No Pulse? No problem!
Niente battito? Nessun problema! Così recita il biglietto da visita
di Dylan Dog. Se avete a che fare con situazione
che hanno dello straordinario, chiamate lui: l’Indagatore
dell’Incubo. Arriva al cinema questo 16 marzo, dopo anni di
gestazione e di pre-produzione, Dylan Dog, basato
sull’omonima serie a fumetti ideata da Tiziano
Sclavi, il fumetto più venduto di sempre in Italia e
famosissimo anche all’estero.
E mai come questa volta la
situazione è delicata: come approcciarsi ad un fumetto così
complesso e così amato? Come dare corpo ad un personaggio che prima
di diventare di carta, era già di ‘carne’ (le fattezze di Dylan
sono dichiaratamente ispirate a quelle di Rupert
Everett)? Ci ha pensato l’americano Kevin
Munroe, che a detta sua, ha cercato di trasportare al
cinema il mood del personaggio senza volerne fare una sua copia,
perché “cinema e fumetto sono linguaggi diversi”.
Dylan Dog, il film
Ma andiamo con ordine: in questo
episodio cinematografico, Dylan ha abbandonato le sue vie oscure
per dedicarsi a casi più tranquilli, come questioni di corna e
frodi assicurative. A riportarlo nel mondo degli incubi arriva
Elizabeth, giovane e bella cliente che chiede aiuto per cercare
l’assassino di suo padre. Inizia così per Dylan la discesa agli
inferi, dove rincontrerà tutti i suoi amici/nemici: i vampiri e i
licantropi che si contendono il dominio di una uggiosa e notturna
New Orleans.
E’ chiaro dall’inizio, ma già si
era detto, che non ci sarebbero stati proprio tutti: manca Groucho,
il maggiolone è nero e non siamo nella vecchia Europa, a Londra, il
protagonista non sembra affatto tormentato, né magrolino, non ci
sono incubi ma solo mostri reali. Insomma, l’obbiettivo di Munroe,
cioè quello di riportare almeno l’atmosfera del fumetto al cinema,
sembra essere stato mancato. A ben vedere per buona parte questo
‘fallimento’ è da imputare alla brutta scelta del protagonista:
erano in pochi e vedere bene il ragazzone tutto muscoli
Brandon Ruth nel ruolo di Dylan, e il risultato
finale non ha smentito le aspettative. Per lo più mono espressivo
il giovane Brandon non risulta assolutamente credibile in un ruolo
così profondo, e non vogliamo qui dire che sia proprio incapace, ma
forse non era proprio adatto a questa interpretazione.
Insomma l’Italia sarà un territorio
accidentato dove questa pellicola, distribuita in 300 copie,
cercherà di farsi strada, principalmente per colpa, o per merito,
della grande passioni che lega milioni di lettori a questa figura
così ambigua. Ma si sa che gli americani vogliono arrivare a tutti,
e realizzando alcuni progetti, rischiano di lasciarsi alle spalle
tanti piccoli dettagli, che per i puristi sono fondamentali.
Restano tuttavia le piccole
citazioni filologiche come i modi di dire del nostro (l’espressione
‘Giuda ballerino’ su tutte) e gli omaggi al creatore Sclavi, il cui
nome è usato per identificare uno dei decani dormienti della setta
di vampiri dominante, e all’editore Bonelli, che invece diventa un
vecchissimo vampiro che aiuta Dylan nella sua indagine. Quello che
però lascia ancora più perplessi della mancanza di fedeltà al
fumetto, che potrebbe anche essere ammessa in un cine-fumetto
made in USA, è la confusione con cui la trama viene
dispiegata e frammentata attraverso piccoli tasselli che a fatica,
nel finale, trovano il loro posto e danno una coerenza stentata
alla storia.
Preso per un film indipendente dal
fumetto, Dylan Dog potrebbe anche risultare
godibile, non troppo orrorifico e condito di tanti piccoli dettagli
da zombie-comedy che lo rendono felicemente grottesco,
tanto da poter addirittura sperare in un buon risultato in giro per
il mondo che possa far pensare ad uno o più sequel. Non si sa poi
il pubblico italiano come la prenderà, ma personalmente in questo,
se non c’è battito (ritmo nel film) allora il problema c’è,
eccome!
“In autunno girerò un nuovo
film, sono alla vigilia di un periodo eccitante pieno di discese
nelle gallerie e nella miniera della creatività. Lo voglio fare in
3D perché mi piace l’idea di sedermi sul tappeto volante che offre
questa tecnologia“, lo dichiara Bernardo Bertolucci in
un’intervista che è tra i contenuti extra del DVD Novecento in Hd
che esce in questi giorni proprio mentre il regista compie 70 anni,
e il suo capolavoro ne festeggia 35.
Rango
conquista la vetta della classifica italiana, seguito da
Il rito. La vita
facile scende al terzo posto, mentre le altre new
entry ottengono risultati affatto soddisfacenti.
Come prevedibile,
Rango debutta al primo posto del
botteghino italiano, raccogliendo 1,9 milioni di euro: un risultato
molto positivo, a cui bisogna aggiungere il passaparola che potrà
recare beneficio alla pellicola d’animazione.
Segue Il
rito, che ottiene 1,2 milioni e il secondo posto: un
inizio incoraggiante per una pellicola horror.
Chiude il terzetto del podio La vita
facile, che perde pochissimo rispetto alla scorsa
settimana e incassa altri 755.000 euro sfiorando i 2 milioni
complessivi.
Il discorso del
re conferma il quarto posto e l’ottima tenuta: il
film Premio Oscar si è rivelato un successo nel nostro Paese come
oltreoceano, e ha raccolto altri 672.000 euro alla sua settima
settimana di sfruttamento in Italia, giungendo a ben 7,1 milioni
totali.
Chi invece sta confermando una
performance disastrosa è Manuale d’amore
3, che scende in quinta posizione con altri 666.000
euro, arrivando a quota 6,2 milioni.
Il cigno
nero, altra pellicola vittoriosa dell’ultima stagione
di premi, raccoglie altri 661.000 euro e supera i 5 milioni
complessivi. The Fighter ottiene altri 575.000 euro e
giunge a 1,6 milioni dopo due settimane di sfruttamento.
I ragazzi stanno
bene esordisce all’ottavo posto con 416.000 euro: non
male per il film indipendente, molto apprezzato per le
interpretazioni dei protagonisti, e uscito in notevole ritardo da
noi. Si può tuttavia sperare in un buon passaparola.
Piranha
3D scende al nono posto con altri 350.000 euro per
1,2 milioni totali.
Chiude la top10 la delusione del
week end, ovvero Tutti al mare: il film
debutta infatti con soltanto 313.000 euro nonostante il battage
mediatico.
Da segnalare infine i pessimi
risultati di altre new entry, come Holy
Water (64.000 euro), che esordisce al diciottesimo
posto, o Gangor (17.000 euro), che non
ottiene neppure il piazzamento nella top20. Quest’ultimo film, in
particolare, è stato vittima di una pessima distribuzione, avendo
debuttato in soli 13 schermi dopo l’ottima impressione suscitata
all’ultimo Festival di Roma.
Hereafter, il film di
Clint Eastwood che ricrea drammaticamente uno tsunami, è stato
ritirato dai cinema giapponesi dopo la tragedia che ha colpito la
Nazione del Pacifico in questi ultimi giorni, stando a quanto
riporta l’Associated Press.
Per i festeggiamenti dei 150 anni
dell’Unità d’Italia, Disney.Pixar presenta un bolide tricolore tra
i nuovi protagonisti di Cars 2. E’ italiano e si chiama Francesco
Bernoulli …
Le uscite attese per questa
settimana fanno piazza pulita nella classifica del botteghino USA.
Il film catastrofico World invasion: Battle Los
Angeles esordisce infatti in prima posizione, con un
incasso di 36 milioni di dollari. Il film, l’ennesima invasione
aliena sul nostro pianeta, punta molto sul cast di nomi eccellenti:
Aaron Eckhart e Michelle Rodriguez tra tutti.
Le cronache di Narnia: Il
viaggio del veliero è il film del 2010 diretto
da Michael Apted e con protagonisti nel
cast Ben Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, Tilda
Swinton, William Moseley e Anne Poppewell.
La trama: Peter e Susan sono in
Asia con i genitori, mentre Edmund e Lucy si trovano a dover
passare un periodo a Cambridge con l’odioso e supponente cugino
Eustace. Un giorno, dopo una lite, vengono risucchiati con lui di
nuovo a Narnia, dove incontrano di nuovo i loro amici, a cominciare
dal principe Caspian e dal topino moschettiere Reepicheep, mentre
il cugino rimane stravolto da quel mondo per lui folle in cui si
trova.
Stavolta bisogna contrastare
mercanti di schiavi, ma anche un male che arriva da un’isola
misteriosa, che farà confrontare tutti, Edmund e Lucy in testa, con
le loro paure e i loro desideri più segreti. Ma anche per loro è
arrivato il momento di dire poi addio a Narnia, non prima di aver
salutato Aslan, mentre Eustace ha scoperto un nuovo mondo, fatto di
fantasia, al quale rimarrà fedele.
Le Cronache di Narnia: il Viaggio del Veliero, il film
Terzo capitolo di Narnia che si
sviluppa su due piani, da un lato esaltando l’avventura, con
suggestioni che vanno dalle Mille e una notte ai romanzi di
avventura marinaresca passando per le leggende nordiche e le fiabe,
dall’altro racconta un viaggio interiore, nelle paure ma anche
nella capacità di cambiare e di ritrovare il sense of wonder e la
fantasia che la vita vorrebbe soffocare, fin da quando si è
giovani, all’epoca di Cs. Lewis come oggi.
