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Festival del film di Roma: Jesse Eisenberg presenterà The Social Network

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The_Social_Network

Ci sarà il protagonista Jesse Eisenberg durante la presentazione al Festival di Roma di The Social Network, il nuovo film di David Fincher dedicato alla nascita di Facebook.

Paranormal Activity 2: recensione del film di Oren Peli

Paranormal Activity 2: recensione del film di Oren Peli

Dopo appena un anno di distanza dalla distribuzione del primo capitolo, ritroviamo in sala Paranormal Activity 2, un non tanto atteso (quanto utile) prequel del fortunato franchise ideato dal regista israeliano Oren Peli  che in questa occasione passa alla produzione lasciando la regia a Tod Williams.

Questa volta la linea temporale arretra di circa sessanta giorni dalla morte di Micah e si sposta nell’abitazione di Kristi, la sorella di Katie, in cui vive con suo marito, i suoi due figli e il cane Abby. Dotata di un sistema di videosorveglianza, la casa sarà il fulcro di una serie di eventi paranormali che coinvolgeranno tutta la famiglia.

Oren Peli, qui in veste di sceneggiatore e produttore, non cambia una virgola rispetto al suo esordio, la sceneggiatura è pressoché identica alla precedente, nulla di nuovo e pochissimi elementi che torneranno utili ai fini dell’opera vista nel complesso. Quello che viene da chiedersi è quale sia lo scopo di questo film e l’unica risposta che pare essere sensata è che sia l’ennesima trovata commerciale per recuperare più denaro possibile da un franchise di successo.

Con soli 15000 dollari spesi, Paranormal Activity ha guadagnato milioni su milioni arricchendo Peli e i suoi attori e ha fatto centro nel cuore della Paramount Pictures che annunciò immediatamente un secondo capitolo con un budget decisamente più alto che si è aggirato intorno ai 3 milioni, tuttavia un budget simile per un mockumentary come questo ha potuto permettere a tutti quanti di stare molto comodi e magari di tenersi anche il resto. Ritroviamo anche Katie Featherston e Micah Sloat, che interpretano piccoli ruoli di contorno al nuovo cast composto da Sprague Grayden su tutti che comunque non rende come l’efficace coppia vista in precedenza.

Le aspettative per questa pellicola sono poche, già si sa quello che potrebbe succedere e quello che succederà, la curiosità non esiste più, il trucco del “non mostrare” è stato paradossalmente già mostrato, lo stile del mockumentary è stato utilizzato in ogni modo negli ultimi anni (da Rec a Cloverfield passando per Il quarto tipo) e il cast sconosciuto non aiuta di certo. Al termine dopo essersi agganciato al primo film, Paranormal Activity 2 da prequel si trasforma in sequel regalandoci qualche minuto localizzabile dopo la fine del primo film, qui troviamo di nuovo Katie e ci viene mostrato quanto è succeso dopo.

In sostanza è un prodotto che nulla toglie e nulla aggiunge al primo film e che può benissimo trovare la sua collocazione nel gruppo dei “prequel/sequel inutili”, quello che ci si augura e che fra uno, due o cinque anni non ci troveremo alle prese con un terzo capitolo.

Paranormal Activity 2: recensione del film Tod Williams

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Paranormal Activity 2: recensione del film Tod Williams

Paranormal Activity 2 – Dopo appena un anno di distanza dalla distribuzione del primo capitolo, ritroviamo in sala un non tanto atteso (quanto utile) prequel del fortunato franchise ideato dal regista israeliano Oren Peli  che in questa occasione passa alla produzione lasciando la regia a Tod Williams.

Questa volta la linea temporale arretra di circa sessanta giorni dalla morte di Micah e si sposta nell’abitazione di Kristi, la sorella di Katie, in cui vive con suo marito, i suoi due figli e il cane Abby. Dotata di un sistema di videosorveglianza, la casa sarà il fulcro di una serie di eventi paranormali che coinvolgeranno tutta la famiglia.

Oren Peli, qui in veste di sceneggiatore e produttore, non cambia una virgola rispetto al suo esordio, la sceneggiatura è pressochè identica alla precedente, nulla di nuovo e pochissimi elementi che torneranno utili ai fini dell’opera vista nel complesso. Quello che viene da chiedersi è quale sia lo scopo di questo film e l’unica risposta che pare essere sensata è che sia l’ennesima trovata commerciale per recuperare più denaro possibile da un franchise di successo.

Paranormal Activity 2

Paranormal Activity 2Con soli 15000 dollari spesi, Paranormal Activity ha guadagnato milioni su milioni arricchendo Peli e i suoi attori e ha fatto centro nel cuore della Paramount Pictures che annunciò immediatamente un secondo capitolo con un budget decisamente più alto che si è aggirato intorno ai 3 milioni, tuttavia un budget simile per un mockumentary come questo ha potuto permettere a tutti quanti di stare molto comodi e magari di tenersi anche il resto.

Ritroviamo anche Katie Featherston e Micah Sloat, che interpretano piccoli ruoli di contorno al nuovo cast composto da Sprague Grayden su tutti che comunque non rende come l’efficace coppia vista in precedenza.

