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The End of the Tour: l’8 e 9 febbraio a Bologna e Milano con Sala Bio

The End of the tour

Lunedì 8 febbraio 2016 al Cinema Odeon di Bologna e Martedì 9 febbraio al Cinema Colosseo di Milano, Sala Bio nell’ambito di Be Original presenta l’anteprima in versione originale sottotitolata di The End of the Tour, il film di James Ponsoldt che racconta i cinque giorni di intervista tra il giornalista di Rolling Stone David Lipsky (Jesse Eisenberg) e l’acclamato scrittore David Foster Wallace (Jason Segel), a seguito della pubblicazione nel 1996 del rivoluzionario romanzo di Wallace Infinite Jest.

Il film si basa sull’apprezzato libro di Lipsky, “Come diventare se stessi”, pubblicato dopo che Wallace si tolse la vita nel 2008.

L’evento si svolge in collaborazione con l’Archivio David Foster Wallace Italia: introdurranno l’anteprima Andrea Plazzi (Bologna, 1962), editor e traduttore, ed Emanuele Rosso, operatore culturale e fumettista, autore di due saggi brevi a fumetti sull’opera di Wallace.

THE END OF THE TOUR sarà presentato in anteprima anche a Sala Bio Milano (Cinema Colosseo) martedì 9 febbraio e uscirà nelle sale italiane a partire dall’11 febbraio per Adler Entertainment.

The End of the Tour di James Ponsoldt (USA / 2015 / 106’)

I cinque giorni di intervista tra il giornalista di Rolling Stone David Lipsky (Jesse Eisenberg) e “la rockstar della letterature americana” David Foster Wallace (Jason Segel),  realizzata durante il tour promozionale del rivoluzionario romanzo di Wallace “Infinite Jest”. In questi cinque giorni nasce e si sviluppa una profonda amicizia tra i due protagonisti. I due scrittori si scoprono, condividono momenti divertenti e reciproche fragilità nascoste, ma non si saprà mai quanto realmente sinceri siano stati l’uno con l’altro. Incredibilmente, l’intervista non fu mai pubblicata, e le cassette audio su cui vennero impressi quei cinque giorni, finirono nello scantinato di Lipsky. I due non si incontrarono più.

Uscita: 11 Febbraio (Adler Entertainment)

 
 

The End of the F***ing World 2° stagione: recensione della serie Netflix

The End of the F***ing World 2

“Ho appena compiuto 18 anni, e credo di aver capito cosa significano le persone per le altre”. Su queste parole, e su un colpo di pistola su schermata nera, si concludeva la prima stagione della serie originale Netflix, distribuita per la prima volta sul servizio nel gennaio 2018. Con The End of the F***ing World 2, seconda stagione della serie ideata da Jonathan Entwistle e basata sull’omonimo fumetto, i due protagonisti James e Alyssa sono pronti a raccontare cosa accadde, dopo quel finale aperto.

Ambientata a due anni di distanza dagli eventi della prima stagione, la storia vede Alyssa (Jessica Barden) e James (Alex Lawther) alle prese con la difficile reintegrazione nella società dopo la loro spericolata fuga e l’omicidio commesso. Il passato tuttavia non li lascerà in pace, e tornerà nelle loro vite per una inevitabile resa dei conti.

The End of the F***ing World 2: dalla fuga all’ingresso nel mondo adulto

Stando alle parole del suo ideatore, la prima stagione della serie era concepita nella sua struttura come un vero e proprio lungometraggio. Ciò appare ancora più vero alla luce dei nuovi episodi, concepiti allo stesso modo e assimilabili per contenuti ad un vero e proprio sequel. Non si parte da immediatamente dopo lo sparo sentito nel finale della precedente stagione, bensì si compie un salto in avanti di due anni, proprio quelli intercorsi tra la realizzazione delle prime e delle nuove puntate. Un salto che ci porta a incontrare i due protagonisti nel momento in cui hanno già affrontato le conseguenze di quanto compiuto, ritrovandoli ora alle prese con la difficoltà di dover tornare alle loro vite di sempre.

Non vi sono dunque vere e proprie nuove avventure da affrontare, che avrebbero rischiato di rendere ripetitiva la serie, bensì si tende a riflettere su quanto accaduto nel passato dei protagonisti, e così facendo si assiste al loro continuo evolvere come personaggi. L’evento fondamentale della prima stagione, l’omicidio del malintenzionato Clive Koch, ritorna ora come spettro del passato che tormenta i due protagonisti, mai realmente usciti dalla casa dove tutto è avvenuto. Un evento che acquista ora maggior significato, e si rivela essere il scoglio da superare per i due ragazzi.

Se la prima stagione si incentrava sul loro tentativo di fuga da un’età adulta, dove quasi tutti gli adulti apparivano come personaggi deplorevoli, questa seconda appare invece avere il suo cuore nell’inevitabilità dell’ingresso in questo mondo. Per compiere questo passaggio i due incasinati protagonisti avranno bisogno di fare i conti con il proprio passato e con sé stessi, superando le crisi che li affliggono e che tanto li hanno caratterizzati all’inizio della loro storia.

The End of the F***ing World 2

The End of the F***ing World 2: l’importanza delle persone per le altre

I novelli Bonnie e Clyde si svelano così più profondi di quello che si pensava, manifestando paure universali e sentimenti nascosti per paura della fragilità che questi comportano. Alla dinamicità e all’esplosività della prima stagione, subentra dunque un velo di malinconia, presente sull’intera serie ma qui particolarmente accentuato, proprio per le tematiche trattate. Una malinconia che tuttavia non spegne la natura politicamente scorretta dei due personaggi, che brillano nuovamente grazie alla scrittura della serie e alle interpretazioni dei due fantastici interpreti.

Né tantomeno vengono a mancare le sue ormai celebri caratteristiche, dalla colonna sonora ricercata e adeguata ad ogni momento, alla messa in scena che valorizza ogni scena e inquadratura, regalando immagini di grande impatto che sanno spesso raccontare ben più di quel che viene detto.

The End of the F***ing World, che tanto aveva avuto successo come serie cinica e dirompente, porta ora a maturazione la sua natura, particolarmente devota ai sentimenti che hanno contribuito a cambiare e salvare i due problematici protagonisti. Ripartendo proprio dall’ultima battuta della scorsa stagione, si esplora il suo significato dimostrando cosa significano le persone per le altre, e di quanto questi legami possano essere importanti nel percorso di crescita.

La seconda stagione di The End of the F***ing World è in uscita su Netflix dal 05 Novembre.

 

 
 

The Empty Man: trailer originale dell’horror tratto noto fumetto

La 20th Century FOX ha diffuso il primo spaventoso trailer di The Empty Man, l’annunciato adattamento dell’omonimo horror di successo BOOM! Studios La pellicola uscirà il 23 ottobre negli USA, anticipando così l’uscita nelle sale.

The Empty Man è un adattamento della serie a fumetti di BOOM! Studios creata da Cullen Bunn e Vanesa R. Del Ray nel 2014. Secondo la sinossi della serie, Empty Man non si riferisce a un essere o una persona specifica, ma è invece una malattia orribile che ha travolto la nazione, provocando “follia e violenza”.

The Empty Man segue il poliziotto in pensione James Lasombra (James Badge Dale) mentre indaga sulla scomparsa di un gruppo di adolescenti da una piccola città del Midwest. Come vediamo dal trailer, la loro scomparsa è apparentemente collegata a una vecchia leggenda metropolitana nota come The Empty Man, un’orribile entità ultraterrena che può essere evocata soffiando in una bottiglia vuota e pensando a lui mentre si trova su un ponte.

 
 

The Empty Man: James Badge Dale per il film dalla graphic novel

James Badge Dale ha appena firmato per il ruolo di protagonista di The Empty Man, trasposizione cinematografica targata 20th Century Fox dell’omonimo fumetto dei Boom! Studios di Ross RichieStephen Christy, produttori del film.

James Badge Dale

Il regista David Britten Prior ha lavorato anche sulla sceneggiatura di The Empty Man, prendendosi qualche libertà dalla graphic novel scritta da Cullen Bunn e illustrata da Vanesa R. Del Rey. 

