Transformers 3 si aprirà con un vero e proprio
prologo. CHUD ha pubblicato quella che dovrebbe essere la traccia
su cui si baserà: Ovviamente, tutto quello che vi riportiamo è da
considerarsi SPOILER, anche se non rivela alcuna svolta nel film né
dettagli oltre ai primi minuti della pellicola di Michael Bay.
Ecco cosa sostiene Devin Faraci (che ancora una volta è
chiaramente venuto in possesso dello script): C’è uno strano
disturbo sulla Luna. Uno strano disturbo a forma di robot. Gli
scienziati della Terra lo vedono, e l’informazione arriva fino alla
Casa Bianca, dove uomini in abito scuro corrono per i corridoi fino
a piombare nello Studio Ovale. Il presidente si trova dietro la
scrivania, di schiena, guarda fuori dalla finestra. Uno degli
uomini esclama: “Signore, è successo qualcosa sulla Luna!” e il
presidente si gira.
E’ John F. Kennedy.
Il prologo del film è ambientato nel 1961/1962. La storia
infatti riguarderà il coinvolgimento dei Transformer nella corsa
allo Spazio, e questa dovrebbe essere la ragione per cui JFK voleva
a tutti i costi che gli USA arrivassero per primi sulla Luna.
Sembra una idea interessante, ci sono molte teorie cospirazioniste
sul fatto che Neil Armstrong abbia incontrato alieni sulla Luna, e
questo è un modo divertente per giocare con quest’idea. Ho sentito
dire che l’idea è stata del produttore Steven Spielberg, ed effettivamente sembra
uscita dalla sua testa. Se, come me, avete apprezzato le influenze
di Spielberg in Transformers, e odiato Transformers 2 proprio
perché non ha avuto influenze da lui, questa è una buona
notizia.
Adesso aspettiamo una conferma o
smentita su questa notizia.
Trasformers 3 è scritto da Ehren
Kruger, Transformers 3 uscirà l’1 luglio 2011 in 3D e 2D.
Nel cast Shia LaBeouf, Josh Duhamel, Rosie Huntington-Whiteley,
Tyrese Gibson, John Malkovich, Frances McDormand, Ken Jeong,
Patrick Dempsey, Alan Tudyk.
Adesso che è libero Roman Polanski
può tornare a lavorare, ad annunciare il suo nuovo film, le cui
riprese inizieranno nei primi mesi del 2011, è Yasmina Reza, dalla
cui pièce Il dio della carneficina, premiata col Tony come miglior
spettacolo teatrale del 2009, sarà tratta la pellicola.
Dato il riscontro positivo che sta
avendo Mangia, Prega, Ama a seguito delle proiezioni di prova che
precedono l’uscita in sala del film (negli Usa il13 agosto e da noi
il 17 settembre), il regista Ryan Myrphy e la bella protagonista
Julia Roberts, potrebbero collaborare di nuovo per un progetto non
ancora rivelato. La sceneggiatura sarà scritta dallo stesso Murphy,
che ricordiamo è l’autore della serie tv Nip/Tuck, nonché regista e
sceneggiatore di Correndo con le forbici in mano (2006).
Toy Story 3 – La grande
fuga (Toy Story 3) è
il film d’animazione del 2010 diretto
da Lee Unkrich e sequel di Toy
Story – Il mondo dei
giocattoli eToy
Story 2 – Woody e Buzz alla riscossa. Le voci
originali sono di Tom
Hanks, Tim Allen, Joan Cusack, Don
Rickles, Wallace Shawn, Michael
Keaton, Timothy Dalton, Bonnie Hunt e
Whoopi Goldberg.
La trama
Se Toy
Story ha rappresentato una pietra miliare del
panorama cinematografico della tua infanzia, è inevitabile
attendere con trepidazione il terzo e ultimo capitolo della saga
dei giocattoli più amati del cinema. E quando Toy Story
3 si rivela un gioiello in grado di suscitare una
varietà di emozioni, allora non puoi che dire “grazie”. Spesso il
cinema ci ha abituati a sequel poco riusciti o che facevano
rimpiangere il primo titolo che dà avvio a una data trilogia/saga,
soprattutto quando si arriva al capitolo numero 3. Toy
Story 3 – La grande fuga è una piacevole eccezione,
in grado persino di superare il secondo capitolo e di classificarsi
come la pellicola più matura della saga sui giocattoli di Andy.
