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Venezia 73: American Anarchist recensione del documentario di Charlie Siskel

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Per decenni i più grandi filosofi si sono interrogati sul concetto di responsabiltà. Per Max Weber l’uomo è chiamato a rispondere delle conseguenze delle proprie azioni che hanno un peso sulla vita degli altri esseri umani. Per Hans Jonas il concetto di responsabilità acquista una dimensione nuova data la minaccia incombente del progresso tecnologico sulla vita degli individui.

Lo spirito rivoluzionario di William Powell è il motore di una storia iniziata nel 1970 che continua ad alimentarsi ancora oggi, chiamando perentoriamente in causa quel concetto di responsabilità a cui – nonostante gli anni trascorsi e le parole spese – si fatica ancora a definire con lucida precisione.

La pubblicazione di The Anarchist Cookbook, libro contenente le istruzioni per la fabbricazione di esplosivi che Powell scrisse ormai quarant’anni fa (a soli 19 anni), è al centro del documentario American Anarchist di Charlie Siskel. In un’intervista senza filtri dalla quale emerge una personalità forte che a mano a mano si libera di qualsiasi sovrastruttura esternando così tutta la sua fragilità, lo stesso Powell riflette sulle conseguenze della pubblicazione di una delle più controverse opere mai pubblicate, a metà tra il manifesto rivoluzionario e il più didascalico dei manuali.

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Siskel si serve di una forma stilistica molto classica e sicuramente più congeniale al piccolo schermo (non sorprende, vista l’attiva produzione del regista in ambito televisivo) per ripercorre la vita di Powell, una vita segnata dalla continua associazione del suo “libro maledetto” a decenni di violenza e terrorismo, inclusi episodi di proteste antigovernative e di sparatorie nelle scuole.

Attraverso le dichiarazioni dello stesso Powell (e le numerose immagini di repertorio) entriamo in contatto con l’esperienza di un uomo tormentato alla continua ricerca di un senso per i danni causati da quello che era inizialmente (ed unicamente) nato come atto di protesta contro il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra del Vietnam, nel clima esaltante della controcultura e degli scontri politici degli anni ’60 e ’70.

Siskel cerca di avvicinarsi a Powell e – di conseguenza – allo spettatore nel modo più limpido e meno contaminato possibile, dipingendo il ritratto di un rivoluzionario pentito che, all’età di 65 anni, si ritrova a dover fare i conti con gli effetti devastanti di una ribellione giovanile che continuano ad intaccare non solo la sua esistenza e le persone che lo circondano, ma anche il suo spirito, in una confessione sorprendentemente sincera che apre le porte a tutta una serie di profonde e sconcertanti riflessioni.

Il documentario/intervista di Siskel ha il grande pregio di soffermarsi su Powell in quanto essere umano, sull’uomo che non riesce a liberarsi del suo passato e che non smette di interrogarsi sull’importanza delle azioni e, soprattutto, sull’impatto che le nostre idee e le nostre parole possono avere sulla vita degli altri.

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Venezia 73: ad Amir Naderi il premio Jaeger-LeCoultre

Amir Naderi La Biennale di Venezia e Jaeger-LeCoultre annunciano che è stato attribuito al grande regista iraniano Amir Naderi (Vegas, Manhattan by Numbers, Davandeh-Il corridore) il premio Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016), dedicato a una personalità che abbia segnato in modo particolarmente originale il cinema contemporaneo.

La consegna del premio ad Amir Naderi avrà luogo lunedì 5 settembre alle ore 14.00 in Sala Grande (Palazzo del Cinema), prima della proiezione Fuori Concorso del suo nuovo film Monte, in prima mondiale a Venezia. Il film (girato in Italia sulle montagne altoatesine e friulane) è ambientato nel 1350 e racconta la drammatica storia di un uomo che cerca di riportare la luce del sole nel proprio villaggio, dove la famiglia riesce a stento a rimanere in vita proprio per la prevalenza dell’oscurità. Monte ha fatto parte nel 2014 dei progetti selezionati all’interno del programma Venice Gap-Financing Market del Venice Production Bridge.

A proposito di questo riconoscimento, il Direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato: “Amir Naderi ha contribuito in maniera decisiva alla nascita del Nuovo cinema iraniano negli anni ’70 e ’80 con alcuni capolavori destinati a rimanere nella storia del cinema come Davandeh (Il corridore, 1985) e Ab, bâd, khâk (Acqua, vento, sabbia, 1988). Ma anche dopo il suo trasferimento a New York nel 1988, Naderi è rimasto ostinatamente fedele a se stesso e a un’idea di cinema di ricerca e sperimentazione per nulla incline alle mode e alle facili scorciatoie. In tutti i suoi lavori, non è difficile rinvenire il nucleo di una identica ossessione che trascende il principio di realtà per spingere l’individuo oltre il proprio limite. L’ultima mezz’ora di Monte costituisce una sorta di sintesi di tutto il suo cinema, la metafora bigger than life della lotta per la sopravvivenza, contro i confini, le coercizioni e gli oltraggi che talvolta rendono la vita umana miserabile. Un epilogo da togliere il fiato, che traduce in immagini di grande potenza espressiva le idee, le emozioni, le visioni che sono alla base di tutti i suoi film. Il premio Jaeger-LeCoultre è il riconoscimento meritato che sancisce l’originalità e la grandezza di un cineasta fuori dal gregge, il talento di un regista appassionato e la generosità di un uomo che sembra non conoscere limiti”.

Amir Naderi Dagli anni Settanta, Amir Naderi (Abadan, 1945) è stato tra le figure più influenti del Nuovo cinema iraniano, e si è affermato con classici quali Tangsir (1974), Entezar (1974), vincitore del premio della giuria al festival dei ragazzi di Cannes, Davandeh (Il corridore, 1985) e Ab, Bad, Khak  (Acqua, vento, sabbia 1989), questi ultimi entrambi vincitori della Mongolfiera d’oro al Festival di Nantes. Davandeh è il primo film a emergere internazionalmente dal panorama iraniano. Naderi è anche il primo importante regista iraniano a espatriare alla metà degli anni ’80, trasferendosi a New York e realizzando – con la trilogia Manhattan by Numbers (1993),  A,B,C…Manhattan (1997), Marathon (2000) – opere che hanno catturato in maniera unica l’atmosfera particolare di quella metropoli. Il successivo Sound Barrier (2005) ha vinto il premio Roberto Rossellini della critica alla Festa di Roma 2006. Vegas: Based on a True Story è stato presentato in Concorso a Venezia nel 2008. Cut è stato girato in Giappone ed è stato il film d’apertura della sezione Orizzonti a Venezia nel 2011, vincendo successivamente i premi per il miglior regista e il miglior attore ai 21. Japan Professional Film Awards. Il lavoro di Naderi è stato oggetto di retrospettive in musei e festival di tutto il mondo. Oltre che regista, Naderi è anche sceneggiatore e montatore di buona parte delle sue opere. Ha fatto parte di giurie internazionali, presiedendo quelle del concorso di Tokyo FILMeX 2011 e della sezione Orizzonti a Venezia nel 2012. Il suo nuovo film Monte, in prima mondiale a Venezia 2016, con Andrea Sartoretti e Claudia Potenza, è il primo progetto ambientato e diretto in Italia di Naderi. Monte è una coproduzione Italia Usa Francia: Citrullo International, Zivago Media, Cineric, Ciné-sud Promotion e KNM in collaborazione con Rai Cinema e con il sostegno del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo Direzione generale per il cinema.

Il film è stato girato quasi interamente sulle montagne dell’Alto Adige, a oltre 2.500 mt d’altezza sul gruppo montano del Latemar, e in Friuli-Venezia Giulia nei comuni di Erto, Casso e a Sott’Anzas, con il sostegno di IDM – Film Commission dell’Alto Adige e della Film Commission del Friuli Venezia Giulia. Le riprese sono durate 6 settimane

Jaeger-LeCoultre è per il dodicesimo anno sponsor della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, e per il decimo del premio Glory to the Filmmaker.  Il premio è stato assegnato negli anni precedenti a Takeshi Kitano (2007), Abbas Kiarostami (2008), Agnès Varda (2008), Sylvester Stallone (2009), Mani Ratnam (2010), Al Pacino (2011), Spike Lee (2012), Ettore Scola (2013), James Franco (2014), Brian De Palma (2015).

Venezia 73: a Paradise il Premio Soundtrack Stars Award 2016

Konchalovsky ParadiseÈ andato al Maestro Andrei Konchalovsky (per il film Paradise) il Premio Soundtrack Stars Award 2016 per la migliore colonna sonora tra i film presentati in concorso alla 73.ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica Un premio speciale è stato assegnato alla colonna sonora del film di Giuseppe Piccioni Questi giorni. Lo ha deciso la Giuria presieduta da Gianni Canova che, valutata la qualità complessiva della selezione di quest’anno dal punto di vista dell’attenzione alle sonorità del cinema, ha voluto sottolineare -oltre le scelte finali- l’originalità della sperimentazione sulla quale si fonda l’operazione ambiziosa di Martina Parenti e Massimo D’Anolfi in Spira mirabilis.

Il Premio a Konchalovsky è stato assegnato, come si legge nella motivazione ,“per la scelta rigorosa di una sonorità intrinseca alla stessa struttura narrativa del film”.

