Robert Downey Jr. è
uno di quegli attori che, non solo è molto amato dalle donne per il
suo fascino assassino, ma che è preso ad esempio anche da
moltissimi giovani fan, che lo vedono giustamente come
l’incarnazione di Iron Man sul grande
schermo. Già in passato l’attore ha mostrato di essere sensibile ai
suoi giovani fan e adesso, su Instagram, ne dà conferma.
Ecco la foto che l’attore si è fatto
scattare per un bimbo di nome Daniel, affetto da
fibroma.
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In Captain America: Civil
War lo schieramento di Cap sarà formato da Bucky,
Falcon, Ant-Man, Agente 13 e Occhio di Falco. Quello di Iron Man
invece da Vedova Nera, War Machine, Black Panther e Vision. Al
momento non è ancora chiaro che parte prenderanno Spider-Man e
Scarlet Witch.
In attesa di nuovi
dettagli in merito ricordiamo che Captain
America: Civil War sarà diretto da
Anthony e Joe Russo e vedrà
nel cast Chris Evans, Robert Downey Jr., Scarlett Johansson, Chadwick Boseman,
Sebastian Stan,Samuel L. Jackson, Frank Grillo,
Jeremy Renner e Daniel Bruhl. Il film
uscirà il 6 maggio 2016.
Mentre cresce l’attesa per la messa in onda dei prossimi episodi
di Grey’s Anatomy 12, oggi vi svegliamo alcune anticipazioni sulle
prossime puntate che andranno in onda sul network americano della
ABC.
In Grey’s Anatomy 12 come per Meredith, anche per Amelia non
sarà facile lavorare con Penny in ospedale e la donna potrebbe
trovare conforto rivolgendosi ad Owen, sebbene molto presto
quest’ultimo dovrà affrontare serie questioni personali.
Mentre cresce l’attesa per la messa in onda dei prossimi episodi
di Arrow 4, oggi per ingannare il tempo vi sveliamo
alcune anticipazioni su Malcolm.
In Arrow 4 Malcolm è spaventato dal ritorno in vita di Sara ed
allo stesso tempo non sa cosa accadrà quando la ragazza riemergerà
dal Lazarus Pit, dato che anche Damien Darhk è emerso da quelle
acque ed è diventato qualcosa di diverso e totalmente
incontrollabile
Angry Indian
Goddesses di Pan Nalin vince il
Premio del Pubblico BNL della decima edizione della Festa del
Cinema di Roma, assegnato in collaborazione con lo storico Main
Partner della Festa, BNL Gruppo BNP Paribas. Gli spettatori hanno
votato online tramite un sistema elettronico realizzato da
Xaos.
Il primo “Buddy movie” indiano al
femminile – firmato dal regista di Ayurveda: Art of
Being, il documentario indiano di maggior incasso – è un
ritratto fresco e spigliato delle donne nell’India di oggi.
La decima
edizione della Festa del Cinema di Roma è stata prodotta dalla
Fondazione Cinema per Roma, presieduta da Piera Detassis. Nel suo
lavoro di selezione, il direttore artistico Antonio Monda è stato
supportato da Mario Sesti (coordinatore artistico del comitato di
selezione), Richard Peña, Giovanna Fulvi, Alberto Crespi, Alessia
Palanti, Francesco Zippel.
“Le donne in India – ha dichiarato
Luigi Abete, Presidente di BNL Gruppo BNP Paribas – costituiscono
uno dei principali motori dell’evoluzione del Paese riuscendo,
grazie al loro impegno e dinamismo, ad abbattere barriere culturali
e sociali. Il Gruppo BNP Paribas aveva già percepito questa realtà
tanto che nel 2010 aveva raccontato – attraverso la mostra
fotografica ‘Women Changing India’ – i differenti ruoli e i
contributi che esse danno al cambiamento della società del
continente indiano. Anche lì, come nel film Angry Indian Goddesses,
le donne vengono raccontate nella loro caleidoscopica energia
creativa facendoci vivere emozioni universali. Ci fa molto piacere
che il pubblico della Festa del Cinema di Roma abbia scelto questo,
tra i tanti film di valore presentati in questa edizione, perché
testimonia l’attenzione verso temi e storie lontane dal nostro
quotidiano che ci consentono di riflettere e di conoscere meglio
realtà differenti. Per BNL la diversità è un valore che va
salvaguardato e incoraggiato in una società sempre più globale e
multietnica”.
“Sono particolarmente lieta che un
film coraggioso, rivelatorio, in grado di far luce sulla condizione
femminile in India, anche attraverso un genere solitamente al
maschile, abbia ricevuto il massimo gradimento da parte dei nostri
spettatori – ha spiegato Piera Detassis, presidente della
Fondazione Cinema per Roma – Il risultato ci mostra come il
pubblico della Festa sia sempre pronto a leggere e premiare le
proposte più interessanti, innovative e al tempo stesso popolari,
provenienti dal miglior cinema internazionale”.
“Nel corso di questi giorni gli spettatori hanno
apprezzato il ricco programma di quest’anno, sono orgoglioso e
soddisfatto che la qualità dei film sia stata sempre lodata anche
dalla stampa estera, oltre che da quella italiana – ha detto
Antonio Monda, direttore artistico della Festa del Cinema di Roma –
La vittoria di questo film mi rende particolarmente felice perché
uno degli obiettivi che mi ero prefissato era proporre al pubblico
pellicole di qualità provenienti da tutto il mondo: l’industria
cinematografica indiana è fra le più avanzate e il film di Pan
Nalin uno dei suoi prodotti più stimolanti, energetici e
provocatori. Spero che Angry Indian Goddesses arrivi
presto nelle sale italiane e possa godere dello stesso successo
ottenuto alla Festa del Cinema”.
