Fino ad ora nessuno sa quale sia il
personaggio interpretato da Marion
Cotillard nel Cavaliere
Oscuro – il Ritorno, c’è chi dice Miranda
Tate, un dirigente della Wayne Enterprises, altri che sia
in realtà Talia Al Ghul. Finalmente è la stessa Marion in una
breve dichiarazione a MTV a negare entrambe le teorie, spiegando
che il suo personaggio non è legato con i fumetti:
Marion Cotillard parla del Cavaliere oscuro – il ritorno
Michael Shannon parla di Superman: man of steel
Michael Shannon intervistato da Complex ha parlato della sua preparazione al ruolo del Generale Zod in Man of Steel, il nuovo film di Superman che Zack Snyder sta girando in questi giorni.
Ti sei immerso nei fumetti
di Superman?
Assolutamente sì. Prima che iniziassero le riprese, ne ho parlato
con Henry Cavill, che interpreta Superman, e lui mi ha svelato che
c’è una applicazione che ti permette di scaricare l’intera serie di
Superman.
C’è qualcosa di particolare
che hai fatto per entrare nella mente di Zod e decidere quale
approccio avere con questo personaggio?
Per me è sempre questione di sceneggiatura, trovo la maggior parte
degli indizi e delle indicazioni per i personaggi nella
sceneggiatura, in particolare se la sceneggiatura è forte. Poi devi
solo utilizzare la tua immaginazione e cercare di capire le persone
e provare quello che provano loro. Quando si interpreta qualcuno
come Zod, non c’è molta ricerca da fare. Non è come andare dentro
all’auto di un poliziotto assieme a lui, o lavorare in un bar, per
provare cosa significa quel lavoro. Non c’è niente di simile a Zod,
quindi è tutta questione di immaginazione. Ho pensato che il fatto
che sia un generale possa essere un aspetto da esplorare, magari
guardando altri generali, perché hanno tutti pressioni non comuni
sulle spalle, e un modo di essere molto particolare. Così ho
guardato ai generali dell’esercito che conosciamo, come il Generale
Petraeus: ho guardato le loro interviste e ho cercato di catturare
la loro natura.
Vi ricordiamo che L’Uomo d’Acciaio è prodotto da Christopher Nolan e Emma Thomas. Nel cast del film, oltre a Henry Cavill, anche Amy Adams, Diane Lane, Kevin Costner, Michael Shannon, Antje Traue, Russell Crowe, Julia Ormond, Christopher Meloni, Harry Lennix e Laurence Fishburne. Il film uscirà il 14 giugno 2013.
Snoop Dogg’s Hood Of Horror in dvd!
Edizioni:
DVD in VENDITA dal 19 ottobre
2011 – Un dvd che vi porterà
direttamente oltre le porte dell’inferno
– Snoop
Dogg come non lo avete mai visto.
Maestro di malvagità e orrore, protagonista di questo terrificante film diretto dal regista Stacy Title, Premio Oscar® per Down on the Waterfront. Con la presenza di Billy Dee Williams (Star Wars – La saga), Brande Roderick (Starsky & Hutch) e Danny Trejo protagoniosta di Machete.
TRAMA: Posie, una talentuosa artista di strada, nel
ricordo della madre assassinata, decide di combattere i criminali
del suo quartiere, ma ben presto il suo lavoro diventa la causa di
orribili morti. Tex Jr. è un ricco ragazzo senza scrupoli che, dopo
aver ereditato un palazzina dal padre, non ha nessuna remora
nell’escogitare crudeli metodi per eliminare i reduci di guerra che
vi abitano. Sod è un rapper che, pur di raggiungere il successo non
si ferma di fronte a niente e nessuno.
