Home Blog Pagina 1886

Il cast de Il Signore degli Anelli rende omaggio a Bernard Hill

0
Il cast de Il Signore degli Anelli rende omaggio a Bernard Hill

Alcuni membri del cast di Il Signore degli Anelli hanno offerto diversi commoventi omaggi all’attore Bernard Hill, morto domenica all’età di 79 anni. Elijah Wood, Billy Boyd, Dominic Monaghan e Sean Astin – che hanno interpretato gli hobbit nei tre film campione d’incassi di Peter Jackson – lo hanno infatti onorato durante un evento del Comic Con a Liverpool. Nella trilogia, Hill ha interpretato il severo e regale Re Théoden, che ha aiutato a guidare gli eroi della saga alla vittoria durante la battaglia del Fosso di Helm ne Le due torri del 2002 e poi di nuovo nella Battaglia dei Campi del Pelennor ne Il ritorno del re del 2003.

Vogliamo solo prenderci un momento, prima di scendere da questo palco, per onorarlo”, ha detto Astin ai fan presenti all’evento. “Avrebbe dovuto essere qui oggi. Gli vogliamo bene. Era intrepido, era divertente, era burbero, era irascibile, era bellissimo”. “Stavamo guardando i film e ne parlavamo”, ha detto Boyd. “E io ho detto [agli altri]: ‘Non credo che nessuno abbia parlato delle parole di Tolkien così bene come ha fatto Bernard’. Il modo in cui ha fondato quelle parole sul realismo. Mi avrebbe spezzato il cuore. Era un uomo meraviglioso e ci mancherà molto”.

Morto Bernard Hill, addio a Re Theoden de Il Signore degli Anelli

Più tardi, Wood ha postato su X: “Non ti dimenticheremo mai”, aggiungendo poi una citazione di Tolkien: “Perché era un cuore gentile e un grande re e ha mantenuto i suoi giuramenti; e si è levato dalle ombre verso un ultimo bel mattino”. Monaghan ha invece postato su Instagram: “Il Re spezzato è passato ai paradisi grigi, ma sarà sempre ricordato”.

https://twitter.com/FellowshipFans/status/1787182800505888875?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1787182800505888875%7Ctwgr%5Ee39706b282ab1965f427921fa36862b58b46b72e%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.hollywoodreporter.com%2Fmovies%2Fmovie-news%2Flord-of-the-rings-bernard-hill-tribute-1235890828%2F

https://twitter.com/elijahwood/status/1787238539417039298?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Etweetembed%7Ctwterm%5E1787238539417039298%7Ctwgr%5Ee39706b282ab1965f427921fa36862b58b46b72e%7Ctwcon%5Es1_c10&ref_url=https%3A%2F%2Fwww.hollywoodreporter.com%2Fmovies%2Fmovie-news%2Flord-of-the-rings-bernard-hill-tribute-1235890828%2F

Il cassetto segreto, recensione del film di Costanza Quatriglio

0
Il cassetto segreto, recensione del film di Costanza Quatriglio

Il cassetto segreto, diretto da Costanza Quatriglio, è un’opera documentaristica che fonde memoria personale e memoria collettiva in un intenso viaggio attraverso la storia e la cultura della Sicilia, dell’Italia e del mondo. Il film prende forma dall’imponente lavoro di catalogazione e donazione dell’archivio del padre della regista, Giuseppe Quatriglio, giornalista di fama storica e figura centrale nel panorama culturale siciliano.

Il cassetto segreto, la nascita del progetto

“La scoperta di oltre 60.000 negativi fotografici scattati da mio padre dal 1947 in poi, decine di bobine 8mm e centinaia di ore di registrazioni sonore, mi ha fatto comprendere che avevo la possibilità straordinaria di realizzare un film che ponesse al centro un intreccio di vicende e vite vissute che riverberano nella storia di noi tutti – ha dichiarato la regista Costanza QuatriglioCosì la casa dove sono cresciuta è divenuta il set per un racconto personale e articolato che si dipana dalle sue mura per abbracciare la Sicilia, l’Europa e il mondo, in un secolo di storia.”.

La Sicilia, il mondo, una casa, una biblioteca. Nel gennaio 2022 Costanza Quatriglio torna nella casa dov’è cresciuta, chiusa da tempo, e apre le porte ad archivisti e bibliotecari per donare alla Regione Sicilia l’universo di conoscenza appartenuto al padre giornalista. È la biblioteca e l’archivio di Giuseppe Quatriglio, firma storica del Giornale di Sicilia e di altre importanti testate, scrittore, saggista e amico di uomini di cultura del Novecento. Comincia così un viaggio sentimentale attraverso fotografie, bobine 8mm, registrazioni sonore realizzate dal padre dagli anni ‘40 in poi in Europa e nel mondo, e le riprese effettuate dalla regista tra il 2010 e il 2011 con lui quasi novantenne. La memoria personale e la memoria collettiva si mescolano in un fitto dialogo tra presenza e assenza, dove il punto di osservazione diventano Palermo e la Sicilia.

Aprire, sfogliare, catalogare, scoprire

Il documentario si apre con una registrazione del padre della regista che la apostrofa, fintamente risentito, dicendole che è andata ad aprire proprio “quei cassetti segreti”, ovvero quegli archivi personali che daranno poi inizio alla storia, che si rivelerà ricchissima, densa e soprattutto universale. All’inizio del racconto, Costanza/personaggio/voce narrante ritorna nella casa in cui è cresciuta, chiusa da tempo, per dare inizio al processo di donazione dell’archivio del padre alla Regione Sicilia. Il gesto di aprire, sfogliare, catalogare il lavoro di una vita di suo padre dà inizio a un viaggio sentimentale attraverso fotografie, registrazioni sonore, bobine 8mm e altre testimonianze del lavoro e della vita di Giuseppe Quatriglio. Attraverso questo viaggio, il film esplora non solo la vita del giornalista, ma anche la storia e la cultura della Sicilia, offrendo uno sguardo intimo e toccante sulla memoria collettiva dell’isola.

Uno degli strumenti più efficaci nelle mani di Quatriglio è senza dubbio il montaggio che utilizza con destrezza per creare un flusso narrativo coerente, accompagnando lo spettatore in un viaggio emotivo attraverso le varie tappe della vita e della carriera di Giuseppe Quatriglio. Il documentario offre infatti uno sguardo unico sulla storia del Novecento, dai momenti di gioia e di celebrazione ai periodi più bui e tumultuosi.

Un racconto personale che diventa universale

A questo aspetto, che mette in evidenza la componente pubblica e collettiva del racconto, la regista alterna l’auto-rappresentazione di sé nel gesto di aprire, sfogliare, ascoltare, guardare, leggere. Immersa nelle carte paterne, Quatriglio diventa Costanza che ascolta i suoi vagiti, guarda le sue foto, ricostruisce i momenti in cui lei, bimba, posava per i famosi artisti che frequentavano la sua casa.

In questo perfetto equilibrio tra le parti, Il cassetto segreto è sì un omaggio commovente a papà Giuseppe, ma anche una testimonianza dell’intellettuale Quatriglio e del suo lascito in termini di osservazione e contributo alla siciliana e italiana. Attraverso le parole e le immagini lasciate dall’uomo, il film celebra il suo spirito avventuroso, la sua passione per il giornalismo e la sua dedizione alla memoria e alla storia.

Il caso Yara: la recensione della docuserie crime di Netflix

Il caso Yara: la recensione della docuserie crime di Netflix

Il buio, un’angosciante musica in sottofondo e poi il suono di una registrazione che sta per iniziare. Sullo schermo appare un vecchio video un po’ tremolante della piccola Yara, felice e concentrata nel suo luccicante body nero, durante una delle sue esibizioni di ginnastica ritmica. Un filmato tanto caro e nostalgico si chiude catturando la bellezza della giovane in un salto dolce, sinuoso e tenero, impressa così danzante per sempre. È con questa nostalgica scena che inizia il primo episodio de Il Caso Yara: Oltre Ogni Ragionevole Dubbio, la docuserie in cinque parti (di circa 50 min ciascuna) che ripercorre uno dei casi di cronaca nera più oscuri e divisivi degli ultimi anni in Italia.

La serie è sviluppata e diretta da Gianluca Neri (autore di SanPa), scritta da Carlo G. Gabardini, Gianluca Neri ed Elena Grillone, e prodotta da Quarantadue. Disponibile dal 16 luglio su Netflix, Il Caso Yara sarà visibile anche su Sky Glass, Sky Q e tramite app su NOW Smart Stick.

La tragica storia di Yara

“La sera del 26 novembre 2010, a Brembate Sopra (Bergamo), Yara Gambirasio esce da casa sua, in via Rampinelli, per andare in palestra, a circa 800 metri di distanza,” racconta il giornalista Vittorio Attanà, che da anni segue il dramma della famiglia Gambirasio. Yara aveva solo 13 anni quando quella sera scomparve nel nulla dopo essersi recata nella palestra vicino casa per i suoi allenamenti. La misteriosa vicenda sconvolse profondamente non solo la comunità bergamasca, ma l’intera Italia. Per settimane e mesi ci si chiese dove fosse Yara, se fosse scappata di sua volontà o fosse stata rapita, quale fosse il motivo del rapimento e se fosse ancora viva. La risposta a quest’ultima domanda arrivò troppo tardi, il 26 febbraio 2011, quando il suo corpo fu ritrovato senza vita in un campo aperto a Chignolo d’Isola.

Il caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio - Immagine di Netflix
Il caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio | Immagine di Netflix

La prima pista investigativa dopo la scomparsa di Yara portò l’attenzione delle forze dell’ordine su Mohammed Fikri, un operaio marocchino di 22 anni impiegato nel cantiere edile di Mapello. “Il colpevole perfetto,” spiega Attanà. “Straniero, ha lavorato di notte al cantiere, stava per partire, e ha detto delle frasi che sembravano riferirsi a un’uccisione…”. Così, il 5 dicembre 2010, Fikri fu arrestato a bordo di una nave diretta a Tangeri e indagato per la sparizione della tredicenne. Tuttavia, l’accusa, basata su un’intercettazione telefonica in arabo erroneamente tradotta, presto cadde e iniziò una nuova caccia all’assassino.

Nei mesi successivi al ritrovamento, il proseguimento delle indagini dipese principalmente dalla polizia scientifica: il corpo e gli indumenti di Yara furono attentamente analizzati per settimane. Da queste analisi emersero tracce di microparticelle metalliche, tipiche degli ambienti edilizi, e un DNA maschile sugli slip e sui leggings indossati dalla giovane. A ciò si aggiunse la scoperta di un furgone bianco, ripreso da alcune videocamere, che si aggirava nei pressi della palestra il giorno della scomparsa di Yara. Tutti questi elementi portarono a identificare un “Ignoto 1”, che successivamente si rivelò essere (con non poche incertezze) il muratore 44enne Massimo Bossetti. Quest’ultimo fu arrestato il 16 giugno 2014 con l’accusa di rapimento e omicidio. Tuttavia, ciò che sembrava la conclusione del caso si rivelò essere solo l’inizio di una nuova e complessa rete di indagini e questioni irrisolte.

Oltre ogni ragionevole dubbio

Dopo il film Yara di Marco Tullio Giordana, la docuserie di Gianluca Neri è il secondo prodotto Netflix a riportare l’attenzione su questa drammatica parentesi della giustizia italiana, ancora irrisolta. Attraverso le testimonianze di numerosi giornalisti, avvocati e professionisti che parteciparono alle indagini, nonché tramite ricostruzioni, interviste esclusive, video e audio inediti, Gianluca Neri tenta di ripercorrere cronologicamente il misterioso e controverso caso che culmina con l’ergastolo, tuttora molto discusso, di Massimo Bossetti.

Il caso Yara oltre ogni ragionevole dubbio - In foto Massimo Bossetti
Il caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio | In foto Massimo Bossetti

Per il suo scrupoloso lavoro di documentazione, Il Caso Yara si annovera tra i progetti italiani di cronaca nera più ambiziosi di sempre. Il lavoro di documentazione della serie iniziò nel 2017, delineando una prima struttura narrativa nel 2021. L’originalità e l’accuratezza della serie non derivano solo dall’approfondito studio di ricerca. Neri, nel tentativo di dipingere un quadro ampio e preciso, affronta con cura anche le accuse di depistaggio e i sospetti sui metodi investigativi, che hanno sollevato (e sollevano) dubbi sulla giustizia italiana. Inoltre, ne Il Caso Yara viene data per la prima volta la parola a Bossetti – che si è sempre professato innocente – e a sua moglie Marita. Il sottotitolo “Oltre ogni ragionevole dubbio” lancia una forte provocazione, dando voce alle inesauribili perplessità legate agli esiti giudiziari del caso, soprattutto alla tormentata domanda: Massimo Bossetti è davvero l’assassino di Yara Gambirasio?