Al film di Giuseppe Piccioni Questi giorni – con le musiche di Valerio C. Faggioni – un riconoscimento speciale “Per la perfetta sintonia delle scelte vocali con l’emotività e la sensibilità che il regista sottolinea nell’interpretazione delle giovani protagoniste del film”. Si è conclusa così al Lido la quinta edizione del Premio che si era aperta, all’insediamento della Giuria, con la consegna del Premio della critica che Soundtrack Stars Award 2016 riserva ogni anno a un autore particolarmente significativo a Gabriele Muccino segnalando così il suo rapporto speciale con la musica. “Quello tra musica e cinema è ’un link che ha promosso in tutti i suoi film una costante ricerca di nuove sonorità” si legge nella motivazione “sempre in stretta collaborazione con autori particolarmente sensibili all’importanza della musica per il cinema: Paolo Buonvino, Andrea Guerra, poi Lorenzo Jovanotti con cui è evidente, in L’estate addosso, che ha debuttato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, una particolare sintonia, dalla scelta delle collaborazioni artistiche all’effetto sul pubblico, anche attraverso un solo brano già diventato, come spesso accade nel suo cinema, un leitmotiv di successo”.

La Giuria:

Con il Presidente Gianni Canova, direttore della rivista di Istituto Luce Cinecittà 8½, nella Giuria 2016 del Premio, con Laura Delli Colli a nome del SNGCI, sono stati quest’anno Cristiana Paternò (8½ e Cinecittà News), Marina Sanna (Rivista del Cinematografo/Ente dello Spettacolo) e la ‘squadra’ autorevolissima di ‘Hollywood Party’ (RadioTre) con Steve Della Casa, Enrico Magrelli, Alessandro Boschi, Alberto Crespi, Miriam Mauti.

Venezia 73: a Liev Schreiber il Persol Tribute 2016

La Biennale di Venezia e Persol annunciano che è stato attribuito all’attore e regista statunitense Liev Schreiber (Spotlight, X Men: le origini – Wolverine, Ogni cosa è illuminata) il Persol Tribute to Visionary Talent Award della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica (31 agosto – 10 settembre 2016).

La consegna del Persol Tribute to Visionary Talent Award 2016 a Liev Schreiber avrà luogo venerdì 2 settembre alle ore 22 in Sala Grande (Palazzo del Cinema, Lido di Venezia), in occasione della proiezione del film Fuori Concorso The Bleeder (Usa/Canada, 93’) diretto da Philippe Falardeau, con Liev Schreiber e Naomi Watts. Si tratta di un biopic che racconta la vera storia del pugile statunitense Chuck Wepner, che ispirò il personaggio di Rocky Balboa nella celebre serie cinematografica Rocky.

In precedenza, Liev Schreiber era stato più volte presente alla Mostra di Venezia:

come interprete l’anno scorso con il film premio Oscar Il caso Spotlight di Tom Mc Carthy, nel 2012 con il film d’apertura Il fondamentalista riluttante di Mira Nair, nel 2004 con The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme;

come regista nel 2005 con il suo film d’esordio Ogni cosa è illuminata, con Elijah Wood, per il quale ha vinto i premi Lanterna Magica e Biografilm.

Il Direttore della Mostra, Alberto Barbera, a proposito di questo riconoscimento ha dichiarato: “Ho un’ammirazione sconfinata per Liev Schreiber, capace di dare il meglio di sé sia nei ruoli da protagonista in tanti film di produzione indipendente,  che in quelli da comprimario in molti film mainstream hollywoodiani, oltre che in una serie di grande successo come Ray Donovan, da lui prodotta e in parte diretta. La  solida preparazione da attore shakespeariano dei suoi esordi sono il lievito che continua ad alimentare  interpretazioni imprevedibili  e complesse, intrise di profonda umanità. Ogni volta che compare in scena, si ha l’impressione che il film si alzi di tono,  facendo di ogni sua apparizione qualcosa di unico e memorabile. La sensibilità, l’intuito, l’intelligenza ne sono componenti essenziali: le stesse qualità del suo unico lungometraggio regista, Ogni cosa è illuminata, che mi auguro non debba rimanere solitaria prova di un talento non comune.”

Chiara Occulti, Senior Vice President Brand and Communication Management di Luxottica Group, ha dichiarato: “Siamo particolarmente orgogliosi di continuare la nostra collaborazione con la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia, per noi giunta quest’anno alla sua dodicesima edizione consecutiva. Il PERSOL TRIBUTE TO VISIONARY TALENT AWARD celebra nel 2016 Liev Schreiber, un talento che rispecchia appieno la personalità di Persol. Siamo orgogliosi che un artista come Schreiber abbia accettato di ricevere e di associare il suo talento a quello di Persol.”

Venezia 73: il programma con Malick, Ford, Wenders, Villeneuve, Sorrentino

Liev  Schreiber è considerato uno tra i più talentuosi attori del cinema contemporaneo, oltre a essere uno stimato regista e attore teatrale. Tra i suoi titoli di successo al cinema, Il caso Spotlight (2015) diretto da Tom Mc Carthy, vincitore dell’Oscar per il miglior film, Salt (2010) di Phillip Noyce, X-Men le origini – Wolverine (2009) di Gavin Hood, Motel Woodstock (2009) di Ang Lee, Defiance – I giorni del coraggio (2008) di Edward Zwick, The Manchurian Candidate (2004) di Jonathan Demme, Kate & Leopold (2002) di James Mangold accanto a Meg Ryan e Hugh Jackman, A walk on the moon – Complice la luna (1999) di Tony Goldwyn, The Hurricane (1999) di Norman Jewison, RKO 281 (1999) di Benjamin Ross, Big Night (1996) di Campbell Scott e Stanley Tucci e la trilogia Scream (1996, 1997, 2000) diretta da Wes Craven. Liev Schreiber ha diretto nel 2005 il suo primo lungometraggio Ogni cosa è illuminata, con Elija Wood. Ha studiato presso la Royal Academy of Dramatic Art, una tra le più rinomate scuole di teatro del mondo e tra le più antiche della Gran Bretagna, e si è laureato nel 1992 alla Yale School of Drama. Ha vinto un Tony Award nel 2005 come miglior attore non protagonista per Glengarry Glen Ross, e ha ricevuto due nomination come protagonista per Uno sguardo dal ponte (2010) e Talk Radio (2007).

La 73. Mostra del Cinema di Venezia si terrà al Lido dal 31 agosto al 10 settembre 2016, diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

Venezia, 5 agosto 2016

Venezia 73: a Jean-Paul Belmondo e a Jerzy Skolimowski il Leone alla carriera

Sono stati attribuiti all’attore francese Jean-Paul Belmondo e al regista polacco Jerzy Skolimowski i Leoni d’oro alla carriera della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia (31 agosto – 10 settembre 2016).

La decisione è stata presa dal Cda della Biennale di Venezia presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera.

A partire da quest’anno, il Cda ha deciso l’attribuzione di due Leoni d’Oro alla carriera in ciascuna delle edizioni future della Mostra: il primo assegnato a registi o appartenenti al mondo della realizzazione; il secondo a un attore o un’attrice ovvero a personaggi appartenenti al mondo dell’interpretazione.

Jean-Paul Belmondo, icona del cinema francese e internazionale, ha saputo interpretare al meglio l’afflato di modernità tipico della Nouvelle Vague attraverso gli straniati personaggi di A doppia mandata (À double tour, 1959) di Claude Chabrol, Fino all’ultimo respiro (1960) e Il bandito delle 11 (1965, in concorso a Venezia) entrambi di Jean-Luc Godard, o La mia droga si chiama Julie (1969) di François Truffaut. In particolare, impersonando Michel Poiccard/László Kovács in Fino all’ultimo respiro, Belmondo ha imposto la figura di un antieroe provocatorio e seducente, molto diverso dagli stereotipi hollywoodiani ai quali lo stesso Godard si ispirava. La sua recitazione estroversa gli ha consentito poi di interpretare alcuni dei migliori gangster del cinema poliziesco francese, come in Asfalto che scotta (1960) di Claude Sautet, Lo spione (1962) di Jean-Pierre Melville e Il clan dei marsigliesi (1972) di José Giovanni, ottenendo un enorme successo popolare con i molti film successivi, da L’uomo di Rio (1964) di Philippe de Broca a Il poliziotto della brigata criminale (1975) di Henri Verneuil, da Joss il professionista (1981) di Georges Lautner a Una vita non basta (1988) di Claude Lelouch. “Un volto affascinante, una simpatia irresistibile, una straordinaria versatilità – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – che gli ha consentito di interpretare di volta in volta ruoli drammatici, avventurosi e persino comici, e che hanno fatto di lui una star universalmente apprezzata, sia dagli autori impegnati che dal cinema di semplice intrattenimento”.

