiglia e mette al centro un ritratto di donna provocatorio e fuori dagli schemi. Sandra, interpretata da una straordinaria Sandra Hüller, è una scrittrice che vive con il marito Samuel (Swann Arlaud) e il figlio non vedente Daniel (Milo Machado Graner) in un remoto chalet di montagna sulle Alpi francesi. Quando Samuel muore in circostanze misteriose, Sandra viene accusata di omicidio e il processo mette a nudo la relazione tumultuosa che aveva con il marito, nonché la sua personalità ambigua. Le cose si complicano quando anche il giovane figlio arriva al banco dei testimoni.

Nella cinquina dei candidati al Premio David come Miglior Film Internazionale, accanto ad  Anatomia di una caduta c’erano As Bestas di Rodrigo Sorogoyen, Kuolleet Lehdet (Foglie al vento) di Aki Kaurismaki, Killers of the Flower Moon di Martin Scorsese, Oppenheimer di Christopher Nolan. Teodora Film ringrazia i giurati dell’Accademia del Cinema Italiano e la Presidente Piera Detassis per il riconoscimento prestigioso, che conferma una volta di più il valore del film di Justine Triet, divenuto anche in Italia uno dei casi cinematografici della stagione.

Anastasia: recensione del film

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Anastasia: recensione del film

La recensione del film d’animazione Anastasia diretto da Don Bluth e Gary Goldman e targato Walt Disney.

Anno: 1997

Regia: Don Bluth e Gary Goldman

Con le voci di: Meg Ryan/Tosca (Anastasia); John Cusack/Fiorello (Dimitri); Kelsey Grammer/Franco Chillemi (Vladimir); Christopher Lloyd/Mauro Bosco (Rasputin); Hank Azaria/Fabrizio Vidale (Bartok); Bernadette Peters/Silvia Pepitoni (Sophie); Angela Lansbury/Alina Moradei (Imperatrice-vedova Maria); Kirsten Dunst/Valentina Mari (Anastasia da bambina).

Trama: Ambientato nella Russia dei primi decenni del ‘900, Anastasia parla di una giovane principessa fuggita durante la festa del trecentesimo anniversario della dinastia Romanov per sottrarsi alla maledizione lanciata dal perfido Rasputin contro la famiglia regnante.

Anastasia: recensione del film diretto da Don Bluth e Gary Goldman

Con l’aiuto del coraggioso Dimitri, la giovane figlia dello zar e la nonna della bambina, l’imperatrice Maria, riescono a fuggire, ma durante la fuga Anastasia è sopraffatta dalla folla e batte la testa, rimanendo esamine lungo la strada.

Molti anni dopo la povera orfana, certa di voler scoprire la sua vera identità, incontra Dimitri; il giovane, allettato dalla ricca ricompensa messa in palio

dalla regina madre per chi le avesse riportato la nipote scomparsa, nota immediatamente la somiglianza con la bella principessa. Così inizia il loro viaggio verso Parigi dove li attende però una regina diffidente e ormai rassegnata dopo anni di inutili ricerche e giovani imbroglioni, avidi di quel denaro.

Ma dopo un’iniziale indifferenza quel ciondolo regalatole anni or sono proprio dalla nonna durante la festa dalla quale furono costrette a fuggire convince la regina madre che Any sia la nipote perduta. Quella sera tutta l’alta società assisterà al debutto di Anastasia, ma ancora una volta, come anni prima, insieme all’affascinante Dimitri dovrà affrontare le insidie del malvagio Rasputin e del suo assistente Bartok il pipistrello, che tenteranno con ogni mezzo di ostacolarli.

AnastasiaAnalisi: Certamente uno tra i suoi progetti più ambiziosi, Don Bluth, insieme al co-regista Gary Goldman, realizza con Anastasia un cartoon in cinemascope che si propone come valida alternativa ai classici della tradizione Disney, dove ha collaborato come animatore per lungo tempo. Il tentativo di sradicarsi dalla decennale tradizione disneyana e di proporre un cartoon destinato ad un pubblico di più ampia fascia generazionale sfociano in una commedia di caratteri nella quale alla cura e alla minuzia dei ritratti similveri dei protagonisti, prevalgono una realisticità sorprendente ed una attenzione quasi maniacale nella ricostruzione di sfondi paesaggistici e di contorno assai distanti

