Ecco il poster del prossimo film in cui vedremo Kristen Stewar. L’attrice sarà la coprotagonista in questa storia di ricerca di sè che due amici, interpretat da Garrett Hedlund e Sam Riley,
On The Road: foto gallery del Red Capet con Kristen Stewart e Kirsten Dunst!
E’ stato presentato oggi al Festival On The Road, il film tratto dal libro cult di Kerouac e diretto da Walter Salles. Abbiamo già detto che il film si è rivelato purtroppo una delusione forse a causa delle altissime aspettative sul progetto. Per fortuna che il cast si è rivelato invece molto disponibile e generoso con giornalisti e fotografi, su tutti il regista e il ‘solito’ Viggo Mortenses, vero gentleman. Ecco le fotografie del photocall mattutino e del red carpet di questa sera. Presente tutto il cast: Tom Sturridge, Kristen Stewart, Danny Morgan, Kirsten Dunst, Garrett Hedlund, Viggo Mortensen e il regista Salles.
On the Road: ecco le prime foto ufficiali!
Dopo lunga attesa, e dopo avervi mostrato il poster ufficiale ieri, sono state finalmente rese disponibili le prime foto ufficiali di On The Road, il nuovo film di Walter Salles prodotto da Francis Ford Coppola e tratto dall’omonimo romanzo cult di Jack Kerouac.
Del cast della pellicola, che uscirà negli States il prossimo ottobre, fanno parte Sam Riley, Kristen Stewart, Amy Adams, Tom Sturridge e Viggo Mortensen. On the Road (conosciuto in Italia come Sulla strada) segue il trasgressivo viaggio dei giovani Dean Moriarty e Sal Paradise attraverso l’America degli anni ’60 ed è considerato il manifesto della Beat Generation.
On the road – Trailer Ufficiale
Ecco il Trailer
ufficiale del nuovo Adattamento dell’omonimo romanzo culto del
1957 di Jack Kerouac, pubblicato in Italia con il titolo “Sulla
strada”. Nel cast Amy
Adams, Garrett Hedlund, Kirsten
Dunst, Kristen Stewart, Sam Riley, Steve Buscemi, Tom
Sturridge, Viggo Mortensen. Ulteriori info nella nostra scheda:
Sulla strada
On the Milky Road: recensione del film di Emir Kusturica
Dopo il cortometraggio del 2014 inserito nel film a episodi Words with Gods, presentato alla 71esima Mostra del Cinema di Venezia nel Fuori Concorso, Emir Kusturica torna al Lido, questa volta in concorso, con On the Milky Road, film che ha scritto, diretto, prodotto e interpretato da protagonista al fianco di Monica Bellucci.
La storia è ambientata durante la guerra nei Balcani e osserva da vicino l’amore tra due persone che non hanno più nulla da perdere. Il film è basato sul cortometraggio Our Life, scritto a quattro mani dal regista Kusturica e da sua figlia Dunja. Il tema principale è la semplice storia d’amore tra un uomo (Emir Kusturica) e sua moglie (Monica Bellucci), che vivono in una zona montuosa della Serbia. Un film al contempo concettuale e violento. Un film d’amore e un film di guerra.
Senza abbandonare il tema della guerra nei Balcani, Emir Kusturica costruisce con On the Milky Road un quadro confuso, rumoroso, colorato, strabordante di vita e di morte, insomma, niente di nuovo per la sua filmografia che sembra però ridursi a citare se stessa in un vortice di avvenimenti sempre più assurdi e fuori dall’ordinario.
On the Milky Road, il film
Fulcro del film è la storia d’amore tra Kosta, un uomo solitario promesso a una esuberante e bellissima giovane donna, e una misteriosa italiana, a sua volta promessa in sposa a un ufficiale, fratello maggiore della giovane serba. L’amore trai due viene costruito con brio e delicatezza nella prima parte del film, per poi eccedere nel confusionario finale. Il risultato è un pastrocchio comico che richiama benissimo il cinema di Emir, ma che ne rimane imbrigliato, senza allontanarsi drammaturgicamente dai canoni che il regista continua a ripete, sovrastato dall’auto-citazionismo.
Molto forte è l’elemento naturale, altra costante dei film del regista di Sarajevo. La natura e gli animali recitano una parte fondamentale nel riempire la scena, offrendo siparietti assurdi e divertenti, ma a volte riescono anche, con la loro presenza e azione a far proseguire il racconto. L’esito resta però pasticciato: On the Milky Road ha un finale che diventa la somma degli stilemi di Kusturica, un dipinto disordinato e chiassoso, nella sua migliore tradizione, che però questa volta non basta a consegnarci un’opera degna del suo passato.
On the Line: trailer del thriller con Mel Gibson
Sono stati diffusi il poster e il trailer di On the Line, film Sky Original con protagonista Mel Gibson, che dal 31 ottobre sarà in esclusiva su Sky e NOW. Il film sarà alle 21.15 su Sky Cinema Uno e Sky Cinema 4K e alle 21.45 anche su Sky Cinema Suspence, in streaming solo su NOW e disponibile on demand.
On the Line è un thriller incalzante diretto da Romuald Boulanger, in cui l’attore premio Oscar Mel Gibson interpreta il conduttore radiofonico di successo Elvis Cooney. Durante una diretta, la chiamata di un ascoltatore anonimo che minaccia di uccidere lui e la sua famiglia lo catapulterà in una lotta adrenalinica per la sopravvivenza. Nel cast con lui anche Kevin Dillon, Enrique Arce, William Moseley e Nadia Farès.
La trama del film On the Line
Il film racconta la storia di un conduttore radiofonico (Mel Gibson) alle prese con un ascoltatore anonimo, che minaccia di uccidere tutta la sua famiglia. L’unico modo che il conduttore ha per salvare le persone che ama è di mettere in atto un articolato gioco per la sopravvivenza. Nel corso di una sola notte, dovrà riuscire a scoprire l’identità del criminale che lo tiene sotto scacco e salvare i suoi cari.
ON THE LINE uscirà Lunedì 31 ottobre in esclusiva alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand.
On the Fringe, recensione del film con Penélope Cruz
On the Fringe, esordio dell’attore ispano-argentino Juan Diego Botto al lungometraggio, dopo una serie di corti all’attivo, ci immerge in una serie di storie intersecate tra di loro che si svolgono nell’arco di una giornata e con protagonisti personaggi, appunto, ai margini, che vengono sfrattati dai loro appartamenti, o bambini che vengono portati via dai servizi sociali perchè abbandonati dai genitori. Nel cast, Penélope Cruz, Luis Tosar, Christian Checa, Adelfa Calvo, Juan Diego Botto, Aixa Villagrán, Font García.
Il primo dramma sociale di Juan Diego Botto
Presentato in anteprima mondiale nella sezione Orizzonti della 79ª Mostra del Cinema di Venezia, On the Fringe ci presenta le storie di quei membri della società che sono stati privati del diritto ad avere un tetto sopra la propria testa. Nel bel mezzo della crisi immobiliare e della recessione spagnola, questi personaggi si trovano a dover fare i conti con l’essere sfrattati e l’andare incontro a un futuro incerto in cui non c’è nessun aiuto se non la loro resistenza collettiva.
La storyline che dà il via a questo groviglio di esistenze da risolvere è quella di Selma, una bambina che viene prelevata a casa sua dai servizi sociali perché rimasta apparentemente da sola, abbandonata dalla madre. A rendersi conto della situazione è Rafa (Luis Tosar), un avvocato che si occupa di casi sociali e che è a conoscenza dei alcune problematiche interne a questa famiglia di immigrati.
Sorge però una sorta di conflitto parallelo a quello professionale di Rafael che, trascorrendo così tanto tempo ad aiutare gli altri, si allontana progressivamente alla moglie Helena (Aixa Villagrán), che ha problemi di salute, e dal figlio (o “figliastro”, come il ragazzo chiarisce più volte), un adolescente di nome Raúl (Cristian Checa) che, a causa del ritardo di Rafa, si perde una gita scolastica ed è costretto ad accompagnarlo in una giornata di lavoro. Proprio nel corso di queste 24 ore, tra i fastidi e l’irritazione che subentrano tra i due, Rafa dovrà rendersi conto del disequilibrio che sta nascendo tra il suo impegno pubblico e quello che ci mette nella sfera privata.
Facciamo poi la conoscenza di un’altra esistenza che si incrocerà con Rafa, quella di Azucena (Penélope Cruz), che ha un bambino piccolo e che sta per essere sfrattata dalla sua casa non riuscendo a pagare l’affitto. Attraverso incontri di gruppo organizzati con altri individui che stanno cercando di sistemare situazioni simili, e ripresi con un tono quasi documentaristico, gli sfortunati “clienti” di Rafa si organizzano per mettere insieme piani d’azione e fermare gli sfratti, ma sconfiggere le banche – e la polizia che agisce in difesa dei loro interessi – è tutt’altro che semplice; così, la militanza sembra funzionare più come un gruppo di sostegno emotivo che altro.
Il quadro dei personaggi di On the Fringe è completato da Manuel (lo stesso Botto), un immigrato argentino che ha perso il lavoro e da un suo amico (Font García), che ha fatto un investimento costoso con i soldi della madre (Adelfa Calvo) e non solo ha perso tutto ma non osa dirglielo.
On the Fringe: una corsa contro il tempo
Come vediamo in On the Fringe, gli effetti dell’eccessiva speculazione, dei costosi rimborsi e delle privatizzazioni possono colpire tutte le classi sociali, che si tratti dell’immigrata araba Badia, della povera Azucena o dell’apparentemente benestante pensionata Teodora. Come afferma Botto, in Spagna ci sono 41.000 sfratti all’anno, più di 100 al giorno. Il film si addentra nelle loro storie e mostra come questa paura influisca sulle loro relazioni, sia in famiglia che tra amici.
Botto trova umanità e forza di ciascuno dei personaggi di On the Fringe, uniti dal dolore e da un senso di fallimento, ma prima di tutto individui, protagonisti di un dramma che assume connotazioni personali, le quali vengono intercettate da Rafa, a costo di mettere a repentaglio la sua di vita.
Le lancette dell’orologio scorrono inesorabilmente in questa corsa contro il tempo orchestrata da Azucena, che vuole organizzare una manifestazione per osteggiare il suo sfratto. On the Fringe, a tratti, assume le sembianze di un thriller, in cui tutti i pezzi devono combaciare per poter far ottenere la propria ricompensa a ogni giocatore. Solo che in questo caso – un esordio deciso da parte di Juan Diego Botto – sembra che tale premio sia irraggiungibile fin dall’inizio. Il sistema non lo permette.
On the Edge: tutto quello che c’è da sapere sul film
Arriva in prima visione su Rai 4 il film On the Edge, titolo internazionale scelto al posto dell’originale francese Entre la vie et la mort. Traducibile come “sul filo del rasoio” o “in bilico“, è questo un teso thriller realizzato nel 2022 dal regista e sceneggiatore Giordano Gederlini, già distintosi per aver collaborato alla sceneggiatura dei film Doppio sospetto e I miserabili. Gederlini, cileno residente a Bruxelles ma vissuto anche a Barcellona e in Francia, ha raccontato di aver costruito questo film a partire dalla volontà di raccontare un personaggio incapace di sentirsi a casa ovunque egli si trovi.
Più sviluppava il racconto, però, più questo si concentrava sul rapporto tra padri e figli, sulle difficoltà di ricoprire l’uno o l’altro ruolo e sulla volontà di fare del proprio meglio in tali vesti. A partire da questa tematica, su cui si costruisce il carattere del protagonista, prende poi vita un duro thriller profondamente radicato nell’ambiente urbano di una Bruxelles fredda e alienante, nel quale si muovo personaggi ambigui e dei quali è difficile fidarsi. Il film non è arrivato nelle nostre sale, ma grazie ora al suo passaggio televisivo, gli appassionati del genere potranno finalmente vederlo.