Le aspettative per questa pellicola sono poche, già si sa quello che potrebbe succedere e quello che succederà, la curiosità non esiste più, il trucco del “non mostrare” è stato paradossalmente già mostrato, lo stile del mockumentary è stato utilizzato in ogni modo negli ultimi anni (da Rec a Cloverfield passando per Il quarto tipo) e il cast sconosciuto non aiuta di certo. Al termine dopo essersi agganciato al primo film, Paranormal Activity 2 da prequel si trasforma in sequel regalandoci qualche minuto localizzabile dopo la fine del primo film, qui troviamo di nuovo Katie e ci viene mostrato quanto è successo dopo.

In sostanza è un prodotto che nulla toglie e nulla aggiunge al primo film e che può benissimo trovare la sua collocazione nel gruppo dei “prequel/sequel inutili”, quello che ci si augura e che fra uno, due o cinque anni non ci troveremo alle prese con un terzo capitolo.

Paranormal Activity 2

Box Office ITA al 24/10/2010

Prime due posizioni invariate nella top10 italiana dei film piu’ visti del weekend, con le tenute di Benvenuti al sud e Cattivissimo Me. Wall Street guadagna il terzo posto, mentre le altre new entry ottengono buoni risultati, senza eccellere.

Inarrestabile il caso Benvenuti al sud. La commedia mantiene infatti la prima posizione dopo quattro weekend, ottenendo 2,7 milioni di euro nei tre giorni e sfiorando i 21 milioni totali! Un risultato assolutamente eccezionale, soprattutto se si considera che, nel panorama cinematografico italiano, il tetto dei 20 milioni è ormai una prerogativa dei cinepanettoni.

Cattivissimo Me conserva la seconda posizione anche nel suo secondo fine settimana: la pellicola d’animazione arriva a quota 7 milioni complessivi con altri 2,5 milioni.

La new entry che ottiene un maggiore successo è Wall Street: il denaro non dorme mai, che guadagna il terzo posto con 1.106.000 euro. Segue una novità molto attesa, ovvero Paranormal Activity 2, che dopo il successo del prequel dello scorso anno esordisce con 1.102.000 euro.

Step Up 3D scende al quinto posto con atri 735.000 euro, giungendo a quota 6,1 milioni: un risultato decisamente soddisfacente per il genere della pellicola.

La novità italiana del weekend, Figli delle stelle, debutta al sesto posto con 563.000 euro, ed è seguita da un’altra new entry di genere però ben diverso: Fair Game, con la coppia Naomi Watts/Sean Penn esordisce con 432.000 euro. Bisogna dunque considerare la tenuta del film nelle prossime settimane per giudicare se gli spettatori italiani hanno effettivamente poca voglia di vedere un prodotto di tale genere.

Adèle e l’enigma del faraone si rivela un mezzo flop in Italia: nel suo secondo weekend raccoglie altri 389.000 euro per un totale di 1,3 milioni nonostante il gran numero di sale in cui è distribuito.

Inception scende in nona posizione, ma con 363.000 euro può finalmente abbattere la soglia dei 10 milioni totali, decisamente un ottimo risultato nel nostro Paese per Christopher Nolan.
Chiude la top10 Buried – Sepolto, che arriva a 1,2 milioni con altri 283.000 euro.

I 100 Autori occupano la Casa del Cinema

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I 100 Autori occupano la Casa del Cinema

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La notte tra venerdì e sabato, una riunione di 100 autori e di altre associazioni legate alle professioni del mondo del cinema e della televisione si è trasformata, a sorpresa, in una occupazione della Casa del cinema di Roma, come forma di protesta nei confronti delle politiche governative nei confronti della cultura e dell’industria audiovisiva.

Box Office USA al 24/10: successo rercor per Paranormal activity 2

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Bruce Willis, Jackass e attivitá paranormali.Con Halloween alle porte, il successo al box office del sequel di Paranormal activity era piú che prevedibile. La nuova uscita supera nel weekend lo sbaragliatore della scorsa settimana, Jackass 3d, che si attesta al secondo posto nella classifica dei maggiori incassi, guadagnando in questa settimana, 21 milioni di dollari. Paranormal activity 2, che é costato piú di 3 milioni di dollari, sempre un budget molto piccolo, ma enorme rispetto ai 15000 della prima produzione, vede il regista del precedente, Oren Peli nel ruolo di produttore. La struttura del film è in realtá un prequel, spiega infatti da dove viene la maledizione che ha colpito la protagonista del primo film, ma la resa tecnica é di fatto identica al precedente.

Bruce Willis é una grande sicurezza. Il film di cui é protagonista, Red,  insieme a un consistente cast di nomi interessanti, John Malkovich, Morgan Freeman e Richard Dreyfuss, tra gli altri, mantiene stretta la sua terza posizione, con 15 milioni di incasso. La seconda uscita importante di questa settimana la troviamo in quarta posizione: Hereafter di Clint Eastwood. É la storia di Matt Damon che ha il dono di sentire e parlare con le persone decedute, capacitá che lo mette in contatto con altre persone nel mondo, che arrivano a lui tramite il suo sito web e che hanno avuto a che fare la morte dei propri cari. Il resto della classifica é un insieme di situazioni giá viste. The Social Network, che probabilmente ormai é stato visto da tutti negli Stati Uniti, scende lentamente a metá classifica, mentre galleggiano ancora tra la metá e la bassa classifica Secretariat, in cui troviamo nuovamente John Malkovich, Life as we know it con Katherine Heigl, il film di Zack Snyder Legend of the Guardians: The Owls of Ga’Hoole, The Town e Easy A che chiude la classifica.