dall’animazione sino ad allora dominante. Eppure, nonostante gli sforzi di realizzare un cartoon “evolutivo” sia dal punto di vista del racconto che dal punto di vista della grafica, è innegabile che si riscontrino tracce della lezione disneyana; a partire dalla bella favola, sebbene rivisitata in chiave digitale, supervisionata dal guru italiano Giovanni Colombo, la storia di una bella principessa derelitta per cui è facile immaginare un lieto fine, così come la presenza di simpatici co-protagonisti come il cagnolino che accompagnerà la giovane Anastasia nel suo lungo viaggio e il pipistrello albino, aiutante del malvagio Rasputin.

Ottima la scelta delle voci nella versione italiana, Tosca nei panni della gran duchessa e Fiorello nelle vesti dell’impavido Dimitri, perfettamente coerenti con la tipologia dei personaggi pensati da Don Bluth. Il carattere sonoro è persistente, quasi a voler sottolineare l’impronta teatrale e edonistica del cartone, direzionato verso l’innovativa forma del musical, e saranno proprio le voci dei due doppiatori ad interpretare le musiche di David Newman e di Stephen Flaherty, vincitori dell’Oscar nel 1998.

Anastasia: 10 cose che non sai sul film d’animazione

Anastasia: 10 cose che non sai sul film d’animazione

Anastasia è uno dei migliori film d’animazione mai realizzati. Sin dalla sua uscita al cinema nel 1997, questo lungometraggio animato della 20th Century Fox è riuscito a conquistare tante generazioni diverse.

Sebbene sia stata confusa come appartenente al mondo delle principesse Disney (e, tecnicamente, data la recente acquisizione della major ora lo è), Anastasia è sempre riuscita a distinguersi e a farsi amare per la sua singolarità.

Ecco, allora, dieci cosa sa sapere su Anastasia.

Anastasia film

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1. Si può vedere la rappresentazione di un vero dipinto. Quando Anya ritorna al palazzo di San Pietroburgo e si trova nella sala da ballo, è possibile notare la presenza del dipinto dell’incoronazione di Alexandra e Nicholas sul lato sinistro. Questa, nella realtà, è un dipinto vero.

2. La storia della dinastia Romanov era troppo truce per il film. Quando i produttori Don Bluth e Gary Goldman iniziarono le ricerche sugli eventi reali, scoprirono che la storia di Anastasia e della dinastia Romanov era troppo oscura per il film. I due , quindi, decisero di usare i fatti basilari della morte dei Romanov e della rivoluzione russa come punto di partenza, chiedendosi cosa sarebbe successo se questa ragazza fosse riuscita a scappare.

Anastasia storia vera

3. Il disegno di Anastasia è reale. Nella vita reale, Olga ha davvero detto che il disegno di Anastasia sembrava un maiale che cavalcava un asino. Questo è stato affermato dalla stessa ragazza in una lettera indirizzata a suo padre e l’immagine usata nel film è una riproduzione del disegno originale.

4. Il cane è davvero esistito. Il ritratto di tutta la famiglia presente nella sala da ballo include la raffigurazione di uno spaniel. Il cane, in realtà, è esistito davvero: si chiamava Joy e apparteneva al fratello di Anastasia, Alexei ed è stato trovato vivo nella casa in cui fu uccisa tutta la famiglia reale.

5. Un vestito è uguale ad uno reale. La vera Anastasia aveva indossato una volta quasi lo stesso vestito che Anya veste nelle ultime scene del film. Questo stesso vestito è stato visto anche nel film Anastasia del 1956.

Anastasia: Rasputin

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6. Rasputin era una figura controversa. Nella vita reale, Rasputin era il consigliere dei Romanov e anche il consigliere più fidato di Tsarina Alexandra. Si dice che Rasputin abbia detto alla zarina che stava per essere assassinato e che se uno dei suoi parenti lo avesse ucciso, tutta la famiglia Romanov sarebbe morta entro un anno. Questi fatti erano troppo tetri per essere inseriti nel film, ma ve ne è comunque riferimento nella canzone Una voce a San Pietroburgo quando viene fatto riferimento a Yussupov, il principe imparentato con i Romanov che uccise Rasputin.

