Tom Hanks potrebbe essere tra i principali interpreti del prossimo film diretto da Kathryn Bigelow dopo il doppio Oscar per The Hurt Locker.
Jack Nicholson e Tom Cruise di nuovo insieme
Pare che Jack Nicholson e Tom Cruise, stando alle voci in circolazione, torneranno a recitare insieme a distanza di diciotto anni dal famosissimo Codice d’onore, che vide il giovane avvocato Cruise opporsi al veterano Nicholson.
Aronofsky insiste su Wolverine 2
Darren Aronofsky era trai papabili per la regia del reboot di Superman, ma una volta che questa è stata ufficialmente affidata a Snyder (come annunciato ieri), il regista di Requiem for a Dream si rifà avanti per un altro super eroe.
Ghost Rider 2: Casting nessuna conferma per Violante Placido
Continua il casting di Ghost Rider:
Spirit of Vengeance. Oggi apprendiamo che Idris Elba e Johnny
Whitworth stanno finalizzando i loro contratti con la Sony per un
ruolo nel film di Mark Neveldine e Bryan Taylor.
Prime foto per il prequel de La cosa di Carpenter
Collider ha visitato il set del prequel della Cosa, diretto da Matthijs van Heijningen Jr e cronologicamente collocato prima dell’omonima pellicola di John Carpenter uscita nel 1982.
Lo Hobbit, manca poco all’annuncio ufficiale!
Sembra ormai imminente l’annuncio da parte della MGM e della Warner Bros. che darà il via libera alla produzione dello Hobbit. Nell’attesa, continuano ad arrivare report con informazioni aggiuntive su quello che, effettivamente, verrà annunciato. Oggi si segnala che Peter Jackson è praticamente a un passo dal firmare il contratto da regista (cosa che probabilmente sbloccherà l’annuncio): le percentuali sugli incassi e il suo ingaggio sono già stati fissati.
Secondo il sito, l’accordo con Jackson prevede anche che il film (che verrà diviso in due parti, una in uscita a dicembre 2012, l’altra a dicembre 2013) venga girato in stereoscopia. Jackson ha già una certa esperienza nel campo: nei suoi teatri di posa in Nuova Zelanda James Cameron ha girato buona parte del suo Avatar, e Jackson stesso ha lavorato come co-regista con Steven Spielberg al primo episodio di una possibile trilogia di Tintin, in arrivo a natale 2011, interamente realizzato in performance capture 3D.
Nel frattempo l’Hollywood Reporter conferma che il governo Neozelandese è entrato ufficialmente come mediatore tra il sindacato degli attori e la produzione del film: l’intenzione è di impedire in tutti i modi che le riprese dello Hobbit lascino il Paese, creando un notevole danno all’industria cinematografica locale (e a quella Australiana). Il primo ministro John Key ha affidato al ministro dello sviluppo economico Gerry Brownlee e al ministro delle arti Chris Finlayson l’incarico di incontrare sia l’unione degli attori e il regista Peter Jackson e la sua compagna e partner produttiva Fran Walsh per discutere delle varie possibilità. Irlanda, Scozia, Australia, Canada e Repubblica Ceca stanno già facendo di tutto per convincere la Warner Bros. a spostare la produzione nelle loro location: nei prossimi giorni scopriremo come si evolverà la situazione.
The Hobbit, manca poco all’annuncio ufficiale!
Sembra ormai imminente l’annuncio da parte della MGM e della Warner Bros. che darà il via libera alla produzione dello Hobbit. Nell’attesa, continuano ad arrivare report con informazioni aggiuntive su quello che, effettivamente, verrà annunciato. Oggi si segnala che Peter Jackson è praticamente a un passo dal firmare il contratto da regista (cosa che probabilmente sbloccherà l’annuncio): le percentuali sugli incassi e il suo ingaggio sono già stati fissati.
Orson Welles torna in edicola
In occasione del 25° anniversario della morte di Orson Welles, che cadrà domenica 10 ottobre, esce domani in dvd JANE EYRE – LA PORTA PROIBITA, con cui la collana “Il Piacere del Cinema”, diretta da Vieri Razzini, vuole rendere omaggio a uno dei massimi maestri della settima.
Una Sconfinata Giovinezza: recensione
Se l’intento in Una Sconfinata Giovinezza è quello di passare un’ora e mezza nella spensieratezza di immagini facili e rasserenanti, di distrarsi dopo una giornata di vita, di uscire dal cinema senza l’amaro in bocca, Una sconfinata giovinezza è il film sbagliato. A Pupi Avati interessa indagare la mente umana nelle situazioni più estreme, quando le logiche quotidiane si capovolgono, quando ciò che è dato per scontato perde la propria ovvietà.
Per questo compone qualcosa di denso, pesante, profondo, qualcosa che ti chiede di immergerti nella sofferenza, di respirarla. Eppure è costantemente visibile il tentativo di equilibrare cautamente e continuamente la tragicità del tema con dosi di leggerezza, con attimi d’ironia che si trasformano nel cervello di chi guarda in un domandarsi come si può sorridere di una situazione del genere. Il regista con Una Sconfinata Giovinezza affronta il dramma di un uomo colpito dall’Alzheimer, che se tra tutte le malattie si potesse scegliere la più cattiva, la più umiliante, questa forse vincerebbe la medaglia d’oro. E così, mentre un famoso giornalista sportivo, diviso tra tv e carta stampata, inizia a dimenticare, giorno dopo giorno, il significato delle parole, suo pane quotidiano ormai da anni, la moglie ne spia spaventata i movimenti, i cambiamenti.