Il critico d’arte André
Chastel era solito affermare che l’elemento indicatore
dell’acquisizione di fama e notorietà altro non è che il numero
delle imitazioni e parodie che nascono attorno ad un qualunque
oggetto o soggetto, decretandone di fatto l’ingresso dell’universo
della cultura popolare. Molto spesso però accade (ed è accaduto)
che a raggiungere lo status di icona pop o di fenomeno
cult possa essere una figura o un elemento capace di
collocarsi nel pericoloso quanto magico confine fra il grottesco di
consumo e la più elevata forma di espressione artistica, dividendo
aspramente pubblico e critica. La lunga tradizione artistica del
nostro paese conta una più che nutrita schiera di maschere popolari
che, al di là della personale modalità di espressione e dei
contenuti del loro progetto, si sono impresse indelebilmente nel
nostro immaginario collettivo, il più delle volte ricorrendo
sapientemente all’arma della risata e dell’intelligente
esasperazione del reale.
Fin dalle celebri macchiette
nostrane che furono Petrolini e
Tecoppa, passando per i personaggi dialettali di
Gilberto Govi e del sommo Totò,
si è giunti, a cavallo fra gli anni ’70 e ’90 ad una nuova
generazione di mattatori che hanno saputo sempre meglio incarnare
le bruttezze e le idiosincrasie dell’italiano medio-basso,
transitando verso un universo surreale e tragicomico nel quale le
bruttezze e le contraddizioni del nostro Bel Paese si sono
incarnate in figure laide e grottesche ma di efficace comprensione.
Nell’Olimpo di queste personalità sgangherate e buzzurre un posto
d’onore non può che essere riservato al più che celebre personaggio
di Fantozzi, una macchietta nazionale divenuta
celebre non solo per aver saputo dar corpo e (rauca) voce alle
peripezie della classe media italica post-boom economico, ma grazie
alla mimesi indissolubile nei confronti del suo creatore e
burattinaio Paolo Villaggio è riuscita a nel
difficile intento di far più volte ragionare con l’arma tagliente
della satira socio-culturale.
Il ragionier Fantozzi, o come vuole
l’intestazione ufficiale della sua occupazione “Ugo Rag.
Fantozzi”, è una personalità che incarna appieno il senso più
puro della mediocrità della classe media italiana, un misero tapino
senza pregi e capacità particolari che si ritrova, suo malgrado, a
doversi districare all’interno di un ambiente lavorativo dove
impera la più rigida e svilente forma di servilismo e soggezione al
potere burocratico, per non parlare di un nucleo familiare degno di
una commedia surreale di Bertolt Brecht. Il povero Fantozzi (o
Fantocci, come spesso viene storpiato da colleghi e amici)
si porta addosso il peso di una società arrivista e schizofrenica
dalla quale viene continuamente vessato e costretto a subire
soprusi e angherie senza poter far nulla, il tutto sempre
all’insegna di un umorismo cinico ed esasperato che ha saputo dar
vita ad alcune delle più celebri e spassose gag di tutta la storia
del cinema comico italiano.
Era il lontano il 1968 quando,
durante la celebre trasmissione televisiva Quelli della
domenica trasmessa su Programma Nazionale, il comico
genovese Paolo Villaggio divenne celebre per i
suoi monologhi dedicati alla società e al mondo del lavoro che
vedevano come protagonista di terza persona un certo ragionier Ugo
Fantozzi, chiara evocazione autobiografica del suo breve periodo di
occupazione negli uffici dell’azienda Italsider, una realtà
grottesca nella quale il povero impiegato si trova a doversela
cavare in mezzo a situazioni buffe e scapestrate che hanno però
tutte un occhio di riguardo per i problemi reali della cultura
dell’epoca. Usando il cognome di un suo vecchio compagno di
scrivania e iniziando a delineare fin da subito un surreale
microcosmo di personaggi e situazioni che ritorneranno ben più
avanti nelle successive trasposizioni cinematografiche, Villaggio
inizia a scrivere alcuni racconti ispirati proprio a questo
personaggio reso (indirettamente) celebre dalle apparizioni
televisione rigorosamente evocative e mai fisiche, e dopo una prima
pubblicazione sul quotidiano l’Europeo,
nel 1971 uscì nelle librerie la prima antologia di racconti dal
titolo Fantozzi, divenendo ben presto un libro
richiestissimo e di grande successo, tanto da far vincere al suo
autore il premio Gogol come “miglior scrittore in
cirillico” alla rassegna letteraria di Mosca.
Ciò in realtà a posteriori non può
che far sorridere, se si pensa che alcuni anni dopo proprio il
personaggio cinematografico incarnato da Villaggio sarà
protagonista di una delle più esilaranti e celeberrime
de-mistificazioni del glorioso cinema sovietico degli anni ’20, nel
momento in cui proprio Fantozzi de Il secondo tragico
Fantozzi (1976), durante un dibattito culturale a
seguito di una terribile ed interminabile rassegna cinematografica
d’essai arriverà a pronunciare la celebre sentenza
critica: “Per me…la corazzata Kotiomkin… è una ca***a
pazzesca!!!”.
Dopo la pubblicazione di altri due
volumi di grande successo, nel 1975 il regista Luciano
Salce riuscì a convincere Villaggio a realizzare una
versione cinematografica dei primi due libri dedicati al suo
strampalato personaggio, ma inizialmente per il ruolo erano stati
proposti nientemeno che gli amici e colleghi Ugo
Tognazzi e Renato Pozzetto. Dopo il
cortese rifiuto di entrambi i comici, Salce convinse infine
Villaggio a vestire lui stesso i panni di una macchietta che tanto
conosceva bene per averle dato i natali, e perciò venne alla luce
Fantozzi (1975), primo capitolo di un
ciclo di ben nove pellicole destinate a divenire uno dei fenomeni
cinematografici più discussi e amati della metà del decennio,
soprattutto grazie alla spassosa e indimenticabile
caratterizzazione dello sfortunato impiegato e della sua
sgangherata combriccola di compagni, anch’essi archetipi distorti e
volutamente esasperati dei soggetti più comuni della vita
quotidiana: la mostruosa e scimmiesca figlia Uga, la flemmatica e
sciatta mogliettina Pina (interpretata da una indimenticabile
Milena Vokotic), la formosa e profittatrice
signora Silvani (una scoppiettante Anna
Mazzamauro) e il più che celebre ragionier Filini,
personaggio entrato nel culto popolare e fortemente autobiografico,
mutuato dall’unione di due differenti personaggi della saga
letteraria di Villaggio, tra cui l’organizzatore di viaggi Fracchia
(divenuto col tempo un personaggio cinematografico collaterale ed
alter-ego di Fantozzi stesso).