Il terzo capitolo della saga di
Narnia è uscito anche in 3D ma per fortuna risulta godibilissimo
anche in formato normale, non sacrificando tutta la trama allo
strabordare dallo schermo delle immagini, rischio ormai concreto di
un modo reinventato dal passato di fare cinema che vorrebbe
comandare ormai nel genere fantastico. Infatti ci si trova di
fronte ad un’avventura capace di appassionare, ben equilibrata tra
azione e introspezione, avventura e viaggio dentro di sé, mentre
Narnia prende l’aspetto ormai del luogo perduto dell’infanzia,
dell’Isola che non c’è, con un finale di stacco definitivo dagli
amici e dai luoghi struggente come ogni addio che si rispetti.
La ricerca di sé, il miglioramento
non dimenticando la dimensione spirituale, il non dimenticare i
sogni dell’età giovane anche se inevitabilmente bisogna crescere e
distaccarsene, sono i temi fondanti di un film che coniuga, ancora
di più che i primi due capitoli, effetti speciali ad un’atmosfera
vintage, dal gusto dell’avventura vecchio stampo ai curiosi titoli
di coda che animano i vecchi libri illustrati per ragazzi.
Una storia rivolta quindi non solo
ai giovanissimi, anzi più vicina ai gusti di un pubblico più
adulto, che ha voglia e nostalgia di sognare e che può trovare un
alter ego in Eustace, scettico capace di meravigliarsi e
sciogliersi di fronte alla fantasia. Probabile che se ci saranno
prossimi capitoli sarà lui l’eroe della vicenda, come avviene nei
romanzi, ma per ora tutto si conclude su una spiaggia da sogno,
dove ogni protagonista va per la sua strada e incontro ad un
destino che comunque non teme.
Le cronache di Narnia: Il
principe Caspian è il film fantasy del 2008 diretto
da Andrew Adamson con protagonisti nel cast Ben
Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, William Moseley, Anna
Popplewell,
Sergio Castellitto e Pierfrancesco Favino.
Anno: 2008
Regia: Andrew Adamson
Cast: Ben Barnes, Georgie Henley, Skandar Keynes, William
Moseley, Anna Popplewell, Sergio Castellitto, Pierfrancesco
Favino.
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian, la trama
I quattro fratelli Pevensie, Peter, Edmund, Susan e Lucy,
vivono a Londra, è passato un anno dalla loro avventura a Narnia,
ma, durante un bombardamento che li ha portati a rifugiarsi nella
metropolitana, vengono risucchiati di nuovo nel mondo di Narnia,
dove sono passati secoli e secoli.
Oggi dominano i Telmarini, stirpe
di principi non sempre buoni e giusti e il giovane principe
Caspian, che potrebbe riportare pace e prosperità, è costretto a
nascondersi e a fuggire perché il perfido zio lord Miraz vuole
ucciderlo. I ragazzi aiuteranno il loro nuovo amico nel suo
intento, riconquistandosi onori e riconoscimento in un mondo in cui
ormai sono venerati da oltre mille anni come gli eroi delle
leggende. Aslan non c’è più, ma forse è sempre con loro.
Le cronache di Narnia: Il principe Caspian, l’analisi
Un secondo capitolo più cupo del precedente, che mescola
suggestioni shakesperiane ad intrighi di corte, introducendo nuovi
personaggi, anche non solo legati solo al momento, come il giovane
principe Caspian, interpretato dall’emergente Ben Barnes, che torna
poi anche nel terzo capitolo.
Il tema della religiosità sparisce
di fronte all’avventura, al gusto dell’intrigo, alla dualità tra
realtà e fiaba, alle battaglie, sempre molto simili a quelle de Il
signore degli anelli ma per ragioni di target decisamente meno
cruente nei loro effetti devastanti: Adamson lima alcuni difetti e
lungaggini del primo capitolo, ottenendo un film decisamente più
piacevole, capace di interessare i più giovani ma di piacere anche
agli adulti, che notano comunque i riferimenti letterari e
avventurosi.
Stavolta è il gusto dell’avventura ad avere il sopravvento,
in una storia che fa da tramite tra un primo capitolo e i
successivi, e che spesso potrebbe essere l’anello debole di una
saga (come in fondo è successo sia a L’impero colpisce ancora che a
Le due torri) ma che funziona come insieme, risultando godibile
anche per chi non ha visto il primo capitolo. Di nuovo efficace
come la fantasia irrompe in un contesto realistico, lontano dal
mondo dei giovani occidentali ma purtroppo simile a certe realtà in
giro per il mondo dove si vive ancora oggi sotto le bombe e le
guerre, ed interessante il tema del diverso scorrimento del tempo
tra i due mondi, capace di esaltare a Narnia gli eroi provenienti
da un’altra dimensione, diventati nel frattempo leggenda.
Tra castelli degni del miglior
romanzo gotico, battaglie, effetti speciali efficaci ma che non
distruggono il gusto di narrare, avventura, meritano una menzione i
due interpreti nostrani, un Sergio Castellitto
cattivo che sembra uscito dal Medio Evo reale, e un
Pierfrancesco Favino efficace ma dubbioso braccio
destro pronto alla redenzione. Di nuovo un’avventura fantasy che
non dimentica di strizzare l’occhio sia alla cultura alta che
all’intrattenimento, con un risultato equilibrato tra le due
esigenze e superiore a quello del primo film, cosa che non è di
tutti.
Le cronache di Narnia: Il
leone, la strega e l’armadio è il film del 2005
diretto da Andrew Adamson e con protagonisti
nel cast James Mc Avoy, Tilda Swinton, Georgie Henley,
Skandar Keynes, William Moseley, Anna Popplewell, Jim Broadbent,
Liam Neeson e Omar Sharif (voce di Aslan in inglese e in
italiano).
Le cronache di Narnia: Il leone,
la strega e l’armadio, la trama
Gran Bretagna 1940: i quattro
fratelli Peter, Edmund, Susan e Lucy devono lasciare Londra, come
tanti altri bambini, e andare a vivere come sfollati nella casa di
campagna di un eccentrico professore. Un giorno Lucy scopre in una
stanza un vecchio armadio, e nascondendoci dentro si trova
catapultata nel mondo di Narnia, terra oppressa da una crudele
regina, in cui vengono catapultati anche sua sorella e i suoi
fratelli. Con l’aiuto del saggio leone Aslan e delle creature
presenti a Narnia, tra animali parlanti, centauri e fauni,
riusciranno a sconfiggere la regina e a diventare loro stessi re e
regine, governando per anni e anni con saggezza… finché non
troveranno un giorno la strada dell’armadio, ritrovandosi
bambini.
Le cronache di Narnia: Il leone,
la strega e l’armadio, il film
La saga di Narnia, scritta da
CS Lewis, amico personale di
Tolkien e professore ad Oxford, è considerata un classico della
letteratura britannica per bambini e ragazzi, anche se forse può
sembrare oggi un po’ datata a causa della forte presenza del
messaggio religioso come sottinteso alla vicenda, vista come
metafora della Redenzione prima che come avventura fantasy in un
universo da fiaba parallelo.
Andrew Adamson
adatta il primo romanzo di Narnia, cercando di rendere la vicenda
più snella dalle implicazioni religiose, concedendo spazio alla
spettacolarità degli effetti speciali che non soverchiano però la
trama, costruendo un’avventura che non raggiunge i livelli di
successo di Harry Potter e de Il signore degli anelli , ma che
rappresenta comunque una buona alternativa, anche se forse più
datata, con la partenza di tutto in un’epoca storica in cui si
riconoscono i nonni dei giovani spettatori che dovrebbero essere il
target del film.
Con una partenza reale in una
sequenza particolarmente riuscita a poco fantasy di un
bombardamento che rievoca la sanguinosa Battaglia d’Inghilterra, il
mondo di Narnia che irrompe da un armadio presenta in pieno un
delizioso sense of wonder di fiaba, secondo la migliore tradizione
favolistica anglosassone che fa entrare la fantasia dalle cose di
tutti i giorni.
Le cronache di Narnia primo
capitolo al cinema comunque funziona, con una sequenza tra le più
angoscianti tra quelle viste nel cinema di genere negli anni,
quella della morte sacrificale di Aslan (emblema, secondo l’autore,
di Gesù Cristo) e con un paio di battaglie debitrici a Il signore
degli anelli, senza contare il tema tipicamente da fiaba del tempo
che scorre in modo diverso qui sulla Terra e là a Narnia, dove si
può crescere e essere adulti per poi scoprire che sono passate
poche decine di minuti.
Un film fantasy non solo per
ragazzi, ma anche per chi è stato ragazzo qualche anno fa, e che ha
letto i romanzi di CS Lewis: il risultato
complessivo non è niente male, un blockbuster che però è debitore
alla letteratura e ad una visione più intellettuale del genere
fantasy.
Mark Ruffalo
parteciperà in veste di protagonista al prossimo film dedicato alla
vita e all’arte di Joe Albany, pianista jazz, dal titolo Low Down.
L’attore sarà anche come produttore esecutivo della storia che
verterà sul rapporto del musicista con Amy, la figlia
undicenne.
Dopo la nomination all’Oscar per
Un gelido inverno, uno dei migliori film della stagione,
Jennifer Lawrence potrebbe essere la protagonista
di Hunger Games, film di fantascienza basato sul romanzo di Suzanne
Collins.
Kinopoisk.ru ha pubblicato
moltissime immagini di produzione (circa 70) tratte dal prossimo
film di Terrence Malick, Tree of Life, in uscita
il 27 maggio negli USA.
