Venezia 73 – Oggi vi parlo di un
film della Settimana Orizzontale degli Autori, una
sezione parallela inaugurata quest’anno con lo scopo di dare voce a
temi poco trattati dalla volgare, superficiale e sciatta
cinematografia popolare che si preoccupa solo di portare pubblico
in sala con i bei faccini puliti degli attori hollywoodiani. Si
intitola
Sono
giorni che non caco, ed è una produzione
franco-canadese, un intenso esperimento di docu-fiction basato
sulla tragica vicenda di un giovane e affascinante uomo, direttore
di un’affermata testata giornalistica online, che improvvisamente
vede la sua vita sconvolta dal dramma di un intestino capriccioso
come una starlette degli anni ’50. Già provato dallo stravolgimento
dei ritmi della flora batterica nel corso di brevi ma impegnative
vacanze, il protagonista – che porta un nome di fantasia,
Amedeo Franceschi, ma è sicuramente ispirato alla
figura di qualche collega realmente presente qui al Lido – le prova
tutte per risolvere la sua situazione, in un emozionante crescendo
di tensione drammatica. Dalle supposte al whisky ai clisteri
ripieni di Spritz, passando per lo yoga – toccante
la scena in cui assume la posizione dello sfintere urticante, con
un gran lavoro d’interpretazione sia facciale che mimica – le palle
di cannone sparate nello stomaco e l’incontro ravvicinato con
Michael Fassbender, senza riuscire a cavare un
ragno (né altro) dal buco. Commovente il finale in cui ATTENZIONE
SPOILER l’uomo riesce finalmente a risolvere la situazione tra
mille effetti pirotecnici sulle note di ‘We are the
Champions’. Che poi, bastava dirlo, gli avrei consigliato
L’Estate addosso di Muccino, che già a
partire dal titolo ispira espletazioni (a vederlo, poi, non ne
parliamo).
Comunque, il film è bello perché dà
voce a istanze che da ste parti sono comuni, costretti come si è
condividere il bagno con altri sessanta coinquilini, a correre da
una parte all’altra per non perdere nemmeno un minuto di qualsiasi
cazzata ci propini la selezione – ‘ok, parla di rutti acrobatici.
Ma se poi è bello? Se poi vince il Leone? Che fai? Non te lo vedi?
– alla fine le parti basse vanno in sciopero. Come diceva il
saggio: tratta bene il tuo ano e lui tratterà bene te.
Corollario: qua si
continuano a vedere scene spaventose di degrado umano davanti al
red carpet. Ieri era per Fassbender. Oggi è per Jake
Gyllenhaal. O per Alvaro Vitali, non ho capito bene. Tanto
diciamocelo, ognuno che abbia almeno cinquanta like a post su
facebook ormai è considerato una star, e ogni scusa è buona per
rendersi ridicoli a favore della gente affamosa. Una dormiva
direttamente dentro la valigia. Sarà. Io sono vittima di uno strano
fenomeno ipnotico, e non je la potrei mai fà. Per me su quel
tappeto ci possono passare pure Amy Adams, Charlize Theron, Scarlett Johansson o
Salma Hayek. Se l’attesa per vederle supera i
cinque minuti mi appaiono automaticamente come quattro cessi a
pedali, e perdo interesse. Quando invidio il candore.
(Ang)
Avevo visto in una proiezione
casalinga riservata a pochi la pellicola orizzontale di cui parla
Ang, per questo motivo oggi ho saltato l’anteprima per trovare il
tempo per darme na sistemata (cioè ben 15 minuti), e andare a
vedere Nocturnal Animals di Tom Ford.
Diciamocelo, so annata pure perché il mio sogno è chiedere al
regista, stilista, esteta e talento della moda di firmarmi le
occhiaie, e pensavo di farlo in conferenza stampa, mentre tutti
fanno domande interessantissime e avvincenti, come ad esempio ‘cosa
ne pensi della maternità surrogata’ (n.d.a. chiesto seriamente da
Marilena Vinci a Michael Fassbender. CIOE’ tra
un boato di donne che gli avrebbero chiesto il numero lei chiede la
MATERNITÀ SURROGATA. Brava Vinci, ecco perché
ti amiamo, perché prendi l’ormone e lo metti da parte) io volevo
alzarmi, con gli occhiali da sole Gucci ovviamente, e dirgli ‘Tom,
le cose so due. O me firmi le occhiaie o me spieghi sta cosa dei
culi.
Perché cari miei, se non lo sapete
quest’anno al lido è l’anno del culo. Di riferimenti anali già vi
avevamo raccontato, insomma, parlando del film di Muccino (Gabri,
stacce, you are always on my mind), ma anche il film di Ford non
scherza proprio. Non mi riesce di farne una recensione cazzona
perché la pellicola è davvero molto interessante, a tratti anche
commovente. Un super thriller, esteticamente seduttivo e
cromaticamente perfetto la cui sceneggiatura è stata scritta dallo
stesso Ford, che ti tiene col fiato sospeso fino alla fine.
Quello che stona, ma forse è un
omaggio al lido, è la presenza ingombrante e claustrofobica di
questi culi, messi così un po’ alla cazza, in ogni dove.
Caro Tom, volevi dirci qualcosa
a posteriori?
Non so. Però grazie caro, finalmente
me so dimenticata la proiezione di ieri sera del Cristo Ciego, che
voglio dire, io al cinema me vedo pure senza colpo ferire i
documentari muti sulla storia del cemento, ma sto film m’ha messo
un malumore che avrei preso a capocciate il poro Rauco. Vi
sintetizzo brevemente la storia.
C’è un ragazzo che è convinto di
essere una sorta di reincarnazione di Cristo, tanto da prendere e
partire per aiutare un amico d’infanzia fisicamente in difficoltà,
certo di poter compiere un miracolo sull’arto menomato dell’amico.
Insomma prende e parte a piedi nudi in pellegrinaggio per tutto il
deserto del Cile.
Poi non succede un cazzo.
C’è bisogno che commenti?
Piccolo aggiornamento sugli usi e
costumi. Tranquilli: passano gli anni, cambiano gestioni, ma gli
amici autoctoni so sempre uguali, ce odiano.
Siamo arrivati al lido e già sul
vaporetto uno mi ha detto che proprio non ci sopporta, che
dipendesse per lui ce menerebbe tutti. Ieri una si è premurata di
dirmi che ‘qui fanno la differenziata’. A me lo dici? Che vivo
mezzo anno della mia vita in Emilia Romagna, che te mandano Report
a casa se cicchi per strada?
Per cui pensavo che ci meritiamo
dopo tanti anni un po’ di onestà, per questo vorrei parlare a cuore
aperto, e buttare il badge, che mi, che ci distingue così tanto da
voi, oltre l’ostacolo.
Amici del lido, è dal 1937 che
ci ospitate demmerda. Tirate fuori la dignità e nelle insegne dei
vostri locali, fuori dalle vostre case, sui vostri autobus scrivete
“Desolati, ce provamo dal 1937 ad abituarci alla vostra presenza,
ma ce vié sempre na merda. Questi anni di fallimenti non sono un
caso, ma prova del fatto che siamo proprio incapaci. Qualcuno se
stava a imparà, ma l’abbiamo mannato a vende vetri di Murano ai
turisti. D’altronde, se non se capimo manco tra di noi quanno
parlamo, come pretendete che capimo a voi?
(Vì)
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