Questo é per ció che riguarda i guadagni dell’ultima settimana, perché se si analizzano igli incassi totali, Jackass 3d é il film che ha incassato di piú dal giorno della sua uscita, con 87 milioni di dollari, seguito da The Town di Ben Affleck, con 83 mentre il terzo incasso globale é The Social Network di David Fincher.

 Tra le attese della prossima settimana troviamo Monsters, dell’esordiente  e multitasking Gareth Edwards che oltre alla regia firma anche sceneggiatura, fotografia, suono ed effetti visivi. La storyline del film sembra mettere insieme District 9 e Cloverfield, date le dimensioni del mostro del titolo. Il tutto si svolge nella parte nord del Messico, “infettata” da un’invasione aliena. Metafore a gogo, d’altra parte la tematica del “mexican border” la vedremo prossimamente trattata (in modo probabilmente piú efficace) in Machete di Robert Rodriguez.

L’ultimo capitolo della saga di Saw, che verrá proposto in 3d é sicuramente l’uscita piú interessante della prossima settimana, vedremo come si comporterá al botteghino

Séraphine: recensione del film di Martin Provost

Séraphine: recensione del film di Martin Provost

A due anni di distanza dalla sua uscita in Francia, arriva anche in Italia Séraphine di Martin Provost. Séraphine ha raccolto un grande successo in patria, aggiudicandosi ben sette premi César, tra cui Miglior Film, Miglior Sceneggiatura – scritta dal regista assieme a Marc Abdelnour – e Miglior Attrice – la belga Yolande Moreau. E ha fatto riscoprire la figura e l’opera della pittrice naif Séraphine de Senlis, attiva tra le due guerre.

In Séraphine siamo in Francia, alla vigilia del primo conflitto mondiale. Séraphine Louis (Yolande Moreau), una serva non più giovane, si dedica con abnegazione al suo lavoro, sopportando fatica e umiliazioni. Ma nella sua vita non c’è solo questo. Nel chiuso della sua stanza, Séraphine dipinge, perché – dice – questa è la missione affidatale dagli angeli, le cui voci l’accompagnano da sempre. A cambiare la sua vita è l’incontro con il collezionista d’arte tedesco Wilhelm Uhde (Ulrich Tukur) – amante della pittura naif e scopritore di Rousseau – presso il quale Séraphine presta servizio. Per caso Uhde scopre il talento della donna e la incoraggia a dipingere. Tra i due nasce un forte legame ma, lo scoppio della Prima guerra mondiale riporta Uhde in Germania. Al suo ritorno in Francia, il collezionista si imbatte nuovamente nei dipinti di Séraphine e decide di sostenerla, anche economicamente. Nei primi anni ’30, però, Uhde, a causa della difficile congiuntura economica, non può più farsi carico delle spese di Séraphine ed è costretto a rimandare la mostra a lei dedicata. La pittrice cade allora in un profondo stato confusionale, che la porterà ad essere rinchiusa nell’ospedale psichiatrico di Clermont de-l’Oise, dove morirà nel ’42.

Séraphine, il film

La pellicola celebra dunque questa donna, che sentiva di dover compiere una missione, dettatale da potenze superiori, di cui era puro strumento. Celebra soprattutto un talento naturale, che rischiava di restare sconosciuto, a causa della condizione sociale dell’artista, ultima tra gli ultimi perché povera, donna e pazza. Ma il talento, evidentemente, va oltre tutto ciò. Séraphine però non ha i toni della celebrazione. Non è retorico. Anzi, si adegua alla protagonista, alla sua modestia: mostra il lavoro costante e instancabile di una donna semplice, che vuole dedicarsi a ciò  che per lei è vita: la pittura. C’è una sceneggiatura costruita su episodi di vita quotidiana di una donna qualunque, una serva. Episodi non eclatanti, senza colpi di scena o sensazionalismi. Una donna che però, insospettabilmente, ha qualcosa di speciale. Séraphine dipinge per necessità: per lei l’arte è un moto insopprimibile dell’animo e del corpo. E’ esigenza fisica, come quella di toccare le foglie e abbracciare gli alberi. Anzi, quasi un naturale proseguimento di quell’esperienza. Provost sottolinea quest’aspetto con suggestive inquadrature di Séraphine immersa nella natura, tra i boschi della campagna francese, lì dove raccoglie la materia prima per i suoi colori. Quindi campi lunghi, che la includono in quel tutto nel quale trova tranquillità e quiete. Nell’arte che nasce dalla natura la pittrice traspone la gioia di quei momenti, ma trova anche una catarsi al suo travaglio interiore. Questo valore catartico e il suo rapporto viscerale, corporeo con la tela ricordano – o precorrono, vista l’epoca –  quelli di Pollock),