Le foto, tutte inedite, mostrano i protagonisti nelle scene del
film: Sean Penn, Brad
Pitt e Jessica Chastain. Clikka sulla foto per
vederle tutte:
Ricordiamo che dopo il trailer
presentato a dicembre alle Giornate Professionali del Cinema di
Sorrento, del film si era visto poco e niente. Ora invece sappiamo
quanto dura (2 ore e 18 minuti) e abbiamo tutte queste belle
immagini per esercitare la fantasia in attesa della data d’uscita
del film.
Easy Rider è un
film drammatico del 1969, diretto e interpretato da Dennis Hopper.
Gli altre due attori protagonisti sono
Jack Nicholson e Peter Fonda (figlio di Henry e
fratello di Jane). Pochi dialoghi e tanti paesaggi mozzafiato; il
giusto mix per un film che tratta di libertà. Trattato con maestria
anche lo scontro tutto fine anni ’60 tra un America bigotta e
conservatrice da un lato e un America anticonformista dall’altro.
Il finale drammatico è la giusta ciliegina sulla torta.
Due giovani hippy, Billy e Wyatt,
girano in moto per gli States in piena libertà. Finiti in galera
per aver sfilato insieme a una banda senza l’apposito permesso,
conoscono un ricco giovane avvocato classico “figlio di papà”,
George, che paga la cauzione anche a loro e gli danno un passaggio.
I tre, desiderosi di una vita libera senza catene imposte dalla
società, si scontreranno con una realtà piena di pregiudizi e
balorda.
Il film è stato girato nel 1967 in
6 settimane ma c’è voluto un anno e mezzo per montarlo. Alcune
sequenze sono girate in 16 mm e poi ingrandite e sgranate. Il
soggetto della pellicola è ispirato al film italiano Il sorpasso di
Dino Risi, uscito negli Stati Uniti con il titolo The Easy
Life.
Col successo ottenuto per
l’interpretazione nel film, Jack Nicholson decise di proseguire la
carriera di attore che in quel periodo voleva abbandonare per fare
il regista. Il film non si avvaleva di un vero e proprio copione:
gran parte dei dialoghi sono improvvisati durante le riprese. È il
primo film in cui i protagonisti fumano tranquillamente marijuana
senza poi commettere atti criminali. Gli attori fumano realmente
sul set, e nella scena in cui Jack Nicholson dice: con tutti gli
strati sociali e ride, la risata è dovuta al fatto che era sotto
l’effetto della droga e nella versione originale la frase risulta
quasi uno scioglilingua.
Durante la scena nella quale Fonda
piange in cimitero vicino la statua della Madonna ripete più volte
delle frasi non del tutto comprensibili: “Perché mi hai lasciato
solo mamma”. Sembra che quella battuta fosse stata detta
casualmente durante una crisi del protagonista dovuto all’uso di
LSD. La madre di Peter Fonda è realmente morta quando lui era
ancora adolescente. La moto usata da Peter Fonda nel film è il
modello Captain America del 1969, è stata costruita da Ben Hardy
meccanico afroamericano di Los Angeles che aveva costruito il Pan
di The Wild Angels (dove conobbe Peter Fonda). Hardy acquistò per
500 $ l’una quattro Hydra Glide del ’49, ’50 e ’52 a un’asta della
polizia. Le chopperizzò su idea dell’attore (dalla rivista LowRide
n 17, novembre 2009).
Easy rider resta
alla memoria dello spettatore anche per la straordinaria colonna
sonora, che ben si sposa con le sequenze spruzzanti libertà e
voglia di vivere. Composta da canzoni rock del periodo fine anni
sessanta, essa è diventata un disco di grande successo che si
tramanda tra le generazioni. Molti dei brani della colonna sonora
sono stati raccolti nell’album dei Byrds Ballad of Easy
rider. Tra gli autori si ricordano: The Byrds, Hoyt
Axton, Steppenwolf, Bob Dylan, Jimi Hendrix, John Keene, The
Band.
Quanto ai riconoscimenti, ha vinto
il premio per la miglior opera prima al 22º Festival di Cannes e ha
guadagnato due nomination all’Oscar come Miglior Sceneggiatura e
Miglior Attore non Protagonista. Nel 1969 è stato insignito del
premio Caméra d’or al Festival di Cannes. Nel 1998 è stato scelto
per la preservazione nel National Film Registry della Biblioteca
del Congresso degli Stati Uniti.
The life of David GaleRegia:
Alan ParkerAnno: 2003 Cast: Kevin
Spacey, Kate Winslet.
Il film è avvincente, intenso, con
un finale che lascia a bocca aperta. Tratta della pena di morte
senza scadere in moralismi, banalità ed eroismi plateali dei
protagonisti. Un Kevin Spacey enigmatico come ai tempi di “I soliti
sospetti”. Senza esagerazioni, si può ritenere uno dei migliori
film del decennio appena trascorso.
Un professore texano, portatore di
sani principi e valori, nonché attivista contro la pena di morte
nel Paese che più di tutti quelli americani la pratica, ovvero il
Texas, viene incastrato da una sensuale studentessa che voleva
ottenere una sufficienza nella sua materia utilizzando il suo corpo
provocante. Ovviamente il professore non ci sta, dall’alto dei suoi
principi, e allora la studentessa lo incastra con un finto stupro
approfittando del suo stato di ebbrezza. Di qui cominceranno i guai
per l’insegnante, che perderà moglie e lavoro. Ma al contempo si
dedicherà anima e corpo (è proprio il caso di dirlo) a ciò in cui
crede veramente: l’abolizione della pena di morte.
Il regista Alan Parker ha
all’attivo 16 film, ultimo “The ice at the bottom of the world”
tratto dall’omonimo romanzo di Mark Richard, uscito lo scorso anno.
Tra i suoi film più noti si ricordano Fuga di mezzanotte (1977),
Saranno famosi (1980), Pink Floyd – The Wall (1982), Angel Heart –
Ascensore per l’inferno (1987), Evita (1996). Ha dedicato due film
molto interessanti al popolo irlandese, quali Commitments (1990) e
il toccante Le ceneri di Angela (1999) tratto dall’omonimo romanzo
di F. McCourt.
Quanto ai due attori protagonisti,
Kevin Spacey e Kate Winslet, non hanno bisogno di presentazioni. Il
primo ha 52 anni e ben 44 film all’attivo come attore, ma anche 2
da regista: Insoliti criminali (1996) e Beyond the sea (2005). I
quali non saranno dei capolavori ma contengono comunque ottimi
spunti cinematografici. La seconda, la Winslet, quanto a numeri di
film all’attivo pure non scherza, malgrado la giovane età: 35 anni
e già 25 film.
L’uomo Fiammifero Di Marco Chiarini
, 2009 Con Francesco Pannofino , Marco Leonzi , Greta Castagna,
Tania Innamorati
Trama: Nell’agosto del 1982, Simone
vive da solo col padre, dopo la morte della mamma avvenuta qualche
anno prima, in una cascina nelle campagne abruzzesi: il tempo
sembrerebbe non passare mai, ma per fortuna l’uomo fiammifero, di
cui la madre gli ha sempre parlato, dopo tanto tempo sembra stia
per tornare a realizzare i suoi sogni: aiutato dai suoi amici e
dalla bella Lorenza, Simone costruirà un mondo fantastico popolato
di straordinari personaggi, raccoglierà indizi e segni del
passaggio del suo eroe e dovrà lottare contro il terribile Rubino,
figlio del proprietario del terreno confinante che vuole dominare
tutte le terre emerse e che farebbe di tutto per impedire all’uomo
fiammifero di tornare…
Recensione:
Nel panorama desolante che ormai da
tempo caratterizza il cinema italiano, un film come L’uomo
fiammifero rappresenta quasi un piccolo miracolo; l’opera prima del
regista teramano Marco Chiarini, realizzata con pochissimi mezzi
solo grazie alla tenacia e alla volontà del suo creatore, ha
inevitabilmente sofferto di carente distribuzione nonostante i
numerosi riconoscimenti seguendo il destino di gran parte del
cinema indipendente nostrano, ma questo non ha per fortuna impedito
grazie a un notevole passaparola di consensi, che la sua poesia e
bellezza venissero dimenticate. Nell’affrontare il tema difficile
quanto inflazionato dell’elaborazione del lutto la pellicola filtra
con dolcezza il dolore attraverso gli occhi di chi era bambino nel
1982, quando la creatività non era ancora frenata dalle tecnologie
e la babysitter preferita dai genitori non era la playstation: per
impedire che la luce sul volto della madre morta anni prima
svanisca nel buio, l’undicenne Simone attende fiducioso l’arrivo
dell’uomo fiammifero di cui lei gli aveva sempre raccontato, il
mago che accende le stelle e che può tenere viva la fiamma del
ricordo.
Le noiose giornate estive nella
campagna abruzzese si trasformano così in una avventurosa caccia al
tesoro , dove amici e conoscenti sono dotati di straordinari
poteri: Dina Lampa, la bambina che per l’emozione scompare a
intermittenza, Ocram, che parla al contrario e sa far apparire un
cono alla fragola dalla bocca, Giulio Buio, che per paura di farsi
fotografare vive sempre nell’ombra e ovviamente il perfido Rubino,
figlio del proprietario del terreno confinante, “dominatore di
tutte le terre emerse”; malinconici e bellissimi sono anche lo Zio
Disco, nuovo Mastro Geppetto che parla con una voce sempre diversa
attraverso il mangiadischi in una bottega dove i giocattoli si
animano, l’uomo che rende fino il sale per farti rivivere un
momento felice della vita solo con le sue grandi mani d’argento e
infine Lorenza, la bella dagli occhi verdi, cugina del nemico, che
fa battere il cuore per la prima volta di sentimenti nuovi che non
si riescono a rivelare. Un mondo immaginario (che per certi versi
ricorda le atmosfere dell’americano Un ponte per Terabithia di
Katherine Paterson) ma che si espande in tutte le dimensioni sulla
carta col tratto delicato di una matita, nei disegni di una mano
infantile dalla creatività senza confini dove i maialini possono
volare e le lucciole illuminare il cammino, finché il gallo che
scaccia via la notte non si mette a cantare riportandoci a quella
realtà da cui avevamo tanto pregato di fuggire. L’incanto sembra
svanito quando il ragazzino brucia i suoi giocattoli e dice addio
al sogno irrealizzabile di vedere il suo eroe e tenere così stretta
l’immagine della madre, finché alla finestra inaspettatamente ecco
comparire la fiammella tanto attesa : eppure, lui sceglie di non
vedere e continuare a dormire, forse perché a volte è sufficiente
che il sogno resti tale, un rifugio dove poter correre quando tutto
va in pezzi, fuori dalla logica e dalle realtà come le fantasie dei
più piccoli.