Anastasia canzoni

7. Liz Callaway è stata chiamata all’ultimo minuto. Durante la lavorazione del film, si è reso necessario cambiare in corsa una delle cantanti del film. Liz Calalway, infatti, venne chiamata di corsa dal cantante Stephen Flaherty e dalla paroliera Lynn Ahrens per sostituire una cantante che non sarebbe riuscita a registrare le tracce del film. Tuttavia, la sua voce piacque così tanto che venne promossa per cantare le parti della protagonista.

8. Ci sono molti camei storici. Il numero musicale Parigi ha la chiave (del tuo cuor) include diversi camei di personaggi storici dell’epoca come Maurice Chevalier, Sigmund Freud, Charles A. Lindebergh, Josephine Baker, Claude Monet, Isadora Duncan, Auguste Rodin e Gertrude Stein.

Anastasia cast

9. Meg Ryan non sapeva se accettare il ruolo di Anya. Quando a Meg Ryan fu offerto il ruolo di Anya/Anastasia, non riuscì a decidere se accettare o meno. Dopo aver dell’indecisione della Ryan, la Fox prese una clip di Insonnia d’amore (1993) in cui l’attrice parlava e creò una sequenza animata in cui Anya parlava. Dopo averla mandata alla Ryan, lei rimase così colpita da accettare.

10. Voci particolari per l’edizione italiana. L’edizione italiana del film ha dovuto trovare delle voci che ben si prestassero per il doppiaggio, soprattutto quello di Anastasia e Dimitri (doppiati, nella versione originale, da Meg Ryan e John Cusack). Non ha caso, le voce scelte sono state quelle di Tosca e di Fiorello che si sono prestati sia per i dialoghi, che per le parti cantate.

Fonti: IMDb, Bustle, BuzzFeed

Anarchy: trailer del film con Milla Jovovich

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Anarchy: trailer del film con Milla Jovovich

Presentato allo scorso Festival di Venezia, con l’avvicinarsi del suo arrivo nelle sale, Anarchy, adattamento cinematografico del Cimbelino di Shakespeare, torna ora a mostrarsi in un nuovo trailer ufficiale:

Non è la prima volta che il cinema cerca di riadattare Shakespeare in chiave moderna, riadattandone le opere ed inserendole in un contesto attuale. Ma se con Romeo+Juliet si era puntato sul capolavoro del drammaturgo britannico, con Anarchy si è deciso di fare all-in su una delle sue opere meno conosciute, il Cimbelino.

Il film, ambientato in epoca moderna, racconterà della lotta sulle strade tra il capo di un gruppo di motociclisti spacciatori, Re Cimbelino (Ed Harris) ed un gruppo di poliziotti corrotti.

Nel cast del film, atteso al cinema per il 13 marzo prossimo, risaltano i nomi di Ed HarrisEthan HawkeMilla JovovichDakota JohnsonPenn BadgleyAnton Yelchin, John Leguizamo Delroy Lindo. La pellicola è scritta e diretta da Michael Almereyda.

Fonte: Collider

Anarchy Parlor recensione del film di Devon Downs e Kenny Gage

Anarchy Parlor recensione del film di Devon Downs e Kenny Gage

Anno: 2014

Regia: Devon Downs, Kenny Gage

Genere: Horror

Interpreti: Robert La Sardo, Sara Fabel, Tiffany DeMarco, Claire Garvey

Trama

Durante un soggiorno di vacanza in uno sperduto paesino nel cuore oscuro della Lituania, un gruppo di giovani studenti si ritrova a partecipare ad uno dei tanti rave party all’insegna di droghe e divertimenti sfrenati. Quando però uno dei compagni sparisce misteriosamente nel nulla dopo aver abbordato un’eccentrica ragazza del luogo, gli amici si mettono subito sulle sue tracce, scandagliando in lungo e in largo la cittadella senza però trovare traccia del loro coetaneo. La giovane e virginale Amy decide allora di indagare per proprio conto, e dopo aver chiesto un po’ in giro alla ricerca della strana ragazza della sera precedente, si imbatte in una piccola bottega di tatuaggi gestita da uno strano e intrigante personaggio che si fa chiamare l’Artista e che forse, dietro ad un’apparente disinvoltura ed affabilità, nasconde qualche segreto. Sarà solo l’inizio di un viaggio infernale che condurrà Amy verso una spirale di follia ed orrore dal quale sarà difficile scappare.