INFORMAZIONI SUL PRODOTTO – DVD
TITOLO |
SNOOP DOGG’S HOOD OF HORROR |
REGIA |
STACY TITLE |
CAST |
SNOOP DOGG, BILLY DEE WILLIAMS, BRANDE RODERICK, DANNY TREJO, POOCH HALL, ANSON MOUNT, DANIELLA ALONSO |
GENERE |
HORROR |
ANNO |
2006 |
DURATA |
86 MIN. |
AUDIO |
ITALIANO e INGLESE – DOLBY DIGITAL 5.1 |
SOTTOTITOLI |
ITALIANO NON UDENTI, INGLESE |
CONTENUTI SPECIALI |
TRAILER
ORIGINALE
|
Il Milano Film Festival apre i battenti dal 9 al 18 settembre
I Puffi invadono Roma
Domenica 11 settembre i Puffi sbarcheranno a Roma. Pochi giorni prima dell’uscita in sala del film in 3D, prevista per il 16 settembre, la capitale ospiterà una serie di appuntamenti in onore dei piccoli omini blu.
Al cinema Adriano si terrà l’anteprima della pellicola alla quale parteciperanno ospiti d’eccezione: Grande Puffo, Puffetta e Puffo Tontolone. All’ingresso, uno speciale “blu carpet” accoglierà personaggi del mondo dello spettacolo, animazione e bambini vestiti da Puffo per festeggiare l’uscita del nuovo film. Dal 10 settembre, un puffo alto 15 metri, riempito con quasi 10000 litri d’aria e tenuto in piedi da 8 funi ancorate a sacchi di sabbia da 23 chili l’uno, farà il giro della capitale fino al Centro Commerciale Porta di Roma.
Il 16 settembre, nel giorno d’uscita in sala del film, Grande Puffo, Puffetta e Puffo Tontolone faranno il giro della città su un bus scoperto completamente rivestito dalle immagini dei tre protagonisti. L’affetto per i Puffi è tale che alcune loro immagini sono state staccate dalle numerose affissioni presenti in città e i materiali promozionali sono stati “rubati” dai cinema.
Le iniziative che si terranno a Roma nei prossimi giorni arrivano dopo le celebrazioni organizzate durante l’estate in omaggio al creatore dei piccoli omini blu, Pierre Culliford in arte Peyo. In quell’occasione fu stabilito un record da Guinness dei Primati, 5000 persone travestite da Puffo in tutto il mondo nello stesso giorno, mentre Júzcar – uno dei più famosi villaggi bianchi della provincia di Malaga in Andalusia – veniva completamente ridipinto di blu. Dopo aver conquistato gli USA con un box-office di oltre 130 milioni di dollari, I Puffi sarà nelle sale italiane in 3D dal 16 settembre.
Diretto da Raja Gosnell e distribuito da Warner Bros. Pictures Italia, il film è il primo lungometraggio sui Puffi che unisce animazione computerizzata in 3D a riprese live action. In questa nuova avventura i Puffi, in fuga dal loro villaggio inseguiti dal perfido stregone Gargamella, si troveranno catapultati al Central Park di New York, dove faranno di tutto per sfuggire alle grinfie del loro storico nemico.
Bellocchio riceve il suo Leone
La 68esima Mostra del cinema di Venezia ha assegnato il Leone d’Oro alla carriera a Marco Bellocchio, che riconoscente ed emozionato ha ricevuto il premio dalle mani di Bernardo Bertolucci.
Anche Johnnie To approda a Venezia
This is England: recensione del film di Shane Meadows
L’Inghilterra dei primissimi anni ’80 è tante cose tutte assieme. Il lento tramonto del punk, la nascente cultura pop, il proletariato inglese ferito dalla politica estera del Governo Thatcher.
I Clash e la guerra delle Falklands, la cultura Skinhead originale multirazziale, sporcata per sempre dal razzismo delle frange più violente della società. This is England è storia vera, non romanzo. Una storia filtrata dagli occhi (dolenti ma vivi) di un dodicenne che ha da poco perso il padre nella guerra delle Falklands.
Il dolore e l’incolmabile solitudine di Shaun, questo il nome del ragazzino, lo rendono la perfetta incarnazione della delusione di un popolo nei confronti di una nazione insensibile ai bisogni dei suoi figli.