A dare forza a Séraphine, senza dubbio, l’ottima interpretazione di Yolande Moreau, che abilmente passa dal tono dimesso della serva a quello ispirato dal furor artistico della pittrice; dall’involontaria ironia alla collera, alla commozione. La macchina scruta da vicino il volto della donna, per rivelarne la complessità. Emblematico lo sguardo di Séraphine/Yolande, spesso rapito dall’altrove che la accompagna, ma anche mobile, intenso, mutevole; spia di quel disordine mentale che la condurrà in manicomio. Misurata ed efficace anche l’interpretazione di Ulrich Tukur, nel ruolo di Uhde. L’attore dà corpo a un personaggio più enigmatico rispetto a quello della protagonista, ma anch’egli preda di conflitti interiori, tenuti nascosti (l’omosessualità, il senso di colpa, un carattere scostante, la condizione di straniero). Proprio questo mondo interiore inconfessabile e questa diversità, o divergenza dal canone sociale lo accomunano a Séraphine.

La pellicola ha un ritmo lento, non incalzante: il regista sembra non voler disturbare gli attori, invaderne troppo il campo d’azione con interventi drastici. Li segue con estremo rispetto. Così come non vuole da loro interpretazioni sopra le righe, eccessive, ma piuttosto –  lo dichiara lui stesso in un’intervista – “trattenute”. Il risultato è senz’altro notevole e colpisce proprio per questa sua non invadenza, che rispecchia anche il temperamento di Séraphine: dimesso, ma determinato. Séraphine  patisce forse qualche lungaggine, ma ciò non intacca l’efficacia complessiva dell’opera. Quella che Provost ci offre, infatti, è un’occasione da cogliere: oggi che non siamo più abituati a questo slow cinema, quanto piuttosto a montaggi incalzanti, ritmi veloci, primi piani con luci spietate sui volti degli attori, colpi di scena. Grazie al cinema francese, con Séraphine, possiamo invece immergerci di nuovo in un film “a misura d’uomo”. Scelta che, peraltro, va di pari passo con l’epoca trattata, in cui tutto scorreva più lento, più semplice, meno convulso. Un invito, dunque, anche a recuperare questi ritmi, nel cinema come nella vita.

Alien 3, il film di David Fincher e con Sigourney Weaver

Alien 3, il film di David Fincher e con Sigourney Weaver

Alien 3 è il  film del 1992 diretto da David Fincher. È il terzo capitolo della serie iniziata nel 1979 con Alien e proseguita con Aliens – Scontro finale (1986). 

“O morite qui con le chiappe a mollo o morite là fuori “

Alien 3 aveva il difficilissimo compito di non far rimpiangere l’eccezionale secondo capitolo e mantenere comunque qualche elemento in comune con il primo. Ci è riuscito? Non ci è riuscito?

Prima di tutto è giusto analizzare la genesi di quest’opera per capire le numerose problematiche che ne hanno portato la creazione. Dopo lo strepitoso successo nel 1986 di Aliens, si pensò subito ad un successore che potesse bissarne gli incassi, ma senza alcun dubbio si può dire che alien 3 è stato uno dei film in assoluto con più problemi prima dell’inizio delle riprese.

La sceneggiatura, complice uno sciopero degli sceneggiatori del 1987, passò per molte mani, venendo spesso riscritta e rimaneggiata da nomi di spicco dell’epoca: Walter Hill (regista del cult-movie I guerrieri della notte), Renny Harlin che in seguito dirigerà Die Hard –  48 minuti per morire mentre nel 2000 la storia verrà riscritta da David Twohy escludendo dalla pellicola il personaggio principale interpretato da Sigourney Weaver, cosa che non sarà gradita dalla Fox, e che dopo una serie di altri innumerevoli sceneggiatori passò nella mani di Rex Pickett che miscelando elementi da tutte le precedenti versioni, riuscì a portare a termine quella su cui finalmente partiranno le riprese.

Ad un certo punto il progetto sembrò prendere una strada interessante sotto le mani di Andrew Ward, a questo sito: http://vincentwardfilms.com/concepts/alien-3/graphic-novel-in-8-parts/part-1/ è possibile vedere gli schizzi che lo sceneggiatore stava disegnando, si notano degli alien mutaforma, un concetto di alieno “diavolo” contro le vittime viste come fedeli/infedeli, insomma un qualcosa che almeno sulla carta avrebbe donato un certo grado di originalità, inglobando elementi filosofici lontani dai primi due capitoli, ma purtroppo proprio a causa di questa presunta lontananza,  la Fox decise di affidare il progetto ad altri e la sceneggiatura di Ward non fu mai più riutilizzata.

Per chi ha amato il secondo capitolo della serie all’inizio del film c’è subito una brutta notizia: la navicella sul quale si trovava l’equipaggio superstite ha un’avaria e atterra semidistrutta su un pianeta che è in realtà una colonia penale di ergastolani della peggior specie, il tutto mentre Ripley e gli altri erano in uno stato di ipersonno. Il caporale Hicks e la piccola Newt muoiono, il primo a causa dello schianto, la seconda perché annegata nel liquido della cabina. Ora, benché si possa considerare coraggiosa la scelta di far morire due personaggi così amati, è un stata principalmente una scelta sbagliata perché in un senso vanifica tutti gli sforzi dei nostri nel salvarsi dall’Alien nel capitolo precedente, e ritrovarli subito deceduti nel capitolo successivo non è il massimo della vita.

