Trai personaggi secondari di
Guardiani della Galassia, non
è un segreto che uno dei preferiti del regista James
Gunn è Nebula, la figlia di
Thanos, interpretata da Karen Gillan. Come abbiamo avuto modo
di vedere alla fine del filmd el 2014, il personaggio sopravvive
allo scontro con la sorellastra Gamora (Zoe
Saldana) e sparisce. Adesso sappiamo che la rivedremo in
Guardians of the Galaxy Vol. 2 al fianco della
squadra di protagonisti, in una inedita veste di “buona”.
James Gunn ha di recente dichiarato
che gli piacerebbe vedere Nebula a capo di un film tutto suo:
Come Gamora, anche l’aliena blu ha
le potenzialità per un film standalone, dal carisma dell’interprete
fino al background vero e proprio del personaggio.
E voi che ne pensate? In attesa di
capire se si possa davvero realizzare una tale prospettiva,
sappiamo che vedremo il personaggio in Guardians of the
Galaxy Vol. 2.
In Guardiani della Galassia Volume
2, che arriverà al cinema nel 2017, torneranno
sicuramente Chris Pratt, Zoe Saldana, Dave
Bautista e in veste di doppiatori Vin
Diesel e Bradley Cooper.
Confermati anche il Collezionista (Benicio Del
Toro), Yondu (Michael Rooker) e Nebula
(Karen Gillan). Tra le new entry Pom
Klementieff.
Dopo tanti anni, quasi a voler
aggiornare un discorso intrapreso da una vita, Werner Herzog torna a mettere i
vulcani al centro della sua narrazione con Into the
Inferno. Lo fa con la sua vena e la sua potenza, con la
sua modestia e sfrontatezza, regalandoci immagini che tolgono il
fiato e offrendo spunti a volti impensabili. Non solo richiama
alcuni dei suoi lavori precedenti, ma ne utilizza alcune sequenze
come materiale di repertorio. Riaffiorano così, tra nuove
inquadrature di rara potenza, quelle di La
Soufrière del 1977, e lui stesso si rende parte
protagonista del gioco cinematografico, entrando e uscendo da
immagini e narrazioni, come fosse una sorta di David Attenborough
(La vita sulla terra serie TV BBC)
anarchico, che prende gli spunti che gli vengono offerti dalla
linea narrativa di base per spostarsi disinvoltamente in altri
territori.
Ecco quindi il rapporto tra vulcano
e uomo, tra uomo e divinità, tra divinità e potere, tra bene e
male. Herzog parte da uno dei tre vulcani nei quali è possibile
vedere direttamente il magma in ebollizione fino ad arrivare ad un
vulcano inattivo da mille anni in Corea del Nord e a raccontare
come il un dittatore si sia potuto servire di tale elemento
naturale per legittimare e rafforzare il potere.
Il viaggio di Herzog è vastissimo,
dall’Islanda alle Filippine, dall’Etiopia all’Arcipelago di
Vanuatu, alla ricerca di vulcani e di uomini che hanno costruito
miti, divinità, religioni, per giustificare, spiegare e legittimare
la forza incontrollabile della natura. Ma come afferma lo stesso
regista “I vulcani se ne fregano di quello che stiamo facendo
qui”. E a sottolineare proprio questo concetto inserisce nel
film le riprese del flusso piroclastico che uccise due vulcanologi
francesi in Giappone. Lo fa dopo averli mostrati a lungo fare gli
spavaldi con fiumi di lava e piogge di lapilli, in una sorta di
delirio di onnipotenza che di lì a poco li avrebbe portati
incoscientemente alla morte.
Ma Into the Inferno
non è un film solo sui vulcani, ma sui vulcanologi e in particolare
uno di loro: Clive Oppenheimer. Un personaggio intrigante e assai
affascinante, bello e maledetto, di indole romantica e con una
folle affinità elettiva con Werner Herzog. I due sono amici dai
tempi di una vecchia collaborazione e si respira in ogni
dialogo, in ogni immagine, un intesa rara e un piglio che solo i
sognatori come loro sanno far brillare. Insieme partono alla
ricerca di altri loro simili, sparsi ai quattro angoli del pianeta,
impegnati in ricerche che sembrerebbero veramente essere state
inventate per un film di fantasia. Su tutti merita di essere citato
l’antropologo cacciatore di fossili in Africa, somigliante in
maniera inquietante all’attore Ron Perlman e commediante nato,
tanto da riuscire a passare con ironia e disinvoltura dalle origini
dell’uomo ai casinò di Las vegas.
Inutile dire che la regia di Werner
Herzog è come sempre egregia, solenne, rispettosa. La costruzione
della narrazione scorre come un orologio di precisione, senza mai
cadere nel manierismo e donando momenti di grande cinema.
Mentre l’attesa a torno
a Avengers Infinity War cresce giorno dopo
giorno, oggi arriva una brutta notizia per i fan Marvel
e di Spider-Man. Infatti, l’attore che interpreta
Peter Parker durante un’intervista rilasciata
a Variety in
occasione della première di
The Lost City of Z, ha ammesso che Spider-Man al momento non è previsto nel film
e che non sa esattamente se le cose possano cambiare. Ecco le
sue parole:
“Al momento è tutto un po’ per
aria. Credo che un qualche tipo di accordo sia possibile, ma le
cose sono ancora poco chiare su ciò che che potrebbe accadere
per il personaggio”.
Dunque a quanto pare
l’accordo che ha visto il personaggio apparire in Civil
War era solo per la specifica opera, dunque di volta in
volta Marvel e
Sony dovranno accordarsi sull’eventuale impiego
del personaggio nell’Universo esteso e leggendo tra le righe sembra
proprio che il personaggio sia al momento tagliato dal film in
attesa di trovare un accordo e di ulteriori notizie. Dunque non
resta che aspettare.
Avengers Infinity
War arriverà al cinema il 4 Maggio 2018.
Christopher Markus e Stephen McFeely si
occuperanno della sceneggiatura del film, mentre la regia è
affidata a Anthony e Joe
Russo.
Al cinema dal 17 novembre, è stato
presentato alla Festa di Roma 2016 La verità
negata (Denial), film
diretto da Mick Jackson che racconta la vicenda
legale che alla fine degli anni Novanta vide coinvolta la storica
accademica Deborah Lipstadt, accusata di
diffamazione dal saggista britannico David Irving.
Irving è uno dei più famosi
negazionisti della Storia. Nei suoi numerosi volumi storici, ha
propagandato a lungo la teoria che sosteneva la falsità
dell’Olocausto, in una sorta di tentativo di difesa della figura
storica di Hitler. La vicenda realmente accaduta si è poi conclusa
nel 2000, con la sentenza della Corte Britannica che respingeva le
accuse volte alla Lipstadt. Secondo il diritto
inglese, è l’accusato a dover provare la sua innocenza, e così la
professoressa americana si rivolge al migliore avvocato su piazza,
Anthony Julius, lo stesso che prese le difese
della principessa Diana durante la causa di divorzio. A
Julius e al suo team è stato poi affidato il
compito di dimostrare che uno dei più grandi delitti del XX secolo
e della storia dell’umanità è stato tutt’altro che
un’invenzione.
