Stamattina, al museo Maxxi di Roma,
è stato presentato il film Una Storia
Sbagliata, sesto lungometraggio del regista
Gianluca Maria Tavarelli, insieme al produttore
Palomar (insieme a Rai Cinema)
Carlo Degli Esposti e agli attori Isabella
Ragonese, Francesco Scianna e Mehdi Dehbi.
Il film ha debuttato lo scorso anno
al festival di Montreal, per uscire nelle sale il prossimo 4
Giugno.
La prima domanda è
rivolta al produttore, vista la particolare sinergia produttiva: il
film uscirà al cinema insieme ad un passaggio su una piattaforma
on Demand supportata da MyMovies.it; secondo Degli Esposti
la pellicola- distribuita in 50 copie, frutto di un esperimento
della Palomar– insieme alla collaborazione con una
piccola produzione ha deciso di lanciarsi in quest’impresa,
ispirato dall’occupazione del cinema America a Roma: rimasto
colpito dal nuovo modo di fruire il cinema, all’insegna della
partecipazione attiva in sala, ha preso la decisione di distribuire
l’ultimo lungometraggio di Tavarelli- che ha “produttivamente”
corteggiato per molto tempo- senza esitazioni ha finalmente avuto
la sua occasione, grazie ad una storia convincente, drammatica e
sentimentale che colpisce prima ai sentimenti, poi induce alla
riflessione; forte di tutto ciò, è riuscito a firmare un accordo
tra Palomar e le sale basandosi su un tornaconto
economico per quest’ultime: la sala stessa diventa un
“distributore” nelle proprie zone di competenza, in base a tutti i
mezzi di sfruttamento messi a disposizione (supporti rigidi- dvd- e
distribuzione on Demand).
L’attenzione si sposta su Tavarelli,
che riconferma il suo entusiasmo riguardo alla sperimentale
modalità produttiva che coinvolge pellicole che altrimenti non
avrebbero una forza produttiva autonoma così forte; trovare nuovi
canali e nuove piattaforme permette di allargare il bacino di
utenza degli spettatori, cercando di portare all’avanguardia questo
settore.
Riguardo invece alla storia narrata
nel film, la riflessione sulla guerra nasce dal fatto che questa
realtà è ovunque intorno a noi: così, una piccola storia d’amore si
può trovare, all’improvviso, proiettata nel mondo e negli scenari
internazionali. Per questo era importante, per lui, mettere al
centro dell’azione una donna, forte, tenace, che scopre un mondo
abbandonando la sua realtà di provincia, calandosi in una realtà
distante- e distinta- per scoprire delle verità su di sé e sul suo
compagno, per scoprire- e capire- le ragioni più profonde.
Era interessante analizzare anche il
ritorno a casa, ciò che si vede dopo una guerra: le emozioni e le
sensazioni, le angosce, che si provano tornando a casa dove non ce
si sente più a proprio agio, ci si sente estranei. Questa
esperienza nasce dopo un viaggio con l’associazione ONLUS
Operazione Sorriso, compiuto insieme agli sceneggiatori: un viaggio
che li ha cambiati illuminandoli e spingendoli a raccontare una
storia sfaccettata in un modo diverso.
La Ragonese, riguardo al personaggio
di Stefania, ammette di averlo percepito subito come un ruolo
“vero”, realistico, a maggior ragione a causa di una
sovrapposizione tra la vera Isabella e Stefania: anche lei ha
vissuto quei luoghi, e credeva che tornandoci avrebbe avuto meno
pregiudizi rispetto alla protagonista del film, spinta a partire da
rancori e dolori causati dall’elaborazione di un lutto.
Ammette che anche durante le piccole
guerre di ogni giorno, si cerca sempre di non vedere la verità e di
tirare avanti, mentre invece Stefania cerca delle risposte, spinta
da un istinto recondito, forse alla ricerca di una verità che il
marito Roberto non è riuscito a spiegare. La sua attenzione era
legata piuttosto al percorso conoscitivo, a cercare di colmare quel
gap tra oriente e occidente, perché in fondo tutti i sud del mondo
hanno qualcosa di simile e familiare tra loro, in una sorta di
gioco di specchi e rimandi dove l’importante, alla fine, è
riconoscersi.
Oggi affrontare e conoscere quei
luoghi non è così facile, per questo esiste il cinema nella sua
funzione conoscitiva.
Per Scianna, invece, il personaggio
di Roberto è stata una vera sfida: la difficoltà era restituire il
momento, preciso, durante il quale il suo personaggio si è perso:
da un lato c’era la difficoltà del segreto militare, inviolabile e
segreto anche per chi gli vive intorno, dall’altra c’è quel senso
di totale smarrimento di chi si ritrova a vivere una vita lontana
dalla sua, che lo spinge a vedere cose lontane dalla propria realtà
quotidiana, ad affrontare delle assurdità logiche che non vengono
nemmeno afferrate.
Il suo intento era quello di rendere
questo smarrimento di chi si è perduto, aiutato in questo dal
regista Tavarelli e dalla protagonista Ragonese, sua vecchia
conoscenza. La morale del film è che alla fine, secondo lui,
l’amore riesce a colmare le assurdità delle dinamiche di
guerra.
Una domanda riguarda il regista
Tavarelli e i luoghi dove hanno girato: nel 2009 hanno fatto i
primi sopralluoghi con Emergenza Sorriso, anche se già da prima
volevano girare sui luoghi dell’ospedale di Nassyria, intavolando i
primi contatti burocratici con le ambasciate per sbrogliare la
difficile situazione. A causa di un attentato hanno dovuto
rimandare ulteriormente le riprese, per spostarsi nel sud della
Tunisia (un’area meno calda). Insieme alla troupe sono riusciti a
calarsi in una realtà completamente diversa dalla nostra, calata in
una sorta di “ritorno al medioevo” (come dichiara la Ragonese) che
ha segnato un cambiamento negativo per queste realtà
mediorientali.
Per quanto riguarda invece Debhi,
anche lui si è avvicinato ad una realtà diversa che conosceva ma
non troppo: ha da sempre questa sensazione di contraddizione tra il
desiderio di partire e l’amore incondizionato per il proprio
territorio, un conflitto interiore peggiore della voglia di
scappare dalla propria terra in guerra.
Tavarelli risponde ad una domanda
riconfermando il carattere volutamente “politico” della prima parte
del film: con il racconto della realtà di Gela, ha cercato di
accomunare le vicende del sud nostrano (i problemi
dell’inquinamento petrolchimico e le ripercussioni sulla salute
della gente, soprattutto i bambini) con l’Iraq di oggi in guerra,
con delle similitudini evidenti e le stesse contraddizioni anche
tra la gente. Il film per questo nasce come una storia d’amore-
anche a livello distributivo, questo è il primo impatto per lo
spettatore- per poi mescolarsi con la politica e la guerra.