È un momento straordinario per
Tom Hiddleston, ex allievo della prestigiosa
Dragon School, Eton College, Cambridge, e della Royal
Academy of Dramatic Art. Quel Tom
Hiddleston, star del palcoscenico e del piccolo e grande
schermo, che di recente ha avuto una relazione con una ragazza da
sogno come Taylor Swift.
Per Tom
Hiddleston, la vita è così grandiosa che esistono delle
teorie di complotti troppo belli per essere veri. Secondo la teoria
migliore di tutte, il trentacinquenne Tom
Hiddleston è il candidato più probabile a sostituire
Daniel Craig nei panni di James
Bond e lo staff di PR ha messo in scena la sua relazione con
Taylor Swift per aumentare la sua aura da star.
Come se ce ne fosse bisogno.
La fama di Tom
Hiddleston è cresciuta con costanza grazie al suo talento
versatile da quando è stato scelto per interpretare il mitico
villain Loki, personaggio ricorrente nell’universo cinematografico
della Marvel, nel film Thor (2011) diretto da
Kenneth Branagh. I cinefili preferiscono ricordare
l’attore nel ruolo del centenario vampiro rock’n’roll di
Solo gli amanti sopravvivono (2014) di
Jim Jarmusch accanto a Tilda
Swinton. Ma probabilmente i talent scout avrebbero
scoperto molto prima i progetti precedenti di Tom
Hiddleston, ossia una serie di ruoli teatrali e
televisivi, come la serie Wallander della
BBC accanto a Branagh. Ancora oggi l’attore partecipa a progetti
per la tv, come la recente miniserie The Night Manager di
Susanne Bier, adattamento del romanzo
Il direttore di notte di John le
Carré, in cui Tom Hiddleston interpreta
un agente segreto sul campo, infiltrato nel mondo del più
minaccioso trafficante d’armi.
L’anno prossimo, grazie a due
attesi blockbuster (Thor: Ragnarok e
Kong: Skull Island) — e forse alla
recente relazione sentimentale di cui si è tanto parlato — la
stella di Tom Hiddleston raggiungerà il top. A
prescindere dal potenziale ruolo di James Bond, l’intrigo lo
accompagnerà sempre. Ad agosto, durante le riprese in Australia,
Tom Hiddleston è stato intervistato
telefonicamente dal suo amico e collega dell’universo Marvel Benedict
Cumberbatch (Doctor Strange) per
discutere dei pericoli e del potenziale potere che deriva
dall’attenzione pubblica.
BENEDICT CUMBERBATCH: Come tutti
gli intervistatori, dovrei innanzitutto ringraziarti, Tom, per il
tempo che vorrai dedicarmi.
TOM HIDDLESTON: [ride] Grazie,
Benedict. Dovremmo ringraziarci l’un l’altro. Per il resto della
vita.
CUMBERBATCH: E poi, nel tipico modo
British, dovremmo anche porgere reciprocamente le nostre scuse.
TOM HIDDLESTON: Mi dispiace
disturbarti.
CUMBERBATCH: Io sono più
dispiaciuto di te.
TOM HIDDLESTON: [ride] Che ne pensi
del…
CUMBERBATCH: Mio ruolo di
giornalista?
TOM HIDDLESTON: Sono combattuto.
[ride]
CUMBERBATCH: Penso che il mio ruolo
sia quello di un vero amico piuttosto che del giornalista. Prometto
che non ci saranno deviazioni. Innanzitutto, com’è indossare di
nuovo la parrucca e l’elmo con le corna di Loki? E lavorare
nuovamente con Chris Hemsworth? E com’è lavorare in Australia con
il regista Taika Waititi?
TOM HIDDLESTON: È davvero
entusiasmante, perché sono passati quattro anni dall’ultima volta
che ho interpretato Loki. L’ultima volta che ho indossato il
costume di Loki è stato al Comic-Con di San Diego nel 2013.
CUMBERBATCH: Stai scherzando!