Per sua fortuna, Shaun trova riparo fisico e conforto morale nella cultura Skinheads di Woody e soci, prima che il fascino del Male, incarnato da Combo (uno straordinario Stephen Graham), rovini tutto con la sua rabbia e la sua frustrazione.
THIS IS ENGLAND, il film di Shane Meadows
L’Inghilterra che
scrive e filma Shane Meadows è una lezione di realismo che lascia
tanto amaro in bocca ma fa anche tanto sorridere. Impossibile non
pensare alla lezione di Ken Loach, anche se
Meadows si serve della ricostruzione storica e
autobiografica per portare alla ribalta il valore della “scelta” e
del libero arbitrio, oltre ogni bandiera. “Run with the crowd,
stand alone. You decide” è l’headline che compare nella
locandina originale.
La bandiera inglese, su cui campeggia la croce di San Giorgio, diventa qui un’arma nelle mani di ricchi e potenti per soggiogare una massa il cui nazionalismo razzista è più antidoto alla noia che scelta di parte. Mentre i minuti scorrono ed assistiamo alla crescita di Shaun, quella bandiera diventa a poco a poco un pezzo di stoffa di cui disfarsi.
La forza narrativa di This is England, più che nei dialoghi tesi e asciutti, è tutta nelle facce e nelle espressioni dei (fenomenali) attori. E’ quasi un muto d’autore che parla allo spettatore in maniera talmente potente da infondere in lui un disprezzo profondo verso quel micro/macrocosmo così vivo, seppur nella propria lenta agonia.
La regia di Meadows è puntuale e fa ampio uso di primi piani. Una sensazionale colonna sonora e la scelta di una fotografia sgranata poi, sono elementi che contribuiscono a conferire al film ancora più credibilità. Se non sapessimo che è un film del 2006, potremmo facilmente confonderlo con una pellicola girata a metà anni ’80, con i mezzi di allora.
Date un’occhiata a Jo Hartley (l’attrice che interpreta la mamma di Shaun) con occhialoni da vista ed acconciatura voluminosa, se non ci credete. Facile intuire perché questo capolavoro del cinema indipendente made in UK abbia vinto premi ovunque e perchè il regista stia pensando addirittura ad un suo riadattamento per la TV, dopo la morte della vera madre del protagonista, Thomas Turgoose.
Hugh Jackman e Russell Crowe per Les Miserables!
Ecco il motivo del perché il sequel di Wolverine è stato rimandato: Hugh Jackman ha deciso di girare prima Les Miserables di Tom hooper. La notizia arriva anche seguita alla conferma che Russell Crowe sarebbe entrato a far parte del progetto come attore. Ecco le dichiarazioni di Cameron Mackintosh, uno dei produttori del film:
“Anche se sognavo di fare il film di ‘Les Miserables’ da oltre 25 anni, non avrei mai potuto immaginare che sarebbe finita con Tom Hooper come regista, e Hugh Jackman e Russell Crowe come i due grandi protagonisti Jean Valjean e Javert”
L’uscita del film nelle sale americane è stata fissata per il 7 dicembre 2012.
Ron Howard si da ai supereori!
E’ sicuramente uno dei registi più
impegnati a trovare il suo prossimo film. Infatti, Ron Howard non
smette di inserire possibili titoli per la sua prossima pellicola
da regista, e dopo il film sulla Formula 1 Rush e gli adattamenti
di Jon Krakauer Under the Banner of Heaven e Spy, ora si
sarebbe interessato
Shame: recensione del film con Michael Fassbender
Shame, il nuovo film di Steve McQueen, artista visuale con un’omonimia pesante, viene presentato in concorso a Venezia 68. In Shame Brandon è bello, di successo, elegante, vive a New York. Una vita che vista da fuori, sembra perfetta. Brandon è però malato, incapace di concepire una relazione che non sia sessuale e che non sia consumata al minuto e terminata un attimo dopo. Sua sorella è l’opposto. Cerca la stabilità e la relazione, ovunque, e non riesce a capire chi la sfrutta solamente e chi invece la ama davvero.Un giorno cerca rifugio a casa di Brandon, per stare con lui, per sentirsi di nuovo famiglia. Lo stare insieme li porterà verso un percorso di catarsi.