“La scienza è infallibile, ma gli uomini che la praticano non lo sono”

Nonostante una narrazione a tratti confusa e complessa, dovuta soprattutto alla continua oscillazione tra diversi archi temporali, Il Caso Yara trasporta il pubblico in un momento ancora impresso con dolore nella mente degli italiani. Qui, Neri non si limita a ricostruire i fatti, ma si impegna a indagare sui possibili errori commessi durante le indagini e i processi, e su tutti quei dubbi e incongruenze che sono stati marginalizzati ma mai risolti. Inoltre, l’esplorazione del ruolo dei media nel plasmare e influenzare l’opinione pubblica è affrontata in più episodi, con l’intento di analizzare l’intero fenomeno sociale scaturito da questo tragico evento di cronaca nera.

Con una regia efficace e una intensa colonna sonora in sottofondo che contribuisce a creare un’atmosfera di forte angoscia e suspense, Il Caso Yara si propone quindi non solo come un resoconto dettagliato di una delle inchieste più grandi e tragiche del panorama italiano, ma anche come una stimolante discussione che, con occhio attento e critico, invita il pubblico a riflettere sulla complessità, la corruzione e le lacune del sistema giudiziario italiano.

Il caso Thomas Crawford: la spiegazione del finale del film

Il caso Thomas Crawford: la spiegazione del finale del film

I cosiddetti legal thriller sono certamente una delle sottocategorie più affascinanti di quel vasto e sfaccettato genere che è il thriller. Numerosi sono i titoli che nel corso degli anni hanno fatto la fortuna di questo, portando le storie di avvocati, processi o questioni legate al mondo giudiziario a ritagliarsi il proprio posto di rilievo nel mercato cinematografico. Titoli come Il rapporto Pelican, Michael Clayton e Il cliente sono solo alcuni dei titoli più famosi. Tra questi si annovera anche Il caso Thomas Crawford, diretto nel 2007 da Gregory Hoblit, esperto del genere, da lui affrontato con film come Schegge di paura e Sotto corte marziale.

Quello scritto da Daniel Pyne e Glenn Gers si distingue però per un acceso gioco tra il sospettato e l’avvocato che si occupa del caso. Ne nasce un film che va a costruire così una fitta rete di indizi, depistaggi, accuse e confessioni, basando il tutto su una serie di cavilli legali a cui il protagonista fa fede. Il grande ingranaggio del racconto porta dunque lo spettatore a stare con il fiato sospeso fino all’ultimo, cercando una soluzione che si rivelerà però più complessa e imprevedibile che mai. Acclamato da critica e pubblico, Il caso di Thomas Crawford è stato uno dei thriller di maggior successo del suo anno.

A fronte di un budget di 10 milioni di dollari, questo è arrivato a guadagnarne ben 92 in tutto il mondo. Ancora oggi, a distanza di più di un decennio, è celebrato come un film particolarmente solido nel suo genere. In questo articolo, approfondiamo dunque alcune delle principali curiosità relative a Il caso Thomas Crawford. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla spiegazione del finale. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il caso Thomas Crawford trama film
Anthony Hopkins in Il caso Thomas Crawford. © 2007 Warner Home Video. All rights Reserved.

La trama e il cast di Il caso Thomas Crawford

Protagonista del film è Thomas Crawford, un brillante ingegnere aeronautico che viene arrestato per il tentato omicidio della moglie Jennifer, la quale aveva una relazione con il poliziotto Robert Nunally. Ad occuparsi del caso arriva il giovane assistente distrettuale Willy Beachum, che è in procinto di essere assunto presso un prestigioso studio legale. Quello che doveva essere un caso semplice e da chiudere in breve tempo si rivela però particolarmente ostico nel momento in cui le prove contro Crawford iniziano a decadere. Ormai ossessionato dal caso, spetterà a Willy scoprire cosa è realmente accaduto e incastrare il vero colpevole.

 

Ad interpretare il controverso personaggio di Thomas Crawford, vi è il premio Oscar Anthony Hopkins. L’attore, interessatosi al ruolo per la sua ambiguità, accettò con piacere di dar vita a quest’uomo che gioca con le aspettative e i difetti di quanti gli stanno intorno. Nei panni di sua moglie Jennifer, invece, vi è l’attrice Embeth Davidtz, mentre il poliziotto Robert Nunally, con cui lei ha una relazione, è interpretato da Billy Burke, noto per essere stato il padre di Bella Swan nella saga di Twilight. Nel film sono poi presenti anche gli attori Fiona Shaw e Bob Gunton nel ruolo dei giudici Robinson e Gardner. Xander Berkeley è invece il giudice Moran.

Nei panni del giovane ma tenace Willy Beachum vi è invece l’attore Ryan Gosling, oggi noto per i film La La Land e Barbie. Per ottenere il ruolo, egli ha battuto diversi noti attori concorrenti, tra cui anche Chris Evans, poi diventato popolare nei panni di Captain America. Per prepararsi al ruolo, Gosling ha poi avuto modo di incontrare veri avvocati, da cui poter apprendere gli elementi basilari utili per una vicenda come quella narrata nel film. Accanto a lui, nei panni di Nikki Gardner, l’avvocato che vorrebbe Willy nel suo studio legale, vi è l’attrice Rosamund Pike, poi diventata celebre grazie al film Gone Girl. Infine, Zoe Kazan, celebre per la commedia The Big Sick, è qui Mona.

Il caso Thomas Crawford cast

La spiegazione del finale di Il caso Thomas Crawford

Il caso Thomas Crawford si basa interamente sul duello tra Crawford e l’assistente del procuratore Willy Beachum. Nonostante l’iniziale assoluzione di Crawford, Beachum è irremovibile nel voler dimostrare la sua colpevolezza. Intraprendendo delle proprie ricerche, scopre che Crawford ha architettato curato sino al minimo dettaglio. Ha iniziato con lo scambiare la propria arma con quella dell’investigatore Robert Nunally, utilizzando quest’ultima per ferire gravemente la moglie. Dopo aver fatto ciò, Crawford effettua un nuovo scambio mentre il detective Nunally era impegnato a soccorrere l’amante. Così facendo fa apparire la sua pistola inutilizzata e pone in crisi quanti lo accusano.

Una volta liberato, Crawford assume anche la tutela della moglie da lui volutamente lasciata in coma con il colpo di pistola, acquisendo il diritto di decidere se mantenerla in uno stato di vita artificiale o disporne la morte staccando la spina. Sceglie naturalmente di optare per questa seconda opzione, portando a termine il suo piano e la sua vendetta. È però proprio questa sua scelta a generare una frattura nella quale Beachum riuscirà ad inserirsi, arrivando a smascherare il piano di Crawford. Presentatosi alla sua porta per costringerlo a confessare, cosa che l’uomo fa, sicuro di essere protetto dal principio della doppia incriminazione.

Beachum informa il suo rivale che la morte della donna ha reso possibile la prova balistica sul proiettile trattenuto nella sua testa. Ciò ha consentito il cambiamento del capo d’accusa da tentato omicidio in omicidio, superando così il principio del ne bis in idem. Si tratta di una  locuzione latina che tradotta alla lettera significa “non due volte per la medesima cosa”. Si tratta di un brocardo che esprime un principio del diritto processuale in forza del quale un giudice non può esprimersi due volte sulla stessa azione, se si è già formata la cosa giudicata. Cambiando il capo d’accusa, però, si rende possibile indire un nuovo processo. Crawford viene così arrestato e condannato finalmente per i suoi crimini.

Il caso Thomas Crawford: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire del film grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Il caso Thomas Crawford è infatti disponibile nel catalogo di Apple TV e Now. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. È bene notare che in caso di noleggio si avrà soltanto un dato limite temporale entro cui guardare il titolo. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di sabato 27 aprile alle ore 21:00 sul canale Iris.

Il caso Spotlight: trailer italiano del film con Mark Ruffalo

0
Il caso Spotlight: trailer italiano del film con Mark Ruffalo

La Bim Distribution ha messo in rete il primo trailer italiano ufficiale de Il Caso Spotlight, il film che, presentato al Festival di Venezia, ha cominciato una splendida corsa nella stagione dei premi, corsa che lo porterà senza dubbio al Dolby Theatre per gli Academy Awards, gli Oscar 2016.

LEGGI LA RECENSIONE

Scritto e diretto da Thomas McCarthy, Il Caso Spotlight vede protagonisti Nel cast del film figurano Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber, John Slattery, Stanley Tucci, Brian d’Arcy James e Billy Crudup.

Spotlight è un film di denuncia che andrà a gettare luce fra le ombre della chiesa cattolica, in particolar modo analizzerà i casi di pedofilia che nelle ultime decadi sono usciti allo scoperto. La pellicola è ispirata ad una inchiesta portata avanti dal The Boston Globe per oltre un anno, nel corso della quale lo Spotlight Team ha intervistato le vittime degli abusi raccogliendo materiale per oltre mille pagine che portò alle dimissioni del Cardinale Bernard Law, colpevole di aver nascosto per anni una serie di abusi perpretrati da alcuni preti. L’inchiesta, risalente al 2003, fruttò al gruppo di reporter il prestigioso premio Pulitzer.

Il film uscirà in Italia il 18 febbraio 2016.

Il caso Spotlight: recensione del film con Mark Ruffalo

Il caso Spotlight: recensione del film con Mark Ruffalo

In Il caso Spotlight siamo nella primavera del 2001, il disastro delle Torri Gemelle di New York sarebbe purtroppo arrivato a breve, cambiando per sempre la storia contemporanea. Nella redazione del The Boston Globe, storico giornale di Boston per l’appunto, nel Massachussetts, c’è aria di fermento, fra giornalisti che lasciano e nuovi direttori che arrivano. Proprio in questo marasma organizzativo la piccola rubrica Spotlight, interamente dedicata a cronache giudiziarie locali e gestita da soli quattro redattori, ha l’occasione di rimettersi a lucido dopo anni di gloria altalenante.

Alle cronache sembra infatti tornare un caso vecchio di qualche anno ma sempre attuale, delicato e scottante: chiesa, preti pedofili e bambini abusati nella diocesi locale. La sfida è ripescare dal fango tutti i dettagli sommersi, le prove sotterrate, consegnare finalmente giustizia e verità alle vittime degli abusi. Una vicenda ovviamente ostracizzata in passato dalle istituzioni ecclesiastiche, da avvocati corrotti e caporedattori poco audaci, della quale non parleremo in questo articolo per lasciare intatta l’esperienza della sala. Thomas McCarthy, attore, regista e scrittore americano, padrino del capolavoro Pixar Up, dona nuova linfa al cinema d’inchiesta statunitense ripescando una storia tanto vera quanto drammatica.

il caso spotlightParliamo infatti di avvenimenti realmente accaduti, di decine di preti coinvolti e migliaia di giovani vittime, di un’indagine complicata e dall’altissimo valore morale che nel 2003 valse al The Boston Globe il Premio Pulitzer per il servizio reso alla comunità. Su grande schermo il risultato è semplice e sorprendente, poiché tecnicamente parliamo di un’opera lineare, senza tecnicismi superflui, eppure capace di catturare l’attenzione dello spettatore per 127 minuti. Tutto grazie ad una sceneggiatura costruita con piglio autoriale, solida, sempre bilanciata e con dialoghi degni della migliore letteratura di genere, in grado di appassionare senza ricorrere a scorciatoie, a cambi di ritmo repentini, alla spettacolarizzazione della tragedia. Gli argomenti sono infatti trattati nella maniera più delicata possibile, rispettosa sia delle vittime che dei carnefici, spetta al pubblico e alla storia giudicare.