Nel giro dei primi due film diretti
da Salce fra il 1975 e il 1976 (Fantozzi
e Il secondo tragico Fantozzi),
considerati come i migliori di tutta la serie, e i successivi sette
orchestrati da Neri parenti sino al 1996
(Fantozzi contro tutti,
Fantozzi subisce ancora,
Superfantozzi, Fantozzi va in
pensione, Fantozzi alla
riscossa, Fantozzi in
paradiso e Fantozzi – il
ritorno), Villaggio e i suoi collaboratori seppero
delineare progressivamente le caratteristiche fisiche e
comportamentali di questo povero relitto umano, facendoli assumere
in tratti fumettistici e caricaturali di un tipo lavoratore medio
pressato attraverso varie e fantasiose forme di mobbing lavorativo
e accidenti quotidiani. Fantozzi è un uomo basso, ben tarchiato e
panciutello tanto da ricordare uno dei due fratelli gemelli
Tweedledum e Tweedledee di Alice nel paese delle
meravilgie; porta un piccolo basco sulla testa (copricapo che
ricorda però più quello indossato dai camalli genovesi) che non si
toglie mai neppure dal dottore o nella vasca da bagno; si veste
sempre in maniera sciatta ma elegante (come il suo antico
corrispettivo chapliniano) ed esterna i le sue emozioni e pensieri
con versi gutturali e soffocati, quasi onomatopeici, fino ad
indicare la propria eccitazione erotica sporgendo vistosamente la
lingua da un lato della bocca ed emettendo mugugni.
Il povero Fantozzi viaggia su una
Fiat 500 “Bianchina” mezzo distrutta ma che ben identifica
lo status economico-sociale a cui appartiene; mangia abbondanti
piatti di spaghetti al sugo e, soprattutto col progredire della
saga cinematografica, abbassa notevolmente il proprio livello
culturale ed espressivo sino a ruttare rumorosamente e ad emettere
altri allusivi rumori corporei. Il ragionier Ugo non riesce quasi
mai ad averla vinta su niente e nessuno, è un eterno perdente che
forse, proprio per questo, passa sopra ad ogni cosa senza troppe
preoccupazioni, trovandosi sempre nel mezzo di situazioni degne di
un fumetto per ragazzi o delle comiche del cinema muto.
Non è un caso che, più che il
cinereo Buster Keaton, la mente degli spettatori più scafati passi
immediatamente in rassegna il ricco bagaglio (panto)mimico di
Charlie Chaplin, poiché entrambi i due personaggi, seppur
chiaramente appartenenti a due epoche e a due standard culturali
diversi, intraprendono un rapporto originale e anticonvenzionale
con il mondo circostante, sapendo reinventare abilmente l’uso e
consumo degli oggetti che li attorniano. Dopo l’ultima (a dire il
vero non proprio eccelsa) apparizione in Fantozzi 2000
– La clonazione (1999) diretto da Domenico
Saveri, la stanca e fiaccata macchietta fantozziana decise
di non sopravvivere al nuovo secolo che si approssimava e perciò
scelse di eclissarsi con stile, ben consapevole che i tempi erano
cambianti ma che, in fondo, tutto era e sarebbe rimasto più o meno
come prima, solo con l’illusione di una felicità e di una ricchezza
che l’uomo medio mai riuscirà a raggiungere.
La nuvoletta dell’impiegato che,
proprio come in una slaptick comedy o un fumetto satirico,
rincorre il povero ragioniere nei momenti più difficili e topici, è
divenuta di buon grado una metafora della perenne e pressante
sfortuna che a volte (o molto più spesso) sembra attaccarsi come
una zecca a ciascuno di noi, una sfortuna simbolica che il Fantozzi
della finzione cinematografica è costretto a subire per davvero,
sempre però con il gusto della risata amara e della satira pungente
che molto spesso vale da sola più di un trattato di sociologia.
Sull’onda della grande popolarità del suo personaggio, per altro
fonte di almeno una mezza dozzina e più di cloni e imitazioni
(ufficiali e apocrife), Villaggio decise di riesumare un altro
celebre personaggio della sua personale saga umoristica, quel certo
Fracchia che nell’universo letterario aveva costituito l’embrione
del futuro ragionier Filini, scegliendo però di affidargli un posto
tutto suo in ben due lungometraggi, Fracchia la belva
umana (1981) e Fracchia contro Dracula
(1985), entrambi diretti da Neri Parenti, questa
volta dando vita ad un alter-ego crepuscolare e molto più cinico
del Fantozzi d’altri tempi.
Lo stesso Villaggio poi si troverà
a impersonare, nel corso della sua carriera, personaggi e maschere
nella quale gli venne richiesto espressamente di replicare le
movenze e addirittura le gag già sperimentate nella saga
fantozziana. Nel corso degli anni ’70 la figura di Fantozzi ispirò
il celebre fumetto a sfondo erotico
Pancozzi, e a partire dal 1993 sul
giornale per ragazzi “Corrierino” lo scrittore
Antonio Orecchia e la disegnatrice Lola
Airaghi decisero di realizzare una serie a fumetti
ispirata al rocambolesco impiegato genovese, seguita poi da una
celebre apparizione in un numero speciale della saga di
Topolino (“La tragica avventura di Paperon de
Paperozzi” del 1988) e una graphic novel
commemorativa dal titolo “Fantozzi
Forever”, edita nel 2014 e ideata da Villaggio stesso
assieme a Francesco Schietrona per raccontare le
vicessitudini di un vecchio e stanco Fantozzi alle prese coi più
contemporanei problemi sociali e culturali. Sono passati ormai
esattamente quarant’anni da quando, in quel lontano 1975, la
corpulenta e sgraziata figura del ragionier Ugo Fantozzi apparve
per la prima volta sullo schermo dei cinema italiani, forse senza
avere il ben che minimo sentore del grande successo internazionale
che ne sarebbe derivato e senza sapere che decenni dopo il suo
battesimo di celluloide, l’Italia del 2015 avrebbe continuato a
ridere e a sganasciarsi per le avventure di un piccolo e mesto uomo
comune, un uomo che ci fa tenerezza e simpatia proprio perché
incarna l’omuncolo che vive in ognuno di noi.