Un buon motivo per farlo è dato anche dagli attori coinvolti nel progetto, artisti di provenienze diverse che offrono qui interpretazioni di alto livello. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative ad esso. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama e al cast di attori. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
La trama di On the Edge
Protagonista del film è Leo Castañeda, conducente di treno sulla Linea 6 della metropolitana. Una sera, mentre è alla guida e sta per fermarsi a una stazione, un ragazzo si lancia sui binari e muore poco dopo in ospedale. Leo è sconvolto, perché ha riconosciuto in quel suicida suo figlio Hugo che non vedeva da due anni. Le indagini svelano che il ragazzo era coinvolto in una sanguinosa rapina, ma Leo vuole saperne di più e scoprire cosa o chi abbia portato suo figlio al suicidio. Scortato dalla polizia, l’uomo intraprende allora una serie di indagini infiltrandosi tra spietati gruppi criminali di zona.
Quando la verità inizia a venire alla luce, però, il commissario responsabile del caso, nota una certa confidenza di Leo con l’ambiente della malavita. Questo dettaglio cambierà il seguito delle indagini che prenderanno una svolta violenta e ambigua. Il passato dell’uomo inizierà a venire allo scoperto, facendo emergere ulteriori colpi di scena su una vicenda che sembra non poter essere più complicata e ambigua di così. L’unico modo per Leo per uscirne vivo, sarà risolvere quanto prima quel mistero.
Il cast di On the Edge e le location del film
Ad interpretare Leo Castañeda vi è l’attore spagnolo Antonio de la Torre, noto per i film Volver – Tornare, Ballata dell’odio e dell’amore e La vendetta di un uomo tranquillo. On the Edge è stato il suo primo film in lingua francese. Nel ruolo di suo figlio Hugo, invece, si ritrova l’attore Noé Englebert. Di particolare importanza è la presenza dell’attrice Marine Vacth nel ruolo di Virginie. Vacth è nota per aver recitato nei film Giovane e bella, Doppio amore e Masquerade – Ladri d’amore. È però anche nota per aver interpretato la fata madrina da adulta in Pinocchio.
Recitano poi nel film gli attori Olivier Gourmet nel ruolo del commissario di polizia, Fabrice Adde in quelli di Carl e Tibo Vandenborre nel ruolo di Arsen. Per quanto riguarda le riprese del film, queste si sono svolte a Bruxelles, luogo che secondo il regista è dotato di un’atmosfera post industriale a metà tra una città anglosassone e Berlino. Questa sua atmosfera, dunque, la rende una città dalle caratteristiche perfette per un film noir e thriller come On the Edge.
Il trailer di On the Edge e dove vedere il film in streaming e in TV
Sfortunatamente il film non è presente su nessuna delle piattaforme streaming attualmente attive in Italia. È però presente presente nel palinsesto televisivo di venerdì 26 gennaio alle ore 21:20 sul canale Rai 4. Di conseguenza, per un limitato periodo di tempo sarà presente anche sulla piattaforma Rai Play, dove quindi lo si potrà vedere anche oltre il momento della sua messa in onda. Basterà accedere alla piattaforma, completamente gratuita, per trovare il film e far partire la visione.
On Pointe – Sogni in ballo: la recensione della docu-serie Disney+
Nel suo continuo ricercare nuovi contenuti per il proprio catalogo, la piattaforma Disney+ svela una volontà di inclusività raramente vista altrove. Sono infatti molti i contenuti presenti pensati per tipologie di spettatori sempre diversi per età e cultura. In particolare, è anche attraverso i documentari che si svela sempre di più questa politica. Dopo aver viaggiato nello spazio con gli astronauti di La vera storia di The Right Stuff, e aver conosciuto il privato di alcune celebrità grazie a Becoming, con On Pointe – Sogni in ballo è ora possibile emozionarsi grazie ad un accesso privilegiato in una delle più famose e prestigiose scuole di ballo degli Stati Uniti.
Questa viene esplorata nella docu-serie intitolata On Pointe – Sogni in ballo, disponibile nella sua interezza a partire dal 18 dicembre. Composta di 6 episodi, all’interno di questa si racconta una stagione nella School of American Ballet (SAB) di New York, celebre in tutto il mondo. Tra le principali istituzioni di danza classica giovanile del mondo, qui si svolgono le vite degli allievi che inseguono il loro sogno di diventare ballerini. Mentre gli studenti più grandi provenienti da tutto il paese si allenano rigorosamente per le loro carriere professionali, gli allievi più giovani di New York sono messi a dura prova. A loro spetta infatti esercitarsi ed esibirsi nel classico balletto delle feste del New York City Ballet, Lo schiaccianoci di George Balanchine.
On Pointe – Sogni in ballo, Una serie di carattere formativo
Diretta e prodotta da Larissa Bills, nota documentarista, con il sostegno anche di Ron Howard e Brian Glazer, On Pointe – Sogni in ballo si configura per una suddivisione in capitoli attraverso cui poter scoprire i principali segreti del mondo della danza. Nulla di meglio per riuscire in ciò che affidarsi agli insegnamenti pratici di alcuni tra i più rinomati ballerini del mondo, qui a completa disposizione tanto degli allievi quanto degli spettatori. Si intraprende così il viaggio attraverso la fase di selezione per il nuovo anno accademico, scoprendo le prove che gli aspiranti ballerini sono necessariamente chiamati a sostenere. Come si potrà ben immaginare, tale forma artistica appare tanto più naturale e “semplice” quanta più è la disciplina e la tecnica che vi sono dietro.
Non tutti possono riuscire in ciò, ed è per questo che gli autori comprendono bene l’importanza di porsi dal punto di vista degli stessi allievi. Le testimonianze più affascinanti sono infatti le loro. Attraverso tali ragazzi è più direttamente possibile scoprire gioie, dolori e speranze di chi ha un sogno e fa di tutto per poterlo realizzare. Non si tace dunque sul fatto che se è vero che molti possono danzare, solo pochi hanno le qualità giuste per poter essere i migliori. Impegno della serie sembra così quello di fornire un comodo strumento formativo che arriva dritto dritto da uno dei luoghi cardine di tale mondo artistico. Con il progredire della serie, poi, si entra nel vivo della stagione. Durante questa si esploreranno così i preparativi ad uno degli spettacoli più amati e temuti di sempre: Lo schiaccianoci.
Una serie per chi ama la danza
In vista di questo On Pointe – Sogni in ballo si concentra così sulle lezioni, le esercitazioni e le prove più complesse richieste agli allievi. Per fare ciò, necessariamente scende in una serie di tecnicismi che ribadiscono come il pubblico più ideale sia quello che ama profondamente tale disciplina. Pur rimanendo generalmente comprensibile e apprezzabile da tutti, la serie troverà però negli appassionati della danza coloro che più di altri potranno apprezzare ogni sfumatura, ogni elemento e particolarità di quanto viene mostrato. Dettagli che ad un occhio non esperto potrebbero invece passare inosservati. Ma bilanciando tutto ciò con un aspetto più universalmente fruibile, come quello della vita dei ragazzi protagonisti oltre il ballo, è possibile generare un coinvolgimento più ampio e, appunto, inclusivo.
Ciò che probabilmente più di ogni altra cosa frena il ritmo degli episodi è la loro durata di circa 45 minuti. Un formato, questo, che appare qui forse troppo impegnativo, con il risultato che molti degli eventi narrati tendono ad essere particolarmente ed eccessivamente diluiti. Una sensazione che però, come già detto, potrebbero riscontrare gli spettatori poco avvezzi al genere. L’appassionato di danza potrà invece ritrovare nella serie ogni più piccolo dettaglio di tale disciplina, e che arricchisce qui il racconto di un particolare realismo. Non solo infatti On Pointe – Sogni in ballo si presenta come tale grazie al suo essere un documentario, ma ribadisce questo impegno grazie all’inclusione di una serie di voci, punti di vista ed elementi che altrove avrebbero potuto non trovare spazio.
Omnivore: recensione della docuserie di René Redzepi
Molti hanno avuto modo di conoscere il Noma grazie alla seconda stagione di The Bear, altri perchè sono appassionati di cucina gourmet e lo sanno bene che è il ristorante più famoso al mondo. Perchè Omnivore, la nuova docu-serie Apple TV+, è creata e narrata da René Redzepi, il famoso chef e comproprietario dell’acclamato locale situato a Copenaghen, in Danimarca e che possiede ben tre stelle Michelin.
Cosa racconta Omnivore
Ogni episodio di Omnivore, degli otto di cui è composta, elogia la coltivazione, la trasformazione e il consumo degli ingredienti più importanti alla base della cultura del buon cibo. Il primo episodio si apre con una presentazione del celebre Noma, su come si lavora e come si coltiva nell’orto e giardino personale dello chef stellato con origini macedoni Redzepi, tra radici e bacche ma anche fiori con piccole verdure, per poi spostarsi sul peperoncino. L’episodio che si intitola proprio “Chile” mostra come questo particolare alimento è usato in mille modi diversi a differenza della nazione di provenienza.
Ingredienti essenziali alla base di tutto
La prima coltivazione che si vede è quella europea in Serbia. Il peperoncino serbo è di un rosso molto vivace ed ha una forma che ricorda le corna di una capra. Questa varietà è ottima per la macinazione, infatti se ne ricava una polvere tipo paprika usata nella preparazione di molti piatti a base di carne della tradizione balcanica. Per concludere questa primissima tappa si mostra come i serbi festeggiano la piccante pietanza tra grigliate in famiglia e feste popolari dove i bambini dipingono su tele dei peperoncini.
Poi ci si sposta negli Stati Uniti, esattamente in Louisiana, dove la varietà più famosa è quella da cui poi si ricava la salsa piccante chiamata Tabasco. Prima di tornare alla base in Danimarca, viene mostrato il Prik Kee Noo, un peperoncino originario della Thailandia e ingrediente importante per la cucina tipica asiatica. L’episodio finisce con Bhut Orange Copenhagen, il peperoncino danese tondo e di color arancione, coltivato direttamente dallo chef, voce narrante della docu-serie, che offre da mangiare a tutti, sia clienti che il suo giovane e variegato staff, come sfida, il piccantissimo frutto.
Proseguendo il secondo capitolo ” Tuna ” affronta la pesca all’alba del tonno di Barbate in Spagna e come viene lavorato per essere poi mandato dall’altra parte del pianeta cioè in Giappone. Qui dove è nato il sushi, si mostra in tutte le sue versioni da quello costoso nei ristoranti tradizionali a quello messo nei piatti e poi sui nastri trasportatori dei locali più commerciali per la pausa pranzo. Questa puntata si conclude con il pesce sulla brace al tramonto su una spiaggia spagnola, quella da cui è stato pescato il tonno stesso.
Il terzo episodio di
Omnivore è dedicato al sale:
prima a quello artiganale e marittimo francese di
Noirmoutier e poi quello peruviano di
Maras. Il sale che tende al colore rosa
viene estratto dalle saline che si trovano nella provincia di
Urubamba, nel Dipartimento peruviano di Cusco. Le saline qui si
trovano ubicate lungo la Cordigliera delle Ande, ad un’altitudine
che supera i 3000 metri sul livello del mare e che nasconde in
profondità un bacino d’acqua salata.
Il maialino nero di La Alberca
L’ultimo degli episodi di Omnivore, tra i quattro visti in anteprima, cambia totalmente registro di racconto, concentrandosi sulla tradizione di La Alberca, dove all’entrata della chiesa sorge un piccola statua che ritrae un grazioso maialino. Infatti tra le vie del borgo medioevale spagnolo si può fare la conoscenza di un maiale nero, che ogni 13 giugno viene liberato e che poi verrà nutrito da tutta la popolazione. In questo paese infatti si alleva una pregiata qualità di maiali neri, quella varietà che diventerà poi uno dei prosciutti crudi più prelibati grazie anche al nutrimento fatto d’erbe aromatiche che i suini mangiano mentre sono in vita.