La storia segue le vicende di un ex poliziotto tormentato dalla morte della moglie e del figlio che intraprende la ricerca di una ragazza scomparsa fino a quando non percepisce una presenza sinistra attorno a lui. James Badge Dale, che abbiamo visto in Iron Man 3 e The Pacific, ha recentemente partecipato a The Walk di Robert Zemeckis e 13 Hours di Michael Bay.

Fonte

 
 

The Empty Man: James Badge Dale nell’adattamento della graphic novel

James Badge DaleThe Hollywood Reporter annuncia che James Badge Dale (Iron Man 3) ha firmato per interpretare il protagonista nell’adattamento per il cinema di The Empty Man, graphic novel di Cullen Bunn & Vanessa Del Rey.

La storia segue le vicende di un poliziotto, afflitto dalla violenta morte della moglie e del figlio, che si batte per ritrovare una ragazza scomparsa e che presto scoprirà delle sinistre presenze che lo circondano. Il film sarà diretto da David Britten Prior che ha anche curato la sceneggiatura, la quale, in alcune parti, divergerà dalla storia in sei volumi. Ross Richie & Stephen Christy di BOOM! Studios produrranno il film le cui riprese si svolgeranno in Sud Africa.

James Badge Dale è noto per aver interpretato il villain Eric Savin in Iron Man 3, ma lo abbiamo visto anche in 24, The Departed, Shame, The Grey, World War Z, The Lone Ranger, The Walk, e di recente in 13 Hours: The Secret Soldiers Of Benghazi di Michael Bay.

Fonte

 
 

The Empire Strikes Back Uncut: film integrale on line!

Il progetto si chiama Star Wars Uncut e consiste nel rifare i film della saga tramite gli spezzoni del film rifatti dai fan e selezionati e montati dalla LucasFilm.

Ecco di seguito la versione integrale di The Empire Strikes Back Uncut.

Star Wars Episodio VII uscirà sul grande schermo il 18 dicembre 2015 con un cast che include il ritorno di Mark HamillHarrison FordCarrie FisherMark Hamill,Anthony DanielsPeter Mayhew e Kenny Panettiere con le nuove aggiunte John BoyegaDaisy RidleyAdam pilotaOscar IsaacAndy SerkisDomhnall GleesonLupita Nyong’oGwendoline Christie e Max von Sydow.The Empire Strikes Back Uncut

 
 

The Emoji Movie: i character poster delle facce protagoniste

The Emoji Movie

Dopo il primo trailer, ecco i character poster delle faccine protagoniste di The Emoji Movie, il film basato sulle emoji di Whatsapp e Messenger e commentato da T.J. Miller nella versione originale.

Il trailer di The Emoji Movie

I primi dettagli sulla trama del film suggeriscono un’avventura divertente e personale: Gene è una Emoji multiespressiva che intraprende un viaggio pericoloso per diventare una Emoji normale.

La commedia l’animazione è diretta da Anthony Leondis e prodotta da Michelle Raimo Kouyate. Emojimovie Express Yourself è scritto da Anthony Leondis e Eric Siegel.

Voce originale del film è T.J. Miller che abbiamo visto quest’anno in Deadpool. L’attore è molto noto ai fan della HBO, canale che produce Silicon Valley, divertente serie che lo vede trai protagonisti.

 
 

The Emoji Movie: ecco il primo teaser trailer del film

Per quanto potesse sembrare impossibile, alla fine è stato portato a termine: l’11 agosto 2017 arriverà nelle sale americane The Emoji Movie, il film basato sulle emoji (le faccine) di Whatsapp e Messenger. Di seguito vi proponiamo il primo trailer via @SonyPictures.

The Emoji Movie il primo teaser trailer

La commedia l’animazione è diretta da Anthony Leondis e prodotta da Michelle Raimo Kouyate. Emojimovie Express Yourself è scritto da Anthony Leondis e Eric Siegel.

Voce originale del film è T.J. Miller che abbiamo visto quest’anno in Deadpool. L’attore è molto noto ai fan della HBO, canale che produce Silicon Valley, divertente serie che lo vede trai protagonisti.

Fonte: Twitter

 
 

The Elephant Man: recensione del film di David Lynch

The Elephant Man film

The Elephant Man è il film cult del 1980 diretto da David Lynch e con protagonisti nel cast Anthony Hopkins e John Hurt.

Trama del film The Elephant Man

In The Elephant Man una cupa Inghilterra ottocentesca, il Dottor Frederick Treves, durante uno spettacolo di strada gestito dal cinico signor Bytes, vede per la prima volta John Merrick, utilizzato dal suo padrone come fenomeno da baraccone. John infatti presenta numerose deformazioni in gran parte del corpo, soprattutto nella testa, tanto da venire soprannominato The Elephant Man per la sua curiosa somiglianza con il mammifero.  Per non essere deriso circola portando in testa perennemente un cappuccio cucito ad un cappello. Il Dr. Treves vorrebbe analizzarlo per scopi medici, ma Bytes si ritiene il proprietario di Merrick, al punto da voler essere pagato per cederlo al medico. Appena Merrick fa ritorno dal suo proprietario, il quale è in stato di ebbrezza, questi lo picchia violentemente. Treves giunge in suo aiuto e decide di portarlo con sé in ospedale per tenerlo in cura e se possibile aiutarlo. Anche in ospedale regna un’atmosfera ostile nei confronti dell’Elephant man, il quale deve essere messo in una stanza di quarantena per non essere cacciato. Ma a poco a poco conquista il cuore di quanti ivi lavorano, e il suo caso giunge fino all’orecchio della Regina Vittoria, la quale apre un fondo per permettere di dare adeguate cure all’uomo. Man mano John Merrick viene considerato sempre più un uomo e non più una bestia, al punto da entrare in contatto anche con l’alta borghesia e l’aristocrazia locale. Impara gradualmente a parlare, ragionare. Ma la sorte torna ad essergli avversa.

Analisi – The Elephant Man

The Elephant Man è un film biografico del 1980 diretto da David Lynch e ispirato ai libri The Elephant Man and Other Reminiscences (Frederick Treves) e The Elephant Man: A Study in Human Dignity (Ashley Montagu); volumi che trattano del curioso caso del deforme Joseph Merrick, la cui testa aveva la vaga forma di un elefante. Trattasi della seconda fatica cinematografica del regista, che intervalla il surrealista Eraserhead – La mente che cancella (1970) e il fantascientifico Dune (1984). In questo lungometraggio non è il taglio visionario tipico del regista a prevalere – che viene fuori solo nel finale –  bensì una inaspettata dimensione umana e sentimentale,s ebbene non manchino sequenze angosciose e oniriche, immagini crude.

La storia di John Merrick è infatti triste e malinconica, ma anche cruda e angosciosa; su quell’uomo deformato dalla nascita si scaglia tutto il cinismo e la perfidia dell’umanità, abituata a giudicare e relazionarsi con gli altri esseri umani basandosi prevalentemente sull’aspetto superficiale. Nel povero John il relativismo ottocentesco inglese ci vede solo un mostro, il perfido Bytes perfino una macchina per far soldi; alcune scene sono così esplicite da ferire il cuore dello spettatore, come ad esempio quella che si consuma nel bagno della stazione, dove Merrick scoppia in lacrime implorando i suoi aggressori, e affermando che è un uomo come loro.O ancora, quando il guardiano della clinica porta in stanza alcune prostitute, per uno squallido gioco erotico con “la bestia”. Per fortuna, tra tanta cattiveria c’è anche un po’ di sensibilità: il dottor Treves appare come un raggio di sole che squarcia il grigiore di una società che ha perso ogni sensibilità umana. Certo, inizialmente si pone a John con mero interesse scientifico, ma poi è il lato umano a prevalere, perché comprende che egli non è una cavia ma una persona come le altre in cerca della propria legittima dignità.

The Elephant Man

The Elephant Man è in bianco e nero, il che ha una duplice, ben riuscita funzione: da un lato evidenziare l’aspetto cupo e malinconico della storia; dall’altro dare ad essa il sapore retrò di una storia del passato. Varie sono le imprecisioni e le variazioni rispetto alle biografie scritte sul caso di John Merrick, partendo proprio dal nome di quest’ultimo, nella realtà chiamato Joseph.

Mel Brooks, il produttore di The Elephant Man, non volle apparire tra i crediti per evitare l’associazione del film (da parte del pubblico) ad una delle sue commedie. Per realizzare il trucco di The Elephant Man su John Hurt, il regista David Lynch ottenne il permesso di prelevare dei calchi del corpo di Merrick, conservati tuttora nel museo del Royal London Hospital.