TOM HIDDLESTON: A dire il vero, la
cosa più bella di tutte è lavorare di nuovo con Chris. Ci siamo
conosciuti a casa di Kenneth Branagh nel 2009. Eravamo poco più che
ragazzi all’inizio del nostro percorso di recitazione. Abbiamo
legato subito ed è stato meraviglioso condividere con lui questo
folle viaggio nel mondo della Marvel. Questa settimana c’era
Anthony Hopkins sul set. E Taika Waititi è magnifico, rispetta
tutto il lavoro fatto in precedenza apportando il suo contributo.
Ed è uno spasso. I suoi film — se non li hai visti, devi
recuperarli: What We Do in the Shadows, Hunt for the
Wilderpeople — combinano leggerezza, humor ed emozioni. Sono
molto commoventi. Siamo soltanto all’inizio, ma siamo tutti
entusiasti.
CUMBERBATCH: Fino a quando
dureranno le riprese?
TOM HIDDLESTON: Resterò qui fino
all’inizio di novembre.
CUMBERBATCH: Quindi hai ancora
molto altro da fare sul set. Stai vivendo l’inverno australiano,
che immagino sia decisamente adorabile rispetto all’inverno
inglese.
TOM HIDDLESTON: [ride] Così dicono.
Siamo sulle coste del Queensland e, al di là del fatto che il sole
tramonta presto e molto rapidamente, il sole splende e il cielo è
terso. Per la mia carnagione celtica è preferibile rispetto
all’estate australiana. Ero proprio qui a gennaio durante le
riprese di Kong: Skull Island e faceva caldissimo.
CUMBERBATCH: Una bella transizione.
Parliamone, visto che è stata la tua ultima escursione. Le
condizioni erano proibitive. Se non erro, le riprese nella giungla
si sono svolte in Vietnam e poi durante un’estate australiana molto
calda.
TOM HIDDLESTON: L’esperienza in
Vietnam è stata incredibile. Mi sento davvero fortunato per aver
avuto la possibilità di lavorare con quella produzione e di essere
coinvolto in un grande film di quel genere… Abbiamo girato a Oahu,
alle Hawaii. Abbiamo girato in Australia e poi nel Nord del
Vietnam, dalle parti di Hanoi, nella Baia di Ha Long e a Ninh Binh.
E la cosa straordinaria è che ci sono paesaggi del Vietnam che
hanno visto in pochi. La gente del posto era assolutamente
entusiasta. Dopo che siamo atterrati, il regista Jordan
Vogt-Roberts, Brie Larson, Sam Jackson, Alex Garcia [il produttore
esecutivo] e io abbiamo partecipato a una conferenza stampa ad
Hanoi ospitata dall’ambasciatore americano in Vietnam. È stato un
momento importante per il Paese. Molte persone che abbiamo
incontrato non avevano mai visto una produzione di quella portata.
In alcuni luoghi, li abbiamo aiutati a costruire le strade in modo
da poter garantire il passaggio dei mezzi che trasportavano
l’attrezzatura per le riprese. Il primo giorno di riprese, Sam
doveva girare una scena molto semplice con pochi dialoghi e c’erano
migliaia di persone ad assistere. Dopo un’ora circa si erano
annoiati. Comunque girare in questo straordinario Paese ricco di
bellezze mozzafiato è stata un’esperienza magnifica per tutti
noi.
CUMBERBATCH: Oddio, non devo
annotare tutto questo, vero?
TOM HIDDLESTON: Trascriverai
l’intervista più tardi?
CUMBERBATCH: Sto osservando un
paesaggio decisamente europeo mentre immagino ciò che stai
descrivendo e non ho carta e penna a portata di mano. È come se
fossi nella giungla del Vietnam. Ma se non ho la responsabilità
editoriale, sono molto felice. Tom, sei uno scrittore e attore
molto eloquente. Ricordo di aver letto qualcosa che avevi scritto
sul primo giorno in cui hai affrontato questa icona
cinematografica, King Kong. Hai un’ottima reputazione nell’ambito
dell’industria cinematografica. Se avessi una macchina del tempo,
quale epoca del cinema vorresti vivere? L’era dei musical, il
neorealismo in Italia del secondo dopoguerra o magari un film di
Spielberg degli Anni Ottanta?