Ma in “Pig” non si mostrano, e per fortuna, animali al macello ma le varie fasi dei festaggiamenti nei confronti del maiale di Sant’Antonio. Ci sono i panettieri che fornano panini imbottiti di salame e una cioccolataia che crea cioccolatini a forma di maialini fino ad arrivare alla festa invernale dove si portano a benedire gli animali domestici e della fattoria. L’episodio termina con il porcellino nero che tutto solo e tranquillo girovaga per le vie di La Alberca inconsapevole del suo destino.
Una docu-serie che appassiona a metà
Omnivere è un viaggio nell’anima della cultura del cibo e della sua vibrante comunità ma che punta solo ad un pubblico che già ama la cucina. Il primo episodio rimane il più completo, a differenza degli altri che sembrano dei documentari che si può facilmente vedere anche sulla rete generalista al pomeriggio all’interno di programmi come Geo. Infatti in “Chile” si fa quello che poi non si propone nei restanti cioè alternare tra il narratore Chef con la sua filosofia del Noma alla valorizzazione uno ad uno dei prodotti protagonisti. Per concludere questa docu-serie possiede una regia attenta e che mostra nei minimi dettagli i vari ingredienti base di questo racconto culinario a puntate ma che non riesce purtroppo a centrare l’obiettivo finale quello del grande pubblico.
Omnivore: il trailer della serie Apple TV+
Oggi Apple TV+ ha svelato il trailer di “Omnivore”, la nuova docuserie in arrivo il 19 luglio. Creata e narrata da René Redzepi, stimato chef e comproprietario del ristorante Noma, famoso in tutto il mondo, “Omnivore” accompagna gli spettatori in un viaggio coinvolgente nell’universo del cibo, esplorando la profonda bellezza e l’intricata complessità dell’esperienza umana attraverso la lente degli ingredienti chiave che ci collegano tutti.
Omnivore: il trailer della serie Apple TV+
Ogni episodio di “Omnivore” celebra la coltivazione, la trasformazione e il consumo di otto tra gli ingredienti più essenziali al mondo: la banana, il peperoncino, il caffè, il mais, il maiale, il riso, il sale e il tonno, rivelando come essi costituiscano le pietre miliari del patrimonio culturale globale. Redzepi e il produttore esecutivo vincitore di un Emmy, Matt Goulding (“Anthony Bourdain: Explore Parts Unknown”), guidano il pubblico in un’odissea che abbraccia tutto il mondo, svelando le intricate storie che si celano dietro questi ingredienti e che hanno plasmato società, culture, credenze e il corso della storia umana.

La serie porta gli spettatori nelle
più disparate destinazioni di tutto il mondo, tra cui Bali,
Colombia, Danimarca, Gibuti, Francia, India, Giappone, Messico,
Perù, Ruanda, Serbia, Corea del Sud, Spagna e Thailandia, oltre a
diverse località degli Stati Uniti.
In ogni episodio, Redzepi e i collaboratori della serie offrono
un’esplorazione intima delle tradizioni culinarie, mostrando gli
sforzi locali per onorare, conservare e proteggere le offerte della
Terra. Ciascun episodio è diretto da un regista diverso che guida
il viaggio alla scoperta del singolo ingrediente; tra questi:
Isabel Coixet, Drea Cooper, Nicola B. Marsh, Sami Khan, Collin
Orcutt, David Charles Rodrigues, Rintu Thomas e Mateo Willis.
“Omnivore” è prodotta per Apple TV+ da FIFTH SEASON e Film45 con i produttori esecutivi Redzepi, Goulding, Chris Rice, Ben Liebmann, Michael Antinoro, Max Wagner, Collin Orcutt e Mateo Willis. Cary Joji Fukunaga ha sviluppato “Omnivore” per la televisione.
Omicidio sull’Orient Express: nuovo film prodotto da Ridley Scott e Simon Kinberg
Nuovo adattamento in vista per Omicidio sull’Orient Express, il celebre racconto del 1934 di Agatha Christie, ad annunciarlo è il noto sito The Hollywood Reporter, secondo il quale la Major Fox, dopo aver raccolto i diritti cinematografici del classico si appresta a sviluppare un film che sarà prodotto dalla squadra composta da Ridley Scott , Simon Kinberg e Mark Gordon.
Il libro è stato già adattato nell’omonimo film del 1974 dove ad interpretare Poirot c’era l’attore Albert Finney e che ottenne ben sei nomination all’Oscar con Ingrid Bergman che vinse il premio come attrice non protagonista.
Nel frattempo, vi ricordiamo che Ridley Scott sta girando per la Fox anche il film Exodus con Christian Bale, e narra la storia di Mosè.
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Mentre Kinberg ha appena firmato il suo prolungamento di contratto con la Fox per occuparsi dell’universo sugli X-Men.
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Gondon invece sta sviluppando il nuovo film del franchise su Le Cronache di Narnia.
Assassinio sull’Orient Express (Murder on the Orient Express) è uno tra i più famosi romanzi gialli di Agatha Christie, reso ancora più celebre dall’omonimo film del 1974. Ha tra i protagonisti il detective Hercule Poirot. Scritto dalla Christie durante un suo soggiorno a Istanbul, nella stanza 411 del Pera Palas Hotel (oggi adibita a piccolo museo in suo onore), il romanzo fu pubblicato a puntate dal settimanale statunitense The Saturday Evening Post nell’estate del 1933, mentre l’anno successivo fu raccolto in un unico libro dall’editore inglese Collins Crime Club; in Italia fece la sua comparsa nel 1935, edito da Mondadori.
Trama: L’investigatore Hercule Poirot, partito da Istanbul con l’Orient Express e diretto a Londra, si trova a indagare sull’assassinio di un certo Ratchett, un distinto americano ritrovato esanime nel proprio scompartimento, sullo stesso treno in cui viaggia il detective. Ma un’abbondante nevicata bloccherà il convoglio per parecchie ore, e in questo modo Poirot si vedrà costretto a ipotizzare che l’assassino è uno dei passeggeri il cui scompartimento è nella carrozza per Calais, la stessa in cui si trova quello del signor Ratchett.
Un indizio rivelatore porterà alla scoperta che il vero nome della vittima era Cassetti, un assassino in fuga dalla giustizia americana perché accusato del rapimento a scopo di estorsione e dell’omicidio della piccola Daisy Armstrong, avvenuti anni prima (l’episodio si ispira alla tragedia che colpì il noto aviatore statunitense Charles Lindbergh, il cui figlioletto Charles III di un anno e mezzo fu rapito e brutalmente ucciso nel 1932), uccisione che in seguito aveva provocato indirettamente altre morti fra le persone a lei vicine.
Omicidio sull’Orient Express: Kenneth Branagh farà anche parte de cast
Come vi avevamo annunciato la 20th Century Fox ha trovato in Kenneth Branagh il candidato ideale per realizzare un nuovo adattamento cinematografico di Omicidio sull’Orient Express, uno dei più famosi gialli della scrittrice Agatha Christie, nonchè remake dello storico film realizzato nel 1974 con protagonisti Ingrid Bergman e Albert Finney. Ebbene, secondo le ultime notizie, sembrerebbe che Branagh non si limiterà a dirigere il film, ma avrà anche un ruolo davanti alla macchina da presa, prestando il proprio volto al detective Poirot e divenendo di fatto il primo membro ufficiale del cast.
Vi ricordiamo, inoltre, che il film sarà prodotto da Ridley Scott e Simon Kinberg, mentre la sceneggiatura è firmata da Michael Green.
Trama: L’investigatore Hercule Poirot, partito da Istanbul con l’Orient Express e diretto a Londra, si trova a indagare sull’assassinio di un certo Ratchett, un distinto americano ritrovato esanime nel proprio scompartimento, sullo stesso treno in cui viaggia il detective. Ma un’abbondante nevicata bloccherà il convoglio per parecchie ore, e in questo modo Poirot si vedrà costretto a ipotizzare che l’assassino è uno dei passeggeri il cui scompartimento è nella carrozza per Calais, la stessa in cui si trova quello del signor Ratchett.
Un indizio rivelatore porterà alla scoperta che il vero nome della vittima era Cassetti, un assassino in fuga dalla giustizia americana perché accusato del rapimento a scopo di estorsione e dell’omicidio della piccola Daisy Armstrong, avvenuti anni prima (l’episodio si ispira alla tragedia che colpì il noto aviatore statunitense Charles Lindbergh, il cui figlioletto Charles III di un anno e mezzo fu rapito e brutalmente ucciso nel 1932), uccisione che in seguito aveva provocato indirettamente altre morti fra le persone a lei vicine.
Fonte: Collider
Omicidio nel West End, la recensione del film con Saoirse Ronan e Sam Rockwell
Prendete un omicidio, unitelo alle indagini per scoprire chi è l’assassino, aggiungete un detective alcolizzato e un’aspirante investigatrice motivata e ligia, unite al composto una serie di sospettati pittoreschi (a dir poco), e condite con un tocco di action e tanta ironia: avrete così la ricetta perfetta di Omicidio nel West End, il nuovo film di Tom George ha una sceneggiatura di Mark Chappell con protagonisti Sam Rockwell e Saoirse Ronan.
Omicidio nel West End, la storia
Nella Londra degli anni cinquanta, un produttore decide di realizzare l’adattamento cinematografico di una popolare opera teatrale, Trappola per topi, di Agatha Christie. Quando membri del cast e della troupe cominciano a morire misteriosamente, l’ispettore Stoppard e l’agente Stalker si mettono sulle tracce dell’assassino.
In originale intitolato See How They Run, il film di George si autodenuncia come una continua citazione e un continuo gioco meta cinematografico tra spettatori e attori che vengono continuamente chiamati in causa mentre i personaggi mettono alla berlina tutti i cliché del genere giallo a là Christie che puntualmente vengono poi messi in scena. Il titolo originale è infatti un verso della poesia originale che ha ispirato Christie a scrivere il suo romanzo, Trappola per Topi, da cui è tratta l’opera teatrale che nel film è messa in scena (e che si vuole trasformare in film).

Un revival per il giallo “da camera”
L’intenzione di regista e sceneggiatore è quindi chiara: realizzare una commedia d’azione che prende in giro e fa continuo riferimento a quella letteratura e a quel cinema che è stato riportato in auge, con grande successo di pubblico, dalle operazioni di Kenneth Branagh (Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo) e Rian Johnson (Knives Out e Glass Onion di prossima uscita).
L’obbiettivo viene raggiunto in maniera egregia, dal momento che ogni istante del film costituisce un riferimento, un tassello un tropo del genere, dalla prima vittima, alle sue abitudini, passando per le dinamiche tra poliziotto esperto e novellino, fino ad arrivare all’apparente colpevolezza di tutti gli indiziati, ognuno con un valido movente per commettere gli omicidi su cui si indaga. La macchina perfetta viene quindi messa in piedi con grande perizia, se non fosse che strada facendo ci si dimentica completamente dell’intreccio, e mentre l’inizio del film ha un che di accattivante, man mano che la storia si sviluppa sembra perdere il filo e anche la rivelazione finale dell’identità dell’assassino lascia insoddisfatto uno spettatore che, per la fine del film, si è già perso in un ritmo dilatato che gira su se stesso.
Omicidio nel West End è una creatura di Frankenstein
Omicidio nel West End appare come il mostro di Frankenstein, formata da tanti pezzi estranei che vengono messi insieme ma che non hanno una vera e propria anima personale, una creatura vuota che fatica a trovare la sua direzione.
È dunque un completo buco nell’acqua? Sarebbe un torto dire una cosa del genere di questo progetto che comunque ci accompagna fino al finale perché guidato da un’inedita coppia comica che conquista al primo sguardo. Saoirse Ronan e Sam Rockwell, entrambi alle prese con una rara (rispetto alle loro carriere) incursione nella commedia, conquistano immediatamente il pubblico, regalano una bella alchimia di coppia e mettono in scena i due personaggi meglio scritti del film, che pure si avvale di diversi volti noti e talenti puri, come Adrien Brody o Ruth Wilson. Sono l’ispettore Stoppard e l’agente Stalker la vera anima del racconto.