Ovviamente Il caso Spotlight è un film che concentra tutte le sue forze sullo script e sui dialoghi è nulla senza un cast di eccellenza, ed è qui che entrano in gioco – su tutti – Mark Ruffalo, Rachel McAdams e Michael Keaton. Misurati, profondi, affaticati, trionfanti, con addosso ancora il peso degli anni 90, vederli sullo schermo liberi dalle meccaniche dei grandi blockbuster è un piacere autentico. Accanto a loro anche Stanley Tucci, ancora una volta schiacciato dalla “maledizione” del ruolo marginale, e Liev Schreiber, nei panni dell’editor dallo sguardo di ghiaccio al quale si deve il merito dell’indagine. Per capire come reagirà il Vaticano a oltre dieci anni di distanza dai fatti bisognerà aspettare il 18 febbraio, quando BiM Distribuzione distribuirà Il caso Spotlight nel nostro Paese.

Il caso spotlight: in dvd, blu-ray e in vod

0
Il caso spotlight: in dvd, blu-ray e in vod

Dopo aver raggiunto i vertici delle prevendite sulle principali piattaforme on demand, Il caso spotlight, di Tom McCarthy, con Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber e Stanley Tucci, vincitore di 2 Premi Oscar – Miglior Film e Migliore Sceneggiatura Originaleè disponibile a noleggio e in vendita da oggi, 30 giugno, in DVD e BLU-RAY e a noleggio su CHILI, GOOGLE PLAY, INFINITY, ITUNES, MEDIASET PREMIUM PLAY, SONY PLAYSTATION STORE, TIMVISION, WUAKI.

LEGGI LA NOSTRA RECENSIONE DEL FILM

Il packaging del DVD e del BLU-RAY rinnova il layout del manifesto cinema, per esaltare la profondità e la forza del film e le straordinarie interpretazioni degli attori. 

Tra gli extra sono disponibili numerose interviste esclusive agli attori, al regista e ai veri protagonisti dell’inchiesta, i giornalisti del Boston Globe. Contenuti fondamentali che arricchiranno l’esperienza della visione con sorprendenti retroscena. 

Il caso spotlight: in dvd, blu-ray e in vod

IL CASO SPOTLIGHT racconta la storia del team Spotlight, la redazione di giornalisti investigativi del Boston Globe, che nel 2002 sconvolse il mondo intero rivelando la copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali su minori, commessi da oltre 70 sacerdoti nella sola Boston. L’inchiesta valse al team Spotlight il Premio Pulitzer.

Il caso Spotlight: 10 cose che non sai sul film

Il caso Spotlight: 10 cose che non sai sul film

Il caso Spotlight è uno dei maggior film d’inchiesta degli ultimi anni. Un film in grado di riportare a galla l’indagine giornalistica, svolta dal Boston Globe nel 2002, che cercava di approfondire la questione degli abusi sessuali clericali.

Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2015, questo film ha avuto moltissimi riscontri positivi in tutto il mondo, vincendo anche l’Oscar come Miglior Film e Migliore Sceneggiatura Originale.

Ecco dieci cose da sapere su Il caso Spotlight.

Il caso Spotlight film

il caso spotlight

1. Un grande set per dare vita al Boston Globe. Durante un’intervista alla National Public Radio, dal nome di Fresh Air, il regista Tom McCarthy ha rivelato che era stato realizzato un set enorme per poter rappresentare molti degli uffici del Boston Globe, dove si svolgono le parti della storia. Molti dei giornalisti rappresentati nel film, una volta visto il set, si sono anche messi ad organizzare gli oggetti su quelle che erano le loro scrivanie.

2. Ha puntato una luce sul giornalismo d’inchiesta. Il vero Walter Robinson ha rivelato che l’avvento del web ha privato i giornali dei fondi necessari per effettuare il giornalismo d’inchiesta, con tanti posti di lavoro andati persi. Secondo lui “Gli editori, americani e in tutto il mondo, sono folli perché se chiedi ai lettori per quale motivo comprano i giornali, la risposta è il giornalismo d’inchiesta, eppure i quotidiani sono pronti a tagliare proprio in questo settore”.

3. Il come fonte di informazione. Nel 2016, Il caso Spotlight è stato presentato al National Center for Victims of Crime, ovvero al National Training Institute Conference, a Philadelphia. Il pubblico partecipante include avvocati delle vittime di abuso, forze dell’ordine, assistenti sociali e tutti i professionisti che operano con le vittime e che arrestano gli abusatori.

Il caso Spotlight streaming

4. Il film è disponibile in streaming. Chi desiderasse vedere o rivedere Il caso Spotlight, è possibile farlo grazie alle diverse piattaforme di streaming digitale legale. Infatti, il film è disponibile su Chili, Rakuten Tv, Google Play e iTunes.

Il caso Spotlight trailer

5. Il trailer e la voglia di scoperta. I trailer sono una delle parti più importanti della promozione di un film e, quando si tratta de Il caso Spotlight, il suo promo non può far altro che destare interesse e volontà di scoperta.

Tradimento. Il caso Spotlight

6. Il film si è ispirato ad un libro. Il caso Spotlight non è un film nato dal nulla, ma si è basato sul libro che, in italiano, è stato intitolato Tradimento. Il caso Spotlight. Questo libro è il racconto passo passo dell’indagine condotta dalla squadra del Boston Globe che si è dedicata all’inchiesta e alle vicende delle molestie clericali.

7. Il libro ha vinto il Pulitzer. Nel 2003, Tradimento. Il caso Spotlight ha vinto il prestigioso premio Pulitzer per il coraggio e l’audacia nel rivelare il più grande scandalo di pedofilia nella Chiesa cattolica, decretando un effetto che ha coinvolto molte diocesi e che è arrivato fin dentro le mura Vaticane. Ma non solo: questo libro è anche una dichiarazione d’amore per la professione giornalistica d’inchiesta.

Il caso Spotlight cast

il caso spotlight

8. Michael Keaton ha ricercato il vero Walter Robinson. Quando Michael Keaton accettò il ruolo, si mise a rintracciare colui che avrebbe dovuto impersonare, scoprendo che viveva nella sua stessa zona. Dopo aver ottenuto alcuni suoi video e audio, e dopo averlo incontrato dal vivo, Robinson era quasi spaventato dalle tante informazioni in possesso dell’attore.

9. Rachel McAdams e Mark Ruffalo non sono stati delle prime scelte. Per poter dare vita a personaggi come quelli di Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes si erano cercati degli attori che si avvicinassero ad essi anche fisicamente. Per questo, per il ruolo di Sacha erano state considerate Margot Robbie, Amy Adams e Michelle Williams, anche se poi è andato a Rachel McAdams, mentre per il ruolo di Michael erano stato considerato Matt Damon, prima che andasse a Mark Ruffalo.

10. Jimmy LeBlanc è stato vittima di abusi clericali. L’attore americano, in passato, ha vissuto gli abusi di cui il film tratta e, quando Tom McCarthy lo ha portato con sé per le prove con Mark Ruffalo, Michael Keaton e Stanley Tucci, era preoccupato di rivisitare questo passato violento e traumatico.

Fonti: IMDb, Bustle

Il caso Spotlight e The Danish Girl per Sala Bio

0
Il caso Spotlight e The Danish Girl per Sala Bio

Con l’avvicinarsi della cerimonia di premiazione degli Oscar 2016, la prossima settimana Sala Bio raddoppia e propone al pubblico milanese del Cinema Colosseo le attesissime anteprime in lingua originale e sottotitolate di due film che hanno fatto incetta di nomination.

Martedì 16 febbraio si comincia con IL CASO SPOTLIGHT, il film diretto da Tom McCarthy sulla storica inchiesta giornalistica del Boston Globe vincitrice del Premio Pulitzer che nel 2002 ha rivelato la copertura sistematica da parte della Chiesa Cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali.

Il film, interpretato da un cast d’eccezione in cui figurano, tra gli altri, Mark Ruffalo, Michael Keaton, Rachel McAdams e Stanley Tucci, è candidato a 6 premi OscarÒ, tra cui quelli come Miglior Film, Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura Originale. Il caso Spotlight sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 18 febbraio da Bim Distribuzione.

Mercoledì 17 febbraio invece sarà la volta dell’anteprima di THE DANISH GIRL, il nuovo film del regista premio Oscar Tom Hooper (Il Discorso del Re, Les Misérables) sulla commovente storia d’amore ispirata dalle vite degli artisti Einar e Gerda Wegener, il cui lavoro e matrimonio sono travolti dalla scelta di Einar di intraprendere la pionieristica scelta di diventare la prima transessuale al mondo, Lili Elbe.

Il film è candidato 4 premi Oscar, tra cui quello come Miglior Attore protagonista per Eddie Redmayne e quello come Miglior Attrice Protagonista per Alicia Vikander. The Danish Girl sarà distribuito nelle sale italiane a partire dal 18 febbraio da Universal Pictures.

Martedì 16 febbraio, ore 21.00

Il caso Spotlight

di Tom McCarthy

(USA / 2015 / 128’)

La storia del team di giornalisti investigativi del Boston Globe soprannominato Spotlight, che nel 2002 ha sconvolto la città con le sue rivelazioni sulla copertura sistematica da parte della Chiesa cattolica degli abusi sessuali commessi su minori da oltre 70 sacerdoti locali, in un’inchiesta premiata col premio Pulitzer. Quando il neodirettore Marty Baron arriva da Miami per dirigere il Globe nell’estate del 2001, per prima cosa incarica il team Spotlight di indagare sulla notizia di cronaca di un prete locale accusato di aver abusato sessualmente di decine di giovani parrocchiani nel corso di trent’anni. Consapevoli dei rischi cui vanno incontro mettendosi contro un’istituzione com la Chiesa cattolica a Boston, il caporedattore del team Spotlight, Walter “Robby” Robinson, i cronisti Sacha Pfeiffer e Michael Rezendes e lo specialista in ricerche informatiche Matt Carroll cominciano a indagare sul caso.

Uscita: 18 febbraio (Bim Distribuzione)

Mercoledì 17 febbraio, ore 21.00

THE DANISH GIRL

di Tom Hooper

(Regno Unito, Belgio, USA / 2015 / 119’)

Basato sul libro di David Ebershoof, The Danish Girl è la straordinaria storia d’amore ispirata alle vite di Lili Elbe e Gerda Wegener – interpretati dal premio Oscar Eddie Redmayne (La Teoria del Tutto) e Alicia Vikander (Ex Machina) – e diretto dal premio Oscar Tom Hooper. La carriera e la storia d’amore tra Lili e Gerda si evolve, mentre i due navigano nel rivoluzionario viaggio intrapreso da Lili per diventare pioniera dei transgender.

Uscita: 18 Febbraio (Universal Pictures)

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, recensione

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, recensione

Non c’è persona più o meno appassionata di sport a cui non sia familiare la storia di Marco Pantani, il “pirata” del ciclismo che cavalcava le curve tortuose dei circuiti (e della sua difficile vita privata) come un vero filibustiere. Specialista nella scalata – un bisogno fisico, dirà nella storica intervista con Gianni Mura, che poteva abbreviare la sua agonia interiore – Pantani guidò le prime pagine della cronaca sportiva italiana negli anni Novanta vincendo di tutto, affrontando gravi infortuni e riuscendo a compiere un’impresa condivisa con solo altri sette eletti: centrare la doppietta Giro d’Italia-Tour de France nel 1998.

Ma alla luce corrisponde sempre l’ombra, e nel rispetto delle migliori tradizioni archetipiche del viaggio dell’eroe, anche il pirata dovette affrontare l’ostacolo più difficile al culmine del successo: l’accusa di doping nel 1999, dalla quale scaturiranno l’incapacità di tornare ai livelli di una volta, il peso dell’opinione mediatica, le verità scomode, la depressione, l’abuso di droghe e, infine, la tragica morte nel 2004.

Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione, un titolo sistematico

Il titolo del film di Domenico Ciolfi (che arriva dopo la riduzione televisiva di Claudio Bonivento con Rolando Ravello nei panni del protagonista) è sistematico e mette subito in chiaro l’intenzione di leggere la scomparsa del ciclista come un assassinio impunito, e per farlo si serve delle prove scritte e delle testimonianze raccolte nel processo giudiziario come linee guida del racconto. Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione inizia infatti dallo sguardo di un avvocato (Francesco Pannofino) rivolto a pile di procure e materiale d’archivio e si allarga nel tempo a quello del Pantani uno e trino interpretato da tre diversi attori per tre momenti specifici della sua esistenza: Brenno Placido nei giorni precedenti allo scandalo; Marco Palvetti a Cesenatico, luogo metafisico di incontro con il vecchio e il nuovo sé; Fabrizio Rongione nelle ultime ore nella camera d’hotel a Rimini.

