Si tratta di un evento
cinematografico senza precedenti, nonostante si sia scelto di
distribuirlo direttamente su Disney+. Stiamo
parlando di The Beatles – Get Back, il
documentario in tre puntate che Peter Jackson ha
realizzato a partire da ore e ore di filmati inediti che ci portano
nel backstage delle sessioni di registrazione della band nel
gennaio del 1969, in un momento cruciale della storia della
musica.
Nella migliore delle sue abitudini
cinematografiche, Peter Jackson ha fatto del
lavoro di scelta e montaggio dei momenti una trilogia, tre
appuntamenti su
Disney+, il 25, 26 e 27 novembre. In occasione della
conferenza stampa del film, abbiamo avuto il piacere e il
privilegio di sentire dalle parole stesse di Jackson com’è stato
lavorare a questo documentario, quali sono state le sfide, quali i
momenti migliori e soprattutto come mai si è cimentato in questo
progetto tanto difficile quanto divertente.
“Solo un fan poteva realizzare The Beatles – Get
Back”
“Sono certamente un fan dei
Beatles, in termini di nascita – ha esordito
Jackson – Sono nato nel 1961, ero vivo quando
i Beatles effettivamente pubblicando i loro album, ma non riesco a
ricordarli negli anni’60. I miei genitori non hanno mai comprato un
singolo album dei Beatles. Avremmo avuto circa 30 dischi quando ero
piccolo e nessuno di questi era dei Beatles. Ma con la mia prima
paghetta ho comprato la compilation dei Beatles, Red and Blue, nel
1972. In questo modo sono diventato un fan dei Beatles, e penso che
chiunque avesse fatto questo lavoro, doveva essere un fan, perché
il materiale era tanto, erano circa 140 ore di audio continuo e si
trattava di capire le piccole sfumature delle loro
conversazioni.”
Conversazioni, prove,
dettagli, registrazioni, come rintracciare una storia da raccontare
in questo groviglio di materiale?
Peter Jackson:
“Bisogna tenere conto del fatto che Michael Lindsay-Hogg,
quello che effettivamente ha girato questo materiale 52 anni fa,
era un regista e lui aveva sicuramente scelto un modo per
raccontare quello che stava riprendendo. Ma cosa? Ho cercato di
trasformarlo in un altro personaggio, nel film. Fa parte di una
delle trame, come John e Yoko, oppure come il viaggio di
Paul.”
Un periodo particolare nella carriera del gruppo
Come mai esiste tutto questo
materiale non utilizzato e soprattutto apparentemente non
organizzato?
“Al momento della registrazione,
l’ultima volta in cui i Beatles si erano esibiti dal vivo c’era
Brian Epstein a organizzare tutto per loro, dagli alberghi ai
viaggi ai tour fino al 1966, e quella era stata l’ultima volta che
ebbero qualcuno che si occupava di loro. E quando andavano in
studio per incidere un album c’era George Martin in sala di
registrazione. In questo caso sono a Twickenham perché Denis
O’Dell che produce sia The Magic Christian che Get
Back, ha prenotato lo studio per le riprese e loro possono
utilizzarlo gratuitamente mentre i set vengono costruiti. Non si
tratta della registrazione di un album, ma delle prove per un disco
e uno show. Quindi si trovano ad affrontare questa cosa senza il
solito supporto, e anche oggi guardando il film non si capisce bene
chi era responsabile del progetto. Loro sembrano pensare che ci sia
qualcuno a occuparsene dietro le quinte e si tratta probabilmente
di Denis O’Dell, il produttore, che però sta per iniziare le
riprese e si occupa del resto solo part-time. I
Beatles ingaggiano una battaglia continua col
regista Michael Lindsay-Hogg, che cerca di catturare quanto
più materiale autentico possibile.”