Tra un riferimento a personaggi realmente esistiti e caratteri completamente di fiction, Omicidio a West End è un vero e proprio pastiche, che fatica a trovare la sua anima e che soprattutto nel finale perde completamente il senso del ritmo e della narrazione. Resta comunque un valido intrattenimento anche solo per gli spettatori che si divertiranno a cogliere citazioni, riferimenti, nomi di personalità dello spettacolo davvero esistiti mescolati a personaggi inventati, riferimenti meta-cinematografici e mementi di altissima auto-ironia, che, per fortuna, quella non manca.
Omicidio nel West End da domani al cinema!
Omicidio nel West End, diretto da Tom George con Sam Rockwell e Saoirse Ronan uscirà al cinema da domani, giovedì 29 settembre, distribuito da The Walt Disney Company Italia. Nel West End di Londra degli anni Cinquanta, i piani per una versione cinematografica di un’opera teatrale di successo subiscono un brusco arresto dopo l’omicidio del regista hollywoodiano che avrebbe dovuto dirigere il film. Quando l’ispettore Stoppard (Sam Rockwell) e la zelante recluta, l’agente Stalker (Saoirse Ronan), prendono in mano il caso, i due si trovano coinvolti in un enigmatico giallo all’interno del sordido eaffascinante mondo dietro le quinte del teatro, indagando sul misterioso omicidio a loro rischio e pericolo. Searchlight Pictures presenta Omicidio nel West End, esordio alla regia di un lungometraggio del regista premiato con il BAFTA Tom George (This Country), sceneggiato da Mark Chappell (Appunti di un giovane medico, Flaked).
Omicidio nel West End è interpretato da uno stellare cast corale che comprende il vincitore dell’Academy Award e del BAFTA Sam Rockwell (Jojo Rabbit, Tre manifesti a Ebbing, Missouri), la candidata all’Academy Award e al BAFTA Saoirse Ronan (The French Dispatch, Piccole donne), il vincitore dell’Academy Award e candidato al BAFTA Adrien Brody (Il pianista, The French Dispatch), la vincitrice del BAFTA Ruth Wilson (His Dark Materials – Queste oscure materie, The Affair – Unarelazione pericolosa), il vincitore del BAFTA Reece Shearsmith (High-Rise – La rivolta, Inside No. 9), il candidato al BAFTA Harris Dickinson (The King’s Man – Le origini), il vincitore del BAFTA Charlie Cooper (This Country,Avenue 5), la vincitrice del BAFTA Shirley Henderson (Stanlio & Ollio, Southcliffe), Lucian Msamati (Kiri), Pippa Bennett-Warner (Gangs of London, Harlots), Pearl Chanda (War of the Worlds, I May Destroy You – Trauma e rinascita), Paul Chahidi (This Country,Twelfth Night), la vincitrice del BAFTA Sian Clifford (Good Grief, Fleabag), Jacob Fortune-Lloyd (La regina degli scacchi), Ania Marson (The Witcher), Tim Key (The Witchfinder) e il candidato al BAFTA David Oyelowo (Selma – La strada per la libertà, The Butler – Unmaggiordomo alla Casa Bianca).
Omicidio nel West End è prodotto da Damian Jones (The Iron Lady, The Lady in The Van, Absolutely Fabulous – Il film) e Gina Carter (Yardie,Bright Young Things). La squadra creativa comprende il direttore della fotografia Jamie D. Ramsay (Secret Love), i montatori Gary Dollner e Peter Lambert (Unbambino chiamato Natale,Mamma Mia! Ci risiamo), la scenografa Amanda McArthur (Laleggendaria Dolly Wilde), la costumista Odile Dicks-Mireaux (Ultima notte a Soho) e la designer delle acconciature e del make-up Nadia Stacey (Crudelia, La favorita).
Omicidio all’Italiana: trailer del film di Maccio Capatonda
Medusa Film ha diffuso il trailer ufficiale di Omicidio All’Italiana, il nuovo film di Maccio Capatonda che uscirà il 2 marzo al cinema!
Nel cast del film Omicidio All’Italiana MACCIO CAPATONDA (Marcello Macchia), HERBERT BALLERINA (Luigi Luciano), IVO AVIDO (Enrico Venti), SABRINA FERILLI, ANTONIA TRUPPO e FABRIZIO BIGGIO
Omicidio All’Italiana è prodotto da MARCO BELARDI e una produzione LOTUS PRODUCTION con MEDUSA FILM.
La trama del film Omicidio All’Italiana
Uno strano omicidio sconvolge la vita sempre uguale di Acitrullo, sperduta località dell’entroterra abruzzese.
Quale
occasione migliore per il sindaco (Maccio Capatonda) e il suo vice
(Herbert Ballerina) per far uscire dall’anonimato il paesino? Oltre
alle forze dell’ordine infatti, accorrerà sul posto una troupe del
famigerato programma televisivo “Chi l’acciso?”, condotto da
Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli). Grazie alla trasmissione e
all’astuzia del sindaco, Acitrullo diventerà in men che non si dica
famosa come e ancor più di Cogne!
Ma sarà un efferato crimine o un… omicidio a luci grosse??
Omicidio All’Italiana: teaser trailer del nuovo film di Maccio Capatonda
Guarda il teaser trailer di Omicidio All’Italiana, il nuovo film di Maccio Capatonda, che uscirà al cinema dal 2 marzo distribuito da Medusa Film.
Nel cast del film Omicidio All’Italiana MACCIO CAPATONDA (Marcello Macchia), HERBERT BALLERINA (Luigi Luciano), IVO AVIDO (Enrico Venti), SABRINA FERILLI, ANTONIA TRUPPO e FABRIZIO BIGGIO
Omicidio All’Italiana è prodotto da MARCO BELARDI e una produzione LOTUS PRODUCTION con MEDUSA FILM.
La trama del film Omicidio All’Italiana
Uno strano omicidio sconvolge la vita sempre uguale di Acitrullo, sperduta località dell’entroterra abruzzese.
Quale
occasione migliore per il sindaco (Maccio Capatonda) e il suo vice
(Herbert Ballerina) per far uscire dall’anonimato il paesino? Oltre
alle forze dell’ordine infatti, accorrerà sul posto una troupe del
famigerato programma televisivo “Chi l’acciso?”, condotto da
Donatella Spruzzone (Sabrina Ferilli). Grazie alla trasmissione e
all’astuzia del sindaco, Acitrullo diventerà in men che non si dica
famosa come e ancor più di Cogne!
Ma sarà un efferato crimine o un… omicidio a luci grosse??
Omicidio all’italiana: recensione del film di Maccio Capatonda
Dopo una piccola parte nella pellicola di Herbert Ballerina (Luigi Luciano), Maccio Capatonda (Marcello Macchia) torna sul grande schermo con Omicidio all’italiana, una commedia di cui è anche regista e sceneggiatore.
La morte inaspettata della contessa Ugalda Martirio In Cazzati (Lorenza Guerrieri) sconvolge la vita (troppo) pacata del paese abruzzese di Acitrullo. Il sindaco, Piero Peluria (Maccio Capatonda), decide di sfruttare la morte naturale della contessa per trasformare il paese in un macabro luogo d’interesse.
Orde di giornalisti e turisti con il gusto del macabro arrivano nel paesino sperduto, stravolgendo la vita degli anziani cittadini e trasformando il paese in un parco divertimenti, la cui attrazione principale è proprio l’efferato omicidio. Sembra che nessuno, tantomeno la conduttrice del programma “Chi l’acciso?” (Sabrina Ferilli), sia davvero interessato a scoprire la verità sulla morte della donna. Anzi, sembra che solo la sergente Pertinente (Roberta Mattei) stia indagando davvero sull’assassinio, nonostante il commissario Fiutozzi (Gigio Morra) le intimi più volte di interrompere le sue indagini. Una serie di intuizioni e coincidenze, portano la sergente a scoprire finalmente la verità e a chiudere il caso.
La commedia del regista abruzzese dipinge con sagace ironia una realtà fin troppo attuale. Infatti, nella pellicola, l’omicidio della contessa diventa mero intrattenimento e viene sfruttato dal sindaco e dal suo vice (Herbert Ballerina) che così ottengono i famosi quindici minuti di celebrità per il proprio paese. Il regista riesce, ridendo, a descrivere una morbosità recente nei confronti dei delitti più efferati dell’ultimo decennio: nel modo di fare televisione odierno, la notizia deve diventare intrattenimento.
La recensione del nuovo film di Maccio Capatonda, Omicidio all’Italiana
Il motivo della denuncia è chiaro: la differenza tra fiction e cronaca sta scomparendo non solo agli occhi di chi fa tv ma soprattutto agli occhi dello spettatore, sempre più morboso nei confronti della notizia. Ma la pellicola non colpevolizza nessuno, spingendo quindi tutti a riflettere senza sentirsi alla sbarra.
La sintonia evidente tra Maccio Capatonda, Herber Ballerina e Ivo Avido; una recitazione per nulla costruita e il casting azzeccato fanno della pellicola un perfetto mix di comicità esilarante e momenti di giusta riflessione.
Capatonda si conferma attore poliedrico e capace di trasmettere anche le più raffinate sfumature emozionali: una menzione speciale va alla sua interpretazione di Eugenio Normale. Eugenio è il classico padre di famiglia che lavora troppo e si fa perdonare accontentando qualsiasi capricco di moglie e figli. Sono proprio la moglie Fabiola (Antonia Truppo) e i figli a insistere di andare in vacanza ad Acitrullo ed Eugenio li accontenta, pur reagendo con sdegno al loro entusiasmo per l’omicidio. Gli atteggiamenti di moglie e figli lo esasperano a tal punto che Eugenio diventa una versione ancora più macabra dello spettatore morboso incarnato dalla moglie, lasciando di stucco lo spettatore.
Anche la prova di Sabrina Ferilli è degna di nota. Il pubblico italiano la conosce fin troppo bene per i suoi ruoli da femme fatale ma in questa commedia, l’attrice si cala perfettamente nei panni della conduttrice fredda e calcolatrice, regalandoci una scena densa di pathos in cui spiega al commissario Fiutozzi come ormai la verità diventi sempre intrattenimento quando passa attraverso la televisione.
Con questa pellicola, Maccio Capatonda prende in maniera definitiva sulle sue spalle l’eredità della comicità italiana. Un’eredità condivisa con Checco Zalone e che, da parte sua, divide con Herbert Ballerina e Ivo Avido (Enrico Venti). La commedia sarà nelle sale italiane dal 2 marzo.
Omicidio al Cairo: trama, cast e la vera storia dietro il film
I moti della Primavera Araba sono stati una delle più importanti rivoluzioni del nuovo millennio, ed hanno coinvolto quasi tutti i paesi del Nord Africa e non solo. Inevitabile che simili eventi venissero toccati, seppur anche in modo marginale, da quel potente mezzo di comunicazione di massa che è il cinema. Uno dei titoli più interessanti a riguardo è Omicidio al Cairo, diretto dal regista svedese di origini egiziane Tarik Saleh. Già noto per film come Gitmo – The New Rules of War e Metropia, questi ha nel 2017 portato al cinema questa sua nuova opera, ad oggi la più apprezzata e premiata della sua filmografia.
Con questo, il regista ricostruisce con grande fedeltà alcuni degli eventi che portarono alle prime rivolte verificatesi in Egitto a partire dal 2008. Il suo è un film di denuncia contro le autorità e la situazione politica di quegli anni, e attraverso l’adattamento di un episodio realmente accaduto riesce a raccontare ancor di più i retroscena di tali ambienti. Trattando tematiche simili, Saleh ebbe non poche difficoltà a realizzare il film. Fu infatti costretto a spostare le riprese dal Cairo a Casablanca, poiché il governo non concesse di girare nella capitale. Il film riuscì in ogni modo a prendere forma, ottenendo poi riconoscimenti da tutto il mondo.
