Siamo ormai vicini alla
fatidica data d’uscita per uno dei titoli più attesi The Avengers. Dopo avervi mostrato le prime tre
clip, oggi vi mostriamo al quarta e la quinta pubblicata dalla
Marvel.
Altre due nuove clip per The Avengers!
Nuove Clip per Street Dance 2!
Che Cosa Aspettarsi Quando Si Aspetta – Trailer italiano ufficiale
Il trailer italiano di Che Cosa Aspettarsi Quando Si Aspetta, la nuova
commedia con Cameron
Diaz e Jennifer
Lopez dove 5 coppie scoprono l’emozione di diventare genitori.
Che Cosa Aspettarsi Quando Si Aspetta: da settembre al cinema.
Prima clip in anteprima per American Pie: ancora insieme!
Jim parla con il padre in questa clip
italiana di American Pie: Ancora insieme, che vede il
ritorno del cast al completo di American
Pie. Al cinema nel 2012.
American Pie: Ancora Insieme, recensione del film
In American Pie: Ancora Insieme A otto anni dal matrimonio, Jim e Michelle sono due genitori ancora giovani ma un po’ “spenti”. Ognuno dei due cerca il piacere in “solitaria” e non si accorgono che si stanno allontanando. Di cosa parliamo? Sembra la premessa per un dramma familiare o di coppia e invece si tratta dell’attesissimo quarto episodio della straordinaria e licenziosa serie di American Pie, inaugurata nel 1999 con il famosissimo film sugli adolescenti il sesso e le prime volte.
Nel 2003 avevamo lasciato i nostri due protagonisti al loro matrimonio, giovani belli e desiderosi l’uno dell’altra; ora le cose sono cambiate, c’è di mezzo un figlio e la riunione della classe 1999 rischia di far saltare gli schemi e di far venire a galla tutti i problemi. Ma Jim non vede l’ora di tornare a gozzovigliare con Oz, Finch e Kevin, oltre all’immancabile Stifler che anche non invitato si intrufola ovunque portando con sé caos e scompiglio. American Pie: Ancora insieme è una grande operazione nostalgica, una commedia ridanciana e sboccata e per questo estremamente divertente.
Gli adolescenti che sono cresciuti con i primi tre film, che li hanno visti otto anni fa con timore e imbarazzo, guarderanno ora questo nuovo film sicuramente in modo più smaliziato ma con tanta nostalgia, quasi a dire: “Guardate i nostri ragazzi, come sono cresciuti!”. Ma non solo nostalgia poiché dove la trama ha una solida struttura classica, la sceneggiatura e i dialoghi si muovono con agilità sulle bocche dei personaggi che continuano a divertirci e a sorprenderci. Merito di Jon Hurwitz e Hayden Schlossberg, che insieme a Adam Herz, ideatore dei personaggi stessi, hanno dato vita ad un film che forse fatica un po’ ad ingranare la giusta marcia e che pur basandosi su stereotipi un po’ triti riesce con grande agilità a superare la prova degli anni, regalando ad ogni personaggio la sua cura, ad ogni situazione il suo spazio e ad ogni battuta la sua grassa risata.
In American Pie: Ancora Insieme tornano in formazione d’assalto tutti i protagonisti: oltre ai magnifici cinque Jason Biggs, Chris Klein, Thomas Ian Nicholas, Seann William Scott e Eddie Kaye Thomas e alla rossa Alyson Hannigan, arrivano anche Tara Reid e Mena Suvari nei ruoli rispettivamente di Vicky e Heater, tutti i gran forma. Ma grande spazio hanno in questa riunione anche i genitori dei (furono) ragazzi: il padre di Jim e la mamma di Stifler, già protagonisti a vario titolo dei film precedenti, tornano qui con i loro problemi legati alla solitudine e all’età che avanza regalandoci alcune delle scene più divertenti del film. Su tutti Eugene Levy, unico attore presente anche in tutti i film successivi ad American Pie Il Matrimonio e destinati solo all’Home Video, si dimostra ancora una volta divertente, teneramente impacciato e straordinariamente autoironico.
Un film veramente riuscito, che raccoglierà nuovi fan ma che darà soddisfazione a tutti quelli che hanno amato la prima trilogia. Nel finale si lascia aperta la porta al futuro: che ci sia in programma una riunione all’anno?
The Amazing Spiderman: ecco il poster ufficiale!
Oggi vi proponiamo, in contemporanea
al lancio internazionale, il nuovo poster italiano di The Amazing Spider-Man, l’attesissimo
film in 3D che uscirà il 4 luglio e vedrà protagonista l’attore
Andrew Garfield nel ruolo del popolare supereroe amato da milioni
di fan in tutto il mondo.