In Una Sconfinata Giovinezza Lino e Chicca sono sposati ormai da venticinque anni quando lui inizia ad allontanarsi sempre di più dal presente per vagare altrove, nella sua Bologna dell’infanzia, nell’auto distrutta dei genitori morti in un incidente a cui è sopravvissuto solo il cane, nella casa della zia, dall’amico senza palato che sapeva a memoria le tabelline. La perdita di controllo, di dignità, di credibilità, la violenza, non allontanano la moglie che decide di accompagnarlo nel processo regressivo, iniziando a giocare con lui, insegnandogli la matematica, trasformando un amore, intriso di stima, verso un compagno di vita, in quello viscerale e nuovo per un figlio mai avuto prima.
Del film restano nella mente i paesaggi, i colori, i dialetti emiliani che si è poco abituati a sentire sul grande schermo. Colpisce la perfetta interpretazione di Francesca Neri, invecchiata ad hoc, nei panni della donna, docente universitaria, appartenente a una famiglia borghese che sforna figli come conigli. Sofferente ma lucida nelle decisioni, forte e sicura nonostante le botte mai prese prima, è lei l’eroina, la vera protagonista del dramma. Nella parte del malato recita Fabrizio Bentivoglio, in quelli della zia, Serena Grandi. Una sconfinata giovinezza mostra il legame che noi tutti abbiamo con il ragazzino che siamo stati: c’è chi riesce a relegarlo nel passato, chi, invece, lascia tutto per cercarlo.
Una Notte da Leoni per Bradley e Renèe
Renée Zellweger, premio Oscar per Ritorno a Could Montain e amatissima per la sua Bridget Jones, e il lanciatissimo Bradley Cooper, che dopo “Una notte da Leoni” e “A-Team” è assurto a status di stella. Una coppia da copertina nella vita reale che adesso ‘rischia’ di diventarlo anche sullo schermo.
Tony Gilroy dirigerà Bourne
Torna The Bourne! Il quarto episodio della saga interpretata da Matt Damon sarà girato da Tony Gilroy, regista di Michael Clayton e Duplicity, ma anche sceneggiatore di The Bourne Supremacy e The Bourne Ultimatum.
Bruce Willis e i sequel
Sylvester Stallone, dopo l’uscita de I
mercenari, aveva dichiarato che avrebbe affidato a Bruce
Willis il ruolo di supercattivo nel secondo episodio.
Doug Sweetland lascia la Pixar
Incredibile ma vero! Doug Sweetland, che
nel recente passato ha diretto Presto, il corto che introduceva
Wall-E, ha deciso di lasciare la Pixar!
Zack Snyder per la regia di Superman!
Zack Snyder è ufficialmente il regista di Superman. Il villain sarà il Generale Zood… Da tempo ormai aspettavamo questa notizia, che finalmente è ufficiale: Zack Snyder, è il regista del reboot di Superman, uno dei supereroi più noti della Dc Comics, prodotto da Christopher Nolan, sul quale già nel 2004 Bryan Singer aveva realizzato un reboot cinematografico. il film uscirà nelle sale a Natale 2012.
Proprio i dirigenti della Warner Bros hanno scelto Snyder. Inoltre, avendo già diretto per la Warner Bros, anche i produttori, Christopher Nolan e Emma Thomas, erano perfettamente favorevoli a questa scelta. In questi giorni è nelle sale statunitensi la sua ultima fatica, Il Regno di Ga’Hoole – La Leggenda dei Guardiani, mentre debutterà a marzo il controverso Sucker Punch.
Snyder è stato scelto tra candidati di tutto rispetto, quali: Darren Aronofsky, Duncan Jones e Ben Affleck. Parlando a Deadline.com, il regista ha spiegato: “Sono stato un grande fan del personaggio per molto tempo, è sicuramente il re di tutti i supereroi, l’unico. E’ ancora presto, ma posso dirvi ciò che David S. Goyer e Christopher Nolan hanno fatto con la storia del film mi ha decisamente fatto trovare un modo per rendere il personaggio moderno. Ho sempre sentito che era qualcosa di straordinario. Finirò Sucker Punch, e poi mi dedicherò a questo progetto“.
The Hollywood Reporter e Slashfilm, intanto, rivelano che lo script di Goyer ha un collegamento con i vecchi film di Richard Donner: il villain del film dovrebbe essere infatti il Generale Zod. Naturalmente questi dettagli verranno approfonditi nei prossimi mesi. Le riprese inizieranno nel 2011. Il nuovo Superman è stato scritto da David S. Goyer, con Christopher Nolan a supervisionare la produzione.
Dylan Dog in anteprima al Festival di Roma
Giovedì prossimo il Festival Internazionale del Film di Roma 2010 ufficializzerà finalmente il proprio programma. A poco più di 20 giorni dal via ufficiale della 5° stagione, cil Festival svela un’anteprima di grido e di sicuro impatto tramite le pagine di LaRepubblica. Perso il ‘treno Twilight’, che negli ultimi due anni aveva portato centinaia di fan un po’ da tutto il mondo, il ‘Festival’ capitolino ha subito trovato un sostituto all’altezza, ovvero Dylan Dog.
