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Battleship: intervista a Rihanna!

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Battleship: intervista a Rihanna!

Con nel nuovo dietro le quinte sottotitolato italiano di Battleship, il nuovo film di Peter Berg con  

La guerra dei mondi: recensione del film con Gene Barry

La guerra dei mondi è il film culto di fantascienza del 1953 diretto da Byron Haskin con Gene Barry, Ann Robinson, Les Treyman e Robert Cornthwaine

  • Anno: 1953
  • Regia: Byron Haskin
  • Cast: Gene Barry, Ann Robinson, Les Treyman, Robert Cornthwaine

La guerra dei mondiIspirato all’omonimo romanzo di H.G. Wells, la Guerra dei Mondi è un classico del cinema di fantascienza anni ’50, diretto da Byron Haskin. Quando un misterioso meteorite si schianta in una zona di campagna nei pressi di Los Angeles, l’iniziale stupore e curiosità del ritrovamento muta rapidamente in terrore: l’umanità si ritroverà a dover fronteggiare un nemico terribile e spietato, una razza aliena determinata a conquistare la terra.

A differenza del racconto originale da cui è tratto, ambientato alla fine del XIX secolo, la storia si svolge nel 1953. Parlare di questo film  significa inevitabilmente richiamare alla memoria la famosa trasmissione radiofonica che Orson Welles mandò in onda nel 1938 quando, organizzando uno degli scherzi più azzardati e riusciti di sempre, gettò nel panico gran parte della popolazione americana facendo credere che degli extraterrestri fossero sbarcati sulla terra; Le coscienze del popolo americano di quegli anni così critici, funestate dalle tensioni della Guerra Fredda, furono profondamente turbate da un falso allarme così ben congeniato, tanto che ci vollero mesi affinchè le acque si calmassero.

La guerra dei mondi

Quindici anni dopo, l’uscita della pellicola di Haskin fu accompagnata (beneficiata, se vogliamo) da un carico di fortissime suggestioni angosciose, prova lampante che la preoccupazione nei confronti di una possibile invasione ignota non si era affatto sopita. Ad accrescere la curiosità, una massiccia campagna promozionale attirò la gente al cinema, in un periodo in cui il genere fantascientifico stava diffondendosi in ogni campo; giocando abilmente sul senso di colpa religioso, su questioni etiche che coinvolgono il rapporto tra Dio e l’uomo, il film fa apparire l’invasione come una sorta di punizione meritata, un castigo divino che solo di rado cede il passo a possibili cause tipiche di un semplice film di genere.

La guerra dei mondiLa splendida fotografia in La guerra dei mondi, esaltando in maniera quasi esagerata la brillantezza dei colori, caratterizza in modo suggestivo le terribili navicelle aliene,  avvalendosi delle meraviglie di un technicolor protagonista di ogni scena;  numerosissime le idee e le trovate artigianali, che donano alla pellicola un realismo sorprendente, riscontrabile soprattutto nelle forme dei piccoli veicoli guidati dai marziani che, nonostante un design che oggi potrebbe apparire goffo ed ingenuo, sono animati ed orchestrati perfettamente da una regia altamente spettacolarizzante ma allo stesso tempo attenta alle emozioni più intime dei personaggi.

Parlando di difetti riscontrabili in La guerra dei mondi, l’unico appunto che si possa fare ad un classico del genere potrebbe riguardare una certa ingenuità, ma forse è più il caso di parlare di genuinità, tipica dell’epoca in cui venne girato, da un sentimentalismo troppo semplificato per poter essere del tutto digeribile al giorno d’oggi, fino ad una plateale redenzione finale che non incontrerà il gusto di tutti. Una piccola menzione merita il finale di questa storia, da sempre oggetto di discussione, che tuttora non cessa di sollevare dibattiti e confronti tra chi lo definisce geniale, innovativo e non scontato e chi invece lo taccia di vera e propria “buffonata”.

La guerra dei mondi resta quindi una visione irrinunciabile per gli appassionati del genere, una chicca che, sotto molti aspetti, ha brillantemente superato la prova del tempo, meritando, che piaccia o no, lo status di “cult” assoluto.

Il pianeta delle scimmie: recensione del film del 1968

Il pianeta delle scimmie: recensione del film del 1968

Il Pianeta delle scimmie è il film culto del 1968 di Franklin J. Schaffner con protagonisti nel cast Charlton Heston, Roddy McDowell, Kim Hunter e Maurice Evans. 

  • Anno: 1968
  • Regia: Franklin J. Schaffner
  • Cast: Charlton Heston, Roddy McDowell, Kim Hunter, Maurice Evans

Il pianeta delle scimmie, trama

Il pianeta delle scimmieAlle soglie dell’anno 4.000, l’equipaggio ibernato di una navetta spaziale viene ‘svegliato’ allorché il veicolo si approssima ad un pianeta con caratteristiche simili a quelle della Terra.

I tre astronauti superstiti (una quarta, unica donna della missione, è morta per un guasto alla sua capsula nel corso del viaggio), sbarcano e si avviano all’esplorazione, incrociando un gruppo di esseri umani ad uno stadio primitivo di civilizzazione… Improvvisamente, vengono attaccati da un gruppo di scimmie a cavallo: uno dei tre muore, gli altri due vengono catturati.

Da qui in poi la storia seguirà le vicende di uno di loro, Taylor (Charlton Heston), il quale prima comprenderà di trovarsi di fronte a un pianeta in cui le scimmie si sono evolute mentre il genere umano è rimasto ad uno stadio primitivo,  diventando in seguito una sorta di cavia  nel momento in cui mostrerà di saper parlare correttamente; in seguito, con l’aiuto di due scimmie particolarmente sensibili, Zira e Cornelius (Kin Hunter e Roddy McDowall) e di uno scienziato più ostile, ma in fondo comprensivo, (Maurice Evans) Taylor riuscirà a fuggire assieme a Nova, donna primitiva assieme alla quale era stato imprigionato, solo per scoprire in seguito di trovarsi proprio sulla Terra che, devastata da una guerra nucleare, ha visto il genere umano regredire e le scimmie diventare la specie dominante.

Il pianeta delle scimmie, il film di fantascienza

Il pianeta delle scimmieIl pianeta delle scimmie è tratto da un romanzo del francese Pierre Boulle, rispetto al quale diverse sono le libertà narrative prese, a partire dal pianeta che nel libro non è la Terra, e dallo stato evolutivo delle scimmie che, molto più ‘tecnologiche’ nel libro, nel film hanno raggiunto uno stadio sociale molto più vicino a quello dell’Alto Medioevo, compreso l’atteggiamento della classe dominante, che conserva e il proprio potere in forza di un dogmatismo che mescola scienza e religione in modo da preservare lo status quo. L’arrivo dell’umano ‘intelligente’ metterà in crisi molte convinzioni, o meglio rischierà di portare alla luce una verità tenuta nascosta.

L’anno di uscita, 1968, è emblematico del clima che si respirava ai tempi, che alla fine influenza tutto Il pianeta delle scimmie: le tensioni razziali (simboleggiate dalle diverse specie di primati inserite nel film, coi gorilla nelle vesti di una spietata casta militare), le proteste civili (la scena dell’aggressione e della cattura dei primitivi appare riprodurre una carica della polizia nei confronti di un gruppo di manifestanti), il sogno di una coesistenza civile (con la celebre scena del bacio tra Taylor e Zira, probabilmente il primo ‘bacio inter-specie’ della storia del cinema), fino al monito lanciato a un mondo sull’orlo della catastrofe (non sono passati tanti anni dalla crisi dei missili di Cuba), con la celeberrima sequenza finale con la testa della Statua della Libertà a emergere dalle sabbie (scena che porta il pathos ai massimi livelli, con la natura di quella statua a lentamente svelata) rendono l’opera un efficace specchio delle questioni sociali che caratterizzavano quel periodo.

Allo stesso tempo, Il pianeta delle scimmie  fa segnare una svolta epocale per i trucchi utilizzati, anche se bisogna dire che sotto questo profilo non ha resistito al passare del tempo: visto oggi, può sembrare per certi aspetti grottesco, se non ridicolo, pur essendo godibile, cercando di immedesimarsi nel pubblico dell’epoca.