La sala dedicata a Giuseppe
Sinopoli, la più grande dell’auditorium, si riempie come
non mai in questa edizione della Festa di Roma, per l’ultimo degli
incontri ravvicinati.
Carlo Verdone e
Paola Cortellesi ci parlano della leggerezza e
della malinconia della commedia, un genere spesso ignorato dai
festival. La leggerezza, che non è sempre superficialità, ma anzi
un mezzo per veicolare spesso grandi drammi, è due volte importante
perché riesce ad arrivare a un pubblico più vasto, rispetto a film
più “ricercati” e ha un valore terapeutico che non deve essere
sottovalutato, concordano i due protagonisti della commedia
italiana, che nel 2014 li ha visti lavorare insieme in
Sotto una buona stella.
L’incontro che chiude questa
edizione della festa, come di consueto si snoda attraverso clip di
film dei protagonisti. Ripercorriamo la carriera di Verdone
attraverso Viaggi di Nozze, il film che
molti giudicano il suo più comico, ma che egli stesso dice essere
probabilmente il più malinconico; Grande Grosso e
Verdone, in cui la caratterizzazione dei personaggi e
le situazioni in cui questi sono calati, invita a riflettere su
situazioni che di comico in realtà hanno ben poco e molto più di
tragico. Verdone si dichiara una grande fan dei grandi caratteristi
della commedia italiana anni ’50 e ’60, come i fratelli
Carotenuto e Leopoldo Trieste, in
particolare a lui e alla sua interpretazione ne Lo
Sceicco Bianco di Federico Fellini
si è ispirato per la creazione del personaggio di Furio in
Bianco Rosso e Verdone. Davanti a
sequenze dall’umorismo senza tempo, il pubblico in sala non può
fare a meno di ridere come fosse se le vedesse per la prima volta e
Verdone fa eco lasciandosi andare alle imitazioni dei suoi
personaggi più amati.
Tra aneddoti sul
rapporto affettuoso e lavorativo con Sergio Leone,
che è stato per lui maestro dal piglio paterno nel cinema e
racconti sulla celeberrima Sora Lella (Elena
Fabrizi), una delle ultime caratteriste con cui ha avuto
l’onore di lavorare, dalla mano pesante in cucina e la genuinità
che appartiene a pochi, Verdone e la Cortellesi fanno dei veri e
propri sketch, mentre sullo schermo ci viene riproposta una
divertente sequenza di Sotto una buona
stella. Della Cortellesi, Verdone parla come di un
talento naturale, una di quelle attrici che fanno passare la
bravura per naturalezza. Quando gli si chiede quali ruoli
preferiscano, tra quelli comici e drammatici, lui rivela che ha
accolto con molto piacere la chiamata di Paolo
Sorrentino, che lo ha scelto ne La Grande
Bellezza in un ruolo diverso dal solito e che gli
piacerebbe un ruolo drammatico importante, ora che ha acquisito
sicurezza come attore. La Cortellesi, invece, non differenzia molto
le due tipologie di ruoli, «mi diverto in tutte le cose che mi
piacciono – dice – che siano ruoli drammatici, come nel caso della
miniserie sulla Montessori, o comici». La Cortellesi, che a partire
dal 12 novembre vedremo al cinema con Gli ultimi
saranno ultimi di Nicola Bruno, di Verdone parla come
di una persona che conosce da sempre, prima ancora di incontrarlo
di persona, dalla Tv e dalle gare di imitazione dei suoi pezzi con
gli amici. Ripercorriamo la sua carriera d’attrice con
Scusate se esisto e Un boss
in salotto.
Poi arriva il momento dei saluti, la
Festa del Cinema si avvia verso la fine di questa edizione, che
chiude in bellezza con due ospiti eccezionali.
Per il secondo anno di seguito,
Unipol Biografilm Collection e I Wonder Pictures
presentano ogni settimana in 16 multisala UCI i
più coinvolgenti biopic, narrati da autori premiati nei più
prestigiosi festival del mondo, proponendo un programma ricco non
solo di grandi riscoperte, come era stato già
l’anno scorso, ma anche di imperdibili anteprime,
presentate in UCI Cinemas prima dell’uscita in sala. L’appuntamento
firmato Unipol Biografilm Collection è ogni mercoledì alle
18 e alle 21.
Mercoledì 28
ottobre ad accompagnare in sala il pubblico degli UCI
Cinemas sarà John Belushi, protagonista di
Se non vieni a vedere questo film ammazziamo il cane: La
storia del National Lampoon, il film di Douglas
Tirola che ripercorre la storia del National Lampoon, la
più dissacrante rivista di satira degli Stati Uniti, sulle cui
pagine, negli anni Settanta, ha esordito una squadra di giovani di
talento che avrebbero fatto la Storia della comicità americana.
L’America degli anni Settanta, la
cultura pop, la libertà creativa alimentata anche da cannabis e
alcol… È in questo contesto che Doug Kenney ed Henry Beard fondano
un magazine destinato a diventare un punto di riferimento per la
satira e la comicità mondiali: era la nascita del National Lampoon.
Il regista Douglas Tirola traccia il ritratto di una generazione di
talenti, i comici che dalle pagine di National Lampoon sono poi
approdati nelle fila di quel Saturday Night Live che avrebbe
consacrato al grande pubblico star del calibro di John Belushi e
Bill Murray. Dalla carta, alla tv, al cinema, tra interviste e
materiale inedito, il film mette in scena una ricca messe di pagine
e disegni, parole e immagini di una stagione indimenticabile.