Innanzitutto, ricordiamo chi è il presidente di giuria di questa Mostra del cinema di Venezia: Darren Aronofsky. Un uomo che ci ha raccontato di wrestler cinquantenni che cercano il riscatto, di ballerine ossessionate dalla perfezione, di tossici incapaci di liberarsi, di persone che non rinunciano alla vita nonostante la morte.
Shame, tutte ossessioni, tutte estreme.
Un film come questo, Shame, è decisamente pane per i suoi denti. Il protagonista, Brandon, interpretato da un intenso Michael Fassbender, è sulla strada per la distruzione e la percorre abbastanza velocemente. Non sa però di esserlo, finché gli eventi esterni non glielo fanno notare. Il computer di lavoro gli viene sequestrato e gli viene chiesto come mai sia pieno di filmati porno, l’incontro con una ragazza che concepisce lo stare insieme ad una persona come un evento logico e voluto dall’intenzione di costruire qualcosa di duraturo, una sorella che ti dice che non tutte le donne sono semplicemente oggetti sessuali.
Shame è un cerchio, una tesi, inizia e finisce allo stesso modo, ma nel mezzo è successo di tutto, con quali risultati sul personaggio non si sa. Gli ultimi quindici minuti, i più duri visivamente, i più duri per il protagonista, sembrano gli attimi finali di una maratona, quando i muscoli friggono, ma la meta è vicina e quindi si spinge al massimo anche con il rischio di farsi male. In questo caso, anche cercando effettivamente di provare dolore, o cercando una risposta a una domanda che non si sa quale sia.
Il physique du role di
Michael Fassbender è così opposto alla
mentalità contorta del suo personaggio che l’immedesimazione
cinematografica è ancora più forte: Brandon è una persona orribile
e fragile allo stesso tempo, malata e delicata; mentre il film si
sviluppa, il rifiuto iniziale ad associare al personaggio quel tipo
di comportamento distorto si affievolisce, diventa comprensione di
una deviazione. L’ossessione da sesso non è trattata in modo
giocoso e condizionato da uno stile di vita come ad esempio
Le regole dell’attrazione, ma si rivela essere per
un uomo adulto come Brandon, un atteggiamento obbligato dal
suo stile di vita.
La ricerca di una soluzione di Brandon è tutta interiore, laddove invece sua sorella, interpretata da Carey Mulligan, è tutto un chiedere aiuto, lui non esterna mai la necessità di aiuto, cercando di espellere ciò che di male è dentro di sé nell’unico modo che conosce. Come i film di Aronofsky, Shame è un film di redenzione a metà, in cui il protagonista cerca di essere migliore, ma deve lottare con se stesso e la sua natura, fino alle estreme conseguenze. Posto questo, vedremo alla premiazione se queste previsioni sono sensate.
Questa storia qua: recensione del film
Dopo essere stato grandemente anticipato anche grazie al palcoscenico della Mostra del cinema di Venezia, esce in sala, con un enorme e immediato riscontro di pubblico, Questa storia qua, documentario a quattro mani di Sybille Righetti e Alessandro Paris che ripercorre la vita e i successi della rockstar italiana Vasco Rossi partendo dal suo luogo di origine, Zocca, un piccolo paese di montagna in Emilia Romagna.
In Questa storia qua materiale di archivio e immagini evocative di quegli anni si alternano a video del cantante e performance live e anche con interviste agli abitanti del paese, alcuni dei quali hanno realizzato progetti con lui, come una radio indipendente o fondato la prima band. I documentari servono ad analizzare una situazione, un luogo, descrivere una personalità. Molte volte portano alla ribalta avvenimenti o storie che conoscono in pochi. Il pregio del documentarista è quello di trovarsi nel momento giusto al posto giusto e decidere di testimoniare ciò che vede. Così come a volte fanno anche i poeti, o nei nostri tempi, i cantanti.