Aliens – Scontro finale: recensione del film di James Cameron
Aliens – Scontro finale è il film del 1986 diretto da James Cameron e l sequel di Alien del 1979, diretto dal regista Ridley Scott. Aliens – Scontro finale ricomincia lì dove il primo ci aveva lasciati. L’astronave con a bordo Ripley (Sigourney Weaver) ha vagato per un tempo lunghissimo nello spazio senza meta, la fortuna o il destino hanno voluto che 57 anni dopo, venga trovata e riportata sulla Terra.
Dopo essersi ripresa, racconta ciò che è successo al suo equipaggio ad una commissione mandata dalla compagnia proprietaria del cargo del primo film, ma nonostante la sua testimonianza stentano a crederle vista anche l’assenza di prove dell’esistenza dell’alieno. Ripley comincia in seguito a lavorare in una catena di stoccaggio ma continua ad avere incubi frequenti che la fanno svegliare di soprassalto, purtroppo non riesce a dimenticare la stirpe degli Alien e ciò che ha passato. La compagnia decide in seguito di mandare un gruppo di marines addestrati sul pianeta LV-426 sul quale Ripley e gli altri trovarono l’astronave abbandonata con le uova dell’Alien; sembra infatti che ci sia qualche problema con una colonia di famiglie trasferitasi lì, non arrivano più messaggi da loro e non è possibile comunicarci in alcun modo.
Burke (Paul Reiser), un uomo della compagnia le propone di far parte della missione con il ruolo di consulente, ad un primo rifiuto netto della donna sussegue però la voglia di poter sconfiggere i propri incubi solo annientando veramente la stirpe aliena, decide così di salire a bordo della nave spaziale USS Sulaco.
Aliens – Scontro finale è uno dei migliori sequel che siano mai stati girati
Una volta giunti sul pianeta scoprono un luogo disabitato ed in rovina.Riescono però a trovare un’unica superstite, una bambina bionda di nome Rebecca che in preda ad un trauma psichico non proferisce parola, la squadra dei marines parte quindi alla ricerca di altri superstiti fino ad una terribile scoperta….Senza troppi giri di parole Aliens – Scontro finale è uno dei migliori sequel che siano mai stati girati, seppur questa pellicola perda rispetto al predecessore in atmosfera e stile ne guadagna in velocità, ritmo e pure violenza.
Qualcosina viene perso nel cast che rispetto al primo film comprende comunque l’ottimo Michael Biehn nei panni del vice capitano Dwayne Hicks che tantissimi ricorderanno per il ruolo in Terminator di Reese l’uomo che veniva dal futuro. Poi l’ottimo Lance Henriksen in quel di Bishop il cyborg medico di bordo e la brava baby attrice Carrie Henn.
Proprio riguardo a quest’ultima è curioso il modo in cui il regista la scelse: Cameron dopo i casting a decine di bambini attori era rimasto deluso, perché i piccoli, abituati a recitare prevalentemente nelle pubblicità sorridevano dopo ogni battuta e visto che il personaggio da interpretare era una bimba traumatizzata li scartò tutti quanti; la scelta cadde quindi sulla figlia di un ufficiale della U.S. Air Force di stanza vicino il luogo delle riprese. Dall’altro lato ci sono alcuni personaggi abbastanza stereotipati e insopportabili come la soldatessa Vazquez col suo fastidioso modo di fare “spacco tutto io” e il suo accento spagnolo.
James Cameron marchia Aliens con la sua impronta inconfondibile, dona ritmo a livelli vorticosi, come già aveva dimostrato in Terminator e dopo qualche anno in Terminator 2, le sequenze spettacolari sono innumerevoli e pur avendo una durata di oltre due ore il tutto scorre senza problemi, senza noia e facendo rimanere la soglia di attenzione sempre alta. La conclusione poi è una delle più famose forse della storia del cinema, si rifà ampiamente al primo con doppi e tripli finti finali, e c’è anche il tempo per la Ripley di rispolverare il suo completino grigio sexy.
Aliens – Scontro finale a livello di scenografia ed effetti speciali è incredibilmente avanti per gli standard dell’epoca, a differenza del primo qui escono a profusione decine di Alien, spettacolari poi tutte le scene in cui compare la “Madre”, alta più di quattro metri, comandata da due uomini della troupe. Sigourney Weaver anche qui si trova perfettamente nei suoi panni, seppure la situazione in cui è immersa sia un po’ diversa, portata direttamente in prima linea, è un po’ tuttofare: scuote l’equipaggio rimasto orfano del capitano ufficiale, si prende cura personalmente della bambina ritrovata, comanda robot giganti e usa il lanciafiamme come se non avesse fatto altro nella vita.Oltre quindi ad essere più impegnata, in questo sequel viene anche sottolineata in primis la sua femminilità.