Grazie alla scommessa di Unipol
Biografilm Collection e del circuito UCI Cinemas, per il secondo
anno consecutivo, contenuti di qualità dalla forte valenza
culturale come i film documentari si allargano al pubblico popolare
dei multisala. Una scommessa che pone però le sue radici nel dato
concreto del crescente successo commerciale del genere
documentario nel mondo, e in particolar modo negli Stati
Uniti e in Francia.
Lunedì 26 ottobre alle ore
21.00, presso il Cinema Odeon di Bologna,
e Martedì 27 ottobre, presso il Cinema
Colosseo di Milano, torna Sala Bio, nell’ambito di Be
Original, con un’imperdibile evento targato Unipol Biografilm
Collection: l’anteprima di Steve McQueen una vita
spericolata, il film di Gabriel
Clarke e John McKenna, che, ripercorrendo
la lavorazione di Le 24 Ore di Le Mans, restituisce un
ritratto autentico e per certi versi inedito dell’attore più amato
di sempre, Steve McQueen.
L’iconico interprete statunitense,
grandissimo appassionato di corse, sia su due che su quattro ruote,
era disposto a tutto purché il film incentrato sulla gara più
impegnativa del calendario del motorsport a livello mondiale
vedesse la luce, anche a mettere a repentaglio la propria
carriera.
Il film sarà presentato a Sala Bio
in versione originale sottotitolata e proposto in
anteprima anche a Sala Bio Roma (Cinema Adriano) e Milano (Cinema
Colosseo) martedì 27 ottobre e sarà poi distribuito in sala da I
Wonder Pictures e Unipol Biografilm Collection il 9, il 10
e l’11 novembre, per ricordare l’attore nel
trentacinquesimo anniversario della sua scomparsa, avvenuta il 7
novembre del 1980.
STEVE MCQUEEN: UNA VITA
SPERICOLATA
(Stati Uniti/2015/112′) di
Gabriel Clarke, John McKenna
Steve McQueen aveva un sogno: girare
il film definitivo sulle corse automobilistiche, il più realistico,
il più coinvolgente. Come avrebbe potuto immaginare che la
lavorazione de Le 24 ore di Le Mans gli sarebbe costata così tanto,
in termini artistici, economici e umani? Tra divergenze con la
troupe, problemi con la sceneggiatura, incidenti e tradimenti, i
registi Gabriel Clarke e John McKenna costruiscono – sul filo delle
testimonianze di Chad McQueen, figlio di Steve, e degli altri
protagonisti di quella storica avventura cinematografica – un film
nel film sul circuito dove l’icona della vita spericolata sfrecciò
confondendo la finzione con la realtà dell’autodromo. E compongono
il ritratto di un uomo lanciato a tutta velocità nell’esistenza e
nell’arte.
Uscita italiana: 9
– 10 – 11 novembre (I Wonder Pictures e Unipol Biografilm
Collection)
Nella serata di chiusura della
Festa del film di Roma 2015, l’omaggio a La Grande
Bellezzadi Paolo
Sorrentino. Ecco il red carpet con tutto il cast del film
premio Oscar:
Sylvester Stallone
è pronto a vestire nuovamente i guantoni in
Creed, spin-off ambientato nell’universo
di Rocky in cui l’attore sarà chiamato ad
allenare Adonis Johnson (Michael B. Jordan) figlio
del defunto Apollo Creed.
Qui di seguito vi presentiamo una
featurette dal titolo Generations, che ci
porta dietro le quinte di un film che segna un vero e proprio
passaggio di testimone tra Stallone e
Michael B. Jordan.
Il film seguirà le vicende del
figlio di Apollo
Creed con Stallone che ritorna
nei panni di Rocky Balboa, in qualità di allenatore
riluttante del più giovane Creed. Diretto
da Ryan OJ Coogler, il film è prodotto anche
da Stallone insieme
a Robert Chartoff, Kevin King Templeton e Irwin
Winkler.Nicolas Stern è il
produttore esecutivo. Creed è
stato co-scritto da Aaron Covington e OJ
Coogler.
Nonostante le numerose difficoltà
che hanno accompagnato la genesi di
Ant-Man, il cinefumetto made in
Marvel si è rivelato
essere uno dei più riusciti della Fase 2, raccogliendo consensi sia
del pubblico che della critica. Ebbene, con Captain
America Civil War in produzione e con la Fase 3
pronta a fare irruzione nel Marvel Cinematic Universe
è inevitabile gettare un occhio anche al sequel di
Ant-Man.
La pellicola, dal titolo
Ant-Man and the Wasp è prevista per il
2018 sebbene al momento non si abbiano ancora notizie in merito a
cast ed al regista, anche se, secondo quanto raccolto da
Hollywood Reporter, Peyton
Reed sarebbe in trattative per tornare a dirigere la
creatura eredita da Edgar Wright.
Ancora è tutto molto lontano
dall’ufficialità ma sembrerebbe che l’ottimo lavoro svolto da Reed
abbia soddisfatto la Marvel, pronta a concedere
nuovamente al regista statunitense le redini del progetto
Ant-Man.
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Dotato della strabiliante capacità
di rimpicciolirsi e al contempo accrescere la propria forza, il
ladro provetto Scott Lang (Paul Rudd) dovrà
ricorrere alle sue doti eroiche per aiutare il proprio mentore Dr.
Hank Pym (interpretato dal premio Oscar Michael
Douglas) a proteggere il suo spettacolare costume di
Ant-Man da nuove, terribili minacce. Esposti a ostacoli
apparentemente insormontabili, Pym e Lang dovranno pianificare un
colpo che salverà il mondo.
Diretto da Peyton
Reed (Ragazze nel pallone, Ti odio, ti
lascio, ti…) il resto del cast
di Ant-Mancomprende Evangeline
Lilly come Hope Van Dyne, Corey
Stoll come Darren Cross aka
Calabrone, Bobby Cannavale come
Paxton, Michael Peña come
Luis, Judy Greercome Maggie, Tip
“Ti “Harris come Dave, David
Dastmalchian come Kurt, Wood
Harris come Gale e Jordi
Molla come Castillo.