Box Office Usa del 16 Aprile
Il dominio del box office delle
sale americane è dominato per la quarta settimana consecutiva da
Hunger games, che aggiunge altri 21 milioni di
dollari al suo incasso totale che ormai supera i 300 milioni di
dollari. In seconda posizione troviamo invece una nuova
uscita, l’ultima fatica dei fratelli Farrelly in preparazione da
molto tempo che riporta in scena un trio comico classico,
conosciuto da noi come I tre marmittoni,
The three stooges, che narra le vicissitudini di
tre goffi amici. Il film incassa 17 milioni di dollari. In
terza posizione troviamo un altro titolo sul quale c’è molto
interesse: l’horror Cabin in the woods, che
incassa quasi 15 milioni di dollari. In quarta posizione
riemerge da quindici anni fa il transatlantico
Titanic, e nella sua nuova veste in 3D, aggiunge
altri 11 milioni di dollari all’incasso di quest’anno, che è già di
44 milioni di dollari, che quindi contribuiscono a rendere ancora
più irraggiungibile la quota del film più visto di tutti i
tempi. A metà classifica si ferma la riunione di
American Reunion, il nuovo episodio di America
Pie, che ha quanto meno il merito di ridare occupazione a Tara
Reid, che dopo alcuni fallimentari film e reality era caduta
nell’oblio. Il film incassa un totale di quasi 40 milioni di
dollari. Scende in sesta posizione la prima versione di
Biancaneve uscita in sala: Mirror, mirror di
Tarsem incassa altri 7 milioni di dollari per un totale di quasi
50. In settima posizione scende anche Titan’s
Wrath, l’epica non sembra più avere peso, di sicuro meno
dell’horror nei gusti del pubblico nordamericano. Il film ha
incassato 7 milioni di dollari questa settimana per un totale di 71
milioni di dollari. In ottava posizione, dopo 5 settimane di
classifica scende anche 21 Jump street, che però
può vantare un incasso di 121 milioni di dollari. In nona
posizione, un action movie con Guy Pearce,
Lockout, che incassa 6 milioni di
dollari. Chiude la classifica The Lorax, che,
alla settima settimana di classifica, raggiunge i 204 milioni di
dollari di incasso.
La prossima settimana usciranno la commedia indipendente, che quindi ha nel suo caste per forza di cose Toni Colette, Jesus Henry Christ, che è passato all’ultima Festa del cinema di Roma, il thriller The moth diaries, questo invece visto all’ultimo Festival di Venezia ed una commedia romantica con Zac Efron The lucky one.
Box Office ITA del 16 aprile 2012
Battleship conquista la testa
della classifica, seguito dal classico Titanic
3D. Biancaneve è terzo,
mentre le altre new entry ottengono risultati discreti.
Il weekend che si è appena concluso registra un incremento di incassi al box office italiano, persino superiore al weekend pasquale. Gli esercenti ringraziano dunque il maltempo, visto che la ‘tradizionale’ fuga degli italiani dalle sale cinematografiche è dunque rinviata.
Dopo un testa a testa fra due
pellicole “sul mare”, alla fine è
Battleship a conquistare la prima
posizione al botteghino italiano: lanciato in 420 sale, il film
sulla battaglia navale incassa ben 2,1 milioni di euro, staccando
di poco il classico del recente passato.
Titanic 3D scende infatti in seconda
posizione con 2.035.000 euro. Nel fine settimana in cui ricorreva
il centenario dell’affondamento del translatlantico, Titanic
3D è il film con la migliore media del weekend: oltre 5000
euro. Il kolossal di James Cameron arriva dunque a 6,2 milioni
totali (che si aggiungono ovviamente ai 40 milioni di quindici anni
fa).
Biancaneve scende al terzo posto e perde molto poco rispetto alla settimana d’esordio: la commedia fantasy di Tarsem raccoglie 1,1 milioni e supera quota 4 milioni.
L’inarrestabile Quasi amici conferma la quarta posizione: l’acclamato film francese incassa altri 752.000 euro e supera il tetto dei 13 milioni totali. Un trionfo.
Diaz apre al quinto posto con 665.000 euro: decisamente un risultato apprezzabile, considerando il genere. Un tantino sopra le aspettative il debutto di Bel Ami: il film con Robert Pattinson incassa infatti 664.000 euro e si piazza in sesta posizione.
Seguono pellicole in calo.
Pirati! Briganti da strapazzo (610.000
euro) supera i 2 milioni complessivi, mentre La Furia
dei Titani (477.000 euro) giunge a quota 3,8
milioni.
Chiudono la top10 Act of Valor (460.000
euro), che arriva a 1,8 milioni, e Buona
giornata (337.000 euro), giunto a 2,8 milioni
totali.
Da segnalare infine il tredicesimo posto di Ciliegine: il film di Laura Morante ottiene una buona media, avendo incassato 176.000 euro in meno di 50 sale.
Al via le riprese del film internazionale di Giuseppe Tornatore: The Best Offer!
Iniziano oggi, lunedì 16
aprile, a Vienna, le riprese di THE BEST
OFFER il nuovo film scritto e diretto da Giuseppe
Tornatore. I protagonisti principali del film
sono Geoffrey
Rush, Jim
Sturgess, Sylvia
Hoeks e Donald
Sutherland.
Il primo uomo: recensione del film di Gianni Amelio
Gianni Amelio porta al cinema Albert Camus. Il romanzo in questione è Il Primo Uomo, e il regista de Il Ladro di Bambini ne ha fatto un film delicato e intimo, ma allo stesso tempo molto lucido. Il giornalista e scrittore Jean Cormery torna in Algeria, suo paese natale, alla ricerca di suo padre morto durante la prima guerra mondiale. Tra i ricordi, le fotografie e i luoghi, Jean trova il modo di ripercorrere anche la sua infanzia, la sua formazione e di ricordare tutte le persone che hanno caratterizzato la sua giovane vita che sembrava senza promesse né speranze.