Tolti i panni della burbera e forse un po’ fredda Ripley del primo capitolo, qui si intuisce una certa attrazione tra lei e il vice capitano Hicks, nonché il rapporto chiaramente filo-materno tra lei e la piccola Rebecca. Una curiosità a riguardo è che anche qui come nel primo capitolo alcune scene sono state tagliate perché spiegavano con troppo anticipo alcuni aspetti della trama, ad esempio alla fine del film Rebecca chiama la Ripley “mamma”, ciò che può sembrare un gesto d’affetto dovuto agli eventi del film si comprende meglio sapendo che la Ripley in alcune scene tagliate spiega che sua figlia naturale è morta di vecchiaia durante i 57 anni di sonno profondo e che quando la lasciò per la missione aveva gli stessi anni di Rebecca.
Fortunatamente per noi tutta la quadrilogia di Alien è stata rimasterizzata in dvd comprese le scene eliminate che permettono come in questo caso di approfondire alcuni aspetti altrimenti “monchi”. Così si comprende anche lo scontro tra le due madri nella seconda parte; l’agguerrita Ripley che va a riprendersi nella tana del nemico la piccola Rebecca e dall’altra parte la madre Alien che vuole difendere le sue uova. Splendida la scena in cui sotto la minaccia del lanciafiamme contro le sue uova, la madre aliena lascia fuggire la Ripley con la bambina dopo che si erano guardate negli occhi per un buon due minuti. Da segnalare inoltre ciò che si nasconde dietro l’ottusa sicurezza dei marines nello sconfiggere il nemico mostrata durante il viaggio di andata dei nostri;
James Cameron voleva mostrare una situazione analoga a quella della guerra in Vietnam dove l’esercito americano doveva stanare un nemico che si muoveva nei sotterranei e sbucava di sorpresa; non sorprende quindi vedere soldati spocchiosi come la mascolina Vazquez e il poco coraggioso Hudson, troppo sicuri di risolvere la questione alieni in poche ore e tornare a casa dopo aver fatto man bassa di cadaveri e successi.Proprio per far interpretare al meglio i marines spaziali, Cameron fece svolgere agli attori un intenso corso di addestramento militare e gli fece leggere il romanzo militaresco “Starship Troopers”.
La pellicola ottenne nove nominations e cinque premi Oscar, confermandosi poi con un grande successo di pubblico con 180 milioni di dollari come incasso totale. Chi si aspetta il solito polpettone tutto effetti speciali e niente più rimarrà sconcertato, qui di carne al fuoco ce n’é parecchia, e la maestria di Cameron nel miscelare il tutto senza sbagliare è ammirevole, una gemma da riscoprire.
Pupi Avati racconta “Una sconfinata giovinezza”
L’ultima produzione di Pupi Avati è
il suo primo film che tratta di “una storia d’amore e in cui i
protagonisti sono tutti e due molto belli”, riassume così
scherzando il regista bolognese, a conclusione della conferenza
stampa che si è tenuta oggi a Roma.
La Pecora Nera: recensione del film di Ascanio Celestini
Il film La Pecora Nera di Ascanio Celestini, vincitore del “Premio Fondazione Mimmo Rotella” (dedicato alle opere più vicine alle arti figurative) allo scorso Festival del Cinema di Venezia, rappresenta l’ultimo atto di un percorso iniziato otto anni fa. Nel 2002 infatti Celestini, autore-attore teatrale romano ormai affermato e pluripremiato, insieme al Teatro Stabile dell’Umbria ha pensato di portare in scena un pezzo della nostra storia troppo spesso rimosso, come viene rimosso e accantonato tutto ciò che riguarda la malattia mentale.
Si tratta, infatti, della storia dei manicomi italiani: da quando erano ancora “le carceri dei matti” a quando, nel 1978, la legge Basaglia ne inaugurò la lenta dismissione. È questo mondo che Celestini racconta dal 2005 nello spettacolo La Pecora Nera, proponendolo con successo in Italia e all’estero. Alle spalle, un lungo lavoro antropologico: tre anni di ricerche e interviste su tutto il territorio nazionale, per raccontare la Storia attraverso le storie di chi il manicomio l’ha vissuto – medici, ma soprattutto infermieri e pazienti.
La Pecora Nera, il film
Molti forse vedranno un eccessivo autocompiacimento da parte dell’autore nel voler proporre, dopo lo spettacolo e il romanzo, anche il film. E saranno scettici circa la possibilità che nel passaggio al cinema Celestini, ottimo affabulatore, sia riuscito ad uscire dalla logica teatrale, basata sulla parola, in cui l’attore col solo ritmo e intensità del suo discorso deve catturare l’attenzione del pubblico. Diciamolo subito: c’è del teatro in La Pecora Nera. C’è una sceneggiatura molto fedele al testo dello spettacolo, scritta dallo stesso Celestini assieme a Ugo Chiti e Wilma Labate. E c’è indubbiamente molta parola, a partire dalla voce fuori campo dello stesso Celestini, nei panni del protagonista, che tiene le redini di tutta la storia, e sembra a tratti entrare in competizione con gli stessi personaggi. La parola resta per lui importantissima e non ci ha voluto rinunciare, anche a costo di apparire ridondante.