 
 

The Elephant Man, la spiegazione del finale del film cult di David Lyngh

John Hurt in The Elephant Man (1980)

Il fatto che il suo primo film candidato all’Oscar non abbia optato per un finale banale o accattivante la dice lunga sulla disciplina assoluta di David Lynch. I momenti finali di The Elephant Man sono tragici, potenti e ambigui allo stesso tempo, ma più di ogni altra cosa, la scena finale di Lynch può essere vista come il culmine definitivo degli eventi e della psiche repressa del suo protagonista John Merrick (John Hurt), alias The Elephant Man. Lynch è sempre fedele ai suoi personaggi, e questo è particolarmente evidente nelle scene finali.

In Blue Velvet, un uccello animatronico che divora un verme indifeso completa il ritratto avvincente di Lynch della realtà agrodolce del sogno americano, che ha avvolto il protagonista Jeffrey (Kyle MacLachlin) per tutta la durata del film. Normalmente Lynch opta per una metafora gigantesca per culminare i suoi racconti metaforici, ma The Elephant Man è uno dei drammi più lineari di Lynch. Non sorprende quindi che The Elephant Man sia più paragonabile a Twin Peaks: Fire Walk With Me, entrambi caratterizzati dalla caduta di un personaggio immerso in un ambiente molto reale, che sceglie il proprio addio come manifestazione delle proprie convinzioni confuse piuttosto che delle metafore onnipresenti di Lynch. Ma anche se paragonata alla sequenza finale assolutamente devastante di Twin Peaks: Fire Walk With Me, la progressione della scena finale di The Elephant Man non è solo l’addio appropriato per un uomo afflitto dalla malattia, ma uno dei momenti più onesti e significativi del cinema che Lynch o chiunque altro abbia mai prodotto.

Le fredde e spietate strade vittoriane del finale di The Elephant Man

Inoltre, il finale di The Elephant Man può sembrare un po’ fuori luogo a prima vista. Le fredde e spietate strade vittoriane, piene di fumo e di abitanti della classe operaia, sembrano perfette per Lynch, reduce dal suo incredibilmente cupo film d’esordio Eraserhead. Ma come semplice biopic scritto da altri due aspiranti hollywoodiani (Christopher De Vore ed Eric Bergren), il livello a cui Elephant Man era orientato verso l’Academy non è esattamente quello di David Lynch.

Ma a parte il soggetto, gli aspetti più raffinati di The Elephant Man sono tipicamente lynchiani, e tutto converge nei momenti finali, quando John appoggia la testa sul letto per andare a dormire, sapendo che potrebbe ucciderlo. Perché, sebbene le immagini di un film di Lynch possano definire il modo in cui viene visto il suo cinema, la pura dedizione ai suoi personaggi avvolge l’enorme ego cinematografico di Lynch e alla fine definisce il termine “lynchiano”: la scena inizia con John che guarda fuori dalla finestra e poi rivolge la sua attenzione al modello di cattedrale di cartoncino che ha costruito durante tutto il film. Mentre John fissa la finestra, ci viene in mente quanto fosse grave la sua situazione, non solo in termini di salute fisica, ma anche per il suo posto nella società. Frederick (Anthony Hopkins) nota a un certo punto che John desiderava visitare la cattedrale di persona, ma anche che il suo aspetto grottesco avrebbe rovinato il viaggio. È lecito supporre che lo sguardo di John sul paesaggio vittoriano magistralmente costruito sia un parallelo alla sua costruzione della cattedrale, che egli immediatamente guarda dall’alto quando si rende conto che è la vista migliore che può ottenere. John si avvicina alla cattedrale e Lynch si concentra sulla piccola firma “John Merrick”, e ciò che segue diventa il tour personale di John del maestoso edificio. Lynch passa attraverso i dettagli più fini dell’edificio, esplorandone la struttura insieme a John, realizzando il suo sogno di visitare la cattedrale.
È un momento bellissimo che segna la realizzazione di un sogno per John, ma serve anche come indicatore della sua mente offuscata, che a sua volta porta alla sua morte. È una mentalità che è stata costruita nel corso del film, in parte da John, ma anche dall’intero ambiente che lo circonda. Frederick alla fine si rende conto che le sue azioni filantropiche non erano del tutto altruistiche e che il prezzo da pagare per la sua carriera medica era la perdita della realtà da parte di John. Frederick, infatti, si era reso perfettamente conto che John non avrebbe mai potuto diventare un cittadino rispettabile.

John non avrebbe mai potuto diventare un cittadino rispettabile, Frederick ha cercato di integrarlo nella cerchia sociale, dove le persone incontravano John per soddisfare il proprio ego pomposo e, in cambio, mentivano a John sulla gioia di averlo con loro. Le azioni ripetute di Frederick hanno creato una bugia che è culminata con la partecipazione di John al Theatre Royal, dove la famosa attrice Marge Kendal (Anne Bancroft) ha omaggiato John con una standing ovation da parte del pubblico.

Così, dopo che John ha realizzato il suo sogno di assistere a uno spettacolo, il viaggio attraverso la sua cattedrale di carte sembra essere un riflesso del suo stato d’animo. Certamente John non crede di aver davvero visitato la cattedrale, ma la sequenza riflette il fatto che John crede di essere pronto a visitarla. Con l’accettazione della società, ottenuta durante l’ovazione iniziata da una delle figure più importanti della società, si possono ipotizzare due teorie sulla serie di eventi successivi. Mentre John si allontana dalla sua cattedrale, osserva un quadro appeso alla parete, che raffigura una donna che dorme profondamente nel suo letto. Il quadro era già stato menzionato in precedenza nel film, quando John parlava del suo desiderio di dormire come un essere umano normale, pur sapendo che farlo avrebbe provocato l’asfissia. Così, mentre John toglie i cuscini dal letto e appoggia la testa su di essi, le due teorie vengono alla luce. La prima: rendendosi conto del punto più alto che può raggiungere, John si suicida. È una teoria che sarebbe altrettanto tragica per la storia di John, ma l’altra teoria sembra molto più plausibile e appropriata.

Il vero Frederick Treves eseguì l’autopsia sul signor Merrick e giunse alla conclusione definitiva che, dopo essersi dislocato il collo a causa del peso della propria testa, “così avvenne che la sua morte fu causata dal desiderio che aveva dominato la sua vita: il desiderio patetico ma disperato di essere ‘come le altre persone’”.

Per quanto patetico e disperato potesse essere, questo desiderio era l’obiettivo più ambito e irraggiungibile di John, alimentato solo da Frederick stesso e dalle figure presuntuose che credevano di aiutarlo. L’accumularsi di tale pressione, unita al desiderio di John di compiacere i suoi elettori, ha portato a una decisione così devastante, che viene messa in mostra nella scena in cui John finalmente appoggia la testa sul cuscino, con il lato sinistro dell’inquadratura che lascia intravedere la foto di Marge Kendal, la donna che ha spinto John oltre il limite nella sua visione della propria presenza sociale. Tutto questo dimostra la pura disciplina di Lynch nel sezionare la morte di un uomo e nel rendersi conto che ogni momento del film deve portare a un finale completo.

Il vero significato del finale di The Elephant Man

The Elephant Man

Ma Lynch fa un passo in più, richiamando una visione del Paradiso che si può vedere sia in Eraserhead che in Twin Peaks: Fire Walk With Me, riflettendo il desiderio di Paradiso e di tutto ciò che esso conterrà. Per Henry (Jack Nance) in Eraserhead, il Paradiso era una rappresentazione agrodolce che catturava la tradizionale visione angelica mescolata alla paura della sua ambiguità. In Twin Peaks: Fire Walk With Me, era la fuga di Laura (Sheryl Lee) da suo padre e dallo spirito fantasma Bob. E per John in The Elephant Man, il Paradiso diventa l’accettazione da parte di sua madre. All’inizio del film, John parlava della vergogna che avrebbe provato se sua madre lo avesse guardato.

