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Twitt dal Festival: My Week with Marilyn!

Marilyn film

Marilyn Monroe rivive al Festival del film di Roma grazier a Michelle Williams, ecco il nostro Twitt:

 
 

Twitt dal Festival: Il Cuore grande delle ragazze

Arriva Pupi Avati la Festiva, con il suo ultimo film: Il cuore grande delle ragazze. Ecco il twitt per la nostra rubrica curata da Marco Stancati:

 
 

Nuovo poster per My Week With Marilyn!

La Weinstein Company ha diffuso un nuovo poster per il film “My Week With Marilyn”, attesa pellicola di Simon Curtis in uscita negli USA il prossimo 4 novembre.

Il poster raffigura una splendida Michelle Williams che, dalle prime critiche positive alla pellicola, sembrerebbe davvero averci regalato una straordinaria performance nei difficili panni di Marilyn Monroe, al punto da poter forse aspirare a una nomination all’Oscar e magari alla vittoria dell’ambita statuetta alla migliore attrice.

Tratto dal romanzo autobiografico di Colin Clark, “My Week With Marilyn” racconta della breve permanenza di Marilyn Monroe in Inghilterra per le riprese de “il principe e la ballerina” di Laurence Olivier(qui interpretato da un elegantissimo Kenneth Branagh).

Fonte: Badtaste.it

 
 

Babycall: recensione del film con Noomi Rapace

Babycall recensione film

Anna e suo figlio di 8 anni, Anders, stanno scappando dal padre violento del bambino. Si trasferiscono in un gigantesco edificio ad un indirizzo segreto, ma Anna è terrorizzata dalla possibilità che il padre possa trovarli, e compra un babycall per essere certa che suo figlio sia la sicuro mentre dorme. Ma strani rumori provenienti dall’edificio echeggiano nell’apparecchio. Anna crede di sentire l’omicidio di un bambino.

E’ questo l’incipt di Babycall, presentato come Horror d’autore del regista norvegese Pal Sletaune, in concorso al Festival del film di Roma. La pellicola sin dalle prime battute si dimostra come un potenziale film intimista sullo sfondo di un genere come può essere il mistero e l’horror, come già altre pellicole scandinave avevano in precedenza fatto, ad esempio il bellissimo Lasciami entrare del regista Tomas Alfredson. Tuttavia questa prima impressione finisce presto e il film termina con rivelare i suo limiti.

Se da un lato c’è una discreta e sensibile regia che in un certo senso funziona sufficientemente bene, dall’altro il punto più debole sembra essere proprio la sceneggiatura e lo sviluppo drammaturgico che prosegue singhiozzando senza riuscire a trasmettere una coerenza di fondo ed una linearità in bilico con gli avvenimenti narrati. Il problema è che la storia non riesce a svoltare nel verso giusto, rivelandosi un insieme di cliché ben noti a chi è avvezzo al genere, perdendo man mano anche l’alone di mistero e di suspence che invece erano state ben bilanciate nella primissima parte del film, rimanendo, si, fedele alla sua natura più specificamente autoriale ed intimista ma mostrando nel finale anche alcune lacune che sentenziano l’assoluta precarietà dell’opera dal punto di vista narrativo.

A nulla può l’intensa ed interessante interpretazione dell’astro nascente della cinematografia Europea, Noomi Rapace, che viene travolta anch’essa dall’inconsistente natura della storia. Nonostante ciò, l’attrice ruba completamente la scena al resto del cast dominandola incontrastata, per sensibilità e interpretazione dimostrando ancora una volta il suo talento. A farle eco c’è anche l’autore delle musiche, Fernando Velazquez (The Orphanage) che sostiene con una partitura sensibile che accompagna la messa in scene in modo funzionale e del tutto solido.

 
 

Un ‘Sex Tape’ per Reese Witherspoon

Calma, fermate i ‘bollori’ e non andate subito a cercare… non siamo di fronte all’ennesimo video ‘galeotto’ più o meno volutamente messo in circolazione per far parlare di sé,  bensì a una commedia, scritta da Kate Angelo (sceneggiatrice e produttrice, tra l’altro, di alcuni episodi della popolare sit-com “Will & Grace”).