La verità negata è
tratto da una storia vera
Basato sul libro History on
Trial: My Day in Court with a Holocaust Denier, della stessa
Deborah Lipstadt, La verità
nascosta è un procedural che si svolge per la
maggior parte nelle aule di una corte e nelle stanze di avvocati,
tra carte, plichi e sentenze. Senza dover neanche scegliere una
parte da cui stare, Jackson espone i fatti in maniera piana,
facendosi forza della veridicità della vicenda narrata, senza per
cui sforzarsi a realizzare un contraddittorio cinematografico che
rendesse il processo vero e proprio un momento di confronto
interessanti ai fini cinematografici. Il lavoro di adattamento
cinematografico è stato realizzato dall’ottimo David Hare che anche questa
volta mette a punto uno script preciso e interessante.
Il film si avvale anche di un ottimo
gruppo di attori, da Rachel Weisz a
Timothy Spall, passando per Tom
Wilkinson e Andrew Scott, che offrono il loro talento a
personaggi reali che hanno compiuto imprese straordinarie, nel bene
e nel male.
La verità negata
rivela però la sua ingenuità di fondo nella regia scolastica di
Jackson, che non offre nemmeno il beneficio del
dubbio all’accusatore. Non che un negazionistra dell’Olocausto
meriti che le sue convinzioni vengano difese, ma l’assenza di
contrappunto rende anche la vittoria più giusta meno dolce.
Come molti di voi sapranno
Sony e Marvel hanno unito le
forze per la prima volta quest’anno per Spider-Man
Homecoming, l’annunciato reboot sull’Uomo Ragno che
vedrà protagonisti Tom Holland, già apparso nel ruolo in Captain America Civil War.
Ebbene molto fan si sono chiesti
quando avrebbero poi rivisto Spider-Man al
cinema, dato che come sappiamo non potrà essere in Avengers
Infinity War. A rispondere a questa domanda oggi
è stato proprio il diretto interessato Tom Holland
che durante la promozione di The Lost City of Z, si è lasciato sfuggire a
WWDquanto segue.
“Il mio prossimo progetto non
posso raccontarvelo, ma abbiamo appena finito Spider-Man e stiamo
iniziando a parlare del secondo film, del cattivo che vedremo e di
dove andrà tutta la storia in futuro.”
Dunque queste parole sono piuttosto
chiare e lo sviluppo del sequel di Spider-Man
Homecoming è già in atto e non resta che aspettare
ulteriori sviluppi.
[nggallery id=2811]
Sinossi: “Un giovane Peter
Parker / Spider-Man (Tom Holland), che ha fatto il suo sensazionale
debutto in Civil War, comicnia ad esplorare la sua nuova identità
nei panni del tessi ragnatele in Spider-Man Homecoming”.
Diretto da Jon
Watts, Spider-Man
Homecoming vedrà protagonista Tom
Holland nei panni di Peter
Parker, Marisa Tomei in quelli di zia
May e Zendaya sarà invece Michelle. Al
cast si aggiungono Michael
Keaton, Michael Barbieri, Donald
Glover, Logan Marshall-Green, Martin
Starr, Abraham Attah, Selenis Leyva, Hannibal
Buress, Isabella Amara, Jorge Lendeborg Jr., J.J.
Totah, Michael Mando, Bokeem Woodbine, Tyne
Daly e Kenneth
Choi.
Continua il giro dei festival
cinematografici approdando in concorso nella Selezione
Ufficiale alla Festa del Cinema di Roma
2016, il film Land of the Little People
del regista israeliano Yaniv Berman. Il film
drammatico, prodotto grazie ad un azione di crowd-funding, è il
giusto ritratto della generazione che è nata e cresciuta tra guerre
e violenza e che con distacco da brivido si ritrova a giocare con
armi e ad avere a che fare con la morte con estrema, anche troppa,
naturalezza.
Berman racconta una realtà ai
bordi di una nuova guerra che si sta consumando in Israele, con
mariti che vanno in missione, mogli incinte che aspettano a casa
preoccupate guardando il notiziario e bambini lasciati a crescere
da soli in questi quartieri residenziali fatti di case tutte uguali
e storie familiari tutte simili, a meno che non ci sia qualche
padre e marito “martire”. Qui vivono quattro bambini, tre
maschi e una femmina, che passano il loro tempo libero entrando di
nascosto nella base militare abbandonata vicino casa per andare a
caccia di animali con armi improvvisate. Il tono del film si
stabilisce dalla prima scena quando Tali (Michel
Pruzansky), bella bambina dai capelli chiari e gli
occhi verdi, uccide con un masso un animale agonizzante con una
freddezza che fa quasi paura, per poi portarlo in offerta ad un
“mostro” che loro credono viva in fondo ad un pozzo e che può dare
protezione in cambio di nuove prede sanguinanti. Insieme a lei c’è
Chemi (Ben Sela), il capetto del gruppo,
orgoglioso del padre in guerra, Yonathan (Amit
Hechter), faccia d’angelo che si diverte a costruire armi
e Louie (Ido Kestler), piccolino ma spietato, che
continua a provocare il fratello bullo da cui cerca di
nascondersi.
La loro quotidianità cambia quando
si trovano il loro territorio invaso da due militari disertori
(Ofer Hayun e Maor Schwitzer) che cercano di
nascondersi in attesa di tornare dalle loro famiglie. Da quel
momento i bambini iniziano a “giocare alla guerra” con loro per
riprendersi il territorio, in un escalation forte e cruda di
violenza che si conclude nel più inaspettato dei modi.
In modo diretto il regista ci pone
davanti a dei bambini quasi anestetizzati per cui la guerra
è la normalità e la violenza è un gioco. Poche battute
sono affidate ai quattro protagonisti ma il loro sguardo vuoto e
senza umanità parla per loro, raccontando di come la guerra ti può
entrare in testa e farti male anche se non sei sul campo di
battaglia. Distacco, crudeltà, nessuna umanità, Land of the
Little People è questo e tanto altro: non è un film
facile, va digerito con calma e gli spettatori rimarranno schockati
dal diverse scene quasi disturbanti, ma è pur sempre una
realtà odierna esistente che andava raccontata e Berman ci è
riuscito bene.
La storia del dottor Stephen
Strange, il Signore delle Arti Mistiche apparve per la prima volta
sulle pagine dei fumetti Marvel nel 1963. Con l’introduzione
di questo supereroe unico nel suo genere, dotato di straordinari
poteri magici, l’Universo Cinematografico Marvel apre le porte a nuove e
incredibili storie piene di azione e di mistero.
Il Dottor Stephen Strange era uno
stimato ma arrogante chirurgo, finché un tragico incidente non lo
ha privato delle sue capacità mediche e della sua carriera. Così,
Strange decide di partire alla ricerca di una cura: i suoi viaggi
lo conducono fino all’Antico, un enigmatico maestro che si offre di
istruirlo nelle Arti Mistiche.
[nggallery id=2163]
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono stati
confermati Tilda
Swinton, Rachel
McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la storia del
neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che
viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un
terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo
tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione
altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà
che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un
avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che
vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi
scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare
alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e
ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Inferno apre in vetta al box office italiano,
seguito da Pets – Vita da animali e
Qualcosa di nuovo. Come prevedibile,
Inferno conquista il box office italiano con un
incasso di 4,5 milioni di euro registrato in circa 670 copie.
Uscito a sette anni di distanza da Angeli e Demoni, il
film di Ron Howard ottiene un’eccezionale media per sala pari a
6700 euro.