Nel mezzo ci sono i volti più o meno a fuoco che hanno avuto un ruolo determinante o marginale nella discesa verso l’abisso, sullo schermo restituita con costante disagio e toni noir, proprio per appurare la tesi di un mistero mai realmente risolto, di un mito a cui mancano pagine fondamentali e di un’icona che abbiamo imparato a conoscere grazie al punto di vista di abili, e spesso disonesti, sciacalli scribacchini. Come nello splendido I, Tonya di Craig Gillespie, anche qui è facile avvertire il fascino che certi personaggi sportivi esercitano nell’immaginario pubblico, specie se negativi o contrari al significato più universale del termine “eroe”; i media e il ciclismo avevano bisogno di Pantani, Pantani aveva bisogno di un palcoscenico su cui esistere e competere. Un rapporto di reciproca necessità, insomma. Ma cosa succede quando una delle due parti si ribella alla tossicità della relazione?

Il Caso Pantani - L’omicidio di un campione recensioneUn Marco difficile, impossibile da raggiungere

Tuttavia in Il Caso Pantani – L’omicidio di un campione prevale la volontà di mettere ordine alla logica degli eventi, e in questa ricerca maniacale del dettaglio (scandita da didascalie con giorno e ora) ci si dimentica a volte del fattore umano e dell’imprevedibilità che rende fallibile anche il più vincente dei campioni. Si ha quindi la sensazione che i tre Pantani del film siano simulacri di una storia piuttosto che persone reali, e i documenti d’archivio inseriti da Ciolfi non fanno che ricordarci quanto fosse già cinematografico, eterno e terribilmente umano il Marco delle interviste, delle scalate e delle ricadute. Forse davvero impossibile da raggiungere, allora come adesso.

Il caso Minamata: trama, cast e la vera storia dietro al film con Johnny Depp

Ci sono uomini al mondo che, pur senza indossare maschere o disporre di superpoteri, riescono a compiere gesta capaci di avere una risonanza tale da poter salvare numerose vite umane. Si tratta di persone da sempre impegnate a combattere contro le ingiustizie e continuamente attente a smascherare il male perpetrato da altri. Uno di questi uomini è stato William Eugene Smith, fotografo documentarista la cui vita è raccontata nel film Il caso Minamata, diretto da Andrew Levitas, il quale si concentra sui suoi reportage fotografici realizzati nella città giapponese di Minamata, i quali hanno svelato al mondo gli effetti di una malattia letale.

Il film, basato sull’omonimo libro scritto dallo stesso Smith in collaborazione con Aileen Mioko Smith, ripercorre le vicende che hanno portato alla scoperta della malattia di Minamata. Si tratta di una sindrome neurologica causata da intossicazione acuta da mercurio, i cui sintomi includono atassia, parestesie e numerosi altri danni all’audio, alla vista e alle articolazioni. Presentato in anteprima al Festival di Berlino, il film è stato accolto in modo molto positivo dalla critica, che ne ha elogiato l’intensità drammatica e la fedeltà agli eventi reali.

Più volte rimandato a causa della pandemia di Covid-19, Il caso Minamata potrà essere finalmente visto anche in Italia, dimostrando una volta di più la capacità del cinema di ricordare eventi terribili nella speranza che non si verifichino più. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alla vera storia dietro il film. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il titolo nel proprio catalogo.

Il caso Minamata: la trama del film

La vicenda si apre a New York, nel 1971. Il celebre fotoreporter William Eugene Smith è ormai l’ombra di sé stesso. Alcolizzato, in polemica con il mondo dell’informazione e senza più alcun rapporto con i figli vive in solitudine e si rifiuta di lavorare. Il direttore della rivista Life Robert Hayes gli offre di recarsi nella città costiera giapponese di Minamata, devastata dall’avvelenamento da mercurio, risultato di decenni di inquinamento industriale da parte della Chisso Corporation. A pregarlo di recarsi lì, vi è anche la traduttrice giapponese Aileen, la quale desidera che il mondo sappia cosa sta accadendo.

Arrivato dunque sul luogo, Smith entra in contatto con la comunità di pescatori del villaggio e, armato della sua macchina fotografica, documenta i loro sforzi per convivere con la grave malattia, chiamata proprio “malattia di Minamata” e la loro appassionata campagna per ottenere un risarcimento da parte della Chisso, importante azienda chimica giapponese, e dal governo del Paese. Le immagini di Smith dal villaggio avvelenato danno al disastro una dimensione umana straziante e il suo incarico iniziale si trasforma in un’esperienza gli cambierà la vita.

Il caso Minamata: il cast del film

Ad interpretare il fotografo William Eugene Smith vi è il celebre attore Johnny Depp, il quale si è detto da subito attratto dalla parte, considerando Smith un vero eroe. Il suo coinvolgimento nel progetto è stato tale che ha deciso di ricoprire anche il ruolo di produttore. La sua intensa interpretazione è poi stata particolarmente lodata e indicata come una delle migliori della sua carriera. Accanto a lui, nel ruolo di Robert Hayes vi è l’attore Bill Nighy, mentre Aileen è interpretata dall’attrice giapponese Minami, qui al suo primo ruolo internazionale. Completano il cast Hiroyuki Sanada nel ruolo di Mitsuo Yamazaki, Jun Kunimura in quelli di Junichi Nojima e Katherine Jenkins nei panni di Millie.

Il caso Minamata storia vera

Il caso Minamata: la vera storia dietro il film

Come anticipato, quella di Il caso Minamata è una drammatica storia vera che ha per protagonista il fotoreporter William Eugene Smith. Egli, con la sua attività di fotografo fu determinante nello svelare al mondo la malattia di Minamata, la quale era stata già identificata per la prima volta nel 1956. Questa era il risultato dell’inquinamento da mercurio inorganico delle acque perpetrato da una fabbrica chimica di proprietà della Chisso Corporation. Man mano che le persone e gli animali consumavano pesci, crostacei e vegetali bagnati dalle acque, iniziarono a soffrire di avvelenamento da mercurio.

La Chisso Corporation inquinava in realtà tali acque già dal 1932 e continuò a farlo fino al 1968, quando il governo riconobbe la malattia di Minamata quale causa di avvelenamento. Naturalmente la Chisso era consapevole del fatto che i propri rifiuti stavano inquinando il territorio, causando evidenti problemi. È a questo punto che entra in gioco Smith, chiamato a documentare quanto stava accadendo nella città giapponese. Agli inizi degli anni Settanta, Smith era un uomo ormai preda dell’alcol e dell’autocommiserazione, ma la sua compagnia Aileen Mioko lo spinse ad accettare l’incarico.

Il compito di Smith fu però in più occasioni ostacolato, con la Chisso che commissionò anche alcuni attacchi fisici nei suoi confronti affinché la smettesse di documentare il tutto. Il fotografo però non si fece intimorire e continuò a scattare fotografie dei malati e dei luoghi dove questi vivevano. Una volta pubblicati, i suoi scatti contribuirono a portare l’attenzione globale su ciò che stava avvenendo, aiutando anche i locali a vincere le loro cause contro la Chisso. Le pulizie della zona iniziarono poi nel 1977, ma le acque non furono considerate salve sino al 1997. Ad oggi, oltre 2.265 hanno contratto la malattia, e 1.784 di queste sono decedute.

Il caso Minamata: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

Il caso Minamata si potrà vedere in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, mentre sarà possibile vederlo anche in streaming su NOW e on demand. Grazie alla sezione Extra i clienti Sky da più di tre anni e con Sky Cinema, potranno vedere il film prima di tutti on demand nella suddetta sezione.

Fonte: IMDb, HistoryvsHollywood

Il caso Minamata: in prima tv su Sky il film con Johnny Depp

0
Il caso Minamata: in prima tv su Sky il film con Johnny Depp

Johnny Depp è il protagonista de Il caso Minamata in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, in streaming su NOW e disponibile on demand. Diretto da Andrew Levitas, il film racconta la storia vera del fotoreporter Eugene Smith che all’inizio degli anni 70 riuscì a documentare le conseguenze dell’avvelenamento da mercurio nel villaggio giapponese di Minamata, con uno dei reportage più riusciti della sua carriera e più famosi della storia del giornalismo. Nel cast, accanto a Johnny Depp, Hiroyuki Sanada, Jun Kunimura, Minami, Ryo Kase,Tadanobu Asano, Akiko Iwase e Bill Nighy.  

Il caso Minamata: quando esce e dove vederlo in streaming

Il caso Minamata in prima tv su Sky Cinema Uno venerdì 17 settembre alle 21.15, in streaming su NOW e disponibile on demand. E grazie a extra i clienti Sky da più di tre anni e con Sky Cinema, lo vedranno prima di tutti on demand nella sezione extra.

Il caso Minamata in prima tv su NOW e anche on demand su Sky. Iscriviti a soli 3 euro per il primo mese e guarda il film e molto altro.

Il caso Minamata streamingIl caso Minamata, la trama

Il caso Minamata – New York, 1971. Il celebre fotoreporter W. Eugene Smith (Johnny Depp) è ormai l’ombra di se stesso. Alcolizzato, in polemica con il mondo dell’informazione e senza più alcun rapporto con i figli vive in solitudine e rifiuta di lavorare. Ma un incarico da parte del direttore della rivista Life Robert Hayes (Bill Nighy) lo porta nella città costiera giapponese di Minamata, devastata dall’avvelenamento da mercurio, risultato di decenni di inquinamento industriale da parte della Chisso Corporation, un’importante azienda chimica giapponese.  Lì Smith entra in contatto con la comunità di pescatori del villaggio e, armato della sua macchina fotografica, documenta i loro sforzi per convivere con la grave malattia causata dall’avvelenamento da mercurio, chiamata proprio “malattia di Minamata”, e la loro appassionata campagna per ottenere un risarcimento da parte della Chisso e dal governo giapponese. Le immagini di Smith dal villaggio avvelenato danno al disastro una dimensione umana straziante e il suo incarico iniziale si trasforma in un’esperienza gli cambierà la vita.

Il caso Mattei: recensione del film con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei Anno: 1972 Regia: Francesco Rosi Cast: Gian Maria Volontè

Dalla morte di Enrico Mattei, precipitato con il suo aereo nella campagna di Bascapè (Pavia) durante il ritorno da un viaggio in Sicilia, in circostanze ad oggi ancora non chiare, inizia la rievocazione del periodo da lui trascorso alla guida dell’Agip e dell’Eni. Nominato nel 1945 commissario straordinario dell’Agip, con il difficile compito di liquidarla, svenderla a privati o a grandi compagnie, l’ingegner Mattei riesce abilmente a mantenere la società in vita e, addirittura, a potenziarla e renderla più efficiente, evitando in questo modo la vendita. Nel biennio 1946-1948 nasce la rete dell’Agip, e si hanno le prime scoperte di petrolio e metano in diverse parti d’Italia.

Mattei, spregiudicato ma geniale, cerca di dimostrare che può esistere un’efficiente industria italiana degli idrocarburi e, a tale scopo, s’ingegna per offrire ai paesi arabi ed africani produttori di greggio condizioni di sfruttamento delle loro risorse più vantaggiose di quelle proposte dai rappresentanti dei trust anglo-americani del petrolio. Inimicandoseli mortalmente.

Dal connubio Francesco Rosi-GianMaria Volonté non poteva che nascere un grande film dal sapore storico-documentaristico su uno dei tanti misteri della Repubblica italiana. Non a caso, il film vinse la Palma d’oro a Cannes ex aequo con La classe operaia va in paradiso, sempre con Volonté (regia di Elio Petri).

Questa pellicola traspone la biografia di Enrico Mattei che fino in fondo difese l’Eni dai settori deviati dello Stato e dalle speculazioni dei privati, pagando però questo suo fare coscienzioso con la vita.

Partendo proprio dalla morte di Mattei, Rosi ricostruisce il modo in cui si è giunti a quel tragico epilogo, incentrando tutto il lungometraggio sulla figura dell’ingegnere senza emettere giudizi di valore sull’Italia, senza alcun tentativo di innalzarlo ad eroe, o emettendo alcuna condanna storica di parte. La figura di Mattei viene presentata esaltandone proprio il lato umano, la semplicità, la solitudine, il suo essere un Davide al cospetto dei Golia rappresentati dalle istituzioni italiane. D’altronde, con questo taglio obiettivo e genuflesso alle esigenze della cronaca, Rosi ha raccontato molti eventi nefasti del nostro Paese.