Il plot vedrà la classica coppia annoiata riprendere le proprie ‘perfomance’ con una videocamera, solo per scoprire il giorno dopo, che la registrazione è sparita, dando così il via a una sorta di ‘caccia al tesoro’ dalle conseguenze imprevedibili. Il progetto, portato avanti dalla Sony, secondo quanto scrive Empire sarà curato da Jason Segel e Nick Stoller già al lavoro insieme ne “I fantastici viaggi di Gulliver” e nell’ultimo film dei ‘Muppets’. Per il ruolo principale, la Sony avrebbe dunque puntato su Reese Whiterspoon, che comunque non pare aver ancora accettato definitivamente l’offerta, anche a causa di altri impegni in corso: nella lista delle ‘papabili’ vi sono anche  Adams, Emily Blunt, Rose Byrne e Jennifer Garner.

 
 

McConaughey, Worthington e Butler alla conquista di Baghdad

Si intitolerà “Thunder Run”, e sarà diretto da Simon West (attualmente al lavoro sul secondo capitolo degli ‘Expendables’), il film ambientato nel corso della guerra in Iraq che vedrà insieme sullo schermo Matthew McCounaughey, Sam Worthington e Gerard Butler nel ruolo di tre soldati americani all’interno di un ‘tank’ americano, scrive Empire.

Il film sarà girato mescolando real action e CGI, nel solco tracciato da Cameron con Avatar: West del resto ha giò avuto a che fare col 3D, in occasione delle animazioni dell’imminente: “Night of the Living Dead: Origins 3D”. La sceneggiatura di “Thunder Road” è basata sull’omonimo libro del premio Pulitzer David Zucchino e di Mark Bowden (già autore di “Black Hawk Down”). L’azione consisterà sostanzialmente in un’unica grande battaglia di due ore, vissuta all’interno e al di fuori del ‘tank’ e che certamente strizzerà l’occhio anche a tutto il filone di ‘videogame bellici’ attualmente molto di moda, a cominciare da “Call of Duty”.

 
 

Butter: recensione del film con Olivia Wilde

Butter

E’ stato presentato alla Festa del cinema di Roma, Butter la nuova commedia diretta da Jim Field Smith e con protagonisti Hugh Jackman e Olivia Wilde.

In Butter Laura Pickler (Jennifer Garner) ha costruito la sua vita intorno al talento del marito Bob (Ty Burrell) nello scolpire statue di burro, ma quando a Bob viene chiesto di ritirarsi dal ‘mercato’, Laura va su tutte le furie, spaventata al pensiero di perdere il baricentro della sua vita.

Dopo una litigata, Bob esce a trovare conforto con una squillo, Brooke (Olivia Wilde), mentre la moglie trova conforto tra le braccia di Boyd (Hugh Jackman), suo ragazzo al liceo. Intanto la piccola Destiny (Yara Shahidi), dopo numerosi tentativi falliti, trova una famiglia (Alicia Silverston e Rod Corddry) che sembra volerla adottare unitamente alla scoperta di un talento insospettabile: la scultura del burro. La strade di Laura e di Destiny si incroceranno in maniera inaspettata.

Butter, il film

Butter è una commedia leggera, smielata nel finale e molto molto americana. La protagonista Jennifer Garner interpreta una donna sgradevole e arrivista anche se perfettamente calata nello scenario borghese della periferia americana, accanto a lei un uomo, Burrell, senza personalità che non riesce a prendere le sue decisioni in maniera autonoma, succube della follia della moglie. I due gioielli del film sono senza dubbio la piccola protagonista Yara Shahidi e la divertentissima Olivia Wilde. Se da un lato la prima è straordinariamente dolce ma allo stesso tempo razionale e ironica, la seconda si mostra in una veste tutta nuova, sexy e comica allo stesso tempo. Grande rilevanza ha l’aspetto dei costumi che in questo film definiscono i caratteri ancora prima che questi possano agire, e quindi ecco i completi succinti ed eccentrici di Brooke, gli abiti eleganti e austeri di Laura, il cappello da texano grossolano di Boyd.