TOM HIDDLESTON: Le grandi epoche
del cinema che venero sono due. Ammiro profondamente le sequenze
ininterrotte di danza di Fred Astaire e Ginger Rogers e Gene Kelly.
Mi lasciano sbalordito. Non esisteva il principio: “Sistemeremo
tutto durante la post-produzione”. Stavo guardando una clip di
Follie d’inverno (1936) e… Come si chiama quell’attore di
Cantando sotto la pioggia (1952)? Intendo la canzone “Ma
che fa”. Ah, Donald O’Connor! Sono totalmente rapito da questi
film. Era un tipo di performance molto diverso. E l’altra epoca è
quella degli Anni Settanta.
CUMBERBATCH: Quando i cineasti
dell’East Coast arrivarono a L.A. e misero in discussione lo studio
system? I film di Scorsese?
TOM HIDDLESTON: Sì. L’immediatezza
delle emozioni, il realismo e la serietà del cinema di allora.
Taxi Driver (1976), Toro Scatenato (1980),
Apocalypse Now (1979)…
CUMBERBATCH: Sono assolutamente
d’accordo. Erano film di grande attualità e trattavano questioni
importantissime per quel periodo dal punto vista politico. Furono
in grado di trovare l’equilibrio perfetto fra intrattenimento e
arte.
TOM HIDDLESTON: Era anche il
periodo dei migliori film di Stanley Kubrick. 2001: Odissea
nello spazio uscì nel 1968. Prima dell’allunaggio del ‘69, era
come se l’esperienza sulla luna fosse già avvenuta proprio grazie
all’esperienza cinematografica vissuta con Kubrick. Inventarono a
tutti gli effetti materiali appositi con la NASA, costumi e
scenografie, era tutto all’avanguardia. La fantascienza è alla base
di tutto. I film che facciamo oggi devono tutto a quei film, a
quell’epoca straordinaria. Però stiamo ragionando in termini di
sindrome dell’epoca d’oro, come in Midnight in Paris.
CUMBERBATCH: Ma allo stesso tempo
sappiamo bene che da circa dieci anni stiamo vivendo l’epoca d’oro
della televisione, e anche tu ne fai parte. Quando The Night
Manager è stato trasmesso nel Regno Unito, ne parlavano tutti.
È stata una serie molto coinvolgente, un altro gioiello della
corona della BBC. Com’è stato lavorare con Susanne Bier?
TOM HIDDLESTON: Un’esperienza
fantastica. Era come lavorare a un film di sei ore. C’era uno
storyboard, una sceneggiatura di 360 pagine e un solo regista.
Susanne era il nostro capitano. Le riprese si sono svolte in
Svizzera, a Londra, nel Devon, in Marocco e a Maiorca, seguendo
quest’ordine. Avevamo la sensazione che la maggior parte della
serie si svolgesse in Marocco, a Marrakesh, dove c’erano gli
interni del Cairo, e dove abbiamo girato i tumulti della Primavera
Araba. Siamo stati a Marrakesh per sette settimane e dovevamo
girare molte pagine della sceneggiatura al giorno; io ero in ogni
fotogramma e dovevo passare da un’identità all’altra: Jonathan
Pine, Andrew Birch, Thomas Quince e Jack Linden. Di recente mi è
stato chiesto com’è stato tornare a lavorare in televisione, ma non
sembrava un progetto meramente televisivo. È il pubblico ad
avvertire maggiormente la differenza. A proposito degli Anni
Settanta, la cosa strana è che The Night Manager fu
assegnato a Sydney Pollack all’inizio degli Anni Novanta e la
sceneggiatura del film fu scritta da Robert Towne. Alla fine i
diritti tornarono a le Carré e ai figli Simon e Stephen Cornwell.
Ma probabilmente in alcuni casi è meglio raccontare una storia in
sei ore invece di due. Non saprei. Tu che ne pensi? Da anni lavori
sia in tv sia al cinema. Eravamo a cavallo il giorno dopo la messa
in onda sulla BBC del primo episodio di Sherlock. Tu
cadevi di continuo da cavallo durante le lezioni di equitazione per
War Horse (2011). Ricordo benissimo quando
Sherlock divenne il fenomeno straordinario che è oggi.