Il pianeta delle scimmie, caposaldo dal 1968

Il Pianeta delle ScimmieIl Pianeta delle Scimmie a oltre 40 anni di distanza resta ancora oggi un caposaldo nella storia del genere; ha forse avuto la sfortuna di uscire nello stesso anno di 2001 Odissea nello spazio, risultando già ‘vecchio’ rispetto al capolavoro di Stanley Kubrick, tuttavia col tempo si è conquistato un posto nel cuore degli appassionati e non solo, visto che  nel 2001 è stato inserito nel Registro Nazionale dei Film della Libreria del Congresso Americano, che ne ha riconosciuto il valore storico e culturale.

Il successo de Il Pianeta delle Scimmie all’epoca è stato tale da produrne ben quattro sequel, due serie tv, e due remake (poco riuscito quello firmato nel 2001 da Tim Burton, più efficace il più recente, L’alba del pianeta delle scimmie, basato in realtà su 1999 Conquista della Terra, quarto film della serie), e ha rappresentato uno degli apici del successo sia  di Charlton Heston, che del regista Franklin J Schaffner, per il quale questo fu il primo film ‘importante’ e che   in seguito diresse Patton (per il quale venne premiato con l’Oscar),  Papillon e I ragazzi venuti dal Brasile.

A riprova dell’importanza de Il Pianeta delle Scimmie vi sono anche le tante parodie e citazioni che ne sono state fatte nel corso degli anni, basti ricordare le allusioni contenute in Balle Spaziali di Mel Brooks e gli omaggi presenti in più episodi dei Simpson.

L’esperimento del Dottor K: recensione del film

L’esperimento del Dottor K: recensione del film

L’esperimento del Dottor K è il film del 1958 diretto da Kurt Neumann e con protagonisti Vincent Price, David Hedison, Patricia Owens e Hernert Marshall.

L’esperimento del Dottor K la trama

L’inizio è shockante: il corpo del professor Andre Delambre viene trovato inerte, la testa schiacciata sotto una pressa in un lago di sangue, la colpevole è la moglie, accusata di omicidio. Da qui parte un lungo flashback, che la donna racconta al cognato (Vincent Price) e al commissario Charas (Herbert Marshall), incaricato di indagare sull’accaduto.

Delambre ha creato un macchinario per il teletrasporto, e dopo averlo sperimentato su oggetti inanimati prima e su un paio di cavie animali poi, ha deciso di provarlo su sé stesso; qualcosa però va storto: al momento del test, una mosca si infila nella cabina per il teletrasporto assieme a Delambre; ne risultato due creature: un essere umano con la testa e il braccio di una mosca  e il suo inverso, un essere delle dimensioni di un insetto con sembianze umane.

La soluzione sarebbe riportare i due esseri nelle cabine per invertire il processo, ma l’insetto – umano è volato chissà dove; così, mentre gli istinti della mosca prendono il sopravvento, Delambre prega la moglie di ucciderlo prima che sia troppo tardi.

La storia viene accolta con stupore e scetticismo, ritenuta evidentemente frutto dello shock per l’atto compiuto, ma sul finale del film i due si trovano davanti alla orripilante scena della mosca umana che, in procinto di essere divorata da un ragno, chiede disperatamente aiuto…

L’esperimento del Dottor K l’analisi

L’esperimento del Dottor K è un ‘must’ per ogni appassionato del cinema a cavallo tra horror e fantascienza che si rispetti: prodotto alla fine degli anni ’50 dalla 20 Century Fox, diretto da Kurt Nemann, sulla base di un omonimo racconto di Goerge Langelan risalente a qualche anno prima, The Fly (titolo originale) si snoda su un meccanismo narrativo canonico quanto efficace: la narrazione attraverso il flashback, la vita felice della famiglia che sappiamo già andrà a finire male, il ‘momento topico’ dell’esperimento, seguito – la trovata più felice del film – da una lunga fase in cui vediamo il protagonista coprirsi la testa con un telo nero, fino al climax finale, in cui ci vengono mostrate le sue sembianze, con la celeberrima inquadratura della ‘visione moltiplicata’ da parte del mostro della moglie urlante, fino alla sequenza della mosca dalle fattezze umane che chiede disperatamente aiuto (che ancora oggi non finisce di colpire, e ne immaginiamo l’effetto ai tempi).

Il film (che ebbe due seguiti) col tempo è diventato un ‘cult’, complice anche l’ottimo remake curato da David Cronenberg a metà anni ’80. Lo status della pellicola è stato tra l’altro confermato dalla parodia dedicatagli nella serie de I Simpson.

Tra gli spunti d’interesse, sicuramente la partecipazione di un Vincent Price che per una volta non veste i panni del ‘cattivo’.

La moglie di Frankenstein – recensione del film di James Whale

La moglie di Frankenstein – recensione del film di James Whale

La moglie di Frankenstein è il film horror cult del 1935 diretto da James Whale e con protagonisti nel cast Boris Karloff, Elsa Lanchester, Colin Clive, Valerie Hobson, Ernest Thesiger

La moglie di FrankensteinIl prologo del film immagina che, come in occasione dell’invenzione del Mostro di Frankenstein, Mary Shelly, il marito Percy Bysse e Lord Byron si ritrovino nella villa ginevrina dove era stato ideato il romanzo originale,  con la scrittrice a narrarne l’ipotetico seguito.

Scampato all’incendio che concludeva il primo film, il mostro (Boris Karloff)  vaga per la campagna, salvando una ragazza dall’annegamento, unendosi brevemente ad un gruppo di zingari e infine, attirato dal suono del suo violino,  imbattendosi in un povero cieco che, ignaro delle sue fattezze, riconosce nella creatura un proprio simile e lo ospita nella sua baracca, accendendo in lui un barlume di umanità e cercando di fargli comprendere i concetti di ‘bene’ e ‘male’.

La moglie di Frankenstein – recensione del film di James Whale 

Nel frattempo, il professor Frankenstein (Colin Clive)ha giurato alla moglie (Valerie Hobson) di non riprendere più le ricerche che portarono alla creazione del mostro. Tuttavia l’incontro con un suo vecchio insegnante, il dottor Pretorius (Ernest Thesiger), cambia le cose:  questi, dopo avergli mostrato delle creature umane in miniatura (in una delle scene più suggestive e ancora oggi anche un filo disturbanti del film) frutto dei suoi esperimenti, gli propone di unire le forze per dare vita ad una nuova razza di superuomini. Frankenstein inizialmente rifiuta, ma quando Pretorius gli fa rapire la moglie, proprio dal mostro (i due nel frattempo si erano casualmente incontrati, e Pretorius aveva promesso alla creatura di dargli una compagna) è costretto a collaborare.  I due creano così la ‘moglie di Frankenstein’ la quale però, appena conosciuto il suo ‘promesso’ ha una reazione di totale ripulsa. Il mostro dà allora sfogo alla sua rabbia e, dopo aver permesso al professore e alla moglie di scappare,  distrugge il castello, sotto le cui rovine rimangono lui, la sua ‘sposa’ e lo stesso Pretorius.

La moglie di FrankensteinSecondo film della trilogia che si concluderà con Il figlio di Frankenstein, La moglie di Frankenstein è probabilmente anche migliore del primo film: ormai quasi del tutto svincolato dal riferimento letterario originale, James Whale assembla un film che, nato per ripetere il successo commerciale del primo, finisce per superarlo in profondità. Il ‘mostro’ intraprende un’evoluzione psicologica che gli farà prendere coscienza di sé, degli altri e del suo ‘posto nel mondo’; tutto questo grazie agli incontri (gli zingari, il vecchio vagabondo cieco) con altri appartenenti a categorie ‘reiette’, e utilizzando come strumento la musica (il violino del vagabondo), linguaggio ‘dell’anima’ che va oltre le apparenze.