Gianni Amelio torna, dopo un’assenza di sei anni dal cinema, con un film che gode del benestare internazionale, avendo già vinto il Premio della Critica Internazionale al Festival di Toronto, ma che si rivela ben presto un lavoro davvero particolare. Non era facile partire da un romanzo autobiografico e incompiuto, perché nell’incompiutezza e nell’impronta personale dell’autore l’opera trova una sublimazione altrimenti rara, ma Amelio ne ha fatto un viaggio personale, una ricerca individuale e sociale.
Il primo uomo, il film
Il primo uomo riesce a rappresentare il singolo nel suo ambiente, parlando con naturalezza e realtà delle relazioni intime e dei problemi sociali, in un’Algeria lacerata tra i francesi e gli arabi che ne rivendicavano la sovranità. Il primo uomo si apre quindi ad un gioco di scatole cinesi in cui Jean, interpretato da un ottimo Jacques Gamblin, è l’alter-ego di Camus stesso, ma allo stesso tempo il personaggio è racchiuso da Amelio, nella sua lettura del testo estremamente rispettosa dello spirito ma assolutamente originale nella riappropriazione di una storia che può appartenere a chiunque ricerchi la propria radice nel passato.
In Il primo uomo accanto a Gamblin, un’intensa Maya Sansa, nel ruolo della giovane madre di Jean e il piccolo Nino Jouglet, nel ruolo del protagonista da giovane, un ragazzino dagli occhi di un blu intenso, che con lo sguardo divora il mondo e allo stesso tempo ne è mortalmente intimorito. L’eleganza del cinema, quando riesce ad unire particolare e universale, non ha frontiere e questo Amelio lo sa bene, e lo dimostra pienamente con Il Primo Uomo.
To Rome with Love: video-interviste dalla premiere romana!
Commedia danese per Danny McBride
L’attore, visto in Paul e Parto col folle, oltre ad aver partecipato al cast vocale originale di Cattivissimo Me e Kung Fu Panda 2, dovrebbe essere lo scrittore e protagonista di Clown, remake di un film danese, tratto a sua volta da una serie televisiva, di grande successo in Danimarca. Scritta e interpretata da Casper Christensen e Frank Hvam, la serie è stata portata sul grande schermo nel 2010.
La vicenda narra di due amici che progettano un viaggio in canoa all’insegna di bevute e trasgressioni varie; alla vigilia del viaggio uno dei due scopre però che la propria compagna è incinta e non vuole tenere il bambino: per provare di poter essere un buon padre, la convincerà a lasciare andare con loro il suo altro figlio tredicenne, ovviamente evitando di specificare la reale natura del viaggio…
Fonte: Empire
Adrian Lyne probabile regista di The Associate
A dieci anni esatti dalla sua ultima regia (Unfaithful, con Diane Lane, Richard Gere e Olivier Martinez) Adrian Lyne sarebbe in procinto di tornare dietro alla macchina da presa per The Associate, film che segnerà un altro ritorno, quello degli adattamenti delle opere di John Grisham. Prodotto dalla Paramount, il film narrerà una tipica vicendà à la Grisham: un giovane laureato di Yale apprende casualmente informazioni fondamentali su un caso venendo così costratto a lavorare per un grande ufficio legale.
Di un adattamento di The Associate si parla già da qualche anno: in passato al progetto sono stati accostati i nomi di Tony Scott e Shya LaBeouf. Lyne sta nel frattempo lavorando su un altro progetto, Back Roads, ancora nelle prime fasi di sviluppo, probabili protagonisti Andrew Garfield e Jennifer Garner. Lo stesso Garfield avrebbe espresso interesse per il ruolo del protagonista di The Associate: Lyne potrebbe dunque dare la priorità a questo progetto.
Fonte: Empire
Battleship – Intervista a Liam Neeson!
Guarda l’intervista sottotitolata in
italiano a Liam Neeson, protagonista di Battleship, il nuovo film diPeter Berg
con Alexander Skarsgård, Brooklyn
Decker, Liam
Neeson, Rihanna, Taylor
Kitsch. Battleship: dal 13 aprile 2012 al cinema.
Tina Fey protagonista nella nuova commedia di Nancy Meyer
A fianco dell’assiduo impegno in 30 Rock, Tina Fey sta aggiungendo vari progetti sul grande schermo: la sua partecipazione ad Admission di Paul Weitz è già data come probabile da qualche tempo; ora il suo nome viene associato a The Intern, nuova commedia di Nancy Meyer, regista di It’s Complicated. La Fey interpreterà la fondatrice di un’azienda online del settore della moda che decide di assumere un collaboratore: invece di un ragazzo fresco di diploma o di un laureato, per il ruolo si presenta un settantenne, annoiato dalla sua vita di pensionato e ansioso di dimostrare di poter essere ancora utile.
La Meyer ha recentemente spiegato di aver voluto incentrare il film su una donna molto più giovane di lei, alle prese con le pressioni della vita lavorativa e della famiglia, e sul punto di vista di un uomo più anziano, che ha già vissuto tutti quei problemi. La Meyer ha attualmente in cantiere anche un altro porgetto, The Chelsea, scritto da sua figlia Hallie Meyers-Shyer, nel quale ha già coinvolto Felicity Jones.
Fonte: Empire
Leonardo DiCaprio ancora al lavoro su un testo di Dennis Lehane?