Presentato al Sundance Film Festival, questo ricevette il premio World Cinema Grand Jury Prize. In Svezia, ai prestigiosi Guldbagge Awards vinse invece cinque premi, tra cui quello di miglior film. Omicidio al Cairo è un gioiello da riscoprire assolutamente per poter aprire una finestra su luoghi del mondo normalmente non frequentati. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia a cui è ispirato. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.
Omicidio al Cairo: la trama del film
La storia si svolge in Egitto, nel 2011, più precisamente nella capitale Il Cairo. In quel periodo la città è sconvolta dalle prime agitazioni e proteste contro il trentennale regime del presidente Mubarak. A margine di ciò, si segue la vicenda del detective della polizia Noredin Mostafa, il quale, come vuole la norma, è corrotto come tutti i suoi colleghi. Mustafa è infatti solito chiedere una ricca tangente ai commercianti per garantire loro protezione da eventuali attacchi. A cambiare il suo modo di agire arriva però l’insolito caso di una cantante trovata morta nella sua stanza d’albergo. La cameriera Salwa sembra l’unica a sapere cosa sia accaduto.
Sospettando qualcosa di grosso, che potrebbe garantirgli un avanzamento di carriera, il poliziotto inizia così ad indagare. Più si avvicina alla verità però, più scoprirà il coinvolgimento nell’omicidio di nomi importanti, alcuni dei quali appartenenti alla classe politica. Sarà a quel punto che gli verrà ordinato di archiviare il caso e insabbiare quanto scoperto. Mostafa però, pur essendo corrotto, non è privo di coscienza. Frustrato dai soprusi contro il popolo egiziano, decide di andare fino in fondo alla questione, sfidando i potenti e mettendo a rischio la propria vita pur di ottenere la verità.
Omicidio al Cairo: il cast del film
Interpreti del film sono prevalentemente attori di origini africane o francesi, forse poco noti al pubblico internazionale ma divenuti poi particolarmente celebri anche grazie a questo film. Ad interpretare il ruolo del protagonista, il poliziotto Noredin Mostafa, vi è l’attore Fares Fares, divenuto celebre a livello internazionale grazie a film come Zero Dark Thirty, Child 44 e Rogue One: A Star Wars Story. Ad interpretare la cameriera Salwa vi è l’attrice Mari Malek, mentre Yasser Ali Maher è Kammal Mostafa. Slimane Dazi, noto per il film Il profeta, è invece presente nel ruolo del misterioso uomo dagli occhi verdi. Hichem Yacoubi, visto sia in Munich che in Il profeta, interpreta Nagui, mentre Ger Duany, noto per Restless City e The Good Lie, dà vita al personaggio di Clinton.
Omicidio al Cairo: la vera storia dietro il film
La storia narrata nel film è la rielaborazione che il regista ha fatto di un evento realmente accaduto in Egitto, nel 2008. Si tratta dell’assassinio della cantante libanese Suzanne Tamim. Questa era divenuta particolarmente celebre dopo aver vinto nel 1996 il talent show libanese Studio El Fan, all’età di soli 19 anni. Questa intraprese così una fortunata carriera nel mondo della musica, dando vita a brani che univano le sonorità del pop a quelle della tradizione araba. Il 28 luglio del 2008, all’età di 30 anni, la cantante venne però ritrovata morta nel suo appartamento. Inizialmente si diffuse la notizie che Tamim era stata decapitata, ma in seguito venne rivelato che era morta per uno sgozzamento. Data la sua popolarità, il caso fece estremamente scalpore e in breve si arrivò ad arrestare alcuni sospettati.
Questi erano un noto milionario e Hisham Talaat Moustafa, anche legislatore della camera alta del Parlamento egiziano. Accusati di aver assunto un sicario per uccidere la cantante, nel 2009 vennero ritenuti colpevoli e condannati all’impiccagione. Nel marzo del 2010, tuttavia, la Corte suprema chiese di rivedere la sentenza, e con il nuovo processo Moustafa e il milionario vennero condannati a 15 anni di carcere, mentre il killer all’ergastolo. Questo era stato identificato in Al-Sukkari, ex poliziotto. Nel 2011, tuttavia, si è diffusa la notizia che, a causa dei disordini popolari, il misterioso milionari era evaso di prigione. Di questi, amico del presidente Mubarak, si proibì inoltre di parlare pubblicamente. Ad oggi, ancora molti sono i misteri rimasti irrisolti sul caso.
Omicidio al Cairo: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV
È possibile fruire di Omicidio al Cairo grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Rai Play, YouTube e Amazon Prime Video. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente, in prima visione assoluta, nel palinsesto televisivo di sabato 20 febbraio alle ore 21:20 sul canale Rai 4.
Fonte: IMDb
Omicidio a Los Angeles con Charlie Hunnam e Mel Gibson in prima tv su SKY e NOW
Arriva in prima tv assoluta lunedì 7 marzo alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su NOW e disponibile on demand, Omicidio a Los Angeles, film Sky Original diretto da Tim Kirby e tratto dal best seller Last looks di Howard Michael Gould.
In questa divertente action comedy Charlie Hunnam è Charlie Waldo, un ex poliziotto di Los Angeles, Mel Gibson è Alistair Pinch, una star di Hollywood, Morena Baccarin è Lorena Nascimento, impetuosa ex ragazza di Waldo, e Lucy Fry è Jayne White, insegnante della figlia di Pinch, che forse è più di quanto sembra.
La trama
Charlie Waldo è un poliziotto di Los Angeles, che, dopo aver mandato in carcere un innocente per errore, ha lasciato il servizio e ora vive in solitudine tra i boschi. Alistair Pinch è un attore eccentrico, con un pessimo carattere e problemi con l’alcol, protagonista di uno show televisivo di grande successo. Quando la moglie di Pinch viene trovata morta, la star è il principale sospettato. Lorena Nascimento, ex ragazza di Waldo che lavora nel business televisivo, prova a convincere il poliziotto a tornare a Los Angeles, per lavorare al caso di Pinch e provare a scagionarlo. Waldo inizialmente rifiuta, ma poi il corso degli eventi lo porta a rientrare in servizio per indagare sull’accaduto.
Omicidio a Los Angeles Lunedì 7 marzo in prima tv assoluta alle 21.15 su Sky Cinema Uno, in streaming su N0W e disponibile on demand.
Omen: in arrivo il prequel alla 20th Century Fox
L’Hollywood
Reporter riferisce che la 20th Century Fox ha
intenzione di rilanciare il marchio di
Omen, film cult del genere horror classe
1976.
A quanto pare lo studio avrebbe in produzione un prequel del film originale che porta il titolo, forse provvisorio, di The First Omen. La storia si baserà su uno script di Ben Jacoby e David Goyer, mentre alla regia potrebbe approdare Antonio Campos.
Il film originale del ’76 fu diretto da Richard Donner e da noi si intitola Il Presagio. Nel film un ambasciatore americano, Gregory Peck, era convinto che il figlio fosse l’Anticristo.
Il franchise è già prolifico dal momento che a seguito del film di Donner ci furono tre sequel, un remake recente, del 2006, e una serie televisiva, Damien, che negli States va ancora in onda.
Omen – L’Origine del Presagio: ecco la scena che ha creato problemi con la censura
ATTENZIONE SPOILER SUL FILM
Quando si tratta delle classificazioni dei film emesse dalla MPAA, non è sempre chiaro al pubblico il motivo per cui alcuni titoli finiscono con le valutazioni che hanno. È facile capire perché la nudità e la violenza influiscono sulla valutazione di un film, ma cosa succede quando una singola ma importante inquadratura inserisce il tuo progetto nella temuta categoria NC-17 (vietato ai minori di 17)? Durante un’intervista con Collider, la regista di Omen – L’Origine del Presagio, Arkasha Stevenson ha rivelato che ha dovuto affrontare proprio quella situazione per riportare il film horror nella classificazione R.
Durante l’intervista, Stevenson ha detto che la causa di tutto il fastidio era… una vagina. La regista ha rivelato che “era davvero importante per noi non feticizzare o sessualizzare questo orrore corporeo e umanizzare davvero l’anatomia femminile”, ma la MPAA non lo ha permesso. È stato allora che il team si è reso conto che avrebbe dovuto trovare un compromesso se voleva restare fedele alla propria visione e mantenere comunque la classificazione R:
“Sono sempre titubante nel cercare di capire il loro processo. Inizialmente, era solo questa ripresa frontale di questa mano che usciva dalla vagina. E la ripresa inizia da prima che iniziamo a vedere questa mano demoniaca. E il compromesso è stato di passare all’immagine frontale solo dopo che l’elemento soprannaturale è già apparso nell’immagine. Quindi quello che ho capito era che non era ciò che stava accadendo al corpo ad essere offensivo (la mano demoniaca che viene partorita), era il corpo, l’immagine della vagina, che era offensivo. Eppure, sai, è il 2024. C’è molta nudità frontale maschile, c’è molta nudità femminile, ma la nudità femminile è sempre vista in una luce sessuale. Ed era interessante che questo fosse ciò che avrebbe oltrepassato il confine. Ma una volta che ci siamo resi conto che quello sarebbe stato il campo di battaglia, penso che tutti fossero totalmente dalla nostra parte, compreso lo studio, per far passare davvero questa immagine”.
Inoltre, Stevenson ha rivelato che i montaggi di Omen – L’Origine del Presagio “sono andati avanti e indietro, credo, cinque volte” finché non sono riusciti finalmente a trovare una versione che assicurasse il rating R meno severo. Ciò che pensava fosse strano, tuttavia, è che, nella sua percezione, la scena è risultata “stranamente più grafica” nella versione finale. Un’altra cosa che ha sconcertato la regista è che l’inquadratura frontale della vagina era l’unica cosa che ha davvero infastidito la MPAA, dicendo: “Abbiamo un film piuttosto cruento, abbiamo molta violenza, abbiamo molto body horror. E abbiamo anche un fallo demoniaco, e niente di tutto ciò ha attivato una classificazione NC-17.”
Stevenson ha aggiunto che questo “è abbastanza indicativo di dove siamo adesso e, penso, di dove dobbiamo arrivare”. Ciò ha portato la regista a sottolineare l’importanza di riscrivere la storia per quanto riguarda il modo in cui i film horror si avvicinano e rappresentano il corpo femminile: “C’era un piccolo muro tra me e l’orrore perché per la maggior parte del tempo avevo la sensazione che la violenza raffigurata era feticizzata quando si trattava di donne. E quindi questo è stato un vero esercizio nel cercare di rendere l’obiettivo puramente attraverso la paura. E quando parli di argomenti così intensi, credo, come la nascita, la riproduzione forzata e l’aggressione sessuale, penso che sia davvero importante non rifuggire dall’immaginario e umanizzare ciò che di solito viene immaginato.”
Di cosa parla Omen – L’Origine del Presagio?
Quando una giovane donna americana viene mandata a Roma per iniziare una vita al servizio della chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere l’incarnazione del male. Omen – L’Origine del Presagio è interpretato da Nell Tiger Free (Servant), Tawfeek Barhom (Maria Maddalena), Sonia Braga (Il bacio della donna ragno), Ralph Ineson (The Northman), Nicole Sorace (The Good Mothers), Andrea Arcangeli (Il Divin Codino), con Charles Dance (Il Trono di Spade) e Bill Nighy (Living).
Il film è diretto da Arkasha Stevenson ed è basato sui personaggi creati da David Seltzer (Il presagio), con un soggetto di Ben Jacoby (Bleed) e una sceneggiatura di Tim Smith & Arkasha Stevenson e Keith Thomas (Firestarter). David S. Goyer (Hellraiser) e Keith Levine (The Night House – La casa oscura) sono i produttori, mentre Tim Smith, Whitney Brown (Rosaline) e Gracie Wheelan sono i produttori esecutivi.