La sceneggiatura si attiene bene ai fatti, anche le varie ambientazioni – in giro per l’Italia e nel Mondo – proprio come gli spostamenti che effettuò Mattei, rispecchiano fedelmente lo stato d’animo di Enrico.

Quanto a Volonté, Il caso Mattei è solo uno dei tanti film d’impegno politico e sociale che l’attore ha interpretato. Magistralmente aggiungiamo. Il fatto che intorno a Volonté non appaiono altri attori noti o vicini al suo carisma, ne esalta ancora di più le sue doti istrioniche, la sua abilità mimica, anche quando i personaggi che interpreta sono miti in sordina.

Il caso Mattei di Francesco Rosi con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei di Francesco Rosi con Gian Maria Volontè

Il caso Mattei è il film cult del 1972 diretto da Francesco Rosi e con protagonisti nel cast Gian Maria Volontè, Peter Baldwin, Luigi Squarzina, Edda Ferronao, Franco Graziosi.

In Il caso Mattei nella notte del 27 ottobre 1962 un piccolo aereo privato precipita nelle campagne del pavese, presso la piccola località contadina di Bascapè. A bordo di quell’aereo oltre al pilota ed aun giornalista americano, c’era Enrico Mattei, presidente dell’Eni, l’uomo, in quel momento, più potente d’Italia. Da subito le cause dell’incidente non appaiono chiare, le testimonianze oculari raccolte dagli inquirenti e dai giornalisti giunti sul luogo, portano subito a credere all’ipotesi di un attentato. Perché qualcuno avrebbe voluto la morte di Mattei? E soprattutto chi??? Da questi interrogativi parte un viaggio a ritroso volto a disegnare un ritratto del presidente dell’Eni e al contempo a capire e trovare le possibili cause di una morte tanto misteriosa.

Il caso Mattei, il film

Il caso Mattei è un film di Francesco Rosi (Cadaveri eccellenti)uscito nelle sale nel 1972, esattamente dieci anni dopo la morte del presidente dell’Eni. Un film che prende come riferimento il libro di Fulvio Bellini e Alessandro Previdi L’assassinio di Enrico Mattei, riadattato da un’ottima squadra di sceneggiatori tra cui lo stesso Rosi e Tonino Guerra.

Un film complesso Il caso Mattei, sia nella sua struttura narrativa che nei suoi contenuti, che si pone come obbiettivo di raccontare e illustrare, nel modo più compiuto possibile, la figura di un uomo unico e a suo modo straordinario che incontrò una morte prematura quanto carica di mistero. Un film che incastra fiction a interviste reali, immagini d’archivio a sequenze nelle quali lo stesso Rosi interpreta se stesso; un film che tenta un coraggioso quanto innovativo intreccio tra finzione e realtà, dove è difficile scorgere il confine tra i vari piani narrativi. Ne risulta un film estremamente dinamico e originale che coinvolge e trascina ma che, soprattutto, ci permette di comprendere in modo esaustivo le varie sfaccettature di un uomo su cui e attorno a cui ruota tutta la storia. Per un ruolo tanto complesso e delicato, per un compito tanto impegnativo, non si poteva che optare per la scelta più ovvia, per l’unico attore dell’epoca in grado di rispondere a pieno a tutto ciò: Gian Maria Volontè.

Attore simbolo del cinema politico e di denuncia degli anni ’70, Gian Maria Volontè non delude avvalendosi, per altro, di un’incredibile somiglianza fisica con il “vero” Mattei. Un’interpretazione al solito intensa, passionale e profonda che sviscera in ogni suo aspetto una personalità non semplice e mutevole. Gian Maria Volontè ci offre un Mattei forte, risoluto e orgoglioso ma al quale non mancano momenti di debolezza e, perché no, paura, un Mattei energico e straordinario uomo d’affari ma anche fragile e umano. Francesco Rosi non vuole nascondere le ombre che accompagnarono questo personaggio per buona parte della sua vita: gli ambigui intrecci con la politica o la gestione personale di denaro pubblico. Ma, in sostanza, il film sottolinea la forza e la caparbietà di questo vulcanico e geniale uomo d’affari che osò sfidare le grandi oligarchie del petrolio mondiale. Fare dell’Italia un paese forte, indipendente e non più prono ad un servile vassallaggio verso il monolite americano, un’ Italia capace di trattare da sé con i paesi produttori di petrolio per poter crescere, con le proprie forze, al punto di poter sfidare i giganti statunitensi.

Un uomo pronto a tutto pur di raggiungere i suoi obbiettivi che però avevano poco di personale o privato; la vera ambizione, il vero sogno, era di fare del suo paese una grande potenza, perché Mattei nell’Italia credeva. Il caso Mattei è un film appassionante, mai melenso o retorico, cronicistico ed essenziale come il grande cinema d’inchiesta degli anni ’70 sapeva essere. Un film a cui è legato un misterioso fatto di cronaca nera: il sequestro e la scomparsa di Mauro De Mauro, giornalista de L’Ora, incaricato da Rosi di ricostruire gli ultimi due giorni, in Sicilia, del presidente Eni. Di De Mauro non si saprà mai più nulla.

Il Caso Kerenes di Călin Peter Netzer – recensione

0
Il Caso Kerenes di Călin Peter Netzer – recensione

Cornelia (Luminita Gheorghiu), ricca esponente dell’alta società rumena, abituata a vedere esaudito (o acquistato) ogni suo desiderio, ha un grosso cruccio: il comportamento del figlio Barbu (Bogdan Dumitrache) nei suoi confronti. Il piccolino di famiglia, che ha circa trent’anni, con modi bruschi e male parole cerca infatti da tempo di fuggire dalla bolla d’influenza materna, con scarsi risultati da parte sua e molta delusione da parte dell’ingombrante genitrice. L’occasione per il riavvicinamento, però, che Cornelia attende come un ragno sulla tela, arriva, incarnandosi inaspettatamente in una tragedia, l’omicidio colposo che commette Barbu investendo un ragazzino di condizioni modeste con il suo fuoristrada.il caso kerenes

Senza nemmeno preoccuparsi delle condizioni psicologiche del figlio, la donna entra in azione, piegandosi ad ogni bassezza e intrallazzo pur di scagionare il suo unico pargolo dall’accusa di omicidio colposo. I suoi tentativi di corruzione, però, lungi dal conquistare la stima e l’affetto filiale, portano Barbu a disprezzare ancora di più la madre, interessata solo in apparenza a fare il suo bene.

Nel più ampio contesto della critica alla borghesia rumena, persa tra feste, mazzette e scambi di favori, il regista mette così a fuoco un forte centro emotivo: il conflitto tra un figlio che cerca di liberarsi dal morboso attaccamento genitoriale e una madre che, ossessionata dal benessere di quel figlio, lo castra fino a non consentirgli una vita serena.

Il Caso Kerenes , in questo senso, è un film claustrofobico: toglie il fiato nella sua apparente semplicità e porta alla luce un tipo di amore materno malato, teso a mantenere un figlio adulto nella Child’s Pose, cioè nella posizione di dipendenza totale del bambino nel ventre materno, del titolo originale. Cornelia vuole essere madre e compagna, figura cardine e artefice unica di ogni felicità ed esperienza di vita del proprio cucciolo.

La coraggiosa scelta del soggetto, però, riesce a trasformarsi in una grande opera cinematografica solo grazie all’eccezionale regia di Netzer, che trasmette allo spettatore quel senso d’impotenza, ribellione sedata e amore misto ad odio di un figlio vigliacco, e all’ottima interpretazione di Gheorghiu e Dumitrache, veri catalizzatori della vicenda.

Le inquadrature vicine, i movimenti di macchina sporchi, la fotografia livida e la pertinenza dei dialoghi, così precisi e capaci di trasmettere un indefinito senso di disagio da sembrare più autentici del reale, esasperano lo spettatore dando forza al sentimento preminente, quello del rapporto madre-figlio.

Giustamente vincitore dell’Orso d’Oro a Berlino, Il Caso Kerenes uscirà nelle sale italiane il 13 giugno. Un pugno nello stomaco caldamente consigliato.

Il caso Josette: recensione della commedia di Fred Cavayé

Il caso Josette: recensione della commedia di Fred Cavayé

«Così comincia la nostra storia: un omicidio, poi un arresto e, poco dopo, un processo. Processo che nel 1644 ha quasi diviso la Francia in due». È con queste parole che il narratore dà inizio al buffo e irriverente racconto che vede protagonisti lo sfortunato avvocato Maitre Pompignac e il suo imbranato nipote Jean alle prese con un caso a dir poco incredibile. Il loro cliente? Una povera e (forse) innocente capra accusata di un tragico omicidio.

Il celebre regista francese Fred Cavayé (tanto noto quanto chiacchierato in patria per film come Radin! e Le Jeu) fa ritorno nelle sale italiane con Il caso Josette (titolo originale Les chevres!), una nuova commedia fresca, folle e divertente, che sostiene essere ispirata a fatti realmente accaduti… “o quasi”. Coprodotto da Jerico Films e Pathé Films, con la partecipazione di Netflix, Il caso Josette sarà disponibile al cinema dal 24 aprile.

Il caso Josette Trama

L’avvocato Maître Pompignac (interpretato dall’iconico Dany Boon, noto per film come Giù al nord, Supercondriaco, Ti ripresento i tuoi) non ha mai ottenuto una vittoria in tribunale e tutti i suoi clienti sono stati condannati a morte. Giunto ormai alla resa, dopo una carriera costellata di fallimenti, un giorno incontra una giovane e bella pastora (l’attrice Claire Chust), che, disperata, gli chiede di difendere Josette, un’undicenne ingiustamente accusata di aver ucciso un nobile maresciallo francese, Grégoire Hubert de Colombe.

Il caso Josette – In foto la capra Josette.

Presumendo che Josette fosse una ragazzina, Pompignac accetta il caso, vedendo in esso la grande opportunità di vincere contro l’accusa e di assicurare un futuro migliore alla sua famiglia. Con il sostegno del nipote Jean (Alexandre Desrousseaux), aspirante avvocato, Pompignac affronta con sicurezza e entusiasmo il caso, finché non si rende conto che Josette, in realtà, non è che una semplice capra.

Ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro: Pompignac si ritrova così invischiato in questo bizzarro e ridicolo caso contro il suo acerrimo nemico, il rinomato e odioso Maître Valvert (interpretato da Jérôme Commandeur), famoso in tutta Parigi per non aver mai perso neppure una causa.

Chi è più spietato di una capra?

Con una particolare attenzione all’ambientazione e ai costumi dell’epoca – e con l’aggiunta di nauseanti dettagli che frequentemente rimandano alla scarsa igiene del tempo –, Cavayé trasporta il pubblico in una bizzarra e caotica Francia del XVII secolo. Qui, sotto il regno di un dispettoso e petulante Luigi XIV e la guida dal potente cardinale Mazzarino, si sviluppa la curiosa avventura di Pompignac. Un’avventura che, tra esagerazioni, assurdità e altrettanta banalità, esplora la stupidità e l’inettitudine dell’epoca, spesso sorprendentemente simili a quelle contemporanee.

Il caso Josette – In foto (da sinistra a destra) gli attori Jérôme Commandeur e Dany Boom.

Al di là delle accese diatribe tra parigini e “savoiardi”, nobili e popolani, Pompignac e Valvert, Il caso Josette mette in scena, con un tocco teatrale e caricaturale, alcuni aspetti critici della società moderna, come la lentezza e l’ipocrisia della giustizia, il controverso potere dell’effetto mediatico e la malsana influenza dell’opinione pubblica. Il Popolo di Cavayé non è interessato tanto alla verità quanto piuttosto è rappresentato come uno spettatore avido di disastri altrui, mosso dal semplice desiderio di identificare un colpevole e una vittima. Questo ritratto non solleva interrogativi solo sulla Francia secentesca, ma riflette anche in maniera attuale sul comportamento delle persone, per esempio, sui social media, dove la ricerca della verità spesso cede il passo al bisogno di trovare un capro espiatorio o una figura da idolatrare.