Shutter Island si è rivelata per Leonardo DiCaprio un’esperienza più che positiva: l’attore potrebbe ora tornare ad impegnarsi in un film tratto da un’opera del romanziere Dennis Lehane, Live By Night. Il libro, che non raggiungerà gli scaffali prima ottobre, è la seconda parte di una tiloriga avviata con The Given Day, ambientata nel modno della polizia di Boston nei primi anni del ‘900, libro che si concludeva col grande sciopero della polizia della città nel 1919.
Il nuovo libro si concentrerà invece sulla lotta della polizia a un traffico illegale di rum proveniente da Cuba durante gli anni del proibizionismo. La Warner ha già prodotto con successo alcuni adattamenti delle opere di Lehane, una tra tutte: Mystic River; la presenza di DiCaprio è ovviamente molto ambita, ma bisognerà vedere se l’attore accetterà di prendervi parte, anche considerando la sua folta lista di impegni, che include tra l’altro il nuovo lavoro di Scorsese, The Wolf Of Wall Street, e il tarantiniano Django Unchained.
Fonte: Empire
Ben Affleck, Justin Timberlake e il gioco d’azzardo online
L’attore e regista è stato associato nelle scorse settimane alla commedia politica Nathan Decker, alla quale dovrebbe partecipare solo in veste di attore; nel frattempo, la New Regency si sarebbe già assicurata la sua partecipazione, a fianco di Justin Timberlake, in Runner, Runner, ambientata nel modo del gioco d’azzardo via web.
Il film sarà probabilmente diretto da Brad Furman (Lincoln Layer), su una sceneggiatura di Brian Koppelman e David Levien, che già avevano affrontato il tema del gioco d’azzardo, stavolta nel mondo ‘reale’, in Rounders. L’avvio delle riprese tuttavia appare non essere imminente, visto che i due attori sono al momento impegnati, Affleck nella post produzione di Argo, thriller incentrato su un rapimento e Timberlake in Trouble With The Curve con Clint Eastwood ed Amy Adams, dopo aper concluso il lavoro su Inside Llewyn Davis dei fratelli Coen.
Fonte: Empire
Wentworth Miller, altra carne al fuoco
Wentworth Miller, che molti ricorderanno trai protagonisti della serie Prison Break, sembra aver trovato la propria vera realizzazione nella scrittura piuttosto che nella recitazione: mentre Stoker (con Nicole Kidman e Mia Wasikowska) è in fase di post produzione, sembra che un altro copione dello sceneggiatore inglese, The Disappointments Room, sia in procinto di essere realizzato.
Il film viene descritto come un thriller drammatico, protagnosita una famiglia che trasferitasi in una vecchia casa, ne scopre l’oscuro passato. The Disappointments Room verrà prodotto in collaborazione tra la Killer Films (I’m Not There, The Notorious Bettie Page) e la Voltage Pictures, responsabile della vendita sui mercat internazionali dei film di Steven Seagal, ma anche di The Hurt Locker; a questo punto è partita anche la ricerca del regista. Miller non ha comunque abbandonato la carriera da attore, comparendo in Resident Evil: Afterlife e in un episodio del Dr. House, ma al momento la scrittura continua ad essere il suo interesse prioritario, al punto di aver già cominciato a mettere mano al seguito di Stoker, intitolato Uncle Charlie.
Fonte: Empire
Battleship – Intervista a Rihanna!
Ecco l’intervista a Rihanna, la pop star racconta l’incredibile esperienza del set di Battleship,il nuovo film di Peter Berg con Alexander Skarsgård, Brooklyn Decker, Liam Neeson, Rihanna, Taylor Kitsch. Battleship: dal 13 aprile 2012 al cinema.
Hai paura del buio da oggi in Home video in esclusiva sul web!
Da oggi, lunedì 16
aprile, è disponibile in homevideo in esclusiva sul web il film
HAI PAURA DEL BUIO, l’esordio cinematografico di
Massimo Coppola: per la prima volta in Italia, in
accordo con Indigo Film, che l’ha prodotto, e Bim Distribuzione che
lo ha portato in sala, un film distribuito nei canali tradizionali
– prima la partecipazione alla 67.
Vince Vaughn e Owen Wilson: gli ‘imbucati’ di nuovo insieme
Videodrome: recensione del film di David Cronenberg
Videodrome è il film di David Cronenberg del 1983 con protagonisti nel cast James Woods, Sonja Smits, Deborah Harry, Leslie Carlson, Jack Creley, Peter Dvorsky e Lynne Gorma
- Anno: 1983
- Regia: David Cronenberg
- Cast: James Woods, Sonja Smits, Deborah Harry, Leslie Carlson, Jack Creley, Peter Dvorsky, Lynne Gorma
Trama: Max Renn è
il proprietario di CIVIC TV, piccola rete televisiva dedita alla
trasmissione di programmi dal contenuto violento. Affrancato dai
vincoli morali dei grandi network, Renn è alla continua ricerca di
format inediti, tali da colpire per singolarità, licenziosità e
depravazione un pubblico sempre più assuefatto.