La sceneggiatura indulge un po’ troppo in battute già sentite e nel finale è forse scontato, banale, ma è nei piccoli dettagli che sono sparsi in tutta la storia impreziosiscono il film, oltre a delle scelte del casting davvero mirate. Nonostante la sua adorabile dolcezza, Jennifer Garner riesce a rendere sgradevole la sua Laura e Olivia Wilde fa centro con la sua stripper, molto sexy, ma divertentissima e comica. Eccezionale nel piccolissimo ruolo a lui riservato, Hugh Jackman si presenta u po’ ingrassato, ma anche lui a suo agio nella parte del tonto, molto comico. La Garner compare anche in veste di produttrice.

 
 

Malore per Pupi Avati al Festival di Roma

Pupi Avati è stato colpito da un malore. L’ultimo film del regista italiano sarà presentato domani in conocrso al Festival Internazionale del film di Roma e Avati era venuto già ieri nella capitale per partecipare alla proiezione de L’illazione, dedicato a Lelio Luttazzi.

 
 

Box Office USA del 31 ottobre 2011

Nel confronto fantasmi contro gatti vincono i gatti. Puss in boots, spin-off sul personaggio di spalla di Shrek, il gatto con gli stivali, scalza dal primo posto in classifica Paranormal activity 3,

 
 

Box Office ITA del 31 ottobre 2011

Tre new entry conquistano il podio del box office italiano: La peggiore settimana della mia vita, Le avventure di Tin Tin e Johnny English

Per la seconda settimana consecutiva, una commedia italiana conquista la vetta del botteghino nostrano: La peggiore settimana della mia vita apre infatti con 2,3 milioni di euro in oltre 400 sale, un risultato positivo ma non eccezionale.

Seconda e terza posizione per altre due novità del weekend.
Le avventure di Tin Tin – Il segreto dell’Unicorno, presentato tre giorni fa dal protagonista Jamie Bell al Festival del Film di Roma, esordisce con 984.000 euro. Il debutto del film diretto da Steven Spielberg non è particolarmente esaltante, a differenza di quanto avvenuto nel resto d’Europa, ma il passaparola potrebbe recare benefici nei prossimi giorni.
Johnny English – la rinascita esordisce invece con 953.000 euro, sconfitto dal testa a testa con Tin Tin.

Matrimonio a Parigi scende dunque al quarto posto con 786.000 euro superando i 3 milioni complessivi.
Segue This must be the place che, malgrado abbia perso tre posizioni, continua a registrare un’ottima performance in Italia: il film di Paolo Sorrentino raccoglie altri 629.000 euro e giunge a quota 4,5 milioni.

Esordio in sesta posizione per l’horror Insidious che, dopo essere stato presentato a Roma, incassa 586.000 euro. La notte di Halloween attirerà di certo più spettatori, mentre il regista James Wan terrà questa sera una lezione di horror al Festival di Roma.

Bar Sport precipita al sesto posto con 584.000 euro, per 2,1 milioni totali.
L’amore  all’improvviso – Larry Crowne debutta in settima posizione con 490.000 euro: un risultato piuttosto deludente per il nuovo film da regista di Tom Hanks, distribuito in oltre 200 copie.

Chiudono la top10 I tre moschettieri 3D (302.000 euro) e Amici di letto (294.000 euro), giunti rispettivamente a 3,4 e 2,8 milioni complessivi.
Da segnalare infine l’esordio deludente di due film presentati all’ultima Mostra del Cinema di Venezia: Quando la notte floppa  al dodicesimo posto con 180.000 euro, mentre il Leone d’Oro Faust debutta in appena 15 sale con 70.000 euro.

 
 

Twitt dal Festival: Babycall!

Arrivano i primi Twitt della giornata odierna direttamente dal Festival del film di Roma, per la nostra rubrica, Twitt dal Festival, curata da Marco Stancati. 