Ridere della stupidità umana, passata e presente

La “commedia dell’assurdo” di Cavayé ha suscitato reazioni contrastanti nel pubblico e nella critica francese: da un lato, c’è chi l’ha trovata sfrontata, ironica, creativa e iperbolica, una satira efficace sulla società passata e presente; dall’altro, chi l’ha giudicata grottesca, prevedibile, ricca di cliché e momenti demenziali.

In realtà, Il caso Josette è tutto questo assieme e, che la si ami o si odii, resta un prodotto cinematografico che diverte e intrattiene egregiamente. Infine, pur non distinguendosi per la sua raffinatezza o originalità, il film gioca abilmente tra realtà e finzione, invitando sottilmente il pubblico a riflettere sulle assurdità, le contraddizioni e le idiosincrasie della vita moderna, non solo francese.

Il caso Alex Schwazer, la recensione della docuserie su Netflix

Il caso Alex Schwazer, la recensione della docuserie su Netflix

Ci sono storie piene di ferite, sudore, lacrime amare e sangue. Storie di persone con dei sogni, il cui futuro sembra fiorente, prima di diventare un incubo dentro al quale si rischia di soffocare. E quando si è lì, in quel tunnel buio in cui neppure un lembo di luce si intravede, si desidera solo chiudere gli occhi e sperare che tutto finisca al più presto. Fin quando qualcuno, con una forza indescrivibile, ti afferra e ti riporta in superficie dove puoi, finalmente, respirare.

Questo è quello che accade in Il caso Alex Schwazer, nuova docu-serie Netflix che sembra ricordare molto, all’inizio, il film Whiplash di Damien Chazelle. Perché il racconto costruito da Massimo Cappello, sotto un attenta scrittura di Marzia Maniscalco, è pieno di sacrifici, lotte e dolori, tutti incanalati per poter raggiungere un obiettivo: vivere della propria passione e forse, in alcuni casi, diventare la propria passione. Il più delle volte, come succede nella finzione ad Andrew e nella realtà ad Alex Schwazer, il voler essere nel firmamento dei grandi nomi, il voler diventare immortale, può spingerti oltre quel limite consentito che, alla fine, ti farà o precipitare o bruciare per sempre.

Nel caso del marciatore italiano, l’ambizione mista alla depressione che lo portò a farsi un’iniezione di eritropoietina nel 2012, fu solo l’inizio di un percorso tortuoso in cui, l’iniziale – eccessiva – fama di gloria del campione olimpico, fu sostituita da un complotto (purtroppo mai ammesso) ai suoi danni per opera di organi sportivi.

Il caso Alex Schwazer, la trama

È il 2012 quando su tutti i notiziari arriva, in diretta da Bolzano, una dichiarazione dell’atleta Alex Schwazer, in cui afferma di essersi volontariamente dopato. Una confessione che lo porta alla squalifica per ben quattro anni e che, nel frattempo, lo fa arrivare alla casa di Sandro Donati, allenatore nonché personaggio attivo nella lotta contro il doping. Dopo un periodo di dolori e depressione, Schwazer si rimette in sesto, pronto ad allenarsi più e meglio di prima, in vista delle Olimpiadi di Rio che si terranno quattro anni dopo.

Ma il 1 gennaio del 2016, un controllo (ambiguo) antidoping lo sorprende a casa e qualche mese dopo, poco prima dell’iscrizione alle gare, risulterà nuovamente positivo. Fermo nella sua innocenza, il campione medaglia d’oro delle Olimpiadi di Pechino del 2008, inizierà una battaglia con Donati, in un’indagine che colpirà sia la WADA che la Federazione internazionale di atletica leggera. Squalificato comunque fino al 2024, nel 2021 il giudice Pelino lo dichiara innocente, confermando una manomissione nelle sue urine al fine di farlo risultare dopato. Le Federazioni sportive, però, non hanno mai smesso di ritenerlo colpevole.

Un racconto che funziona

Quello che è accaduto ad Alex Schwazer è una storia che ben si adatta al linguaggio seriale, coerente con le offerte del colosso streaming e sapientemente inserita in un catalogo folto di prodotti documentaristici dalla grande fascinazione. Il caso Alex Schwazer non è da meno, in quanto presenta una struttura che oscilla fra il legal drama e il thriller. Un giallo, quello che ha avvolto il campione altoatesino, su cui si è voluto investire al fine di gettare una nuova luce su quello che è avvenuto nel 2016 e che, ad oggi, non ha trovato nessun colpevole.

In un’attenta operazione a incastro, Massimo Cappello inizia a modellare un racconto che segue due principali filoni narrativi: la storia di Schwazer e del suo periodo d’oro, a cui è seguita la caduta nel baratro, e la storia antidoping, nella quale è andata inserendosi l’indagine compiuta sulla WADA (Agenzia mondiale antidoping) e la Federazione internazionale di atletica leggera. La bellezza della docuserie, la cui attenzione proprio per questo mai oscilla, è che nonostante il suo pattern didascalico, riesce a formulare un racconto dinamico e coinvolgente, pieno di plot twist, dando quasi l’impressione di assistere a una fiction.

Seppur la storia del marciatore abbia intasato letteralmente i notiziari nostrani per anni e anni, non si può non rimanere esterrefatti per alcune scoperte inedite che si raccolgono lungo le quattro puntate, a volte ritrovandosi ad essere parte attiva della stessa narrazione. Merito di una mirata scrittura di Maniscalco, supportata da una dosata ma accattivante regia di Cappello, con un’esposizione degli eventi volta a entusiasmare il pubblico che si sente chiamato a investigare simultaneamente.

Un viaggio di dolore e rinascita

Oltre alle scioccanti rivelazioni emerse nelle quasi quattro ore di fruizione, in cui vengono distribuite interviste, stralci televisivi e ricostruzioni con alcuni brevi momenti recitativi, è dato un importante rilievo al percorso personale e psicologico affrontato da Alex Schwazer, che innesta un ponte empatico ed emotivo fra lui e il pubblico. Il caso Alex Schwazer si apre proprio con un suo piano medio, in cui l’atleta è posto di fronte alla macchina da presa, come a voler instaurare subito un contatto con lo spettatore, in una conversazione – o meglio confessione – fra lui e l’altra persona, ossia noi.

Parole a cuore aperto, che fluiscono spontanee e si incidono nelle sequenze delle Olimpiadi, dei duri allenamenti, negli attimi di sconforto e in quelli in cui il campione si è sentito talmente perso da voler porre fine alla sua vita. Sono racconti duri, cicatrici che nei suoi occhi sempre lucidi non sembrano poi così rimarginate ma anzi danno l’impressione di sanguinare ancora. Quello a cui si assiste è un viaggio dentro i suoi tumulti interiori, in cui per tutti questi anni (giustamente) si è solo potuta vedere la punta dell’iceberg, senza pensare alla restante massiccia roccia di ghiaccio tesa verso un profondo abisso pieno di mostri, a cui nessuno aveva mai avuto accesso fin’ora. Ma quello di Schwazer è anche un viaggio di crescita personale, di consapevolezze e di rinascita, un po’ come quello tipico dell’eroe descritto da Christopher Vogler.

In questo caso un affrontare due antagonisti: se stessi in primis e poi le istituzioni sportive, la vera condanna dell’atleta. Istituzioni che imponevano un’etica e delle regole, ma che poi si scoprivano i primi a non rispettarle. Un campione, Alex Schwazer, ma prima di tutto un uomo nelle mani di persone sbagliate che, arrivato a bussare alla porta del suo angelo nonché allenatore Sandro Donati, è riuscito a riemergere da quelle acque sporche che lo avevano inghiottito, seppur ancora oggi pesi su di lui una squalifica, nonostante la conferma che nel 2016 non si sia dopato di nuovo, ma anzi sia stato incastrato. Un leone lui, come dirà il suo avvocato Gerhard Brandstaetter, a cui è stato impedito di ruggire ma che, come ricorda, anche da morto sarebbe rimasto tale. Gli sciacalli, invece, rimangono sciacalli.

Il caso Alex Schwazer è un’ulteriore prova su schermo di quanto accaduto anni fa a uno degli atleti migliori che l’Italia possa vantare. Un riscatto personale di un grande marciatore, al quale è stata data l’opportunità di rilasciare una sua personalissima e intima testimonianza, trasformatasi anche in una lettera d’amore a se stesso e allo sport, nonostante tutto. Ma anche un’indagine dettagliata, decisa e puntuale, sciorinata da Cappello insieme al comparto tecnico, che la enfatizza con un preciso montaggio e una buona colonna sonora. Una dimostrazione, poi, di quanto possano esserci a volte perfino comportamenti mafiosi dietro le istituzioni sportive. Di quanto la competizione spesso non sia pulita e, se sei troppo bravo, farti fuori è l’unica missione che conta. Il regista porta a casa un lavoro complesso ma compiuto, intricato ma narrativamente fluido, e nonostante la difficoltà nell’assamble, derivante dal ricco e pesante materiale a disposizione, non c’è proprio nessuna sbavatura.

Il Cartoon WWF con le voci di Luca Argentero e Gabriella Pession dal 23 Novembre in Dvd!

0

Dal sovraffollato “paradiso degli animali estinti”, una task-force guidata da un impacciato Dodo che porta la voce di Luca Argentero, scende sulla terra per salvare gli animali a rischio, ma non solo… – Uscito il 23 novembre  in dvd “Il paradiso può attendere”, il divertente cartoon sull’importanza di tutelare la natura, realizzato da WWF e Moviemax Media Group*

Il cardellino: tutto quello che c’è da sapere sul film

Il cardellino: tutto quello che c’è da sapere sul film

Pubblicato nel 2013, il romanzo Il cardellino è il terzo libro scritto da Donna Tartt, che grazie a questo suo nuovo lavoro ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa. Si tratta di un’opera che ha fatto molto parlare di sé, ottenendo da un lato pareri entusiasti e dall’altro alcune delle più severe stroncature degli ultimi decenni. Un simile caso letterario non poteva non ottenere la sua trasposizione cinematografica, che è poi arrivata nel 2019 per la regia di John Crowley, regista noto anche per i film Brooklyn e Boy A. Proprio come il romanzo, anche il film ha diviso l’opinione pubblica.

Vi è infatti chi lo ha particolarmente apprezzato e lo ritiene un lungometraggio particolarmente denso ed epico, considerando anche i suoi 150 minuti di durata, mentre numerosi sono stati anche i detrattori. In particolare, la critica ha evidenziato i difetti narrativi di questa trasposizione. Il cardellino è inoltre diventato uno dei più clamorosi insuccessi del suo anno al box office. A fronte di un budget di circa 50 milioni, il film è arrivato ad incassarne appena 10 in tutto il mondo, facendo dunque perdere una considerevole somma alla Warner Bros., lo studio di produzione occupatosi del progetto.

Per chi ha amato il romanzo, nonostante le tante differenze presenti tra le due opere, il film è comunque un titolo da riscoprire, anche solo per il cast di star che conferiscono ulteriore valore al tutto. Prima di intraprendere una visione del film, però, sarà certamente utile approfondire alcune delle principali curiosità relative a questo. Proseguendo qui nella lettura sarà infatti possibile ritrovare ulteriori dettagli relativi alla trama, al cast di attori e alle differenze con il libro. Infine, si elencheranno anche le principali piattaforme streaming contenenti il film nel proprio catalogo.

Il cardellino: la trama e il cast del film

Protagonista del film è Theodore “Theo” Decker, che all’età di 13 anni perde sua madre, uccisa nello scoppio di una bomba al Metropolitan Museum of Art. Rimasto da solo, Theo viene affidato alla famiglia del suo amico Andy Barbour. Mentre cresce e si affeziona alla signora Samantha Barbour, adattandosi alla sua nuova vita, Theo custodisce gelosamente “Il cardellino“, il dipinto di Carel Fabritius a cui sua madre era molto affezionata e che lui ha rubato nel museo dopo l’attentato. Ben presto, però, la sua vita verrà sconvolta di nuovo, costringendolo a spostarsi continuamente, vivendo esperienze inaspettate e incontrando personaggi più o meno raccomandabili. Nel corso di tutto ciò, Theo dovrà inoltre accettare il doloroso lutto subito.