Si imbatte così in Videodrome, una frequenza pirata, votata all’esclusiva diffusione di immagini brutali di maltrattamento, tortura, coercizione ed omicidio. Da subito molto interessato, Renn si impegna a rintracciarne i produttori, intenzionato anche a procurasi del materiale da poter distribuire attraverso CIVIC TV. Determinato, ed attratto sempre più da efferatezza ed irrazionalità, Renn si troverà presto proiettato in una dimensione in cui realtà e finzione si scambiano arbitrariamente e spietatamente i ruoli, svelando disegni cospirativi, filo-governativi, volti a servirsi di Civic TV per la diffusione di Videodrome, canale di promozione di un verbo mediatico di controllo e coartazione.
Analisi: La lungimiranza e l’innegabile estro di David Cronenberg, mirabile visionario ed acutissimo precursore, hanno ammantato Videodrome di una straordinaria attualità. Seppur velato da un delirio ricorrente ed ossessivo, il profilo dell’analisi di David Cronenberg, è infatti facilmente leggibile. Lo sguardo del regista, lucido e consapevole, si sofferma sul potere dell’immagine, in una società che si scopre sempre più vincolata all’arena mediatica. La relazione collettività-media è poi serrata sapientemente da un modello commerciale privo di scrupoli che invece di essere ripudiato compiutamente ed universalmente è accreditato strumento in grado di dar forma alle ossessioni del singolo, rifiutate nel privato, ma riconosciute come rappresentazione del reale nei media.
In questo
quadro, David
Cronenberg conforma Max Renn ad immagine e somiglianza
dello spettatore medio, conferendogli, a rafforzare la sua
implicazione, il ruolo di addetto ai lavori. Renn, chiarendo fin da
subito le sue inclinazioni in materia di trasmissioni televisive,
chiede a gran voce programmi che, privati di trama e contenuto,
siano semplice consumo di immagini. L’immagine, proposta al
pubblico senza alcun riferimento logico-temporale, attraversa
facilmente i labili filtri di uno spettatore che, posseduto dal
bisogno di evasione, preferisce ascoltare le rivendicazioni della
propria insoddisfazione piuttosto che reclamare un’indipendenza di
scelta e di pensiero. Il rapporto, privo di qualsiasi finalità
ultima, con il dolore e quindi la passiva accettazione alla visione
di programmi espressamente violenti, si estrinseca nel tentativo
ultimo di provare che si è ancora in grado di sentire qualcosa,in
carne e coscienza.
La carne invece, maltratta, seviziata e torturata, per David Cronenberg non può che mutare, vessata dalle feroci contaminazioni con media ed elettronica, si fa videoparola nel braccio armato di Renn, diventato in conclusione messo accidentale ed inconsapevole del Videodrome. Videodrome è un film allucinato e funesto, in cui Cronenberg paventa, con evidente preoccupazione, la possibilità di un controllo catodico sull’individuo. Pervaso da atmosfere cupe, acuite da una fotografia serrata ed ambientazioni spesso claustrofobiche, Videodrome sembra voler essere di ammonimento, riproducendo sapientemente la tanto temuta da Cronenberg narcotizzazione collettiva.
Il sociale raccontato con stile: Matteo Garrone
La notizia ufficiale apparirà soltanto il 19 aprile, ma l’ultimo film di Matteo Garrone, Big House, sembra avviato verso la selezione ufficiale del 65 festival di Cannes. Il regista italiano, divenuto famoso grazie a Gomorra e già premiato con il Gran Prix Speciale della Giuria nel 2008, ha scelto come tema del suo ultimo film il mito dei reality show e il modo in cui questi influiscono sulla vita di determinate persone. La scelta di tale soggetto, un fenomeno tipico del mondo contemporaneo, conferma l’interesse di Garrone per il tessuto sociale e materiale in cui viviamo e la sua necessità di scandagliare situazioni reali e concrete.
Il regista, classe 1968, già dai suoi esordi manifesta infatti un forte interesse per le dinamiche sociali, accompagnato da uno stile peculiare di fare cinema. Egli, infatti, dopo essersi diplomato al Liceo Artistico nel 1986, si dedica per molti anni soltanto alla pittura, imparando così tutto il potere delle immagini e la loro forza prima di avventurarsi nel mondo del grande schermo.
L’esordio di Garrone come regista, nel 1996, non passa inosservato: con il cortometraggio Silhouette vince il Sacher Festival organizzato da Moretti e, l’anno successivo, è già in grado di girare il suo primo lungometraggio, Terra di Mezzo. Questo film, diviso in tre parti, racconta tre storie di immigrazione (una delle quali è ripresa dal corto Silhouette) ambientate nella città di Roma e ha già in nuce quel particolare stile, il fondere insieme la fiction e il documentario, la storia e la forza dell’immagine reale, che Garrone porterà avanti lungo tutta la sua filmografia.
Negli anni 1997/1998
gira due documentari: il primo a New York, Bienvenido espiritu
santo e il secondo a Napoli, Oreste Pipolo, fotografo di matrimoni.
Il 1998 è un anno particolarmente produttivo per il regista, poiché
prima firma, insieme a Massimo Gaudioso e Fabio Nunziata, il
cortometraggio Un caso di forza maggiore e poi, da solo, il suo
secondo lungometraggio, Ospiti, presentato alla Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia. Questa pellicola, che racconta la
storia di due ragazzi albanesi arrivati da poco a Roma, tratta il
tema dell’immigrazione da un punto di vista originale e prosegue il
filone iniziato con Terra di Mezzo: le riprese sembrano quasi da
documentario, viene utilizzata molto la telecamera a spalla e la
realtà entra nella storia in maniera prepotente, sia per le
ambientazioni reali e per il suono in presa diretta, che per
l’impiego di attori non professionisti. Il cinema per Garrone non
deve essere solo spettacolo, ma un mezzo al servizio della realtà.