Così Pets – Vita da animali scende in
seconda posizione con altri 2,9 milioni di euro, giungendo a ben
8,7 milioni alla sua seconda settimana di programmazione.Il terzo
gradino del podio è occupato dalla new entry
Qualcosa di nuovo, che esordisce con 772.000 euro
in 354 sale a disposizione.
Bad Moms – mamme molto cattive apre al quarto
posto con 573.000 euro, mentre Alla ricerca di Dory arriva alla
bellezza di 14,7 milioni di euro con altri 360.000 euro.
Seguono
Café Society (328.000 euro) e Mine (325.000 euro), giunti
rispettivamente a 3,1 milioni totali e 1,1 milione globale.
Bridget Jones’s Baby precipita in ottava
posizione con altri 262.000 euro, arrivando a quota 5,5 milioni.
La verità sta in cielo raccoglie
altri 242.000 euro totalizzando 1 milione, mentre Deepwater – Inferno sull’Oceano
giunge a 897.000 complessivi con altri 157.000 euro. Da segnalare
infine l’undicesima pozione dell’acclamato
Neruda, che debutta con 148.000 euro in una
settantina di copie.
Oggi alla Festa del cinema
di Roma 2016 è il giorno di La verità
negata, il nuovo film di Mick Jackson che
vede protagonistiRachel
Weisz, Tom
Wilkinson eTimothy
Spall.
Basato
sul famoso libro “Denial: Holocaust History on Trial” di Deborah E.
Lipstadt, La verità negata racconta della
battaglia legale intrapresa dall’autrice, interpretata dal premio
Oscar Rachel Weisz, contro il negazionista David Irving
(Timothy Spall) che negava l’Olocausto e che citò la
scrittrice in giudizio per diffamazione. Il sistema legale
britannico prevede in questi casi che l’onere della prova spetti
all’imputato; toccò quindi a Lipstadt e al suo gruppo di avvocati
guidato da Richard Rampton (Tom Wilkinson) provare una
verità fondamentale, ovvero che l’Olocausto, uno degli eventi più
gravi e significativi del XIX secolo, era tutt’altro che
un’invenzione.
La verità negata – Diretto da Mick
Jackson, vincitore dell’Emmy Award (Temple Grandin;
Temple Grandin – Una donna straordinaria), e
adattato per lo schermo da David Hare, candidato al
premio Oscar e al BAFTA con il film The
Reader(The Reader – A voce
alta), La verità
negata (Denial) è un film avvincente,
basato su uno dei più importanti e recenti casi legali
sull’argomento. I produttori sono Gary Foster e Russ
Krasnoff.
La
Festa del Cinema di Roma e Alice nella
città presentano oggi Captain
Fantastic, secondo lungometraggio firmato da Matt
Ross, già interprete per registi del calibro di
Martin Scorsese, Terry Gilliam e John
Woo.
Captain Fantastic è un film che attraversa i
generi, in grado di alternare sequenze spassose a momenti di pura
commozione, anche grazie alla straordinaria interpretazione di
Viggo Mortensen, uno degli attori più amati del cinema
americano per i suoi ruoli ne Il Signore degli Anelli, A
History of Violence e La promessa dell’assassino, che
gli è valso la candidatura all’Oscar come miglior attore
protagonista.
Mortensen interpreta Ben, un padre che vive isolato con sua
moglie e i sei figli nelle foreste del Nord America: una tragedia
li costringerà ad affrontare il mondo esterno e un sistema di
valori completamente diverso.Captain
Fantastic sarà nelle sale italiane a dicembre
distribuito da Good Films. Viggo
Mortensen incontrerà sempre domani il pubblico per uno
degli incontri ravvicinati più attesi di questa
edizione.
Gilbert&George sbarcano all’undicesima
edizione della Festa del Cinema di Roma,
incontrano il pubblico e presentano The World of Gilbert
& George (1981, 69’), da loro scritto, diretto e
interpretato, l’unico lungometraggio firmato dai due artisti e
realizzato in tempi di arte povera e avanguardia concettuale. Il
film battezzò la nascita di un rivoluzionario linguaggio: tra le
geometrie dell’Union Jack, i colori dei fiori, i cieli di Londra,
le architetture vittoriane, le emozioni eccessive, i ragazzi di
strada, i barboni, i corpi, e i gesti, esplode un inno d’amore per
la città come condizione umana.
Pellicola persa, ritrovata e ora infine restaurata dalla
Cineteca Nazionale in collaborazione con Milestone Film&Video,
The World of Gilbert & George è l’opera
seminale che precede di dieci anni l’esplosione della giovane arte
britannica e la trasformazione di Londra nel centro della cultura
visiva contemporanea. L’evento è a cura di Mario Codognato e
Alessandra Mammì.
The World of Gilbert & George
Gilbert & George alla Festa del Cinema (per pubblico e
accreditati)
–
Lunedì 17 ottobre ore 19:30 MAXXI: proiezione The World of
Gilbert&George
–
Martedì 18 ottobre ore 16 Sala Petrassi (ingresso libero): incontro
con Gilbert&George e a seguire proiezione The World of
Gilbert&George
– 18
ottobre ore 21 Casa del Cinema: Gilbert&George introducono
Shaolin Martial Arts di Chang Cheh
Oggi alla Festa del
cinema di Roms 2016 sarà presentato Ieri oggi
domani di Giorgio Treves – I 60
anni di vita del Premio David di Donatello sono una lunga
storia di successi, di famosi attori e registi premiati, di film di
grande riscontro popolare e di opere di qualità che hanno segnato
la storia e l’identità del cinema italiano. Vetrina glamour del
meglio del nostro cinema, veicolo di promozione, stimolo al
rinnovamento, ma anche specchio della storia del nostro Paese che
il Premio ha documentato con i film premiati e candidati. Un
viaggio nella creatività cinematografica Italiana che rivive
attraverso film, repertori, testimonianze e i ricordi di tanti suoi
protagonisti: a cominciare dal suo indimenticabile animatore Gian
Luigi Rondi, omaggiato dalla Festa del Cinema di Roma, a Tornatore,
da Moretti ai fratelli Taviani, dalla Lollobrigida alla Buy, alla
Bruni Tedeschi, a Morricone, Storaro, ai più giovani Mainetti,
Munzi, Rohrwacher, Costanzo, Garrone, alla von Trotta e tanti
altri. Passando dalle immagini straordinarie dei David del passato,
in cui la statuetta è ripresa nelle mani di Marilyn Monroe (qui
sublime accanto ad Anna Magnani che le fa da suggeritrice alla
consegna), Ingrid Bergman, De Sica, Polanski, Disney, Leone,
Antonioni…i più grandi maestri e divi del cinema mondiale, fino
alle premiazioni contemporanee, che continuano a vedere in questo
premio un simbolo ambito, la traccia tanto di un sogno, quanto
della realtà cinematografica (e non solo) del nostro
tempo.
