Eccoci con Manuale d’Amore
3, terzo capitolo della manualistica amorosa di
Giovanni Veronesi. Senza dubbio questo non si
discosta dai precedenti per concezione ed impianto: la struttura a
episodi, i personaggi dell’uno che interagiscono con quelli
dell’altro, la voce fuori campo a unificare il tutto, la scelta del
cast di Manuale d’Amore 3, che punta su
alcune conferme (Scamarcio,
Bellucci, Verdone), qualche novità (Chiatti,
Solarino, Placido – già scelto da Veronesi per
Genitori e figli: Agitare bene prima dell’uso) e su quel
“colpaccio” messo a segno dal regista, che è la presenza di
Robert De Niro.
Nessuna sorpresa
in Manuale d’Amore 3, neppure per quel
che riguarda il modo di affrontare il tema: Veronesi propende
senz’altro per la commedia romantica, soprattutto negli episodi
Giovinezza e Oltre, e più in generale per la commedia di situazione
e la comicità pura (quella delle porte in faccia, per intenderci).
Il tutto confezionato con rassicuranti lieti fini, romantiche
battute “da manuale” e la retorica presenza di un Cupido tassista,
forse omaggio al tassista deniriano di tutt’altro tenore, che
scocca frecce d’amore tra un episodio e l’altro ed elargisce
massime sul sentimento in oggetto. Sceneggiatura curata da Veronesi
stesso e da Ugo Chiti, come per gli altri due “manuali”.
Dunque, se amate l’universo del
regista di Prato, potrete tuffarvici ancora senza sostanziali
sorprese. Se invece speravate in un’evoluzione verso la commedia
all’italiana più ricca di ironia e sarcasmo, dall’orizzonte più
realistico e non così facilmente rassicurante, beh, neppure in
questo capitolo sarete accontentati.
Ma veniamo ora agli episodi
di Manuale d’Amore 3. Primo: Giovinezza. È il
più vivace e fresco dei tre, con l’efficace passaggio da Roma alla
Toscana, dove il protagonista Roberto/Riccardo
Scamarcio tenterà un’ultima fuga dalle responsabilità
della vita adulta assieme a Micol/Laura
Chiatti, prima di sposarsi e metter su famiglia con
Sara/Valeria
Solarino. Funziona senz’altro l’affresco di provincia
toscana, di cui Veronesi ha diretta esperienza, e coinvolge lo
spirito goliardico degli altri personaggi dell’episodio (il vigile,
il picchiatello, il vecchio padrone di casa – Carlo Monni, il
Vitellozzo di Non ci resta che piangere – così
come funziona
Riccardo Scamarcio in veste d’attore comico (a
tratti verdoniane le situazioni pensate per lui da Veronesi), brava
anche
Laura Chiatti nei panni della leggera e
spregiudicata Micol. Spesso divertente e coinvolgente, l’episodio
non prescinde però da scivolate nel banale e nel romanticismo a
rischio di diabete, specie in alcuni dialoghi tra i promessi sposi
Riccardo Scamarcio e
Valeria Solarino.
Secondo: Maturità. Episodio di
comicità pura, protagonisti il mezzobusto televisivo di successo
Carlo Verdone/Fabio e l’affascinante
Eliana/Donatella Finocchiaro, che lo irretirà,
rivelandosi poi affetta da seri problemi psichici dai risvolti
pericolosi. Comicità pura, ovvero quella che nasce da situazioni
grottesche e rocambolesche. Per intenderci, tutto ciò che abbiamo
già visto fare a Verdone nei due precedenti “manuali” e non solo:
Verdone in mutande, Verdone maltrattato, picchiato (più o meno per
gioco), incerottato, che tradisce e si fa scoprire, per poi
chiedere umilmente e ridicolmente perdono, e l’altrettanto
immancabile Verdone ipocondriaco. Insomma, tutto l’ampio repertorio
di gag in cui ormai l’attore romano è specializzato, ma che forse
proprio per questo risultano logore, abusate e perdono in vis
comica, e la cui interpretazione appare stereotipata. Qualche
risata, sì, ma non quante ci si poteva aspettare. Riuscita la scena
dell’incontro tra Fabio e Adrian/Robert De
Niro.
Terzo: Oltre. Indubbiamente
l’episodio più atteso, che vede
Robert De Niro protagonista nei panni del
professore americano. È il personaggio più misurato del film, porta
con eleganza i suoi anni, il suo italiano con accento americano
(meticolosamente studiato) non sfigura affatto e, vivaddio, dopo
anni di doppiaggi (anche eccellenti), grazie a Veronesi sentiamo la
sua voce.
Detto ciò, la strana amicizia tra i
due opposti
Robert De Niro/Adrian, compassato e timido, e
Augusto/Michele
Placido, portiere meridionale, triviale e sanguigno,
risulta credibile e autentica. Tutto potrebbe funzionare, perfino
l’amore, quasi dimesso e in punta di piedi, che sboccia tra la
giunonica e fatale Viola/Monica
Bellucci (che, a parte l’avvenenza, non rivela grandi
doti d’attrice) e l’ancora affascinante Adrian. Se non che, anche
qui come nel primo episodio, si finisce per scivolare nella
retorica. Per ora dunque il regista non intende emanciparsi da
questo approccio. Chissà, forse ci stupirà nel prossimo capitolo
della serie, cambiando del tutto orientamento. O forse no, visti
gli incassi.