Avete girato tre stagioni, giusto?
CUMBERBATCH: Quattro stagioni e un
Christmas special…
TOM HIDDLESTON: E 12 anni
schiavo (2013), The Imitation Game (2014) e un
milione di altre cose. Non ti fermi mai.
CUMBERBATCH: Per fortuna al momento
mi sono fermato e ho tempo per parlare con te, amico mio, il che è
fantastico, anche se le nostre parole vengono registrate e saranno
stampate. Dobbiamo farci una chiacchierata dopo questa telefonata.
Mi dispiace, ma ci sono dei limiti. Penso che la tv e il cinema si
alimentino a vicenda. Lo spettatore percepisce la differenza più
dell’attore. È vero che per la televisione ci sono esigenze
specifiche e si notano i limiti di budget. Ciò che si nota di più
sono i limiti di tempo e quelli della disponibilità economica. Ma
l’ambizione della scrittura e, si spera, del risultato finale
migliora sempre di più perché vogliamo superare noi stessi per
soddisfare un pubblico molto esigente e affamato.
TOM HIDDLESTON: Cosa pensi della
differenza tra interpretare varie volte lo stesso personaggio, come
Sherlock o Loki, e creare un personaggio da zero?
CUMBERBATCH: Penso che debbano
essere affrontati con la stessa inventiva. Alcune cose sono già
stabilite, come l’immagine del personaggio: si tratta di elementi
iconici che non si possono eliminare, ad esempio il cappello e il
cappotto di Sherlock. So che per te è stato difficile accettare le
corna di Loki e mi piacerebbe parlarne, se ti è concesso farlo. Il
processo è sterile se non c’è possibilità di reinventare. A me
piace molto. Penso che sia possibile anche grazie all’ottima
qualità della scrittura, alla possibilità di esplorare vari aspetti
del personaggio. Tutto dipende dagli ostacoli e dagli obiettivi
che, se sono interessanti, ti permettono di inserire nuovi
elementi. Secondo me, un personaggio è come un libro aperto, una
tela bianca. Con Loki, il dio dell’inganno in grado di mutare
forma, esistono molteplici possibilità. E poi c’è il consulente
investigativo che pratica il kung fu, parla un’altra lingua e sa
comunicare utilizzando il linguaggio dei segni… Ci sono risorse
inesplorate. Quanto all’approccio al lavoro, mi piace la
familiarità che ho con un personaggio. Mi chiedo se la sensazione
sarebbe la stessa nel caso della rivisitazione di un personaggio
classico a teatro. Se dovessi interpretare nuovamente Amleto, cosa
proverei? Si tratta pur sempre delle stesse battute, dello stesso
dilemma e degli stessi personaggi. Non è cambiato nulla, eccetto il
contesto. Nella tua vita quotidiana c’è una sorta di dimensione
spirituale? Quando devi affrontare i problemi del giorno, hai una
routine, un mantra o qualcosa del genere?
TOM HIDDLESTON: Deve esserci sempre
qualcosa, anche per iniziare la giornata. Per me è la musica. E la
corsa. Quando lavoro, se inizio la giornata andando a correre —
all’aria aperta, non in palestra, bensì da solo e a contatto con
gli elementi, facendo affidamento soltanto sulle gambe… Ti fa
sentire vivo ed è un momento di svago.
CUMBERBATCH: Oltre a svegliarti
presto per fare attività fisica, ti corichi a orari regolari?
TOM HIDDLESTON: Assolutamente,
altrimenti non riesci a fare niente. Le cose variano da un lavoro
all’altro. Quando abbiamo girato Kong: Skull Island,
eravamo sempre all’aperto. Il mio personaggio è un ex inseguitore
dell’Aviazione militare britannica, quindi è un atleta finissimo.
Se mi sentivo un po’ fiacco, dovevo correre di continuo per pompare
il sangue.