Festa
di Roma 2016: Ieri oggi domani, la storia dei David di
Donatello
CON
– IN ORDINE DI APPARIZIONE Gian
Luigi Rondi, Manuela Pineschi, Enrico Lucherini, Caterina D’Amico,
Gina Lollobrigida, Giuseppe Tornatore, Paolo Taviani, Vittorio
Taviani, Nanni Moretti, Matteo Garrone, Francesco Munzi, Giuliano
Montaldo, Stefano Rulli, Krzysztof Zanussi, Margarethe von Trotta,
Luca Bigazzi, Isabella Cocuzza, Arturo Paglia, Vittorio Storaro,
Dante Ferretti, Gabriella Pescucci, Ennio Morricone, Francesca
Archibugi, Saverio Costanzo, Gabriele Mainetti, Margherita Buy,
Valeria Bruni Tedeschi, Alba Rohrwacher
Alla Festa del Cinema di
Roma 2016 sarà presentato oggi
Irréprochable di Sébastien
Marnier con protagonisti Marina Foïs e Jérémie
Elkaïm.
Irréprochable racconta di Costance
disoccupata da un anno che decide di ritornare nella città natale.
Un giorno scopre però che c’è un posto libero nell’agenzia
immobiliare in cui aveva cominciato la sua carriera. L’ex capo però
le preferisce una candidata più giovane e Constance, a quel punto,
non si lascia intimorire e progetta di riprendersi quel posto a
tutti i costi.
Festa di Roma 2016: Irréprochable
di Sèbastien Marnier
E’ stato Lorenzo
Cherubini Jovanotti il protagonista assoluto di oggi
alla Festa del cinema di Roma 2016, il cantante ha
attraversato selvaggiamente il red carpet prima di incontrare il
pubblico dell’Auditorium. Ecco tutte le foto:
Dopo avervi segnalato le tute da
motociclista a tema Batman e Superman, oggi arrivano i caschi nerd
per la moto griffati con loghi e disegni che omaggiano
Spider-Man, Venom e Star
Wars prodotti da HJC.
Per il suo esordio alla regia,
Otto Bell decide di raccontare
in un avvincente documentario, The Eagle Huntress,
distribuito in Italia da I Wonder Pictures con il
titolo La Principessa e l’Aquila, la storia vera
di Aisholpan, una tredicenne
mongola con un sogno che va contro la tradizione e i costumi della
sua tribù.
La ragazza desidera diventare una
cacciatrice con l’aquila, una disciplina vera e propria che nei
millenni è sempre stata una prerogativa maschile e che ha fatto
eccellere la sua famiglia, prima il nonno e poi il padre, nella
comunità mongola di appartenenza, con diverse vittorie al
Golden Eagle Festival, a cui partecipano tutti i
cacciatori delle tribù circostanti. Nonostante la diffidenza e la
disapprovazione degli anziani, Aisholpan,
sostenuta dal padre, e dopo aver ricevuto la benedizione del nonno,
comincia il suo addestramento. La cattura dei cucciolo di aquila,
la formazione di un legame con il regale rapace, la tecnica di
caccia vera e propria, fino al momento dell’esordio all’importante
evento.
La Principessa e
l’Aquila arriva alla Festa di Roma con
una potenza insospettata
Dopo aver registrato un grande
successo al Sundance, al Telluride e a Toronto, La
Principessa e l’Aquila arriva alla Festa di
Roma con una potenza insospettata. La storia alquanto
lineare ma incredibile si avvale di un racconto ricco di momenti di
tensione, con note poetiche e tratti in cui il ritmo diventa da
film sportivo pur rimanendo fedele alla sua natura di racconto di
formazione.
Il paesaggio innevato delle montagne
della Mongolia costituisce un paesaggio bello e terribile, uno
sfondo possente e crudele, così come lo è la natura in quelle
fredde lande, al coraggio di una ragazzina che ha sfidato un
pregiudizio. Il film si rivela anche essere una storia di
emancipazione femminile in senso più ampio, nel momento in cui
fotografa la prima donna che in punta di piedi si fa largo in un
mondo che la tradizione ha sempre voluto essere riservato agli
uomini.
Ciò che coinvolge però nel
film di Bell sono le location e la scelta di
riprenderle con tecniche d’avanguardia che si discostano dal
classico documentario didascalico, raccontando le vicende con il
coinvolgimento in prima persona dei protagonisti ma anche
utilizzando espedienti drammaturgici e tecnici (tempi di montaggio
e angolazioni di ripresa) da cinema action.
La Principessa e
l’Aqulia è un’immersione nella natura, nella tradizione ma
anche nel sentimento fervido di rivalsa e affermazione, portato a
compimento con modestia e naturalezza e con incredibile
determinazione.
Era uno degli incontri più attesi
qui alla Festa del Cinema di Roma 2016 e
Bernardo Bertolucci non ha deluso le aspettative
regalando un’ora e mezza di racconti, dietro le quinte inediti e
ricordi legati al suo cinema e ai suoi protagonisti. Regista
di culto, sognatore, premiato più volte anche dalla Academy ha
dato vita a capolavori come Novecento,
Ultimo Tango a Parigi e L’Ultimo
imperatore e a 76 anni, costretto su una sedia a rotelle
non vuole smettere di lavorare ma soprattutto imparare.
L’incontro è iniziato con una
standing ovation spontanea all’entrata del regista in sala, che
visibilmente emozionato ha preso parola e ha iniziato la
conversazione con Antonio Monda.
“Gli anni ’60 erano anni di
grande passione e il mondo ha dovuto accettare un nuovo modo
di fare cinema” inizia così Bertolucci,
ricordando gli anni in cui la sua carriera ha preso il via, “Io
stesso avevo un grande amore per Godard, quasi aggressivo. Avrei
picchiato chi mi diceva che non gli piacevano le sue
opere.”
Come di consueto negli
Incontri Ravvicinati ideati dal direttore della
Festa vengono mostrate al pubblico clip che raccontano la carriera
dell’ospite in sala per poi raccontare qualcosa a riguardo: con il
maestro Bernardo Bertolucci l’incontro sarebbe
potuto durare anche fino alla sera tardi. Un infinita fonte di
storie appassionanti e curiose, raccontate con occhi sognanti, che
hanno fatto la gioia di tutti i cinefili in sala, lasciandoli
decisamente arricchiti.
Non si poteva che iniziare con una
clip tratta dal film “Il conformista” del 1970
tratto dal romanzo di Moravia dove Bernardo Bertolucci si lascia
andare ad una delle affermazioni più forti dell’incontro: “Chi
ama la macchina da presa, non tutti ma i registi a cui mi sento più
vicino, sono in realtà voyeur. Dico voyeur senza giudizio o
condanna, perché quando metto l’occhio sul buco
della cinepresa è un po’ come mettere l’occhio sul buco della
serratura. Nella vita sono meno voyeur, ma al cinema
sono senza freni.”
“Ultimo Tango a
Parigi” del 1972 con Marlon Brando fu una
delle pellicole più acclamate di Bernardo Bertolucci anche perché
creò molto scandalo e fu oggetto di censura e il regista così
ricorda l’origine dell’idea: “Un mio amico distributore di New
York mi chiese se mi poteva produrre un film e dopo averci pensato
un po’ gli scrissi una paginetta e gliela inviai. Era la storia di
un uomo e una donna che si incontravano in un appartamento vuoto
solo per fare l’amore. Però non sapevano come si chiamavano e non
volevano sapere chi fossero, era un modo per staccarsi
dalla loro identità sociale diciamo. Da questa idea mi è
venuta la storia di Ultimo Tango, un film non molto facile da
produrre ma dopo un po’ di tentativi ci riuscimmo.”