Come anticipato, il cast è composto da attori particolarmente noti. Il protagonista Theo è interpretato da Ansel Elgort, mentre i coniugi Barbour sono interpretati da Boyd Gaines e Nicole Kidman. Jeffrey Wright è Hobbie, proprietario di un negozio di antiquariato amico di Theo, mentre Luke Wilson interpreta Larry Decker, vero padre del protagonista. Completano il cast gli attori Sarah Paulson nei panni di Xandra, Willa Fitzgerald in quelli di Kitsey e Finn Wolfhard in quelli del giovane Boris, amico di Theo. L’attore, noto per la serie Stranger Things, ottenne il ruolo dopo aver dimostrato di poter recitare con un convincente accento russo. Aneurin Barnard interpreta invece Theo da adulto.

Il cardellino libro

Il cardellino: le differenze tra il libro e il film

Adattare un romanzo di 784 è stata un impresa estremamente complicata, specialmente considerando la costruzione non lineare del racconto. Ciò ha portato a dover apportare molti tagli e modifiche, mantenendo comunque lo spirito e le parti essenziali. Innanzittuto, relativamente alla madre del protagonista e alla sua morte, la principale differenza tra la versione del film e la versione del libro è quanto meglio la donna viene raccontata in quest’ultimo. Nel film non si scopre mai il suo nome e non si vede nemmeno il suo volto. Il libro, invece, la racconta come una donna molto amata da suo figlio, il che rende tutto ancora più devastante quando muore. Nel film, invece, la maggior parte di ciò è lasciata all’immaginazione.

In entrambe le versioni, inoltre, una delle persone morte nell’attentato è un uomo di nome Welty, il quale dona a Theo un anello. Nel libro, l’anello aiuta Theo a ricordare il nome “Hobart e Blackwell”, che lo porta al negozio di antiquariato dove incontra Hobie, il suo eventuale custode. Nel film, invece, tale risvolto avviene in modo meno preciso e non direttamente conseguente. Il libro, poi, è ovviamente molto più estetso nel racconto della vita di Theo dopo che ha lasciato la casa di suo padre a Las Vegas e va a vivere con Hobie a New York. Molti degli episodi raccontati a questo punto del libro sono invece omessi dal film.

Molti cambiamenti si ritrovano poi nel personaggio dell’amico Boris. La maggior parte di questo sono solo il risultato delle possibilità del libro di contenere più dettagli. Il film esclude ad esempio la parte del libro in cui la relazione tra Theo e Boris diventa tesa perché Boris ha una nuova fidanzata. Un altro importante cambiamento arriva dopo che Theo ha aspettato Boris per settimane in un hotel di Amsterdam dopo il loro fallito tentativo di riprendersi il dipinto dai criminali locali. Nel libro, il depresso Theo alla fine decide di consegnarsi alla polizia olandese per i suoi crimini quando Boris si presenta e lo ferma. Nel film, Theo tenta invece il suicidio e Boris irrompe dalla porta dell’hotel per salvare il suo amico in overdose.

Il cardellino: il trailer e dove vedere il film in streaming e in TV

È possibile fruire di Il cardellino grazie alla sua presenza su alcune delle più popolari piattaforme streaming presenti oggi in rete. Questo è infatti disponibile nei cataloghi di Rakuten TV, Chili Cinema, Google Play, Apple iTunes, Now, Amazon Prime Video e Tim Vision. Per vederlo, una volta scelta la piattaforma di riferimento, basterà noleggiare il singolo film o sottoscrivere un abbonamento generale. Si avrà così modo di guardarlo in totale comodità e al meglio della qualità video. Il film è inoltre presente nel palinsesto televisivo di mercoledì 8 giugno alle ore 21:00 sul canale Iris.

Fonte: IMDb, Slate

Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

0
Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

La Warner Bros ha diffuso in rete il primo trailer originale de Il Cardellino, il film adattamento cinematografico del romanzo premio Pulitzer scritto da Donna Tartt. Nel cast troviamo Ansel Elgort, Nicole Kidman, Sarah Paulson, Jeffrey Wright, Aneurin Barnard, Finn Wolfhard e Luke Wilson. Alla regia c’è John Crowley (Brooklyn).

Ecco di seguito la trama del romanzo:

Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New-York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo, Theo cresce, diventa un uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso labirinto del negozio di antichità in cui lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si troverà coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è il suo talismano, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che forse rappresenta l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.

Il Cardellino: intervista al regista John Crowley

0
Il Cardellino: intervista al regista John Crowley

Ecco l’intervista a John Crowley, il regista de Il Cardellino, con Nicole Kidman e Ansel Elgort, distribuito in Italia da Warner Bros. Home Entertainment in esclusiva digitale per l’acquisto e il noleggio dal 6 dicembre sulle seguenti piattaforme: Apple TV App, Itunes, Google Play, Youtube, Infinity, Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, TIMvision, Playstation Store e Microsoft Film&TV.

IL CARDELLINO, adattamento per il grande schermo del romanzo di Donna Tartt (vincitrice del premio Pulitzer del 2014), con Nicole Kidman, Ansel Elgort, Sarah Paulson e Finn Wolfhard, arriva in Italia dal 6 dicembre in esclusiva digitale.

Da Warner Bros. Pictures e Amazon Studios è in arrivo “Il Cardellino”, adattamento per il grande schermo del romanzo amato in tutto il mondo della scrittrice Donna Tartt, vincitrice del premio Pulitzer del 2014 nella categoria Fiction e della Medaglia Andrew Carnegie for Excellence in Fiction.

Diretto dal regista premio BAFTA John Crowley (“Brooklyn”), il film vede un cast multigenerazionale guidato da Ansel Elgort (“Baby Driver”) nel ruolo di Theo Decker e l’attrice premio Oscar® Nicole Kidman (“The Hours,” “Big Little Lies”) in quello della Sig.ra Barbour.

Il cardellino: Nicole Kidman e Ansel Elgort nel primo trailer

Theodore “Theo” Decker aveva 13 anni, quando sua madre venne uccisa dallo scoppio di una bomba al Metropolitan Museum of Art. La tragedia cambiò il corso della sua vita, conducendolo in una commovente odissea fatta di dolore e colpevolezza, di reinvenzione e redenzione, e persino di amore. Nel mezzo di tutto ciò, si aggrappa ad un tangibile oggetto di speranza, ricordo di quel giorno…il quadro di un uccellino incatenato al suo trespolo, Il Cardellino.

“Il Cardellino” è prodotto da Nina Jacobson (la trilogia di “The Hunger Games”, “American Crime Story”) e Brad Simpson (“World War Z”, “American Crime Story”).  Mari Jo Winkler-Ioffreda, Kevin McCormick, Sue Kroll e Courtenay Valenti sono i produttori esecutivi. La sceneggiatura è del candidato all’Oscar® Peter Straughan (“Tinker Tailor Soldier Spy”), tratta dal romanzo di Donna Tartt, apparso per 30 settimane di seguito sulla lista dei libri più venduti del The New York Times.

Del film fanno parte anche Oakes Fegley (“Pete’s Dragon”) nel ruolo di Theo da bambino, Aneurin Barnard (“Dunkirk”) in quello di Boris, Finn Wolfhard (“Stranger Things”, “It”) nel ruolo di Boris da bambino, con Sarah Paulson (“The Post”, “American Crime Story”) nel ruolo di Xandra, Luke Wilson (“The Royal Tenenbaums”) in quello di Larry e Jeffrey Wright (la trilogia di “The Hunger Games”) in quello di Hobie.

A completare il nutrito cast troviamo anche Ashleigh Cummings (“Miss Fisher’s Murder Mysteries”) nel ruolo di Pippa, Willa Fitzgerald (“Little Women”) in quello di Kitsey Barbour, Aimee Laurence (“Chicago P.D.”) nel ruolo di Pippa da bambina, Denis O’Hare (“American Horror Story”) nel ruolo di Lucius Reeve, e Boyd Gaines (“Driving Miss Daisy” del 2014) in quello di Mr. Barbour.

Il team creativo dietro la cinepresa comprende, il direttore della fotografia premio Oscar® Roger Deakins (“Blade Runner 2049”), lo scenografo candidato all’Oscar® K.K. Barrett (“Her”), la montatrice Kelley Dixon (“Breaking Bad”) e la costumista Kasia Walicka Maimone (“Bridge of Spies”). Le musiche sono di Trevor Gureckis (“Bloodline”).

“Il Cardellino” è una presentazione Warner Bros. Pictures, in associazione con Amazon Studios, una produzione Color Force, un film di John Crowley. Il film sarà distribuito in Italia da Warner Bros. Home Entertainment in esclusiva digitale per l’acquisto e il noleggio dal 6 dicembre sulle seguenti piattaforme: Apple TV App, Itunes, Google Play, Youtube, Infinity, Sky Primafila, Chili, Rakuten TV, TIMvision, Playstation Store e Microsoft Film&TV.

Il cardellino di Donna Tartt al cinema grazie al regista di Brooklyn

0

John Crowley, acclamato regista di Brooklyn con Saoirse Ronan, si prepara a portare sul grande schermo un altro romanzo di successo. Arriva infatti da Deadline la notizia che Crowley si occuperà di dirigere l’adattamento cinematografico de Il cardellino (The Goldfinch), romanzo scritto nel 2013 dalla scrittrice statunitense Donna Tartt.

Leggi la recensione di Brooklyn

La RatPat Entertainment e la Warner Bros. si occuperanno di sviluppare il progetto. Peter Straughan, sceneggiatore de La talpa con Gary Oldman, è stato ingaggiato per curare lo script.

il cardellino

Con Il cardellino, Donna Tartt ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa del 2014. Di seguito la sinossi ufficiale del romanzo:

Theo Decker è un ragazzino di tredici anni che frequenta la terza media. Un giorno, all’improvviso, scoppia una bomba al Metropolitan Museum dove Theo si trova insieme alla madre. Theo riesce a sopravvivere all’attentato terroristico, ma la madre muore, in quello stesso istante in cui la vita di Theo, ineluttabilmente, si riduce in frantumi. Solo a New York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. Theo, però, si trova a disagio nella nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre.

Theo si aggrappa perciò alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare (The Goldfinch, Il Cardellino, appunto) che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo Theo cresce, diviene uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso, intricato e camaleontico labirinto del negozio di antiquariato dove lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si trova coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è appunto il suo “talismano”, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che, forse, sta a rappresentare l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.

Fonte: Indiewire

Il Capofamiglia: una clip esclusiva dall’esordio alla regia di Omar El Zohairy

0

Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della Giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio Il Capofamiglia (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

IL CAPOFAMIGLIA di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. IL CAPOFAMIGLIA diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

SINOSSI – Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il Capofamiglia: il trailer del film di Omar El Zohairy

0
Il Capofamiglia: il trailer del film di Omar El Zohairy

Wanted Cinema è lieta di rilasciare il trailer italiano de Il Capofamiglia di Omar El Zohairy. Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio IL CAPOFAMIGLIA (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Tra toni surreali e inaspettati accadimenti, il film racconta il difficile percorso di emancipazione femminile nell’Egitto patriarcale, in cui la madre – la cui vita prima era interamente dedicata all’accudimento del marito e del figlio – diventa decisiva nel prendere in mano la situazione e provvedere da sola alla sua famiglia, combattendo contro una società che non mostra alcuna empatia nei confronti della sua situazione.

IL CAPOFAMIGLIA di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. IL CAPOFAMIGLIA diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

SINOSSI – Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il capofamiglia, la recensione della Metamorfosi egiziana

Il capofamiglia, la recensione della Metamorfosi egiziana

Dopo un lungo tour internazionale, arriva nei cinema italiani – dal 16 marzo, grazie a Wanted Cinema – un film capace di conquistare il Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021 e di esser scelto come Miglior film dalla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, dal Calgary International Film Festival e dai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival. Apprezzato dalla critica, Il capofamiglia (Feathers) dell’esordiente Omar El Zohairy si prepara a sorprendere anche il nostro pubblico, con un racconto surreale della realtà egiziana, una tragicommedia che esplode a partire da un momento magico all’interno della famiglia protagonista.

Un mix di dramma e commedia

Una innocente festa di compleanno, un mago ingaggiato per far divertire i piccoli di casa, un gioco che avrebbe dovuto rivelare tutt’altra sorpresa: questo è il contesto nel quale scopriamo – insieme alle vittime incredule, sullo schermo – l’esito di un incantesimo andato storto. Nel quale il padre autoritario di una famiglia modesta viene trasformato in un pollo.

Con buona pace delle tante promesse e del sogno di andare a vivere in una villa con piscina, quando l’uomo non può più andare a lavorare nella fabbrica vicina, tanto che i suoi fumi invadono quotidianamente la casa, tutto cambia. E ad affrontare la catena di incredibili quanto assurde conseguenze si trova, da sola, la madre, fino ad allora interamente dedita a marito e figli.