Ormai da tempo i progetti
cinematografici firmati Marvel e
DC vengono realizzati in uno stato di totale
segretezza, è risaputo, infatti, che spesso neppure i protagonisti
delle pellicole hanno piena conoscenza di quanto accadrà nel corso
dei film.
Ma, secondo quanto dichiarato da
Gal Gadot, spesso anche nelle audizioni vige un
regime di segretezza:
“È stato un lungo processo. Ha
avuto inizio quando mi trovavo a Los Angeles e mi fu detto che
avevo un importante audizione con la Warner Bros, ma nessuno mi
disse cosa riguardava. Dopo un mese o due mi chiamarono per dirmi
che mi avrebbero testata per il film. È pazzesco perchè sembra di
lavorare con la CIA poichè tutto è strettamente confidenziale. E
poi, una settimana dopo, Zack Snyder mi chiamò. Disse “Ok non sono
sicuro se in Israele l’abbiate o abbia la stessa importanza, ma hai
mai sentito di Wonder Woman?” E a quel punto mi è caduta
letteralmente la mascella. Sono morta per qualche secondo, poi sono
resuscitata. Così ho cercato di fare la mia voce più ‘figa’ e non
far capire che fossi tremante e sopraffatta.”
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“Temendo le azioni
incontrastate di un supereroe pari ad una divinità, il
formidabile e fortissimo vigilante di Gotham City decide di
affrontare il più riverito salvatore di Metropolis , mentre il
mondo si batte per capire di quale tipo di eroe ha bisogno. E con
Batman e Superman in guerra, sorge qualcosa di nuovo che mette
l’umanitá in un pericolo mai conosciuto prima”.
Ricordiamo
che Batman v Superman: Dawn
of Justice, Zack
Snyder è stato
scritto da Chris Terrio, da un
soggetto di David S. Goyer.
Nel film saranno
presenti Henry Cavill nel ruolo
di Superman/Clark Kent e Ben Affleck nei
panni di Batman/Bruce Wayne. Nel cast ci saranno
anche: Amy Adams, Laurence Fishburne, Diane
Lane, Jesse Eisenberg, Ray
Fisher, Jason
Momoa e Gal Gadot. Batman v Superman: Dawn
of Justice arriverà nelle
sale di tutto il mondo il 6 maggio 2016.
Nonostante ne sia passata d’acqua
sotto ai ponti dall’annuncio di un remake al femminile di
Ghostbusters la pellicola continua ad
essere vista con occhio scettico da parte di tutti i fan del
franchise lanciato al successo nel lontano
1984.
A commentare lo scetticismo che
accompagna l’attesa per il debutto del film ci ha pensato
Kristen Wiig, attrice chiamata a raccogliere la
pesante eredità di Bill Murray, Dan
Aykroyd, Harold Ramis ed Ernie
Hudson. “Il fatto che sia così controverso solo perchè
siamo donne mi ha sorpreso. Alcune persone hanno detto cose poco
piacevoli riguardo il fatto che siamo donne. Non mi ha fatto
arrabbiare, ma mi è dispiaciuto perchè stiamo onorando quel
film.”
Ghostbusters è diretto
da Paul Feig, regista che negli Stati Uniti
ha riscosso grande successo di pubblico grazie al suo film tutto al
femminile Le Amiche della Sposa,
dove era già presente l’attrice comica
americana Melissa McCarthy, protagonista
negli ultimi anni di diverse nuove commedie tra
cui Corpi da
Reato con Sandra
Bullock e Io sono
tu con Jason Bateman.
Kristen
Wiig (Le Amiche della Sposa, Walter
Mitty), Melissa McCarthy (Corpi
da Reato,Tammy), Leslie
Jones(Saturday Night Live, Top
Five) e Kate
McKinnon(Saturday Night Live, Life
Partners) saranno le quattro protagoniste del film.
Nel realizzare il remake del film
del 1984 di Ivan Reitman, Feig ha dichiarato
di voler adottare un tono spaventoso e allo stesso tempo comico,
che però non abbia nessuna soluzione di continuità con il sequel
del film del 1989, nè con la serie animata The Real
Ghostbusters.
A completare il cast la presenza
maschile di Chris Hemsworth. Il film uscirà
al cinema il 15 luglio 2016 negli Stati Uniti.
Disney e
Pixar hanno appena reso disponibile in rete un
video ed una lunga serie di immagini di Sanjay’s Super
Team, corto d’animazione della durata di sette minuti
che di fatto ha aperto l’Annency International Animation
Film Festival tenutosi in Francia.
Il corto ci presenterà una
personalissima versione Hindu dei Vendicatori di
casa Marvel, così come sono
immaginati dal protagonista della pellicola il giovane Sanjay.
Daniel Craig è
pronto a tornare a vestire i panni di James
Bond nell’attesissimo
Spectre di Sam Mendes e,
per spezzare l’attesa che ci separa dal debutto al cinema della
pellicola, vi proponiamo qui di segutio quattro clip nuove di
zecca.
https://www.youtube.com/watch?v=2rEkbJRhTao
https://www.youtube.com/watch?v=MWjAmfXadQg
A interpretare l’agente segreto è
ancora una volta Daniel Craig che torna così a collaborare, dopo il
successo di “Skyfall”, insieme al regista Premio Oscar Sam Mendes.
Sceneggiata da John Logan, Neal Purvis e Robert Wade, la pellicola
è attesa nelle sale italiane a novembre 2015. Completano il cast
del film: il Premio Oscar® Christoph Waltz (“Bastardi senza
gloria”), il candidato all’Oscar® Ralph Fiennes (La furia dei
Titani, Scontro tra titani, la serie “Harry Potter”, The Avengers –
Agenti speciali), Léa Seydoux (“La vita di Adele”, “Grand Budapest
Hotel”), Ben Whishaw (“Skyfall”, “Cloud Atlas”, In the Heart Of The
Sea), Naomie Harris (“Skyfall”, Ninja Assassin), Rory Kinnear (“The
Imitation Game”, “Skyfall”, Monica Bellucci (Matrix Reloaded,
Matrix Revolution, Baaria) e Andrew Scott (“Salvate il soldato
Ryan”).