Qui però inizia la specificità del film: innanzitutto perché i personaggi evocati dalla voce narrante ora prendono corpo, interpretati da Giorgio Tirabassi (nel ruolo del coprotagonista), Luisa De Santis (la suora), Maya Sansa (Marinella adulta) e dallo stesso attore–regista – presente anche Peppe Servillo in un cameo. Prende corpo la storia di Nicola, entrato in manicomio da ragazzino, negli anni ’60, e lì rimasto per trent’anni. Difficile capire se sia pazzo anche lui, o sia stato solo sfortunato. È attraverso il cinema, proprio grazie all’immagine, che Ascanio Celestini porta lo spettatore a vedere con gli occhi di questo personaggio, a vivere la stessa esperienza da lui vissuta.
Poi ci sono gli ambienti, quelli che in teatro erano solo evocati, ma che ognuno poteva immaginare a suo modo. Qui sono inequivocabilmente presenti in tutto il loro squallore, o meglio quello del padiglione 18 dell’ex manicomio di Roma, in cui sono state girate molte scene: stanze, corridoi, muri. Proprio un muro è protagonista, insieme a un paziente, di una delle sequenze più eloquenti del film, pur senza parole. Poi ancora, eminentemente cinematografico è il risalto dato ad alcuni oggetti-chiave, fondamentali per sciogliere le ambiguità del racconto (penso ad esempio alla dicotomia tra le scarpe e gli zoccoli). Spunti interessanti, dunque, nell’utilizzo del mezzo cinematografico, apprezzabili in un’opera prima come questa.
Ma i pregi de La Pecora Nera, al di là delle diatribe sulla perizia tecnica, risiedono altrove: ottima l’interpretazione degli attori. La capacità recitativa di Ascanio Celestini regge bene l’impatto con la fotografia cinematografica diretta da Daniele Ciprì, che scruta le espressioni e le movenze nei minimi dettagli. Giorgio Tirabassi riesce a rendere perfettamente la bizzarria tipica della malattia mentale. Il tutto infatti è raccontato con parole ed immagini in maniera emotivamente coinvolgente, ma anche con leggerezza, destreggiandosi sapientemente tra comicità e dramma. Celestini ci guida nel mondo della malattia mentale, facendoci lasciare fuori dal cancello del “manicomio elettrico” pregiudizi e stereotipi sulla follia. Facendoci anche riflettere su come il nostro mondo moderno, figlio di quei “favolosi anni ’60”, non sia poi tanto diverso da quello del manicomio.
L’operazione, insomma, riesce, anche grazie al genuino coinvolgimento che parte da Celestini stesso, ed è fatto proprio da tutti gli attori. Lo dimostrano le loro interpretazioni. Lo dimostra il fatto che il regista abbia voluto accanto a sé nel cast anche il vero Nicola, che in realtà si chiama Alberto, e Adriano, un infermiere che ha lavorato per anni al Santa Maria della Pietà a Roma. Sono loro ad aver vissuto e raccontato a Celestini molto di ciò che vediamo nel film. L’attore affida proprio ad Alberto la chiusura dell’opera. Questo sì, un colpo di teatro che strappa l’applauso al pubblico in sala.
I racconti di Terramare: recensione del film di Goro Miyazaki
La recensione del film d’animazione di I racconti di Terramare di Goro Miyazaki, con le voci di Marco Vivio (Arren), Vittorio di Prima (Sparviere), Roberta Paladini (Tenar), Alessandra Cassioli (Aracne), Gemma Donati (Therru)
Nel mondo di
Terramare continuano ad accadere disgrazie, e l’equilibrio con il
vicino reame dei draghi è stato compromesso: Arren, l’erede al
trono, che soffre di uno sdoppiamento di personalità, uccide suo
padre il re e si autoesilia. In cerca di redenzione il ragazzo
fugge, incontrando i maghi Sparviere e Tenar e la giovane Therru e
decidendo di affrontare Aracne, un mago oscuro in cerca del segreto
per ottenere la vita eterna e a capo dei mercanti di schiavi che
imperversano nel regno. Arren affronterà con i suoi nuovi amici
questa minaccia, lottando contro la sua metà oscura, fin quando non
riuscirà a sconfiggere Aracne, con l’aiuto di Therru, diventata un
drago nelle fasi finali della battaglia, e a riportare l’equilibrio
nel mondo.
I racconti di Terramare: recensione del film di Goro Miyazaki
Analisi
I racconti di Terramare – Il fantasy è il genere di gran moda degli ultimi anni e non stupisce che Goro Miyazaki, figlio di Hayao, abbia scelto una storia di questo tipo per il suo debutto, tenendo conto che nel Paese del Sol levante il genere, declinato all’occidentale (Record of Lodoss War) o all’orientale (Rg Veda) è stato ampliamente frequentato da diversi autori, non ultimo Miyazaki senior, in film come Nausicaa nella valle del vento, Il castello errante di Howl e La città incantata.
Scegliendo di adattare una parte del complicato ciclo di Earthsea di Ursula K. Le Guin (che non ha gradito che sia stato il figlio e non il padre a portare in animazione il suo universo di fantasia) si mette forse con le sue stesse mani un po’ nei pasticci, e i risultati possono non sembrare eccelsi, soprattutto per i puristi dell’autrice, che serve a Goro solo come punto di partenza, visto che la vicenda narrata è molto diversa.