Jerzy Skolimowski – ha dichiarato il Direttore Alberto Barbera nella motivazione – è tra i cineasti più rappresentativi di quel cinema moderno nato in seno alle nouvelles vague degli anni Sessanta e, insieme con Roman Polanski, il regista che ha maggiormente contribuito al rinnovamento del cinema polacco del periodo”. Lo stesso Polanski (che lo volle accanto come sceneggiatore nel suo film d’esordio Il coltello nell’acqua), ebbe a predire: “Skolimowski sovrasterà la sua generazione con la testa e le spalle”. In realtà, la carriera del “boxeur poeta” (secondo la definizione datane da Andrzej Munk, il “padre” cinematografico di Skolimowski), durata ben oltre cinquant’anni con diciassette lungometraggi realizzati, è stata tutt’altro che facile, segnata da continui dislocamenti – dalla Polonia al Belgio, dall’Inghilterra agli Stati Uniti, prima del definitivo ritorno in Patria avvenuto meno di dieci anni fa – che ne hanno contrassegnato l’opera: apolide in apparenza, perché assoggettata a strategie produttive eterogenee ed apparentemente diseguali, in realtà personalissima e originale in ciascuna delle opere in cui si è concretizzata. La trilogia realizzata in Polonia ai suoi esordi, Rysopis (1964), Walkover (1965)e Barriera (1966), fu per i Paesi dell’Est ciò che i primi film di Godard sono stati per il cinema occidentale, mentre i capolavori successivi – Il vergine (1967, Orso d’oro a Berlino), La ragazza del bagno pubblico (1970), L’australiano (1978, Grand Prix a Cannes), Mani in alto! (1981), Moonlighting (1982, migliore sceneggiatura a Cannes)sono tra i film più rappresentativi di un cinema moderno, libero e innovatore, radicalmente anticonformista e audace. I film più recenti realizzati dopo il ritorno in patria – Quattro notti con Anna (2008), Essential Killing (2010, Premio Speciale della Giuria a Venezia)e 11 minuti (2015, in concorso a Venezia)manifestano infine un’inesauribile e sorprendente capacità di rinnovamento, che lo collocano di diritto tra gli autori più combattivi e originali del cinema contemporaneo.

Il programma completo della 73. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia verrà presentato alla stampa il 28 luglio p.v. a Roma, all’Hotel Excelsior (ore 11).

Venezia 73, tutti i vincitori: Leone d’Oro a The Woman Who Left di Lav Diaz

Ecco il palmares completo della 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2016.

VENEZIA 73

Leone d’Oro per il miglior film – The Woman Who Left di Lav Diaz

Leone d’Argento per la migliore regia – (ex aequo) Amat Escalante per La region salvaje e Andrei Konchalovski per Paradise

Gran premio della Giuria – Nocturnal Animals di Tom Ford

Premio Speciale della Giuria – Ana Lily Amirpour per The Bad Batch

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile – Oscar Martinez per El Ciudadano Ilustre di Mariano Cohn e Gaston Duprat

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile – Emma Stone per La La Land di Damien Chazelle

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o attrice emergente – Paola Beer per Frantz di Francois Ozon

Premio per la migliore sceneggiatura – Noah Oppenheim per Jackie di Pablo Larrain

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” – The Last of Us di Ala Eddine Slim

ORIZZONTI

Premio Orizzonti – Liberami di Federica Di Giacomo

Premio Orizzonti alla regia – Home di Fien Troch

Premio Speciale della Giuria – Big Big World di Reha Erdem

Premio migliore sceneggiatura – Bitter Money di Wang Bing

Premio Orizzonti Cortometraggio – La Voz Perdida di Marcelo Martinessi

Premio alla migliore interpretazione maschile – Nuno Lopes per Sao Jorge di Marco Martins

Premio alla migliore interpretazione femminile – Ruth Diaz per The fury of a patient man di Rauco Arevalo

VENEZIA CLASSICI

Miglior documentario sul cinema – Le concours di Claire Simon

Miglior film restaurato – Break up – L’uomo dei cinque palloni di Marco Ferreri

Venezia 73

Venezia 73La mostra è finita, andate in pace…

La 73ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica si è svolta a Venezia dal 31 agosto al 10 settembre 2016; anche quest’anno è diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna è l’attrice italiana Sonia Bergamasco. L’elenco dei film in programma alla 73ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 28 luglio 2016 a Roma. La giuria è presieduta dal regista britannico Sam Mendes.

La La Land di Damien Chazelle è stato selezionato come film d’apertura della manifestazione.

Venezia 73, red carpet: Jude Law, Paolo Sorrentino e …

Sul red carpet di Venezia 73 arriva finalmente fuori concorso il premio Oscar Paolo Sorrentino per presentare la nuova serie televisiva The Young Pope targata Sky, HBO. Ecco le foto:

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73, foto: Tom Ford, Jake Gyllenhaal, Aaron Taylor-Johnson…

Grandi star hanno sfilato sul red carpet di Venezia 73 nella serata di ieri, ecco di seguito le foto di ieri, tra gli altri  Naomi Watts, Amy Adams, Tom Ford,  Jake Gyllenhaal, Aaron Taylor-JohnsonColin Firth e molti altri.

Di seguito gli scatti:

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Venezia 73
Foto La Biennale di Venezia / Iacopo Salvi

La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73, foto: la madrina della Mostra, Sonia Bergamasco

Ecco i divertiti scatti fotografici a cui si è prestata Sonia Bergamasco, madrina di Venezia 73. Nelle foto a seguire anche Kim Rossi Stuart, sbarcato al Lido dove presenterà Tommaso fuori concorso, e Barbara Palvin, deliziosa testimonial L’Oreal.

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.Sonia Bergamasco Venezia 73

 

Venezia 73, foto dal red carpet: Emma Stone, Gemma Arterton

Si è tenuta questa sera alla presenza di Emma Stone e Damien Chazelle la cerimonia d’apertura del Festival di Venezia 73. Presenti sul red carpet la madrina, Sonia Bergamasco, Emma Stone, le giurie internazionali, Kim Ki-Duk e tanti altri ospiti.

Di seguito gli scatti:

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Foto di Aurora Leone.

Venezia 73 red carpet: Michael Fassbender con Alicia Vikander, Jeremy Renner accompagna Amy Adams

Ecco le foto dei red carpet di Venezia 73. Sul tappeto rosso hanno sfilato i cast di The Light Between Oceans e di Arrival con Michael Fassbender con Alicia Vikander, e Jeremy Renner in compagnia di Amy Adams.

Di seguito gli scatti:

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.Venezia 73

Venezia 73 foto: le Giurie della Mostra

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Ecco le foto dei componenti delle Giurie della Mostra del Cinema di Venezia 73. Presenti al photocall, ovviamente, i presidenti dei diversi concorsi, Sam Mendes per il Concorso Internazionale, Robert Guédiguian per Orizzonti, Kim Rossi Stuart per il Premio Venezia Opera Prima “Luigi De Laurentiis” e Roberto Andò per la sezione Classici.

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.venezia 73

Venezia 73 foto: Fassbender, Vikander, Adams e Renner al Lido

Giornata di grandi nomi e grandi film a Venezia 73. Tante le pellicole in concorso e tanti anche le star che hanno prestato le loro facce famose ai flash dei fotografi. Michael Fassbender, Alicia Vikander, Amy Adams e Jeremy Renner sono solo alcuni, i più famosi, degli ospiti di serie A di questa seconda giornata di Festival di Venezia 73.

Di seguito gli scatti:

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La settantatreesima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia si svolge al Lido dal 31 agosto al 10 settembre.

Venezia 73 – La mostra è finita, andate in pace…

Dopo dieci giorni di film, quando un improvviso senso di vuoto per la mancanza di proiezioni ti assale, viene naturale riflettere e rivedere quelle tante idee, quelle riflessioni sui vari film visti, che durante la maratona cinematografica ti hanno a volte esaltato, spesso fatto arrabbiare e molte volte lasciato indifferente. Si ripercorre il programma, segnato come un campo di battaglia, o come un disordinato taccuino d’appunti, per vedere cosa rimane di un mucchio di opere con le quali hai condiviso tanti giorni e l’ennesima fine d’estate Veneziana.

Molte volte, a fine proiezione, è sorto un naturale senso di indignazione per aver visto inseriti in concorso film che forse non dovevano essere neanche presentati nella selezione generale, poi cala un po’ l’arrabbiatura e si inizia a ragionare; si arriva così alla conclusione che quel film andava semplicemente collocato in una sezione differente, magari collaterale.

La mia è semplicemente un’idea personale, una serie di pensieri a voce alta e non è assolutamente un volersi accanire con un singolo film, che magari preso da solo, o visto nel contesto giusto, risulterebbe anche piacevole. Ma d’altronde il cinema è così, si può essere critici plurilaureati e armati di tutti i parametri d’analisi possibili e immaginabili, oppure semplici spettatori che cercano nella sala un’evasione dallo stress di una vita insoddisfacente, ma alla fine è solo e un’unica cosa che decreta il giudizio su un film appena visto: il gusto personale. Quante volte, nelle file per entrare in sala, si porge l’orecchio a discussioni scaturite attorno a un film appena visto e si sentono pareri discordanti, difese a oltranza, bocciature senza possibilità d’appello, ma alla fine spesso di fronte a uno ‘stallo messicano’ di natura critica si sente dire “comunque a me è piaciuto”, oppure “sarà anche un capolavoro, ma sinceramente io non lo sopporto”. E attenzione, non sono commenti di semplici spettatori paganti muniti di biglietto, ma di critici inviati da importanti testate, di studenti di cinema, di persone che giornalmente lavorano nella realizzazione e diffusione di film, e diciamolo, anche di una masnada di infiltrati, quasi sempre di Venezia e dintorni, muniti di accredito ottenuto non si sa come.