Girato con attori non professionisti che
trovano nella loro stessa spontaneità il cuore di personaggi comuni
persi nel tempo , il film si fregia però della presenza di
Francesco Pannofino che si dimostra sempre di più un attore capace
oltre che un grande doppiatore, nel ruolo del padre vedovo e
disorganizzato di Simone: duro e severo ma allo stesso tempo
complice e dal cuore d’oro, alla fine è proprio a lui che si
mostra il grande uomo fiammifero, restituendogli la fede e la
speranza perduta dopo la morte della moglie e soprattutto, la
fiducia in suo figlio. Un film insolito, fresco e di grande
semplicità, per chi non vuole o non vorrebbe mai crescere, per chi
ha cercato e cerca ancora in segreto, tracce nell’uomo fiammifero e
dei personaggi più incredibili che abitano l’infanzia, per chi è
cresciuto anche troppo e si è smarrito nella quotidianità di un
mondo frenetico e avrebbe solo bisogno di fermarsi un momento, a
guardare fuori dalla finestra, per ricordarsi del bambino che
dentro di noi, anche se a volte pensiamo di non riuscire più a
sentirlo, dorme e fa ancora sogni meravigliosi.
Arriva nelle sale italiane
Nessuno mi può giudicare la nuova commedia diretta da
Massimiliano Bruno e con protagonisti assoluti
Paola Cortellesi e
Raoul Bova.
In Nessuno mi può giudicare
Alice è una donna ricca, razzista e un po’ cafona che trascorre la
sua vita organizzando feste e dando ordini al suo personale
extracomunitario. Quando però il marito imprenditore muore in un
incidente, lei rimasta sola con suo figlio, si troverà costretta
per la prima volta nella sua vita a lavorare per pagare il debito
che suo marito le ha lasciato in eredità. Venderà tutto e si
trasferirà quindi nei quartieri popolari di Roma, e realizzerà che
di lavori che possano fruttarle abbastanza da permetterle di pagare
il debito evitando le galera e mantenere suo figlio con lei ce ne
sono davvero pochi. Così deciderà suo malgrado di fare la escort.
La storia in questi termini sembra sicuramente tragica, e nella sua
intimità riflette una società del compromesso, la nostra purtroppo,
nella quale le persone in difficoltà spesso fanno ciò che non
vogliono per riuscire a cavarsela, proprio come Alice.
Ma la forza del film è proprio
questa, trattare di argomenti scomodi e di forte impegno sociale
con ironico divertimento, senza mai cedere al patetismo, scivolando
lievemente e solo di rado nel prevedibile buonismo che è tipico e
costitutivo della commedia. In Nessuno mi può
giudicare si ride di gusto e con irriverente trasporto: le
razze e i razzisti, i ricchi e i poveri, i raffinati e i cafoni, i
politici e i loro vizietti, tutto diventa materia di uno sguardo,
quello di Massimiliano Bruno alla sua opera prima
al cinema, acuto ed intelligente, che lavora sulla battuta con
grande cura e con un ottimo risultato. A tenere il timone è una
splendida Paola Cortellesi che nei panni succinti della
escort Alice rappresenta con la sua consueta ironia un personaggio
che invece ha tutte le carte in regola per essere tragico. Accanto
a lei Raul Bova, mai così trucido (e bello), che si cala
completamente nel ruolo scomposto di Giulio, squattrinato gestore
di un call centre.
Ma anche Rocco Papaleo il becero razzista, Anna Foglietta escort in carriera dal cuore
d’oro, Valerio Aprea depresso di costituzione,
la ‘strana coppia’
Lucia Ocone e Lillo, condomini rozzi ma dal cuore
d’oro, ogni singolo personaggio è curato nei dettagli, merito di un
lavoro di tornio che da spessore al film, in una commedia
trascinante. E gli attori, dai più piccoli ai più grandi, danno un
contributo fondamentale; Bruno si diverte e mettere ‘fuori parte’ i
suoi, trasformando il bello e pulito Bova in rozzo ‘trucidone’, la
divertente Cortellesi in sensuale escort (senza mai scadere nella
volgarità!), la raffinata Ocone in pacchiana romanaccia, mantenendo
l’armonia e l’equilibrio, senza mai uscire dalle righe e regalando
larghi e abbondanti sorrisi. Nessuno mi può
giudicare è un film di scrittura, fatto bene, che racconta
di personaggi e di temi sociali con il gusto dolce amaro della
commedia di una volta.
Comingsoon.net ha
pubblicato una serie di concept per la realizzazione delle creature
presenti nel prossimo Pirati dei Caraibi: Oltre i Confini
del Mare; la creatura in questione è
Syrena che vedremo nel film e che supponiamo
metterà in difficoltà i naviganti…
La Paramount Pictures ha pubblicato
via Twitter l’atteso full trailer di Super 8, il nuovo film
fantascientifico di J.J. Abrams prodotto assieme a Steven Spielberg.
Il rito: dopo quattro anni di
seminario Michael Kovak ha una crisi, sente che la sua fede non è
così solida come dovrebbe essere per un sacerdote. Così decide di
dimettersi ma improvvisamente il vescovo gli chiede di partecipare
ad un corso di esorcismo che si svolge a Roma.
Incuriosito ed anche molto scettico Michael accetta e si
trasferisce nell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Michael non
crede negli esorcismi né al fatto che il demonio possa manifestarsi
nella realtà quotidiana…..ma dopo aver conosciuto Padre Lucas il
giovane sacerdote si ricrederà!
Diretto da Mikael Hafstrom “Il
rito” ci ripropone il tema degli esorcismi, ancora una volta con la
contrapposizione tra scetticismo e fede, tra il giovane sacerdote
che non crede alle possessioni e l’anziano sacerdote che invece ha
molta esperienza e ne ha viste di tutti i colori. Niente di nuovo
insomma, a parte la magnifica interpretazione del grande Anthony
Hopkins.
Rango: Rango è un giovane
camaleonte che ha sempre vissuto dentro un terrario con la
convinzione di essere un attore! Durante un viaggio in macchina
verso il Messico, un imprevisto lo fa balzare fuori dal terrario e
dall’automobile lasciandolo da solo in mezzo al deserto del Mojave.
Non sapendo cosa fare, Rango inizia a camminare sfuggendo ai
pericolosi animali del deserto finché non giunge a Polvere, una
cittadina western dove vive una piccola comunità di animali che
però non amano molto gli estranei. Per cercare di farsi accettare
Rango decide di aiutare la comunità a risolvere un grande problema:
far tornare l’acqua. Solo diventando un eroe Rango potrà
conquistare i suoi nuovi amici…ma non sa che i pericoli sono
molti!!
Gore Verbinski insieme alla
Industrial Light and Magic girano per la prima volta un film
d’animazione….e il risultato è ottimo. Diverso da tutti gli altri
film Pixar “Rango” è un vero e proprio western, con inquadrature in
primo piano, dove domina il deserto polveroso, dove ci sono luoghi
da conquistare e dove ci sono pistoleri. Ovviamente non mancano le
riflessioni sulla vita anche se sono equamente inframezzate da
battute e gag divertenti.
Ramona e Beezus:
Ramona Quimby è una ragazzina piena di energia, con un’infinita
immaginazione e con un forte spirito d’avventura. Ha una sorella
maggiore, Beatrice che però lei chiama Beezus, che non la sopporta
molto anzi è infastidita da tutti i guai che combina Ramona,
soprattutto quando cerca di conquistare il ragazzo che le piace,
Henry. Nonostante questo però Beezus dovrà ricredersi sulla sorella
quando Ramona cercherà a tutti i costi di salvare la casa della
famiglia…
Elizabeth Allen dirige questa
commedia per ragazze ispirandosi ai romanzi di Beverly Cleary, ci
racconta la spensierata vita di una ragazzina che non vuole
adattarsi alle regole e al modo di pensare degli adulti, che
combina sempre mille guai e che non sa ancora nulla della vita.
Viene descritta l’infanzia come tale, senza troppi ragionamenti
complessi e irreali per dei bambini, come invece si vedono in molti
altri film.
Holy Water: nel
paesino irlandese Killcoulin’s Leap vivono quattro amici scapoli e
senza prospettive per il futuro. Di sicuro questa mancanza di
prospettive non è solo colpa loro ma anche del paesino in cui
vivono dove il lavoro scarseggia, le donne sono poche, la mentalità
delle persone è chiusa e bigotta, per non parlare della vita
notturna che è praticamente inesistente! Perciò un giorno uno di
loro decide di andarsene, di fuggire per realizzare i suoi sogni.