A causa del suo aspetto, che era stato ripetutamente guardato con disgusto e disprezzo, era arrivato a considerarsi  un’anomalia del genere umano. Ma dopo essere stato accettato da Frederick, Marge Kendal e dal resto dell’élite vittoriana, la fuga di John tra le braccia di sua madre non solo riflette la luce compassionevole che ha sempre nutrito per lei, ma anche la sua accettazione di sé, sia per il suo posto nella società che per il suo aspetto. Mentre Lynch vola tra le stelle e entra in un alone luminoso, il fumo grigio che ha avvolto John fisicamente e mentalmente per tutto il film si dissolve invece di espandersi, rappresentando la sua fuga dal marchio di approvazione della società e svanendo in una vaga immagine di sua madre, che pronuncia le parole di accettazione che John ha sempre cercato di sentire.

 
 

The Electric State: la recensione del film Netflix con Millie Bobby Brown

Immagina una Eleven ancora più solitaria e arrabbiata, con un biondo ossigenato da vera ribelle e un’energia da outsider in rotta col mondo. Affiancale ora uno Star-Lord più trasandato e disilluso del solito, spogliato della sua ironia sfacciata, e catapulta entrambi in un universo dove il retrò e il futuristico si fondono in un’estetica nostalgica e intrigante. Sulla carta, The Electric State dei fratelli Russo sembrerebbe un mix esplosivo, il perfetto road movie sci-fi capace di conquistare cuore e mente. Eppure, qualcosa non torna del tutto.

Basato sull’omonimo romanzo illustrato del 2018 di Simon StålenhagThe Electric State è il nuovo emozionante film Netflix diretto da Anthony e Joe Russo, con una sceneggiatura firmata da Christopher Markus e Stephen McFeely. Il cast è stellare: accanto a Millie Bobby Brown e Chris Pratt troviamo il premio Oscar® Ke Huy Quan, Jason Alexander, Giancarlo Esposito, il candidato all’Oscar® Stanley Tucci e Woody Norman. The Electric State è disponibile dal 14 marzo su Netflix.

Cosa racconta The Electric State?

The Electric State è ambientato in un’America rétro-futuristica degli anni ’90, segnata dalle conseguenze di una guerra devastante tra umani e robot. In questa versione alternativa del passato, le macchine senzienti erano state inizialmente accolte come strumenti essenziali per la società, occupandosi di compiti di pubblica utilità e supportando gli esseri umani nella vita quotidiana. Nonostante ciò, la loro richiesta di diritti e riconoscimento ha scatenato un conflitto inevitabile tra umani e macchine, culminato nella sconfitta di questi ultimi e nel loro esilio.

Il mondo che ne è scaturito è profondamente mutato: la tecnologia permea ogni aspetto della vita, ma invece di avvicinare le persone, le ha rese sempre più isolate, immerse in realtà digitali attraverso i loro neurocaster. In questo scenario, Michelle (Millie Bobby Brown – Stranger ThingsEnola HolmesDamsel), un’adolescente segnata dalla perdita dei genitori e del fratellino Christopher in un incidente stradale avvenuto anni prima, fatica ad adattarsi a una società ormai disumanizzata. Nel frattempo, i robot senzienti, un tempo pacifici e dalle sembianze quasi giocose, sono stati relegati in un fatiscente paesino, un limbo di rottami e sogni infranti dopo la loro ultima, fallita ribellione.

Ma la vita di Michelle cambia di nuovo quando, all’improvviso, riceve la visita di Cosmo, un misterioso e affettuoso robot che sostiene di essere controllato da Christopher, il fratellino che ha perduto. Con lui si riaccende la speranza di riunire la sua famiglia, o almeno ciò che ne resta. Determinata a scoprire la verità, Michelle intraprende un viaggio pericoloso verso la Zona Interdetta nel sud-ovest americano, decisa a capire chi li ha separati e perché, dopo quel tragico incidente. Ad accompagnarla in questa avventura sarà Cosmo, ma anche Keats (Chris PrattGuardiani della GalassiaJurassic World), un contrabbandiere dal carattere ruvido, e il suo inseparabile compagno robotico Herman, doppiato nella versione originale da Anthony Mackie.

Ritrovare l’umanità che abbiamo perso

Può un ammasso di metallo e circuiti provare più empatia e lealtà di un essere umano? D’istinto, verrebbe da rispondere con un no secco. Eppure, la storia nata dall’immaginazione di Simon Stålenhag ci porta a riconsiderare questa certezza. La commovente avventura di Michelle e Keats dipinge un mondo in cui gli esseri umani si sono fatti più freddi, distanti e alienati di qualsiasi macchina. Nel loro lungo viaggio attraverso un’America fatiscente e nostalgica, i due trovano ben poco calore tra le persone, ad eccezione di Keats stesso, che condivide con Michelle un senso di inadeguatezza, ribellione e solitudine.

Paradossalmente, il vero rifugio lo scopriranno in un villaggio dimenticato, un luogo dove i robot dotati di coscienza sono stati esiliati e abbandonati, scartati dalla società umana nonostante il loro desiderio di restare accanto alle persone. In questo angolo di rottami e malinconia, Michelle e Keats realizzeranno che forse l’umanità non risiede più nelle persone, ma in ciò che loro stesse hanno creato e poi respinto.

Ed è proprio attraverso la tragica storia familiare di Michelle che Stålenhag sembra rivolgere al pubblico una domanda silenziosa ma potente: quando abbiamo smesso di essere umani? Mentre la giovane determinata protagonista cerca di ricostruire ciò che ha perduto, il film invita lo spettatore a guardare dentro se stesso e riflettere su quanto l’umanità abbia sacrificato sull’altare della tecnologia. In un mondo dove le connessioni reali si sono assottigliate e l’empatia sembra sempre più un’illusione, The Electric State diventa un monito: forse non sono i robot a voler essere più umani, ma siamo noi a dover riscoprire cosa significhi davvero esserlo.

Un cast stellare e un’ambientazione che rapisce

Al di là della sua emozionante storia e del profondo messaggio sottostante, The Electric State conferma ancora una volta la maestria dei fratelli Russo nel miscelare sentimentalismo, avventura e azione, regalando due ore di puro intrattenimento. Il film scorre con un equilibrio perfetto tra emozione e spettacolo visivo, riuscendo a coinvolgere il pubblico sia a livello narrativo che estetico.

Il cast hollywoodiano brilla, con una coppia protagonista che funziona alla perfezione. Millie Bobby Brown e Chris Pratt dimostrano fin dalle prime scene un’alchimia vincente, riuscendo a conquistare la scena grazie al loro carisma e talento. I loro personaggi, apparentemente opposti, si rivelano in realtà molto più simili di quanto sembri inizialmente, dando vita a un rapporto che evolve in modo naturale e convincente.

Ma non sono solo gli eroi a spiccare: anche gli antagonisti lasciano il segno. Stanley Tucci (Amabili resti, Il diavolo veste Prada) è impeccabile nel ruolo di Ethan Skate, il folle magnate della tecnologia a capo della Sentre, una corporazione tanto potente quanto inquietante. Al suo fianco, Giancarlo Esposito (Captain America: Brave New World, Breaking Bad) regala un’interpretazione memorabile nei panni del Colonnello Bradbury, detto Il Macellaio, un uomo spietato che ha guadagnato il suo soprannome sterminando robot senzienti durante la guerra. Il loro carisma e la loro presenza scenica elevano il film, offrendo antagonisti credibili e sfaccettati, che incarnano perfettamente le tematiche di potere e disumanizzazione esplorate dalla storia.

Anche l’ambientazione gioca un ruolo chiave nell’immergere il pubblico in un mondo che mescola passato e futuro con un tocco di malinconia. La nostalgia degli anni ’90 – un decennio ormai mitizzato da un’intera generazione – si intreccia con un futuro distopico fin troppo plausibile, creando un’atmosfera unica. La fusione tra elementi vintage, colonna sonora pop e tecnologie obsolete si integra perfettamente con la presenza di dispositivi futuristici come i neurocaster e le imponenti macchine da guerra telecomandate dagli umani, comodamente seduti nel salotto di casa. Il risultato è un universo visivo che non solo affascina, ma che fa anche riflettere sul rapporto sempre più alienante tra uomo e tecnologia.