CUMBERBATCH: Ho letto che Hugh
Laurie ti ha elogiato dicendo che la tua energia dava un grande
contributo all’intera unità. Ma incontri mai delle difficoltà
relative al trucco e ai costumi? Ricordo di aver visto delle foto
di te e Chris mentre correvate in Islanda. E, caspita, la passi
liscia soltanto grazie al tuo fascino e al sorriso inglese.
TOM HIDDLESTON: [ride] Non saprei,
ma è così. Se vado a correre la mattina prima di andare al lavoro,
sento di aver guadagnato una parte importante della giornata.
Quando mi preparo per un ruolo, studio la parte o penso al
personaggio oppure a una determinata scena, per me tutto si
definisce in quei frangenti della mattina. A volte le idee migliori
nascono proprio in quei momenti. Quando stavo girando “Henry IV –
Part 1” di The Hollow Crown — la serie a cui hai
partecipato anche tu e sei stato eccezionale — avevamo poco tempo a
disposizione e dovevamo girare una scena importantissima fra Henry
IV e il Principe Hal: Hal viene convocato a corte da suo padre e
viene rimproverato e umiliato pubblicamente per il tempo trascorso
in compagnia di Falstaff. Il confronto tra i due è straordinario.
Il Re aveva la maggior parte delle battute ed era interpretato da
Jeremy Irons. Ricordo che pensai che, dopo una determinata battuta,
avrebbe dovuto darmi uno schiaffo. Era gennaio 2012 e questa idea
mi venne in mente mentre correvo nella neve alle cinque del
mattino. Si tratta letteralmente del momento in cui Hal si
risveglia dalla sua leggerezza e avverte il peso della sua
responsabilità come futuro re. Questa è la poesia delle parole di
Shakespeare. Ma avviene grazie a uno schiaffo.
Thor Ragnarok: Chris Hemsworth e
Tom Hiddleston in visita all’ospedale pediatrico di
Brisbane
CUMBERBATCH: È un momento
bellissimo. Credo che lo stesso principio possa essere applicato ad
altre attività, come gli esercizi di respirazione, la meditazione o
lo yoga. Andare a correre è un ottimo metodo per ottenere risultati
di questo tipo. Il movimento è una tua caratteristica. Non mi
riferisco soltanto alla corsa, all’attività fisica, ma al fatto che
sei molto vigile e attento a ciò che hai davanti. Temi che qualcosa
possa minacciare tutto questo? È come chiedere a qualcuno di
apparentemente invincibile quale sia la sua più grande paura. Non
sentirti obbligato a rispondere. Se vuoi, puoi anche mandarmi a
quel paese. Puoi farlo, visto che sono tuo amico.
TOM HIDDLESTON: Grazie, amico.
CUMBERBATCH: Ti dico la mia paura
mentre pensi alla risposta?
TOM HIDDLESTON: Sì.
CUMBERBATCH: Il tempo che passa. Ed
è una paura che ho maturato da quando sono diventato padre. Vorrei
avere più tempo, concentrarmi su qualcosa di più importante di me.
Quando è nato mio figlio, è stato come un brusco risveglio. Ogni
volta che lo stringo fra le braccia, mentre lo guardo e guardo i
nostri riflessi allo specchio, vedo lui così piccolo e io che ho
quarant’anni e penso: “Wow, spero con tutto il cuore che ci sarò
quando anche tu avrai dei figli.”
TOM HIDDLESTON: La mia paura è
simile. È il rimpianto. Ho paura di guardare al passato e
rimpiangere di non aver fatto determinate cose. Ho letto un
bellissimo articolo riguardante un libro scritto da un’infermiera
australiana specializzata in cure palliative. Il suo lavoro
consisteva nell’alleviare il dolore di chi era in procinto di
morte, quindi ha assistito molte persone nelle loro ultime
settimane e nei loro ultimi giorni di vita. Ed era commossa
dall’esperienza acquisita perché molti le hanno raccontato cose
simili. Paradossalmente in cima alla lista c’era: “Vorrei non aver
lavorato così duramente.”
CUMBERBATCH: È difficile da
ammettere.