Omen – L’Origine del Presagio: recensione del film con Nell Tiger Free
Ogni grande male ha una sua causa e una sua origine, e lo stesso vale per il piccolo e diabolico Damien, entrato nella storia dei cinema grazie a Richard Donner. Con il film di Arkasha Stevenson, Omen – L’origine del Presagio, al cinema dal 4 aprile con The Walt Disney Company, ci si sposta proprio in quel punto della storia ancora oscuro, il primo presagio (il titolo originale è infatti The First Omen), quel momento che ha visto la… nascita dell’Anticristo.
Omen – L’origine del Presagio, la trama
La storia si svolge a Roma, negli edifici di un convento, in cui la giovane e devota Margaret, novizia statunitense, è pronta a prendere i voti. Cresciuta in un orfanotrofio, la giovane donna ha una fede incrollabile e si approccia alla prospettiva di una vita monastica con grande serenità. Tuttavia, il collegio dove soggiorna e le sue monache cominceranno presto a sembrarle sospetti, soprattutto quando una ragazzina, ospite della struttura, comincerà a risvegliare in lei ricordi oscuri di un passato che credeva una sua fantasia. Margaret si trova così invischiata in un misterioso complotto che la vedrà giocare un ruolo fondamentale per la salvezza (o la dannazione) dell’umanità.
Con un titolo che è una dichiarazione di intenti, Omen – L’origine del Presagio racconta la storia di come Damien sia finito adottato da Robert Thorn di Gregory Peck, non senza essere una furba e a suo modo brillante storia indipendente che può benissimo fare a meno del suo illustre predecessore per essere apprezzato.
La Roma sinistra di Arkasha Stevenson
Partiamo dall’ambientazione: la Roma del film di Arkasha Stevenson è una città contraddittoria, tanto solare e splendente di giorno, quanto sinistra e oscura di notte. Racconta il potere temporale della Chiesa, che lì ha sede, e lo mostra nella sua imponenza, indugiando su edifici, istituzioni, luoghi che ne rappresentano il prestigio, ma propone anche un ambientazione storica, la metà degli anni ’70, in cui la città reale cominciava a essere sempre più lontana dall’influenza di quel potere. Le rivolte studentesche rappresentano in maniera didascalica ma efficace quel momento storico in cui l’influenza della Chiesa sulla popolazione cominciava a venir meno, lasciando spazio a ambizioni e affermazioni individuali di diversa natura.
Un altro punto di grande
interesse nel film di Arkasha Stevenson è
sicuramente la declinazione scelta per raccontare l’orrore. Il film
simpatizza di più con il thriller che con l’horror, salvo qualche
concessione molto grafica e per questo efficace, e focalizza il suo
sguardo sul corpo scevro di qualsiasi connotazione sensuale, come
strumento anche soggetto a mutazioni e cambiamenti pur di adempiere
il suo scopo. Omen – L’Origine del Presagio palesa una vocazione (è
il caso di dirlo) al body horror e alla strumentalizzazione della
fisicità femminile, soprattutto in una convinta e decisa ottica
anti-clericale, scelte narrative che ricordano precedenti illustri,
di cui il più evidente è il capolavoro di Roman
Polanski Rosemary’s Baby.
Nell Tiger Free è la protagonista di Omen – L’Origine del Presagio
A guidare questa discesa agli inferi vera e propria c’è il volto pulito di Nell Tiger Free che sembra perfettamente a suo agio in atmosfere sinistre, forte anche dell’esperienza sul set di Servant, in cui interpreta Leanne Grayson. Al suo fianco, oltre ai veterani Bill Nighy e Sonia Braga, anche l’esordiente Nicole Sorace, in un ruolo decisamente importante e che fa sfoggio di una grande presenza scenica, nonostante la giovane età e l’inesperienza. La sua Carlita è magnetica. Ben più conosciuto al pubblico italiano è invece Andrea Arcangeli (Il Divin Codino), con un ruolo minore ma, si scoprirà fondamentale per lo sviluppo della vicenda.
Nella saturazione contemporanea, soprattutto legata al cinema di genere che viene visto come tipo di narrazione più abbordabile, Omen – L’Origine del Presagio spicca per linearità, gusto della messa in scena e scelte estetiche e linguistiche che ne fanno una riflessione intelligente sulla contemporaneità, con un occhio femminile evidente ma mai invadente.
Omen – L’origine del presagio: nuovo trailer del film horror prequel
La 20th Century Studios ha rilasciato un nuovo trailer di Omen – L’origine del presagio (The First Omen), che offre ai fan uno sguardo ravvicinato al prossimo prequel del film horror. Il trailer presenta molte inquietanti immagini, accompagnate dalla canzone “If I Had a Heart” di Fever Ray.
“Quando una giovane donna americana viene inviata a Roma per iniziare una vita di servizio alla Chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere il male“, si legge nella sinossi del film.
Omen – L’origine del presagio (The First Omen), il film
Omen – L’origine del presagio (The First Omen) è interpretato da Nell Tiger Free (Servant, Game of Thrones), Tawfeek Barhom (The Letter for the King), Sonia Braga (Shotgun Wedding), Ralph Ineson (The Witch, The Northman) e Bill Nighy (Love Actually, Pirati dei Caraibi). Il film è diretto da Arkasha Stevenson, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Tim Smith e Keith Thomas, mentre Ben Jacoby si è occupato della storia. David S. Goyer e Keith Levine sono entrambi produttori di Omen – L’origine del presagio (The First Omen), mentre Smith, Whitney Brown e Gracie Wheelan sono produttori esecutivi. Il film uscirà nelle sale statunitensi il 4 Aprile 2024.
Quando è uscito il film originale?
Omen – L’origine del presagio (The First Omen) è un prequel de Il Presagio, diretto da Richard Donner. Uscito nel 1976, il film horror acclamato dalla critica era interpretato da Gregory Peck, Lee Remick, David Warner, Harvey Spencer Stephens e Billie Whitelaw. Il film ha vinto l’Oscar per la migliore colonna sonora originale ed è stato nominato anche per la migliore canzone originale.
Omen – L’Origine del Presagio: nuovo spaventoso trailer
È ora disponibili il nuovo trailer e dell’horror psicologico 20th Century Studios Omen – L’Origine del Presagio. Il film, prequel della classica saga horror, arriverà il 4 aprile nelle sale italiane.
Quando una giovane donna americana viene mandata a Roma per iniziare una vita al servizio della chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere l’incarnazione del male. Omen – L’Origine del Presagio è interpretato da Nell Tiger Free (Servant), Tawfeek Barhom (Maria Maddalena), Sonia Braga (Il bacio della donna ragno), Ralph Ineson (The Northman), con Charles Dance (Il Trono di Spade) e Bill Nighy (Living).
Il film è diretto da Arkasha Stevenson ed è basato sui personaggi creati da David Seltzer (Il presagio), con un soggetto di Ben Jacoby (Bleed) e una sceneggiatura di Tim Smith & Arkasha Stevenson e Keith Thomas (Firestarter). David S. Goyer (Hellraiser) e Keith Levine (The Night House – La casa oscura) sono i produttori, mentre Tim Smith, Whitney Brown (Rosaline) e Gracie Wheelan sono i produttori esecutivi.
Omen – L’Origine del Presagio: intervista a Andrea Arcangeli e Nicole Sorace
Andrea Arcangeli e Nicole Sorace fanno parte del cast italiano di Omen – L’Origine del Presagio, diretto da Arkasha Stevenson e al cinema dal 4 aprile distribuito da The Walt Disney Company Italia. Ecco cosa ci hanno raccontato del film che fa da prequel al cult omonimo di Richard Donner del 1976.
Di cosa parla Omen – L’Origine del Presagio?
Quando una giovane donna americana viene mandata a Roma per iniziare una vita al servizio della chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere l’incarnazione del male. Omen – L’Origine del Presagio è interpretato da Nell Tiger Free (Servant), Tawfeek Barhom (Maria Maddalena), Sonia Braga (Il bacio della donna ragno), Ralph Ineson (The Northman), Nicole Sorace (The Good Mothers), Andrea Arcangeli (Il Divin Codino), con Charles Dance (Il Trono di Spade) e Bill Nighy (Living).
Il film è diretto da Arkasha Stevenson ed è basato sui personaggi creati da David Seltzer (Il presagio), con un soggetto di Ben Jacoby (Bleed) e una sceneggiatura di Tim Smith & Arkasha Stevenson e Keith Thomas (Firestarter). David S. Goyer (Hellraiser) e Keith Levine (The Night House – La casa oscura) sono i produttori, mentre Tim Smith, Whitney Brown (Rosaline) e Gracie Wheelan sono i produttori esecutivi.
Omen – L’Origine del Presagio, una spaventosa clip
Fox Century ha diffuso una clip di Omen – L’Origine del Presagio, il nuovo film horro in arrivo nelle sale italiane.
Le riprese principali di Omen – L’Origine del Presagio (la recensione) si sono svolte dal 19 settembre al 22 novembre 2022 in varie location a Roma e dintorni, e nei teatri di posa dei Lumina Studios di Roma. Gli edifici utilizzati per l’orfanotrofio erano situati nella bellissima cornice di Villa Parisi e in una fattoria a Procoio, due location a pochi chilometri dal centro di Roma. Tra le location italiane coinvolte nelle riprese del film anche Palazzo dei Papi e Porta San Pietro a Viterbo, oltre alla chiesa di San Pietro Apostolo e il Duomo di Nepi.
La trama di Omen – L’Origine del Presagio
Omen – L’Origine del Presagio è interpretato da Nell Tiger Free (Servant), Tawfeek Barhom (Maria Maddalena), Sonia Braga (Il bacio della donna ragno), Ralph Ineson (The Northman), Nicole Sorace (The Good Mothers), Andrea Arcangeli (Il Divin Codino), con Charles Dance (Il Trono di Spade) e Bill Nighy (Living). Nel cast del film anche altri attori italiani come Dora Romano, Mia McGovern Zaini, Eugenia Delbue, Giacomo Henri Dossi, Guido Quaglione e Charita Cecamore.
Il film è diretto da Arkasha Stevenson ed è basato sui personaggi creati da David Seltzer (Il presagio), con un soggetto di Ben Jacoby (Bleed) e una sceneggiatura di Tim Smith & Arkasha Stevenson e Keith Thomas (Firestarter). David S. Goyer (Hellraiser) e Keith Levine (The Night House – La casa oscura) sono i produttori, mentre Tim Smith, Whitney Brown (Rosaline) e Gracie Wheelan sono i produttori esecutivi.
Omen – L’Origine del Presagio ha dovuto affrontare la censura 5 volte per evitare di essere vietato ai minori di 17 anni
I produttori di Omen – L’Origine del Presagio (The First Omen) hanno dovuto rivolgersi al comitato di classificazione dei film negli USA per ben cinque volte per evitare essere vietato ai minori di 17 anni.
Parlando con Fangoria, il regista di Omen – L’Origine del Presagio (The First Omen), Arkasha Stevenson, ha raccontato la “lunga battaglia” che il prossimo film prequel horror ha dovuto affrontare per ottenere la classificazione R piuttosto che quella NC-17.
Riferendosi a una scena specifica del film che riguarda “il parto forzato e l’autonomia delle donne“, Stevenson ha detto: “L’orrore in quella situazione è la disumanizzazione di quella donna. Questa è stata la mia vita per un anno e mezzo, combattendo per la ripresa. È il tema del nostro film. Il corpo femminile viene violato dall’interno verso l’esterno. Se volevamo parlare di orrore del corpo femminile, dovevamo parlare di riproduzione forzata, e dovevamo essere in grado di mostrare il corpo femminile in una luce non sessualizzata. Sono molto orgoglioso di questa ripresa“.
I produttori Keith Levine e David Goyer hanno dichiarato di essersi recati cinque volte al comitato di classificazione per discutere la scena nel tentativo di evitare la classificazione NC-17. “Stranamente, l’evitare la classificazione NC-17 è stata una scelta molto difficile.