Goro Miyazaki ha senz’altro talento, ma deve forse ancora lavorarci su e provare a staccarsi dalla lezione stilistica, ottima per altro, di suo padre, che segue diligentemente senza aggiungeci granché: I racconti di Terramare è comunque uno spettacolo fantasy ben realizzato e avvincente, con il tema di fondo dell’espiazione e della ricerca di sé. I personaggi sono però un po’ troppo schematici, emergono Sparviere e Aracne, rispettivamente tra i buoni e i cattivi, per il loro essere outsider e un po’ meno stereotipati degli altri, oltre all’enigmatica Therru, che però non ha la grinta delle ragazze d’acciaio dei film di Hayao, Nausicaa e Sheeta in testa.
Per il resto bellissimi gli scenari, belle le ambientazioni, a metà strada tra le Mille e una notte e l’Irlanda, coinvolgente la colonna sonora e la trama in ogni caso sa avvincere. Certo, con Miyazaki padre ci si è abituati bene, Miyazaki figlio svolge un buon compito ma i paragoni sono inevitabili, anche se comunque siamo sempre ad un ottimo livello come trama e animazione, con forse un po’ troppo uso e abuso del computer in un paio di sequenze nel castello di Aracne che risultano davvero poco incisive.
Ma il volo dei draghi, all’inizio e alla fine, ha comunque il respiro dei film di Miyazaki padre: I racconti di Terramare è stato accolto comunque bene in Giappone, c’è da sperare che Goro Miyazaki si rimetta al lavoro, magari provando a fare qualcosa di un po’ diverso ma di altrettanto valido rispetto ai lavori di suo padre.
i Diversamente vivi al Museo del cinema di Torino
Il Museo del cinema di Torino alla Mole Antonelliana dedica, fino al 9 gennaio prossimo, una mostra ad alcune dei personaggi più amati dalla Settima Arte, ma non inventati dal cinema, anzi presenti nelle culture di tutte le latitudini dai tempi più antichi: Diversamente vivi: zombi, vampiri, mummie e fantasmi omaggia il cinema, i fumetti e la televisione, non solo di genere horror, che hanno avuto per protagonisti questi quattro archetipi dell’immaginario. Con dietro la paura che i morti potessero tornare ed essere pericolosi per i vivi, ma anche con una forte carica romantica legata ad attrazioni impossibili (e la saga di Twilight, ultimo successo in ordine cronologico, presenta in pieno questa tematica), i vampiri, gli zombi, le mummie e i fantasmi hanno attraversato oltre un secolo di immaginario visivo, reincarnandosi in tante storie, di sangue e paura, ma anche di passione e da ridere.
Antichrist: recensione del film di Lars Von Trier
Antichrist diretto da Lars Von Trier, un nome che basta e avanza per offrire due possibilità di valutazione: un voto minimo o un voto massimo. Quando si fa il nome del regista danese risulta difficile trovare una via di mezzo, in ogni suo lavoro si possono trovare innovazioni, stili e idee geniali, questa volta però c’è di tutto tranne che innovazione.
La trama di Antichrist
Una coppia si ritrova ad affrontare la morte accidentale del proprio bambino. Lui, uno psicoterapeuta, cercherà di aiutare il più possibile lei, distrutta dal dolore.Una sinossi così semplice da poter stare abbondantemente comoda in sole due righe, non sembra esserci altro da dire per descrivere questo film che cerca di offrire una visione distaccata dalla realtà ma legata esclusivamente alla mente e a quello che accade al suo interno.
Definito dai più come un delirio di un depresso
Le aspettative per questo suo Antichrist, che è stato accompagnato da qualche polemica, erano alte, definito dai più come un delirio di un depresso, da subito però pare molto lento, noioso e pesante. Risulta difficile superare ogni minuto della sua durata, ma proprio quando sembra che il sonno abbia avuto la meglio sull’attenzione dello spettatore qualcosa accade. La seconda parte è un po’ più dinamica (poco) ma offre qualche situazione coinvolgente e sommandosi alla prima noiosa parte nel complesso il film risulta essere sufficientemente interessante.

Senza ombra di dubbio la regia di Antichrist è impeccabile e le cupe atmosfere insieme alle ansiose ambientazioni rappresentate riescono a solleticare lo spettatore, in maniera irritate, infastidendolo e dandogli un senso di angoscia legato a un minimo di curiosità nel sapere dove si andrà a parare. Girato in metà Europa il film ha regalato a Charlotte Gainsbourg il premio di miglior attrice al Festival di Cannes e ha dato nuovamente la possibilità a Von Trier di confermarsi un personaggio dall’inquietante mentalità.
Il cast, composto solamente da due attori, vede Charlotte Gainsbourg, attrice francese figlia d’arte dei cantanti Serge e Jane Birkin, con alle spalle diversi film tra i quali si ricordano i più recenti 21 grammi, dove interpretava la compagna di un malato Sean Penn e L’arte del sogno, visionaria pellicola di Michel Gondry; e Willem Dafoe, onnipresente attore hollywoodiano visto ultimamente nella trilogia di Spider-Man e in vari lavori di artisti come Wim Wenders, Werner Herzog e Wes Anderson, solo per citarne alcuni.