 
 

Magic Valley: recensione del film di Jaffe Zinn

Magic Valley

In Magic Valley la cittadina di Buhl sembra fuori dal tempo. In quel posto sperduto ed isolato i giorni si susseguono tutti uguali, immersi nell’immobilità e le persone conducono la loro tranquilla vita di provincia come se nulla fosse. Ma tutti loro non sanno che quella che sta per trascorrere è una giornata particolare, che riserverà sorprese, per lo più brutte, ad alcuni di loro. Un allevatore di pesce trova i suoi animali morti, soffocati dalla mancanza di ossigeno perchè qualcuno ha deviato il ruscello che immette acqua nelle sue vasche, un ragazzo torna a casa stanco e tormentato, non si capisce subito cosa abbia, due bambini che giocano ai super eroi trovano il cadavere di una ragazza e decidono di seppellirlo.

Magic Valley, che da subito assume dei toni estetici alla Van Sant, si rivela nella struttura un mosaico di vita di provincia, in cui diverse storie si intrecciano senza però riuscire a dare di sè una definita linea comune. Se altri film ben noti nella storia del cinema con una struttura simile, vedi America Oggi oppure Magnolia, riescono nella loro frammentazione a coinvolgere lo spettatore ad ognuno dei personaggi di cui seguiamo le vicende, in questo caso non si riesce ad empatizzare con nessuno dei personaggi laddove anche la regia si limita a documentare con freddezza quello che succede. La musica poco empatica contribuisce a questa sensazione di straniamento, nonostante poi in molte occasioni il regista Jaffe Zinn metta da parte i campi larghi e segua i suoi personaggi con la macchina a mano.

Quello in cui però Magic Valley riesce a dare un’impronta molto personale è l’analisi spietata e scientifica di vizi e virtù di una società addormentata, o almeno assopita, dalla propria routine, immersa nella provincialità di una vita fatta di visite del veterinario, di giochi pericolosi e di vendette meschine tra vicini di proprietà. Il male del film diventa un gioco, una provocazione, una scusa per sfuggira da una realtà stagnante e allo stesso tempo i giochi sono inconsapevolmente perversi.

 
 

Il mio Domani: recensione del film di Marina Spada

Il mio domani

Il mio domani, primo film italiano in concorso a Festival del Film di Roma 2011, si presenta come un lungo viaggio interiore che lo spettatore vive attraverso gli occhi di Monica (Claudia Gerini), donna manager che improvvisamente decide di allontanarsi dalla vita costruita attorno alla sua routine, mettendo in discussione lavoro e affetti famigliari. Questo ultimo lavoro di Marina Spada (Poesia che mi guardi, Metafisica delle scimmie) affronta tematiche importanti che però durante tutto la svolgimento del film vengono solamente sfiorate e mai toccate con profondità: questo è il più grande limite di questo lungometraggio.

Al termine lo spettatore è assalito da un senso di vuoto, proprio quel vuoto che la Monica tenta di spiegare ai suo colleghi nella parte iniziale della pellicola, ma che contrariamente alle sue parole non potrà mai essere riempito in questi 88 minuti. L’interpretazione di Claudia Gerini risulta essere appropriata al suo personaggio, ma ben lontana dallo spessore che richiederebbe una Monica, il cui viaggio introspettivo andrebbe intrapreso anche dall’attrice romana per dare più valore ai suoi caratteri. Il mio domani si sforza di raggiungere quindi un livello altro di consapevolezza di sè di una donna che ha perso la sua stabilità e che nei piccoli particolari va ricercando quell’equilibrio ormai svanito. Peccato che puntualmente fallisca in questa impresa.

Nonostante l’esito finale, non felicissimo, del film, Il Mio Domani si caratterizza comunque per un’ottima collaborazione artistica, Spada/Gerini, che nella complicità e nell’amicizia ha trovata anche un ritmo artistico comune che si spera possa portare un domani a risultati migliori, importantissimi per il cinema italiano.

 
 

Poongsan – recensione

Presente nella selezione ufficiale in concorso del Festival Internazionale del Film di Roma, Poongsan, scritto da Kim Ki-Duk e diretto dal suo ex assistente Jun Jae-Hong, è un thriller politico ad alto impatto emotivo che palesa i rapporti tra la Korea del Sud e quella del Nord attraverso la brutalità e il nichilismo.