Non è tutto oro ciò che luccica

Che i fratelli Russo sappiano come sfruttare al meglio il mezzo cinematografico per dare vita a storie che restano impresse è ormai una verità consolidata. Con The Electric State, continuano a dimostrare il loro talento nel creare un’esperienza visiva coinvolgente, arricchita da emozioni forti e momenti che lasciano il segno. Tuttavia, nonostante la bellezza estetica e l’intensità delle emozioni che cercano di suscitare, il film manca di quella profondità e della tensione drammatica che ci si aspetterebbe da una storia così ricca e un cast altrettanto vincente.

Il film, purtroppo, sembra seguire la stessa sorte di un soufflé: cresce e si eleva nelle prime scene, mostrando la sua forma più affascinante e ben costruita, per poi sgonfiarsi e perdere di consistenza nel corso della narrazione. Il viaggio emotivo e di formazione che Michelle intraprende all’inizio, segnato da una ricerca di riscatto e dalla necessità di elaborare il lutto, trova nella seconda parte del film una trasformazione che, seppur significativa, manca di quella potenza che ci si aspetterebbe in un racconto così carico di potenziale. La sua presa di coscienza e l’accettazione del dolore sembrano troppo snelle e prive di un percorso davvero coinvolgente, lasciando lo spettatore con una sensazione di incompiutezza.

Pur toccando le corde giuste, The Electric State fallisce nel mantenere alta la tensione emotiva necessaria per trasformare questo viaggio in una vera e propria rivelazione

 
 

The Electric State, le prime foto dal film Netflix di Anthony e Joe Russo

The Electric State Pratt Brown Quan
The Electric State Pratt Brown Quan - Netflix Copyright © 2025 Netflix, Inc.

Scopri le prime immagini di The Electric State, uno dei titoli più attesi in arrivo prossimamente solo su Netflix che segna il ritorno di Anthony e Joe Russo, le menti dietro ad Avengers: Endgame e The Gray Man, questa volta alla regia di un film sci-fi con protagonisti Millie Bobby Brown e Chris Pratt.

Di cosa parla The Electric State?

The Electric State è una spettacolare avventura ambientata in una versione alternativa e retrofuturistica degli anni ’90. Millie Bobby Brown (Stranger Things, Enola Holmes, Damsel) interpreta Michelle, un’adolescente orfana che affronta la vita in una società in cui robot senzienti simili a cartoni animati e mascotte, che un tempo collaboravano pacificamente al fianco degli esseri umani, ora vivono in esilio a seguito di una rivolta fallita. Tutto ciò che Michelle pensa di sapere sul mondo viene sconvolto una notte quando riceve la visita di Cosmo, un robot dolce e misterioso che sembra essere controllato da Christopher, il geniale fratello minore di Michelle che lei credeva morto.

Determinata a trovare l’amato fratello che pensava di aver perso, Michelle parte attraverso il sud-ovest americano con Cosmo e si ritrova presto a collaborare con riluttanza insieme a Keats (Chris Pratt,Guardiani della Galassia, Jurassic World), un contrabbandiere di basso rango, e al suo spassoso assistente robot, Herman (doppiato nella versione originale da Anthony Mackie). Mentre si avventurano nella Zona di Esclusione, un angolo delimitato nel deserto dove i robot sopravvivono per proprio conto, Keats e Michelle trovano uno strano e colorato gruppo di nuovi alleati animatronici e iniziano a scoprire che le forze dietro la scomparsa di Christopher sono più sinistre di quanto si aspettassero.

The Electric State è diretto da Anthony e Joe Russo e ha come protagonisti Millie Bobby Brown, Chris Pratt, il premio Oscar® Ke Huy Quan, Jason Alexander, Giancarlo Esposito, il candidato all’Oscar® Stanley Tucci, e Woody Norman. Anthony Mackie, Woody Harrelson, Brian Cox, Jenny Slate, e Alan Tyduk prestano il loro talento come voci dei robot. Il film è basato sulla graphic novel di Simon Stålenhag e ha una sceneggiatura di Christopher McFeely e Stephen Markus.

The Electric State sarà disponibile solo su Netflix nel 2025.

INFORMAZIONI SU THE ELECTRIC STATE

  • DIRETTO DA: Anthony e Joe Russo
  • SCENEGGIATURA DI: Christopher Markus e Stephen McFeely
  • BASATO SULLA GRAPHIC NOVEL DI: Simon Stålenhag
  • PRODOTTO DA: Joe Russo, p.g.a.; Anthony Russo, p.g.a.; Mike Larocca, p.g.a.; Angela Russo-Otstot; Chris Castaldi; Patrick Newall
  • PRODUTTORI ESECUTIVI: Christopher Markus, Stephen McFeely, Tim Connors, Nick van Dyk, Jake Aust, Geoffrey Haley, Jeffrey Ford, Simon Stålenhag, Julia Angelin, Russell Ackerman, John Schoenfelder, Anthony Muschietti, Barbara Muschietti
  • CO-PRODUTTORI: Anthony J. Vorhies, Joseph Micucci, Murtaza Kathawala
  • CAST PRINCIPALE: Millie Bobby Brown, Chris Pratt, Ke Huy Quan, Jason Alexander, Woody Norman, con Giancarlo Esposito e Stanley Tucci. Con le voci di Woody Harrelson, Anthony Mackie, Brian Cox, Jenny Slate, Hank Azaria, Colman Domingo, Alan Tudyk.
 
 

The Eichmann Show, da oggi al cinema

The Eichmann Show di Paul Andrew Williams: Gerusalemme 1961. Il geniale produttore televisivo Milton Fruchtman assume il regista Leo Hurwitz (finito nella ‘lista nera’ di McCarthy) per occuparsi delle riprese TV del processo al feroce criminale nazista Adolf Eichmann. Quello che viene offerto a Hurwitz è un lavoro dalle dimensioni epocali: per la prima volta nella storia un processo sarebbe stato trasmesso in TV e per la prima volta il mondo intero avrebbe assistito alle scioccanti testimonianze dei sopravvissuti all’Olocausto. Il risultato di questa importante operazione fu che l’80% della popolazione tedesca guardò almeno un’ora del programma ogni settimana; che venne trasmesso su tutte le reti in USA e Gran Bretagna; ma soprattutto che finalmente, dopo 16 anni dalla fine della guerra, si cominciò a parlare apertamente dell’Olocausto. Martin Freeman e Anthony LaPaglia sono i protagonisti di The Eichmann Show sulla trasmissione televisiva del processo ad Adolf Eichmann, uno dei principali responsabili dell’Olocausto. Definito il “processo del secolo”, venne mandato in onda in 37 Paesi e per la prima volta l’orrore dei campi di sterminio venne raccontato in diretta dalle vittime. La messa in onda di quel processo rappresenta il primo evento televisivo globale e il film racconta la straordinaria storia del team di produzione che dovette superare ostacoli di ogni tipo per poter catturare la testimonianza di uno dei più noti criminali nazisti.

 
 

The Edge of Seventeen: nuova clip con Hailee Steinfeld e Woody Harrelson

STX Entertainment ha pubblicato una nuova clip di The Edge of Seventeen, scritto e diretto da Kelly Fremon Craig. Protagonisti Hailee Steinfeld e Woody Harrelson.

Il film racconta in modo esilarante e onesto la difficoltà di crescere nel mondo di oggi per una giovane ragazza. La protagonista è Nadine, ragazza delle scuole medie il cui imbarazzo cresce sempre di più, soprattutto quando il suo popolare fratello Darian inizia a frequentare la sua migliore amica Krista. Nadine inizia a sentirsi sempre più sola, fino a quando un’inaspettata amicizia con un ragazzo riflessivo gli offre una luce di speranza nel mondo.

Il film è interpretato anche da Kyra Sedgwick, madre del tutto inefficace, e Woody Harrelson, insegnante di storia di Nadine.

The Edge of Seventeen segna il debutto alla regia di Kelly Fremon Craig, ed è prodotto dal premio Oscar James L. Brooks.

The Edge of Seventeen sarà nelle sale a partire dal 18 novembre.

Fonte: CS

 
 

The Eden Project: acquisito dalla Sony produce Tobey Maguire

Tobey MaguireUn nuovo annuncio è arrivato da parte della Sony Pictures, la compagnia ha infatti acquisito i diritti di The Eden Project, pellicola sci-fi la cui sceneggiatura è firmata da Christina Hodson (The Black List). A rendere interessante il film agli occhi della Sony, inoltre, è la produzione che sarà curata dalla Material di Tobey Maguire Matthew Plouffe.