Benché le premesse della storia
fossero chiare dai trailer promozionali – la partenza di Andy per
il college, il destino incerto dei giocattoli che vengono dati in
beneficenza a un asilo -, è decisamente sorprendente scoprire come
una pellicola d’intrattenimento destinata soprattutto ai bambini
sia in grado di optare per scelte coraggiose e, in alcuni casi,
alquanto dark. Perché se i momenti divertenti non mancano (in
particolare un’esibizione di Ken e la versione spagnola di Buzz
Lightyear), diversi frangenti si tingono di venature horror che ci
presentano il Sunnyside come un luogo tutt’altro che ‘soleggiato’:
un asilo-prigione dal quale Woody, Buzz e i loro amici desiderano
(e a ragione) di scappare. Pensiamo al primo momento in cui i bimbi
irrequieti dell’asilo strapazzano i giocattoli, i quali si sentono
a dir poco torturati, come testimoniato dalle tinte horror della
musica…
Toy Story 3 – La grande fuga, una divertente avventura
Ma, sia chiaro, Toy
Story 3 è tutt’altro che una pellicola paurosa! C’è
tensione, ma anche azione, gag esilaranti e, soprattutto, momenti
commoventi: la nostalgia è il sentimento dominante dei giocattoli,
che bramano rimanere con Andy, e di Andy stesso, il quale si trova
a vivere uno dei momenti più difficili dell’adolescenza: quello in
cui ti rendi conto di essere cresciuto, di dover proseguire per la
tua strada chiudendo le brecce al passato e imparando a cavartela
da solo senza la famiglia; momenti vissuti da tutti noi, che ci
consentono di provare una forte empatia con il personaggio del
diciassettenne Andy. Impossibile trattenere le lacrime e restare
indifferenti al profondo legame che unisce tutti i giocattoli: se
uno di loro è in difficoltà, tutti si mobilitano per salvarlo e, se
alla fine la speranza viene meno, basta tenersi tutti per mano per
darsi forza e affrontare con dignità le fiamme del pericolo.
Passando alle questioni meramente
tecniche, non si può che lodare in primis la sceneggiatura, in
grado di dare spazio a tutti i protagonisti senza sacrificare
nessuno, e di introdurre nuovi personaggi efficaci e sorprendenti:
tra questi, l’irresistibile Ken
(purtroppo non al top per via del doppiaggio non all’altezza di
Fabio De Luigi, mentre in generale il doppiaggio
italiano si rivela soddisfacente). La Pixar continua a superare se
stessa anche nella resa visuale dei personaggi e degli ambienti,
talmente verosimili da regalare una forte impressione di realtà.
Quanto al 3D, benché non particolarmente notevole, si fa apprezzare
parecchio e, soprattutto, ci offre dei momenti indimenticabili di
estetica e poesia nel corto Quando il giorno
incontra la notte che precede la pellicola.
Un merito supplementare: grazie agli
occhialini è possibile nascondere le lacrime che
Toy Story 3 ci induce a versare
nella sequenza finale, durante la quale non vuoi rassegnarti che
questo sia il capitolo conclusivo e tu, proprio come Andy, sei
costretto a dire addio a Woody, Buzz e i loro compagni. E allora,
citando Andy, non puoi che dire: “Grazie, ragazzi”.
Proseguono le riprese di
Transformers 3 a Chicago. Nelle ultime ore sono arrivate ancora
immagini dalle spettacolari scene girate negli ultimi giorni nella
Città:
La prima unità invece
infatti ha girato alcune scene anche a Milwaukee, al Museo d’Arte,
pubblicate da Rita Wiskowski:
Proseguono le riprese di
Transformers 3 a Chicago. Nelle ultime ore sono arrivate ancora
immagini dalle spettacolari scene girate negli ultimi giorni nella
Città:
Thor e The First Avenger: Captain
America verranno riconvertiti in 3D, ma gli effetti visivi
saranno tutti in 3D nativo. Intanto, ecco la prima foto ufficiale
con Thor, Odino e Loki!
Cominciato il casting per il nuovo
film dei fratelli Wachowski, un misterioso progetto sul quale sono
al lavoro da diversi mesi e per il quale avevano girato un test
nientemeno che con Arianna Huffington.
Sono iniziate ufficialmente a
Pittsburgh le riprese di Abduction, il thriller di John Singleton
con
Taylor Lautner, Lily Collins, Alfred Molina e
Sigourney Weaver.
Il Daily Mail pubblica le
primissime foto dal set, che mostrano il giovane attore diciottenne
in sella a una Aprilia arancione: per buona parte del giorno
Lautner ha girato le sue scene su quella moto.
Nel cast assieme a Lautner anche
Lily Collins, Sigourney Weaver, Alfred Molina, Maria Bello e
Elisabeth Röhm. Quest’ultima interpreterà la madre biologica del
personaggio di Lautner. La Weaver invece sarà la psichiatra di
Lautner, il quale dopo aver scoperto una sua foto da bambino su un
sito di persone scomparse indaga sul proprio passato e scopre una
terribile verità, sulla quale farà luce assieme alla sua
fidanzata.
Haley Joel Osment, bambino prodigio
de Il Sesto Senso e struggente cyborg in A.I., sembrava fosse per
sempre sparito dalla circolazione come accade spesso a molti
bambini-prodigio che vengono accantonati dopo qualche film di
successo. Il giovane attore che ormai è un adulto sta però per
ritornare sugli schermi con una commedia dal titolo Ed Sex.
Amanda Seyfried (Mamma Mia!,
Jennifer’s Body) sarà la protagonista femminile di I’m mortal,
nuova proposta fantascientifica dell’autore Andrew Niccol
(Gattaca, S1mone, la sceneggiatura di The Truman Show).