Un mezzo forte che, grazie, alle immagini, possa non tanto
denunciare determinate dinamiche, ma riportarle, comunicarle e
quasi trascenderle attraverso le immagini.
Il suo stile, che deriva dalla combinazione sapiente di elementi di assoluta improvvisazione e da un’attenta ricerca formale, è diverso da quello di chiunque altro e giunge a maturazione nel suo terzo lungometraggio, Estate Romana. Questo film, una fiction che si avvicina molto al genere della commedia, è girato con uno stile documentaristico e vede come perno narrativo la città di Roma in attesa del Giubileo. Una Roma non solo impacchettata e ribaltata da cantieri e palazzi in costruzione, ma soprattutto percorsa da eccentrici protagonisti che testimoniano nuovamente i disagi esistenziali che Garrone aveva accennato nei suoi film precedenti.
Inoltre il suo modo di
concepire il cinema e l’originalità tipica dell’autodidatta si
concretizzano in produzioni molto particolari: la sua troupe è
sempre numericamente ridotta, quasi una famiglia, lui stesso spesso
e volentieri è l’operatore di macchina, proprio per quell’esigenza
di cogliere gli attimi di realtà che entrano nella finzione, per
essere sicuro di riuscire a rendere quell’insinuarsi della vita
vera nell’interpretazione attoriale. Fino a questo momento, però, i
film di Garrone non riscuotono alcun successo di pubblico. Il suo
nome, infatti, circola solo tra i critici e all’interno dei
festival.
La svolta nella sua carriera si ha solo nel 2002, quando l’Imbalsamatore, presentato anche a Cannes, vince il David di Donatello per la miglior sceneggiatura. Questo film, prodotto dalla Fandango di Domenico Procacci, attraverso il rapporto a tre che si instaura tra un nano imbalsamatore, il suo assistente e la ragazza di quest’ultimo, disegna un triangolo ambiguo di individui perdenti, egoisti e borderline, in lotta tra loro nella ricerca disperata di un legame affettivo durevole e profondo. Il noir di Garrone, nonostante il budget consistente messo in campo dalla casa di produzione, mantiene fede al suo stile originario: ogni orpello e arricchimento viene messo da parte, l’attenzione per lo scorrere della realtà resta comunque preponderante, così come la ricerca formale. Ciò che interessa al regista è la rivelazione dell’essenziale, l’equilibrio effimero tra la realtà e l’astrazione pittorica.
Tale tendenza stilistica prosegue nel 2004 con l’uscita nelle sale di Primo Amore, in concorso alla 54°Berlinale, la storia drammatica di un orafo che impone alla sua ragazza una dieta rigidissima perché si avvicini il più possibile al suo modello di donna ideale. Una storia di amore folle e perverso che Garrone prova a registrare oggettivamente, sospendendo ogni giudizio. Questo film, così come i precedenti, non vuole essere una denuncia sociale. Il regista, infatti, nonostante metta in scena personaggi apparentemente ossessivi e malati, dà sempre l’impressione di voler restare al di fuori delle loro vicende. Garrone non critica, non dà certezze, né risposte, ma opera una costante ricerca all’interno delle pieghe dell’animo umano.
Ricerca che incontra
finalmente il successo di pubblico con Gomorra nel 2008. Il film,
che prende titolo e tema dall’omonimo libro di Roberto Saviano, non
cerca infatti di dare conto della complesse vicende della camorra
napoletana, ma segue, con la consueta sete di reale tipica di
Garrone, le vicende di cinque soggetti, cinque personaggi immersi
nella delinquenza ordinaria che guida le loro vite. Anche qui le
ambientazioni non sono ricostruite e il regista dà conto
dell’atmosfera labirintica delle Vele di Scampia girando dentro
l’edificio, segue i protagonisti con la telecamera in spalla
cercando di avvicinarsi il più possibile a loro senza però poter
entrare nelle loro psicologie, nelle loro teste, riporta l’orrore
quotidiano senza fronzoli, senza facili spiegazioni.
Il film, vincitore a Cannes e vincitore nelle sale italiane, oltre ad avere il merito di denunciare le insopportabili condizioni di vita che la camorra impone a parte della popolazione partenopea, ha anche il pregio di aver finalmente portato al successo Matteo Garrone dopo dieci anni di carriera. Personaggi del suo calibro, infatti, non solo garantiscono una rivalutazione del cinema italiano all’estero, ma aprono la strada ad una nuova poetica filmica, in grado di unire ricerca stilistica e sostanza narrativa.
La mummia: recensione del film di Stephen Sommers
La mummia è il film del 1999 di Stephen Sommers e con protagonisti Brendan Fraser, Rachel Weisz, John Hannah, Arnold Vosloo.