Recensione

Il nutrito pantheon del genere horror ci ha da sempre consegnato una parata di personaggi e figure divenute nel corso del tempo veri e propri archetipi sacri destinati ad imprimersi, chi più e chi meno indelebilmente, nella memoria collettiva. Forse, il fatto che il male, come ci insegna la psicologia spicciola da salotto borghese, si annida in ognuno di noi e per tale motivo chiunque è potenzialmente in grado di improvvisarsi capace di atti orrendi, allora l’ormai abusato titolo accademico di killer (o meglio ancora di serial killer) è stato destinato ai soggetti più disparati, ricoprendo il più vasto campionario di mestieri e occupazioni in maniera grottescamente democratica. Abbiamo avuto infatti dentisti assassini, impiegati assassini, poliziotti assassini, casalinghe assassine, persino diversi Babbo Natale assassini, ma la figura del tatuatore assassino è, a dire il vero, molto poco frequentata nel campionario del cinema dell’orrore. Se escludiamo infatti opere di inizio millennio nelle quali i temi del tatuare e dell’uccidere si relazionavano solo di sfuggita, come ad esempio in chiave thriller metropolitano in Tattoo (2002) di Robert Schewentke oppure nella farsa grottesca del thailandese Killer Tattoo (2001), la figura dell’artista capace di creare capolavori sulla superfice della pelle umana e allo stesso tempo di farsi artefice di orribili mattanze era rimasta, almeno fino ad oggi, quasi del tutto inesplorata.

Anarchy Parlor appare ad una prima rapida e approssimativa lettura un prodotto a dir poco anomalo, sia per la sua apparente sfacciataggine nell’inserirsi senza troppi crismi né giustificazioni all’interno dell’ormai ampio solco tracciato da opere coeve quali Hostel e Turistas (avallando il topico e iperabusato stereotipo del paese dell’est Europa come sinonimo di nefandezze e covo di psicopatici assassini dal gusto Grand Guignol ) sia per una dimensione narrativa e simbolica che attinge a piene mani da generi tra loro molto simili e che vanno dal torture porn più calcato sino alle frange più estreme del gore. In realtà, passato un primo momento di lecito spaesamento (così come di comprensibile irritazione), ecco che la pellicola si dipana i tutta la sua impensabile coerenza e, pare davvero strano a dirsi, anche originale capacità di assemblaggio di citazioni e rimandi ad un gustoso immaginario orrorifico dal sapore di iperealistico. Superata la fastidiosa e canonica sequenza di apertura in puro stile goliardico e condita con una miscela ormai collaudata di erotismo, droghe pesanti e un colorito linguaggio sboccato tutto post-adolescenziale, il film si addentra in atmosfere e svolte narrative sempre più cupe e suggestive, complice in primo luogo una sceneggiatura solida e onesta abbinata ad una regia fredda e ben presente, prodotto a quattro mani della coppia Devon Downs e Kenny Gage, due artigiani del genere che, senza strafare né emergere con alcun vezzo autoriale in particolare, sanno ben guidare il racconto attraverso un livello di perversione e di forza visiva sempre maggiore.

Altro grande tassello vincente del puzzle tecnico spetta poi alla rugginosa e al contempo psichedelica fotografia capace da sola di evocare emozioni forti e scenari da incubo degni di un quadro di Francis Bacon (per altro base strutturale per tutta un’estetica della distorsione corporea), senza nulla togliere ovviamente alle suggestive e crepuscolari ambientazioni cittadine (pienamente in linea con un immaginario di povertà post-regime comunista orami ben sondato da certo cinema del settore), così come in primis gli interni della perturbante piccola bottega dei di tatuaggi (o meglio, degli orrori!), strutturata con cubicoli e sotterranei che paiono esciti da un film espressionista tedesco così come dalla indimenticabile bottega da barbiere dello Sweeney Todd burtoniano.