Con un po’ di ritardo rispetto
all’effettiva data di produzione arriva anche in Italia Il
Solista (The Soloist) trasferta americana del più
britannico dei registi contemporanei, Joe
Wright.
La storia ruota intorno a Steve
Lopez (Robert
Downey Jr.), giornalista del L.A.
Times, ed a Nathaniel Ayers (Jamie
Foxx), ex studente della prestigiosa Juilliard e ora
barbone mentalmente instabile che suona un vecchio violino a due
corde per le strade della Città degli Angeli.
Una storia di incontro e di
amicizia, di redenzione che forse sa di scontato ma che riesce a
toccare lo spettatore, soprattutto e grazie alla musica che
copiosa sgorga dalle dita di Jamie Foxx (ormai quasi più musicista che
attore). Viene alla mente Shine, splendido film con
Goeffrey Rush protagonista; quando troppa
dedizione e troppa passione conducono la mente a lacerarsi. E
questo succede a Nathaniel, prodigio del violoncello senza la forza
emotiva necessaria per riuscire a sopportare un tale dono. E così
si riduce a fare il solista, lui che suona uno strumento nato per
il concerto, si ritrova a suonare alla città con il solo applauso
del volo dei piccioni. E poi arriva un giornalista, in cerca di una
storia, e per sbaglio trova una possibilità di riscatto, la coglie
e riesce a volgerla in un’occasione di crescita.
La sostanziale banalità
della trama de Il Solista si dipana per i suoi 117
minuti coinvolgendo all’inizio ma rallentando decisamente troppo
nella seconda parte.
Tuttavia il film ha un’eleganza
formale notevole, firma ormai riconoscibile
Wright, e si fregia di due degli attori più dotati
del panorama odierno: Jamie Foxx che grazie alla musica ha già vinto
un Oscar (per Ray) e Robert Downey Jr. che abbandonata ogni corazza
e spavalderia fumettistica ci regala un ritratto sobrio e
convincente del giornalista Lopez, da un libro del quale è tratto
il soggetto originale del film.
Lunghi e lenti movimenti di
macchina cavalcano le note di Beethoven, sulla città assolata e sui
parcheggi deserti, un’intensità di immagine che solo la grande
musica accostata al cinema riesce a dare, e non è un caso infatti
che tutta la musica del film ha un imput diegetico per poi
esplodere nell’extra-diegetico o comunque nell’oltre-fisico della
mente del musicista schizofrenico. Sarà un caso ma la visione di
colori che esplodono al ritmo di musica ricorda una delle più
particolari sequenze di un famosissimo classico che fonda su musica
e immagini la sua efficacia: Fantasia
di Topolino.
Notevole anche la scrittura
soprattutto in fase di dialogo ed ottima la costruzione dei
personaggi, delle loro caratteristiche, delle loro vicissitudini
quotidiane, nel caso del giornalista, e del loro passato doloroso,
nel caso del barbone/musicista. Ma Il Solista
offre anche un ritratto impietoso di una città che agli occhi del
mondo è solo la scintillante culla del cinema a stelle e
strisce.
Un ventre malato che ospita
barboni, folli e sfortunati che trovano nella strada la loro unica
casa e nella follia la loro unica fuga. E così siamo costretti ad
ammettere che per quanto la musica possa innalzare l’animo verso
l’alto, la realtà è sempre pronta ad ancorare le persone al suolo,
talvolta provando a tirare più giù.
The Fall è il
film del 2008 diretto da Tarsem Singh e con
protagonisti nel cast Lee Pace, Catinca Untaru,
Justine Waddell, Daniel Caltagirone, Leo Bill.
La trama di The Fall
Los Angeles,
1920. Alexandria, una bambina rumena figlia di contadini immigrati,
ricoverata in ospedale per una frattura al braccio, fa la
conoscenza di Roy, uno stuntman rimasto paralizzato dopo una caduta
(accidentale o volontaria?).
Roy inizia a raccontarle una storia
fantastica su cinque uomini che hanno una missione in comune:
vendicarsi di un malvagio governatore da cui hanno subìto terribili
soprusi.
La narrazione procede in base agli
sbalzi emotivi di Roy, il quale ha bisogno che Alexandria faccia
qualcosa di importante per lui. Grazie all’immaginazione della
piccola, ben presto realtà e finzione cominciano a confondersi…
La recensione di The
Fall
Quando guardi una
pellicola come The Fall, ti accorgi che il tuo
amore per il cinema è assai più grande di quello che immagini. Può
darsi che ciò sia dovuto anche al modo in cui la passione per la
settima arte trapeli in ogni fotogramma di questo film realizzato
da uno dei registi più visionari in circolazione, Tarsem
Singh (The Cell).
