Che i fan integralisti lo vogliano
o no, il parco è aperto. E funziona a pieno regime! Parliamo
ovviamente di Jurassic World, sequel del
capolavoro della storia del cinema diretto da un visionario
Steven Spielberg in stato di
grazia. Ma prima di scendere troppo profondamente nel labirinto dei
ricordi, concentriamoci sul film diretto da Colin
Trovorrow con protagonisti
Bryce Dallas Howard e
Chris Pratt.
La trama di Jurassic
World è elementare: il parco funziona alla perfezione, il
sogno di Hammond è stato realizzato, ma nell’era moderna
“nessuno si meraviglia più dei dinosauri”, quindi ci
vogliono “più denti”. La scienza mette di nuovo alla prova
la natura e crea un ibrido terribile, l’Indominus Rex,
intelligente, scaltro, feroce. Ovviamente la bestia sfugge al
controllo degli umani e genera il panico.
Jurassic World, un nuovo inizio
Realizzando Jurassic
World non era semplice approcciarsi al materiale di
partenza, soprattutto considerando che mentre il primo film è una
conclamata opera d’arte rivoluzionaria, gli altri due film del
franchise, specialmente il terzo, sono prodotti poco più che
mediocri. Ebbene Trevorrow decide di cavalcare l’onda del
blockbuster, del giocattolone pieno di effetti e di adrenalina, un
racconto divertente, dal ritmo travolgente e interpretato da
protagonisti belli, spiritosi e irrimediabilmente attratti l’uno
dall’altra, tutti ingredienti tipici che tratteggiano un ottimo
prodotto di intrattenimento.
I limiti, enormi, di
Jurassic World però si trovano nel tempo
che è passato dal primo film, con tutta l’innovazione tecnologica
che c’è stata in mezzo e lo smaliziarsi di un pubblico ormai
abituato alla visione di determinate cose. Come saggiamente si dice
nel film, gli spettatori non sono più affascinati dalla vista di un
dinosauro.
E il discorso vale su doppio
livello, sia per gli ospiti del parco che per gli spettatori in
sala: i dinosauri di questo Jurassic World, la
maggior parte di essi almeno, sono docili, ben felici di farsi
ammirare, allegri e giocherelloni, fanno lo stesso gioco di cavalli
e maialini nelle fattorie attrezzate, che sorgono ai margini dei
centri urbani per far entrare in contatto i bambini di città con la
natura.
Se si elimina la meraviglia, si
toglie l’innovazione tecnica, si replica la rivoluzione
paleontologica che ha sdoganato il film di Spielberg, resta
soltanto l’avventura e l’azione, soprattutto considerando che, data
la natura di questo parco, protagonisti non sono più scienziati
chiamati a testare una nuova attrazione, ma amministratori e
addestratori di animali (di velociraptor) che si occupano di farla
funzionare al meglio.
Per cui niente meraviglia, niente
rivoluzione, niente mistero, qualche brivido sì, grazie alle
immortali note di John Williams (che vengono
riproposte da Michael Giacchino), ma tanta
azione, divertimento, adrenalina, il che non è per forza un male. E
poi, se
Chris Pratt fa le prove generali su grande
schermo per diventare il futuro Indiana Jones, chi siamo noi per
dirgli che fa male?