Purtroppo per l’unica sopravvissuta, la causa di tutto sarà di un Alien intrufolatosi nella navicella che non perdendo tempo, inizierà a far vittime anche tra gli ergastolani ma stranamente eviterà a più riprese di uccidere la Ripley…..

Alien 3, l’ultimo sequel riuscito

La sceneggiatura è piuttosto claudicante, manca appunto di personaggi particolarmente ispirati e si avverte la mancanza di una spalla decente della Ripley, sia il truce Dillon che il dottor Clemens non sembrano in grado di mantenere l’attenzione alta, poi a metà film quando uno dei due viene a mancare, l’attenzione cala ancora più nettamente lasciando spazio solo a ripetute scene d’azione ed ad un finale dove il piano dei detenuti per catturare l’Alien appare molto confusionario e spiegato male, ciò non fa altro che abbassare il livello già non altissimo di adrenalina.

Alien 3

Il film scorre così, senza lasciare particolari sussulti, anzi sembra una di quelle pellicole fantascientifiche di serie b riuscita non troppo male che magari dopo qualche anno diventano un cult, qui però c’erano sia i soldi sia gli attori per far bene ma il tutto risulta semplicemente sterile.

La pellicola dura due ore ma si poteva ridurre tranquillamente a 80-90 minuti,  gli assalti dell’Alien non mettono più tensione, non sono più sorprendenti, in gergo calcistico si direbbe che sono “telecomandati”.

La tecnologia non è ben utilizzata, in alcune scene finali dove tentano di rinchiudere l’Alien in un labirinto di cunicoli, si notano bene le scene in cui esso è chiaramente computerizzato perché di un verde quasi brillante invece di quelle rimanenti dove è nero e probabilmente è un pupazzone di plastica di due metri.

David Fincher alla regia, fa il suo dovere, ma con una trama del genere, è fin troppo difficile far spiccare il volo ad una pellicola con due capisaldi come predecessori, il personaggio di Ripley non mostra particolari evoluzioni caratteriali, se nel primo era un mascolino ma pacato ufficiale di bordo e nel secondo una sorta di rambo al femminile, qui non fa in tempo a piangere la scomparsa dell’amato Hicks che già si ritrova nel letto di Clemens….

Probabilmente con i due prequel in 3d già in fase di progettazione che vedranno Ridley Scott di nuovo dietro la macchina da presa ne vedremo delle belle, non ci resta che aspettare speranzosi almeno quelli….

Maschi contro Femmine: il cast presenta il film

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Maschi-contro-femmine

Quando una conferenza stampa si trasforma in un piccolo teatrino comico, quando l’atmosfera si fa leggera e rilassata, ci guadagnano tutti: gli attori, la stampa, il film. E così, tra una Cortellesi e un De Luigi che tengono banco, e un Vaporidis e una Felberbaum che sembrano addormentarsi da un momento all’altro, il regista, Fausto Brizzi, spiega che quello appena visto non è che il primo episodio di un dittico.

Maschi contro Femmine: recensione del film di Fausto Brizzi

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Maschi contro Femmine: recensione del film di Fausto Brizzi

“Un uomo e una donna sono le persone meno adatte a sposarsi tra di loro”: inizia così, con la frase pronunciata da Massimo Troisi nel finale di Pensavo fosse amore e invece era un calesse, Maschi contro Femmine, il quarto film di Fausto Brizzi. E lo si è capito, ormai, che il regista va forte nei titoli d’apertura: sulle note di una canzone composta ad hoc da Francesco Baccini, una cicogna animata trasporta, tra le nuvole e le scritte, un bambino. Parte così, con una nascita, la storia.

Maschi contro Femmine – Femmine contro mariti. Mariti contro mogli. Mogli contro amanti. Le storie che s’intrecciano sono quattro, gli attori tantissimi: i protagonisti di una vicenda diventano le comparse di un’altra. Lo schema e i temi sono sempre gli stessi, il finale è intuibile fin dal principio. Ma, se il metro di paragone sono le altre commedie italiane, dai cinepanettoni ai Vanzina & C., la pellicola riesce a fare pure una bella figura.

Se non altro Brizzi mette assieme un cast per cui vale la pena pagare il biglietto, un cast distante da quei personaggi alla Boldi con cui si tende a identificare la commedia italiana. Vince su tutti una Carla Signoris al centro di una crisi di mezza età, che, beccato il marito Pannofino in flagrante, inizia a pensare alla chirurgia estetica e non s’accorge del dolce corteggiamento di Cederna.

Maschi contro Femmine, il film

Paola Cortellesi, infermiera attivista e vegetariana, si trova alle prese con Preziosi, vicino di casa che colleziona i perizomi delle sue prede. Fabio De Luigi tradisce la moglie Lucia Ocone con la Würth, una delle sue pallavoliste. Vaporidis e la Francini, sotto gli occhi del coinquilino Paolo Ruffini, si contendono la sexy e bisessuale Sarah Felberbaum. Appaiono, per piccoli ruoli, Claudio Bisio, Paolo Solfrizzi, Luciana Littizzetto e una fortissima Nancy Brilli, che saranno protagonisti della pellicola che uscirà a febbraio, Femmine contro maschi, un contraltare che metterà in piazza i difetti della donne.