TOM HIDDLESTON: La famiglia
modifica gli equilibri, ma come consideri questa consapevolezza?
Cerchi di avere più tempo a disposizione fra un progetto e
l’altro?
CUMBERBATCH: Sì. Sarà che sto
invecchiando, ma non voglio lasciarmi sfuggire determinate cose.
Siamo molto privilegiati grazie al nostro lavoro, ma stare via per
tanto tempo per lavoro… a volte è come se non ci fossi per la
maggior parte del tempo. Vorrei essere più presente e vicino a chi
amo.
TOM HIDDLESTON: I cinque rimpianti
più comuni riportati nel libro dell’infermiera australiana erano
questi: vorrei non aver lavorato così duramente; vorrei aver avuto
il coraggio di vivere la vita che volevo davvero, non quella che
gli altri si aspettavano da me; vorrei aver avuto il coraggio di
esprimere i miei sentimenti; vorrei aver mantenuto i contatti con
gli amici; avrei dovuto concedermi una vita più felice. Direi che è
una bella lista che dovremmo ricordare, non credi?
CUMBERBATCH: È un ottimo elenco per
te, per me e per tutti quelli che lavorano molto e passano molto
tempo lontano da casa. La cosa più strana del nostro lavoro è che
viviamo nei panni di qualcun altro in un mondo fittizio e che poi
dobbiamo parlarne pubblicamente. È una sorta di proiezione che non
ti appartiene completamente, non potrebbe, perché altrimenti di te
non resterebbe altro. Come riesci a tornare te stesso dopo aver
vissuto in pubblico? C’è qualcosa in particolare che fa tornare il
vero Tom? Casa tua, la famiglia, gli amici, l’attività fisica?
TOM HIDDLESTON: Torno semplicemente
a casa, metaforicamente e letteralmente. Torno a Londra. Quando ho
finito di girare The Night Manager, mi sono reso conto che
per 75 giorni avevo passato la maggior parte del tempo nei panni di
Jonathan Pine.
CUMBERBATCH: Tutto questo ha un
effetto su di te, non credi?
TOM HIDDLESTON: Certo. Indossi i
panni di qualcun altro. Ciò che ho fatto allora fu decisamente la
cosa migliore. Tornai a casa e andai alla festa di fidanzamento di
mia sorella. C’era tutta la famiglia, fu così confortante. Vivo una
vita molto noiosa. Faccio dei lavoretti, leggo i libri che non ho
mai il tempo di leggere.
CUMBERBATCH: Ricordi che sono stato
a casa tua?
TOM HIDDLESTON: [ride] Sì. Faccio
dei lavoretti, mi rimetto in pari, vado a prendere un caffè, leggo
il giornale e passo del tempo con i miei genitori.
CUMBERBATCH: Hai fatto un lavoro
magnifico per l’UNICEF. Ho letto il tuo articolo sulla tua missione
di un paio d’anni fa in Guinea, in Africa. Da ciò che hai scritto è
evidente che è stata un’esperienza formativa molto importante per
te. Pensi di avere una certa responsabilità per via di questa
missione?
TOM HIDDLESTON: Ho investito molto
nel personaggio di Pine e Hugh Laurie, che adora The Night
Manager da ormai vent’anni, ha dichiarato che Pine è come
un’anima perduta in cerca di una causa. Forse fu un semplice
scherzo del destino, ma la settimana prima delle riprese di The
Night Manager sono partito per il Sudan del Sud insieme
all’UNICEF per girare un documentario sugli effetti della guerra
civile nel Paese. Parlo degli effetti sui bambini innocenti. Il
Sudan del Sud è la nazione più giovane del pianeta, ha dichiarato
l’indipendenza dal Sudan nel 2011. A metà dicembre 2013, il
disaccordo fra il presidente e il vicepresidente ha portato alla
divisione della nazione secondo l’etnia. Ho girato un documentario
riguardante il reclutamento di bambini nelle forze armate, che è
una violazione dei diritti dell’uomo. Il Paese è militarizzato e mi
sono chiesto da dove venissero tutte quelle armi. Nel Sudan del Sud
c’è un livello impressionante di povertà e disperazione, eppure le
parti in conflitto sono equipaggiate militarmente. Com’è possibile?