Prendendo la palla al balzo gli altri tre decidono di seguirlo….ma
come fare senza soldi?? I quattro decidono di procurarsi il denaro
rubando il carico di un furgoncino che trasporta Viagra, la famosa
pillola per le curare le disfunzioni erettili, per poi rivendere il
prodotto ad Amsterdam. Loro pensavano si trattasse di un piccolo
carico di poco valore, invece il bottino ammonta a ben 63 milioni
di dollari….perciò la Pfizer, la casa produttrice del Viagra,
decide di inviare direttamente dall’America una squadra della SWAT
per catturare i rapinatori! Presi dal panico i quattro amici non
sanno cosa fare, l’unica cosa a cui riescono a pensare è quella di
mettere momentaneamente la refurtiva nel pozzo della sorgente della
città detto “dell’acqua santa”. L’imprevisto però non capita mai
solo, oltre ad avere la SWAT alle calcagna i quattro
combinano un guaio non rendendosi conto che mentre calano il Viagra
nel pozzo le scatole si rompono facendo sciogliere il farmaco
nell’acqua….ben presto la tranquilla popolazione di Killcoulin’s
Leap sarà travolta da un’ondata di godimento!
Tom Reeve dirige questa
esilarante commedia sopra le righe. La combinazione tra un paesino
molto religioso e la magica pillola è di sicuro molto curiosa, come
curiosi e divertenti sono i protagonisti del film con le loro
battute sarcastiche e le situazioni imbarazzanti in cui si
cacciano.
I ragazzi stanno bene: Nic e
Jules sono una felice coppia gay che ha messo al mondo due bambini,
Joni e Laser. Tutto procede benissimo, i ragazzi sono sereni così
come le loro due mamme. Quando però Joni sta per compiere diciotto
anni e lasciare la casa per andare al college, il fratello minore
Laser le chiede un grande favore…..andare alla banca del seme dove
sono stati concepiti e scoprire chi è il loro papà biologico. Joni
accetta e poco dopo riesce a scoprire che il loro padre è
Paul, un dongiovanni proprietario di un ristorante. Ovviamente i
due ragazzi vogliono conoscere meglio il loro padre, così quando le
due mamme scoprono tutto sono costrette a far entrare Paul nel
quadro familiare…..tutti i loro rapporti dovranno essere ridefiniti
prendendo in considerazione Paul!
Lisa Cholodenko insieme a
Julienne Moore, Annette Bening, Mia Wasikowskae Josh
Hutcherson hanno dato vita ad una famiglia particolare si, ma molto
felice e molto stabile. Questo film ci mostra un nucleo familiare
non convenzionale, con due mamme e i loro figli, ma tutto dentro
una normalità e un’ordinarietà che sembra non differire da tutte le
altre coppie eterosessuali. Senza nessun eccesso vengono quindi
esaminati i rapporti tra genitori e figli.
Carissima me:
una brillante carriera, un uomo che la ama, molto denaro e un po’
di potere…..questa è la vita di Margaret. Tutto però cambia quando,
il giorno del suo quarantesimo compleanno, un anziano notaio le
spedisce la prima di una serie di lettere che lei stessa aveva
scritto quando aveva sette anni. Le lettere sono un specie di
promemoria che la piccola Margaret scrisse per la Margaret adulta
così da impedire la perdita della ragione e le priorità della vita.
Rileggendole pian piano Margaret riscopre un passato che aveva
dimenticato e si accorge di essere diventata una donna diversa da
quella che sognava da piccola.
Yann Samuell riporta sul grande
schermo Shopie Marceu, sempre bellissima, nei panni di una donna
forte e dedita al lavoro che però ha perso se stessa e i suoi
sogni.
Gangor: Upin è un fotoreporter
impegnato in un reportage che ritrae le condizioni delle donne nei
regimi tribali. Quando si reca in Purulia, nel Bengala Occidentale,
rimane affascinato dalla bella Gangor che fotografa mentre allatta
al seno il suo bambino. La foto finisce sulle prime pagine dei
giornali provocando grande scalpore nella popolazione tribale. A
rimetterci è Gangor che viene isolata e sottoposta alla violenza
della polizia locale. Upin pieno di sensi di colpa decide di
aiutarla e ben presto anche le altre donne si mobiliteranno per
denunciare le violenze subite.
Italo Spinelli affronta un tema
importante con questo film: le condizioni di vita, la
sottomissione, le violenze che ogni giorno le donne che vivono in
popolazioni tribali devono subire. Purtroppo ancora oggi esistono
realtà del genere e purtroppo le antiche tradizioni non vengono
abbandonate. La stampa in questo caso è vista sia come mezzo
pericoloso che disturba certi equilibri e che può generare molti
mali, sia come mezzo di informazione che ritrae realtà molto spesso
ignorate dalla maggior parte della popolazione mondiale.
Tutti al mare: Maurizio, un
romano doc, gestisce un chiosco, ad Ostia, insieme alla madre, una
donna severa che gli gestisce la vita nonostante stia su una sedia
a rotelle. Maurizio nelle sue giornate deve fare i conti con una
varia umanità che entra ed esce dal suo chiosco che la sera
trasforma in un ristorante di lusso, Chez Maurice. I clienti sono
un po’ stravaganti: si passa dallo iettatore, al suicida che
Maurizio incita ad uccidersi due chioschi più lontano, un
cleptomane affetto da amnesia, Sara e Giovanna una coppia gay di
hostess e molti altri. Ad aggiungersi a tutto questo ci sono anche
gli extracomunitari che vengono dal mare in cerca di fortuna.
Matteo Cerami insieme a Marco
Giallini, Ilaria Occhini, Vincenzo Cerami e Gigi Proietti mettono
in scena una parte di umanità varia e molto particolare con tutti i
suoi difetti e problemi.
Le stelle inquiete: è il
1941 e la filosofa Simone Wiel di origine ebraica è costretta a
lasciare il Sud della Francia a causa delle persecuzioni razziali.
Decide così di rifugiarsi nella campagna marsigliese, dal suo amico
Gustave Thibon, il “contadino filosofo”, e sua moglie Yvette. Tra i
tre nasce una profonda amicizia che sfocia poi in amore. Ma
nonostante la gelosia e i vari problemi, la gioia di ridere e
amarsi è troppo grande ed evita di rovinare tutto.
Emanuela Piovano ci racconta una
parte di vita della famosa filosofa Simone Weil, che ha studiato il
cristianesimo, il comunismo, che ha combattuto contro le
ingiustizie della società moderna per migliorare le condizioni di
vita dei lavoratori, sperimentando anche in prima persona la catena
di montaggio lavorando alla Renault come fresatrice.
Keira Knightley ha declinato il quarto episodio
di Pirati dei Caraibi, ma questo non vuol dire che non sia più
interessata ai pirati in genere! L’attrice sarà infatti la voce di
Trilli/Campanellino nel prequel di Peter Pan, intitolato Neverland
e annunciato in rete.
Il rito: dopo
quattro anni di seminario Michael Kovak ha una crisi, sente che la
sua fede non è così solida come dovrebbe essere per un sacerdote.
Così decide di dimettersi ma improvvisamente il vescovo gli chiede
di partecipare ad un corso di esorcismo che si svolge a Roma.
Incuriosito ed anche molto scettico
Michael accetta e si trasferisce nell’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum. Michael non crede negli esorcismi né al fatto che il
demonio possa manifestarsi nella realtà quotidiana…..ma dopo aver
conosciuto Padre Lucas il giovane sacerdote si ricrederà!
Diretto da Mikael Hafstrom “Il
rito” ci ripropone il tema degli esorcismi, ancora una volta con la
contrapposizione tra scetticismo e fede, tra il giovane sacerdote
che non crede alle possessioni e l’anziano sacerdote che invece ha
molta esperienza e ne ha viste di tutti i colori. Niente di nuovo
insomma, a parte la magnifica interpretazione del grande Anthony
Hopkins.
Rango: Rango è
un giovane camaleonte che ha sempre vissuto dentro un terrario con
la convinzione di essere un attore! Durante un viaggio in macchina
verso il Messico, un imprevisto lo fa balzare fuori dal terrario e
dall’automobile lasciandolo da solo in mezzo al deserto del Mojave.
Non sapendo cosa fare, Rango inizia a camminare sfuggendo ai
pericolosi animali del deserto finché non giunge a Polvere, una
cittadina western dove vive una piccola comunità di animali che
però non amano molto gli estranei. Per cercare di farsi accettare
Rango decide di aiutare la comunità a risolvere un grande problema:
far tornare l’acqua. Solo diventando un eroe Rango potrà
conquistare i suoi nuovi amici…ma non sa che i pericoli sono
molti!!
Gore Verbinski insieme alla
Industrial Light and Magic girano per la prima volta un film
d’animazione….e il risultato è ottimo. Diverso da tutti gli altri
film Pixar “Rango” è un vero e proprio western, con inquadrature in
primo piano, dove domina il deserto polveroso, dove ci sono luoghi
da conquistare e dove ci sono pistoleri. Ovviamente non mancano le
riflessioni sulla vita anche se sono equamente inframezzate da
battute e gag divertenti.
Ramona e Beezus:
Ramona Quimby è una ragazzina piena di energia, con un’infinita
immaginazione e con un forte spirito d’avventura. Ha una sorella
maggiore, Beatrice che però lei chiama Beezus, che non la sopporta
molto anzi è infastidita da tutti i guai che combina Ramona,
soprattutto quando cerca di conquistare il ragazzo che le piace,
Henry. Nonostante questo però Beezus dovrà ricredersi sulla sorella
quando Ramona cercherà a tutti i costi di salvare la casa della
famiglia…
Elizabeth Allen dirige questa
commedia per ragazze ispirandosi ai romanzi di Beverly Cleary, ci
racconta la spensierata vita di una ragazzina che non vuole
adattarsi alle regole e al modo di pensare degli adulti, che
combina sempre mille guai e che non sa ancora nulla della vita.
Viene descritta l’infanzia come tale, senza troppi ragionamenti
complessi e irreali per dei bambini, come invece si vedono in molti
altri film.