 
 

The eye of the Storm – recensione

Una madre malata, che comincia a vaneggiare vuole al suo fianco i due figli, ma questi faticano a farsi vivi, troppo immersinei rimpianti e nei tristi ricordi d’infanzia. Dorothy è sommersa dal risentimento e dal rimpianto di una vita senza amore, negato dagli altri e da se stessa, Basil è perso in una vita senza fondamenta, entrambi dissipano la ricchezza familiare alla quale tendono senza troppo nascondere il disprezzo per una madre carismatica e ingombrante, che non si decide a morire.

 
 

Nikki Reed e Jackson Rathbone: vampiri romani

Come ormai da tradizione anche quest’anno la Saga di Twilight con Breakind Dawn parte I ha portato al Festival di Roma centinaia di fan da tutta Italia.

 
 

Hotel Lux – recensione

Hans e Siegfried sono due comici che nella Berlino del 1933 rappresentano un numero di satira politica: lo Stalin-Hitler-Show. Con il passare del tempo la situazione politica non permetterà più loro di andare avanti con lo spettacolo, mettendoli in situazioni spinose.

 
 

Twitt dal Festival: L’Indutriale!

Arriva uno dei decani del cinema italiano al Festival del Film di Roma, Giuliano Montaldo con il suo L’industriale. Ecco il twitt con le prime impressioni sulla pellicola.

 
 

Twitt dal Festival: The eye of the storm!

Eccoci al quarto giorno del Festival del film di Roma. Fra i titoli più attessi della giornata c’è senz’altro The Eye of the Storm di Fred Schepisi, con Geoffrey Rush e Charlotte Rampling. Ecco i primi Twitt del giorno per la nostra rubrica curata da Marco Stancati.

 
 

Incontro con Stewart Stern: “Come feci incontrare Jimmy Dean e Nick Ray”

Nella saletta preparata per l’incontro con Stewart Stern, storico sceneggiatore di Gioventù bruciata,  per il quale vinse un Oscar, l’atmosfera è raccolta e intima.

E’ uno dei protagonisti del documentario prodotto da Studio Universal e diretto da Francesco Zippel, Hollywood bruciata,che andrà in onda sul canale del digitale terreste il prossimo 7 Novembre.

Siamo seduti accanto ad uno degli ultimi “vecchi” della vecchia Hollywood, se escludiamo Kirk Douglas, ormai ultranovantenne dotato di parlantina un po’ disconnessa come abbiamo visto alla più recente cerimonia degli Oscar, che quindi è tesoriere di un passato che ora è nei libri ma che non ha prezzo se raccontato dalla viva voce di chi lo ha vissuto.

Infatti la prima domanda non può che cadere su come fosse lavorare con James Dean e con Nicholas Ray:

James Dean non si fidava di nessuno, è stato un lavoro fargli capire che si poteva fidare di Nicholas Ray, lui non lo conosceva, ma sapeva che era stato assistente di Elia Kazan, quindi andò a parlare con lui, che gli disse che c’erano tre registi ad Hollywood con cui valeva la pena lavorare: lui stesso, George Stevens e Nicholas Ray. Perfetto, Jimmy stava per iniziare le riprese de Il gigante, la cui regia era appunto affidata a Stevens, quindi Ray rappresentava la chiusura del trittico. Così, per rendere più facile a loro di capirsi, una volta sul set li ho lasciati da soli, con la promessa fatta da Nick, che mi avrebbe chiamato se avesse cambiato anche una virgola nella sceneggiatura, o se avesse avuto problemi di qualunque tipo. Ovviamente non lo ha mai fatto.

Una delle caratteristiche di Nick come regista, è che credeva molto nei giovani attori, e li lasciava liberi sulla scena, quasi permettendogli di dirigerla, questo è avvenuto con Jimmy, ed è stato un buon metodo visto che sul set non era molto malleabile”

Lei ha lavorato con attori indimenticabili della Hollywood degli anni ’50, quale era il loro approccio alla recitazione, improvvisavano per entrare nei personaggi o c’era un lavoro alle spalle?