Ancora non si ha una sinossi ufficiale di The Eden Project in quanto si è intenzionati a tenere il massimo riserbo attorno alla pellicola, tuttavia è certo che affronterà una trama sci-fy e che vedrà protagoniste due attrici.

In attesa di ulteriori sviluppi in merito vi anticipiamo che The Eden Project potrebbe essere solo il primo capitolo di un’articolata trilogia.

Fonte: Hollywood Reporter

 
 

The Eddy, recensione della serie diretta da Damien Chazelle

The Eddy recensione serie tv

The Eddy è affascinante, eppure ostica, proprio come la musica che racconta, il suo mondo lontano dal successo facile e attaccato al sudore e al sacrificio, alla sofferenza che comporta seguire una passione, pari solo alla gioia che questa passione regala. Ma non basta a definire la nuova serie Netflix, disponibile dall’8 maggio, ideata da Jack Thorne e diretta (anche) dal premio Oscar Damien Chazelle (La La Land), e questa recensione di The Eddy proverà a raccontarlo, aggirando la facile tentazione di riportare di seguito la trama.

Perché se da una parte è vero che la nuova serie è legata alla musica e in particolare al jazz, è anche vero che The Eddy racconta la vita dei personaggi che gravitano intorno al locale che dà il nome alla serie, in una maniera frammentaria, dolorosa, che non lascia facile spazio all’empatia ma che tira dentro lo spettatore poco a poco, quasi fosse un unico film, un unico lungo flusso di coscienza che si muove sulle note improvvisate, a volte accidentate dell’improvvisazione jazz.

Tra dramma e thriller

the eddyUna via di mezzo tra dramma familiare e thriller metropolitano, la serie mescola i toni, i generi, intreccia le vite dei protagonisti e non si fossilizza mai su un solo tema o linguaggio. Vita e morte, amore e dolore, separazione, famiglia, amicizia, violenza e malavita, ogni trama confluisce nell’altra con una fluidità tale che sembra rappresentare anche la precarietà della vita dei protagonisti stessi.

Unico elemento unificatore della storia è lo stile di regia. Damien Chazelle, con Houda Benyamina, Laïla Marrakchi, Alan Poul, che firmano la totalità degli episodi, regalano a The Eddy un ritmo quasi aggressivo verso i proprio protagonisti, guidano un occhio che si avvicina tantissimo a pedinare corpi e storie, muovendosi, traballando, in un flusso di immagini che si fa senso di precarietà.

E simbolo di precarietà è il protagonista Elliot, ex gloria del jazz, che fatica a tenere insieme la propria vita, tra locale difficile da mantenere, vita privata complicata da gestire, figlia adolescente che piomba nella sua vita impossibile da controllare, una piede nella criminalità e un lutto che pesa sul cuore.

Elliot e gli altri

Intorno a Elliot, in maniera più o meno profonda, orbitano altri personaggi, uomini e donne a cui sono dedicate le altre puntate della serie. Ogni episodio, infatti, porta il nome di uno dei protagonisti, Julie, Amira, Maja, Jude, Sim, tutte anime perse, in qualche modo, che si trovano e ritrovano attorno alla musica che, solo alla fine, scopriamo essere, per poco tempo, l’antidoto alla sofferenza, la gioia, la ricompensa. L’ultimo episodio, che si intitola appunto The Eddy, il locale di Elliot, è l’unico che porta luce e dolcezza in una vita altrimenti cupa e difficile.

Al fianco dell’ottimo André Holland, interprete di Elliot, si muove un ventaglio variegato di interpreti grandi e piccoli, comparse e comprimari che rendono il racconto ricco e che di tanto in tanto prendono il loro posto sul palco principale e raccontano la loro storia. Tra questi c’è Maja, interpretata dall’intensa e talentuosa Joanna Kulig, attrice polacca già vista in Cold War, presenza angelica e magnetica, che anche in questo caso, come nel film di Pawlikowski, fa sfoggio del suo considerevole talento vocale.

La Parigi anti-romantica di The Eddy

The Eddy tramaCome cupa e difficile è anche la Parigi in cui è ambientata la storia. La città che cinema e tv hanno innalzato a romantica e luminosa, la città delle luci appunto, è un paesaggio tetro, dentro la quale ci si muove al buio, strisciando, con i propri pensieri, i propri guai, i propri dolori. La luce è solo dentro l’anima vibrante di passione di questi musicisti e cantori, affaticati dalla vita eppure aggrappati alla gioia che quel singolo istante di musica può regalare.

Per Damien Chazelle, che è stato il più giovane nella storia di Hollywood a vincere un Oscar alla regia con La la Land, The Eddy è un’ulteriore prova di un talento duttile che tuttavia, sempre a ritmo di musica, si piega e si trasforma di fronte ad ogni storia, pur rimanendo fedele al suo stile. Dall’inquadratura al montaggio, Chazelle riesce a mostrare la sua presenza nonostante si trovi in contesti ancora una volta differenti rispetto a quelli raccontati fino a questo momento nei suoi tre film.

Resta tuttavia fedele al linguaggio cinematografico, in quanto, pur approcciandosi a una serie tv per Netflix, si dissocia dal linguaggio seriale, lascia fluire il racconto così come il suo sguardo sui protagonisti e sulla città, sull’ambiente, così come fluisce la musica jazz, con le sue regole ma sempre imprevedibile.

 
 

The East : un nuovo trailer del film di Zal Batmanglij

The East

Ecco un nuovo trailer del film The East , diretto da Zal Batmanglij e diffuso in rete da iTunes Movie Trailers. Nel cast del film Brit Marling, Alexander Skarsgård, Ellen Page, Julia Ormond e Patricia Clarkson.

The East uscirà al cinema negli USA il prossimo 31 Maggio.

Ecco il video:

 

Presentato al Sundance Film Festival, The East affronta un tema urgente e contemporaneo: i movimenti di attivismo organizzato e i suoi conflitti con il potere. Qui la Marling è Sarah Moss, brillante agente di una società di intelligence che ha il compito di proteggere le multinazionali dagli attacchi degli ambientalisti radicali, infiltrata in una misteriosa organizzazione anarchica conosciuta come “The East”.

La donna dovrà fare i conti con la diffidenza di Izzy (Ellen Page) il membro più convinto e imprevedibile  tra gli eco-guerrieri, e con l’attrazione che prova per il carismatico leader del gruppo, Benji (Alexander Skarsgård ) che determinerà uno spostamento delle sue priorità e un mutamento nei suoi principi professionali ed etici.

Fonte: Comingsoon.net

 
 

The Eagle: recensione del film di Kevin Macdonald

The Eagle

Dopo l’Oscar e un paio di film ben assestati (L’Ultimo re di Scozia e State of Play), Kevin MacDonald cambia registro e si dedica ad una storia del sapore epico, lontana nel tempo e ambientata in uno spazio sconosciuto, la Britannia del II secolo d. C. Il film è tratto dal romanzo La legione scomparsa e fa parte di tutto quel genere ad ambientazione romana che è sempre stato amato oltreoceano. The Eagle però non è un film che racconta di combattimenti e carneficine, ci sono anche quelle, certo, ma il suo nodo centrale è una ricerca, la volontà di un uomo solo di portare a termine un compito.

In The Eagle un’intera legione romana si perde nella Britannia. Un centurione lascia cadere in mano ai nemici l’insegna della sua legione, l’aquila, simbolo di Roma. Il suo onore è perduto. Dopo molti anni, il figlio di quello stesso centurione, affronterà terre selvagge e popoli violenti per riportare a Roma quell’aquila e riabilitare così l’onore della sua famiglia agli occhi dell’Impero.

Quest’uomo è Channing Tatum, abbastanza convincente nell’armatura di Marco Flavio Aquila, centurione temerario e devoto alla Patria. Accanto a lui c’è Jamie Bell che interpreta lo schiavo e poi amico Esca ed offre un’interpretazione nella norma.

Per molti versi The Eagle ricorda altro di già visto e sentito, a partire dalle scene d’inseguimento attraverso altipiani rocciosi, che fanno venire in mente colossal di ben altra fama (le pianure di Rohan vi fanno venire in mente qualcosa?). Per quanto l’approccio al genere sia insolito il film sembra stagnare nella parte centrale, diventando prolisso nel momento in cui l’azione avrebbe richiesto più brio. Anche la ricerca dell’eroicità nelle gesta è quasi scansata laddove si prediligono i piani ravvicinati e i dettagli alla visione d’insieme delle scene più cruente.