La moglie di Frankenstein si fa dunque apprezzare sotto il profilo narrativo e, se vogliamo ‘ideale’, tuttavia allo stesso tempo soddisfa i palati degli appassionati dell’horror: Elsa Lanchester (una carriera lunghissima, cominciata negli anni ’20 e conclusasi all’alba degli ’80) è passata alla storia, ed entrata nell’immaginario collettivo dei cultori del genere – e non solo – con la sua chioma ‘sparata’ verso il cielo con le due candide striature saettanti ai lati, che per certi versi ha anticipato di quarant’anni e passa certe mode punk, è diventata un’icona, un’immagine poi riutilizzata dozzine di volte negli ambiti più disparati, specie in ambito musicale, con la sua immagine più volte usata per copertine di dischi, ma si può ricordare in proposito anche l’acconciatura di Marge Simpson, che ad essa pare in parte ispirata.

Nè,  si può dimenticare l’eccezionale parodia dell’incontro col violinista vagabondo utilizzata da Mel Brooks in Frankenstein Jr,  che ha contribuito ancora maggiormente a rendere l’originale un caposaldo.

A quasi 80 anni di distanza, La moglie di Frankenstein, ha forse perso un po’ di smalto, ma continua a rimanere un punto di riferimento essenziale del genere e uno dei punti più alti della felice stagione dell’horror anni ’30.

Il valore storico del film è stato ufficialmente riconosciuto nel 1998, quando la pellicola è stata inserita nel Registro dei Film della Libreria del Congresso Americano, diventando quindi un patrimonio nazionale.

Aspettando Area Paradiso, il debutto alla regia di Diego Abatantuono

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Il prossimo venerdì, 6 aprile, andrà in onda sulle tv italiane Area Paradiso, film d’esordio di Diego Abatantuono realizzato in concerto con il regista milanese Armando Trivellini.

eXistenZ: recensione del film David Cronenberg

eXistenZ: recensione del film David Cronenberg

eXistenZ è il film del 1999 diretto da David Cronenberg con protagonisti Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe, Don McKellar e Callum Keith Rennie.

  • Anno: 1999
  • Regia: David Cronenberg
  • Cast: Jennifer Jason Leigh, Jude Law, Ian Holm, Willem Dafoe, Don McKellar, Callum Keith Rennie

eXistenZA sedici anni di distanza dalla distribuzione del capolavoro di Cronemberg Videodrome, esce nel 1999 ExistenZ, prodotto dalla Miramax.  Siamo nuovamente di fronte all’universo allucinato del regista  canadese, ma se in Videodrome abbiamo avuto a che fare con  le grottesche avventure dell’homo videns Max Renn (James Wood), in ExistenZ, veniamo catapultati in una societa’decisamente catechizzata dai profeti della  “videocarne”, dove la protesi funzionale della società videocratica e’ rappresentata dal mondo psichedelico dei video games.

La protagonista Allegra Geller (Jennifer Jason Leigh), è la venerata creatrice del nuovissimo videogioco EXistenZ, opportunamente presentando presso una sorta di cattedrale della nuova tecnologia organica, scrupolosamente monitorata per scongiurare attacchi terroristici  da parte del Gruppo Realista. La promiscuità tra il mondo reale e il mondo virtuale e’ infatti cosi’ allarmante che per impedire l’alienazione di nuovi adepti, pronti ad abbracciare la fede della realtà simulata, si da inizio ad una vera guerra civile, il cui capro espiatorio e’ proprio miss Geller. L’eroe che riesce a salvare la vita della protagonista e’ un  bizzarro impiegato alle Relazioni Pubbliche, Ted Pikul (Jude Law), che sventato l’attentato da parte di un fondamentalista del mondo reale, fugge con Allegra per tentare di salvare l’unica copia esistente del videogioco, contenuta nel suo game pod organico, rassomigliante ad un feto.

eXistenZ: recensione del film David Cronenberg

eXistenZDa qui ha inizio un macabro alternarsi tra reale e irreale, o meglio tra reale e iperreale,  partendo proprio dalla modalita’ di accesso al videogame: il giocatore deve collegarsi al pod mediante un vero e proprio cordone ombelicale inserito direttamente nella spina dorsale; dopo aver superato il primo, traumatico step, si e’ pronti ad entrare in contatto con un cyber limbo piu’ torbido e truce di Matrix.

Anche se  non si può parlare di un vero e proprio sequel del precedente Videodrome, ExistenZ può considerarsi il manifesto della ribalta videocratica, la cui sostanza risiede proprio nell’analisi di David Cronemberg riguardante il potere persuasivo delle immagini, che in qualche modo alterano il modus vivendi della società contemporanea,  bisognosa di vivere in prima persona videoemozioni sempre più forti, violente, scioccanti.

L’iperbole visiva presentata da David Cronemberg, nonostante sottolinei come il potere persuasivo delle immagini abbia corrotto irreparabilmente la coscienza dell’essere umano, ormai non più in grado distinguere i bisogni reali da quelli indotti, presenta comunque una narrazione “lggera”, a tratti ironica se non demenziale, dove il susseguirsi delle azioni annaspa e si perde soffermandosi sulla caratterizzazione dei personaggi e sulle loro paranoie.

La paura di Ted di essere costretto a sottomettersi alla macchina organica e al contrario il rifiuto di Allegra di accettare il mondo reale come unico possibile, sono costantemente percettibili dallo spettatore, fino a che la paura stessa non li condurrà a mettersi uno contro l’altro aspettando la resa dei conti.

Effetto notte: recensione del film François Truffaut

Effetto notte è il film culto del 1973 di François Truffaut con protagonista Jacqueline Bisset, Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumont, Valentina Cortese, François Truffaut, Nathalie Baye.

  • Anno: 1973
  • Regia: François Truffaut
  • Cast: Jacqueline Bisset, Jean-Pierre Léaud, Jean-Pierre Aumont, Valentina Cortese, François Truffaut, Nathalie Baye

Considerato uno dei migliori film di sempre, il capolavoro di Truffaut è una pellicola che si presta ad innumerevoli letture ed un’opera complessa capace di intrattenere, istruire, incuriosire ed emozionare allo stesso tempo. Effetto Notte porta sullo schermo le avventure e disavventure di un regista, Ferrand (interpretato dallo stesso Truffaut) e della sua troupe, durante le riprese di un film di produzione americana girato negli studios Victorine di Nizza: Vi presento Pamela.

Effetto Notte

Questo “film nel film”, però, non è che un espediente che permette a Truffaut di rivelare ogni inganno del linguaggio cinematografico e, al contempo, di scandagliare le situazioni personali di chi il cinema lo fa e lo vive quotidianamente. La trama di Effetto Notte, infatti, segue semplicemente il corso degli eventi e degli imprevisti che possono accadere durante le riprese di un lungometraggio: le crisi degli attori, le pressioni dei produttori, le innumerevoli scelte che deve compiere il regista, le vicende amorose che si intrecciano a quelle lavorative. Una coralità di situazioni differenti, tutte unite da un solo obiettivo: finire le riprese.

L’opera però, nonostante parta dal desiderio di Truffaut di mostrare al pubblico cosa si cela dietro alla creazione di un film, è ben lontana dall’essere una semplice spiegazione delle difficoltà nascoste dietro ogni singolo fotogramma. Essa, infatti, è talmente pregna di rimandi ad altre opere e di citazioni più o meno esplicite di altri film, da poter essere considerata una vera e propria dichiarazione d’Amore alla settima Arte. Il grande cineasta francese, interpretando il ruolo del regista anche nella finzione, crea un personaggio che è il suo doppio, dimostrando di non esistere se non in un connubio quasi simbiotico con il suo cinema.

Inoltre, attraverso Ferrand, Truffaut può contemporaneamente dirigere e commentare il suo lavoro, può sia svelare alcune dinamiche fasulle del cinema hollywoodiano, sia rendere omaggio ad alcuni grandi della settima arte; può ricorrere all’effetto notte del titolo, così come all’uso del piano sequenza nelle digressioni oniriche in cui viene ricordato Quarto Potere di Orson Welles.