La mummia, la trama: Nel 1719 a. C., a Tebe in Egitto, nasce un amore proibito tra il cattivo gran sacerdote Imhotep e Anck Su Namum, amante del Faraone. Anck si uccide e Imhotep si lascia andare a gesti disperatia Humunaptra, Città dei Monti, suscitando così lira degli dei. Gli dei gli infliggono una tremenda maledizione per la sua condotta immorale: il suo corpo sarà mummificato ma Imhotep non morirà, vivrà per sempre un’esistenza torturata a meno che qualcuno non riporti alla luce il suo cadavere in decomposizione. Le urla di dolore del disgraziato si affievoliscono man mano che il suo sarcofago viene calato giù nella fossa; la maledizione si avvera e il suo cuore cattivo e vendicativo comincia a battere nel buio con un suono sinistro e incessante.
La mummia, analisi
Tra tutti i film d’avventura e azione il colossal La mummia del 1999 merita particolare attenzione. Prima pellicola della trilogia (La mummia – Il ritorno del 2001 e La mummia – La tomba dell’Imperatore Dragone del 2008), la saga comprende anche due spin-off Il Re Scorpione e Il Re Scorpione 2 – Il destino di un guerriero.
Con la regia di Stephen Sommers, La mummia è il remake dell’omonima pellicola del 1932, diretta da K.Freund con Boris Karloff. Prodotto dalla Universal, ambientato nell’Egitto del 1290 a.C. incentrato sulla storia di Imhotep, sacerdote amante della consorte di Seti I, che si suicida dopo l’assassinio del faraone; ad Hamunaptra, Imhotep e i suoi seguaci iniziano la cerimonia per resuscitare la bella ma vengono catturati. Per la profanazione sacrilega vengono mummificati vivi, a Imhotep viene imposta la maledizione del “Hom Dai”, seppellito vivo secondo un rituale che lo consegna all’eterna dolorosa agonia.
Questa storia leggendaria si lega, tremila anni dopo, nel 1923, alla vita del legionario Rick O’Connell, scopritore di tesori, che s’imbatte nell’antichissima città dei morti. Stringe amicizia con la simpatica egittologa Evelyn Carnahan e col fratello Jonathan che trova un misterioso “scrigno” che conduce alla mitica città. Inizia la spedizione, la donna scopre il Libro di Amun-Ra che, unito allo scrigno si trasforma nella “chiave” per leggere il rito di rinascita ma accidentalmente risveglia anche la mummia trovando per caso il sarcofago di Imhotep. Si scatenano le piaghe d’Egitto e i poteri della mummia riprendono ad imperversare; contemporaneamente una squadra di profanatori scopre i segreti dell’antica sepoltura di Anck-su-Namun.
La mummia si evolve in un crescendo d’azione e avventura finché si scatena la maledizione della Mummia, ritornata completamente in vita “rubando” le energie vitali dai corpi di cui s’appropria. Così i profanatori vengono uccisi, mentre l’intento di Imhotep è di servirsi della bella Evelyn per riprendere il rituale lasciato in sospeso e riportando in vita Anck-su-Namun. Rick lo interrompe e dopo una serie di situazioni rocambolesche si ritrova in volo pilotando un biplano a sfidare la mummia che si trasforma in un gigantesco muro di sabbia. Nella sfida finale Rick combatte direttamente con Imhotep, che diventa mortale ma viene trafitto con una spada e annega nell’inferno delle anime dannate ritornando mummia.
Hamunaptra inizia a scomparire nella sabbia, Rick conquista il cuore di Evelyn nell’happy end finale. La mummia unisce azione, humour, avventura e fantastico con fantastici effetti speciali che lasciano senza fiato. Il regista ha compiuto un lavoro davvero entusiasmante insieme ai light & sound designers della “Industrial Light & Magic” fondata dal geniale George Lucas.
Di rilievo le suggestive scenografie arricchite da inquadrature e panoramiche dalla grandissima potenza visiva. La Mummia rappresenta l’esempio più riuscito degli ultimi anni nel genere “adventure” grazie anche all’interpretazione di Brendan Fraser, Arnold Vosloo, straordinario interprete della mummia. Voci parlano di un remake che la Universal vorrebbe realizzare con la sceneggiatura di Jon Spaihts collaboratore di Ridley Scott.
I guardiani del giorno: recensione del film di Timur Bekmambetov
I guardiani del giorno è il film fantasy del 2006 diretto da Timur Bekmambetov e conKonstantin Khabenskiy, Vladimir Menshov, Viktor Verzhbitskiy, Aleksey Maklakov, Alexandr Samoylenko, Anna Slyusareva, Mariya Poroshina, Dmitriy Martynov, Galina Tyunina, Nurzhuman Ikhtymbayev, Aleksey Chadov.protagonisti
I guardiani del giorno, la trama: Nella Mosca contemporanea, la millenaria tregua tra gli Altri della Luce (veggenti e mutanti) e gli Altri delle Tenebre (vampiri e stregoni), apparentemente comuni mortali, ma in realtà individui dotati di straordinari poteri, vacilla; l’accordo di reciproca sorveglianza pare essere prossimo alla fine per lasciar spazio al devastante scontro finale.