Holy Water: nel
paesino irlandese Killcoulin’s Leap vivono quattro amici scapoli e
senza prospettive per il futuro. Di sicuro questa mancanza di
prospettive non è solo colpa loro ma anche del paesino in cui
vivono dove il lavoro scarseggia, le donne sono poche, la mentalità
delle persone è chiusa e bigotta, per non parlare della vita
notturna che è praticamente inesistente! Perciò un giorno uno di
loro decide di andarsene, di fuggire per realizzare i suoi sogni.
Prendendo la palla al balzo gli altri tre decidono di seguirlo….ma
come fare senza soldi?? I quattro decidono di procurarsi il denaro
rubando il carico di un furgoncino che trasporta Viagra, la famosa
pillola per le curare le disfunzioni erettili, per poi rivendere il
prodotto ad Amsterdam. Loro pensavano si trattasse di un piccolo
carico di poco valore, invece il bottino ammonta a ben 63 milioni
di dollari….perciò la Pfizer, la casa produttrice del Viagra,
decide di inviare direttamente dall’America una squadra della SWAT
per catturare i rapinatori! Presi dal panico i quattro amici non
sanno cosa fare, l’unica cosa a cui riescono a pensare è quella di
mettere momentaneamente la refurtiva nel pozzo della sorgente della
città detto “dell’acqua santa”. L’imprevisto però non capita mai
solo, oltre ad avere la SWAT alle calcagna i quattro
combinano un guaio non rendendosi conto che mentre calano il Viagra
nel pozzo le scatole si rompono facendo sciogliere il farmaco
nell’acqua….ben presto la tranquilla popolazione di Killcoulin’s
Leap sarà travolta da un’ondata di godimento!
Tom Reeve dirige questa
esilarante commedia sopra le righe. La combinazione tra un paesino
molto religioso e la magica pillola è di sicuro molto curiosa, come
curiosi e divertenti sono i protagonisti del film con le loro
battute sarcastiche e le situazioni imbarazzanti in cui si
cacciano.
I ragazzi stanno
bene: Nic e Jules sono una felice coppia gay che ha messo
al mondo due bambini, Joni e Laser. Tutto procede benissimo, i
ragazzi sono sereni così come le loro due mamme. Quando però Joni
sta per compiere diciotto anni e lasciare la casa per andare al
college, il fratello minore Laser le chiede un grande
favore…..andare alla banca del seme dove sono stati concepiti e
scoprire chi è il loro papà biologico. Joni accetta e poco dopo
riesce a scoprire che il loro padre è Paul, un dongiovanni
proprietario di un ristorante. Ovviamente i due ragazzi vogliono
conoscere meglio il loro padre, così quando le due mamme scoprono
tutto sono costrette a far entrare Paul nel quadro
familiare…..tutti i loro rapporti dovranno essere ridefiniti
prendendo in considerazione Paul! Lisa Cholodenko insieme a
Julienne Moore, Annette Bening, Mia Wasikowskae Josh
Hutcherson hanno dato vita ad una famiglia particolare si, ma molto
felice e molto stabile. Questo film ci mostra un nucleo familiare
non convenzionale, con due mamme e i loro figli, ma tutto dentro
una normalità e un’ordinarietà che sembra non differire da tutte le
altre coppie eterosessuali. Senza nessun eccesso vengono quindi
esaminati i rapporti tra genitori e figli.
Carissima me:
una brillante carriera, un uomo che la ama, molto denaro e un po’
di potere…..questa è la vita di Margaret. Tutto però cambia quando,
il giorno del suo quarantesimo compleanno, un anziano notaio le
spedisce la prima di una serie di lettere che lei stessa aveva
scritto quando aveva sette anni. Le lettere sono un specie di
promemoria che la piccola Margaret scrisse per la Margaret adulta
così da impedire la perdita della ragione e le priorità della vita.
Rileggendole pian piano Margaret riscopre un passato che aveva
dimenticato e si accorge di essere diventata una donna diversa da
quella che sognava da piccola. Yann Samuell riporta sul grande
schermo Shopie Marceu, sempre bellissima, nei panni di una donna
forte e dedita al lavoro che però ha perso se stessa e i suoi
sogni.
Gangor: Upin è
un fotoreporter impegnato in un reportage che ritrae le condizioni
delle donne nei regimi tribali. Quando si reca in Purulia, nel
Bengala Occidentale, rimane affascinato dalla bella Gangor che
fotografa mentre allatta al seno il suo bambino. La foto finisce
sulle prime pagine dei giornali provocando grande scalpore nella
popolazione tribale. A rimetterci è Gangor che viene isolata e
sottoposta alla violenza della polizia locale. Upin pieno di sensi
di colpa decide di aiutarla e ben presto anche le altre donne si
mobiliteranno per denunciare le violenze subite. Italo
Spinelli affronta un tema importante con questo film: le condizioni
di vita, la sottomissione, le violenze che ogni giorno le donne che
vivono in popolazioni tribali devono subire. Purtroppo ancora oggi
esistono realtà del genere e purtroppo le antiche tradizioni non
vengono abbandonate. La stampa in questo caso è vista sia come
mezzo pericoloso che disturba certi equilibri e che può generare
molti mali, sia come mezzo di informazione che ritrae realtà molto
spesso ignorate dalla maggior parte della popolazione
mondiale.
Tutti al mare:
Maurizio, un romano doc, gestisce un chiosco, ad Ostia, insieme
alla madre, una donna severa che gli gestisce la vita nonostante
stia su una sedia a rotelle. Maurizio nelle sue giornate deve fare
i conti con una varia umanità che entra ed esce dal suo chiosco che
la sera trasforma in un ristorante di lusso, Chez Maurice. I
clienti sono un po’ stravaganti: si passa dallo iettatore, al
suicida che Maurizio incita ad uccidersi due chioschi più lontano,
un cleptomane affetto da amnesia, Sara e Giovanna una coppia gay di
hostess e molti altri. Ad aggiungersi a tutto questo ci sono anche
gli extracomunitari che vengono dal mare in cerca di
fortuna. Matteo Cerami insieme a Marco Giallini, Ilaria
Occhini, Vincenzo Cerami e Gigi Proietti mettono in scena una parte
di umanità varia e molto particolare con tutti i suoi difetti e
problemi.
Le stelle
inquiete: è il 1941 e la filosofa Simone Wiel di origine
ebraica è costretta a lasciare il Sud della Francia a causa delle
persecuzioni razziali. Decide così di rifugiarsi nella campagna
marsigliese, dal suo amico Gustave Thibon, il “contadino filosofo”,
e sua moglie Yvette. Tra i tre nasce una profonda amicizia che
sfocia poi in amore. Ma nonostante la gelosia e i vari problemi, la
gioia di ridere e amarsi è troppo grande ed evita di rovinare
tutto.
Emanuela Piovano ci racconta una
parte di vita della famosa filosofa Simone Weil, che ha studiato il
cristianesimo, il comunismo, che ha combattuto contro le
ingiustizie della società moderna per migliorare le condizioni di
vita dei lavoratori, sperimentando anche in prima persona la catena
di montaggio lavorando alla Renault come fresatrice.
La CBS Films ha acquisito i diritti
di distribuzione per il remake di Gambit, film del 1966
con Michael Caine e Shirley
MacClaine. Il film in questione, basato su una
sceneggiatura riadattata dei Fratelli Coen e
diretto da Michael Hoffman, ha ora i due
protagonisti: sono Colin Firth e Cameron
Diaz.
Così come i loro personaggio nella
Saga di Harry Potter, pare che Daniel Radcliffe e Gary Oldman
abbiamo un legame speciale nato appunto durante le riprese di
Harry Potter e il prigioniero di Azkaban. “Per
me recitare accanto a Gary nel quinto film è stato molto
impegnativo, forse per un mio desiderio infantile di volerlo
continuamente impressionare” ha detto ad MTV Daniel
nell’estate del 2009.
Neri Parenti ci
propone Amici miei – come tutto ebbe inizio, il
prequel di un famosissimo film del compianto e di recente
tragicamente scomparso, Mario
Monicelli:Amici miei, del 1975. Si intitola
appunto Amici miei – come tutto ebbe inizio e
uscirà il prossimo 16 marzo.
Per questo lungometraggio, Parenti
si affida a una squadra di attori che almeno sulla carta sono una
garanzia di divertimento e spensieratezza: Christian De
Sica,
Michele Placido, Giorgio Panariello, Paolo Hendel e Massimo
Ghini. Del resto, il film è ambizioso, perché riprende un
lungometraggio di successo degli anni ’70, figlio di un grande
regista che bene ha saputo raccontare l’Italia tra gli anni ’50 e
gli anni ’70.
Le burla della compagnia di
“toscanacci” si svolge questa volta nella Firenze della fine del
1400, alla corte di Lorenzo De’ Medici. Duccio (Michele
Placido), Cecco (Giorgio Panariello),
Jacopo (Paolo Hendel), Manfredo (Massimo
Ghini) e Filippo (Christian De Sica) sono
protagonisti di scherzi e vicende vissute nell’intento di
prolungare lo stato felice della giovinezza e fuggire dalle
responsabilità della vita adulta. Neanche la peste li fa desistere
dalle loro “zingarate”. Anzi quella drammatica situazione pare la
più fertile per agire liberi ed indisturbati e dare seguito ai loro
scherzi. Una città rinchiusa e spaventata è infatti l’ideale per
far cadere dei malcapitati nelle beffe ordite dai cinque amici per
esorcizzare la paura della morte con la vita.