Questa storia qua, il film
Questo è il caso di Sybille Righetti, regista, insieme ad Alessandro Paris, di Questa storia qua, un documentario su Vasco Rossi, che viene distribuito da Lucky Red dopo la presentazione all’ultimo Festival del cinema di Venezia (il sospetto è che sia un po’ veicolato) in un momento in cui del rocker di Zocca si parla moltissimo, sia per le sue uscite sul web, sia per il suo stato di salute. Zocca, piccolo paese in provincia di Bologna, è infatti il secondo protagonista, così come lo sono i suoi abitanti, che ovviamente sono tutti amici di Vasco.
L’intero paese è in scena (e applaudito fragorosamente durante la proiezione in Sala Darsena al Festival di Venezia) tranne Vasco, che è invece una voce narrante che ci guida nel racconto della sua vita. Il documentario di per sé, oltre che farci conoscere il dietro le quinte della vita di Vasco, ossia il periodo precedente alla fama nazionale, è un bel documento anche degli anni ’70, periodo in cui proliferavano modalità innovative di pensiero e di movimento, come le radio libere, presenti anche appunto in piccoli paesi come Zocca.
Il territorio è quindi importante, così come le amicizie, i legami, che hanno anche una certa influenza sul cantautore Vasco, la cui personalità prende un’altra dimensione, più umana, oltre che quella di rockstar maledetta che prima di invecchiare ed avere i primi acciacchi, è sempre stato utilizzatore di ogni tipo di sostanza, come ammette lui stesso nel documentario. E’ anche interessante il racconto della genesi di alcune canzoni tra le più famose come “Albachiara” e “Bollicine”, che è avvenuto nel più semplice dei modi, ossia con l’ispirazione di un momento. Anche in questo caso, si è trattato di essere al posto giusto al momento giusto.
Vanessa Incontrada madrina del RomaFictionFest
One Thousand A.E. di M. Night Shyamalan e Will Smith ha una data d’uscita!
Arriva la data ufficiale d’uscita per One Thousand A.E., il nuovo film di M. Night Shyamalan che segnerà il ritorno del regista al genere fantascientifico. La data è quella del 7 giugno 2013. Nel cast del film come sappiamo già da tempo ci sono Will Smith e suo figlio Jaden, che torneranno dunque insieme sul grande schermo dopo la comune esperienza con Gabriele Muccino per La ricerca della felicità. Il film per chi non lo sapesse racconta viaggio e la lotta per la sopravvivenza di un padre e di suo figlio su un pianeta alieno. Il film sarà prodotto dalla Overbrook Entertainment di Will Smith.
Il cavaliere oscuro il ritorno: valanga di foto e video dal set!
Continuano ad arrivare puntualmente ogni giorno foto e video rubati dal set del Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno di Christopher Nolan, attualmente le riprese si stanno svolgendo a Los Angeles.
Mel Gibson torna in sella per Giuda Maccabeo?
Gli extraterrestri di GiPi
Succede a Venezia
Controcampo italiano: vince Francesco Bruni
Arriva il primo premio da Venezia. Si tratta della sezione di Controcampo italiano per la quale è stato premiato ‘Scialla!’, il film d’esordio di Francesco Bruni.
La sezione, ricordiamo, è interamente dedicata al cinema italiano. Il film racconta di un professore (Fabrizio Bentivoglio) che si e’ ridotto a scrivere biografie di calciatori e personaggi tv e che esce dal suo volontario isolamento quando deve confrontarsi con un figlio che non sapeva di avere, Luca (Vinicio Marchioni), quindicenne irrispettoso. Il premio ottenuto dal film è stato motivato dalla volontà del regista di raccontare, attreverso una solida scrittura, una storia importante che percorre temi delicati quali i legami familiari con il linguaggio vincente della commedia intelligente.
The Thing: foto ufficiali!