Una volta tornato dal Sudan del Sud, avevo visto con i miei occhi
la violenza da cui traggono profitto uomini come Richard Roper di
The Night Manager. Una sera ero a cena con John le Carré e
gli raccontai della mia esperienza nel Sudan del Sud, di come mi
ero sentito impotente e di come sembrassero vulnerabili questa
giovane nazione e i suoi abitanti a causa della guerra civile.
Quindi in un certo senso condivido la collera e l’etica di Pine. E
lui si chinò su di me e disse: “Usale. Usale”. Il nostro mondo sta
diventando sempre più inquietante. Mi preoccupa seriamente il
dilagare della disuguaglianza e delle divisioni. Vorrei che ognuno
di noi avesse il rispetto del prossimo. E ho riflettuto molto sul
fatto che probabilmente ora sono davvero responsabile per ciò in
cui credo, visto che ho un mezzo per esprimere la mia voce.
Dobbiamo lottare per questi bambini. Eppure sono pienamente
consapevole della mia impossibilità materiale di fare la
differenza. Non sono un medico, non esercito alcuna influenza sulla
politica estera, non sono capace di costruire scuole, non sono in
grado di preparare chimicamente la pasta proteica che potrebbe
aiutare chi soffre di malnutrizione. Però posso parlarne e puoi
farlo anche tu. David Nott, un chirurgo eccezionale, andò ad Aleppo
nel 2013, prima della rilevanza mediatica del conflitto, e curò i
bambini e le vittime della guerra in Siria. La storia del suo
coraggio è incredibile e, come ambasciatore dell’UNICEF, io mi
sento responsabile della difesa di questi bambini. Si tratta di un
equilibrio delicato, perché sono un attore. Ma ho la possibilità di
dire la mia sulla scia di coloro che hanno avuto il coraggio di
fare la stessa cosa molto prima di me.
CUMBERBATCH: È facile cadere nel
cinismo per via dell’ingerenza in questioni che non riguardano
strettamente le nostre competenze, proprio come dici tu. Noi non
siamo volontari dell’UNICEF o il personale che lavora nei campi
profughi, non siamo poliziotti né politici. Ma dopo essere stati
coinvolti in determinate ricerche o affiliazioni, possiamo
veicolare l’attenzione su coloro che fanno davvero quel lavoro,
come chi lavora sul campo per l’UNICEF. E questa è una cosa
positiva. Preferisco essere criticato a questo proposito piuttosto
che rimanere in silenzio di fronte a questa sofferenza sotto gli
occhi di tutti, che si tratti della Siria o del Sudan.
TOM HIDDLESTON: Ne sono
orgoglioso.
CUMBERBATCH: E fai bene.
TOM HIDDLESTON: Dopo che hai visto
certe cose, il dolore della coscienza morale ti induce ad agire.
Dopo la mia esperienza nel Sudan del Sud, non posso fare a meno di
parlarne. Come ti ho detto in passato, mi ricorda il magnifico
discorso di accettazione del Nobel di Harold Pinter, in cui parlava
della distinzione fra la verità come drammaturgo e la verità come
cittadino. “La verità drammaturgica è sempre elusiva. Anche se non
si trova mai completamente, la sua ricerca è compulsiva. A volte
senti di avere tra le mani la verità del momento, poi essa scivola
dalle dita ed è perduta”. Ma come cittadino hai il dovere di
chiedere ciò che è vero e ciò che è falso. Ricordo di aver guardato
il discorso di accettazione e di essere rimasto profondamente
ispirato dalle sue parole.
CUMBERBATCH: Sono d’accordo. Come
puoi negare quell’impulso dopo l’esperienza vissuta in prima
persona? Non riesco neppure a immaginare l’effetto che ha avuto su
di te. C’è un altro aspetto che riguarda la nostra vita sotto i
riflettori: il presupposto che, siccome il tuo lavoro e la
promozione avvengono in pubblico, anche la tua vita privata
dovrebbe esserlo. E, senza entrare nel merito, voglio soltanto
aggiungere che non farò alcuna domanda sulla vita privata del mio
amico soltanto perché esistono delle foto indesiderate che lo
ritraggono in compagnia di qualcuno, che si tratti o no di una
relazione. Quindi la porta è chiusa, caro lettore.