E quando, dopo l’ultima beffa ai
danni del legnaiolo ed eroe del calcio in costume Alderighi
(Massimo Ceccherini), sembrano scarseggiare le
vittime, perché non prendere di mira a sua insaputa proprio uno di
loro? È così che Cecco diventa oggetto di una memorabile bravata
dei goliardici amici. Bravata in cui giocherà la sua parte anche
Lorenzo il Magnifico in persona. Amici miei ha già avuto due
sequel, nel 1982 e nel 1985, ritenuti minori e meno originali del
primo. E questo come sarà? Non resta che andare al Cinema per
scoprirlo.
Pierfrancesco
Favino – È lui stesso a dire che il termine star evoca
alla sua mente solo l’immagine del famoso brodo. E questo già la
dice lunga sul suo understatement, sull’umiltà con la quale
affronta il mestiere d’attore. Tuttavia, considerata la popolarità
raggiunta, le collaborazioni illustri in Italia e all’estero, la
versatilità che ormai tutti gli conosciamo, che lo rende capace di
spaziare nei più svariati registri cinematografici e di giocare coi
più disparati dialetti dello stivale, pare che l’attore romano
dovrà proprio abituarsi ad essere definito star.
Tante, negli ultimi quindici anni,
le pellicole cui ha dato sapore e carattere, passando con
disinvoltura dalla commedia al dramma e viceversa: da L’ultimo
bacio di Muccino a Romanzo criminale, da Saturno contro a
Figli delle stelle. Senza dimenticare le interpretazioni
televisive: dal giovane medico di Amico mio, al ciclista Gino
Bartali, al sindacalista Di Vittorio. Personaggi forti e
determinati i suoi, uomini tutti d’un pezzo, balordi, ma anche
bravi ragazzi, uomini d’oro, o simpatiche canaglie e cinici
egoisti. Ad ognuno ha saputo dare una caratterizzazione precisa,
fatta di movenze, sguardi, atteggiamenti, inflessioni linguistiche,
sempre perfettamente in sintonia col personaggio, tanto da renderlo
fotografia vivida e spesso memorabile. Stiamo parlando di
Pierfrancesco Favino.
Tutto ha inizio il 24 agosto del
1969, quando nasce in quella stessa Roma dove tutt’ora vive. Sul
fatto che abbia un forte legame con la sua città sussistono pochi
dubbi: si dice che ami vivere il suo quartiere – il Celio – e che
non si sottragga al contatto con la gente. È proprio nella Capitale
che muove i primi passi da attore, inizialmente come studente
dell’Accademia d’Arte Drammatica, poi sul palco, sotto la sapiente
direzione di maestri come Proietti e Ronconi.
Prosegue quindi approdando alla tv – che continuerà a frequentare
con una certa assiduità – nel ’91 con la partecipazione a Una
questione privata di Alberto Negrin, cui segue la
serie tv Amico mio (1 e 2, 1993 e 1998).
Nel frattempo, esordisce anche al
cinema, con Pugili di Lino Capolcchio (1995). Due anni dopo è nel
cast del film di Stefano Reali In barca a vela contromano, accanto
a Valerio Mastandrea e Antonio
Catania, in un piccolo ma ben caratterizzato ruolo: quello
del disinvolto dottor Castrovillari. Nello stesso anno è diretto da
uno dei nostri più grandi registi: Marco
Bellocchio, in Il principe di Homburg. Nel 2000, non si
lascia sfuggire l’occasione di farsi dirigere da Luigi Magni, che
firma la sua ultima opera, La carbonara. Qui Pierfrancesco
Favino recita accanto a Fabrizio Gifuni,Valerio Mastandrea e al grande Nino
Manfredi. Nel 2001 lo vuole Gabriele Muccino, per la sua
commedia sentimentale sui trentenni in crisi L’ultimo bacio.
Altro film sulla generazione degli
“enta” è la seconda prova dietro la macchina da presa di Luciano
Ligabue Da zero a dieci (2002), dove Pierfrancesco
Favino interpreta Biccio. È poi scelto da Enzo Monteleone
per una pellicola drammatica: veste i panni del sergente Rizzo in
El Alamein – La linea del fuoco, che ricostruisce le vicende legate
all’omonima battaglia, protagonisti un plotone italiano opposto
alle forze inglesi in Egitto nel 1942. Per l’efficace prova
d’attore non protagonista, è tra i candidati al David di
Donatello.
Il 2003 lo vede partecipare alla
commedia corale, esordio registico di Maria Sole
Tognazzi, Passato prossimo, con Paola Cortellesi, Claudio
Santamaria, Valentina Cervi. Al centro del film un gruppo
di amici che si ritrovano nella casa di campagna di una di loro
(Paola Cortellesi) per passare il fine settimana,
ricordando il loro passato insieme e immaginando il loro futuro.
Nel 2004 arriva un’altra collaborazione importante, che porterà
a Pierfrancesco Favino ancora una candidatura
al Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista, quella
con Gianni Amelio per Le chiavi di casa, accanto a Kim Rossi
Stuart. Per ora, però, non arrivano premi pesanti, come non sono
ancora arrivati ruoli da protagonista. Pierfrancesco
Favino è infatti considerato un buon caratterista, in
grado di ricoprire brillantemente ruoli di comprimari, ma non
adatto a quelli di primo piano. Tuttavia, è innegabile che anche
nei più piccoli ruoli affidatigli, l’attore romano riesca sempre a
fornire una caratterizzazione precisa, vivida e realistica, che
lascia il segno e resta nella memoria.
Il primo a scommettere di più sulle
sue doti è Michele Placido, che lo vuole per il
suo Romanzo criminale (2005), tratto dall’omonima
opera narrativa di Giancarlo De Cataldo, e
liberamente ispirato alle vicende della Banda della Magliana. E la
scommessa è senz’altro vinta. Il film è strutturato in tre episodi,
che rispecchiano le fasi e i passaggi di potere all’interno del
gruppo criminale. Favino è protagonista del primo episodio, nei
panni del Libanese: colui a cui si deve l’idea del “salto di
qualità” della banda, dalla piccola criminalità al crimine
organizzato, che controlla droga e prostituzione a Roma, stringe
alleanze con la mafia siciliana e con le alte sfere di un potere
politico più o meno corrotto.
Il Libanese pensa in grande, si
ispira agli imperatori romani e vuole ottenere con la forza un
riscatto sociale che non è riuscito a guadagnare con altri mezzi. E
come Giulio Cesare, finirà pugnalato per vendetta
da uno degli scagnozzi che si tiene intorno, in una delle sequenze
più intense del film. Pierfrancesco Favino
mette al servizio del personaggio la sua fisicità imponente, qui
quasi da orso (assieme all’andatura claudicante messa a punto per
il personaggio), e un’espressività truce, adattissima
all’occasione. Ciò non significa però che nel corso della pellicola
non mostri un ampio repertorio espressivo, che spazia appunto dallo
sguardo più torvo, alle lacrime, in un’interpretazione di altissimo
livello. Accanto a lui, degni protagonisti degli altri due episodi
della pellicola, Kim Rossi Stuart/Il Freddo, che
ritrova dopo Le chiavi di casa, e Claudio
Santamaria/Il Dandi, con cui aveva condiviso il set di
Passato prossimo. Il film fa il pieno di riconoscimenti,
collezionando sette Nastri d’Argento e dieci David di
Donatello. Pierfrancesco Favino li
porta a casa entrambi, il primo come Miglior Attore protagonista e
il secondo come Miglior Attore non protagonista. La pellicola
ottiene uno straordinario successo di pubblico e la popolarità
dell’attore romano cresce vistosamente, assieme al credito
accordatogli dalla critica e dagli ambienti cinematografici. Il
riscontro è tale che dal film viene tratta una fortunata serie
televisiva (giocata però più sulla rappresentazione di tipi umani
dai modi stereotipati, che banalizzano certi tratti tipici della
romanità. Nulla a che vedere con la complessità e la sapidità dei
personaggi del film).
Altri affermati registi italiani
vogliono Pierfrancesco Favino nei loro cast. Nel
2006 lo sceglie Giuseppe Tornatore per
interpretare il ruolo di Donato Adacher ne La sconosciuta,
protagonista Ksenia Rappoport. Lo stesso fa
Ferzan Ozpetek che, dopo aver scelto Gassman per
Il bagno turco, Accorsi e Margherita Buy per Le fate ignoranti,
Barbora Bobulova per Cuore sacro, ora punta proprio su Favino per
farne il personaggio cardine di quell’affresco corale su amicizia,
amore e morte, che è Saturno contro (2007). Anche in questo caso,
il compito non è facile: Davide è un uomo equilibrato, sicuro di
sé, risolto, con una vita tranquilla, che condivide con il
suo compagno Lorenzo/Luca Argentero e un nutrito gruppo di amici,
per i quali è figura di riferimento. Ha un lavoro che lo soddisfa
(scrive favole) e una bella casa. Questo universo quasi perfetto
entra in crisi con la morte improvvisa di Lorenzo. Per buona parte
del film, il personaggio si mostra forte, quasi spavaldo di fronte
all’accaduto, nascondendo in qualche parte remota di sé il dolore
causato dalla scomparsa del compagno. Poi, tutto emergerà,
reclamando il suo spazio.
E solo dopo aver vissuto realmente
il lutto e averne acquisito consapevolezza, lui e i suoi amici,
colpiti anch’essi profondamente dalla perdita, potranno
ricominciare a vivere.Pierfrancesco
Favino convince anche nei panni dell’omosessuale alle
prese con il lutto e commuove davvero nella sequenza clou del film
quando, in preda a tentazioni suicide, scoppia in lacrime. Un filo
di rigidità si percepisce solo in una delle prime scene, quella del
bacio con Argentero, in cui certamente Ozpetek è bravo a sfruttare,
volgendolo in positivo, l’imbarazzo dei due protagonisti.
