A Portland, la città di Gus
Van Sant e dei ragazzi inquieti di Paranoid
Park, ma anche di Courtney Love,
Chuck Palahniuk e Mark Rothko, è
nata e cresciuta Anna Kendrick. Se il suo nome non
vi dice nulla, forse ricorderete l’amica più sveglia e meno
affascinante di Bella (Kristen Stewart) nella saga
di Twilight, o la sorella
petulante di Scott Pilgrim in Scott
Pilgrim vs. the World. Anna Kendrick è
stata nelle seconde file per anni, almeno a Hollywood, dove regna
il dominio dell’apparenza sopra ogni cosa, prima di indossare la
maglia da titolare gridando al mondo intero “Ehi, guardatemi,
sono brava”. La ragazza era brava sul serio. Alle spalle un
cammino da vera professionista: il debutto, appena dodicenne, sul
palco di Broadway nel musical High Society (e via di candidature),
poi la gavetta nella grande Mela, i provini andati male, e ancora
teatro, teatro, teatro.
Chissà quante volte Anna
Kendrick avrà perso la voce, o sarà stata rifiutata da
qualche produttore per il suo aspetto non convenzionale, per la sua
statura, per il suo carattere irriverente e spontaneo. “C’è una
particolare sensibilità che arriva con sentirsi un outsider.
Crescere sapendo di essere sempre la più piccola della classe è
stato spiacevole a volte, ma ha avuto i suoi vantaggi: ad esempio,
quando a casa i miei genitori facevano le pulizie di primavera,
avevano bisogno di me per entrare in quei posti dove loro non
riuscivano. Ricordo perfettamente quella sensazione. Ero
indispensabile. Ed era la cosa più dolce che potessero
dimostrarmi”.
Diversamente dai suoi concittadini,
Anna Kendrick sembra aver smarrito per strada il
carattere irrequieto in favore di una meravigliosa vivacità. È un
sentimento che contagia tutti, una prova del fatto che lei, al
contrario di tanti altri personaggi pubblici, è una ragazza, o
meglio giovane donna, con cui è facile confrontarsi; è un simbolo
di autoironia, un punto di riferimento, un volto rassicurante. Di
quelle che vorresti aggiungere al tuo gruppo di amici per rubarle
una risata.
Nel 2008 compare nelle retrovie di
un fenomeno cinematografico senza precedenti, la stessa
Twilight Saga che avrebbe lanciato la nuova icona
ribelle del 21° secolo (parliamo di Kristen
Stewart), ma è nell’anno successivo che Jason Reitman la vuole al fianco di
George Cloooney nella finta commedia Tra
le nuvole, dove si intrecciano mondo del lavoro,
licenziamenti, senso di dignità umana. L’occasione perfetta per
dimostrarsi (e mostrarsi) sotto una luce più seria. “Mi
attraggono i personaggi femminili forti, e credo che non sarebbero
così interessanti se non fossero così vulnerabili. Ho sempre
sentito una certa connessione con loro, con quei personaggi un po’
persi e un po’ fragili, sarà perché il bello di questo lavoro, il
bello del lavoro dell’attore è trovare la forza dentro la
vulnerabilità”. Da lì è una discesa senza ostacoli: l’Oscar
sfiorato (come Miglior Attrice non protagonista), il tenero
cancer-movie 50/50 con Joseph Gordon
Levitt e Seth
Rogen (da recuperare assolutamente), La regola
del silenzio con Robert Redford, l’action
di strada di David Ayer End of
Watch e infine Pitch Perfect.
Anna Kendrick, una
piccola tra le grandi di Hollywood
Da qualche tempo non è strano
vederla in almeno due, tre film a stagione. È il suo momento.
“Sto cercando di tenere a freno la mia ossessione per il
lavoro. Penso che la gente non abbia proprio voglia di andare al
cinema e trovarmi in sei film!”. Ma da un grande potere… non
derivano grandi responsabilità, almeno nell’universo parallelo in
cui vive Anna Kendrick. “Sono quattro anni che
la mia vita è andata fuori controllo, così quando ho un po’ di
tempo libero faccio cose normali: leggo la posta, vedo gli amici,
dormo nel mio letto. Sono la campionessa del sonno. E finalmente ho
sistemato il mio garage, comprato e montato da sola mobili di Ikea…
ero così felice che sembravo fatta. Solo parlarne mi fa sentire
sotto effetto di droghe”.
Chi la segue sui canali
social, Twitter, Instagram, conosce benissimo la linea comica che
detta le sue esternazioni: mai prendersi sul serio, è il messaggio,
mai apparire in una maniera che tradisce ciò che ci rende noi
stessi. Speciali, nel caso della ragazza di Portland. La celebrità,
arrivata a valanga dopo il successo planetario di Pitch
Perfect (dove ballava e cantava a-cappella in una band di
freaks), non la spaventa affatto, anzi, pare averla spinta verso
territori più adulti; saranno le trenta candeline compiute lo
scorso anno, sarà che al nome di Anna Kendrick
corrisponde quasi sempre un prodotto di qualità, le scelte di una
carriera così fulminante fanno presagire un futuro brillante.
“Per fortuna non devo comportami come la Miss America di turno
che quando incontra i fan dispensa consigli alla ‘Credi nei tuoi
sogni!’. Non saprei come fare. Sono e rimarrò sempre imbarazzante
in qualsiasi situazione”. Sbagliato, Anna.
Nei prossimi giorni la vedrete
nelle sale con The Accountant, il bel film diretto
da Gavin O’Connor (Warriors, Pride of
Glory) nel quale sostanzialmente vengono riproposte le
stesse dinamiche di genere del cinecomic, con un protagonista super
dotato, Ben
Affleck, e la sua spalla indispensabile, interpretata
appunto dalla Kendrick. Ora, se siete abili
navigatori dell’internet, avrete di sicuro dato un’occhiata alla
simpatica intervista dei due attori per Mtv, complice un delizioso
siparietto in costume dove lei dichiara di voler diventare la nuova
Robin.

Molti non sanno che è in atto un
drammatico conflitto di interessi in famiglia: suo fratello Michael
infatti l’ha già designata come unica e possibile Squirrel
Girl, la supereroina Marvel nata nel 1992. Sarebbe
perfetta, ha detto. Peccato che quello della ragazza scoiattolo non
rientri tra i progetti del cuore. “C’è una parte che vorrei
davvero, e che probabilmente non otterrò mai. Voglio diventare un
soldato della seconda guerra mondiale, come in Band of Brothers. E
non si azzardassero a farmi interpretare l’infermiera di turno, per
carità. Voglio essere un eroe, rischiare la vita per il mio paese.
Voglio essere cazzuta. E uccidere i nazisti”. Avete ancora
dubbi sulla “statura” di questa piccola donna?