Il capofamiglia vero

Non è solo per l’incredibile metamorfosi che il regista pone come premessa del film che questa tragicommedia (soprattutto “tragi”) possa esser definita a buon diritto “kafkiana”, ma per il tono che la pervade e il contesto nel quale si svolge. Quello egiziano, ma di qualsiasi altro ambito svantaggiato e in balia di forme di civiltà e scambi commerciali meno sviluppati di quelli ai quali siamo abituati. Un contesto nel quale si è più disposti ad accettare una situazione surreale che a riconoscere i diritti fondamentali a un qualsiasi essere umano.

il capofamigliaIn questo caso una madre in ambasce, lei sì costretta a farsi carico dell’intera famiglia, compreso il fu marito, che nella sua nuova forma necessita di cure e attenzioni particolari e non è in grado di contribuire alla ben povera economia casalinga. Costretta a slalom olimpici tra loschi pretendenti alla sua virtù e rigidi kapo burocrati, è l’incredibile interpretazione dell’esordiente Demyana Nassar a trasmettere l’angoscia esistenziale dell’assurdo che affronta con un aplomb al limite del non espressivo. Controllata, e quasi senza parlare, riesce a mostrare la dignità, la forza, il coraggio di un soggetto mai vittima degli eventi, sempre in grado di rispondere agli “urti della vita” senza credere a illusorie “love story” (come sottolineato dalla colonna sonora).

Una dark comedy nella quale si fatica a ridere di tanta disperazione, ma che oppone al dramma un tale livello di inverosimile e paradossale da vincere ogni resistenza. Grazie anche all’equilibrio e la sensibilità mostrata da El Zohairy nel rappresentare l’approccio quasi rassegnato all’apparentemente inevitabile, e ingiustificabile, che qui non esistono magia o cospirazioni, ma solo priorità. Quelle della vita. Che costringe la donna e i suoi figli a un periodo di scoperta di sé e a una emancipazione nella quale vale forse la pena di leggere un suggerimento, o una allegoria, soprattutto visto il riferimento all’Egitto maschilista e patriarcale che fa lo stesso regista.

Il Capofamiglia, dal 16 marzo al cinema

0
Il Capofamiglia, dal 16 marzo al cinema

Dopo aver stregato la critica internazionale e aver vinto numerosi premi, tra cui Miglior film alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2021, Gran premio della giuria al Torino Film Festival 2021, Miglior film internazionale al Calgary International Film Festival in Canada e Miglior film ai Roberto Rossellini Awards del China’s Pingyao International Film Festival, il curioso lungometraggio Il Capofamiglia (titolo originale Feathers), nonché promettente esordio alla regia dell’egiziano Omar El Zohairy, arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Tra toni surreali e inaspettati accadimenti, il film racconta il difficile percorso di emancipazione femminile nell’Egitto patriarcale, in cui la madre – la cui vita prima era interamente dedicata all’accudimento del marito e del figlio – diventa decisiva nel prendere in mano la situazione e provvedere da sola alla sua famiglia, combattendo contro una società che non mostra alcuna empatia nei confronti della sua situazione.

Il Capofamiglia di Omar El Zohairy, in cui magia e realtà si fondono per raccontare la vita di una famiglia in Egitto oggi, è una favola nera moderna che non mancherà di colpire lo spettatore, grazie anche alla straordinaria e pluripremiata interpretazione dell’attrice esordiente Demyana Nassar. Il Capofamiglia diretto da Omar El Zohairy arriverà nei cinema italiani con Wanted Cinema dal 16 marzo.

Il Capofamiglia – la trama

Durante una festa di compleanno in casa, un incantesimo va storto e il padre di una modesta famiglia egiziana, un uomo autoritario e brutale, viene trasformato in un pollo. Una valanga di assurde conseguenze si abbatte su tutta la famiglia: la madre, la cui vita era interamente dedicata a marito e figli, deve prendere in mano la situazione e provvedere alla famiglia. Mentre muove mari e monti per riportare il marito indietro e tenerlo al sicuro, la donna attraversa una trasformazione totale.

Il capo perfetto: al via le riprese della nuova serie Originale Netflix

0

Primo Ciak a Rubiera (Reggio Emilia) per Il capo perfetto, la serie Netflix in 6 episodi, prodotta da Cattleya – parte di ITV Studios.  Le riprese continueranno poi a Modena, Sassuolo e dintorni.

Nel cast Luca Zingaretti (Giulio Zagni), Francesco Colella, Giovanni Esposito, Alessia Giuliani, Carmine Buschini, Alberto Boubakar Malanchino, Sara Drago, Cristina Cappelli, Sara Mondello, Anna Bisciari e Cristina Parku.

La serie è scritta da Davide Lantieri (I delitti del Barlume, Il grande giorno) Michele Pellegrini (Imma Tataranni, La mafia uccide solo d’estate), che è anche Head Writer, Marco Pettenello (Berlinguer – La grande ambizione, Lontano lontano), Serena Patrignanelli (Rosa Elettrica) e Virginia Virilli (Bang Bang Baby).

La trama di Il capo perfetto

Giulio Zagni è “il capo perfetto”, da sempre il sovrano indiscusso e amatissimo della sua fabbrica di volanti e della sua famiglia. Amici, parenti, dipendenti possono andare fuori strada, tanto c’è sempre lui a sistemare le cose, costi quel che costi. Ma quando questo meccanismo perfettamente oliato si inceppa, la vita professionale e famigliare di questo imprenditore modello della Motor Valley va improvvisamente fuori controllo. Tra imprevisti tragicomici e colpi di genio riuscirà Giulio a rimettersi in pista?

Roan Johnson (I delitti del Barlume, Piuma) è alla regia dei primi 3 episodi mentre Niccolò Falsetti(Margini) degli ultimi 3. La serie è basata su El Buen Patrón, il film di Fernando León de Aranoa, che firma anche il Soggetto di serie.

La serie è prodotta con il sostegno della Regione Emilia-Romagna attraverso Emilia-Romagna Film Commission.

Il capo perfetto, la recensione del candidato spagnolo agli Oscar

Non ha vinto la Concha de Oro del 69º Festival Internacional de Cine de San Sebastián, ma potremmo ritrovarcelo agli Oscar a competere per il Miglior Film in Lingua Straniera. Coerentemente con il record delle venti candidature ai Premi Goya ricevute, la Spagna ha preferito proporre all’Academy Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa (I lunedì al sole, Escobar), piuttosto che il Madres paralelas di Pedro Almodóvar – film di apertura di Venezia 78 – o il Mediterráneo di Marcel Barrena, premiato dal pubblico alla Festa del Cinema di Roma.

E con ragione, senza nulla togliere ai contendenti. Quello che dal 23 dicembre BiM distribuisce nelle sale italiane italiane è a tutti gli effetti un film solido, compiuto, equilibrato e con un protagonista incredibile a dirigere un’orchestra di personaggi e un intreccio a metà tra certe pietre miliari nazionali e il film di genere statunitense. Una rappresentazione solo apparentemente grottesca, anzi molto realistica e nuda di una realtà popolare, in tutti i sensi.

Di che parla Il capo perfetto

Siamo nella provincia madrilena, nella fabbrica della storica azienda di bilancie industriali di Julio Blanco, padre padrone della piccola comunità che gira intorno alla compagnia, attento e disponibile nei confronti di ogni suo dipendente, con i quali cerca di mantenere un rapporto umano e quasi familiare. Ma nella settimana in cui dovrebbe ricevere la visita di una ispezione della commissione che dovrà assegnare un premio di eccellenza locale tutto sembra concorrere al peggio. Disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti, affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento, Blanco inanella una serie di interventi dei quali rischia di non essere in grado di valutare o gestire le conseguenze.

Una Roulette spagnola

Presentato – e venduto – come commedia, il film non merita di esser contenuto in una definizione tanto rigida. La grande interpretazione dell’attore spagnolo ce lo mostra in continua trasformazione (anche fisica) e capace di cambiare registro alla costruzione del regista con ogni sua singola espressione. Facendo sì che dramma, farsa o denuncia si alternino in una roulette che per tutto il film attendiamo si fermi. Un crescendo nel quale vediamo aggiungersi maschere alla tragedia, a complicarsi le soluzioni previste ai problemi, dai più semplici ai più complessi. E la cui sperata quadratura del cerchio sembra sempre più difficile dal concretizzarsi.

Il capo perfetto film 2021Dall’ex dipendente, all’amico di infanzia impazzito di gelosia, sua moglie, il supposto amante, una segretaria che nasconde segreti e la giovane stagista, il teatrino scorre davanti ai nostri occhi come ineluttabile. E anche la sicurezza ostentata dall’esperto Blanco – pronto a pontificare di bilance ed equilibrio quanto a oscillare tra assolutismi e relativismo – si conferma come apparente. Soprattutto quando messa alla prova dalla vita reale, nei brevi siparietti con la moglie, completamente esterna al suo microcosmo (o campo giochi, che dir si voglia).

Una umanità che conosciamo molto bene

Viene da pensare al nostro Ettore Scola più che al realismo magico di certa tradizione di lingua ispanica, soprattutto per le piccolezze dell’essere umano che colorano la rappresentazione. E che riescono a farci ridere amaro di fronte alla ferocia di situazioni che conosciamo o riusciamo a figurarci fin troppo bene. L’assurdo è quello della realtà, in fondo, e nasce dalla mania del controllo, dal senso di disperazione e di superiorità che sempre più ci circonda.

Ed è un peccato che nella traduzione del titolo si perda la varietà linguistica del riferimento originale. Non solo, e non tanto all’aspetto padronale e gerarchico reso dal più generico “capo” forse per pudore nell’utilizzare termini poco consoni alla moderna sensibilità sindacale. Quanto alla presentazione del nostro protagonista come “difensore” e “modello” per i suoi sottoposti, quasi “un santo” (patrono, appunto) cui rivolgersi con le proprie preghiere o desiderata. Tutti significati che aumentano lo spaesamento nel seguire questo soggetto gattopardesco, tanto magnetico e ipnotico quanto ridicolo e inquietante nel suo attraversare relazioni, sentimenti e principi sui quali lui stesso sembra credere sinceramente di aver basato la propria esistenza e successo.

Il capo perfetto, il trailer del film con Javier Bardem

0
Il capo perfetto, il trailer del film con Javier Bardem

Ecco il trailer Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa con Javier Bardem, il film che rappresenterà la Spagna agli Oscar 2022. Dal 23 dicembre al cinema. Il capo perfetto è un film scritto e diretto da Fernando León de Aranoa e arriverà al cinema distribuito da Bim Distribution.

Il capo perfetto, la trama

Blanco (Javier Bardem), proprietario di una storica azienda spagnola di bilance industriali, amato e stimato dai dipendenti per la sua grande umanità, è in gara con la sua impresa per un premio di eccellenza locale. Considerato da tutti e da se stesso un capo magnanimo, è disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. E mentre la tensione sale per la visita di ispezione della commissione del premio, Blanco inizia a collezionare una serie di errori e comici disastri che lo porteranno a dover dimostrare di essere davvero un capo perfetto…

Il capo perfetto con Javier Bardem al cinema dal 23 dicembre

Il capo perfetto con Javier Bardem al cinema dal 23 dicembre

Dal 23 dicembre al cinema Il capo perfetto di Fernando León de Aranoa con Javier Bardem, il film che rappresenterà la Spagna agli Oscar 2022.  Il capo perfetto è un film scritto e diretto da Fernando León de Aranoa e arriverà al cinema distribuito da Bim Distribution. 

La trama

Ne Il capo perfetto Blanco (Javier Bardem), proprietario di una storica azienda spagnola di bilance industriali, amato e stimato dai dipendenti per la sua grande umanità, è in gara con la sua impresa per un premio di eccellenza locale. Considerato da tutti e da se stesso un capo magnanimo, è disposto a qualunque cosa pur risolvere i problemi dei suoi dipendenti affinché non riducano la produttività e gli consentano di aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. E mentre la tensione sale per la visita di ispezione della commissione del premio, Blanco inizia a collezionare una serie di errori e comici disastri che lo porteranno a dover dimostrare di essere davvero un capo perfetto…

Pubblicità
Pubblicità
Pubblicità