“Prima di iniziare a girare ci
fu la prima grande mostra di Francis Bacon a Parigi e io ci portai
Brando, Scarfiotti che era lo scenografo,
Gitt Magrini la costumista, Vittorio
Storaro con cui ero al terzo film e tutti capirono che
cosa volevano dire i primi piani.” continua Bertolucci
ricordando la lavorazione , “Dissi a Marlon ‘Questi
ritratti di Bacon che sono così disperati e in qualche modo feroci,
io vorrei che i tuoi primi piani avessero questo tipo di
immediatezza e forza’. Lui rimase molto
impressionato, non sapeva nemmeno chi fosse Bacon ma poi nel film
penso sia riuscito ad arrivare al massimo di questo.”
A seguire sono state presentate le
clip del film che gli valse l’Oscar per miglior regia e miglior
sceneggiatura originale, “L’ultimo imperatore”,
girato in Cina , un paese non così lontano secondo lui visto che il
giallo imperiale “è uguale al giallo di Parma”, la sua
città. Riguardo questo film così scenograficamente imponente ha
voluto fare una riflessione sull’uso del digitale. Sarebbe
stato meglio girarlo in digitale? “Non penso, il
digitale è troppo definito, non c’è molto fuori fuoco (che
invece c’è sempre su pellicola), lo trovo troppo ingessato”
risponde il regista, “ Il mio ultimo film di 4 anni fa,
‘Io e te’ l’ho fatto su pellicola ma se ne dovessi
farne uno ora lo farei in digitale, per esplorare questo mondo.
Tanto abbiamo tempo, possiamo fare tutto.”
Oltre alla clip del film del 2012
‘Io e Te’ è stato scelto anche ‘Il Tè nel
deserto’ e il cult ‘Novecento’, uno dei
film a cui è più legato sia perché è stato girato nelle sue terre
ma anche perché è un omaggio al padre.
Ha concluso l’incontro un film
scelto dal regista, un vero e proprio gioiellino, ‘Le
Plaisir‘ di Max Ophulus del 1952, film in
tre parti. “Dopo la visione del primo episodio mi venne
la febbre e così successe anche con il secondo. Avevo quasi paura a
vedere il terzo!” ha raccontato il regista,
lasciandoci con una testimonianza che ci ha fatto capire la misura
in cui lui ama il cinema, una passione che lo porta a stare anche
male. Un esempio e un incontro che difficilmente scorderemo.
Dopo l’esordio nella serie A, al
Festival
di Cannes 2012 con Gimme the Loot, Adam Leon torna a un festival
Intarnazionale, la Festa di Roma 2016, per
presentare nella selezione ufficiale della kermesse
capitolina il suo secondo lungometraggio da regista,
Tramps.
In inglese, ‘tramp’ significa
‘vagabondo’ e i due girovaghi, i Tramps del titolo, sono
effettivamente due giovani che per uno sfortunato e illecito caso
si trovano a gironzolare per la periferia di Ney York per un giorno
e una notte, all’inseguimento di una valigetta che custodisce un
contenuto misterioso e prezioso. Ellie e Danny non sono
particolarmente onesti né ambiziosi, ma si incontrano nel mezzo
della loro giovinezza e le loro strade finiscono per sovrapporsi,
raccontandoci una storia romantica originale e inaspettate, che fa
sorridere e illumina lo spirito come un’assolata giornata di
primavera.
Tramps illumina lo spirito come un’assolata
giornata di primavera
Elementare nella struttura e nella
vicenda (scambio di “refurtiva” con equivoco),
Tramps si fa forte di un’ambientazione newyorkese
insolita, in cui la città che non dorme mai viene ripresa evitando
la celebre skyline, l’Isola di Manhattan e tutti i luoghi iconici
che la raccontano più spesso al cinema. Anime girovaghe in questa
inedita New York City sono i giovani eroi, interpretati con brio e
leggerezza da Callum Turner e Grace Van Patten. Alto, imbranato e
dinoccolato lui, misteriosa e imbronciata lei, i due formano una
coppia cinematografica perfetta e non importa che dalle prime
inquadrature sappiamo che i due finiranno per innamorarsi, perché
il loro percorso è originale e spensierato, divertente e infine
imprevedibile. Il mistero iniziale, che si rivela essere il
pretesto narrativo superficiale, si dissipa non appena i due
protagonisti condividono la prima inquadratura.
Senza scomodare i grandi classici
della commedia romantica e regalando quel sorriso disteso e
tranquillo che dà una bella giornata di sole,
Tramps si rivela a sorpresa una commedia godibile,
in cui l’amore arriva, atteso e prevedibile, ma con una ventata
fresca di gioia, nella confusione di due vite in via di
definizione.
Arriverà il prossimo 26 ottobre su
Infinity Mariottide, la sitcom di Maccio Capatonda, con protagonista il
personaggio reso celebre dal comico nelle comparsate in tv, in
radio e adesso anche online, grazie alla piattaforma.
A presentare il prodotto, alla Festa
di Roma 2016 nell’ambito della sezione autonoma di Alice nella
Città, c’è proprio lui, Maccio (ovvero Marcello
Macchia), in compagnia di Herbert
Ballerina (Luigi
Luciano) e Francesco Mandelli,
guest star di uno degli episodi (in tutto 20) mostrati in
anteprima.
“La cosa che mi piace del
personaggio è che è indefinito nella sua povertà e tristezza –
ha spiegato Maccio, parlando di
Mariottide – lui è forse il personaggio più a
fuoco che ho fatto perché si porta dietro tutto un mondo, come era
Fantozzi. Si porta dietro il figlio, l’amico del figlio che cerca
di aprirgli gli occhi, la ragazza che non lo ama, tutti quei
personaggi che formano il suo mondo. È un mondo che si adatta a
essere raccontato nella sua quotidianità, nella forma di sit-com.
Ci puoi mettere dentro ciò che vuoi: la demenzialità, la
satira.”
Mariottide arriverà
il prossimo 26 ottobre su Infinity
E in verità il mondo di
Mariottide si sposa alla perfezione con la formula
della situation comedy, senza la necessità di esporre una trama
orizzontale ma procedendo per situazioni, appunto, funzionali e
compiute.
In Mariottide, la
sit-com, ritroviamo i personaggi, ma anche il linguaggio del tutto
stravolto, i giochi di parole, le freddure linguistiche, una cosa
che “ha sempre fatto parte del personaggio”.
La serie segue le tristi vicende di
padre e figlio, Mariottide a
Fernandello, e quindi Maccio e Herbert sono i
protagonisti principali. Intorno a loro però si muovono una serie
di ospiti d’eccezioni, le cosiddette special guest, da Nino
Frassica ai comici Ale e Franz, fino allo
stesso Francesco Mandelli, presente alla
Festa di Roma. “Hanno detto tutti di sì,
subito, forse minacciati da qualcuno – ha scherzato
Capatonda – Ale e Frantz, Bebo Storti,
Giuliano Sangiorgi, Federico Russo, Raul Cremona. Alcuni episodi
vedono anche due ospiti, per esempio nella puntata di Giuliano c’è
anche Rocco Tanica.”
Trai personaggi ricorrenti c’è anche
Lele Mosina, l’agente di mariottide, interpretato
da Nino Frassica. Questo ruolo dell’agente è emblematico per notare
anche che nella serie i due “poveracci” protagonisti sono
anche gli unici personaggi che restano buoni, mentre il contorno è
cattivo, e tende a fruttare la loro ingenuità. “Si può cambiere
tema, ma rimaniamo fedeli alla ‘sfiga estrema’ dei personaggi.