A testimonianza
di ciò, esemplare è la sequenza in bianco e nero dei titoli di
testa, tra le più stupefacenti ed eleganti che si siano mai viste:
sulle note del secondo movimento della Settima Sinfonia di
Beethoven, assistiamo a un salvataggio al di sotto di un ponte
ferroviario, tutto rigorosamente in slow motion, mentre volti
convulsi sottolineano la drammaticità del momento.
Tutto appare
confuso malgrado la lentezza dei movimenti, impagabile la
combinazione tra staticità e dinamica, che il regista ha definito
“il caos senza l’energia”. Capiremo a fondo questa indimenticabile
sequenza soltanto alla fine del film, o magari alla seconda visione
dello stesso.
La scritta “Los
Angeles. C’era una volta” ci introduce poi nell’ospedale dove è
ambientata la vicenda principale, quando la piccola Alexandria
incontra Roy per la prima volta. E se dopo diversi minuti Roy dà
inizio al suo racconto, al quale assistiamo con gli occhi
dell’immaginazione di Alexandria, non dobbiamo pensare che la
vicenda all’ospedale sia passata in secondo piano o sia soltanto un
pretesto per raccontare la storia dei cinque uomini relegati
sull’Isola Farfalla: al contrario, è il rapporto tra i due
protagonisti a influenzare le scelte narrative del racconto
fantastico che, dopo una svolta drammatica nella vita reale, si
farà piuttosto tragico.
Alexandria immagina i
personaggi del racconto con i volti di persone a lei note:
pazienti, infermieri, operai dell’aranceto in cui lavora la sua
famiglia, finché inserirà lo stesso Roy (di cui scopriremo la
drammatica esperienza per la quale è diventato paraplegico), oltre
a trovare un ruolo per se stessa, non accettando la parte di
comprimaria. La bambina, che non riesce più a distinguere la realtà
dalla finzione, pretende un lieto fine che Roy è poco incline a
garantire, riflettendo la vita reale, quando, nella parte finale
decisamente commovente afferma scoraggiato: “Non c’è alcun lieto
fine per me”.
Ma Alexandria
riuscirà a salvare Roy?
Cos’è dunque la
caduta (the fall)? Si tratta della caduta fisica che procura danni
alla spina dorsale o la rottura di un braccio, le ragioni per le
quali i due protagonisti sono stati ricoverati, ma anche di una
delle tante azioni rischiose contemplate nella professione di Roy,
stuntman cinematografico. La caduta va anche letta in ambito
metafisico, rappresentando il dramma vissuto da Roy, una disgrazia
a causa della quale non riesce a risollevarsi. Spunti interessanti
sviluppati alla perfezione da Tarsem, il cui lavoro alla regia è
semplicemente lodevole.
Basti pensare al
lavoro fatto con gli attori. Nessun nome di primo piano, ma una
recitazione credibile e genuina da parte di tutti, soprattutto i
protagonisti. Lee Pace, che offre un’eccezionale interpretazione,
era all’epoca un attore sconosciuto, aveva all’attivo un solo film
e qui ha avuto la sua prima importante prova.
La piccola
Catinca Untaru, esordiente di nazionalità rumena, è la vera stella
del film: vivace e curiosa, ha imparato l’inglese sul set, e il suo
inglese è infatti uno degli aspetti pregevoli del film in lingua
originale. Le scene in ospedale sono state girate in maniera
consequenziale, così il progressivo miglioramento linguistico della
bambina (oggi tredicenne) è evidente.
Catinca è
spontanea e istintiva, e la sua straordinaria performance è
garantita anche dal gioco tra realtà e finzione avvenuto sul set e
creato apposta per lei da Tarsem: il regista ha convinto Lee Pace a
fingersi paraplegico per davvero, in modo da facilitare
l’immedesimazione di Catinca in Alexandria. Così, per due mesi,
Pace ha recitato un ruolo supplementare, quello di un altro se
stesso, mentre la verità era nota soltanto al regista e a pochi
membri della crew (bellissimo il momento della rivelazione a
Catinca, alla fine delle riprese in ospedale: un vero shock per la
piccola al quale si può assistere qui).
Durante la
promozione di questo film, Tarsem ha dichiarato di
aver impiegato diciassette anni alla sua lavorazione – meglio, alla
preproduzione – un intervallo di tempo lunghissimo destinato alla
ricerca delle location adatte. E il risultato è evidente.
Come rimanere indifferenti all’incredibile impostazione
scenografica di The Fall?
In un’era
cinematografica in cui la sospensione del dubbio risulta necessaria
per via dell’abitudine dello spettatore ad assistere a kolossal
mastodontici dagli effetti speciali imponenti, una perla come
The Fall è una di quelle eccezioni da recuperare
per saziare i nostri occhi alla ricerca del vero.
The
Fall non possiede effetti speciali: la costruzione di ogni
scena non ha fatto uso né di green screen né di grafica
computerizzata per creare sfondi o quant’altro. Ogni albero,
montagna, città, monumento, specchio d’acqua è rintracciabile su
questo pianeta.