Lo stesso dicasi per il parsimonioso accompagnamento musicale, che riecheggia di più nei rituali magici e/o religiosi che nei momenti più incisivi e narrativamente fondamentali. Interessante invece la dinamica che il regista ricrea tra i due protagonisti: il machismo tipico della rappresentazione romana classica del cinema viene sostituito con un rapporto viscerale e violento ma anche silenziosamente erotico, senza risultare retorico né scontato, che arricchisce la filmografia dei due giovani attori di una buona prova per entrambi.

Purtroppo però nell’insieme il film sembra disorientato e nell’esigenza ripetitiva di ribadire l’importanza dell’onore per un centurione finisce per sacrificare trame e dinamiche narrative che l’avrebbero sicuramente arricchito.

 
 

The Eagle trailer

 
 

The Dynasty: New England Patriots, trailer della docuserie in arrivo su Apple TV+

The Dynasty: New England Patriots

Apple TV+ ha svelato oggi il trailer di The Dynasty: New England Patriots, il documentario in 10 parti della Imagine Documentaries di Brian Grazer e Ron Howard che racconta l’ascesa della dinastia sportiva più dominante del 21° secolo, i New England Patriots. La serie, che farà il suo debutto il 16 febbraio, riunisce l’ex quarterback Tom Brady, l’allenatore Bill Belichick e il proprietario Robert Kraft, oltre a tanti altri collaboratori, nel racconto della storia che ha portato allo straordinario primato della squadra.

Grazie a interviste inedite a Kraft, Belichick e Brady, la serie offre un accesso senza precedenti alla storia del club, con approfondimenti da parte di giocatori, allenatori e dirigenti passati e presenti dei Patriots, tra cui Adam Vinatieri, Drew Bledsoe, Rob Gronkowski, Ty Law, Bill Parcells e Jonathan Kraft; funzionari della lega e giornalisti sportivi come Roger Goodell, Al Michaels e Howard Bryant; tifosi di alto profilo, come Jon Bon Jovi, Bill Burr, Rupert Murdoch e molti altri. La docuserie è un’esplorazione del viaggio ventennale del franchise, alla scoperta dell’intesa unica che ha contribuito alle sei vittorie al Super Bowl, fino al conflitto interno che ha scatenato una faida per il territorio. Dalla suite dell’armatore allo spogliatoio, il documentario rivela uno sguardo dall’interno sulla strada verso la grandezza e sul conseguente prezzo da pagare.

Diretto dal regista vincitore dell’Emmy Matthew Hamachek (“Tiger”), “The Dynasty: New England Patriots” racconta l’ascesa e la storica corsa ventennale dei Patriots durante l’era Brady-Belichick-Kraft. La docuserie è basata sull’omonimo bestseller del New York Times dell’autore Jeff Benedict e scava più in profondità dentro questa storia, attingendo a migliaia di ore di riprese video e file audio inediti, provenienti dall’archivio dei Patriots.

La serie di documentari, The Dynasty: New England Patriots prodotta da Imagine Documentaries, è prodotta esecutivamente da Brian Grazer, Ron Howard, Sara Bernstein, Justin Wilkes e Jeff Benedict, insieme a Matthew Hamachek, che ne cura anche la regia. Miranda Johnson-Smith, Meredith Kaulfers e Jonna McLaughlin sono co-produttori esecutivi e Daniel Koehler e Dallas Rexer sono i produttori. Apple TV+ e Imagine Documentaries hanno recentemente collaborato all’acclamata docuserie in quattro parti “The Super Models” uscita nello scorso autunno.

 
 

The Duke, recensione del film di Roger Michell #Venezia77

The Duke con Jim Broadbent

Il regista Roger Michell, noto ai più per l’iconica commedia romantica Notting Hill, ha presentato nella sezione Fuori Concorso della 77ª Mostra d’arte cinematografica di Venezia, il suo ultimo lavoro The Duke.

Commedia in puro stile british racconta la storia vera di Kempton Bunton, anziano di Newcastle che nel 1961 fu coinvolto nel furto di un dipinto di Francisco Goya alla National Gallery di Londra; unico furto nella storia ai danni della celeberrima galleria. Il dipinto in questione è un ritratto del duca di Wellington, da qui il titolo del film.

The Duke, tratto da una storia vera

Il furto è in realtà un pretesto per mostrare al pubblico la storia del protagonista, un buono, che con i suoi metodi stravaganti si è sempre esposto per il bene comune confidando nella reciproca solidarietà tra gli esseri umani. L’uomo della porta accanto, il vicino che chiede in prestito una cosa, sempre per aiutare qualcuno che ha più bisogno.

Curioso a tal proposito, nell’ambito della programmazione festivaliera, come l’eccentrico e altruista Bunton di The Duke sia stato presentato lo stesso giorno del documentario dedicato a Greta Thunberg. Lontani anni luce, i due, hanno in comune il voler migliorare una situazione e la caparbietà per riuscire ad ottenerlo.

Il cast di The Duke

Nel ruolo del protagonista Jim Broadbent, che con il suo inconfondibile stile ci regala una performance da manuale, affiancato da un cast stellare tra cui si distinguono: Helen Mirren, Fionn Whitehead e Matthew Goode. La Mirren si conferma ancora una volta una punta di diamante del cinema britannico, nel ruolo della moglie, apparentemente secondario, ci regala nelle scene a due con Broadbent i momenti più irriverenti del film. Fionn Whitehead, conosciuto per il ruolo da protagonista in Dunkirk di Christopher Nolan, interpreta uno dei figli della coppia, l’unico che vive ancora con loro. Devoto al padre avrà un ruolo decisamente cruciale. Come cruciale e carismatico è l’avvocato interpretato da Goode che sceglierà di assistere un uomo, agli occhi di tutti, indifendibile.

Orfano del suo cast nella prima veneziana, anche Jim Broadbent era misteriosamente assente alla proiezione in Sala Grande, dopo aver presenziato alla conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio; The Duke è uno di quei film che risplende di luce propria senza bisogno di lustrini per attirare l’attenzione. Conquista il pubblico che in film come questo riscopre il piacere di tornare al cinema. Una storia vera raccontata bene, con quel pizzico di humor raffinato e freddure pungenti che non possono che innescare una sonora risata.

Un racconto ironico e raffinato

La regia si mette al servizio della storia, anche se non mancano i virtuosismi. In particolare la scena del furto viene narrata attraverso un controcampo di sguardi. Gli sguardi sospettosi, espressivi ed enigmatici dei ritratti che circondano quello del duca, e anche qui l’ironia irrompe, una mano porta via il Goya e, dietro, sullo sfondo, appare in risalto L’Urlo di Edvard Munch. Ciò che appare statico diventa dinamismo narrativo grazie al montaggio. A tal proposito risultano molto convincenti anche le scene d’archivio della Londra degli anni Sessanta mescolate al nuovo girato.

The Duke, senza essere retorico e struggente, tocca molti temi importanti come il senso di colpa, il lutto e l’assenza di dialogo nelle coppie. Punto di forza del film resta però soprattutto il protagonista di cui verrebbe voglia di sapere di più, magari leggendo una delle sue tante opere per cui “ Shakespeare dovrebbe cominciare a preoccuparsi”.

 
 

THE DUKE di Roger Michell Fuori Concorso a Venezia 77

the duke

THE DUKE di Roger Michell (Rachel, A Royal Weekend, Notting Hill) sarà presentato in Selezione Ufficiale – Fuori Concorso alla 77. Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia.

Tratto da una storia realmente accaduta, il film vede protagonisti i premi Oscar© Helen Mirren (The Queen – La regina, Ella & John, Woman in Gold) e Jim Broadbent (Iris, The Iron Lady, Il segreto di Vera Drake). Nel cast anche Fionn Whitehead (Il verdetto, Dunkirk) e Matthew Goode (The Imitation Game, Match Point).

Il film sarà distribuito nelle sale da BIM nel 2021.