Raccontiamo anche il Paese in qualche modo.”
Intesa anche come una riflessione
sulla società, nella più spassionata delle intenzioni,
Mariottide porta su Infinity la
comicità demenziale del personaggio che si è fatto amare nel corso
degli anni e che si presenta ora nella sua forma matura.
Hugh
Jackman continua a disseminare i social network di
indizi su quello che potremo vedere
in Logan, il terzo, nonchè ultimo,
capitolo della saga dedicata a Wolverine, mutante interpretato
dall’attore a partire dal 2000, anno di debutto
di X-Men.
Nell’ultimo post pubblicato
dall’attore su Twitter ci viene proposta una
nuova e misteriosa foto promozionale.
Logan: il teaser poster italiano di
Wolverine 3 con Hugh
Jackman
Per Hugh Jackman questo ritorno nei
panni del mutante con gli artigli di adamantio sarà la sua ottava
volta (se si conta anche il cameo di X-Men
L’Inizio) nel personaggio. È l’attore che più di tutti
rappresenta i mutanti Marvel al cinema, una sorta
diRobert Downey Jr per
il corrispettivo MCU, e potrebbe essere arrivato
alla fine del suo coinvolgimento nel franchise proprio
con Logan.
Logan ha un’uscita
prevista per il 3 marzo 2017. Alla regia c’è James
Mangold (già regista di Wolverine
L’Immortale), mentre nel cast ci saranno Hugh
Jackman,Boyd Holbrook, Richard
E. Grant, Stephen Merchant, Eriq La
Salle, Elise Neal e Patrick
Stewart.
Vin Diesel è
certamente uno degli attori più attivi sui social network a cui
spesso fa ricorso per aggiornare i fan circa lo status di
lavorazione delle pellicole a cui prende parte. Ebbene gli ultimi
aggiornamenti dell’attore riguardano xXx The
Return of Xander Cage, pellicola che sancisce il
ritorno nella saga di Diesel.
L’attore ha infatti postato
tramite Instagram una foto che lo ritrae
sul set in compagnia di Ruby Rose ed
un’immagine promozionale che vede protagonista proprio il
personaggio da lui interpretato.
Una foto pubblicata da Vin Diesel (@vindiesel) in data: 13 Ott 2016
alle ore 11:43 PDT
xXx Il ritorno di Xander
Cage è il nuovo capitolo del franchise XXX e nuovo spettacolare film d’azione che vede il ritorno
di Vin
Diesel nel ruolo di
Xander
Cage e
con Deepika
Padukone Nina
Dobrev, Ruby
Rose, Samuel L.
Jackson, Donnie Yen
,Tony Jaa
e Toni Collette.
D.J. Caruso dirige
il film su una sceneggiatura di F. Scott Frazier.
Le riprese sono attualmente in corso tra Toronto e la Repubblica
Dominicana. Il film arriverà nelle sale il 20 gennaio
2017.
La Paramount
Pictures ha rilasciato, a supporto della campagna
pubblicitaria di Jack Reacher Punto di Non Ritorno, due nuove
clip ed uno spot della pellicola che vede
protagnisti Tom
Cruise e Cobie Smulders.
Vi ricordiamo che la pellicola
arriverà nelle sale statunitensi tra meno di una settimana, il
prossimo 21 ottobre.
Jack Reacher Punto di Non Ritorno:
trailer italiano con
Tom Cruise e Cobie Smulders
Il primo film era l’adattamento
cinematografico del romanzo La prova decisiva, scritto da
Lee Child nel 2005. Il sequel sarà l’adattamento del romanzo
Punto di non ritorno. Nel cast di Jack Reacher
Punto di Non Ritorno ci sono Tom Cruise,
Cobie Smulders, Aldis Hodge, Danika
Yarosh e Patrick Heusinger.
Edward Zwick, che aveva già diretto Tom
in L’Ultimo Samurai, tornerà a
lavorare con la star di Hollywood per il film che arriverà nei
cinema USA il 21 ottobre 2016.
Di seguito la sinossi del primo
film: In una città pacifica e tranquilla, cinque persone sono
uccise da un cecchino. Gli indizi portano velocemente ad un ex
soldato di nome James Barr. Tace durante l’interrogatorio, ma
scrive il nome di Jack Reacher, un ex poliziotto militare. Durante
il trasporto verso il carcere viene lasciato in balia di altri
carcerati che lo riducono in coma. La polizia non ha idea di come
rintracciare Jack Reacher ma è lui a presentarsi spontaneamente,
intenzionato a confermare la condanna di Barr a causa di un crimine
da lui commesso in passato, ma sa anche che questi non avrebbe mai
chiesto il suo aiuto se fosse davvero colpevole.
Tra i prossimi progetti di
Tom Cruise figurano lo sci-fi Mena, che lo
vedrà di nuovo collaborare con Doug Liman (già
regista di Edge of Tomorrow), e
l’annuncio reboot de La Mummia.
L’attore tornerà anche protagonista dell’annunciato sesto capitolo
della saga di Mission Impossible.
Il London Film Festival
2016 ha annunciato i vincitori di quest’anno e a trionfare
è stato il film Certain Women diretto da Kelly
Reichardt. Miglior opera prima invece va
aJulia DucournauperRaw. La giuria quest’anno ha dato anche una
menzione speciale a Divines di Uda
Benyamina.
Miglior
documentario The Grierson Award: Starless
Dreams scritto diretto e prodotto da Mehrdad
Oskouei. Miglior cortometraggio è invece 9
Days – From My Window in Aleppo, diretto
da Issa Touma, Thomas Vroege and Floor van de
Muelen.
Kicks di
Justin Tipping è stato presentato nella sezione
Alice nella Città della Festa di
Roma 2016 raccogliendo nuovi consensi dopo l’apertura del
Tribeca Film Festival. Tipping è giovanissimo ma
ha già le idee chiare su quale grammatica audiovisiva utilizzare
per raccontare una storia che affonda le sue radici nelle
contraddizioni dei nostri tempi, dove il confine tra Bene e Male
troppo spesso si perde e non è facile segnare il confine tra i due
in modo manicheo.
Il protagonista, Brandon, è un
quindicenne dei sobborghi di Los Angeles che vive le contraddizioni
quotidiane di ogni adolescente: non è atletico come il suo miglior
amico Rico, non è vincente, non ha successo con le ragazze ed è
anche povero tanto da non potersi comprare nemmeno un nuovo paio di
scarpe da ginnastica, che rappresentano un vero status presso le
“gang” urbane. Tutto cambia quando acquista un paio di Air Jordans,
talmente belle e vistose da attirare l’attenzione del bullo locale
Flaco, innescando così un crescendo di violenza che spingerà
Brandon oltre ogni limite, pur di recuperare quelle scarpe.