In conclusione un film a doppio taglio, proprio come il suo regista, una fetta di spettatori griderà al capolavoro e magari noterà come molti concetti e idee siano analoghe a Repulsion di Roman Polanski, film di oltre quarant’anni fa, mentre l’altra si pentirà di averne iniziato la visione.
Ponyo sulla scogliera: recensione del film
La recensione del film d’animazione Ponyo sulla scogliera per la regia del maestro Hayao Miyazaki.
Una bambina pesce fugge dalla sua casa incubatrice in fondo al mare e approda in una cittadina della costa, dove viene salvata da Sosuke, un bambino che la ribattezza Ponyo, senza sapere che in realtà la bambina è una creatura dell’acqua, figlia di Mammare, signora degli abissi. Fujomoto, il padre della ragazzina, cerca di riportarla nel mare, ma lei non ne vuol sapere e tenta di diventare umana usando la magia, creando uno scompenso tra terra e acqua che porta ad uno tsunami e ad una regressione all’ambiente della cittadina come era nella preistoria, sotto marino e con creature ormai estinte. Ponyo e Sosuke dovranno trovare un modo per rimanere insieme senza stravolgere i loro rispettivi mondi.
Anno: 2008
Regia: Hayao Miyazaki
Con le voci di: Agnese Marteddu (Ponyo), Ruggero Valli (Sosuke), Massimo Corvo (Fujomoto), Sabrina Duranti (Gran Mammare), Laura Romano (Risa), Carlo Scipioni (Koichi), Franca Lumachi (Toki), Ludovica Modugno (Yoshie)
Sinossi:
Una bambina pesce fugge dalla sua casa incubatrice in fondo al mare e approda in una cittadina della costa, dove viene salvata da Sosuke, un bambino che la ribattezza Ponyo, senza sapere che in realtà la bambina è una creatura dell’acqua, figlia di Mammare, signora degli abissi. Fujomoto, il padre della ragazzina, cerca di riportarla nel mare, ma lei non ne vuol sapere e tenta di diventare umana usando la magia, creando uno scompenso tra terra e acqua che porta ad uno tsunami e ad una regressione all’ambiente della cittadina come era nella preistoria, sotto marino e con creature ormai estinte. Ponyo e Sosuke dovranno trovare un modo per rimanere insieme senza stravolgere i loro rispettivi mondi.
Ponyo sulla scogliera: recensione del film
Analisi
Ponyo sulla scogliera – Dopo diversi film con tematiche più adulte, stavolta Miyazaki sembra richiamarsi al mondo delle fiabe e dell’infanzia, e lui stesso ammette in un paio d’interviste che l’idea per Ponyo gli era venuta guardando il film di Disney La Sirenetta. In realtà, Ponyo sulla scogliera non è solo una fiaba per bambini, anche se rimane uno dei film più adatti, per tematiche e assenza di scene e situazioni più adulte, ad un pubblico infantile, più ancora de La città incantata.
Rilettura della Sirenetta, certo, ma in un contesto diverso, in cui l’autore riprende i temi a lui cari, l’ecologia, l’equilibrio tra generazioni, il rispetto dell’altro, la voglia di seguire la propria strada: se l’amicizia tra diversi Sosuke e Ponyo è estremamente delicata, risultano simpatici gli altri rapporti descritti nella storia, non ultimo quello con gli ospiti del pensionato dell’isola, che ritornano alla vita grazie al nuovo rapporto con la natura e gli elementi, scatenati dalla nuova ospite della loro zona.
Nell’animazione, in piena era digitale, Miyazaki compie una scelta coraggiosa: torna a disegnare tutto prevalentemente a mano, ed ad animare, richiamandosi ai disegni dei bambini ma anche alle stampe di mare tradizionali giapponesi, in un misto molto ricco che porta valore aggiunto ad una fiaba che diverte e fa riflettere, molto lontana dagli stereotipi di un’animazione giapponese disimpegnata e violenta che in molti si portano dietro, ancora oggi, dopo anni di film decisamente di qualità presentati al cinema e per il mercato dell’home video.
Certo, in molti hanno preferito le storie più complesse del maestro giapponese, film come La città incantata, Il castello errante di Howl o La principessa Mononoke, ma Ponyo sulla scogliera resta una fiaba intelligente, per bambini attenti e per chi ha conservato in sé una parte di infanzia che non è infantilismo, ma capacità di sognare, di saper guardare oltre, di immaginare un mondo fantastico anche partendo dalla realtà di tutti i giorni, da una vita in cui può venir fuori la magia di un momento che cambia tutto e che apre nuovi orizzonti.
Carine anche le canzoni, riadattate e tradotte in italiano senza crearne di nuove, all’interno di una colonna sonora originale che come sempre è molto curata, sinfonica e di gran respiro.
Ponyo sulla scogliera consola chi non si è mai rassegnato alla fine non lieta de La Sirenetta di Andersen, costruendo una storia e un finale comunque meno melensi e più credibili, sia pure nel contesto della fiaba, di quelli de La Sirenetta di Disney. In fondo, quello che è importante è saper trovare un equilibrio, fuori e dentro di sé, con gli altri e con la natura: e il tutto viene detto, come sempre nelle opere di Miyazaki, senza retorica.