Quasi tutti gli attori che emersero in quegli anni venivano dalle scuole di recitazione, e in particolare, erano attivi 5 insegnanti, Stanislavsky era ancora vivo e ancora recitava, quindi i punti di riferimento erano diversi. In pratica esistevano due categorie di attori: quelli che lavoravano sul personaggio da dentro a fuori, come Paul Newman, che andava a cercare le emozioni che avrebbe dovuto provare il suo personaggio, e quelli che erano totalmente esterni, e che dovevano lavorare un minimo di più per trasmettere emozioni. Mi ricordo che fu così con Robert Wagner, bello da far svenire tutte le donne, ma assolutamente incapace finchè non lavorammo su come fare per far suo  un personaggio. Poi c’era anche chi era naturalmente dotato, come Liz Taylor, che nel momento in cui veniva dato il ciak, sapeva esattamente cosa doveva fare il suo personaggio, come piangere ed emozionare.

Quali sono le maggiori differenze che nota tra la Hollywood in cui ha lavorato lei e quella di oggi?

Beh, quella di oggi è più tenera con tutti. Veramente. Certo, ci sono dei veri intoccabili, Leo DiCaprio, protetto da Scorsese, è intoccabile, Matt Damon è protetto dal suo grande talento e da uno staff molto organizzato, George Clooney è praticamente uno studio a sè stante. A parte ciò, Hollywood mi sembra molto meno cinica di un tempo, ora quello che interessa è essenzialmente che il film incassi il più possibile nel primo weekend. Non si pensa ad altro.

Jack Warner, negli anni ’50 invece, era un personaggio che discriminava parecchio, in tempi di lotte per i diritti civili, lui continuava a non gradire le persone di colore, tanto che, quando mi propose di scrivere Hotel, un film ad episodi, io inserì un personaggio di colore che non riusciva a farsi dare una stanza a causa della segregazione razziale.

Ero appena tornato dalla marcia da Selma fino all’Alabama, quella a sostegno di Rosa Parks, la domestica che diede il via alla lotta alla segregazione nel 1955, e i diritti civili mi sembravano l’unica cosa buona di cui parlare.

A Jack invece non sembrava, tant’è che mi bandì dagli studios della Warner Bros.

Mi venne fatta giustizia proprio da James Dean, che un giorno prese la targhetta che pendeva fuori dall’ufficio di Warner e che diceva “Jack Warner, responsabile di produzione” e la sostituì con quella della toilette maschile. La povera segretaria di Warner si vide entrare una serie di uomini con la patta aperta, prima che tutto fosse messo di nuovo a posto.

Stewart Stern ha poi incontrato il pubblico dopo la proiezione del documentario Hollywood bruciata, presentato al Festival del Film di Roma.

 
 

La Premiere di The Hobbit in Nuova Zelanda!

La Premiere di “The Hobbit: An Unespected Journey” avrà luogo in Nuova Zelanda alla fine del 2012.

 
 

African Women: In viaggio per il Nobel della Pace – recensione

Walking Africa è un progetto che vuole promuovere il lavoro quotidiano di ogni donna africana come oggetto di attenzione per la giuria del Nobel per fare in modo che venga loro assegnato un collettivo premio Nobel per la pace.

 
 

Like Crazy: recensione del film con Anton Yelchin

Like Crazy recensione film

Like Crazy è il film del 2011 diretto da Drake Doremus, ed interpretato da Anton Yelchin, Felicity Jones e Jennifer Lawrence.

In Like Crazy Anna (Felicity Jones) e Jacob (Anton Yelchin) si incontrano all’Università di Los Angeles. Si innamorano, ma troppo presto, finiti gli studi, Anna deve ritornare a casa, Londra, perché il suo visto di studio è scaduto. La ragazza non se la sente di lasciare il suo amato e così, violando il permesso studio, resta in America. Ritornata a Londra e di nuovo in partenza per Los Angeles, all’aeroporto americano viene messa in stato di fermo per la sua violazione di qualche settimana prima, e le viene impedito di rientrare negli States. Comincia così per i due giovani un rapporto a distanza, straziante e frustrante, che avrà diversi stravolgimenti e numerose evoluzione, fino ad un finale che lascia interdetto lo spettatore.

Like Crazy, il film

Like Crazy film

Like Crazy ovvero ‘da pazzi’, è questa la definizione che il titolo da dei due ragazzi, della forza del loro amore prima e delle condizioni della loro relazione poi. Nessuno dei due riesce a lasciar andare l’altro e così finiscono per impedirsi a vicenda una vita normale.