Kicks
rischiava, almeno su carta, di diventare il classico racconto di
formazione (o de-formazione?) di un adolescente cresciuto in un
contesto socio – culturale difficile; ma l’abilità di Tipping sta
proprio nell’utilizzo di un linguaggio onirico, sospeso e rarefatto
per raccontare l’Io interiore del giovane protagonista e le
conseguenze fenomenologiche sulla realtà innescate dalle sue
scelte. Rievocando un clima ed un gusto tesi e adrenalinici simili
a pietre miliari del cinema come American History
X, è affascinante osservare come si può raccontare
un’apparente storia di banale violenza attraverso un punto di vista
unico, giocando con le inquadrature e sfruttando la metafora –
vincente – dell’astronauta, alter ego ideale di Brandon che con i
suoi lenti movimenti lunari distorce la lente del reale, sublimando
l’immaginario ma soprattutto le complesse sfumature
dell’interiorità inquieta di un quindicenne.
Il confine tra Bene e Male, in
Kicks, ha contorni indefiniti e confusi: chi è il
“buono”? E chi il “cattivo”? Quali sono le ragioni – sempre futili
– che spingono a valicare in modo indiscriminato i due lati opposti
della barricata?
Invece di fornire risposte certe o
lunghe spiegazioni moraleggianti il regista preferisce limitarsi a
narrare gli eventi: reali, onirici, crudeli o rarefatti, ma pur
sempre eventi che compongono, come frammenti (non a caso il film è
diviso in ideali capitoli ispirati a versi e titoli di canzoni
hip-hop e rap) il racconto della turbolenta formazione di un
giovane uomo in fieri.
La musica dei Rolling
Stones. I loro riff di chitarra, il rock e il roll
(letteralmente), il funky e quel ritmo inconfondibile che ha
inebriato, per oltre cinquant’anni, appassionati in ogni angolo del
globo. Quel ritmo che, ancora oggi, anche se Mick, Keith, Ronnie e
Charlie hanno (quasi) tutti passato i settant’anni, suona come una
sorta di ipnotico ed arcaico incantesimo sciamanico capace di
liberare i popoli, perché la ribellione passa anche attraverso la
musica stessa.
The Rolling Stones Olé Olé
Olé: A Trip Across Latin America, diretto da Paul
Dugdale è la conferma definitiva che nel mondo ci sono
ancora troppi paesi che cercano di liberarsi da anni di
oppressione, repressione, dittature e libertà mancate (e negate),
ma soprattutto che I Rolling Stones possono ancora
ricoprire il loro ruolo di “sciamani onorari del Rock’ n’ Roll” con
la loro carica sovversiva, eccessiva, dirompente e sfacciata.
Attingendo a piene mani da una
grammatica visiva tipica delle avanguardie anni ’60-’70, Dugdale
segue ufficialmente gli Stones durante il loro ultimo tour
attraverso l’inesplorato – e pioneristico – Sudamerica: dieci
tappe, le più importanti capitali passando dal Cile all’Argentina,
dall’Uruguay al Messico e il Perù fino alla meta definitiva: quel
concerto gratuito tenutosi il 25 Marzo 2016 a Cuba e che ha segnato
uno spartiacque nella storia del paese, segnando la sua definitiva
apertura verso nuovi orizzonti dopo 80 anni di embarghi,
repressioni, chiusure, divieti e privazioni.
La scelta di Dugdale di utilizzare
uno stile grezzo, scarno, poco patinato, anarchico nel gusto delle
inquadrature e del punto di vista adottato, non fa altro che
confermare la tesi fondamentale sottesa all’intero documentario: il
potere anarchico e sovversivo del puro Rock ‘n Roll è ancora capace
di inquietare i governi repressivi e dittatoriali, e continuerà a
farlo finché quest’ultimi avranno una ragion d’essere. Non è un
caso se proprio questo genere musicale è il primo ad essere
vietato: l’anarchia insita in parole, testi ma soprattutto
atteggiamenti è un pericolo sovversivo per lo status quo
delle cose.
E chi meglio dei Rolling
Stones, la band più longeva, la più irreprensibile e
scandalosa, può incarnare tale minaccia? Dietro il ghigno
mefistofelico di Keith Richards e Mick Jagger si
nasconde la possibilità – e la speranza – per tante persone di
potersi finalmente emancipare dai poteri forti, affermando il
“proprio” stile di vita e la propria indipendenza. La macchina da
presa di Dugdale durante questo selvaggio on the road che
è The Rolling Stones Olé Olé Olé: A Trip Across Latin
America scruta volti, espressioni, entusiasmi e lacrime
dei fan, che oltre al fanatismo nascondono speranze e desideri che,
in una realtà contraddittoria come il Sudamerica, spesso sono stati
affidati alla musica e al ritmo.
Da tempo la Universal
Pictures ha annunciato l’intenzione di portare al
cinema il nuovo Monster Universe, ossia un
universo allargato che abbracci i reboot dei classici del genere
horror portati al successo dalla casa di produzione tra gli anni
trenta e cinquanta.
Tra questi salta all’occhio il
reboot di The Wolf Man, pellicola la
cui sceneggiatura era stata inizialmente affidata
ad Aaron Guzikowski, salvo poi essere stata
riassegnata a Dave Callaham per una
seconda stesura.
Il film, che dovrebbe seguire il
reboot de La Mummia, che vede
protagonista Tom Cruise, subirà
quindi alcune modifiche, dunque potrebbero allungarsi i tempi
di produzione, anche se al momento ancora non si hanno
notizie in merito al nuovo protagonista del film, sebbene in
passato si era fatto il nome di Dwayne
Johnson.
Un uomo che sprofonda in un cieco
incubo kafkiano a base di burocrazia, realismo socialista, leggi da
rispettare, imposizioni da seguire e oppositori. L’ultimo film di
Andrzej Wajda, regista polacco
che ci ha lasciato a pochi giorni dall’inizio della Festa
del Cinema di Roma 2016, è involontariamente una sorta di
testamento spirituale; un lascito malinconico di un artista su un
artista, mentre entrambi sono colti in un dialogo serrato sull’Arte
– sul suo ruolo intrinseco politico e sociale – e sulla
figura dell’Artista stesso, interprete profetico delle forme,
precursore dei tempi e negromante delle famose Powidoki –
Immagini Residue (Afterimage) che danno
il titolo alla versione italiana del film.
Wajda sceglie di raccontare la
storia – vera – del pittore polacco
Władysław
Strzemiński, co – ideatore della teoria
dell’Unismo, amico, studente e collaboratore di Malevič, Chagall e
KandinskiJ; teorico dell’arte (sua la famosa Teoria della
Visione), fondatore del Museo d’Arte Moderna di Łódź,
docente di Storia dell’Arte presso l’Accademia di Belle Arti ma
soprattutto visionario, talento determinato e inflessibile che
decise di non piegarsi ai miseri ricatti e alle intimidazioni messe
in atto dal Partito Comunista al potere dal 1948 al 1952. L’arco
del film copre appunto questo lasso di tempo nella vita – ormai
agli sgoccioli – del pittore, malato di tubercolosi e afflitto da
un grave handicap (non aveva un braccio ed una gamba), che non fu
però risparmiato dalle persecuzioni messe in atto dal Partito
Comunista russo, pronto ad omologare tutti i propri paesi satelliti
sotto un’unica bandiera, un unico simbolo, un unico credo,
eliminando chiunque rappresentasse un oppositore. La damnatio
memoriae applicata su Strzemiński è logorante: prima viene
ostracizzato dalla vita pubblica, poi gli viene tolto il lavoro, la
possibilità di dipingere, di esprimersi liberamente, di parlare e
di comunicare la propria posizione. Con la stessa sublime visione
attraverso la quale aveva già raccontato la Polonia post Seconda
Guerra Mondiale, anche in Afterimage Wajda sceglie
di narrare una vicenda umana che diventa specchio dei mutamenti
storici, si interseca con gli eventi, finisce per diventare proprio
“La Storia” restituendo una lucida ed implacabile visione dei fatti
che si trasformano in un pubblico manifesto alla libertà
d’espressione (e non solo artistica).