“Stranamente, evitare l’NC-17 l’ha resa più intensa“, ha detto Keith Levine. David Goyer ha aggiunto: “Il film, per sua natura, tratta l’orrore del corpo femminile e credo che ci sia un doppio standard. È stato molto interessante quando abbiamo negoziato con la commissione di classificazione. Penso che ci sia più permissività quando si tratta di protagonisti maschili, in particolare nel body horror. La scena del parto è molto intensa, anch’io ho tre figli e ho assistito alle loro nascite. È intensa!“.
Arkasha Stevenson ha detto che alla fine l’inquadratura è stata tagliata, ma è ancora convinta che il pubblico ne sentirà l’impatto. “C’è stata un’anteprima in cui ero seduta tra il pubblico“, ha ricordato. “Il tizio di fronte a me ha mangiato M&Ms per tutto il tempo. Poi è arrivata l’inquadratura, la sua bocca si è aperta e le M&Ms sono cadute“.
Di cosa parla Omen – L’Origine del Presagio?
Quando una giovane donna americana viene mandata a Roma per iniziare una vita al servizio della chiesa, incontra un’oscurità che la porta a mettere in discussione la sua stessa fede e a scoprire una terrificante cospirazione che spera di far nascere l’incarnazione del male. Omen – L’Origine del Presagio è interpretato da Nell Tiger Free (Servant), Tawfeek Barhom (Maria Maddalena), Sonia Braga (Il bacio della donna ragno), Ralph Ineson (The Northman), Nicole Sorace (The Good Mothers), Andrea Arcangeli (Il Divin Codino), con Charles Dance (Il Trono di Spade) e Bill Nighy (Living).
Il film è diretto da Arkasha Stevenson ed è basato sui personaggi creati da David Seltzer (Il presagio), con un soggetto di Ben Jacoby (Bleed) e una sceneggiatura di Tim Smith & Arkasha Stevenson e Keith Thomas (Firestarter). David S. Goyer (Hellraiser) e Keith Levine (The Night House – La casa oscura) sono i produttori, mentre Tim Smith, Whitney Brown (Rosaline) e Gracie Wheelan sono i produttori esecutivi.
Ombre nell’acqua, la spiegazione del finale: La morte di Bronte e la scomparsa di Gabby sono collegate?
La serie Netflix Ombre nell’acqua (The Survivors) intreccia un misterioso omicidio che si sviluppa lentamente, conducendo a un finale che finalmente risolve i misteri dell’omicidio di Bronte e della scomparsa di Gabby. La storia inizia con Kieran e Mia che tornano con la loro figlia nella comunità isolana di Evelyn Bay. Entrambi se ne erano andati dopo che una tempesta aveva ucciso due giovani, Finn e Toby, e spazzato via una ragazza adolescente di nome Gabby. Kieran era il fratello di Finn e Mia era la migliore amica di Gabby. Poco dopo il loro arrivo, una donna di nome Bronte viene assassinata sulla spiaggia, dando il via a un grande mistero.
Prima della sua morte, Bronte stava indagando sulla scomparsa di Gabby, portando Mia a chiedersi se l’omicidio potesse essere collegato. Mentre lei, Kieran e la polizia indagano sull’omicidio, iniziano a rendersi conto che Evelyn Bay nasconde dei segreti. Il cast di Ombre nell’acqua (The Survivors) include molti sospetti che potrebbero essere coinvolti nella scomparsa, nell’omicidio o in entrambi. Fortunatamente, il finale fornisce una risposta davvero scioccante che collega la scomparsa di Gabby e la morte di Bronte.
Come la scomparsa di Gabby e la morte di Bronte sono collegate in Ombre nell’acqua
Bronte è stata uccisa per nascondere la verità su Gabby
In tutto Ombre nell’acqua (The Survivors), Mia cerca di capire se la morte di Bronte è collegata alla scomparsa, avvenuta quindici anni prima, della sua migliore amica d’infanzia, Gabby. Dopotutto, Bronte stava indagando direttamente sulla scomparsa di Gabby e intervistando amici e familiari prima della sua morte. Anche se tutti trattano Mia come se fosse fuori di testa per averlo pensato, lei ha ragione sui due incidenti: sono direttamente collegati. Gabby e Bronte sono state entrambe uccise dalla stessa persona: Sean Gilroy.
Mentre la morte di Gabby è stata per lo più un incidente estremamente imprudente causato da un ragazzo adolescente, Sean ha ucciso Bronte perché si era avvicinata troppo alla verità su Gabby. Bronte e Sean erano andati in spiaggia per fotografare la bioluminescenza. Mentre erano lì, lei gli ha mostrato la foto del nome di Gabby nella grotta nord, suggerendo che forse non era stata spazzata via dalla tempesta. Quando Bronte ha cercato di andarsene con la macchina fotografica, lui l’ha colpita due volte con una torcia elettrica.
Se abbia premeditato l’omicidio o abbia semplicemente perso il controllo è discutibile. Sembra probabile che la prima volta che l’ha colpita con la torcia sia stato solo un impulso dettato dalla paura, ma con il secondo colpo sembrava volerla zittire. In ogni caso, Sean ha sicuramente deciso di disfarsi del corpo in acqua invece di chiamare i soccorsi, nascondere le prove e incastrare Brian.
Cosa è successo davvero a Gabby il giorno della sua scomparsa
Ombre nell’acqua fornisce alcuni dei pezzi più importanti del puzzle su ciò che è realmente accaduto a Gabby prima del finale. Tuttavia, alla fine è comunque uno shock quando Sean rivela la verità. Il giorno della sua scomparsa, Gabby voleva comprare dell’alcol per una festa, il che ha portato a una lite tra lei e Mia. Purtroppo, questa è l’ultima volta che le due migliori amiche si vedono, il che senza dubbio pesa molto su Mia.
Gabby va a cercare Kieran, sperando che lui le compri dell’alcol. Come rivelato all’inizio, incontra Brian, che la avverte dell’arrivo di una tempesta. Lei lo ignora e scende al molo, chiedendo a Finn e Toby di portarla alle grotte. I due ragazzi più grandi mettono il suo zaino nella scatola asciutta perché è troppo stretta per trasportare uno zaino attraverso le grotte. Alla fine, Finn e Toby la fanno entrare nelle grotte con Sean.
All’interno, Sean bacia Gabby, ma lei lo respinge. Lei gli chiede di aiutarla a uscire dalle grotte e lui le dice di seguirlo. Tuttavia, lui scappa perché è arrabbiato con lei. Purtroppo, senza l’aiuto di Sean per uscire, Gabby annega. È chiaro che, piuttosto che agire a sangue freddo, Sean era un adolescente avventato e incurante che probabilmente non capiva la portata delle sue scelte. Sfortunatamente, segue il consiglio di suo padre e nasconde la verità per 15 anni, impedendo alla famiglia di Gabby di ottenere la chiusura di cui ha bisogno.
Perché Sean ha incastrato Brian per l’omicidio di Bronte
Il motivo più ovvio per cui Sean incastra Brian per l’omicidio di Bronte è il fatto che era presente sulla spiaggia la notte della morte di Bronte. È facile liquidare la cosa dicendo che Brian si è semplicemente trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. Tuttavia, Sean rivela un pensiero più insidioso alla base della sua decisione quando Kieran lo affronta riguardo all’incastrare Brian. L’assassino afferma, in termini molto meno diretti, che la vita di Brian è già finita a causa della sua regressione della memoria, sottintendendo che Brian non sarebbe comunque in grado di dire cosa sta succedendo.
Il fatto che Brian abbia problemi di memoria non rende la sua vita meno importante, così come il fatto che tutti abbiano dimenticato la scomparsa di Gabby non la rende meno importante.
Purtroppo, questo riflette l’atteggiamento di molti personaggi nei confronti di Brian in The Survivors, poiché pochissimi lo trattano come un uomo adulto con pensieri e sentimenti. Sean considera Brian inutile perché affetto da una malattia neurodegenerativa. Gli agenti lo trattano con tale disprezzo che quasi non si accorgono che sta cercando di spiegare con i gesti di aver aiutato Bronte a uscire dall’acqua. Persino Verity, la persona che gli dimostra più cura e compassione, gli parla continuamente senza ascoltarlo.
In definitiva, il rapporto di Brian con la memoria è probabilmente l’aspetto più rilevante del messaggio di Ombre nell’acqua. Il fatto che Brian abbia problemi di memoria non rende la sua vita meno significativa, così come il fatto che tutti abbiano dimenticato la scomparsa di Gabby non la rende meno importante. Sean aveva torto su entrambi i fronti.
Perché Kieran ha lasciato Evelyn Bay dopo l’incidente
La maggior parte della città nutre ostilità nei confronti di Kieran per aver “causato” la morte di Toby e Finn, e sono ancora più aggressivi per il fatto che Kieran se ne sia andato dopo. Lo interpretano come un’ammissione di colpa. Tuttavia, si scopre che ha lasciato Evelyn Bay su richiesta di suo padre. Brian nota quanto Verity sia crudele nei confronti di Kieran, incolpandolo e chiarendo che avrebbe preferito che Kieran fosse morto al posto di Finn. Visto il suo atteggiamento ostile, il padre pensava che Verity avrebbe rovinato la vita di Kieran se fosse rimasto a Evelyn Bay.
Alla fine, mandare via Kieran è stato un atto di empatia e di amore da parte di Brian, ma ha bloccato il processo di guarigione di tutta la famiglia. Kieran è stato isolato dalla sua famiglia e dalla sua comunità, e questo gli ha fatto sentire che non poteva tornare. Nel frattempo, Verity ha continuato a provare rabbia verso Kieran. La tragedia è stata una situazione triste in cui tutti hanno perso.
Il vero significato del finale di Ombre nell’acqua
La serie australiana di Netflix è profondamente avvincente e ha molto da dire sul dolore, la famiglia, la tragedia e la verità. In tutto il suo svolgimento, parla del modo in cui le famiglie possono rimanere bloccate nel loro dolore quando non hanno risposte. Le famiglie di Finn e Toby sono state in grado di accettare le loro tragiche morti perché avevano una sorta di risposta su ciò che era successo. Tuttavia, Trish, Liv e Mia sono rimaste bloccate per 15 anni perché hanno perso Gabby senza mai sapere cosa fosse realmente successo. Anche se lo hanno espresso in modi diversi, vivevano con il fantasma di Gabby.
Il finale di Ombre nell’acqua fornisce un esempio concreto del perché è importante lottare per ottenere risposte sui casi irrisolti, anche quando sembrano irraggiungibili. Sebbene ci siano voluti 15 anni, Mia, Trish e tutte le altre persone che amavano Gabby sono riuscite a fare pace con la sua morte. Inoltre, il fatto che alla fine di Ombre nell’acqua si riuniscano tutte per onorare Gabby e Bronte dimostra che spesso la guarigione arriva dalla comunità e non dall’isolamento. È bello vederle avvicinarsi e sanare i rapporti tesi.
Ombre nell’acqua è una storia vera? Sue Pendlebury è basata su una detective reale?
Creata da Tony Ayres, la serie Netflix Ombre nell’acqua (The Survivors) racconta la storia di Keiran Elliott, un ragazzo la cui vita viene sconvolta da una terribile tragedia che porta alla morte di tre persone a lui molto care. Quindici anni dopo il traumatico evento, Keiran torna nella sua città natale, Evelyn Bay, in Tasmania, Australia, solo per rendersi conto che il suo passato continua a perseguitarlo e a seguirlo ovunque. Mentre cerca di riprendere la sua vita con la fidanzata Mia e la loro bambina Audrey, le loro vite vengono nuovamente sconvolte dall’omicidio di una ragazzina che sconvolge il quartiere. Di conseguenza, il protagonista e i suoi cari devono affrontare il mistero che circonda la morte della ragazza, scavando nel passato di ciascuno di loro, che potrebbe avere un collegamento con l’ultima tragedia. A tal fine, la serie drammatica serve come autentico promemoria degli effetti complessi del dolore, dei segreti comuni e delle famiglie disfunzionali.