E i numeri
parlano chiaro: The Fall è stato infatti girato in
ben diciotto Paesi, tra cui India, Sudafrica, Argentina, Italia,
Turchia, Indonesia, Egitto e Cina. Un progetto multietnico che
racchiude non soltanto paesaggi suggestivi situati in variopinti
luoghi del globo, ma anche vari esponenti di diverse civiltà.
Pensiamo ai personaggi. Gli eroi della storia raccontata dal
protagonista paraplegico sono caratterizzati da profondi legami
affettivi al di là delle differenze culturali: si tratta di un ex
schiavo africano, un guerriero indiano, un esperto di esplosivi
italiano, Charles Darwin e un bandito mascherato
che sembra spagnolo (ma Roy avrà modo di correggere la nostra
impressione). L’aspetto multietnico è palesato anche nei
meravigliosi costumi di Eiko Ishioka (che ha vestito il
Dracula di Francis Ford Coppola): su
tutti, quelli del personaggio di Justine Waddell.
Altri aspetti
interessanti della pellicola sono un’incredibile sequenza in
animazione stop motion e citazioni visive (l’arte di Escher) e
onomastiche (Ota Benga, la scimmia Wallace).
Impossibile non
rimanere estasiati di fronte a una pellicola di tal fatta, girata
fra il 2004 e il 2006, mai uscita in Italia. Perché tra dervisci
rotanti, maschere, rituali mistici, parole magiche, elefanti che
nuotano, amore e tradimento, viaggio e vendetta, c’è la sostanza:
cinema, puro cinema, come testimoniato inoltre dagli ultimi minuti,
un’autentica dichiarazione d’amore al cinema anni ’20.
The
Fall è un capolavoro assolutamente da vedere con gli
occhi, il cuore e la mente, è ciò che il cinema dovrebbe essere e
talvolta non è: arte cinematografica.
Tutto pronto per le riprese di This
Must Be the Place: inizieranno in agosto a Dublino e dureranno
dieci settimane le riprese di This Must Be the Place, di
Paolo Sorrentino, con Sean Penn e Frances McDormand…
Giorni di riprese per le strade di
Chicago per Transformers 3, ed ecco arrivare un mucchio di altri
video, tra inseguimenti, esplosioni e spettacolari voli di
paracadutisti tra i grattacieli!
I primi tre video provengono ancora
dalla prima giornata di lavori, e mostrano degli stunt in skydiving
mentre usano la zona del parco Lake Shore East Park come pista di
“atterraggio”, paracadutandosi da elicotteri i volo tra i
grattacieli:
Ieri, invece, è toccato a
esplosioni, fiamme e detriti. Nel primo video vediamo Optimus Prime
che riesce a evitare una esplosione, mentre il secondo mostra gli
Autobot al seguito di tre “Stunticon” (i veicoli Nascar che avevamo
visto ieri nelle foto).
I vari filmati e le foto diffuse
finora hanno permesso di desumere qualche conferma, tra cui il
fatto che l’automobile viola che si vede assieme agli Autobot non è
Jolt la Chevrolet, ma una Mercedes E350. Non è ancora chiaro quale
personaggio rappresenti. Questo significa comunque che, per ora,
abbiamo cinque nuovi Transformer: i tre “Stunticon” (che si suppone
siano Decepticon, ma non è ufficiale), la Mercedes (Autobot) e una
Chevrolet Tahoe (Decepticon), oltre alla Ferrari Testarossa
(Autobot).
Giorni di riprese per le strade di
Chicago per Transformers 3, ed ecco arrivare un mucchio di altri
video, tra inseguimenti, esplosioni e spettacolari voli di
paracadutisti tra i grattacieli!
Dopo la dichiarazione unilaterale
di Kevin Feige dei Marvel Studios di due giorni fa, nella quale
si confermava che Edward Norton non sarebbe stato nel cast dei
Vendicatori per il ruolo di Hulk, ieri l’agente dell’attore ha
seccamente replicato a Feige mettendo in chiaro che Norton non
aveva avuto alcun ruolo nella decisione.
Sono stati assegnati i premi del
Festival di Ischia. Miglior documentario dell’ottava edizione
dell’Ischia Film Festival è Mi vida con Carlos di Germàn Berger
Hertz, viaggio autobiografico di un figlio in cerca della memoria
del padre assassinato durante la dittatura cilena.
Durante i junkets del suo nuovo
spy-thriller Salt la protagonista Angelina Jolie ha parlato
di alcuni progetti che avevano visto il suo nome coinvolto.
Dopo l’eroico salvataggio della
principessa, l’avere a che fare con le incombenze di corte e
realizzare finalmente che la paternità non è poi il peggiore dei
mali, l’orco verde della DreamWorks si trova a
fronteggiare, in questo quarto capitolo della sua avventura
cinematografica, la famosa e ritrita crisi di mezza età, per quanto
possa sembrare un orco piuttosto giovane. Così non resta che
barattare un solo giorno della sua monotona vita familiare, con un
altro del suo passato, quando faceva spaventare la gente… Questa è
la premessa di Shrek e vissero felici e contenti,
ultimo (ad oggi) capitolo della storia cominciata ormai 10 anni or
sono.