Fuori da ogni dubbio però il vero punto nevralgico dell’intera pellicola ruota attorno alla figura travolgente quanto brutale di un intrigante e coltissimo tatuatore che pare essere stato appena partorito dall’estetica cyberpunk di William Gibson tanto quanto dalle viscere allucinogene sub-urbane di William S. Burroughs, un personaggio a dir poco estremo che le sembianze marmoree di Robert LaSardo riescono appieno a plasmare. Un assassino gentiluomo, uno psicopatico dedito ad una perversa quanto ancestrale forma d’arte che sa applicare senza alcuno scrupolo e in nome della creazione suprema. Il tatuaggio, antica pratica sociologica inizialmente impiegata come sistema di definizione dei ruoli e delle gerarchie in molte culture diverse (dalle tribù aborigene della Nuova Zelanda sino alle più recenti pitture corporali carcerarie della varie associazioni mafiose russe e giapponesi) diviene a partire dagli anni ’80 il simbolo della controrivoluzione giovanile e di quelle che Simon Frith definiva le sub-culture, collettivi anticonformisti e fortemente aggreganti capaci di opporsi al potere costituito e di eleggere a pratica di impronta identitaria l’uso dei simboli e delle figure impresse sulle superfici aptiche. Catalogata a lungo (ingiustamente) come pratica sovversiva e divenuta impropriamente sinonimo di criminalità e devianza (soprattutto associata ad un’epoca dominata dalle droghe ultra-pesanti quali LSD ed eroina), la pratica del tatuaggio è divenuta col tempo una vera e propria forma d’arte in grado di produrre splendide opere organiche, impresse su di una tela viva e traspirante quale la pelle umana, come per altro moltissimi film sin dai tempi de I racconti del cuscino di Peter Greenaway e il più recente Educazione Siberiana di Gabriele Salvatores hanno saputo ben definire. Ciò non toglie comunque che l’aura fortemente sovversiva e per certi versi misterica ed inquietante (potremmo anche dire a buon titolo disturbante) che ancora oggi avvolge la dimensione del tatuaggio e delle pitture corporee possiede una connotazione fortemente simbolica all’interno dell’atmosfera brumosa, secca e tagliente di una pellicola del genere, contribuendo non poco a sostanziare e dare man forte ad una dimensione visiva che, per prendere in prestito un’espressione mutuata direttamente dalla poetica della bit generation, potrebbe definirsi a tutti gli effetti come un’estetica della luci al neon.

Ma è proprio questo il quadro perverso su cui si regge l’intero plot della vicenda di cui Anarchy Parlor si fa testimone, ovvero l’idea grottesca quanto spietatamente fattibile di un artista del tatuaggio in cerca della superfice corporea perfetta e immacolata da usare come supporto vergine per i propri dipinti, una necessità che non si ferma alla semplice individuazione di tale superfice ma che conduce alla sua radicale asportazione dal soggetto originale (il tutto in modalità rigorosamente “a mente lucida”) in un tripudio di chirurgia invasiva che farebbe storcere il naso e ribollire lo stomaco anche ai più assidui frequentatori della factory di Eli Roth.

Se il semiologo Charles Peirce, nella sua ormai famosissima e accademica classificazione, definiva il tatuaggio un segno indicale (dove cioè il significato intraprende un rapporto diretto e materico col proprio significante, tanto da lasciare una vera e propria impronta), uscendo dalla trattazione puramente concettuale è possibile in questa sede notare con grande attenzione quanto importante divenga, all’interno dell’economia squisitamente figurativa oltre che metaforica del film, l’atto stesso della pittura corporea, un atto che assume le tinte estreme e grottesche più di una forma di arte perversa che di una classica iconografia della tortura, proponendo una gustosa commistione di corpi affettati e martoriati che citano apertamente e riprendono in maniera spudorata un ormai consolidato binomio che lega arte e corpo. Sono proprio le matrici di stampo artistico che vengono riportante alla luce, riprendendo la lunga tradizione iniziata negli anni ’50 con le primissime forma di body art (basti citare le famose atropometrie, pitture corporee di Yves Klein e Piero Manzoni) sino a giungere alle forme più estreme di accanimento fisiologico a scopo artistico generate dall’Azionismo Viennese e da alcune autori come Orlan e Stelarc, personaggi che hanno dato origine ad una forma propulsiva e deviante di performatività fisica elevando l’alterazione e l’elemento invasivo sul proprio corpo come massimo atto di espressione.