Regia: Roger Mitchell

Con: Helen Mirren, Jim Broadbent, Fionn Whitehead, Matthew Goode

Genere: Comedy, Drama

Nazionalità: UK

Distribuzione: BIM

Uscita: 2021

SINOSSI

Nel 1961, Kempton Bunton, un tassista di 60 anni, rubò dalla National Gallery di Londra il Ritratto del duca di Wellington di Francisco Goya. Kempton chiese un inconsueto riscatto: avrebbe restituito il dipinto solo se il governo si fosse impegnato di più a sostegno degli anziani, per i quali si era già battuto in precedenza. Solo 50 anni dopo si è scoperto che Kempton aveva intessuto una rete di bugie. L’unica verità era che era un brav’uomo determinato a cambiare il mondo e a salvare il suo matrimonio. Il racconto di come “il Duca” lo abbia aiutato in questo è una storia meravigliosamente ispiratrice.

 
 

The Duke con Jim Broadbent a Venezia 77

The Duke con Jim Broadbent

Sarà presentato oggi fuori concorso il nuovo film di Roger Michell The Duke con protagonisti Jim Broadbent, Helen Mirren, Fionn Whitehead, Matthew Goode, Anna Maxwell Martin.

The Duke, nella grande tradizione delle Ealing Comedies, mostra un uomo semplice che parla apertamente ai potenti. Per quanto si tratti di una storia seria, non va presa troppo sul serio.

The Duke, la trama

Nel 1961, Kempton Bunton, un taxista di sessant’anni, rubò il ritratto del Duca di Wellington di Francisco Goya dalla National Gallery di Londra. Fu il primo (e finora unico) furto nella storia della Gallery. Kempton mandò una richiesta di riscatto asserendo che avrebbe restituito il dipinto a condizione che il governo si impegnasse a favore degli anziani attraverso maggiori investimenti: si era a lungo battuto affinché i pensionati avessero diritto alla televisione gratuita. Ciò che accadde successivamente è leggenda. Fu solo cinquant’anni più tardi che l’intera storia venne a galla: Kempton aveva intessuto una trama di bugie. L’unica verità era che era una brava persona, determinato a cambiare il mondo e salvare il suo matrimonio. Come e perché avesse deciso di ricorrere al Duca per portare a compimento il suo piano rimane una storia incredibilmente affascinante.

 
 

The Duel of Wine il 15 novembre al NICE Festival a New York

NICE Festival

N.I.C.E. – New Italian Cinema Events, è un’associazione culturale nata a Firenze con l’obiettivo di promuovere il nuovo cinema indipendente italiano all’estero, attraverso l’organizzazione di festival e scambi culturali negli Stati Uniti, in Europa e in Asia.

Quest’anno si celebra la 27 esima edizione negli Stati Uniti e dopo una prima tappa a San Francisco, il N.I.C.E., diretto da Viviana Del Bianco, prosegue a New York con tre proiezioni e un evento speciale dal 14 al 17 novembre.

La selezione dei film è particolarmente variegata. Il film di apertura sarà Franca: Chaos and Creation, il documentario di Francesco Carrozzini su Franca Sozzani, madre del regista e leggendaria direttrice di Vogue Italia, venuta a mancare nel 2016. Il giorno successivo sarà dedicato al mondo del vino con la proiezione di The Duel of Wine, diretto da Nicolás Carreras.

A chiusura del festival sarà presentato in anteprima negli Stati Uniti, Taranta on the Road, un viaggio attraverso la musica salentina con la regia di Salvatore Allocca.

Le proiezioni verranno ospitate da due partner storici del festival, l’Istituto Italiano di Cultura e la Casa Italiana Zerilli-Marimò (NYU). Tra gli ospiti ci saranno Francesco Carrozzini, il regista candidato all’Emmy Award, che presenterà il suo film insieme alla giornalista Grazia D’annunzio, Special Projects Editor di Vogue; il noto sommelier Charlie Arturaola , protagonista di Duel of Wine ed il regista di Taranta on the Road Salvatore Allocca insieme allo lo sceneggiatore Amara Lakhous .

EVENTO MERCOLEDÌ 15 NOVEMBRE

FILM SCREENING: The Duel of Wine di Nicolás Carreras

Istituto Italiano di Cultura, 6PM — 686 Park Avenue, New York Ingresso libero – In collaborazione con #Film4Life e la media agency Glim Creative.

A seguito della proiezione incontro con Lino Pujia (produttore) e il sommelier Charlie Arturaola moderato da Simone Bracci (Film 4 Life). Rinfresco e degustazione “Wine tasting” offerto da Carpineto, Arnaldo Caprai, Bisol Crede e Cantina del Castello.

Il celebre Sommelier Charlie Arturaola ha “perduto” il senso dell’olfatto, strumento principe del suo mestiere e si ritrova d’improvviso sul lastrico e senza alcuna credibilità nel settore eno-gastronomico. Costretto a vivere nei sobborghi di Miami tuttavia non si dà per vinto. Nel frattempo un altro eccellente Sommelier, l’italiano Luca Gardini, sta marciando verso le finali della competizione mondiale The Duel of Wine che si tiene a New York. Charlie escogita uno stratagemma per poter partecipare alle fasi eliminatorie del Campionato.

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The Drop: trailer italiano con Tom Hardy e James Gandolfini

È online il trailer italiano di The Drop (in italia si intitolerà Chi è senza colpa), film di Michael R. Roskam, ultimo lavoro del compianto James Gandolfini prima della sua morte. Oltre all’ex Tony Soprano il cast del film comprende anche due stelle assolute come Tom Hardy e Noomi Rapace. Ecco il trailer:

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the-drop-posteProtagonista di The Drop è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.
Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapacee Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.

 
 

The Drop: trailer internazionale del film con James Gandolfini e Tom Hardy

Ecco il trailer internazionale di The Drop, prima Animal Rescue, uscito in esclusiva su EMPIRE, film drammatico diretto da Michaël R. Roskam in cui vedremo, purtroppo per l’ultima volta, James Gandolfini. L’attore de I Soprano ha diviso il set con Tom Hardy:

Di seguito le foto del film: [nggallery id=477]

THE DROP 01Protagonista del film è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.

Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapace e Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.

 

 
 

The Drop: nuove foto dal film con Tom Hardy

Ecco a seguire nella gallery alcune nuove immagini da The Drop, in cui vediamo Tom Hardy alle prese con dei teneri cuccioli. Il film è diretto da Michael R. Roskam e vede nel cast anche Noomi Rapace e per l’ultima volta sul grande schermo James Gandolfini.

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The Drop 1Protagonista del film è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.

Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapacee e Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.

 Fonte: IMDb

 
 

The Drop primo trailer dell’ultimo film con James Gandolfini

Ecco il primo trailer di The Drop, prima Animal Rescue, film drammatico diretto da Michaël R. Roskam in cui vedremo, purtroppo per l’ultima volta, James Gandolfini. L’attore de I Soprano ha diviso il set con Tom Hardy:

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Di seguito le foto del film: [nggallery id=477]

THE DROP 01Protagonista del film è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.

Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapace e Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.

 

 
 

The Drop prime foto dell’ultimo film con James Gandolfini

Ecco le prime foto di The Drop, prima Animal Rescue, film drammatico diretto da Michaël R. Roskam in cui vedremo, purtroppo per l’ultima volta, James Gandolfini. L’attore de I Soprano ha diviso il set con Tom Hardy, anche lui nelle foto. [nggallery id=477]

THE DROP 01Protagonista del film è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.

Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapace e Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.
Fonte: Collider
 
 

The Drop nuovo spot del film con Tom Hardy e James Gandolfini

the-drop-posterPubblicata online un nuovo spot tv per The Drop il film di Michael R. Roskam che segna l’ultimo lavoro di James Gandolfini prima della sua morte.
Oltre a Gandolfini il cast del film comprende anche due stelle assolute come Tom Hardy e Noomi Rapace.

Protagonista del film è proprio Tom Hardy che impersona un ex criminale e ora barista in un locale che funge da punto di incontro e di scambio per i criminali di zona. Gandolfini interpreta suo cugino, e la storia comincia quando il personaggio di Hardy salva un cucciolo di pit bull solo per diventare poi il bersaglio del vecchio proprietario del cane, in pazzo mentalmente instabile.

Dennis Lehane autore di Mystic River e Shutter Island ha scritto la sceneggiatura. Nel cast oltre a James Gandolfini e Tom Hardy ci sono anche Noomi Rapacee Matthias Schoenaerts. Il film uscirà negli Stati Uniti il prossimo 19 settembre.

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