Nel primo atto, dunque, tocca all’infedeltà e all’irresponsabilità degli uomini, al loro rottamare un’auto per una a chilometri zero, meglio se straniera. Uomini che mettono le corna, uomini che si fanno pagare per una prestazione sessuale, che spingono le donne a rifarsi le tette e tutto il resto. Qualche risata, niente di nuovo, ma tanta piacevole leggerezza.

Liam Neeson sostituisce Gibson in Una notte da leoni 2

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liam neeson

Dopo le polemiche causate dal coinvolgimento di Mel Gibson in un ruolo cammeo per Una Notte da Leoni 2, e la sua successiva cancellazione, la Warner affida a Liam Neeson il ruolo del tatuatore che doveva andare a Gibson…

Steven Spielberg produrrà e dirigera Robopocalypse!

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steven

E’ ufficiale: la DreamWorks produrrà Robopocalypse, adattamento del romanzo scritto dall’esperto di robotica Daniel H. Wilson. A dirigere il kolossal sarà Steven Spielberg: le riprese partiranno a gennaio 2012!

A dangerous Method: prime foto per il nuovo film di David Cronenberg

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Sono online le prime immagini ufficiali di A Dangerous Method, il nuovo film di David Cronenberg con Michael Fassbender e Viggo Mortensen nei panni Carl Jung e Sigmund Freud, e Keira Knightley in quelli di Sabina Spielrein…

Sean Penn Rockstar: le foto dal set di Penn per il film di Sorrentino

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sean penn

Arrivano le prime immagini di uno Sean Penn truccatissimo, con look da rockstar, per il nuovo  attesissimo film di Paolo Sorrentino, This Must Be the Place. Per vedere le foto.

L’attore è stato fotografato con ancora indosso parrucca e trucco a New York, nel quartiere Wednesday. Ecco alcuni scatti:

Mammuth: recensione del film di Benoĩt Delépine e Gustave Kervern

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Con Mammuth l’intenzione dei registi Benoĩt Delépine e Gustave Kervern era quella di fare un film che fosse “allo stesso tempo divertente e commovente. Divertente perché confrontiamo un uomo socialmente disabile con una società moderna fuori della sua portata. Commovente per le stesse ragioni”.

E ci sono riusciti. Mammuth, presentato alla scorsa edizione del Festival di Berlino, è la storia di Serge Pilardosse (Gérard Depardieu), un corpulento operaio che, dopo una vita da lavoratore indefesso – mai un giorno d’assenza, mai un giorno di malattia –  è costretto, suo malgrado, ad andare in pensione.  Dopo l’indifferente commiato degli ex colleghi, si apre, per Serge, il baratro del non-lavoro: che fare ora? Come riempire le giornate? “Per fortuna”, ci pensa la burocrazia: al momento di ritirare la meritata pensione, infatti, Serge scopre che molti datori di lavoro si sono “dimenticati” di versargli i contributi.

Mammuth, il film

Per poter usufruire dei benefici pensionistici, Serge deve recuperare tutte le dichiarazioni mancanti. Incoraggiato dalla moglie (una straordinaria Yolande Moreau, la portinaia di Amelie Poulan), Serge decide di montare in sella alla sua vecchia Munch Mammuth e di far visita a i vecchi datori di lavoro. Inizia, così, un anacronistico viaggio “on the road” nei luoghi della sua giovinezza. Dei documenti mancanti, ovviamente, nemmeno l’ombra, ma Serge ritroverà molto di più: amici e parenti lontani, in particolare una nipote (Miss Ming), creatura ingenua e pura, che saprà restituire linfa a quel corpo grasso, goffo e sudicio, simile a quello di un mammut.

Meno caustico della precedente commedia dark del duo di cineasti francesi, Louise-Michel, Mammuth ci parla di tante cose.  Ci parla del mondo d’oggi, facendolo apparire come un pendolo che oscilla tra il cinico e il grottesco, dove la burocrazia sembra avere sostituito i sentimenti e l’umana comprensione, dove l’indifferenza – che spesso si tramuta in spietatezza – appare, a volte, come l’unica (re)azione possibile di fronte all’incapacità di sintonizzarsi e relazionarsi con gli altri. Ci parla delle odierne condizioni di lavoro, mostrandone tutte le contraddizioni e gli aspetti grotteschi, se non fossero, invece, tremendamente reali.

Ma, soprattutto, ci parla di quello che conta davvero, di quello che rimane quando tutto il resto sembra svanire o soccombere, stritolato nelle catene di montaggio della modernità: l’amore, la tenerezza che abbiamo dimenticato, il potere riconciliante delle origini, se stessi. Le note negative: l’espediente narrativo del fantasma del primo amore di Serge (interpretato da Isabelle Adjani), che nulla toglie e nulla da alla narrazione; una certa “vaghezza hippie”, che permea la fase della “rinascita” di Serge.  Mammuth è un film semplice e brutale, realistico e paradossale e Delépine e Kervern riescono, ancora una volta, a divertire e disturbare, interpretando al meglio l’aforisma di John Boynton Priestle: “La commedia, potremmo dire, è società che protegge se stessa con un sorriso.”