Ciò che rende l’opera del regista veramente grande, però, è il suo carattere universale e il contatto che ricerca da subito con lo spettatore. Infatti, pur strizzando l’occhio ai cinefili, Effetto Notte si rivolge ad un pubblico ampio, indifferenziato. Il regista non vuole escludere nessuno dalla bellezza dello spettacolo e quindi, dopo aver condotto il fruitore nella cornice adatta ad una corretta lettura del film, egli lascia che il fascino delle immagini prenda il sopravvento e che si compia il meccanismo di identificazione e di sospensione dell’incredulità, tipico del cinema classico. Tale scelta, apparentemente innocua, non solo non passa inosservata, ma diventa la causa della rottura definitiva tra Truffaut e un altro esponente della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard. Quest’ultimo, infatti, dopo aver visto Effetto Notte, chiude con una lettera ogni rapporto con il collega, considerando questo film la prova tangibile di una virata di Truffaut verso il cinema borghese e un vero tradimento nei confronti del cinema politico e di sperimentazione. Presentato fuori concorso al 26° festival di Cannes nel 1973 e insignito del Premio Oscar come miglior film straniero nel 1974, Effetto Notte, al di là dei gusti personali, meriterebbe un posto d’onore in ogni cineteca.

Il fascino discreto della borghesia: il film di Luis Buñuel

Il fascino discreto della borghesia: il film di Luis Buñuel

Il fascino discreto della borghesia è un film del 1972 diretto da Luis Buñuel con protagonisti Fernando Rey, Paul Frankeur, Delphine Seyrig, Milena Vukotic, Michel Piccoli, Bulle Ogier, Julien Bertheau, Stéphane Audran e Jean-Pierre Cassel.

Pedagogia o esorcismo? Delirio onirico o realtà? Cinismo o oggettività? Sembrerà forse bizzarro analizzare il cinema inquieto di Luis Buñuel, ponendo quesiti di questo calibro. Il film in questione, già nel titolo ingannevole Il fascino discreto della borghesia, ci illumina parodiando delle risposte.

Il fascino discreto della borghesiaIl soggetto della trentesima pellicola del regista spagnolo, è appunto la borghesia, i cui rappresentanti appaiono come un unico manichino tragico, composto da corpi convenzionali che imprigionano anime perverse: Don Rafael, (Fernando Rey), l’ambasciatore dell’irreale repubblica di Miranda, i suoi compari Thévenot (Paul Frankeur) e Sénéchal (Jean-Pierre Cassel), accompagnati dalla signora Thévenot (Delphine Seyrig), concubina segreta di Don Rafael, dalla signora Sénéchal (Stéphane Audran), dalla bella Florence (Bulle Ogier), vassalla dei signori Thévenot, ed infine dal vescovo (Julien Bertheau), futuro giardiniere di casa Sénéchal.

I tre bontemponi, invischiati in un traffico illecito di droga, costantemente in guardia senza mai spalleggiarsi, vagano perduti in nastri di celluloide, rincorrendo il desiderio di poter consumare un pasto in comunione. Durante tutta la pellicola, immagini fallaci danzano intorno alla realtà in veste di macabri incubi, dove le paure più profonde della classe borghese fagocitano il suo fascino discreto, rendendola schiava del proprio subconscio.

Il fascino discreto della borghesiaIl regista del Perro andaluso, gioiello del cinema surrealista, catapulta il suo pubblico in un allucinogeno terzo girone dantesco, quello dei golosi, la cui punizione consiste nel tenere celate le più oscure ambizioni e i più bassi desideri, alla ricerca di un equilibrio fittizio.

L’armonia bramata, raggiungibile attraverso la condivisione del cibo, è soltanto sfiorata durante incredibili viaggi onirici che mai si realizzano. I sogni infatti sollecitano la fantasia dei personaggi con violenza, tirando lentamente fuori gli istinti animaleschi, sintomi di un inguaribile frustrazione.

Il fascino discreto della borghesia, il film

Il burattinaio Buñuel, maneggiando con maestria i fili della trama senza farli intrecciare, riesce a delineare le anamnesi dei personaggi, scelti per mettere in scena una grottesca commedia. In questo contesto, la sceneggiatura sembra parafrasare l’interpretazione dei sogni di Freud, dove la cupidigia, l’intolleranza e l’insoddisfazione appaiono nel sonno come fantasmi di un vissuto irrisolto.

Ciò che più colpisce è forse la capacità del regista di non creare delle aspettative: l’intreccio sospeso e convulso, la fruizione voyeuristica, e il ritmo stonato che caratterizzano il film, rendono impossibile allo spettatore sia di immedesimarsi nei personaggi, sia di sperare nella loro catarsi. Per questo forse la pedagogia Buñueliana viene scambiata per puro cinismo. In realtà ciò che Buñuel vuole lasciar intendere è che la solitudine dei personaggi, di fatto respinta, è in realtà profondamente voluta, rappresentando il vero traguardo.

Nella loro individualità infatti ogni cosa è permessa, ogni azione è priva di vincoli morali, e il patto hobbesiano della civile convivenza viene sacrificato in nome dell’autoaffermazione. Eppure l’emancipazione sociale ed economica dei personaggi sembrerebbe delineare una condizione ideale, che invece viene smentita dalle loro continue ossessioni. Ciò che vivono è un buffo paradosso: intenti a mantenere il fascino discreto, combattono contro i loro istinti primitivi, tenendo separati i due scomparti esistenziali grazie all’ipocrisia. Il quadro che scarica il peso sul chiodo della coscienza, è però troppo fragile per sostenere l’insostenibile…

Titanic 3D: recensione del film di James Cameron

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Titanic 3D: recensione del film di James Cameron

Titanic 3D – “Sono il re del Mondo!” Chi non ricorda queste parole al cinema? Un giovanissimo Leonardo DiCaprio/Jack Dawson, dalla prua del Titanic , gridava queste parole al vento, felice come un ragazzino aver vinto ad una mano a poker il biglietto per il viaggio inaugurale del transatlantico “inaffondabile”.

Sono passati 15 anni e l’emozione di vedere Titanic al cinema non cambia di una sola virgola. Inutile parlare della tecnica sopraffina, della lezione di regia, degli effetti speciali (letteralmente) da Oscar, delle straordinarie interpretazioni di un cast allora semi-sconosciuto, sono tutti elementi che hanno avuto 15 anni per trovare il loro spazio in recensioni, articoli, speciali, approfondimenti, interviste, dichiarazioni.

Quello che vale davvero la pena sottolineare è che Titanic di James Cameron è l’ultimo grande classico che il cinema ha prodotto. Dal 1997 ad oggi molti film hanno creato grandi emozioni, grande seguito e molte lacrime, ma Titanic, nella sua imponenza, nella sua grandezza visiva, nella sua incredibile e crudele valenza di documento storico e tremendo omaggio ad una enorme tragedia dell’umanità, riesce ancora oggi ad essere credibile, emozionante, straziante, grandioso.

Titanic 3D, il film James Cameron

Il film di Cameron, dal 6 aprile di nuovo al cinema per commemorare i 100 anni dal varo e dalla partenza dal porto di Southampton, è stato convertito per l’occasione in 3D, un lavoro che dal maestro e regista di Avatar ci aspettavamo decisamente fatto meglio. La stereoscopia infatti, oltre ad essere solo accennata a valida in pochissime sequenze spettacolari, non aggiunge nulla al film, rendendone solamente più scomoda la visione.

Tuttavia è incredibile constatare come, alla fine, sulle note di My Heart Will Go On, le oltre tre ore di film siano volate così velocemente. L’aspetto romantico di Titanic, che ne costituisce il nucleo narrativo centrale, è tutt’oggi vivido e valido: la passione totale di Rose e Jack riesce ancora oggi a catturare l’attenzione, ad emozionare, a rendere vivido il terrore di quella notte, l’incredibile pena per tutte le anime morte nel gelo dell’Atlantico e a rabbrividire di fronte all’infinità stupidità umana. Tornare a vedere al cinema Titanic vale la pena, con o senza 3D, e ne varrà la pena ancora per molti, molti anni a venire.