piumaSorge spontaneo ragionare sul fatto, che a differenza di tanti altri festival importanti, in quello di Venezia svetta la dicitura ‘d’ Arte Cinematografica’ e quindi, almeno nella sezione concorso ci si aspetterebbe di trovare opere che siano consone a tale appellativo. Poi ci si imbatte in Piuma di Roan Johnson, storia sicuramente ben raccontata e dignitosa nella sua esposizione, ma assolutamente lontana dall’essere una forma rappresentativa di un cinema inteso come linguaggio espressivo. E ancora, Questi giorni di Giuseppe Piccioni, per il quale vale la stessa identica considerazione, con l’aggravante del fatto che ci troviamo invece di fronte a un autore navigato, che forse potrebbe permettersi l’ardire di provare a sperimentare, allontanandosi dal mero mestiere, o da quel navigare in acque sicure che tanto piace e rassicura la produzione italiana ma non solo. Per fortuna ci è stato evitato di trovare in concorso L’Estate addosso, del buon vecchio Gabriele Muccino, o Tommaso di Kim Rossi Stuart, evitandoci così di dilungarci in ulteriori disquisizioni sulle tristi derive del nostro cinema. Sarebbe stato bello vedere in gara The Young Pope di Paolo Sorrentino, che però saggiamente trincerato nell’approdo sicuro della serialità televisiva si toglie dalla mischia e dimostra che si può eccome essere ancora autori e far nascere schieramenti opposti di seguaci e detrattori, ma soprattutto afferma che si può sperimentare e raccontare in maniera personale, provando a ricercare quel qualcosa che sembra dimenticato, o sarebbe meglio dire ‘rimosso’, dal mero scopo di raccontare.

E il problema più grande forse sta proprio nel narrare a tutti costi una storia e del rimanere inesorabilmente ingabbiati nella struttura narrativa, sciorinando strutture,  dispositivi e modelli ormai prevedibili, scontati, per non dire inutili. Ma poi a metà percorso arriva Spira Mirabilis di Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, discutibile certo, ma sicuramente in linea con quello spirito di ricerca che ci si auspicherebbe in un concorso d’Arte Cinematografica. E poi Voyage of Time: Life’s Jorney di Terrence Malick, con il quale, nel bene e nel male, al di là del gusto personale si rientra in carreggiata.

Ricerche e sperimentazioni interessanti si intravedono anche in Nocturnal Animals di Tom Ford, in La Regiòn Savaje di Amat Escalante, in Franz di Francoise Ozon, in Les Beaux Jours d’Aranjuez di Wim Wenders, in Paradise di Andrej Konchalowsky, in Ang Babaeng Humayo (The Women Who Left) di Lav Diaz.

on the milky roadPeccato invece per autori come Emir Kusturica, che tanto hanno regalato in passato all’arte cinematografica, con opere che hanno influenzato il modo d’intendere l’espressione cinematografica,  ma che oggi appaiono assai stanchi, esauriti e manieristi nei confronti di se stessi.

E anche fuori della competizione ufficiale si incontrano opere estremamente interessati per ricerca espressiva e utilizzo del linguaggio cinematografico per evadere creativamente e costruttivamente dalla rigida gabbia della struttura narrativa. Mi riferisco allo splendido e toccante film su Nick Cave One More Time With Feeling di Andrew Dominik, al sorprendente Boys in the Trees di Nicholas Verso, dove sotto la patina del teen-movie a tinte horror si scopre una ricerca visiva e introspettiva di rara sensibilità, incentrata sul difficile, drammatico passaggio tra adolescenza ed età adulta, o al film interamente costruito con spezzoni d’archivio Dawson City: Frozen Time di Bill Morrison.

Non sono mancati chiaramente e giustamente film colossali di grande presa visiva e costruiti per sbancare al botteghino, dove la presenza di una star o di un’altra fa la differenza, alla faccia della ricerca espressiva o della manipolazione del linguaggio per indagare sulla narrazione. Ma in fondo è giusto che ci siano in un festival film di questo genere perché rappresentativi di quello che oggi è diventato il mezzo cinema e oltretutto piacevoli per spezzare l’inevitabile seriosità che spesso si annida nel fare Arte Cinematografica.

Concludo sottolineando ancora una volta che queste considerazioni sono personali e totalmente discutibili. Cercavo dal festival stimoli, idee e soprattutto motivazioni che mi facessero tornare al mio lavoro carico di voglia di fare e soprattutto di sperimentare. E la 73° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica non mi ha deluso in questo, con una valida selezione rappresentativa a tutto tondo del modo di intendere e fare cinema in questo momento nel mondo, senza preclusioni di tecniche, generi, e soprattutto di entità economiche per la realizzazione di un film.The Young Pope Venezia 73

Il nostro speciale di Venezia 73

Venezia 73 – Basta la parola

Venezia 73 – Oggi vi parlo di un film della Settimana Orizzontale degli Autori, una sezione parallela inaugurata quest’anno con lo scopo di dare voce a temi poco trattati dalla volgare, superficiale e sciatta cinematografia popolare che si preoccupa solo di portare pubblico in sala con i bei faccini puliti degli attori hollywoodiani. Si intitola falquiSono giorni che non caco, ed è una produzione franco-canadese, un intenso esperimento di docu-fiction basato sulla tragica vicenda di un giovane e affascinante uomo, direttore di un’affermata testata giornalistica online, che improvvisamente vede la sua vita sconvolta dal dramma di un intestino capriccioso come una starlette degli anni ’50. Già provato dallo stravolgimento dei ritmi della flora batterica nel corso di brevi ma impegnative vacanze, il protagonista – che porta un nome di fantasia, Amedeo Franceschi, ma è sicuramente ispirato alla figura di qualche collega realmente presente qui al Lido – le prova tutte per risolvere la sua situazione, in un emozionante crescendo di tensione drammatica. Dalle supposte al whisky ai clisteri ripieni di Spritz, passando per lo yoga – toccante la scena in cui assume la posizione dello sfintere urticante, con un gran lavoro d’interpretazione sia facciale che mimica – le palle di cannone sparate nello stomaco e l’incontro ravvicinato con Michael Fassbender, senza riuscire a cavare un ragno (né altro) dal buco. Commovente il finale in cui ATTENZIONE SPOILER l’uomo riesce finalmente a risolvere la situazione tra mille effetti pirotecnici sulle note di ‘We are the Champions’. Che poi, bastava dirlo, gli avrei consigliato L’Estate addosso di Muccino, che già a partire dal titolo ispira espletazioni (a vederlo, poi, non ne parliamo).

Comunque, il film è bello perché dà voce a istanze che da ste parti sono comuni, costretti come si è condividere il bagno con altri sessanta coinquilini, a correre da una parte all’altra per non perdere nemmeno un minuto di qualsiasi cazzata ci propini la selezione – ‘ok, parla di rutti acrobatici. Ma se poi è bello? Se poi vince il Leone? Che fai? Non te lo vedi? – alla fine le parti basse vanno in sciopero. Come diceva il saggio: tratta bene il tuo ano e lui tratterà bene te.

Jake GyllenhaalCorollario: qua si continuano a vedere scene spaventose di degrado umano davanti al red carpet. Ieri era per Fassbender. Oggi è per Jake Gyllenhaal. O per Alvaro Vitali, non ho capito bene. Tanto diciamocelo, ognuno che abbia almeno cinquanta like a post su facebook ormai è considerato una star, e ogni scusa è buona per rendersi ridicoli a favore della gente affamosa. Una dormiva direttamente dentro la valigia. Sarà. Io sono vittima di uno strano fenomeno ipnotico, e non je la potrei mai fà. Per me su quel tappeto ci possono passare pure Amy Adams, Charlize Theron, Scarlett Johansson o Salma Hayek. Se l’attesa per vederle supera i cinque minuti mi appaiono automaticamente come quattro cessi a pedali, e perdo interesse. Quando invidio il candore.

(Ang)

Avevo visto in una proiezione casalinga riservata a pochi la pellicola orizzontale di cui parla Ang, per questo motivo oggi ho saltato l’anteprima per trovare il tempo per darme na sistemata (cioè ben 15 minuti), e andare a vedere Nocturnal Animals di Tom Ford. Diciamocelo, so annata pure perché il mio sogno è chiedere al regista, stilista, esteta e talento della moda di firmarmi le occhiaie, e pensavo di farlo in conferenza stampa, mentre tutti fanno domande interessantissime e avvincenti, come ad esempio ‘cosa ne pensi della maternità surrogata’ (n.d.a. chiesto seriamente da Marilena Vinci a Michael Fassbender. CIOE’ tra un boato di donne che gli avrebbero chiesto il numero lei chiede la MATERNITÀ SURROGATA. Brava Vinci, ecco perché ti amiamo, perché prendi l’ormone e lo metti da parte) io volevo alzarmi, con gli occhiali da sole Gucci ovviamente, e dirgli ‘Tom, le cose so due. O me firmi le occhiaie o me spieghi sta cosa dei culi.

Perché cari miei, se non lo sapete quest’anno al lido è l’anno del culo. Di riferimenti anali già vi avevamo raccontato, insomma, parlando del film di Muccino (Gabri, stacce, you are always on my mind), ma anche il film di Ford non scherza proprio. Non mi riesce di farne una recensione cazzona perché la pellicola è davvero molto interessante, a tratti anche commovente. Un super thriller, esteticamente seduttivo e cromaticamente perfetto la cui sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Ford, che ti tiene col fiato sospeso fino alla fine.

Quello che stona, ma forse è un omaggio al lido, è la presenza ingombrante e claustrofobica di questi culi, messi così un po’ alla cazza, in ogni dove.