La battaglia per The Hobbit: videointervista a Peter Jackson

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La battaglia per The Hobbit: videointervista a Peter Jackson

Nelle ultime ore diverse televisioni neozelandesi hanno trasmesso interviste a Peter Jackson: una era ambientata nel set della casa di Bilbo Baggins, e una nella caverna di Gollum!

Nelle ultime ore Peter Jackson e Philippa Boyens hanno concesso alcune interviste alle televisioni neozelandesi per spiegare quanto accaduto e sensibilizzare il governo a fare tutto il possibile quando, lunedì, arriveranno i responsabili della Warner Bros per discutere del trasferimento delle riprese.

Una di queste interviste, in particolare, è ambientata all’interno dei teatri di posa di Peter Jackson a Wellington, dove la costruzione dei set in interni per il film è già in corso. Le immagini mostrano chiaramente il set di via Saccoforino, “Bag End” in originale: la casa di Bilbo Baggins.

ecco i video:

Il filmato dal set invece è qui: clicca qui

Fonte:badtaste

La battaglia per The Hobbit: videointervista a Peter Jackson

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Nelle ultime ore diverse televisioni neozelandesi hanno trasmesso interviste a Peter Jackson: una era ambientata nel set della casa di Bilbo Baggins, e una nella caverna di Gollum!

Paul Greengrass non dirigerà il remake di Viaggio Allucinante

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greengrass

Dopo il rifiuto di Paul Greengrass a dirigere Viaggio Allucinante, nulla si è più saputo del remake 3D prodotto da James Cameron. Sappiamo solo che la sceneggiatrice di Shutter Island sta riscrivendo il film.

Colin Farrell in lizza per il remake di Atto di Forza

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Colin Farrell è in testa alla shortlist di attori in lizza per il ruolo del protagonista del remake di Atto di Forza (Total Recall), film del 1990 con Arnold Schwarzenegger diretto da Paul Verhoeven e tratto da un racconto di Philip K. Dick (il cui finale è decisamente diverso dal film originale).

Una Notte da Leoni 2: cancellato Mel Gibson

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Una Notte da Leoni 2: cancellato Mel Gibson

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La partecipazione di Mel Gibson, al film Una Notte da Leoni 2, è stata cancellata. A quanto pare Zach Galifianakis e altri membri della truope non erano favorevoli al suo inserimento nel cast…

Lo Hobbit: Martin Freeman confermato nel suo ruolo

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La Warner Bros e Peter Jackson hanno annunciato ufficialmente i primi nomi del cast dello Hobbit, il kolossal in due parti le cui riprese inizieranno a febbraio.

Uomini di Dio: recensione

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Uomini di Dio: recensione

In Uomini di Dio è nel monastero di Notre-Dame de l’Atlas, a Tibhirine, che un gruppo di monaci cistercensi francesi vive a contatto con la popolazione musulmana. Ed è in quel lembo dimenticato di terra algerina, dove Bibbia e Corano non s’ammazzano, che i fratelli garantiscono cure mediche agli islamici e, con loro, condividono attività lavorative e cerimonie. Perché la loro missione non consiste nell’evangelizzazione ma nella pratica dell’ospitalità, specialmente nei confronti dei poveri e degli stranieri. Xavier Beauvois, regista di Uomini di Dio, film scelto per rappresentare la Francia agli Oscar, si è liberamente ispirato alla tragedia del 1996, quando sette monaci francesi furono rapiti, e poi assassinati, da un gruppo del GIA, Gruppo Islamico Armato.

Uomini di Dio, il film

Di materiale, quindi, ce n’era. Eppure la scelta è stata quella di accantonarlo, di non soffermarsi sul rapimento, di non indagare l’insolito rapporto tra le due realtà, tra chi vive sopra la montagna e chi sotto, ma di rappresentare, quasi minuziosamente, la poco interessante vita dei monaci. Lo studio dei testi sacri, la scrittura, la semina, la mensa e poi la mensa, la semina, la scrittura, lo studio dei testi sacri, si susseguono lenti e ripetitivi, interrotti dalle preghiere e dai troppo frequenti canti, cantilene infinite e nauseabonde. La martellante quotidianità è finalmente, almeno per chi guarda, interrotta dall’uccisione, da parte dei fondamentalisti, di un gruppo di croati, che pone i religiosi di fronte a un bivio: accettare la protezione dell’esercito o tentare di vivere come sempre? Tornare in patria o restare? Le discussioni e le votazioni, i si e i no, le crisi di vocazione e le vocazioni rafforzate, prendono il posto dello studio dei testi sacri, della scrittura, della semina, della mensa, ma non dei canti, quelli continuano.

E poi la scelta: “…La fiamma si è piegata, la luce si è inclinata…/Posso morire/Eccomi qui”. Uomini di Dio si trascina lento, pesante, con frasi da parabola e buon samaritano, privo di attimi degni di essere ricordati, almeno fino a un’emblematica ultima cena che mischia vino rosso, lacrime e presagi, all’alto volume delle note de La morte del cigno che risveglia gli animi assopiti. Inizia da qui la parte migliore del film. Peccato che manchino cinque minuti alla fine.