Il guardiano della notte Anton Gorodetsky (Kostantin Khabenskiy), affiancato dalla potente Altra Svetlana (Maria Poroshina), porta avanti il suo compito di sorveglianza sulle Tenebre serbando nel cuore una ferita: suo figlio Yegor (Dmitriy Martynov), un Altro dalle grandi e decisive potenzialità, è diventato un adepto delle Tenebre e il signore dell’oscurità Zavulon (Viktor Verzhbitskiy) gli fa da mentore. Per mettere fuori dai giochi Anton una volta per tutte, le Tenebre cercano di incastrarlo facendolo apparire, anche agli occhi dei membri della Luce, come un assassino. Quando tutto sembra esser sul punto di precipitare, con le forza dell’oscurità pronte a far ripiombare il mondo nell’eterno conflitto tra Luce e Tenebre, Anton trova la chiave della salvezza nel Gesso del Destino, magico oggetto proveniente dal leggendario mondo di Tamerlano.
I guardiani del giorno, l’analisi
Se I guardiani della notte era un po’ confuso, il sequel I guardiani del giorno, tratto dal secondo libro della trilogia di Luk’janenko, è proprio mal raccontato. Ed è un vero peccato; difficile cavarsela con una semplice alzata di spalle: è forte infatti l’odore di occasione persa. Perché scegliendo e maneggiando la materia letteraria di Luk’anjenko, il regista Bekmambetov dimostra di voler far del fantasy che non sia soltanto un anti stress da fine giornata pieno di biondi che amano bionde e ammazzano orchi, ma che, in ossequio a tanti felici prodotti della tradizione letteraria e audiovisiva russo-sovietica e più in generale dell’Europa orientale, si sostanzi di argomenti e riflessioni – sulla verità, sulla libertà, sul tempo, su quanto a volte sia difficile capire il Bene e condannare il Male – di ampia e problematica portata sui quali ragionare (raccontando) all’interno di configurazioni, appunto, fantastiche, di cornici permeate dal sovrannaturale e tuttavia – altro dato, questo, da mettere in evidenza – mai dimentiche della quotidianità, delle strade, delle stanze e delle parole di tutti i giorni, delle afflizioni e delle pieghe del mondo “così com’è”.
Ciononostante, come detto, si tratta di un’occasione persa, poiché gli intuibili buoni propositi si scontrano con una narrazione a tratti davvero irritante, impossibile da seguire, in grado di “far sentire” il libro non nella traduzione, agile o meno, della sua prosa, ma nella sua non cauterizzabile mancanza. Il Gesso del Destino che sbriglia, nel finale, l’accumulo di tensione e la suprema crisi tra le parti combattenti va più generalmente a diluire l’ansia da comprensione dello spettatore, donandogli almeno una certezza così sintetizzabile: l’agognato Gesso salva la baracca.
L’estetica de I guardiani del giorno prosegue quella de I guardiani della notte. Si può, come molti hanno fatto, parlare di estetica da videogame, da videoclip e da spot pubblicitario, a patto di non porre d’ufficio queste categorie molto pop sul versante del disvalore. Tuttavia, se nella prima trasposizione da Luk’jankenko i guizzi della macchina, le accelerazioni, i ralenti, le segmentazioni del quadro e le diavolerie sonore strutturano piacevolmente il film, ne I guardiani del giorno questo fare creativo sta un po’ a guardarsi allo specchio e sfocia nella maniera. Si perdono finezze riccamente espressive, pezzi d’alto artigianato, come quelle che costellano la visita del giovane Anton alla strega Darya (Rimma Markova), una delle prime sequenze de I guardiani della notte, in favore di fragori un po’ monocordi: si pensi alle prolungate evoluzioni automobilistiche con cui Alisa (Zhanna Friske) si reca in auto (letteralmente) nelle stanze di Zavulon.
I guardiani del giorno – sempre che non si creda nell’esistenza di qualche monolitico manuale del bravo cineasta – può ben avvalersi del linguaggio della pubblicità, dei video musicali, della videoarte, del videogame. Non può forse giovarsi, o non ancora, di un lusso che i citati linguaggi, in alcune loro manifestazioni, possono concedersi: la mancanza di un intreccio. Non che nell’opera di Bekmambetov manchi: ma a volte pare crollare e insopportabilmente dileguarsi. Certo, non ci si può illudere d’esser al cospetto di una videopoesia di oltre due ore in cui sono in gioco determinati valori e sentimenti, sparsi a chiazze e senza impegno; una trama, si capisce, vuole esserci. Eppure, lo si è detto, è terribilmente difficile starle dietro. Soltanto un libro – il nido originario delle avventure di Anton e soci – può contenere certi labirinti narrativi?
Chi può saperlo. Nel frattempo, restiamo al fianco di Bekmambetov, almeno per il suo strizzar l’occhio tutto sommato tiepido al brodo dell’ovvietà e della compiacenza, per la sua percepibile convinzione che il fantasy non debba per forza essere un giocattolone elementare, per il suo devoto bagnarsi nelle acque – tra le più salubri del novecento – del Bulgakov de Il Maestro e Margherita.
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Jennifer Connelly sull’arca di Noé
Jennifer Connelly entra a far parte – la cosa non è ufficiale, ma le trattative sono davvero a un passo dalla fumata bianca – del cast di Noah, nuovo progetto di Darren Aronofsky; i due tornano a lavorare assieme dopo l’esperienza di Requiem for a Dream (2000). Per la Connelly è pronta la parte di Naameh, la moglie di Noé; negli onerosissimi panni del protagonista vedremo Russel Crowe. I due sono già stati marito e moglie (John e Alicia Nash) in A Beautiful Mind di Ron Howard. L’arca di Aronofsky arriverà nei cinema il 28 marzo 2014.
Fonte: Worstpreviews