Dopo le parole del regista
di Taika Waititi su Thor 3, adesso a parlare di uno dei
prossimi film del Marvel Cinematic
Universe è l’attrice Cate Blanchett, che come sapete fa parte del
cast.
Cate Blanchett è stata solo l’ultima grande
star in ordine di tempo ad entrare a far parte dell’Universo e a
proposito della battuta di qualche tempo fa di Mark
Ruffalo che l’ha definita nel film “il peggio del peggio”
lei ha risposto:
[Ride] Ha detto questo? beh lui
è più verde del verde! Non ho lavorato molto con Mark, purtroppo.
Ma ho avuto la possibilità di lavorare con Chris
[Hemsworth] e in poche parole è delizioso! è
assolutamente favoloso. Tutto era semplicemente un caos molto
divertente. Hai visto il film di Taika Waititi?
beh il film è in mani sicure. E’ meraviglioso – io lo mangerei a
colazione se potessi. E’ assolutamente delizioso, irriverente e la
cosa è fantastica perché la Marvel è un po’ così.
Da queste parole si evince che
l’attrice ha speso molto più tempo sul set insieme a Chris
Hemsworth che fa Thor e a tal proposito
ha rivelato:
Lui è un grande, e sapete
meglio di me, la Marvel sta facendo tanti di questi
colossal in una volta sola che non ha nemmeno tempo per ingrassare.
Io amo Chris in questi film in cui riesce a tirar fuori quel lato
davvero giocoso che arriva poco in altri film.
Thor Ragnarok
sarà diretto da Taika
Waititi. Nel cast del film Chris Hemsworth sarà
ancora Thor; Tom
Hiddleston il fratello adottivo di Thor, Loki; Il
vincitore del Golden Globe e Screen Actors Guild Award Idris Elba sarà la
sentinella di Asgard, Heimdall; il premio Oscar Sir Anthony Hopkins
interpreterà nuovamente Odino, signore di Asgard.
Nelle new entry invece si
annoverano il premio OscarCate Blanchett (Blue
Jasmine, Cenerentola) nei
panni del misterioso e potente nuovo cattivo Hela, Jeff Goldblum
(Jurassic Park, Independence
Day: Resurgence), che sarà l’eccentrico
Grandmaster, Tessa Thompson
(Creed, Selma)
interpreterà Valkyria, mentre Karl Urban
(Star Trek, il Signore degli
Anelli: il ritorno del re) aggiungerà la sua forza
nella mischia come Skurge. Marvel ha anche confermato che
Mark Ruffalo riprenderà
il suo ruolo di Bruce Banner / Hulk nel sequel. La data d’uscita è
prevista per il 3 novembre 2017.
Sebbene non abbiano ancora avuto
modo di vedere Doctor Strange, il cui debutto
nelle sale è previsto per il 26 Ottobre, molti fan
del Marvel Cinematic
Universesono preoccupati per l’impatto che il
personaggio, ritenuto troppo potente rispetto ai Vendicatori, avrà
su Avengers Infinity War.
A sciogliere ogni dubbio ci ha
pensato Kevin Feige che ha così commentato le
straordinarie capacità del dottore interpretato
da Benedict Cumberbatch. “Non è così
potente. Senza dire troppo non sarà esperto quando affronterà le
cose che accadranno nel film e così sarà anche alla fine delle
pellicola. Ci sarà una curva di apprendimento come c’è stata per
tutti gli eroi… e nel prossimo Avengers saranno chiamati ad
affrontare un nemico davvero duro.”
Doctor
Strange: il trailer italiano del film
con Benedict Cumberbatch
L’uscita di Doctor
Strangeè prevista per il 26 Ottobre 2016.
Dirige Scott Derrickson da una
sceneggiatura di Jon
Aibel e Glenn Berger,
rimaneggiata da Jon Spaihts. Nel cast del
film al fianco del protagonista Benedict Cumberbatch sono
stati confermati Tilda Swinton, Rachel McAdams e Chiwetel Ejiofor.
Dai Marvel Studios arriva la storia del
neurochirurgo di fama mondiale, il Dottor Stephen Strange, che
viene derubato dell’uso delle sue preziose mani a seguito di un
terribile incidente d’auto. Quando la medicina tradizionale lo
tradisce, Strange decide di rivolgere le sue speranze di guarigione
altrove, verso un mistico ordine noto come Kamar-Taj. Qui scoprirà
che non si tratta solo di un centro di guarigione, ma anche di un
avanposto che combatte delle forze oscure e sconosciute che
vogliono distruggere la nostra realtà. Strange dovrà quindi
scegliere, armato di un nuovo potere e nuove capacità, se tornare
alla sua vita di successi e agi o se lasciarsi tutto alle spalle e
ergersi contro il male.
Produttore del film, Kevin Feige, con Louis
D’Esposito, Victoria Alonso, Alan Fine, Stan
Lee e Stephen
Broussard come produttori esecutivi.
Mentre cresce l’attesa di vedere
nuovamente Batman di Ben Affleck
in azione in Justice
League, oggi l’attore Jeffrey
Dean Morgan ha ammesso durante un’intervista
rilasciata a Cinemablend di sperare
sotto sotto di poter indossare il mantello di
Batman in un film basato magari su
Flashpoint.
Infatti, per coloro che non
conoscono la storia di Flashpoint, è una serie di
The
Flash, in cui Barry Allen salva la madre e
così facendo cambia l’intero universo DC Comics,
dove Bruce Wayne non è diventato mai Batman perché i suoi
genitori non sono mai stati uccisi, e il costume da pipistrello è
indossato da Thomas Wayne. A tal proposito ecco le parole
di Jeffrey
Dean Morgan che ha interpretato il padre di Bruce
Wayne in Batman
v Superman:
“Magari quando Zack Snyder
mi ha scelto è sempre stato quello il traguardo [Ride] …
spero che la DC riesca a trovare una soluzione e magari tra qualche
anno potrò essere il Batman di Flashpoint. Sarebbe
fantastico“.
Per i fan che non vogliono
aspettare, Flashpoint è attualmente al
centro della narrazione della terza stagione di The
Flash, la serie televisiva targata The
CW.
Tutte le news sul mondo dei film della DC COMICS nel nostro
canale dedicata alla DC FILMS.
Vi ricordiamo che
vedremo Batman prossimamente in Justice League che sarà diretto
ancora una volta da Zack Snyder ed è previsto per
il 10 novembre 2017. Nel film vedremo protagonista Henry Cavill come
Superman, Ben
Affleck come Batman, Gal Gadot come Wonder Woman, Ezra Miller come Flash,
Jason Momoa come
Aquaman, e Ray Fisher come Cyborg.
Nel cast confermati anche: Amber Heard, Amy Adams, Jesse
Eisenberg, Willem Dafoe, J.K. Simmons e Jeremy
Irons. I produttori esecutivi del film sono Wesley
Coller, Goeff Johns e Ben Affleck stesso.