I tentativi di sfuggire alle registrazioni
“Ovviamente se hai una cinepresa
addosso te ne rendi conto e non sei spontaneo, Michael era
consapevole di questo e aveva deciso di fare in modo di riprenderli
e registrarli il più possibile senza che se ne accorgessero, con
dei trucchi. Ad esempio la macchina da presa stava su un cavalletto
e veniva accesa prima che l’operatore si allontanasse, così che si
continuava a girare senza che loro se ne accorgessero, o coprendo
con lo scotch la luce rossa. Inoltre Michael nascondeva i microfoni
per cercare di catturare delle conversazioni reali e ad esempio
John e George non si rendevano conto di quando venivano registrati
i loro discorsi privati, ma invece di dire a Michael “dicci quando
state riprendendo perché non vogliamo che tu lo faccia in certi
momenti”, alzavano il volume degli amplificatori e strimpellavano
la chitarra, facendo rumore, quindi i microfoni di Michael
registravano questo suono, mentre le loro bocche parlavano. Grazie
alla tecnologia computerizzata di cui disponiamo siamo riusciti a
togliere le chitarre e far sentire le conversazioni che loro hanno
cercato di coprire o di camuffare. In realtà erano proprio i
Beatles a pagare la pellicola a Michael, quindi volevano essere
ripresi ma al tempo stesso non volevano essere invasi nel loro
privato. In 150 ore di materiale c’è solo un momento in
cui Paul McCartney dice “adesso spegniamo le cineprese” e
tutti lo fanno, ma anche in quel causo l’audio continua a
registrare quindi ci resta quella conversazione.”
Rileggere il mito dei
Beatles
Il film ci ripropone una
specie di rilettura di quello che erano i Beatles. In che modo il
racconto del loro mito è cambiato in questo
lavoro?
“Quando pensiamo ai Beatles,
pensiamo a come li abbiamo visti in A Hard
Day’s Night e Help!, nelle interviste e conferenze
stampa degli anni Sessanta, ma sono tutte situazioni in cui si
esibiscono. Qui, come dicevamo, quando non sanno che sono ripresi e
registrati li vediamo come sono al cento per cento. In altre
circostanze li abbiamo visti affascinanti, e divertenti, ma ora
sono qui per fare un progetto molto ambizioso, e cosa potrebbe
rivelare di più del carattere e della personalità di qualcuno del
vederlo alle prese con dei problemi? Vedendo come affrontano le
crisi mi sono detto che sono dei ragazzi normali, delle brave
persone, diverse tra loro, come è normale che siano quattro
individui. Noi siamo abituati a pensare a loro come ad un’unità,
col loro aspetto e la caratterizzazione che avevano negli anni
Sessanta: quello affascinante, il silenzioso, il buffone eccetera.
Avevano delle etichette ma li pensavamo come un tutt’uno e qui
vediamo invece quattro persone distinte che affrontano le cose a
modo loro. Alla fine li ho rispettati anche di più perché quando
togli il velo al mito e vedi la verità nuda e cruda devi essere
pronto a restare deluso. Io penso ai Beatles in modo molto diverso
ora, non penso alle loro acconciature, ai personaggi e al loro modo
di vestire, come facevo da fan, ma penso a loro come a persone ed
esseri umani. Credo che dopo aver visto The Beatles – Get
Back si capisca che sono ragazzi bravi e sensibili, non ci
sono primedonne, hanno i loro disaccordi e le loro ambizioni,
perché sono persone diverse ma sono quattro bravi
ragazzi.”
Carta bianca da parte degli eredi
Qual è stata la reazione
alla visione del film? Ha avuto paletti o divieti?
“Mi hanno dato carta bianca,
come fecero con Michael, anche se poi fecero sparire questo
materiale […] Mi aspettavo che mi dicessero che qualcosa non andava
o che avrebbero preferito togliere una conversazione, o altro, e
questo non mi avrebbe sorpreso né mi sarei arrabbiato, e invece non
mi hanno dato una singola nota, non hanno fatto nessuna richiesta
in proposito. Lo hanno visto e sicuramente è stata una delle
esperienze più stressanti della loro vita e ci vuole coraggio da
parte loro per esporre in pubblico quello che è successo dietro le
quinte per la prima volta in assoluto, a parte nel film Let It Be
che hanno fatto sparire, quindi sono un po’ nervosi perché sono
consapevoli del fatto che si mostrano per la prima volta come
realmente erano. La reazione più importante l’ha avuta Paul, quando
l’ha visto e mi ha detto “è un ritratto molto accurato di come
eravamo allora” e io sono stato molto felice perché è proprio
quello che cercavo di fare. Ho visto 150 ore di materiale e poi ho
dovuto ridurlo e condensarlo e nel processo di riduzione ero
preoccupato che l’insieme risultasse sbilanciato. Per me la cosa
più importante – e credo anche per loro – è sempre stata che fosse
fedele alla verità, che loro non vogliono edulcorare. La Disney ad
esempio voleva togliere le parolacce, ma Ringo, Paul e Olivia hanno
detto “così eravamo e così parlavamo, per favore, non
fatelo”.”
Per scoprire se alla fine la Disney
sia riuscita o meno a togliere le parolacce, non resta che
aspettare il 25, 26 e 27 novembre, quando le tra puntate di
The Beatles – Get Back verranno messe on line su
Disney+.