Dakota Fanning nel film tratto da If I Stay

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DakotaFanning

Dakota Fanning è in trattative per la trasposizione cinematografica del romanzo di Gayle Forman, If I Stay.  La Fanning dovrebbe interpretare Mia, un violoncellista di 17 anni appena compiuti destinata ad entrare alla prestigiosa Julliard prima di un incidente stradale che la manderà in coma.

Shyamalan alle prese con Will Smith e famiglia

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Shyamalan alle prese con Will Smith e famiglia

Lo sceneggiatore e regista M. Night Shyamalan si troverà a collaborare probabilmente con Will Smith per il suo prossimo film. Secondo notizie recenti infatti, il  riservato regista  sta collaborando con la società di produzione di Smith, la Overbrook, su un film di fantascienza intitolato One Thousand AE.

Mentre non c’è nulla di concreto al momento, Heat Vision afferma che il progetto verrà sviluppato ritagliando un ruolo da protagonista per il figlio di Smith, Jaden, visto l’ultima volta nel remake di Karate Kid all’inizio di quest’anno. Non ci sono certezze su un’eventuale partecipazione al film anche di Smith Senior, anche se la prima e ultima volta che padre e figlio sono  comparsi insieme sul grande scherno hanno dato vita al bellissimo La ricerca della felicità.

Tuttavia, la notizia migliore dell’ultim’ora è che Shyamalan non scriverà la sceneggiatura! Infatti sarà Gary Whitta (The Book of Eli) a occuparsene, mentre Shyamalan si occuperà solo della regia.

Fonte: collider.com

Sam Raimi dirigerà il nuovo Il giorno dei Trifidi

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raimi

I diritti cinematografici per Il giorno dei Trifidi è andato di recente in vendita e ha scatenato una guerra di offerte. La Warner Bros. è stata tra le parti interessate, nella speranza di acquistarli in favore del regista di Harry Potter, David Yates.

Un regista per il reboot di Hellraiser

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Un regista per il reboot di Hellraiser

Hellraiser

Bloody-Disgusting ha diffuso ieri la notizia che Christian E. Christiansen regista del prossimo The Roommate sarà al timone del progetto, che rivedrà sullo schermo Hellraiser, ma nuove fonti hanno confermato a Collider che sarà in realtà Todd Farmer, che lavorerà al progetto insieme al collaboratore e regista Patrick Lussier.

Il nuovo Superman avrà 40 anni?

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Il nuovo Superman avrà 40 anni?

Ora che sappiamo che il reboot di Superman sarà affidato alla regia di Zack Snyder, è plausibile pensare che il prossimo passo della produzione sarà trovare un Clark Kent all’altezza del progetto. Armie Hammer, che doveva interpretare Bruce Wayne/Batman nel film sulla Justice League di George Miller, ha parlato con Vulture, il blog del New York Magazine, e ha rivelato di aver sentito voci sulla possibilità che la Warner stia cercando un protagonista decisamente più grande di lui (che ha 24 anni):

Ho parlato del film per la prima volta con i miei agenti solo recentemente, e penso che stiano cercando un Superman un po’ più vecchio. Sento dire che avrà sui 35, 40 anni.  Alla luce di questa dichiarazione, forse i primi rumour – che vedevano Jon Hamm (a destra) in lizza per la parte del protagonista – potrebbero rivelarsi in effetti veri.

Hammer ha anche parlato del film di Miller, annullato all’ultimo minuto a sole poche settimane dall’inizio delle riprese: Stavamo effettuando le prove nei teatri di posa [in Australia], e i responsabili ci sequestravano i cellulari, se avevano delle fotocamere. Era un progetto top secret, assolutamente segreto: sembrava di andare al Pentagono. (…) Il mio Batman aveva delle risorse incredibili, e così la sua cintura di servizio era realizzata con il miglior cuoio italiano, ed era raffinatissima. Le cose che uscivano dal suo avambraccio erano di titanio, ma anche loro erano ricoperte di cuoio.

Fonte: vulture

La Sezione Occhio sul Mondo | Focus omaggia Satoshi Kon e lo Studio Ghibli

La Sezione Occhio sul Mondo | Focus omaggia Satoshi Kon

e presenta una retrospettiva sullo Studio Ghibli al Festival Internazionale del Film di Roma

OCCHIO-SUL-MONDO-FOCUSOcchio sul Mondo | Focus, forse la più trasversale ed eclettica tra le sezioni del Festival Internazionale del Film di Roma, per questa quinta edizione (che si terrà dal 28 Ottobre al 5 Novembre) punta i riflettori sul Giappone, inquadrandone con taglio contemporaneo alcuni frammenti significativi. “Il Giappone ha il grande merito di avere una straordinaria contemporaneità che si sposa perfettamente con la tradizione. Ci proponiamo di fornire qualche frammento significativo, che possa aiutare a comprendere questa cultura così vasta e complessa, molto distante dalla nostra. Lavorando molto al Focus ho avuto modo di constatare che, rispetto al Giappone, continuiamo a marciare per stereotipi: sappiamo pochissimo di questo singolare mondo”, afferma la responsabile del Focus Gaia Morrione.  

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