Il regista Drake Doremus racconta la storia con grande competenza, riservando a tutta la parte iniziale del racconto dei toni delicati e caldi che davvero riescono a dare la dimensione della passione della tenerezza e del trasporto di questi due giovani, davvero persi l’uno nell’altra. A mano a mano che il tempo passa e la loro relazione si complica, anche il ritmo cambia, si dilata e anche la fotografia si raffredda. La musica e il racconto procedono senza via d’uscita e i protagonisti sembrano sempre più invischiati in una situazione spinosa e così lo spettatore si chiede come la vicenda si possa risolvere positivamente, o comunque avere un compimento.

I due giovani protagonisti, Anton Yelchin e Felicity Jones, riescono con grande efficacia e naturalezza a mettere insieme una vasta gamma di emozioni senza risultare mai forzati. Ottima l’alchimia anche con lo sfondo. Le stanze, gli arredi, tutto sembra raccontare questa vicenda. Tutto tende a convogliare l’attenzione e i piccoli gesti diventano importanti, fondamentali quasi. Like Crazy è stato acclamato al Sundance Film Festival con il premio per il Miglior Film, gran premio della giuria e Miglior attrice, premio speciale della giuria.

 
 

Nuit Blanche – recensione

Tutto in una notte. E quello che accade in Nuit Blanche, lungometraggio di fiction – fuori concorso della sezione L’Altro Cinema/Extra. Racconta la storia di un poliziotto corrotto che si ritrova a dover salvare la vita del proprio figlio in seguito ad un colpo andato molto male.

 
 

Il full trailer italiano di Immortals!

A due settimane dall’uscita italiana, o1 Distribution ha finalmente diffuso il full trailer italiano di “Immortals”, il nuovo film a sfondo mitologico di Tarsem Singh.

La pellicola, ambientata in Grecia e visivamente vicina all’estremo 300 di Zack Snyder, racconta le imprese dell’eroe Teseo e della sacerdotessa Phaedra, impegnati a scongiurare una terribile guerra fra gli Dei dell’Olimpo e i temibili Titani.

Attesa nuova prova del futuro Superman Henry Cavill, “Immortals” uscirà al cinema l’11 novembre 2011 in 3D.

 

 
 

3 spot tv e nuova immagine per Breaking Dawn-parte 1

Per la gioia di tutti i fan che attendono con impazienza l’uscita di “Twilight Saga: Breaking Dawn – parte 1” sono stati diffusi dalla Summit 3 nuovissimi spot tv e una nuova immagine per pubblicizzare il lancio del film diretto da Bill Condon.

Gli spot di breve durata contengono alcune interessanti scene inedite, come la comparsa di Aro dei Volturi(nuovamente interpretato da Michael Sheen) e alcune sequenze della luna di miele, rovinata dalla scoperta della gravidanza di Bella e dalle devastanti conseguenze fisiche per quest’ultima.

Ultimo capitolo della fortunata serie di romanzi creata da Stephenie Meyer, “The Twilight Saga: Breaking Dawn” uscirà nei cinema italiani il 16 novembre.



 

 
 

Twitt dal Festival: Nuit Blanche – Hotel Lux – Like Crazy!

Ecco altri titoli per la rubrica Twitt dal Festival: Nuit Blanche – Hotel Lux – Licke Crazy.

 
 

Twitt dal Festival: Il mio domani – A Few Best Men!

Arrivano altri Twitt dal Festival del film di Roma per la nostra speciale rubrica. E’ la volta di Il mio domani e A Few Best Men.