Sacha Baron Cohen: l’uomo che tutti amano odiare

Sacha Baron Cohen: l’uomo che tutti amano odiare

Sacha Baron Cohen – Tutto ebbe inizio con Ali G.  Era il 1998 ed Eminem e l’hip hop erano la cultura più di tendenza del momento. In uno spettacolo comico inglese su Channel 4, 11 O’clock show, che ebbe il merito di lanciare anche la carriera di Ricky Gervais, apparve per la prima volta un goffo e incomprensibile rapper, appunto Ali G. Il personaggio ebbe così tanto successo che due anni dopo sullo stesso canale via cavo britannico iniziò Da Ali G show, uno spettacolo sullo stile del David Letterman in cui un improbabile intervistatore, Ali G appunto, agghindato con abiti rap e parlata in gergo prendeva per i fondelli, intervistandoli, alcuni personaggi importanti. Questo fu il primo dei personaggi estremi e stereotipati all’eccesso che Sacha Baron Cohen impersonò.

La biografia di Sacha Baron Cohen

Discendente di una famiglia ebrea ortodossa e quindi probabilmente carico della satira yiddish che li caratterizza, Coen porta in scena personaggi al limite della sopportazione umana e che infatti spesso finiscono per essere picchiati o trattati malamente, oltre che minacciati di morte da alcune culture che non gradiscono la presa per i fondelli. Guardando indietro nella carriera di Sacha Baron Cohen infatti, alla fine Ali G è sicuramente il meno esplosivo delle caratterizzazioni del comico, che viene utilizzato in tutta la sua eccentricità anche da Madonna, nel video di Music e poi trova la sua fine nel film Ali G is in da house, fallimentare al botteghino.

Di qualche anno dopo, del 2004,è il personaggio di Borat, che appare per la prima volta su Mtv e genera un putiferio di commenti a causa dei suoi costumi poco ortodossi nei confronti dell’Occidente. Si tratta infatti  di un presentatore della tv nazionale kazaka che nel film omonimo intervista persone comuni per indagare sugli usi e costumi americani.

Il film, che stavolta sbanca il botteghino, ha per sottotitolo Studio culturale sull’America a beneficio della gloriosa nazione kazaka, può essere preso come un documentario alla Michael Moore, visto che mette alla berlina e ridicolizza alcune delle fissazioni classiche americane, come quella per le armi, che lascia a Borat e ovviamente a Baron Coen anche qualche cicatrice; le persone intervistate non si rendono conto di essere davanti ad un comico e quindi quando le domande del personaggio diventano offensive, non ci sono filtri alla loro reazione.

Sacha Baron Cohen: l’uomo che tutti amano odiare

Chiuso il capitolo Borat, finalmente Sacha Baron Cohen diventa un attore senza (troppe) maschere e nel 2007 viene usato come barbiere contrapposto a Johnny Depp da Tim Burton nel suo Sweeney Todd, anche in questo caso però il personaggio che interpreta è fortemente caratterizzato; si tratta infatti di un irlandese che si spaccia per napoletano.

Sacha Baron CohenSacha Baron Cohen offre intanto la sua voce per gli animali di Madagascar e poi dà spazio ad  un altro dei suoi personaggi, presente già in Da Ali G show, che si focalizza su di un altro stereotipo, quello del presentatore di moda gay, anche questo portato agli estremi: Bruno  è un anchorman austriaco che nessuno conosce e che realmente irrompe durante la sfilata milanese del 2008 di Agata Ruiz DeLa Prada e che realmente viene picchiato e portato via dalla sicurezza. Il film però non ha il successo sperato.

 In questi ultimi anni il trasformismo di Sacha Baron Cohen si era  placato, nonostante non passi inosservata la caratterizzazione dei personaggi che gli capita di interpretare; nonostante sia solo comprimario della scena, infatti, il suo guardiano della stazione nell’ultimo film di Martin Scorsese Hugo Cabret ruba la scena agli altri attori, fosse solo per la sua gamba difettosa. Vedremo che personaggio porterà in scena nella nuova produzione di Quentin Tarantino Django unchained e si attende anche l’uscita del nuovo personaggio a cui è dedicato un nuovo film: Il dittatore, che governa uno stato non ben definito, che somiglia sia a Fidel Castro che a Bin Laden e che come quest’ultimo lancia messaggi video per parlare ai suoi sostenitori. Il film è infatti supportato da una campagna virale che ha fatto la sua prima apparizione pochi giorni prima dell’assegnazione degli Oscar, in cui in un video il dittatore si diceva molto amareggiato di non essere stato invitato alla cerimonia

Il dittatore ha anche un profilo twitter attraverso il quale lancia i suoi strali contro tutti, ed è ormai prossima l’uscita del film nelle sale statunitensi. L’anno scorso si parlava anche di una scrittura per Sacha Baron Cohen come interprete ideale per un film biografico su Freddie Mercury, il compianto leader dei Queen, ma del progetto sembrano essersi perse le tracce.

Uscite al cinema del 4 e 6 aprile 2012

Uscite al cinema del 4 e 6 aprile 2012

Mercoledì 4 aprile –  Biancaneve: Trasposizione cinematografica della nota fiaba. Dopo la scomparsa del re magnanimo, la perfida regina ha rinchiuso la figliastra Biancaneve nel palazzo e ha preso il controllo del regno, sperperando il denaro del popolo e vessando corte e servitori. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, però, Biancaneve esce di nascosto dalla reggia per andare a vedere con i propri occhi in che condizioni si trova il reame che il padre le ha lasciato, e s’imbatte prima in un ricco e giovane principe di passaggio e poi in sette nani briganti, che l’aiuteranno a trovare il coraggio di ribellarsi alla matrigna.

Pirati! Briganti da strapazzo 3D: Il Capitano Pirata ha un sogno: vincere il premio “pirata dell’anno”, per farlo dovrà però battere rivali agguerriti e molto più “predoni” di lui. Non potendo vantare ricchi bottini o forzieri espugnati o ancora montagne di dobloni su cui surfare, riunisce la sua ciurma di disperati in una serie di arrembaggi che lo portano a contatto con un giovane Charles Darwin, il quale riconosce in quello che il capitano chiama pappagallo, l’ultimo esemplare di Dodo sulla Terra. Convinto che la presentazione del raro animale alla comunità scientifica gli frutterà i tesori necessari a diventare pirata dell’anno, il capitano si reca a Londra dove però troverà il più acerrimo nemico della pirateria, la regina Vittoria.

I più grandi di tutti: “I Pluto” erano rock band di provincia nata a Rosignano Solvay. Oggi però Loris si è sposato e ha un figlio che frequenta le elementari. Maurilio, detto Mao, fa il barista dietro il bancone di un locale. Rino lavora in fabbrica e vive con il padre anziano e Sabrina conduce una vita agiata con l’uomo per cui lasciò Mao. Un giorno Loris riceve la telefonata di Ludovico Reviglio che gli propone un’intervista in video che faccia ritrovare tutta la band. C’è un compenso e anche la possibilità di un concerto di rientro.

Act of Valor: Mentre nelle Filippine un terrorista ceceno noto come Abu Shabal fa saltare in aria l’intera ambasciata degli Stati Uniti, in Costa Rica un’agente della CIA sotto copertura studia i movimenti di uno dei signori della droga più potenti del mondo, un magnate ucraino detto Christo. Quando la donna viene catturata dagli uomini di Christo e torturata affinché riveli informazioni segrete sul governo, una squadra di Navy SEAL, le truppe speciali dell’esercito americano, entra in azione per liberarla. L’operazione è cruenta e non priva di feriti gravi, ma le informazioni in mano all’agente fanno emergere un quadro non meno nefasto, in cui i rapporti fra il terrorista e il trafficante sono molto stretti e preludono a un nuovo 11 settembre.

Fastest: Il film racconta sul grande schermo attraverso il mito di Valentino Rossi e la voce narrante di Ewan McGregor (Moulin Rouge, Star Wars, Trainspotting) l’emozionante ed impressionante realtà del Campionato del Mondo MotoGP: le cadute più difficili, l’impegno, il coraggio e la passione che questo sport richiede ed esige dai suoi protagonisti.

Venerdì 6 aprile –  Titanic 3D: Torna sugli schermi in versione 3D il film culto diretto da James Cameron. Alle 23 e 40 di domenica 14 aprile la nave si scontra con un iceberg che le apre uno squarcio di novanta metri nella fiancata. In tre ore e mezza il Titanic affonda. Dei 2228 imbarcati se ne salvano 705. La vicenda centrale del film è l’amore tra Rose e Jack, lei di famiglia aristocratica, e lui pittore che viaggia in terza classe.