Ombre nell’acqua è tratto da un romanzo giallo
Nonostante approfondisca una serie di temi difficili che risuonano con situazioni del mondo reale, Ombre nell’acqua è una storia di fantasia scritta dal creatore della serie, Tony Ayres. L’ispirazione originale per il progetto è venuta dall’omonimo romanzo di Jane Harper del 2020, che ruota attorno alla stessa premessa della serie, descrivendo una storia piena di dinamiche familiari complicate e un misterioso omicidio. L’autrice ha trascorso molto tempo a sviluppare il giusto mix di dramma, azione e intrigo per alimentare la sua opera. Tuttavia, è stata anche spinta dal desiderio di esplorare “gli effetti a catena” di un evento terribile su una comunità nel suo complesso. Per lei, un misterioso omicidio era “il catalizzatore” per addentrarsi nelle idee più grandi e significative al centro della storia, che nel caso di “The Survivors” sono i residenti che cercano di andare avanti con la loro vita dopo che una terribile tragedia ha distrutto ogni parvenza di normalità.
La ricerca condotta da Harper è stata approfondita, poiché voleva che ogni singolo aspetto della storia fosse il più realistico possibile, nonostante la maggior parte dei personaggi, degli eventi e dei luoghi fossero frutto della sua immaginazione. La città di Evelyn Bay, ad esempio, è stata sviluppata come ambientazione principale dopo che l’autrice ha trascorso un po’ di tempo nella provincia della Tasmania. Per alcuni aspetti familiari della storia, tra cui la nuova vita del protagonista Keiran come giovane padre, ha attinto alle sue esperienze di madre. Nel frattempo, ha anche contattato un medico per rappresentare in modo autentico la salute degenerativa del padre di Keiran. La scrittrice non si è fermata qui, riconoscendo l’importanza della sua carriera di giornalista nel documentarsi su una storia in cui la vita delle persone è determinata da eventi che hanno un impatto duraturo sulle loro scelte future.
Ombre nell’acqua esplora il dolore e il trauma attraverso la lente di un complotto omicida
Sebbene la serie sia fedele al materiale originale, cerca anche di mettere in risalto le parti migliori attraverso una lente più mirata. Questo perché il tema ricorrente nella narrazione è il doppio volto che le persone indossano per affrontare il dolore o altre mancanze. Poiché la comunità gioca un ruolo importante, spesso vediamo i personaggi cercare di comportarsi bene anche se, nel profondo, sono stanchi di mantenere una facciata falsa. Nessuno è disposto ad ammettere che il proprio modo di pensare è sbagliato perché, se lo facesse, tutta la sua vita potrebbe andare in pezzi. A tal fine, ci viene concesso uno sguardo crudo su individui che agiscono in modo davvero vulnerabile, rendendoli umani fino all’eccesso. La serie ruota attorno all’idea che le intenzioni, buone o cattive che siano, possono essere mascherate dalle azioni che si compiono all’esterno e dai risultati che si ottengono.
In un’intervista con Netflix, il creatore Tony Ayres ha detto: “Descrivo spesso la serie come un cavallo di Troia. È un melodramma familiare mascherato da giallo. Perché le cose che stanno davvero al centro sono cose come un figlio che vuole l’amore di sua madre e la madre che non può permettersi di darglielo perché tutto il suo mondo potrebbe crollare”. Man mano che ci addentriamo nella storia, diventa evidente che piuttosto che concentrarsi direttamente sulla reazione di qualcuno alla perdita, è più importante mostrare ciò che pensa di sé stesso quando viene colpito da un trauma. Pertanto, finché qualcuno è in grado di giustificare le proprie decisioni, può trovare la forza d’animo per andare avanti, anche se la determinazione proviene da un luogo instabile. Questo mette in evidenza le dinamiche uniche che governano le persone e le società in generale, che lo radicano in uno strato di realtà nonostante la trama fittizia.
Sue Pendlebury è una detective immaginaria
Come investigatrice capo in Ombre nell’acqua, Sue Pendlebury è una detective di spicco che svolge un ruolo fondamentale nel scuotere le acque a Evelyn Bay, mentre cerca di ottenere risposte chiare dai suoi riservati abitanti. È un personaggio immaginario creato dalla scrittrice Jane Harper. Nella serie Netflix, interpreta il ruolo di una persona dirompente e determinata a mettere le mani sul colpevole, anche se il suo approccio è misurato e calcolatore. Come la sua controparte nella serie, anche nella versione letteraria Pendlebury è un’ispettore che arriva sulla costa della Tasmania da Hobart per risolvere l’omicidio di Bronte Laidler. Il suo arrivo è segno che la situazione viene presa sul serio, ma non fa altro che seminare zizzania tra gli abitanti della città.
Uno degli effetti più notevoli del coinvolgimento di Pendlebury nella narrazione è il modo in cui lei, senza volerlo, riporta a galla segreti sepolti da tempo e passati che ancora vivono nella mente di molti abitanti di Evelyn Bay. In particolare, si rende conto che un vecchio caso che gli investigatori dell’epoca avevano archiviato potrebbe avere qualche collegamento con l’omicidio di Bronte, dimostrando la sua competenza e capacità di analizzare le cose in poco tempo. Per temperamento, è adatta al suo ruolo di agente di polizia perché usa molto più la testa che il cuore, evitando così che la sua insensibilità traspaia dalle sue azioni. Con il passare del tempo, smantella la rete di bugie, inganni e misteri che si nasconde sotto le fondamenta di Evelyn Bay, fornendo le risposte che tutti vogliono sapere. Pertanto, anche se è frutto dell’immaginazione dello scrittore, svolge un ruolo molto importante nella narrazione.
Creata da Tony Ayres, la serie Netflix Ombre nell’acqua racconta la storia di Keiran Elliott, un ragazzo la cui vita viene sconvolta da una terribile tragedia che porta alla morte di tre persone a lui care. Quindici anni dopo il traumatico evento, Keiran torna nella sua città natale, Evelyn Bay, in Tasmania, Australia, solo per rendersi conto che il suo passato lo perseguita e lo segue ovunque. Mentre cerca di riprendere la sua vita con la fidanzata Mia e la loro bambina Audrey, le loro vite vengono nuovamente sconvolte quando l’omicidio di una ragazzina sconvolge il quartiere. Di conseguenza, il protagonista e i suoi cari devono affrontare il mistero dietro la morte della ragazza, scavando anche nel passato di ciascuno di loro, che potrebbe avere un collegamento con l’ultima tragedia. A tal fine, la serie drammatica serve come autentico promemoria degli effetti complessi del dolore, dei segreti comuni e delle famiglie disfunzionali.
Ombre nell’acqua è tratto da un romanzo giallo
Nonostante approfondisca una serie di temi difficili che risuonano con situazioni del mondo reale, Ombre nell’acqua è una storia di fantasia scritta dal creatore della serie, Tony Ayres. L’ispirazione originale per il progetto è venuta dall’omonimo romanzo di Jane Harper del 2020, che ruota attorno alla stessa premessa della serie, descrivendo una storia piena di dinamiche familiari complicate e un misterioso omicidio. L’autrice ha trascorso molto tempo a sviluppare il giusto mix di dramma, azione e intrigo per alimentare la sua opera. Tuttavia, è stata anche spinta dal desiderio di esplorare “gli effetti a catena” di un evento terribile su una comunità nel suo complesso. Per lei, un misterioso omicidio era “il catalizzatore” per addentrarsi nelle idee più grandi e importanti al centro della storia, che nel caso di “The Survivors” sono i residenti che cercano di andare avanti con la loro vita dopo che una terribile tragedia ha distrutto ogni parvenza di normalità.
La ricerca condotta da Harper è stata approfondita, poiché voleva rendere ogni singolo aspetto della storia il più realistico possibile, nonostante la maggior parte dei personaggi, degli eventi e dei luoghi fossero frutto della sua immaginazione. La città di Evelyn Bay, ad esempio, è stata sviluppata come ambientazione principale dopo che l’autrice ha trascorso un po’ di tempo nella provincia della Tasmania. Per alcuni aspetti familiari della storia, tra cui la nuova vita del protagonista Keiran come giovane padre, ha attinto alle proprie esperienze di madre. Nel frattempo, ha anche contattato un medico per rappresentare in modo autentico la salute degenerativa del padre di Keiran. La scrittrice non si è fermata qui, riconoscendo l’importanza della sua carriera di giornalista nel documentarsi su una storia in cui la vita delle persone è determinata da eventi che hanno un impatto duraturo sulle loro scelte future.
Ombre nell’acqua esplora il dolore e il trauma attraverso la lente di un complotto omicida
Sebbene la serie sia fedele al materiale originale, cerca anche di mettere in risalto gli aspetti migliori attraverso una lente più mirata. Questo perché il tema ricorrente nella narrazione è il doppio volto che le persone indossano per affrontare il dolore o altre mancanze. Poiché la comunità gioca un ruolo importante, spesso vediamo i personaggi cercare di comportarsi bene anche se, nel profondo, sono stanchi di mantenere una facciata falsa. Nessuno è disposto ad ammettere che il proprio modo di pensare è sbagliato perché, se ammettesse il proprio fallimento, tutta la sua vita potrebbe andare in pezzi. A tal fine, ci viene concesso uno sguardo crudo su individui che agiscono in modo veramente vulnerabile, rendendoli umani fino all’eccesso. La serie ruota attorno all’idea che le intenzioni, buone o cattive che siano, possono essere mascherate dalle azioni che si compiono esteriormente e dai risultati che si ottengono.
In un’intervista con Netflix, il creatore Tony Ayres ha detto: “Descrivo spesso la serie come un cavallo di Troia. È un melodramma familiare mascherato da giallo. Perché le cose che stanno davvero al centro sono cose come un figlio che vuole l’amore di sua madre e la madre che non può permettersi di darglielo perché tutto il suo mondo potrebbe crollare”. Man mano che ci addentriamo nella storia, diventa evidente che piuttosto che concentrarsi direttamente sulla reazione di qualcuno alla perdita, è più importante mostrare ciò che pensa di sé stesso quando viene colpito da un trauma. Pertanto, finché una persona è in grado di giustificare le proprie decisioni, può trovare la forza d’animo per andare avanti, anche se la sua determinazione proviene da un luogo instabile. Questo mette in evidenza le dinamiche uniche che governano le persone e le società in generale, che lo radicano in uno strato di realtà nonostante la trama fittizia.
Sue Pendlebury è una detective immaginaria
Come investigatrice capo in Ombre nell’acqua, Sue Pendlebury è una detective di spicco che svolge un ruolo fondamentale nel scuotere le acque a Evelyn Bay, mentre cerca di ottenere risposte chiare dai suoi riservati abitanti. È un personaggio immaginario creato dalla scrittrice Jane Harper. Nella serie Netflix, interpreta il ruolo di una persona dirompente e determinata a mettere le mani sul colpevole, anche se il suo approccio è misurato e calcolatore. Come la sua controparte nella serie, anche nella versione letteraria Pendlebury è un’ispettore che arriva sulla costa della Tasmania da Hobart per risolvere l’omicidio di Bronte Laidler. Il suo arrivo è segno che la situazione viene presa sul serio, ma non fa altro che seminare zizzania tra gli abitanti della città.
Uno degli effetti più notevoli del coinvolgimento di Pendlebury nella narrazione è il modo in cui lei, inavvertitamente, porta alla luce segreti sepolti da tempo e passati che ancora risiedono e vivono nelle menti di molti abitanti di Evelyn Bay. In particolare, si rende conto che un vecchio caso che gli investigatori avevano accantonato all’epoca potrebbe avere qualche collegamento con l’omicidio di Bronte, dimostrando la sua competenza e capacità di analizzare le cose con rapidità. Per temperamento, è adatta al suo ruolo di agente di polizia perché usa molto più la testa che il cuore, evitando così che la sua insensibilità traspaia dalle sue azioni. Con il passare del tempo, smantella la rete di bugie, inganni e misteri che si nasconde sotto le fondamenta di Evelyn Bay, fornendo le risposte che tutti vogliono sapere. Pertanto, anche se è frutto dell’immaginazione dell’autore, svolge un ruolo molto importante nella narrazione.