Caro Tom, volevi dirci qualcosa a posteriori?

Non so. Però grazie caro, finalmente me so dimenticata la proiezione di ieri sera del Cristo Ciego, che voglio dire, io al cinema me vedo pure senza colpo ferire i documentari muti sulla storia del cemento, ma sto film m’ha messo un malumore che avrei preso a capocciate il poro Rauco. Vi sintetizzo brevemente la storia.

C’è un ragazzo che è convinto di essere una sorta di reincarnazione di Cristo, tanto da prendere e partire per aiutare un amico d’infanzia fisicamente in difficoltà, certo di poter compiere un miracolo sull’arto menomato dell’amico. Insomma prende e parte a piedi nudi in pellegrinaggio per tutto il deserto del Cile.

Poi non succede un cazzo.

C’è bisogno che commenti?

Piccolo aggiornamento sugli usi e costumi. Tranquilli: passano gli anni, cambiano gestioni, ma gli amici autoctoni so sempre uguali, ce odiano.

Siamo arrivati al lido e già sul vaporetto uno mi ha detto che proprio non ci sopporta, che dipendesse per lui ce menerebbe tutti. Ieri una si è premurata di dirmi che ‘qui fanno la differenziata’. A me lo dici? Che vivo mezzo anno della mia vita in Emilia Romagna, che te mandano Report a casa se cicchi per strada?

Per cui pensavo che ci meritiamo dopo tanti anni un po’ di onestà, per questo vorrei parlare a cuore aperto, e buttare il badge, che mi, che ci distingue così tanto da voi, oltre l’ostacolo.

Amici del lido, è dal 1937 che ci ospitate demmerda. Tirate fuori la dignità e nelle insegne dei vostri locali, fuori dalle vostre case, sui vostri autobus scrivete “Desolati, ce provamo dal 1937 ad abituarci alla vostra presenza, ma ce vié sempre na merda. Questi anni di fallimenti non sono un caso, ma prova del fatto che siamo proprio incapaci. Qualcuno se stava a imparà, ma l’abbiamo mannato a vende vetri di Murano ai turisti. D’altronde, se non se capimo manco tra di noi quanno parlamo, come pretendete che capimo a voi?

(Vì)venezia 73

Venezia 72: Xie – Xie tea sponsor della Mostra

Quest’anno la celebre mostra del cinema di Venezia, si arricchisce di uno sponsor molto particolare. Xie – Xie tea, brand devoto a far scoprire l’arte del te, sarà infatti uno degli sponsor.

Ecco i comunicato stampa che illustra il prodotto:

“Il nome del nostro brand XIE XIE in Mandarino significa “grazie”. Gratitudine è un sentimento spontaneo di fronte all’importante lavoro di promozione culturale svolto negli anni dalla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia. Siamo fieri di annunciare oggi il nostro impegno in veste di sponsor della 72. Edizione.

Siamo un’impresa taiwanese attiva nel settore del tè. Il nostro è un marchio giovane, ma guidato da una visione ben precisa che ci ha spinto fin dall’inizio ad un dialogo costante con il mondo del design e della moda e, d’ora in avanti, del cinema e dell’arte. La nostra volontà è quella di promuovere e valorizzare la cultura del tè. Il tè Oolong costituisce la nota fondamentale di tutte le nostre miscele. Oolong non è semplicemente il nome di una pianta particolare: il termine Oolong denota anche e soprattutto una forma di preparazione di cui vogliamo preservare la qualità e l’eleganza. Due foglie all’estremità di ogni ramo delle piante con cui lavoriamo vengono selezionate come base del nostro prodotto. Queste foglie sono essiccate nella loro interezza, senza essere frantumate o tritate. Mantenendo l’integrità di queste foglie, manteniamo l’integrità di una tradizione taiwanese.

La Mostra di Venezia è un evento verso cui sentiamo un legame speciale. Nel nostro impegno verso il mondo della cultura diamo la massima importanza alla valorizzazione dello scambio creativo tra l’est asiatico e l’occidente. Non si tratta infatti di due culture separate senza possibilità di dialogo, per noi Oriente e Occidente rappresentano una serie di spazi attraversati da flussi costanti. Questo dinamismo sta alla base di ogni attività creativa, innovativa e provocante. Questo spirito ci ha portato recentemente, tra le altre iniziative, a una collaborazione con lo showroom del fashion designer americano-taiwanese Alexander Wang durante la scorsa settimana della moda uomo a Parigi, e a una partnership tecnica con il product designer giapponese Sori Yanagi.

Crediamo che la Mostra di Venezia incarni pienamente questo spirito. Il lavoro svolto in passato dalla Mostra per espandere la conoscenza e il riconoscimento del cinema internazionale in Europa è notevole. In particolare il merito riconosciuto al cinema asiatico ed al cinema taiwanese specificamente ci rendono molto fieri.

Questa sponsorship rappresenta per noi una tappa fondamentale nel nostro supporto delle arti.”

Venezia 72: vincitori e vinti di un’edizione senza lode

E anche questa Venezia 72, 72esima Mostra del Cinema di Venezia ha spento ogni riflettore, gli operai hanno iniziato a smontare le strutture e i leoni a grandezza naturale, a scollare il tappeto rosso dall’entrata del Palazzo del Cinema. Già domani mattina 14 settembre la Sala Darsena, la Sala Grande, la minuscola Pasinetti non avranno più file, non avranno più transenne, allo stesso modo non ci sarà più bisogno di lanciare bombe a mano per accaparrarsi un panino o una pizzetta rinsecchita, saremo finalmente rientrati a casa.

Nella valigia e nel cuore, oltre alla roba sporca e alla ovvia fatica, ci portiamo i ricordi di un’edizione tranquilla, priva di reali scossoni, calma e piatta come il mare al mattino. Sia per quanto riguarda le presenze professionali e di pubblico – ormai rischiano di non entrare in sala soltanto i poveri accrediti verdi, i culturali – sia dal punto di vista della qualità dei film selezionati. Non sono mancate neppure le star internazionali, che soprattutto nella prima metà del Festival hanno attirato orde di ragazzine urlanti e fatto scattare i flash dei fotografi. A deludere davvero, come tradizione, soltanto i premi assegnati dalla giuria internazionale di Venezia 72 guidata da Alfonso Cuarón e composta da personalità di peso come il regista turco Nuri Bilge Ceylan, il regista polacco Pawel Pawlikowski, il regista italiano Francesco Munzi, il regista taiwanese Hou Hsiao-hsien, l’attrice tedesca Diane Kruger, la regista e sceneggiatrice britannica Lynne Ramsay, l’attrice e regista statunitense Elizabeth Banks.

La guerra eterna fra i gusti dei critici presenti al Lido e i giurati è infatti senza soluzione, dal destino ogni volta già scritto: si “incazzano” i primi (come i francesi di Paolo Conte di fronte alla forza di Bartali), vincono i secondi, senza possibilità di replica. Dei favoritissimi della vigilia, sempre per gli addetti ai lavori si intende, come Francofonia del Maestro Aleksandre Sokourov, Rabin, The Last Day di Amos Gitai, l’immenso Beixi Moshuo (Behemoth) del cineasta cinese Liang Zhao, del nostro Marco Bellocchio con Sangue del Mio Sangue è rimasto poco e niente. Appena le recensioni positive sulle varie riviste accreditate in laguna e una montagna di stelle di carta incollate alla buona su un cielo altrettanto finto. A trionfare è il sud America e l’esordiente Lorenzo Vigas, con un dramma disperato sospeso fra l’impossibilità di amare e l’omosessualità nel feroce contesto di Caracas. Desde Allà (Da Lontano) è infatti il vero outsider dell’edizione, capace di sorprendere tutti e vincere contro prodotti meglio confezionati, segue a ruota El Clan di Pablo Trapero insignito del Leone d’Argento (ovvero la miglior regia). Poco male, dei premi se ne ricordano i manuali, i database, e alla fin della fiera è anche bello che i risultati siano di molto differenti rispetto alle aspettative, così si ha qualcosa di cui discutere. È più bello vincere una scommessa impossibile, dopo aver puntato sul cavallo peggiore, che tornare a casa con la quota più scontata su cui tutti hanno giocato.

Non tutte le scelte però sono state deludenti, la Coppa Volpi a Valeria Golino infatti è un grande premio, meritato e quasi simbolico. La sua Anna in Per Amor Vostro vale un’intera carriera, il ruolo della vita come spesso si suol dire, in profumo di riconoscimento sin dai titoli di coda. Inoltre unico premio italiano, poiché tutto il quartetto Bellocchio-Messina-Gaudino-Guadagnino ha salutato il lido con l’amaro in bocca, nonostante la qualità del suo cinema, esattamente come accaduto all’ultimo Festival di Cannes, durante il quale i nostri registi hanno mostrato artigli affilati ma senza riuscire a graffiare abbastanza i giurati. C’è però da esser fieri, L’Attesa e i già citati Sangue del Mio Sangue e Per Amor Vostro sono opere da guardare, da sentire, da vivere, protagonisti di un anno cinematografico meravigliosamente più unico che raro.