Amore liquido: Mario è un quarantenne operatore ecologico della città di Bologna affetto da pornodipendenza. Durante il mese di agosto Mario è costretto a rimanere in città quando questa praticamente si svuota e diviene una sorta di città fantasma. Vive nel centro storico della città con l’anziana madre costretta, dopo un ictus, su una sedia a rotella e alle cure costanti di Olga, un’infermiera rumena di cinquanta anni che la accudisce quando Mario è al lavoro. Durante questo periodo Mario però fa un incontro tanto casuale quanto inaspettato con Agatha, una giovane ragazza madre che irromperà nella sua vita, fino a quel momento monotona e solitaria, come un vero e proprio ciclone, risvegliando in lui affetti e sentimenti da tempo sopiti e con i quali Mario sarà costretto a fare i conti.

Pollo alle prugne: Tehran, 1958. Nasser Ali è un virtuoso del violino, che la moglie ha fatto a pezzi, infrangendogli il cuore. Perduto il suo strumento, Nasser prova inutilmente a sostituirlo, spingendosi in botteghe di città lontane. Fallito ogni tentativo e incapace di essere altro che un musicista, Nasser si lascia morire nel suo letto davanti agli occhi smarriti dei suoi figli e di una consorte mai amata. Negli otto giorni che precedono la sua cercata dipartita, Nasser ripercorrerà come in una favola la sua vita e il dolce segreto che l’ha ispirata.

Good as You: Otto personaggi (quattro uomini e quattro donne), osservati per due anni mentre affrontano nevrosi sentimentali, frustrazioni lavorative, piccoli e grandi tradimenti. Ma il dettaglio fondamentale è che i protagonisti sono tutti gay. Alcuni dichiarati e convinti, altri indecisi, chi invece preferisce sia uomini che donne, in una tranquilla bisessualità.

Piccole bugie tra amici: Dopo una notte brava in discoteca, Ludo ha un brutto incidente in moto e viene ricoverato d’urgenza in ospedale. I suoi migliori amici, dopo aver visto la gravità delle sue condizioni ma esser stati rassicurati dai medici sulle possibilità di recupero, decidono ugualmente di partire per l’annuale ritrovo a Cap Ferret. Là, Max, il più ricco ma anche il più pedante del gruppo, ha una villa dove tutte le estati invita gli amici di sempre a trascorrere qualche settimana fra vita di mare e gite in barca sull’oceano. La vacanza, anziché calmare gli animi, farà emergere tutte le nevrosi, le paure e le incomprensioni tenute nascoste da una vita.

Roland Emmerich alla direzione del thriller White House Down

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Dopo averne acquistato per 3 milioni di dollari i diritti da James Vanderbilt la settimana scorsa, la Sony Pictures è in trattative con il regista tedesco di Independence day,

Adam Sandler nel remake di Summer School

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È già voglia d’estate per Adam Sandler! L’attore e la sua Happy Madison si preparano a riportarci indietro agli anni ’80 con il remake di Summer School – Una vacanza da ripetenti

I più grandi di tutti: ecco cosa ne dicono Carlo Virzì e il cast

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Terrazza Martini, Milano. Oltre al regista, Carlo Virzì, è presente quasi l’interno cast alla conferenza stampa che segue la proiezione di I più grandi di tutti. Il film, nelle sale dal 4 aprile, porta sullo schermo la storia di quattro rockers degli anni ’90, i Pluto, che, grazie all’entusiasmo di un giornalista musicale, si trovano di nuovo a salire insieme su un palcoscenico.

Angeli della morte per il sequel di The Woman in Black

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Angeli della morte per il sequel di The Woman in Black

Con un guadagno di oltre 33 milioni di sterline nella sola Gran Bretagna e un incasso di 120 milioni di dollari in tutto il mondo, The Woman in Black si è attestata quale

Un sequel di Prometheus con James Cameron alla regia?

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Un sequel di Prometheus con James Cameron alla regia?

Secondo le sue ultime dichiarazioni in occasione della première del Titanic in 3D, dopo il ritorno dall’avventurosa missione per le profondità della Fossa delle Marianne, James Cameron avrebbe prefigurato la possibilità di dirigere il sequel del Prometheus di Ridley Scott.

Quale prequel di Alien, capolavoro di Scott del 1979, il film lascerebbe peraltro, nelle parole di Cameron, delle questioni sospese legate ad uno spazio temporale di qualche anno tra il primo e il secondo film, ed è in quel vuoto temporale che si troverebbero molte delle riposte agli interrogativi che Prometheus lascia aperti. O, almeno, questo è il materiale su cui il regista potrebbe o ha pensato di lavorare.

L’idea di un eventuale sequel gli sarebbe tra l’altro venuta proprio da un confronto con Ridley Scott durante uno scambio di riflessioni sui loro progetti.

Comunque, nonostante le indiscrezioni – messe in dubbio da non pochi giornali del settore, che hanno persino caldeggiato l’ipotesi di un ‘pesce d’aprile’ – nulla di ufficiale c’è su un possibile passaggio di testimone.

(fonte: guardian.co.uk)

Djando Unchained: prime foto di Christoph Waltz dal set!

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Arrivano le prime immagini del cast dal set dell’ultimo attesissimo film di Quentin Tarantino: Django Unchained. Nonostante il grande riservo oggi arrivano le prime immagini di Christoph Waltz:

Waltz interpreta un cacciatore di teste tedesco che unisce le forze con uno schiavo in fuga (Jamie Foxx) per salvare sua moglie (Kerry Washington) dalle grinfie di un perfido latifondista (Leonardo DiCaprio).

Vi ricordiamo il nostro speciale sul film: Django Unchained

Fonte: Via ChristophWaltzFans.com Badtaste.it

Nomination Razzie Awards: che vittoria per Jack e Jill!

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Nomination Razzie Awards: che vittoria per Jack e Jill!

Signore e signori, ecco il film peggiore del 2011! Un pienone di premi per Jack e Jill – la commedia di Dennis Dugan con Adam Sandler, Katie Holmes e Al Pacino – alla 32ma

I più grandi di tutti: recensione del film

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I più grandi di tutti: recensione del film

I Più grandi di tutti porta sul grande schermo la storia dei Pluto, un gruppo rock in voga negli anni ’90 che, dopo essersi sciolto, ha fatto perdere le proprie tracce. Infatti, i componenti della band, dimenticati i sogni di gloria da palcoscenico, hanno continuato le loro vite lontani dal panorama musicale: Mao (Marco Cocci) è un barman pieno di debiti, Sabrina (Claudia Pandolfi) si è sistemata con un uomo serio e perbene, Loris (Alessandro Roja) si è sposato ed ha un figlio, mentre Rino (Dario Kappa Cappanera) è un operaio con contratto a tempo indeterminato. I quattro, però, vengono inaspettatamente contattati da un giornalista musicale, Ludovico Reviglio (Corrado Fortuna) che, da sempre innamorato della loro musica, vorrebbe fare un documentario su di loro, corredato da un’intervista.

I più grandi di tutti, il film

L’opportunità di tornare alla ribalta sembra inizialmente infastidire gli ex-rockers, chiusi ormai nelle loro vite monotone e spente, ma poi, grazie all’entusiasmo di Ludovico (e ad una consistente somma di denaro) i Pluto accettano di concedere un’intervista al giornalista e di tornare a suonare in occasione di un grande concerto. I più grandi di tutti, diretto da Carlo Virzì (fratello di Paolo Virzì) e in uscita nelle sale il 4 aprile, è una commedia sorprendente sotto diversi punti di vista. Il regista, infatti, che firma anche la sceneggiatura e le musiche, riesce ad omaggiare un certo tipo di musicisti, quelli tagliati fuori dai grandi circuiti e che si muovono con un camioncino scassato per suonare di fronte a quattro persone e, contemporaneamente, a creare un film che fa una velata critica al sistema musicale italiano.