Anarchy Parlor è tutto questo, un prodotto senza infamia né lode che si prende per quello che è, una pellicola che non ci dice nulla di veramente nuovo ma che punta tutto proprio su questa consolidata dimensione dell’orrore, un orrore già visto e declinato in molti modi ma che per questa ragione risulta ogni volta ancora più feroce e sconvolgente. Se il fine ultimo del cinema di genere è quello di creare incubi e fascinazioni disturbanti, ebbene, la pellicola di Downs e Gage raggiunge appieno il suo obiettivo con sincerità d’intenti e coerenza stilistica, riuscendo nell’intento di soddisfare discretamente un palato spettatoriale ormai divenuto (forse) eccessivamente insensibile a causa della reiterazione forzata di temi e situazioni.

Anarchia la notte del giudizio: un avvertimento nella nuova clip

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Anarchia la notte del giudizio: un avvertimento nella nuova clip

Ecco una nuova clip di Anarchia la notte del giudizio.

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Anarchia la notte del giudizio uscirà in Italia il 23 luglio e avrà come protagonisti Frank Grillo, Michael K. Williams, Carmen Ejogo, Zach Gilford, Kiele Sanchez e Keith Stanfield.

Anarchia-la notte del giudizio filmGUARDA IL TRAILER DEL FILM

Tornano al fianco dello scrittore/regista/produttore James DeMonaco alcuni protagonisti del primo lavoro: Jason Blum (Paranormal Activity e Insidious), Sébastien K. Lemercier (Assault on Precinct 13), Michael Bay (Transformers), Brad FullerThe Amityville HorrorNightmare on Elm Street) e Andrew Form (Venerdì 13).

Dopo essere rimasti incollati alle poltrone con il racconto della notte più violenta d’America, tenetevi pronti a trattenere il fiato per questo nuovo capitolo. Le emozioni sono quindi assicurate e la tensione non mancherà per un film che sta già facendo parlare di sè. Al fianco dello sceneggiatore, regista e produttore James DeMonaco tornano per realizzare il nuovo capitolo del thriller “LA NOTTE DEL GIUDIZIO” Jason Blum della Blumhouse Productions (Paranormal Activity e Insidious), insieme a Sébastien K. Lemercier (Assault on Precinct 13, Four Lovers) e ai partner della Platinum Dunes, Michael Bay (Pain & Gain, Transformers franchise), Brad Fuller (The Amityville Horror, A Nightmare on Elm Street) e Andrew Form (The Texas Chainsaw Massacre, Friday the 13th).

Anarchia la notte del giudizio: nuovo trailer

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Anarchia-la notte del giudizio filmLa Universal Pictures ha diffuso il secondo trailer di Anarchia la notte del giudizio, in uscita il 18 luglio. Il film avrà come protagonisti Frank Grillo, Michael K. Williams, Carmen Ejogo, Zach Gilford, Kiele Sanchez e Keith Stanfield. Tornano al fianco dello scrittore/regista/produttore James DeMonaco alcuni protagonisti del primo lavoro: Jason Blum (Paranormal Activity e Insidious), Sébastien K. Lemercier (Assault on Precinct 13), Michael Bay (Transformers), Brad FullerThe Amityville HorrorNightmare on Elm Street) e Andrew Form (Venerdì 13). Ecco il video via Empire:

Dopo essere rimasti incollati alle poltrone con il racconto della notte più violenta d’America, tenetevi pronti a trattenere il fiato per questo nuovo capitolo. Le emozioni sono quindi assicurate e la tensione non mancherà per un film che sta già facendo parlare di sè. Al fianco dello sceneggiatore, regista e produttore James DeMonaco tornano per realizzare il nuovo capitolo del thriller “LA NOTTE DEL GIUDIZIO” Jason Blum della Blumhouse Productions (Paranormal Activity e Insidious), insieme a Sébastien K. Lemercier (Assault on Precinct 13, Four Lovers) e ai partner della Platinum Dunes, Michael Bay (Pain & Gain, Transformers franchise), Brad Fuller (The Amityville Horror, A Nightmare on Elm Street) e Andrew Form (The Texas Chainsaw Massacre, Friday the 13th).

Fonte: Empire