Fuori dalla lista del ‘da guardare’ solo Luca Guadagnigno, il titolo del suo A Bigger Splash ricorda solo un clamoroso buco nell’acqua, un titolo da evitare con tutte le forze, anche casomai dovesse passare in televisione in un afoso pomeriggio d’estate. Un’anomalia che neppure Charlie Kaufman saprebbe rendere gradevole, e che nulla ha a che fare con quel piccolo gioiellino chiamato Anomalisa, Gran Premio della Giuria. Un film d’animazione in stop-motion per persone adulte, che vedono il mondo e la gente in maniera piatta, noiosa, e sono schiave dell’abitudine, da vedere nel primo giorno di programmazione. Sarà invece difficile vedere nelle nostre sale Abluka (Follia), un terremoto visivo che racconta la Turchia sotterranea delle spie, una guerra tra poveri che ha solo perdenti, giustamente incoronato con il Premio Speciale della Giuria. Non tutto è andato perduto, dunque, è il pensiero che ci torna in mente mentre allontanandoci dal Lido siamo proiettati già all’edizione numero 73.

Ancora una volta i premi non metteranno d’accordo nessuno, Johnny Depp apparirà sempre più grasso (speriamo di no…) e i veneziani ci spenneranno vivi come polli allo spiedo cotti a puntino, ma in fondo è ciò che ci piace, è il nostro strambo e insostituibile lavoro. Che qualcuno dovrà pur fare.

Venezia 72: tutti gli occhi su Johnny Depp [foto]

Nonostante oggi sia presenta al Lido il maestro Sokurov, gli occhi, gli obiettivi e i sorrisi sono tutti per lui, Johnny Depp, il pirata di Hollywood, che arriva alla 72° Mostra per Black Mass (leggi la recensione), di Scott Cooper, in compagnia di Dakota Johnson e Joel Edgerton.

Ecco le foto della mattina:

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(Foto di Aurora Leone)

La 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica avrà luogo a Venezia dal 2 al 12 settembre 2015, anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna sarà l’attrice italiana Elisa Sednaoui. L’elenco dei film in programma alla 72ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 29 luglio 2015 a Roma. Il film di apertura del festival sarà Everest, del regista Baltasar Kormákur.

La giuria sarà presieduta dal regista messicano Alfonso Cuarón.

Venezia 72: The Danish Girl, recensione del film con Eddie Redmayne

Il corpo umano è probabilmente la macchina più complessa che la natura, o Dio se preferite, abbia mai concepito. La chimica che unisce mente e corpo è un meccanismo oscuro e misterioso che non sempre è possibile decifrare. Eppure l’uomo si è sempre e comunque auto imposto regole feroci, moralmente e socialmente, convenzioni attive su ogni livello dell’esistenza, compreso il piano sessuale ovviamente. È per questo motivo che per secoli, se non millenni, siamo cresciuti con l’idea ossessiva di un’unica combinazione possibile: uomo e donna. Ogni altra forma di incastro, comprese ovviamente tutte le pratiche collaterali di piacere, è stata dal principio relegata sotto la parole “perversione”, “malattia”, “anormalità”. È per questo motivo che, ancora oggi in alcune parti del mondo industrializzato e non, l’omosessualità viene nascosta, vissuta come una vergogna, un trauma da curare.

In una Copenhagen nel cuore degli anni ’20 costantemente ricoperta di nuvole, sempre pittorica e nostalgica, umida e colorata, accade invece che il pittore Einar Wegener, indossando per gioco degli abiti da donna, scopre un lato soffocato della sua indole. Il lato più femminile, per l’appunto, una vera e propria seconda personalità che da un momento all’altro viene liberata, scoperta, svestita. L’inizio di un viaggio fatto di auto convincimenti inutili, nuove esperienze, sentimenti sconosciuti, dolori e incomprensioni, sino alla decisione tanto drastica quanto rivoluzionaria di intervenire chirurgicamente per il cambio definitivo di sesso. Si tratta del primo caso al mondo, un simbolo per l’intera comunità transgender che verrà.

The Danish Girl posterCon The Danish Girl, Tom Hooper, dopo Il Discorso del Re e Les Misérables, adatta il romanzo La Danese di David Ebershoff per raccontare una storia intima, delicata, complicata, ricca di sofferenza ma allo stesso tempo di libertà, di desiderio, dall’elevato valore sociale. Attraverso una regia lineare, l’autore britannico mette il suo talento in decine di inquadrature pittoriche e nella direzione degli attori, che più di ogni altra cosa spingono e sorreggono il film. A fronte di una sceneggiatura non proprio eccelsa, a tratti piuttosto scarna e prevedibile, e una quantità innumerevole di banali campo/controcampo, sono infatti gli attori a guadagnare tutta la scena: Alicia Vikander, che dona volto e voce a Gerda Wegener, è una moglie passionale, innamorata e devota, mentre Eddie Redmayne svolge un lavoro eccelso sul personaggio, giocando con le mani e il corpo, gli sguardi e il fiato. Per intenderci, l’Oscar portato a casa con La Teoria del Tutto lo ha ottenuto per molto meno.

Chi si aspetta però un film d’autore potrebbe rimanere piuttosto deluso, perché lo scheletro del progetto è del tutto commerciale, così come i dialoghi, la produzione generale, il finale, che sembra estrapolato da un qualsiasi Harmony da edicola. Il sottotesto è però importante per i nostri tempi, tempi in cui ancora si è costretti a lottare contro il pregiudizio, la libertà individuale, l’omofobia, e ogni prodotto artistico che inviti al dialogo, alla comprensione, non può che essere benvenuto. I fasti dei lavori hooperiani precedenti sono però un ricordo sbiadito, lontano, del quale si sente la mancanza.

Venezia 72: Spotlight, recensione del film con Mark Ruffalo

Siamo nella primavera del 2001, il disastro delle Torri Gemelle di New York sarebbe purtroppo arrivato a breve, cambiando per sempre la storia contemporanea. Nella redazione del The Boston Globe, storico giornale di Boston per l’appunto, nel Massachussetts, c’è aria di fermento, fra giornalisti che lasciano e nuovi direttori che arrivano. Proprio in questo marasma organizzativo la piccola rubrica Spotlight, interamente dedicata a cronache giudiziarie locali e gestita da soli quattro redattori, ha l’occasione di rimettersi a lucido dopo anni di gloria altalenante.

Alle cronache sembra infatti tornare un caso vecchio di qualche anno ma sempre attuale, delicato e scottante: chiesa, preti pedofili e bambini abusati nella diocesi locale. La sfida è ripescare dal fango tutti i dettagli sommersi, le prove sotterrate, consegnare finalmente giustizia e verità alle vittime degli abusi. Una vicenda ovviamente ostracizzata in passato dalle istituzioni ecclesiastiche, da avvocati corrotti e caporedattori poco audaci, della quale non parleremo in questo articolo per lasciare intatta l’esperienza della sala. Thomas McCarthy, attore, regista e scrittore americano, padrino del capolavoro Pixar Up, dona nuova linfa al cinema d’inchiesta statunitense ripescando una storia tanto vera quanto drammatica.

Spotlight

Parliamo infatti di avvenimenti realmente accaduti, di decine di preti coinvolti e migliaia di giovani vittime, di un’indagine complicata e dall’altissimo valore morale che nel 2003 valse al The Boston Globe il Premio Pulitzer per il servizio reso alla comunità. Su grande schermo il risultato è semplice e sorprendente, poiché tecnicamente parliamo di un’opera lineare, senza tecnicismi superflui, eppure capace di catturare l’attenzione dello spettatore per 127 minuti. Tutto grazie ad una sceneggiatura costruita con piglio autoriale, solida, sempre bilanciata e con dialoghi degni della migliore letteratura di genere, in grado di appassionare senza ricorrere a scorciatoie, a cambi di ritmo repentini, alla spettacolarizzazione della tragedia. Gli argomenti sono infatti trattati nella maniera più delicata possibile, rispettosa sia delle vittime che dei carnefici, spetta al pubblico e alla storia giudicare.

Ovviamente un film che concentra tutte le sue forze sullo script e sui dialoghi è nulla senza un cast di eccellenza, ed è qui che entrano in gioco – su tutti – Mark Ruffalo, Rachel McAdams e Michael Keaton. Misurati, profondi, affaticati, trionfanti, con addosso ancora il peso degli anni 90, vederli sullo schermo liberi dalle meccaniche dei grandi blockbuster è un piacere autentico. Accanto a loro anche Stanley Tucci, ancora una volta schiacciato dalla “maledizione” del ruolo marginale, e Liev Schreiber, nei panni dell’editor dallo sguardo di ghiaccio al quale si deve il merito dell’indagine. Per capire come reagirà il Vaticano a oltre dieci anni di distanza dai fatti bisognerà aspettare che BiM Distribuzione scelga una data d’uscita per il nostro Paese, possiamo solo sperare che non tardi ad arrivare.

Venezia 72: Ralph Fiennes si scatena per i fotografi [video]

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Ieri si è tenuta a Venezia la presentazione del film A Bigger Splash e durante il photocall l’attore Ralph Fiennes non è riuscito a trattenersi, scatenandosi davanti ai fotografi con un rapido ma esilarante balletto. La performance è presente infatti anche nel film presentato a Venezia, nel quale Fiennes interpreta un egocentrico produttore musicale. Qui sotto il video.

LEGGI ANCHE: Venezia 72: A Bigger Splash recensione del film di Luca Guadagnino

QUI IL NOSTRO SPECIALE DAL FESTIVAL DI VENEZIA 2015

La 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica avrà luogo a Venezia dal 2 al 12 settembre 2015, anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna sarà l’attrice italiana Elisa Sednaoui. L’elenco dei film in programma alla 72ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 29 luglio 2015 a Roma. Il film di apertura del festival sarà Everest, del regista Baltasar Kormákur.