I più grandi di tutti, inoltre, ha il merito di trovarsi molto lontano rispetto alle commedie dalla sceneggiatura e fotografia approssimative cui siamo (purtroppo) abituati. Qui ogni personaggio ha una sua parabola, una sua storia e, grazie all’ottimo cast, un’interpretazione credibile. A questo proposito è interessante notare come, proprio per una scelta registica (e promozionale) il film si diverta a giocare sul sottile confine tra finzione e realtà. Nei titoli di coda, ad esempio, scorrono mini interviste a grandi artisti italiani che dicono la loro sui Pluto e su youtube si può trovare un loro video (Vado al mare, tratto dal loro album Paraculo), un fake creato appositamente per creare curiosità e aspettative (e che ha già quasi 3000 visualizzazioni).

Il film di Virzì, quindi, oltre a far sorridere, racchiude in sé una sorta di nostalgia per i sogni infranti del passato, una riflessione sul presente e uno spiraglio aperto per il futuro. Davvero niente male.

Box Office ITA del 2 aprile 2012

La Furia dei Titani apre in prima posizione, seguito dalla commedia tricolore Buona giornata. Quasi amici regge saldamente al terzo posto, mentre le altre new entry non decollano affatto.

Per la conquista della prima posizione al botteghino italiano, era prevedibile un testa a testa fra il kolossal americano e la commedia italiana e così è stato, benché con un certo distacco.

La Furia dei Titani stacca di meno di mezzo milione Buona giornata, conquistando il primo posto. Il sequel di Scontro tra Titani non ottiene tuttavia un risultato particolarmente esaltante: incassa infatti 1,2 milioni di euro, mentre il prequel aveva debuttato due anni fa con 3,1 milioni. Il passaparola potrebbe tuttavia aiutare La Furia dei Titani ad andare poco meglio del capitolo precedente, ma il sovraprezzo 3D resta ancora una volta il limite che potrebbe frenare tale possibilità.

Il week-end prepasquale non si mostra particolarmente positivo neppure per l’ennesima commedia italiana. Buona giornata si accontenta infatti del secondo posto, non arrivando neppure al milione: il film dei fratelli Vanzina non va infatti oltre i 947.000 euro.

Continua invece a brillare decisamente Quasi amici, che dopo sei settimane si mantiene ancora sul podio. Il fenomeno francese conferma infatti la terza posizione con 730.000 euro, superando il tetto dei 10 milioni: la commedia con François Cluzet e Omar Sy giunge infatti a ben 10,6 milioni totali, dopo essere diventato il film francese con il maggiore incasso registrato in Italia.

E’ nata una star? scende al quarto posto con 536.000 euro, superando i 2 milioni complessivi in dieci giorni.

Tutt’altro che brillante l’esordio di Romanzo di una strage, che apre in quinta posizione con 533.000 euro in 250 sale a disposizione.

Dopo il primato conquistato la scorsa settimana, Ghost Rider – Spirito di Vendetta precipita al sesto posto con 494.000 euro, per 2,1 milioni totali.
The Raven scende in settima posizione, giungendo a 1,2 milioni con altri 345.000 euro alla sua seconda settimana. Magnifica presenza conferma il pessimo andamento apprestandosi ad abbandonare la top10: il film di Ferzan Ozpetek scende infatti all’ottavo posto con 249.000 euro, arriva a 2,7 milioni totali e difficilmente andrà oltre i 3 milioni.

Pessimo risultato per l’altra new entry, Marigold Hotel, che debutta soltanto al nono posto. La commedia con un eccellente cast british in trasferta in India raccoglie infatti 165.000 euro con oltre 130 copie a disposizione.
Chiude la top10 Posti in piedi in Paradiso, giunto a 9 milioni complessivi con altri 150.000 euro.

Il successo teatrale “Agostino” diventa un film dal titolo: TUTTI CONTRO TUTTI.

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Iniziano oggi le riprese di TUTTI CONTRO TUTTI di Rolando Ravello. Il film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci e distribuito da Warner Bros. Pictures Italia, vede l’esordio alla regia di Rolando Ravello, presente anche come protagonista del film nel ruolo di Agostino.

Seafood – Trailer italiano

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Seafood – Trailer italiano

Dal 4 maggio 2012 al Cinema – Quando dei bracconieri rubano decine di sacchi di uova dal suo reef, il mini-squalo Pup inizia la sua personale missione: salvare i suoi potenziali fratelli e sorelle. Questa missione di salvataggio lo porta fuori dall’acqua nel mondo degli umani, un luogo pieno di grande bellezza e pericoli. Terrorizzato per la sicurezza di Pup, lo squalo pinna bianca Julius decide di andare con lui per proteggere il suo migliore amico …con un abito stravagante che gli permette di respirare anche fuori dall’acqua! Nel frattempo, forze del male escogitano un piano diabolico per invadere la barriera corallina in assenza degli squali! Pup e Julius faranno in tempo a salvare tutti?

The Avengers: la Vedova Nera!

The Avengers: la Vedova Nera!

Vedova NeraTutto sui Vendicatori: Vedova Nera E’ una spia. E’ un’orfana. Combatte per l’eguaglianza. E’ russa. E’ una Vendicatrice. Non possiede superpoteri, né un’armatura da 1 miliardo di dollari, ciononostante Vedova Nera è senza dubbio fra i membri più pericolosi del gruppo degli Avengers.

Addestrata dal governo russo per diventare un agente segreto ed un’assassina, Vedova Nera ha affrontato alcuni dei membri più pericolosi dei Vendicatori, fra cui Iron Man e Capitan America prima di liberarsi del lavaggio del cervello subito in Russia, e disertare a favore dell’America, unendosi ai Vendicatori. Da quel momento si è dimostrata un’alleata preziosa sia all’interno gruppo, sia al fianco dei suoi singoli membri, quali Captain America e Daredevil.

Vedova Nera“Il look di Vedova Nera è fantastico perché sfoggia una favolosa capigliatura rossa e un corpo fasciato da un attillato costume nero da battaglia”, spiega lo scrittore Greg Rucka, attualmente impegnato nel progetto di PUNISHER, e autore, in passato, di due serie sul personaggio di Vedova Nera. “Nell’insieme è difficile tenere testa alla sua competenza. E’ una professionista assoluta, e senza dubbio la più addestrata della squadra. Per non parlare della sua intelligenza e della sua sagacia!. Il suo personaggio presenta inoltre l’elemento del sacrificio: Vedova Nera ha rinunciato a molto, per arrivare dove si trova oggi”. Cresciuta in Russia durante la Guerra Fredda, è stata addestrata per diventare la rivale di Captain America, e per riuscire a tenere testa ad esseri sovrumani, mutanti e mostri, nonostante non disponga di poteri propri.

“Al di là del fascino della femme fatale, Vedova Nera spicca anche perché non ha superpoteri al di là delle sue eccellenti capacità umane con cui riesce ad affrontare individui immensamente potenti e potenziati”, afferma la scrittrice di romanzi Marjorie Liu, che per qualche tempo si è occupata della serie di VEDOVA NERA. “Nessuno di loro oserebbe sottovalutarla. Per quale motivo? Perché è straordinariamente intelligente ed esperta, nonché maestra di strategie. Inoltre, ha fegato da vendere.”

A parte la sua mancanza di poteri, Vedova Nera si distingue dai suoi alleati supereroi anche per un’altra caratteristica che spesso viene trascurata, mentre invece rivela molto del suo personaggio.

“Il fatto che non sia un supereroe bensì una super spia la pone su un piano diverso rispetto agli eroi tradizionali dei fumetti”, continua Rucka. “Le vere motivazioni per cui ha scelto la sua vita, in fondo sfuggono alla comprensione; è una persona pericolosa, una donna bellissima e imperscrutabile”.

Nonostante il mistero che la avvolge, Vedova Nera qualche volta ha svelato la sua personalità, alleandosi con eroi come Occhio di Falco, Daredevil e recentemente Bucky Barnes, il Soldato d’Inverno. A volte è stata la protagonista di alcune serie, ma generalmente Vedova Nera è considerata – nel mondo del fumetti – uno splendido personaggio di supporto.