La Universal ha pubblicato sul sito ufficiale di The Thing, il prequel della Cosa di John Carpenter numerose foto. La pellicola arriverà nei cinema americani il prossimo 18 ottobre e il 2 dicembre in Italia.
Robopocalypse di Steven Spielberg uscirà il 3 Luglio 2013!
Contagion: recensione del film di Steven Soderbergh
Contagion a pelle sembrerebbe essere un film come molti altri, un thriller analogo ad altre opere che hanno parlato di virus, contagio, epidemia. Tuttavia il Contagion di Steven Soderbergh è un film che si distacca molto dal costrutto discorsivo puro del genere, allontanandosene man mano che la narrazione va avanti, diventando qualcosa di molto più che un semplice esercizio di forma.
Contagion racconta con sterilità disarmante le vicissitudine di diversi personaggi che ruotano intorno ad una società che si trova di fronte un’epidemia senza precedenti, raccontando tutte le varie figure che si trovano, per il loro ruolo sociale, coinvolte in prima persona nel pandemonio generale. Inevitabilmente le relazioni umane diventano il fulcro centrale del film, di una moralità in bilico di fronte all’indecifrabile e all’invisibile. I personaggi diventano preda delle pulsioni più profonde dell’istinto di sopravvivenza, dove l’ossessione per il contatto e l’interazione diventano il nemico numero uno da combattere, a colpi di asocialità e isolamento. Come l’immune Matt Damon che dopo aver perso la moglie portatrice del virus, isola se stesso e sua figlia nella speranza di un futuro, che sembra non esserci. Nella caparbietà e nel dovere troviamo invece i personaggi di Kate Winslet e Marion Cotillard che rischiano la vita e il contagio per portare a termine i loro compiti, che hanno ancora una valenza nel mondo.
In tutto questo colpisce
l’atteggiamento freddo e la capacità di distacco di
Soderbergh di rimanere impassibile, rigorosamente
ancorato al suo sguardo oggettivo, limitandosi a impreziosire il
film di uno stile sterile, meccanico, quasi come se in fondo avesse
paura egli stesso di contrarre il virus e perdere il
controllo. La stessa meccanicità sembra confluire anche nelle
musiche che accompagnano le immagini a tre, quattro passi di
distanza, scandendone solo il ritmo.
In questo contesto la paura diventa protagonista indiscussa della vita e anche provare sentimenti di preoccupazione verso i propri cari diventa motivo di rimprovero, per una società che in momenti così sembra non riuscire ad essere compassionevole. Nel caos più totale e nella perdita di realtà l’unico baluardo a cui aggrapparsi sembrerebbe essere quello di un blogger che placa l’ira delle folle attraverso la rete scoprendosi poi un affabulatore ingannevole e meschino, come forse internet in situazioni come queste potrebbe essere. E’ forse una delle tante facce della paura che emergono dal film? E che dire invece delle istituzioni che sembrano reagire lentamente al male, è forse dentro di noi l’antidoto tanto cercato?
Da film freddo e distaccato, Contagion non sembra voler rispondere alle domande che pone, né tanto meno il regista sembra voler prendere posizione di fronte agli eventi che racconta. Si limita soltanto ad enunciarli servendo solo in ultima istanza, su un piatto d’argento un accenno di accusa, di posizione, di constatazione quasi retorica verso il perché e il come, lasciando sempre alla fredda e cruda realtà dei fatti il compito di decifrarla.
Brutta accoglienza per la Comencini
Ridley Scott porta avanti il progetto su Monopoli
Ridley Scott porta avanti il suo fumoso progetto di un adattamento cinematografico del gioco da tavola Monopoli. A quanto pare Scott si occuperà della regia ed ha trovato gli sceneggiatori che cercheranno di mettere nero su bianco questa storia che sembra in partenza una sfida, se non persa, almeno molto difficile.
Sono Scott Alexander & Larry Karazewski che saranno sicuramente messi a dura prova con questo progetto. Brian Goldner, trai produttori, ha dichiarato che al centro della storia ci sarà una famiglia e i concetti di proprietà e le dinamiche del gioco saranno il nodo fondamentale del film, ma non è “Wall Street”.