La giuria sarà presieduta dal regista messicano Alfonso Cuarón.

NB Tutte le foto dei primi tre giorni di Festival sono state scattate dalla fotografa di Cinefilos.it Aurora Leone.

Venezia 72: presentato, in memoria di Claudio Caligari, Non Essere Cattivo

Venezia oggi ha un’aria malinconica, ha il duro compito di presentare Fuori Concorso al pubblico Non Essere Cattivo senza il suo regista. Claudio Caligari è infatti scomparso il 26 maggio scorso, lasciando a Valerio Mastandrea l’onore spirituale di continuare e terminare il film. L’attore romano, che con Caligari aveva già lavorato in L’Odore della Notte e condivideva una grande amicizia, passeggia per il Lido con l’emozione impressa sul volto e il dolore dell’assenza nel cuore. “Non Essere Cattivo è un film sull’amicizia di due uomini realizzato da due uomini che vivevano un’importante amicizia, ma non solo. Oltre a me e a Claudio è un lavoro che appartiene a tanti amici comuni, molti dei quali saranno qui questa sera per la proiezione. Parlo di maestranze, di persone che solitamente lavorano dietro le quinte e non presenziano i Festival, ma che questa volta sono state fondamentali. Esattamente come i due ragazzi del film, è gente unita da un amore puro, autentico.”

Non essere cattivoSiamo nella Ostia feroce degli anni novanta fatta di notti brave, di pasticche in discoteca, di cocaina come di furti e auto di grossa cilindrata. Cesare e Vittorio (sullo schermo Luca Martinelli e Alessandro Borghi) si conoscono ormai da vent’anni, cresciuti insieme a suon di difficoltà e degrado; il primo vive con la madre e la nipote, orfana di madre e malata di aids, cercando di mantenerle con lo spaccio, il secondo sogna una vita diversa, un futuro dignitoso. A causa di questi diversi orizzonti si dividono, si separano, ma il loro legame universale li farà ritrovare.

Come lo stesso Caligari ha lasciato scritto nelle note di regia “le attuali periferie e borgate fanno apparire falsi e fuori luogo quei destini, quei finali cristologici dei personaggi di Accattone, di Mamma Roma, di Stracci de La Ricotta, ma anche il Cesare di Amore Tossico.” “Oggi ogni dimensione religiosa è perduta, Accattone va in discoteca e spaccia pasticche, se le cose volgono in positivo si può ricavare al massimo un finale alla Rocco e i suoi fratelli, che si arrende il destino operaio di Ciro ma senza la visione ottimistica degli anni sessanta.” Perchè Claudio Caligari era così, acculturato e rude, profondo e viscerale, “mi mancherà moltissimo il suo cinema – ha continuato Mastandrea – mancheranno quelle tematiche che sono le medesime di Martin Scorsese, Francis Ford Coppola, Brian de Palma. Una volta eravamo all’idroscalo di Fiumicino, avvicinandosi al monitor Claudio mi fa ‘la vedi questa inquadratura? Viene da Giungla d’Asfalto, lo conosci? No, non l’hai visto’ facendomi sentire del tutto ignorante. Parlava di continuo, era sempre impegnato a fare qualcosa, a pensare e a muoversi completamente strafatto di cinema e basta. È sicuramente l’aspetto che mi mancherà di più di lui, oltre il non poter recitare ancora per lui, il discutere, lo stare insieme.”

Venezia 72: poster della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 2015

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È stato diffuso oggi il manifesto ufficiale della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 2015. Ecco il poster di Venezia 72:

Venezia 72

Il poster è dedicato al cinema d’autore: sullo sfondo c’è Antoine Doinel/Jean-Pierre Léaud nella scena finale di I 400 colpi di François Truffaut, in primo piano Nastassia Kinski, icona degli anni Ottanta, in una posa che rievoca Paris, Texas di Wim Wenders.

La Mostra ha leggermente posticipato le sue solite date e quest’anno si svolgerà al Lido dal 2 al 12 settembre 2015.

Venezia 72: Pilou Asbæk, un danese fra l’Afghanistan e Game of Thrones

Siamo seduti ad un enorme tavolo bianco, con due bottiglie di acqua fredda posate nel centro e sei bicchieri rossi capovolti. Alla nostra sinistra la Laguna, che brilla sotto il sole del primo pomeriggio, mentre tiene al riparo Venezia, tanto vicina da poterla quasi toccare allungando una mano. Nonostante le sedie vuote, accarezzate solo dalla tovaglia cascante, possano far intendere l’attesa di chissà quale brigata, aspettiamo in realtà soltanto Pilou Asbæk, un ragazzone alto, sorridente, dai capelli rossi e dalla folta barba ispida conosciuto per I Borgia, Lucy di Luc Besson. Tutto d’un pezzo in superficie ma semplice e incredibilmente umile nell’animo, che ci saluta con una calorosa stretta di mano e un “ooooh niiice to meeeet youuu” più che amichevole, come fossimo compagni di vecchie avventure. Ma cosa ci fa un danese doc, classe 1982, al Lido di Venezia? Accompagna il nuovo film di Tobias Lindholm A War, selezionato alla 72a Mostra del Cinema nella solenne sezione Orizzonti, del quale è protagonista assoluto. Claus Michael Pedersen è un soldato impegnato nella complicata guerra in Afghanistan, sul campo, a causa della quale ha dovuto lasciare in Danimarca tutta la sua famiglia, una moglie e tre figli. Un pensiero costante, doloroso, soprattutto quando la missione di guerra si fa davvero pericolosa e si sfidano faccia a faccia le pallottole, e si è costretti a scegliere tra fare di tutto per salvare i propri commilitoni o provare a tornare sano e salvo a casa.

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“Il conflitto in Afghanistan è stato molto duro, ovviamente non si è riflesso quotidianamente con la vita quotidiana delle persone in Danimarca, ma per alcune famiglie come quella del film è stato un vero incubo. Credo che sia proprio questo il punto forte di tutto il progetto, il mostrare le difficoltà che questi soldati hanno lasciato a casa, più che sul campo. Chi resta a casa deve svolgere le sue normali mansioni come nulla fosse, deve lavorare come ha sempre fatto, i bambini hanno la scuola, ed è terribile. Credo che la storia sia molto molto realistica, persino i soldati che hanno partecipato alle riprese erano autentici.” Se veri soldati hanno partecipato alle riprese del film, immaginiamo che anche per la preparazione del ruolo tu li abbia frequentati sul serio? “Assolutamente, sono stato tre mesi in un vero campo di addestramento militare prima di girare, prendo davvero a cuore il lavoro e questa era un’esperienza necessaria. Se punti ad un’ottima interpretazione devi andare all in, devi prepararti e fare anche cose del genere. Mi sono allenato duramente perché avevo da impersonare un soldato con 15-20 anni di esperienza, dovevo farlo.”

Oltre il suddetti A War, un’altra grande avventura aspetta Pilou Asbæk a breve, parliamo di Game of Thrones, la serie TV firmata HBO campione di spettatori da cinque stagioni. Il suo è un debutto assoluto, poiché è proprio nella season six che Euron Greyjoy fa la sua prima comparsa. “Esatto, sarò Euron Greyjoy in Game of Thrones 6, mi avete beccato (ride) ed è un’occasione incredibile per me, sono così grato a chi mi ha scelto. Non posso dire niente però sul personaggio, ho firmato un contratto in cui prometto solennemente di non fare spoiler sulla serie dunque posso limitarmi a confermare il ruolo. Quando l’ho saputo non stavo più in me, ho urlato, sono un grande fan e ho visto tutto di Game of Thrones, ogni singola scena. È meraviglioso.” Abbiamo dunque una guerra reale contro una guerra fantastica, l’Afghanistan contro i Sette Regni, quanto è diverso lavorare per la TV rispetto al grande schermo? “Sono due mondi molto diversi, anche se tante cose coincidono. Devi in entrambi i casi raccontare una storia, le differenze sono praticamente tutte relative al tempo. In TV hai dieci, dodici ore per sviluppare il plot del tuo personaggio, puoi lavorare con più calma, come correre una maratona; al cinema invece è tutto compresso in due ore, come correre i cento metri. Se preferisco essere un maratoneta o un centometrista? La prima, decisamente, adoro lavorare per la TV e adoro viaggiare.”

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Se adori viaggiare allora sicuramente amerai l’Italia… “Guardate dove siamo, amo Venezia e amo questo Paese. Inoltre la madre di mia moglie ha una casa nel Lazio, a quaranta minuti di treno a sud di Roma, e l’ultimo Natale l’ho passato proprio nella capitale italiana. Ho letteralmente adorato passare del tempo lì. Inoltre ho da poco girato il pilot di Ben Hur proprio a Cinecittà, negli stessi studi di Fellini, e ho vissuto a Trastevere, un quartiere meraviglioso. Anche il cinema italiano è grandioso, avete un artista come Paolo Sorrentino che è un autore enorme, un vero regista, La Grande Bellezza e Youth sono incredibili. Anche Gomorra di Matteo Garrone è un film immenso, proprio il genere che piace a me. Tornando ai viaggi, amo girare il mondo in generale, infatti fra i miei prossimi progetti c’è una vacanza con la mia famiglia, niente lavoro per un po’. Torno in Danimarca, ne ho bisogno, proprio come il mio personaggio in A War mi godo poco la mia casa, i miei familiari, è arrivato il momento di rimediare.”