Box Office USA: ottimo esordio per The Social Network di David Fincher
Niente di sorprendente sul fronte americano: era prevedibile che l’esordio di The Social Network, l’ultimo film di David Fincher – per il quale già si parla di Oscar – stravolgesse il Box Office, scalandone la vetta. E così è stato: un debutto ‘ricco’ – circa 23 milioni di dollari guadagnati in un weekend – per la pellicola che racconta la nascita di Facebook, apprezzata tanto dal pubblico quanto dalla critica, e supportata da un’intensa campagna mediatica. Distribuito in 2.771 località (per un totale di circa 3.800 schermi), ‘The Social Network’ conferma il temporaneo apprezzamento, da parte del pubblico statunitense, per i film drammatici e destinati ad un pubblico adulto (dopo le prime posizioni al box office di ‘The Town’ e ‘Wall Street 2’).
Mantiene invece il secondo posto il cartoon in 3D della Warner Bros ‘Il Regno di Ga’ Hoole – La leggenda dei guardiani’, che incassa 10,8 milioni di dollari nel weekend, arrivando ad un totale di circa 30 milioni in poco più di una settimana. Terza posizione per ‘Wall Street 2 – Il denaro non dorme mai’ (10,1 milioni), seguito da ‘The Town’ (10 milioni) di Ben Affleck: i due ‘ex campioni del botteghino’ cedono il posto alle nuove entrate, ma riescono a mantenere le posizioni più alte della classifica, senza plateali tracolli.
La quinta e la sesta posizione della classifica del Box Office americano sono invece occupate dalle due commedie ‘Easy A’ (7 milioni) e ‘You Again’ (5,5 milioni): ormai è confermato, per entrambe le pellicole, una risposta al di sotto delle aspettative da parte dei telespettatori, nonostante la campagna promozionale che ha supportato la prima e la presenza di Jamie Lee Curtis e di Sigourney Weaver nella seconda.
In settima ed ottava posizione troviamo due ‘nuove entrate’: si tratta dell’horror ‘Case 39’ e il remake americano dello svedese ‘Let me in’. ‘Case 39’ guadagna 5,3 milioni di dollari, mentre ‘Let me in’ – più o meno con la stessa cifra – si rivela un vero flop nonostante l’apprezzamento da parte della critica: ci si aspettava di più da un horror sui vampiri, considerando il successo del filone in questo periodo.
Chiudono la top ten l’horror ‘Devil’ (3,6 milioni), confermatosi ormai una vera delusione al botteghino, e il cartone animato ‘Alpha & Omega’ (3 milioni). Il prossimo weekend debutterà invece il nuovo film con Katherine Heigl – ‘Life as we know it’: sarà l’occasione giusta per vedere finalmente una commedia in cima al Box Office?
Christian Bale in forma per Batman 3
Sembra che Christian Bale si stia già preparando per il suo ruolo di Bruce Wayne/Batman, film del quale in effetti non si sa ancora nulla di concreto. Bale è uno dei pochi attori già confermati per il nuovo sequel: l’altro è Michael Caine, mentre degli altri personaggi si sa ancora poco o nulla (tra gli ultimi rumour si citava Phillip Seymour Hoffman come villain).
Secondo Showbiz Spy, Bale sta già lavorando duramente per tornare a interpretare l’Uomo Pipistrello. Per ora persino l’attore di The Prestige non sa quasi nulla su come sarà il film, ma per portarsi avanti con il lavoro, sta già lavorando con un personal trainer e un dietologo per tornare nella forma adatta per la parte. Per quanto riguarda l’inizio delle riprese, per ora si parla dei primi mesi del 2011, tra marzo e luglio.
Fonte: Showbiz Spy
Emma Stone sarà MJ Watson?
La Sony sarebbe in procinto di offrire il ruolo di Mary Jane Watson nel nuovo film su Spider-Man ad Emma Stone. L’attrice pare sia ora l’unica vera candidata alla parte.
Anche Lincoln in mezzo ai Vampiri
La 20th Century Fox ha acquisito i diritti del romanzo di Seth Grahame-Smith Abraham Lincoln: Vampire Hunter. Il progetto prevede una trasposizione cinematografica del romanzo ad opera del regista diWanted, Timur Bekmambetov, e con la partecipazione in veste di produttore di Tim Burton.
Transformers 3 nello spazio?
Il sito NASASpaceFlight.com rivela che il Discovery comparirà in Transformers 3. la rivelazione è stata affidata ad un articolo che parla dei preparativi del lancio dello Space Shuttle Discovery al Kennedy Space Center:
Transformers 3 nello spazio?
Il sito NASASpaceFlight.com rivela che il Discovery comparirà in Transformers 3. la rivelazione è stata affidata ad un articolo che parla dei preparativi del lancio dello Space Shuttle Discovery al Kennedy Space Center:
Post Mortem
Mario Corneo (Alfredo Castro)
lavora come funzionario presso l’obitorio di Santiago del Cile, con
la mansione di trascrivere a macchina le autopsie. La sua vita è
piatta, scorre priva di vitalità, quasi in simbiosi con la propria
professione da cui pare essere influenzato da una triste
“deformazione professionale”.E’ innamorato di Nancy, una ballerina
di cabaret, sua vicina di casa. La quale, per carattere e
professione, sembra essere quasi agli antipodi con lui.