Mentre cresce l’attesa per la messa
in onda di Sherlock Christmas
Special, oggi arrivano finalmente nuove foto
dell’atteso ritorno dello show con protagonisti
Benedict Cumberbatch e Martin Freeman.
L’episodio, al momneto ancora senza
un titolo ufficiale, è stato scritto da Mark Gatiss e Steven Moffat
e vedrà tornare nei rispettivi personaggi Benedict
Cumberbatch, Martin Freeman, Rupert
Graves, Louise Brealey,
Una Stubbs, Mark Gatiss, Andrew
Scott e Jonathan
Aris.
Jesse
Eisenberg ha recentemente parlato del suo
personaggio, il villain Lex Luthor, e di cosa dovremmo aspettarci
da lui nel prossimo film del regista Batman v Superman Dawn of
Justice.
Il regista Zack
Snyder ha rivelato poi che Eisenberg – in realtà – non è
stato provinato per il ruolo di Luthor.
Stando a Snyder, Eisenberg ha fatto
il provino per un altro ruolo, ma dopo l’audizione, Snyder non
riusciva a togliersi dalla testa la star di The Social
Network come Lex Luthor. Il regista ammette che
«avevano preso in considerazione tutti i possibili Lex
dell’immaginario collettivo».
Eisenberg ha precisato quali saranno
i suoi contributi al personaggio: «Lui sarà molto vicino a come
immaginiamo il personaggio. Ma con uno sguardo moderno a quel
personaggio iconico e storico.Ha, oserei dire, una
psicologia riconoscibilmente moderna, che viene usata per
affascinare e distruggere». L’attore ha poi parlato del
rapporto che Lex avrà con Batman, interpretato da Ben
Affleck: «È strano recitare con persone come Ben
Affleck, dover trattare con sufficienza qualcuno come lui. Fuori
dal set ho questa idea di lui, quasi reverenziale, e poi sul set
l’ho trattato davvero con sufficienza, è stato alquanto
maligno…. ».
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Ricordiamo
che Batman v Superman: Dawn
of Justice, Zack
Snyder è stato
scritto da Chris Terrio, da un
soggetto di David S. Goyer.
Nel film saranno
presenti Henry Cavill nel ruolo
di Superman/Clark Kent e Ben Affleck nei
panni di Batman/Bruce Wayne. Nel cast ci saranno
anche: Amy Adams, Laurence Fishburne, Diane
Lane, Jesse Eisenberg, Ray
Fisher, Jason
Momoa e Gal Gadot. Batman v Superman: Dawn
of Justice arriverà nelle
sale di tutto il mondo il 6 maggio 2016.
Mark Ruffalo
tornerà ad interpretare Bruce Banner/Hulk in Thor: Ragnarok. Intervistato dall
Huffington Post, Ruffalo ha dichiarato: “Interpreto Bruce
Banner e, occasionalmente, si trasforma in un grosso mostro verde e
cattivo. Mi entusiasma tornare in questo ruolo. C’è molto da
approfondire.”
“Ci sono molte cose fantastiche
da esplorare, specialmente nella relazione tra Banner e Hulk. Spero
di vederli insieme in una scena. Sarebbe grandioso.”
Ruffalo ha poi lasciato intendere
che continuerà ad interpretare Hulk finché i fan lo vorranno.
“Non voglio abusare della mia presenza e spero di non farlo
mai. Se lo faccio, sarò il primo a voler andare via.”
Diretto da Taika Waititi (What
we do in the shadows) da una sceneggiatura di Christopher Yost
(Thor: The Dark World) e Craig Kyle
(i due precedenti film di Thor), Thor: Ragnarokvedrà
il ritorno nel cast di Chris Hemsworth, Tom Hiddleston e Anthony
Hopkins. Il film vedrà inoltre la presenza di Mark Ruffalo nel
ruolo di Bruce Banner/Hulk.
La Sony
Pictures sembra voglia riportareo sul grande
schermo Jumanji. Giànel 2012 era
stata affidata la sceneggiatura di un possibile remake
a Zach Helm (Mr. Magorium e la Bottega
delle Meraviglie), ma sembra che non
siano stati trovati gli accordi per concretare il progetto. Ora lo
studio ha ingaggiato lo sceneggiatore Scott
Rosenberg(Con Air), per riscrivere la
sceneggiatura del film, mentre sembra che Jeff
Pinkner (spesso produttore esecutivo per la Bad Robot
di J.J. Abrams) farà da consulente per il film.
Sembra proprio che il film sarà un
nuovo adattamento del romanzo per bambini scritto da Chris
Van Allsburg del 1985. Il film originale del 1995
guadagnò $ 262.700.000 in tutto il mondo al box office, con $
65.000.000 di budget di produzione. Tra gli attori, oltre al grande
Robin Williams, abbiamo avuto il piacere di
vedere Kirsten Dunst (Spider Man,
Marie Antoinette, Intervista col
vampiro), Bonnie Hunt (Rain
Man, Jerry Maguire, Il Miglio Verde) e Bebe
Neuwirth (Fame).
Il remake
di Jumanji uscirà nelle sale
americane il 25 dicembre 2016, anche se non c’è ancora un nome
dietro la regia. Ted
Field e Mike
Weberne, saranno i produttori esecutivi.
Ecco un nuovo spot tv di
Steve
Jobs, biopic che vede
protagonista Michael Fassbender.
La sceneggiatura, scritta
da Aaron Sorkin, verterà attorno a tre
principali momenti, corrispondenti al lancio di tre grossi
progetti: il Mac, la compagnia NeXT, e l’iMac. La foto che
ritrae Fassbender, si riferisce al lancio
della della società NeXT creata da Jobs a metà degli anni ’80 dopo
essere stato estromesso dalla Apple. Il film, che uscirà in Italia
a Gennaio 2016, vede tra i protagonisti Kate Winslet,
Seth Rogen, Jeff Daniels, Adam Shapiro, Michael Stuhlbarg,
Katherine Waterston e Sarah
Snook.