Fonte: comingsoon
Norris, Van Damme, Willis e Schwarzenegger: new entry per i Mercenari 2
Eddie Murphy condurrà gli Oscar 2012!
Himizu e Wuthering Heights in Concorso a Venezia 2011
Jim Belushi al RomaFictionFest
Ruggine: recensione del film di Daniele Gaglianone
Ruggine, presentato alle Giornate degli Autori, Venezia 2011, affronta dunque il tema della pedofilia, vista attraverso gli occhi dei bambini, con pudore. Il regista, Daniele Gaglianone, si concentra proprio sull’infanzia, su questo passato così ingombrante, con continui ed estesi flashback. Sembra così voler restituire ai bambini quella centralità, quell’attenzione che gli adulti hanno negato loro. La pellicola è infatti anche un atto d’accusa verso “i grandi” che non capiscono, offuscati da pregiudizi e luoghi comuni, assorbiti dal lavoro e dai loro problemi. Accurate la scelta delle inquadrature e la fotografia, con molta attenzione al valore dell’immagine.
Ruggine è ambientato negli anni ’70 a Torino. In periferia, vicino a un edificio abbandonato (una fabbrica dismessa?) ai confini con la campagna, abitano un gruppo di famiglie venute dal sud. Mentre i genitori lavorano, o sono assenti, i figli giocano in strada, proprio nell’edificio arrugginito, che chiamano “il castello”. Carmine (Giampaolo Stella), Sandro (Giuseppe Furlò) e Cinzia (Giulia Coccellato) vivono in questo periodo l’esperienza più dura e traumatica, che li segnerà per sempre. Si trovano faccia a faccia con l’orco delle favole e con i suoi crimini, qui tristemente reali, cui fanno fronte come possono, nell’assenza e inadeguatezza degli adulti.
L’uomo nero è magistralmente interpretato a Filippo Timi. Il personaggio, come tutta l’azione ambientata nel passato, è costruito proprio con riferimento all’immaginario delle favole: coadiuvato da un sapiente gioco di luci e ombre e da un interessante uso del fuori fuoco, l’attore dà corpo e voce (importante anche l’aspetto sonoro del personaggio) a un folle e ai suoi deliri, come pochi sanno fare.
L’andamento del film Ruggine appare però lento, specie nella prima parte, in cui si descrivono il gruppo di bambini e le sue dinamiche interne. Inoltre, pur giocando spesso sull’alternanza tra passato e presente, il regista non fotografa l’oggi dei tre protagonisti dandogli spessore e complessità, ma in modo piuttosto schematico. Carmine (Valerio Mastandrea) passa la giornata al bar a fare e dire sempre le stesse cose; Sandro (Stefano Accorsi) gioca ininterrottamente col figlioletto; Cinzia (Valeria Solarino) è un’insegnante alle prese con gli scrutini. Tutti e tre non fanno che pensare al passato: un passato nel quale sembra esaurirsi tutto e che impedisce un presente “normale”. Tuttavia, resta l’impressione che Mastandrea, Accorsi e Solarino, le cui prove sono pure buone, siano un po’ sacrificati nei ruoli e non trovino un adeguato spazio espressivo. In ciò gioca forse una sceneggiatura non sempre efficace, con dialoghi di spessore altalenante, opera dello stesso regista assieme a Giaime Alonge e Alessandro Scippa. Pertinente all’atmosfera oscura la colonna sonora, di incisivo minimalismo.
Coraggiosa, dunque, la scelta di Gaglianone di trattare un tema così spinoso, trasponendo un romanzo di Stefano Massaron, la si porta avanti con estrema delicatezza, ma con esiti discontinui. Nonostante ciò, la pellicola si fa in parte apprezzare. La produzione è affidata alla Fandango di Domenico Procacci e a Gianluca Arcopinto, in collaborazione con Rai Cinema.