TOM HIDDLESTON: [ridacchia]
Grazie.
CUMBERBATCH: Non c’è di che. So che
faresti lo stesso per me. Tornando alla responsabilità che deriva
dal fatto di essere un personaggio pubblico, hai detto di essere
molto grato per le straordinarie esperienze che puoi fare grazie a
questa responsabilità. Provi gratitudine per qualcosa in
particolare della tua infanzia, adolescenza, per i tuoi vent’anni o
per qualcosa di più recente?
TOM HIDDLESTON: Sono grato ai miei
genitori per aver vissuto un’infanzia felice. Oggi capisco alcune
cose che mi hanno dato e che sono davvero speciali. Secondo me, i
primi anni di vita, il primo decennio, sono i più formativi.
Inoltre sono grato alle persone che hanno creduto in me.
CUMBERBATCH: C’è un guru della
recitazione dei tempi dell’accademia, o magari uno attuale che è
stato anche il tuo regista, a cui sei particolarmente grato?
TOM HIDDLESTON: Un insegnante di
nome Charles Milne. Nel 1999 partecipai a una rappresentazione di
Journey’s End all’Edinburgh Festival Fringe. Stavo per partire per
Cambridge e lui mi scrisse un biglietto che diceva: “Vai a
Cambridge e goditi questa esperienza. Ma pensa anche a diventare un
attore”. E quei momenti in cui qualcuno ti induce a credere in te
stesso sono molto rari. Naturalmente sono grato a Kenneth Branagh,
ha fatto così tanto per me. Ha creduto in me in un momento
particolare della mia vita. Gli sarò grato per sempre. Provo
gratitudine anche per i fallimenti.
CUMBERBATCH: Ottimo! Ma secondo me
sei stato eccezionale. Vorrei tanto aver visto quella
rappresentazione di Journey’s End. Sono certo che hai fatto un
lavoro stupendo.
TOM HIDDLESTON: Credo di averti
visto recitare prima che ci conoscessimo.
CUMBERBATCH: Quando?
TOM HIDDLESTON: Hedda Gabler.
Interpretavi Tesman. Lo ricordo benissimo.
CUMBERBATCH: Oddio. In verità, ci
siamo conosciuti poco tempo dopo. Tu dovevi iniziare le riprese del
primo film su Thor, ricordo che ci fu una festa, una sorta di
meet-up, e io pensai: “Oddio, questo ragazzo farà tanta strada!”.
Se non erro, avevi appena finito Otello.
TOM HIDDLESTON: Che ne pensi del
tuo ingresso nell’universo della Marvel?
CUMBERBATCH: In realtà mi sono
sempre soffermato principalmente sul ruolo. Sono stato al Comic-Con
ed è stato davvero bello ricambiare l’affetto dei fan che sono alla
base di tutto questo. È stata un’esperienza un po’ spaventosa, come
se fossi i Pink Floyd. Non fai altro che salutare migliaia di fan
che ti acclamano urlando. È un aspetto fenomenale che mi fa
sorridere. Mi chiedo se riuscirò mai ad abituarmi alla cosa. Non
vedo l’ora di vedere come si espanderà l’universo. Ora anch’io
faccio parte della tua squadra! È un team di attori fenomenali.
Immagino che sia il lavoro più impegnativo e divertente che un
attore possa fare. Ti trattano nel modo giusto e il materiale è
impegnativo, arguto e divertente. Doctor Strange è un personaggio complesso,
divertente e assolutamente entusiasmante.
TOM HIDDLESTON: Amico mio, grazie
infinite per questa intervista.
CUMBERBATCH: Prego. Stammi
bene.
TOM HIDDLESTON: E buon
compleanno!
CUMBERBATCH: Grazie mille. Fai bei
sogni in quell’angolo remoto del mondo. Ci vediamo a Londra.
Interview