Reduce dalla buona prova di
Imago mortis, soprattutto per quel che
riguarda l’aspetto estetico, Bessoni ritorna dietro la macchina da
presa per regalarci un altro viaggio, come lui stesso ci anticipa,
all’insegna del pre-cinema, meta-cinema e un mondo fantastico,
popolati da strane creature che sono frutto dei suoi sogni più
intimi ma che presto diventeranno reali e tangibili nella prossima
sfida registica dell’autore.
La suddetta opera è ancora in fase
di ripresa, ma interessa a noi di Cinefilos per molti aspetti,
primo fra tutti quello della sperimentazione sia da un punto di
vista linguistico che da un punto di vista di mezzo produttivo e di
impiego di nuove tecnologia. In un panorama come quello italiano,
nel quale a mano a mano che si va avanti si affievolisce la voglia
e la forza di osare, è di essenziale importanza per un futuro di
crescita porre l’attenzione su quelle realtà produttive messe al
margine dal sistema che osano, spinti dalla passione e dalla voglia
di far emergere quel lato che per molto tempo è rimasto nascosto ai
molti ma ben presente ai pochi, ovvero un genere fatto di sogni,
fantasia ed ossessioni profonde che un tempo ci hanno reso celebri
ma che ora ci vedono ai margini della cinematografia mondiale.
Ad un primo approccio suonerebbe
quasi strano parlare di effetti speciali nell’era del digitale dove
tutto o quasi (esclusi quegli autori che della forma ne fanno una
religione) viene ricostruito al computer e non viene lasciato nulla
di realmente tangibile o ripreso. Sotto questo profilo
Krokodyle nel panorama produttivo italiano rappresenta una
vera eccezione. Infatti, il film farà largo uso di creature
concepite da Bessoni e realizzate artigianalmente dal Leonardo
Cruciano Workshop che è anche co-produttore del film. Lo stesso
Leonardo ci ha preannunciato che nel film si userà anche
l’animatronic per riportare in vita le creature che affollano la
mente del Bessoni visionario, supportate laddove serve anche dalla
computer grafica.
Interviste con i
Protagonisti di Chiara Guida
Incontriamo Lorenzo Pedrotti nel
suo camerino, già pronto per cominciare le sue ultime riprese
romane di Krokodyle, film in produzione di Stefano
Bessoni, del quale è protagonista principale. “Sono
felicissimo di lavorare di nuovo con Stefano – racconta entusiasta
– dopo l’esperienza di Imago Mortis, ma qui la mia parte è
più impegnativa. Quando studiavo alla Nuct mi intrufolavo alle sue
lezioni di regia, ero affascinato dal suo immaginario e dalla sua
visione del cinema e del lavoro del regista”.
–Qual è il tuo
personaggio?
“Io sono il protagonista,
Kaspar, un regista in attesa di poter realizzare un suo
progetto e che nel frattempo si da da fare per produrre qualcosa
che dia concretezza alle sue idee sul cinema; sono un alter ego di
Stefano, e il mio personaggio è circondato da amici con nomi
evocativi (valga per tutti Bertold, interpretato da
Francesco Martino) che a loro volta sono altri aspetti di Stefano.
Insieme formiamo una sorta di mosaico che compone le sue ossessioni
e le sue immaginazioni.”
–Lo stile di Stefano, in
questo progetto, subisce un cambiamento notevole rispetto a Imago
Mortis. Qui ha scelto di usare molto la camera fissa, come ti trovi
in rapporto all’obbiettivo che ti guarda in maniera così
diretta?
“Ho una formazione teatrale, per
cui con la macchina fissa la recitazione cinematografica si
avvicina di più a quella del teatro, ma sono ugualmente due
linguaggi diversi. Nei miei studi mi hanno insegnato ad usare molto
il corpo a teatro, e qui invece è tutto molto diverso. Ma mi piace,
è un’esperienza importante e sento che non avrei potuto farla con
nessun altro se non con Stefano. Mi piace il suo modo di lavorare e
spero che questo progetto per quanto rischioso abbia successo.”
Francesco Martino è un volto
abbastanza noto della nostra televisione, anche lui, come Lorenzo
Pedrotti ha già lavorato con Bessoni in Imago Mortis, e
anche lui condivide con tutto il cast il desiderio di riscatto,
desiderio che nelle speranze e nelle intenzioni di tutti verrà
esaudito da Krokodyle.
–Chi sei nel
film?
“Sono Bertold, un amico di
Kaspar, e anche io interpreto un regista. Il mio
personaggio è reduce da una delusione artistica, poiché il suo film
è stato straziato da decisioni di distribuzione”
–Quello che è successo
nella realtà al primo film di Bessoni…
“Appunto, il mio personaggio è un’altra faccia di Kaspar, e quindi
un altro aspetto di Stefano stesso. Mi sento onorato ad avere la
possibilità di interpretare un pezzetto di lui. È una grande
opportunità che ci viene data. E soprattutto è una grande
responsabilità, questo è il primo film nel quale sono così
coinvolto, ogni componente della troupe e del cast è in qualche
misura produttore, ognuno di noi ci mette la sua parte e speriamo
che poi il prodotto sarà apprezzato”.
Jun Ichikawa, già protagonista di
Cantando dietro i paraventi di Olmi, ha appena terminato
le sue riprese. Sembra stanca ma soddisfatta, ci racconta la sua
esperienza sul set di Bessoni: “La mia prima esperienza
cinematografica è stata con un grande maestro come Olmi, e lui mi
ha insegnato a lavorare in armonia con il resto del cast e
soprattutto della troupe. Quest’armonia è quella che siamo riusciti
a creare su questo set, grazie a Stefano. Siamo riusciti ad essere
collaborativi soprattutto grazie al grande rispetto che ci
lega”.
–Anche tu, nel film, sei un
alter ego di Bessoni?
“Io sono Helix, la parte femminile di Kaspar.
Sono quella che non ha paura di essere crudele, anche cattiva.
Quello che il suo animo riservato gli impedisce di fare, è concesso
a me. Mi è piaciuto poter essere così diretta, così cruda, è stato
divertente.”
–Cosa ti aspetti dal
film?
“E’ un’operazione coraggiosa, e ovviamente mi aspetto che venga
bene, ma spero che ci sia anche qualcuno che lo guardi e che
apprezzi il lavoro e il coraggio che qui è stato messo in gioco.
Questo film puo’ essere la testimonianza che in Italia si riesce
ancora ad osare, a sperimentare.”
Interviste di Chiara Guida