Vedova Nera“Il fascino di Vedova Nera risiede nel suo mistero, e allo stesso tempo nel suo atteggiamento minaccioso, oltre alle sue incredibili abilità”, spiega Rucka. “Se il lettore venisse costantemente in contatto con queste capacità sorprendenti, alla fine non le considererebbe più tanto speciali. Questo è il motivo per cui è un bene che il suo personaggio si manifesti di tanto in tanto per fare la sua parte e poi scompaia di nuovo. Questo non fa altro che renderlo più affascinante .“

Nel film “Marvel’s The Avengers” Vedova Nera è interpretata da Scarlett Johansson, e la vedremo assumere la sua caratteristica aria di sfida persino al fianco di eroi della patria, di divinità mitologiche e di giganti tecnologici. Alcuni potranno attribuire questo atteggiamento alla sua audacia di combattente, ma in realtà è proprio la sua personalità a renderla una Vendicatrice nonché un’icona dei fumetti.

“Persino in compagnia di tutti questi supereroi, Vedova Nera resta una delle donne più pericolose del mondo”, osserva Liu. “Non solo per le sue capacità fisiche, ma anche perché è intelligente, spietata e non si arrende mai. La sua forza di volontà compensa largamente la sua incapacità di volare o di vedere attraverso i muri. La trovo immensamente affascinante perché possiede un forte lato oscuro che la rende capace di compiere imprese inimmaginabili”.

di Chris Arrant

E riecco… Chucky!

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E riecco… Chucky!

Nel caso qualcuno si stesse preoccupando (la sua ultima apparizione sugli schermi risale al 2004), ecco la notizia che toglie a tutti un gran peso dallo stomaco: Chucky, simpatica bambola assassina già protagonista di una saga arrivata al quinto episodio, si appresta a tornare sugli schermi in occasione del venticinquesimo anniversario del suo primo  film. Brad Dourif, voce originale del personaggio (doppiata in italiano da Renato Cortesi) ha recentemente annunciato che in cantiere ci sono addirittura due nuovi film; ancora non è dato di sapere se si tratterà di ulteriori capitoli che si aggiungeranno alla saga (che nel corso degli anni ha visto Chucky convolare a nozze e diventare pure padre), o se si prenderà la via del remake.

Come sanno gli appassionati, la vicenda di Chuky prende le mosse dal serial killer Charles Lee “Chucky” Ray, noto come lo Strangolatore di Lakeshore, che vien uccito dall’eroico poliziotto Chris Sarandon; grazie alla sua conoscenza del voodoo, Chucky riesce però a trasferire la sua anima in una bambola, proseguendo a praticare, sebbene con complicazione dovuta alle dimensioni ridotte, la sua divertente attività. Regia e sceneggiatura dovrebbero essere curate da Don Mancini, già autore del Figlio di Chucky, ultimo film uscito della saga.

Fonte: Empire

Mark Wahlberg e… il suo orsacchiotto

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La storia di un uomo fatto che si trova alle prese col suo orsacchiotto di pezza che, quand’era bambino, aveva preso magicamente vita potrebbe far immaginare una storia smielata e a base di buoni sentimenti… se la vicenda è partorita dall’immaginazione di Seth MacFarlane, già ideatore dei Griffin, allora le cose si fanno molto meno rosee e l’orsetto in questione si appresta a diventare una presenza invadente e poco gradita…

Il protagonista di Ted è John Bennett, che da bambino ha visto esaudito il suo desiderio di vedere il suo orsetto di pezza prendere vita… il tempo passa, John cresce, ma l’orsetto continua ad essere in circolazione, il che può anche avere dei risvolti positivi (come ad esempio nel caso del mai superato terrore dei tuoni del protagonista), e altri decisamente meno, come quando John si decide ad andare ad abitare con la fidanzata, interpretata da Mila Kunis (che tra l’altro dà la voce a Meg nell’originale dei Griffin). Dato che a scrivere il tutto è MacFarlane, c’è da immaginare che l’orsetto non avrà nè modi da lord né linguaggio da accademia, con tutte le conseguenze del caso…. l’uscita del film è prevista negli USA per il 3 agosto.

Fonte: Empire

Eduardo Sanchez, da Blair Witch a Lovely Molly

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Eduardo Sanchez, da Blair Witch a Lovely Molly

Eduardo Sanchez si è fatto conoscere al grande pubblico ormai oltre dieci anni fa, dirigendo assieme a Daniel Myrich The Blair Witch Project; a quel film il regista non è riuscito a dare seguiti all’altezza: i suoi lavori successivi, Altered e Seventh Moon, sono usciti direttamente nel mercato dell’home video. Sanchez ci riprova ora con Lovely Molly: nelle sue intenzioni, così come avvenuto con Blair Witch, che spalancò la porta al modello del ‘falso documentario’ che ancora oggi con prodotti come la serie di Paranormal Activity, sembra incontrare i gusti del grande pubblico, vi è ancora una volta il voler cambiare le ‘regole del gioco’ del genere.

Per capire se effettivamente sarà così, bisognerà aspettare il 18 maggio, data di uscita prevista sugli schermi americani. La storia sarà incentrata su una giovane donna, ex tossicodipendente lasciata sola dal marito nella casa di campagna del padre della protagonista, che ospita una presenza soprannaturale decisamente poco conciliante…

Fonte: Empire

Simon Quarterman e i lupi mannari

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Simon Quarterman e i lupi mannari

Simon Quarterman, già sul set con William Brent Bell in The Devil Inside, tornerà a collaborare col regista in WER. Il film seguirà l’esempio del precedente e verrà concepito come un falso documentario: per la storia, a base di lupi mannari, Bell si è già assicurato la partecipazione, oltre che Quarterman, di AJ Cook, Brian J O’Connor e Vik Sahay. Il protagonista (Quarterman) si trova coinvolto nella vicenda di un misterioso individuo (O’Connor) principale sospetto del massacro di una famiglia america in Romania.

Il suo avvocato (Cook)cerca di provare la sua innocenza, ma a questo punto comincia ad accadere qualcosa di strano e tutti sono costretti a cambiare le proprie opinioni sull’accusato, specie quando sorge la luna piena. La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Bell assieme al suo fidato collaboratore Matthew Peterman; l’inizio delle riprese è previsto entro la fine di questo mese in Romania. Prima di recitare il ruolo di Padre  Father Ben Rawlings in Devil Inside, Quarterman ha avuto un piccolo ruolo nel secondo film dedicato al Re Scorpione; in precedenza era apparso in serie tv come EastEnders; AJ Cook è un volto noto agli aficionados di Crminal Minds, mentre per O’Connor, dopo una comparsata in Epic Movie, si tratta del primo ruolo importante.

Fonte: Empire

Ecco il Trailer completo di Total Recall – Atto di Forza!

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Ecco il Trailer completo di Total Recall – Atto di Forza!

E’ finalmente online il primo trailer di Total Recall – Atto di Forza, il film di Len Wiseman, adattamento del racconto di  Philip K. Dick, fra i protagonisti  

Un fronte interno per Chris Columbus

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Home Front, opera della scrittrice Kristin Hannah, offrirà le basi per la prossima fatica di Chris Columbus; il libro,saldamente in testa alle classifiche di vendita americane da ormai qualche mese, mostra le conseguenze della guerra su una normale famiglia americana; tema non nuovo, ma che in questo caso è affrontato dal punto di vista femminile: protagonista è infatti una donna, che deve conciliare la propria vita famigliare col suo lavoro di pilota di un elicottero Blackhawk nella Guardia Nazionale; la storia narra di cosa succede nel momento in cui lei viene chiamata a prestare servizio in Iraq.

Columbus si è detto particolarmente colpito dal libro e dalla prospettiva unica dalla quale è raccontata la storia, con una famiglia che si trova a fare a meno di una moglie e madre. Una storia che non solo mette in luce i sacrifici compiuti dai soldati, ma anche quelli cui sono costrette le famiglie. La trasposizione cinematografica del romanzo si trova ancora ad uno stadio embrionale: niente è ancora stato deciso riguardo a sceneggiatore e interpreti. Quello di Kristin Hannah è uno dei nomi più ‘caldi’ per quanto riguarda eventuali adattamenti cinematografici: la SPB Productions ha infatti recentemente acquisito i diritti di  The Things We Do For Love, protagonista una diciassettenne incinta che deve fare i conti con la difficile scelta cui si trova di fronte.

Fonte: Empire

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