Se nel terzo episodio ci eravamo
annoiati tutti in poltrona scommettendo su quale altro personaggio
gli sceneggiatori avessero tirato fuori dal mazzo, ora la noia e
arginata da un racconto dal pretesto, appunto, pretestuoso ma
comunque ordinato e con un logico filo conduttore. Pur se lo
svolgimento non è dei più brillanti, interessante la sceneggiatura
che conserva una certa freschezza soprattutto per i dialoghi
assegnati ai personaggi di contorno, su tutti il Gatto e
Ciuchino.
Shrek e vissero felici e contenti, terzo episodio della
saga
Questa volta però si è aggiunto il
3D al comico carrozzone e il risultato è sicuramente un bel
pacchetto che purtroppo non è all’altezza dei primi due episodi,
punta sulla tecnologia per dare una spinta di innovazione al
franchise. Anche qui non mancano le citazioni, in alcuni casi quasi
letterali, come quella chiarissima de La Bella e la Bestia nel finale, con la
clessidra al posto della famigerata rosa stregata.
Si è ripercorsa tutta la strada dal
primo incontro tra i due orchi fino al lieto fine ‘e vissero per
sempre felici e contenti’ in un cerchio perfetto di una tetralogia
che volendo considerare il terzo episodio una sorta di incidente di
percorso, sarebbe stata benissimo anche come trilogia. Non resta
ora che aspettare di vedere gli incassi del film, per sapere se la
parola fine a questa storia è stata scritta al quarto episodio,
oppure dovremmo aspettarcene un quinto.
Toy Story 3 soffia il primo posto a
Eclipse, con un risultato tuttavia non
eccezionale. Dietro i due titoli più forti dell’estate, il deserto.
Le altre new entry non si piazzano neppure nella top20.
Arriva l’estate: il mare, le
vacanze, il caldo opprimente, le ragazze in bikini, il gelato ed il
cinema. Strano? no, perché cosa c’è di meglio di una allegra e
leggera commedia americana per passare una piacevole serata estiva
al cinema? Laureata… e adesso?
La trama del film
Laureata… e adesso?
racconta la storia della giovane e bella Ryden Malby
(Alexis Bledel), appena laureatasi in Lettere e
pronta per il suo primo lavoro, magari nel campo dell’editoria a
cui lei ambisce. La strada verso il successo è quindi spianata?
Come noi italiani ben sappiamo, il groviglio di colloqui
fallimentari e delusioni è ben lungi dall’essere breve e Ryden sarà
costretta a mettere da parte (momentaneamente) le sue ambizioni nel
costruirsi una vita indipendente. Eccola quindi barcamenarsi tra
lavoracci nel negozio di valigie del padre, una nonna fin troppo
moderna e la scelta sentimentale tra l’amico che le è sempre stato
vicino o il passionale ragazzo che le abita accanto.
Un film da manuale della commedia americana perfetta
Laureata… e adesso?
segue pedissequamente il manuale della commedia americana perfetta;
non affronta mai il tema della disoccupazione con profondità ma lo
lascia come sfondo alle disavventure di Ryden facendolo emergere di
tanto in tanto, la colonna sonora ben costruita e gli attori
bellocci fanno il resto. Al centro dell’attenzione c’è la famiglia
Alby, una sorta di guazzabuglio male assortito di parenti strambi
che renderanno la vita di Ryden piuttosto movimentata.
Non siamo quindi di fronte alla
mediocrità di un A proposito di Steve ma più dalle
parti del divertente Ricatto D’amore tanto per rimanere in tema
Bullock. Da sottolineare anche la prova efficace e sopra le righe
di Michael Keaton nei panni del genitore
caciarone e volenteroso, che dona qualche guizzo comico alla
pellicola, come la divertente faccenda del gatto del vicino. Quindi
se cercate un film senza pretese, divertente e leggero, magari da
vedere con il proprio partner, questa potrebbe essere la scelta
giusta.
E’ online da oggi nella sezione
Rubriche, un nuovo mondo dedicato allo Sci-fi, ovvero alla
fantascienza che si mischia con il mistero e la paura. Nella
sezione sono già presenti diversi titoli che hanno solcato gli
schermi delle recenti stagioni cinematografica, ma non finisce qui,
perché nell’immediato futuro arriveranno analisi dei grandi film
che hanno fatto la storia del cinema: da Alien a Terminetor,
passando per Predators e molto altro. Analizzeremo i lavori di
autori come Ridley Scott, Steven Spielberg, James Cameron, Robert Wise
e molti altri. Dunque non perdete nulla della nuova rubricha che va
ad arricchire la sezione già numerosa con: Horror e dintorni, Gli
invisibili, Animazione, Serie Tv, Doc, e Corti.