Venezia 72: photocall con Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson…

Di seguito le immagini dal photocall di A Bigger Splash (qui la recensione), film in concorso alla Mostra di Venezia 72, diretto da Luca Guadagnino con Tilda Swinton, Ralph Fiennes, Dakota Johnson Matthias Schoenaerts.

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QUI IL NOSTRO SPECIALE DAL FESTIVAL DI VENEZIA 2015

La 72ª edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica avrà luogo a Venezia dal 2 al 12 settembre 2015, anche quest’anno sarà diretta da Alberto Barbera e organizzata dalla Biennale presieduta da Paolo Baratta.

La madrina della rassegna sarà l’attrice italiana Elisa Sednaoui. L’elenco dei film in programma alla 72ª Mostra è stato annunciato nel corso della conferenza stampa di presentazione che si è tenuta il 29 luglio 2015 a Roma. Il film di apertura del festival sarà Everest, del regista Baltasar Kormákur.

La giuria sarà presieduta dal regista messicano Alfonso Cuarón.

NB Tutte le foto dei primi tre giorni di Festival sono state scattate dalla fotografa di Cinefilos.it Aurora Leone.

Venezia 72: oggi The Endless River di Oliver Hermanus

Oggi lunedì 7 settembre finisce il week and di Venezia 72 e inizia la settimana che porterà alla premiazione e oggi è il giorno di The Endless River di Oliver Hermanus, in concorso. Protagonisti Nicolas Duvauchelle, Crystal-Donna Roberts, Clayton Evertson, Darren Kelfkens, il film racconta di una giovane cameriera accoglie il marito che torna a casa nella cittadina sudafricana di Riviersonderend (Fiume Infinito) dopo quattro anni di detenzione. All’inizio sembra che i loro piani per una nuova vita insieme si stiano finalmente realizzando. Ma quando la famiglia di uno straniero che vive in una fattoria vicina viene brutalmente assassinata, la giovane e il vedovo in lutto cominciano a gravitare l’una verso l’altro. Fra i due, intrappolati in un circolo vizioso di violenze e spargimenti di sangue, si crea un legame improbabile nel tentativo di trascendere la rabbia reciproca, il dolore e la solitudine.

Venezia 72: oggi Rabin, the Last Day di Amos Gitai

E’ oggi il gran giorno di Amos Gitai, l’acclamato regista presenta a Venezia 72 in concorso  Rabin, the Last Day, suo ultimo lavoro in ordine di tempo. Nel film protagonisti Ischac Hiskiya, Pini Mitelman, Michael Warshaviak, Einat Weizman, Rotem Keinan, Yogev Yefet, Yael Abecassis

Sinossi
La sera di sabato 4 novembre 1995 il primo ministro Yitzhak Rabin viene ucciso al termine di un grande comizio politico organizzato nel centro di Tel Aviv. Il suo assassino, arrestato sulla scena del crimine, è un ebreo osservante di 25 anni. Le indagini su questo brutale omicidio rivelano l’esistenza di un mondo oscuro e terrificante che ha reso possibile questo atto tragico. Una sottocultura di odio alimentata da una retorica isterica, dalla paranoia e dagli intrighi politici. I rabbini estremisti che condannarono Rabin invocando un’oscura decisione talmudica. Gli eminenti politici di destra che parteciparono a una campagna di incitamento contro Rabin. I coloni israeliani militanti per cui la pace significava tradimento. E gli agenti di sicurezza che videro cosa stava per succedere e non riuscirono a evitarlo. Questo tributo al premio Nobel Yitzhak Rabin, in occasione del ventesimo anniversario della sua morte, getta luce su una crescente crisi dell’odio che affligge la società israeliana odierna. Amos Gitai coniuga magistralmente ricostruzioni fittizie e filmati d’archivio dell’attentato e dei momenti immediatamente successivi per creare un thriller politico che fa riflettere.

Venezia 72: oggi Charlie Kaufman con Anomalisa

Dopo il week end dei divi, arriva adesso il festival delle grandi occasioni e dei grandi nomi. Dopo l’arte di Sokurov e Gitai, il Lido si apre a un altro genio della settima arte, Charlie Kaufman, che porta in concorso Anomalisa.

SEGUI IL NOSTRO SPECIALE DI VENEZIA 72

Ecco la trama del film: Duke Johnson segue le vicende di un oratore motivazionale di successo, il quale viaggia per il Paese cambiando la vita di molte persone. Tuttavia, nel trasformare gli altri, egli perde qualcosa di se stesso. La sua vita diventa sempre più grigia e monotona e le persone iniziano a sembrare tutte identiche. All’improvviso la voce di una ragazza sconvolge la sua vita, facendolo finalmente sentire vivo.

Venezia 72: Non essere cattivo di Claudio Caligari

Ancora l’Italia oggi a Venezia 72, è la volta di Claudio Caligari e di Non essere cattivo, film italiano fuori concorso. Protagonisti Luca Marinelli, Alessandro Borghi, Silvia D’Amico, Roberta Mattei.

Trama: Vittorio e Cesare hanno poco piu` di vent’anni e non sono solo amici da sempre: sono “fratelli di vita”. Una vita di eccessi: notti in discoteca, macchine potenti, alcool, droghe sintetiche e spaccio di cocaina. Vivono in simbiosi ma hanno anime diverse, entrambi alla ricerca di una loro affermazione. L’iniziazione all’esistenza per loro ha un costo altissimo e vittorio col tempo inizia a desiderare una vita diversa: incontra Linda e per salvarsi prende le distanze da Cesare, che invece sprofonda inesorabilmente. Si ritrovano qualche tempo dopo e Vittorio cerca di coinvolgere l’amico nel lavoro. Cesare, dopo qualche resistenza, accetta: sembra finalmente intenzionato a cambiare vita, frequenta Viviana (una ex di Vittorio) e sogna di costruire una famiglia insieme a lei. Ancora una volta pero` il richiamo della strada avra` la meglio sui suoi propositi. Nonostante le continue cadute dell’amico – e anche a dispetto delle discussioni che deve affrontare con linda su questo punto – Vittorio non abbandonera` mai veramente Cesare, in virtu` del legame fortissimo che li unisce e nella speranza di poter guardare a

Venezia 72: Mark Ruffalo e Stanley Tucci per risanare le ferite della Chiesa

Dopo una giornata all’insegna del cielo coperto e dei ghiacci dell’Everest, al Lido di Venezia è tornato il sole in tutto il suo scintillante (sigh!) splendore per accogliere Mark Ruffalo e il suo Spotlight, un film d’inchiesta che racconta come il The Boston Globe arrivò a vincere il Premio Pulitzer nel 2003. Semplice (facile dirlo adesso…), con un’indagine appassionata, dettagliata e approfondita su chiesa, preti pedofili e abusi.

Fatti rigorosamente veri, che suscitarono parecchio scandalo all’epoca e sicuramente ne susciteranno ancora, soprattutto una volta che BiM Distribuzione deciderà una data d’uscita per il nostro Paese. Il regista Thomas McCarthy è però decisamente fiducioso a riguardo, durante una conferenza stampa piuttosto calorosa ha detto infatti di non aspettarsi grandi reazioni da parte della Chiesa di Roma. “Il mio non vuole essere un attacco alla Chiesa come istituzione – ha spiegato – vorrei invece fosse  un invito a sanare ferite ancora aperte, che fanno male, e allontanano la gente dalla fede. Proprio per questo motivo vorrei che Papa Francesco riuscisse a vedere il film.” Del resto non è in discussione solo l’organizzazione ecclesiastica, anche la libertà di stampa, poiché Spotlight mostra allo stesso tempo le insormontabili difficoltà di un’indagine di quel genere, ostracizzata da più fronti e su più livelli.

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Ha continuato McCarty: “Dopo quella storica inchiesta il giornalismo è stato decimato, molti giornali sono stati addirittura costretti a chiudere i battenti. A Boston la Chiesa aveva e ha un ruolo centrale, e un nutritissimo numero di fedeli, moltissimi – per non dire tutti – hanno fatto finta di non vedere. Giornali, famiglie, comunità, tutti sono rimasti in assoluto silenzio dopo la pubblicazione degli articoli.” Michael Keaton, previsto solo in serata per il Red Carpet, ha purtroppo saltato l’incontro con la stampa, ma Mark Ruffalo e Stanley Tucci – protagonisti del film insieme a Rachel McAdams, lo stesso Keaton, Liev Schreiber – hanno ripreso la linea del regista: “Il Vaticano deve risanare i torti fatti, deve riconquistare la fiducia della gente che ha perso la fede, speriamo davvero che questo film possa aiutare – hanno detto – Papa Francesco è l’unico che può mettere fine alla piaga della pedofilia all’interno della chiesa”.

Arriveranno dunque nuove polemiche alla 72a Mostra del Cinema di Venezia? Dopo Faith di Ulrich Seidl e Bella Addormentata di Marco Bellocchio, passati in laguna negli scorsi anni, il Festival è abbastanza abituato a vedere proteste e manifestazioni a favore della Chiesa (con tanto di santini, manifesti e statue portate in processione, quanti deliziosi ricordi…), non sarebbe una novità. Vedremo alle 19:00, con la prima del film in Sala Grande.