Nello stesso anno, all’attore viene
offerta la possibilità di partecipare con un cameo a una produzione
made in USA: Una notte al museo di Shawn Levy, con
Ben Stiller. Pierfrancesco
Favino non si lascia scappare l’opportunità, che in
seguito sfrutterà ancora con successo, riscuotendo un discreto
apprezzamento oltreoceano. Il 2008, infatti, è l’anno della sua
partecipazione a Le cronache di Narnia: il principe Caspian di
Andrew Adamson. Ma è anche quello di Spike Lee,
che lo vuole nel cast di Miracolo a Sant’Anna.
Tuttavia, non dimentica l’Italia e ritrova Maria Sole
Tognazzi, che lo dirige in L’uomo che
ama, di nuovo accanto a Ksenia Rappoport.
Nel 2009 torna a solcare l’oceano e partecipa, in un piccolo ruolo,
ad Angeli e demoni di Ron Howard, tratto dal best seller di Dan
Brown, protagonista Tom Hanks.
Nel 2010 torna in Italia per
collaborare con un altro regista nostrano di grande sensibilità:
Silvio Soldini.Pierfrancesco
Favino interpreta Domenico in Cosa voglio di più, storia
della travolgente passione e dell’amore clandestino tra lui, uomo
sposato e con due figli, e Anna/Alba Rhorwacher, anche lei sposata,
con Alessio/Giuseppe Battiston. Il loro incontro metterà tutto in
discussione. Nelle difficoltà quotidiane di Domenico e Anna, anche
un affresco sociale dell’Italia di oggi. Nello stesso anno,
l’attore romano ritrova Lucio Pellegrini, con cui aveva collaborato
nel 2005 per il documentario La vita è breve, ma la giornata è
lunghissima, stavolta per la commedia Figli delle
stelle. Pellegrini mette insieme un cast di tutto
rispetto, che raccoglie, oltre a Pierfrancesco
Favino, Giuseppe Battiston, Claudia Pandolfi,
Paolo Sassanelli, Giorgio Tirabassi, Fabio Volo per
raccontare la vicenda tragicomica di un gruppo di precari che per
dar una svolta alle loro sorti, decidono di rapire un membro delle
istituzioni, ritenute responsabili della loro condizione
esistenziale: un ministro.
Sennonché, essendo alquanto
maldestri, rapiscono per errore un onesto sottosegretario. Seguono
grottesche ed esilaranti avventure che innescano una riflessione,
seppur velata dal sorriso, sia sulla stagione del terrorismo in
Italia, che sulla difficoltà delle attuali generazioni di trovare
modelli di intervento e di lotta sociale diversi da quelli passati.
Caustica ironia anche su alcuni vizi tipici italiani (su tutti,
l’ipocrisia). Nel gruppo dei precari
sfruttati, Pierfrancesco Favino è Pepe, che
aspetta da anni un posto d’insegnante di educazione fisica, e
intanto lavora, indignato, in un fast food. Pepe è un omone grande,
grosso e capellone, ma dal cuore tenero, appassionato di indiani
d’America ma con uno spassosissimo accento pseudo-ternano, che a
trentotto anni vive ancora coi genitori. Completa l’affresco
l’abbigliamento vintage anni ’80. Il rischio di sfociare nella
macchietta comica è alto, ma l’attore romano lo schiva abilmente,
regalando ancora una volta una caratterizzazione ricca di sfumature
e perfettamente credibile.
Lo stesso anno, Favino
partecipa al sequel di L’ultimo bacio, Baciami ancora, accanto a
Stefano Accorsi e Vittoria Puccini, sempre per la regia di Gabriele
Muccino. Mentre il 2011 lo vede protagonista di un’altra pellicola
diretta da Lucio Pellegrini: La vita facile, dove ritrova proprio
Accorsi e Puccini per una commedia sui (tanti) vizi e le (poche)
virtù italiane, rese ancora più evidenti dalla cornice africana in
cui la vicenda è ambientata. Inoltre, lo vedremo nella prossima
fatica di Carlo Verdone Posti in piedi in Paradiso.
Un capitolo a parte, come detto
all’inizio, è quello delle fiction televisive. In particolare,
ricordiamo le sue interpretazioni del ciclista Gino Bartali in Gino
Bartali – L’intramontabile (2006), diretto da Alberto Negrin, col
quale aveva esordito in tv nel 1991. All’interpretazione di
Bartali, Pierfrancesco Favino si applica, al
solito, con abnegazione e meticolosità, si cimenta con l’accento
toscano (come farà due anni dopo, quando interpreterà il partigiano
“Farfalla” per Spike Lee). Segue una rigorosa preparazione
fisico-atletica e percorre svariati chilometri su due ruote perché,
dice, vuole rendersi conto di quali pensieri attraversino la mente
di un ciclista mentre corre. (E la risposta è: nessun pensiero, se
non la preoccupazione di riuscire ad arrivare alla fine, macinando
una pedalata dopo l’altra e cercando di non farsi travolgere dalla
fatica). Nel 2007 vince il premio come Miglior Attore protagonista
al Roma FictionFest per la fiction tv Liberi di giocare, per la
regia di Francesco Miccichè, dove recita accanto a Isabella
Ferrari. Nel 2009 ottiene lo stesso riconoscimento per la sua
interpretazione di Giuseppe Di Vittorio in Pane e libertà, ancora
sotto la regia di Alberto Negrin. Qui veste i panni del
sindacalista pugliese – ancora una volta lavora egregiamente
sull’aspetto linguistico, dimostrando anche in questo grande
versatilità- che promosse la coscienza di classe tra i contadini
meridionali, per poi arrivare ai vertici del sindacato. Guadagna
per lo stesso ruolo il Premio Internazionale Flaiano come Miglior
interprete.
Solo una volta finora si è
cimentato nella regia, in occasione di un video promozionale di
raccolta fondi per l’Associazione Parent Project, costituita da
genitori di bambini affetti dalla distrofia muscolare Duchenne, che
finanzia progetti di ricerca (2008). L’attore è anche impegnato con
Oxfam Italia, che opera in Africa con vari progetti.
Metti quattro amici annoiati dalla routine alle prese con una
partita di viagra da occultare, e ottieni un pugno nello stomaco, o
se si preferisce, un dito nell’occhio, alla cattolicissima Irlanda.
Ovvero, ottieni Holy Water.
Holy Water (Acqua
santa) è un film diretto da Tom Reeve, prodotto
nel 2009 dalla Feature Productions e distribuito in Italia da
Mediterranea a partire dal prossimo weekend. Veniamo alla trama.
Quattro amici di un tranquillo paesino sulla costa Irlandese,
Killcoulin’s Leap, sono profondamente annoiati dalla monotonia del
loro quotidiano. C’è chi fa il postino che butta le lettere che non
gli interessano; un ragazzone meccanico con poco lavoro;
l’albergatore che insieme alla sorella gestisce un alberghetto
perennemente semivuoto, e un giovane ragazzo che vive con i suoi e
con tanta voglia di evadere da quella monotona realtà. Tutti e
quattro suonano in un localino, in cui vanno a ballare vecchietti
che nemmeno badano alla loro musica.
Holy Water, il film
Quando i loro problemi raggiungono
l’apice, al postino viene un’idea per arricchirsi: dirottare un
furgoncino che trasporta Viagra diretto all’aeroporto, direzione
Stati Uniti. Dopodiché rubare le casse contenenti la magica pillola
blu, per poi rivenderla ad Amsterdam. Ma i quattro sono alquanto
impacciati e imbranati e il piano si complica; inoltre sulle loro
tracce ci si mette pure una squadra SWAT americana dalle tecnologie
avanzate e l’aspetto tipicamente severo. Decidono così di buttare i
fusti in un pozzo, contenente le falde acquifere che dissetano
l’intero paese. Ed ecco che il tranquillo e sonnacchioso paesino
irlandese si trasforma in un’inaspettata Sodoma e Gomorra…
Terzo film per Tom
Reeve, essendosi occupato, nella sua trentennale carriera,
come vedremo dopo, soprattutto di produzione. In Holy
water sfrutta tutte le caratteristiche tipiche irlandesi:
paesaggi mozzafiato, ironia verso gli inglesi e gli americani,
bigottismo cattolico, té, Guinness, paesini tranquilli immersi nel
verde; contrapponendo il tutto con un inaspettato evento esterno
che travolge siffatti equilibri e stereotipi. Ci aggiunge anche un
classico stereotipo americano, quello degli attrezzatissimi e
severissimi SWAT che si mettono sulle tracce dei ladruncoli
improvvisati. Il risultato finale è un film piacevole, divertente,
ma che non fa scompisciare dalle risate come forse ci si aspetta
conosciuta la trama.
Tornando al regista, che dicevamo
essere Tom Reeve, ha diretto solo tre film
(compreso questo). I precedenti sono una commedia “Diggity – A Home
at Last” (2001) e un fantasy “George and the Dragon” (2004). La sua
carriera è per ora caratterizzata soprattutto per altri ruoli,
principalmente come aiuto regista, ma anche come produttore di
diversi film tra la fine degli anni ’80 ed inizio 2000, nonché di
film per la tv e telefilm. Holy water potrebbe
essere l’inizio di una brillante carriera da regista.
L’atteso seguito di The Expendables sta andando avanti nella
fase di produzione ma pare che Sylvester Stallone non scriverà nè
dirigerà questo secondo episodio.
L’attrice Gwyneth Paltrow ha appena
firmato un contratto – per una cifra non ufficiale di ben 900.000
dollari – con la Atlantic Records per il suo album di debutto.
L’attrice si sta quindi preparando una carriera ‘di riserva’ nel
caso volesse abbandonare il cinema.
Matteo e Vincenzo Cerami, più buona
parte del cast, numeroso di Tutti al mare, era presente alla Casa
del Cinema di Roma per parlare del film. Si è parlato di commedia,
di temi sociali e illustri discendenze.