Scritto e diretto da David
S. Goyer, acclamato sceneggiatore dei
Batman Begins di Christopher Nolan, Il mai
nato si presenta come un horror riuscito, che a classici
temi di fantasmi, della compresenza del mondo dei morti con quello
dei vivi, associa volti nuovi, come quello di Odette Yustman,
simbologie e credenze di connessioni tra i gemelli, e temi
caratterizzanti, come il misticismo e la cabala ebraica e il tema
dell’esorcismo che rimanda a ben più noti e riusciti film di
genere.
La trama di Il mai
nato si dipana nell’atmosfera fredda e invernale del film,
dondogli insolita solidità considerando il genere che spesso e
volentieri non da molte spiegazioni. Goyer cerca di dare profondità
alla storia anche attraverso il tempo arrivando addirittura a
scomodare un bambino morto ad Auswitz. Resta un film di non troppo
ampio respiro, pieno di ogni stereotipo tipico del genere, ma si
distingue dai vari Scary Movie che non danno
troppo importanza alla trama.
Straordinario come di consueto
Gary Oldman, che tolti i panni dell’ormai
commissario Gordon, indossa quelli del coraggioso rabbino
esorcista. Interessante e mai scontata è l’idea del male che si
nutre della paura della propria vittima, metafora, anche se un po’
troppo stiracchiata, del momento storico che vive il mondo.
G.I. Joe – La nascita dei
Cobra è il film del 2009 diretto da Stephen Sommers e
basato sull’omonima serie di giocattoli. Protagonisti nel
cast Dennis Quaid, Channing
Tatum, Sienna
Miller, Joseph Gordon-Levitt, Marlon
Wayans, Rachel Nichols, Ray
Park, Lee Byung-hun, Adewale
Akinnuoye-Agbaje, Saïd Taghmaoui, Arnold
Vosloo.
G.I. Joe – La nascita dei
Cobra, la trama: Nel film che porta al cinema e in
live action i celebri giocattoli della Hasbro, G.I. Joe diventa
l’acronimo di “Global Integrated Joint Operating Entity”, il nome
di una task force internazionale anti-terrorismo con sede a New
York. Ambientato 10 anni nel futuro, il film racconterà della lotta
tra la task force ed un’organizzazione internazionale nota come
COBRA.
Dalle montagne centroasiatiche ai
deserti egiziani, attraverso le affollate strade di Parigi fino ai
ghiacci del Polo Nord, la squadra di ultra professionisti nota come
G.I.JOE si lancia in un’avventura senza sosta, in cui la tecnologia
di ultima generazione e il più sofisticato equipaggiamento militare
saranno impiegati per combattere il pericoloso trafficante d’armi
DESTRO ed evitare che la minacciosa e occulta organizzazione COBRA
getti il mondo nel caos.
G.I. Joe – La nascita dei
Cobra, l’analisi
Stephen Sommers ci
presenta ancora una volta una pellicola d’azione che rispetta le
aspettative del pubblico in cerca di intrattenimento senza troppe
pretese.
Ancora la Hasbro cerca di guadagnare sfruttando il cinema per
i suoi leggendari giocattoli, dopo il travolgente successo di
Transformers, che , almeno per il primo episodio, ha
decisamente più consistenza e valore di questo film.
In G.I. Joe – La
nascita dei Cobraa storia è quella
dei Joe, una squadra speciale che deve salvare il mondo da un
gruppo di cattivi. Niente di nuovo nella forma e nella sostanza,
anche se qualche scena ben congeniata riesce ad interessare lo
spettatore, vedi la scena dell’attacco a Parigi.
I personaggi di G.I. Joe –
La nascita dei Cobra, sono quasi tutti volti emergenti del
nuovo panorama cinematografico, riesco a convincere, chi più chi
meno, nei ruoli loro assegnati, su tutti la bella Rachel
Nichols, la rossa Joe. Bello il personaggio di Snake Eyes,
interpretato da Ray Park, che ricorda un po’ della malinconia degli
X-Men.
Sommers si tira
dietro un po’ di cast della
Mummia, Brendan Fraser e
Arnold Vosloo, e combina diversi elementi action e
comedy, per creare un film che senza pretese intrattiene, ma non
convince e si dimentica presto. Anche visivamente, numerose sono le
immagini e le suggestioni che ricordano
Transformers, segno che forse le ambizioni di
Sommers erano superiori a quelle poi avveratesi.
G.I. Joe – La nascita dei
Cobra è un film d’azione che sfrutta la tecnologia
spettacolare per realizzare scene ben ritmate ma non destinate a
passare in fretta nella storia del cinema e nell’immaginario degli
spettatori.
Dopo un tremendo nubifragio, una
fittissima ed anomala nebbia (The Mist del titolo)
scende su una cittadina americana. Questo il misterioso prologo
diThe Mist , che vede tornare alla regia
Frank Darabont (Le ali della
libertà), dopo quasi dieci anni dall’uscita di Il
Miglio Verde. Proprio come dieci anni fa, il regista si
occupa della trasposizione di un romanzo di Stephen
King, anche se ne modifica l’andamento e soprattutto il
finale, con l’entusiasta approvazione di King stesso.