 
 

Une Vie Meilleure: recensione del film con Guillaume Canet

Une Vie Meilleure

In Une Vie Meilleure Yann e Nadia si incontrano e si innamorano. Entrambi poveri ma molto appassionati decidono di comprare un vecchio locale sul lago per farne un ristorante, investendo nel progetto ogni goccia del loro sangue e del loro soldi. Lui cuoco e lei cameriera, sono convinti di riuscire in qualche modo a portare a termine la loro impresa, ma ben presto le spese diventano insostenibili e anche i debiti si ingigantiscono, rischiando di diventare permanenti e oberare sui nostri per tutta la loro vita. Yann ha la possibilità di vendere, ma vuole portare avanti il progetto e questo scatena le proteste di Nadia. La donna va via, in Canada, verso un lavoro migliore, lasciando al compagno il figlio di 9 anni con la promessa di spedirgli presto un biglietto aereo per raggiungerla oltreoceano. Ma le cose si complicano per entrambi, i tempi di allungano e Nadia sparisce senza dare più sue notizie.

Una vita migliore è l’aspettativa di ogni essere umano, e Yann, con i suoi progetti, i suoi sogni, la sua tenacia e anche la sua onestà può rappresentare tante persone che cercano di dare una svolta alla propria vita anche osando e facendo ‘il passo più lungo della gamba’.

La drammatica attualità del film è attenuata dal racconto molto freddo che il regista Cédric Kahn ci propone, offrendo sempre un punto di vista distanziato, non indulgendo mai nei dettagli e riuscendo con sobrietà a raccontare la tristezza e la miseria, ma anche l’integrità di un’anima che cerca di non affondare.

Protagonista del film è un bravo Guillaume Canet, già regista e protagonista lo scorso anno di The Last Night, che si cimenta in un ruolo sofferto dell’uomo in difficoltà che cerca anche di improvvisarsi padre e che nella sua miseria riesce, con misure estreme, a raggiungere un luogo ed uno scopo che lo metteranno davanti ad altre difficoltà impreviste.

Il film si chiude però con un sorriso, una speranza, un obbiettivo che, nonostante tutto, potrebbe portare di nuovo la felicità.

 
 

Il Paese delle Spose Infelici: recensione del film

Il Paese delle Spose Infelici

In Il Paese delle Spose Infelici Zazà e Veleno sono due ragazzini, amici per la pelle, ma molto diversi per famiglia e condizione. Figlio di medio borghesi Veleno, con un futuro e prospettive, e soprattutto dei genitori che lo seguono, figlio della strada invece Zazà, orfano che vive con un fratello delinquente e con una sola via di fuga dal degrado della periferia tarantina: il calcio. L’arrivo di Annalisa nelle loro vite crea aspettative e tensioni, ma anche attimi di pura estasi in cui i due maldestri amici riesacono ad assaporare un po’ di felicità, riuscendo a sfuggire per poco al loro destino segnato.

Il Paese delle Spose Infelici si rivela un prodotto strana, atipico e difficile da classificare. Sembra il classico film italiano che racconta il malessere giovanile, ma la presenza di questa figura femminile, sorta di Malena alla Tornatore, ma meno patinata, introduce un velo di mistero, quasi un’evasione dalla realtà per rifugiarsi in un sogno di bellezza e dolcezza, cose che per i due ragazzini sembrano impossibili da trovare nella vita vera.

Il Paese delle Spose Infelici, il film

Il racconto procede da lontano, senza creare una vera e propria empatia con lo spettatore, mostrando il calore e l’arsuro, la vittoria e la violenza, la possibilità di riscatto da una vita dura e ingiusta, possibilità che puntualmente sfugge a chi, come Zazà, è cresciuto in un ambiente malato. I giovani protagonisti Luca Schipani e Nicolas Orzella hanno quell’aspetto ruvido, di chi vuole atteggiarsi a uomo, ma con gli occhi colmi di stupore e dolcezza. I loro personaggi sono avidi di immagini e di corpi e la bella Annalisa (Aylin Prandi), l’apparizione volante che piomba nelle loro vite, rappresenta l’incarnazione dei loro desideri, la sposa infelici che loro in qualche modo desiderano curare.

Il titolo stesso del film Il Paese delle Spose Infelici, rimanda però a qualcosa di più del singolo caso di Annalisa, non è solo lei la sposa infelice, ma forse tutte quelle donne la cui vita si svolge in quell’ambiente ricco solo di miseria droga e inquinamento. La sposa infelice diventa quindi una metafora del malessere di una terra che non riesce a guarire, malata dalle fondamenta, incapace di accogliere nel sue grembo speranze e sogni di giovani uomini.