La pubblicità di The
Mist ci ha fatto credere che il film fosse l’ennesimo
splatter – horror fantascientifico con disgustosi mostri che
divorano indifesi esseri umani. Tuttavia il film non si risolve
affatto in questo.
The Mist, tra suspance e
fantascienza
Con un lavoro di
scrittura molto accurato, anche se a tratti didascalico,
Darabont entra nel supermercato, scena principale
del film, ed osserva le persone da vicino. Frequenti infatti, molto
più del necessario, i primi piani. Quello che viene fuori è
l’incondizionata e ingiustificabile cattiveria umana. In
The Mist, oltre ai terribili mostri nascosti nella
nebbia, sono gli esseri umani che mostrano la loro peggiore
essenza, la loro mostruosità. Numerose le caratteristiche del
racconto che ricordano la presenza di King alla base della storia,
come l’esistenza di un mondo parallelo ed ostile, oppure come la
figura della fanatica religiosa (una
Marcia Gay Harden particolarmente in forma,
inquietante), che genera il panico e che scatena la violenza degli
uomini contro i loro simili, indice efficace di quello che nella
cronaca quotidiana è l’integralismo religioso.
I tipi, i caratteri umani vengono
messi in scena nelle loro peggiori varianti, tutti i difetti
dell’uomo vengono portati a galla dalle circostanze, anche se non
manca poi l’eroe, l’uomo integerrimo e coraggioso, che cerca di
risolvere le cose nella maniera più ragionevole possibile. Proprio
questa figura, il protagonista, sarà quello punito nella maniera
più crudele alla fine del film, e non dagli extraterrestri. Finale
pessimistico, quindi, per un film che pur avendo qualche momento di
tensione, può essere considerato un horror perché fa paura, ma
anche perché mette a nudo l’essere umano nelle sue sfaccettature
peggiori, e genera appunto orrore e senso di distacco nello
spettatore.
Con un discreto risultato al
box office il film si posiziona al quinto posto nella classifica
italiana dei film più visti. La resa del film è basata
esclusivamente su inquadrature ravvicinate con cambi frequentissimi
di fuoco, probabilmente con l’intento di pilotare l’attenzione
dello spettatore a seguire gli spostamenti dell’azione nello stesso
quadro, ma che non sono al servizio della storia.
Il film potrebbe essere molto di
più di un horror poiché mette nudo i moti dell’animo umano,
prevalentemente cattivo, tuttavia il suo limite risiede nel voler
spiegare attraverso i dialoghi ciò che le immagini e la storia
mostrano in modo molto più efficace. La cattiveria, la violenza,
mostrate nella loro crudeltà non hanno bisogno di essere spiegate,
si mostrano autonomamente nella loro incomprensibilità.
L’attesissimo sequel di Terminator,
Terminator Salvation è arrivato nelle sale,
promettendo adrenalina spettacolo, soprattutto un approccio più
moderno rispetto all’originale, che resta l’indimenticato primo
film.
A volte le promesse non si
mantengono, altre volte si, altre volte ancora si esagera e si
finisce col portare nelle sale film che risultano fastidiosi. E’,
purtroppo, il caso di Terminator Salvation, che
lungi dall’essere un film totalmente negativo è troppo immerso
nell’universo machista che fa di Christian Bale un
soldato urlatore e spara-tutto, insulso ed egoista nel suo
personaggetto di Jhon Connor, che avrebbe meritato un trattamento
ben migliore. Ma non diamo la colpa al Christian che invece si
impegna diligentemente, com’è suo solito, a portare a termine la
missione pur con qualche capriccio di troppo sul set.
Chi mai incolperemo per aver fatto
di uno dei film più attesi della stagione un clamoroso fiasco (non
al bottighino…)? Gran parte della colpa è senza dubbio di McG, il
regista che dopo un inizio esaltante, vedi il piano sequenza
dell’elicottero che precipita con Bale all’interno, si concentra
tutto sullo spara spara contro le cattivissime ed attrezzatissime
macchine. Un abbozzo di storia decisamente interessante che crolla
su se stesso, senza risparmiare nemmeno il ben costruito
personaggio di Sam Wartinghton, umano meccanico che ruba la
scena al povero Christian Bale che già ne Il Cavaliere Oscuro
si era fatto offuscare dal talento di Heath Ledger.
Si capisce bene, considerando la
travagliata vicenda della sceneggiatura, la richiesta di soccorso
inviata a Jonathan Nolan, per risollevare le sorti
del film. Il buon Jonathan Nolan arriva sul set,
consola l’amico Christian e mette mano alla sceneggiatura
modificandone l’ultima parte. Il finale infatti si salva
parzialmente anche se, come per tutto il film, resta quel qualcosa
di inespresso che una storia comunque bella poteva dare. Bello il
cameo di Shwarzy, ovviamente ricostruito in digitale, come è
‘espressivo’ lui nel ruolo di macchina mortifera nessuno! Risultato
complessivo appena sufficiente, si salva infatti l’aspetto visivo
del film…ma dopotutto non si tratta di un quadro, e una fotografia
azzeccata non solleva un film mediocre.