Steve Jobs, il film
Ricordiamo che Steve
Jobsuscirà il 9 ottobre negli
USA. La sceneggiatura, scritta da Aaron
Sorkin, verterà attorno a tre principali momenti,
corrispondenti al lancio di tre grossi progetti: il Mac, la
compagnia NeXT, e l’iMac. La foto che ritrae
Michael Fassbender, si riferisce al lancio della della
società NeXT creata da Jobs a metà degli anni ’80 dopo essere stato
estromesso dalla Apple. Il film, che uscirà in Italia a Gennaio
2016, vede tra i protagonistiKate
Winslet, Sarah Snook, Seth
Rogen, Jeff Daniels, Michael Stuhlbarg, Perla
Haney-Jardine, Katherine
Waterston, Adam Shapiron
Ambientato nel backstage del lancio
di tre prodotti iconici culminato nel 1998 con l’inaugurazione
dell’iMac, Steve
Jobs ci porta dietro le quinte della rivoluzione
digitale per dipingere il ritratto intimo di un uomo geniale.
Steve
Jobs è diretto dal premio Oscar Danny
Boyle e scritto dal Premio Oscar Aaron
Sorkin, basandosi sulla biografia best-seller del
fondatore della Apple, opera di Walter Isaacson. I produttori sono
Mark Gordon, Guymon Casady di Film 360, Scott Rudin ed il premio
Oscar Christian Colson.
Michael Fassbender interpreta Steve
Jobs, il pionieristico fondatore della Apple, mentre
l’attrice Premio Oscar
Kate Winslet ritrae Joanna Hoffman, ex responsabile
marketing di Macintosh. Steve Wozniak, co-fondatore di Apple, è
interpretato da
Seth Rogen, e Jeff Daniels interpreta
l’ex CEO della Apple John Sculley. Il film ha anche come interpreti
Katherine Waterston nei panni di Chrisann Brennan,
l’ex-fidanzata di Jobs, e Michael Stuhlbarg nel
ruolo di Andy Hertzfeld, uno dei membri originali del team addetto
allo sviluppo del Macintosh della Apple.
La 20th Century Fox
svilupperà l’adattamento cinematografico di Fortunately, the
Milk, libro di Neil Gaiman, con
Johnny Depp ed Edgar
Wright (Scott Pilgrim vs. the World, The World’s
End).
Fortunately, the Milk, un
romanzo per bambini, pubblicato la prima volta nel 2013, del quale
lo stesso scrittore non aveva una grande opinione, infatti
dichiarò: “È il libro più sciocco che abbia mai scritto”.
Il libro, che vanta le illustrazioni di Skottie
Young, è una storia raccontata dal punto di vista di un
ragazzo e di sua sorella, che ascoltano le avventure del padre
(alieni, pirati, piranha e un viaggio nel tempo) su ciò che
successe quando uscì semplicemente per acquistare del latte.
Questo non è il primo
progetto su cui Wright e Depp hanno cercato di collaborare. Si
diceva nel 2012 che i due avrebbero lavorato insieme per portare
sul grande schermo The Night Stalker, ma il progetto non
venne più portato a termine.
Neil Gaiman, nel
frattempo, ha già parecchie delle sue opere sulla strada per la
trasposizione cinematografica: Ron Howard, ha
intenzione di portare sul grande schermo The Graveyard
Book e John Cameron Mitchell è ora in
procinto di produrre uno dei suoi racconti, How to Talk to
Girls at Parties.
Ecco una nuova featurette
di Suffragette, il film che vedono
protagoniste Carey
Mulligan, Meryl
Streep e Helena Bonham Carter.
Il film è diretto da Sarah Gavron.
La pellicola, che racconta la storia
delle suffragette inglesi che all’inizio del 20° secolo si
batterono per poter acquisire diritto di voto, vedrà come
protagonista Carey
Mulligan (Il Grande Gatsby, Shame), nel
ruolo di una giovane madre determinata a lottare in difesa della
propria dignità sia a casa che nel luogo di lavoro. Accanto a
lei, Meryl Streep, che vestirà i panni
dell’attivista Emmeline Pankhurst, leader del movimento delle
suffragette. Nel cast anche Helena Bonham Carter, Ben
Whishaw, Anne-Marie Duff e Brendan
Gleeson.
L’uscita del film è prevista per il
30 ottobre nel Regno Unito.
Squadra che vince non si cambia, e
chi lavora nel mondo dello spettacolo sa bene quanto sia difficile
trovare qualcuno con cui è bello collaborare. Lo possono
sicuramente dire gli attori e le attrici che vi proponiamo di
seguito, nella top 10 delle coppie professionali più longeve di
sempre:
Ecco alcuni nuovi scatti dal nuovo
numero di Total Film dedicato a Batman v Superman Dawn of
Justice, in cui vediamo Batman e Superman mentre se
le danno di santa ragione:
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“Temendo le azioni incontrastate
di un supereroe pari ad una divinità, il formidabile e
fortissimo vigilante di Gotham City decide di affrontare il più
riverito salvatore di Metropolis , mentre il mondo si batte
per capire di quale tipo di eroe ha bisogno. E con Batman e
Superman in guerra, sorge qualcosa di nuovo che mette l’umanitá in
un pericolo mai conosciuto prima”.
Ricordiamo
che Batman v Superman: Dawn
of Justice, Zack
Snyder è stato
scritto da ChrisTerrio, da
un soggetto di David
S. Goyer. Nel film saranno
presenti Henry Cavill nel
ruolo
di Superman/Clark Kent e Ben Affleck nei
panni di Batman/Bruce Wayne. Nel cast ci saranno
anche: AmyAdams, LaurenceFishburne, Diane
Lane, JesseEisenberg, Ray
Fisher, Jason
Momoa e GalGadot. Batman v Superman: Dawn
of Justice arriverà nelle sale di
tutto il mondo il 6 maggio 2016.
“Siamo partiti in corsa e
volevamo creare una Festa della città – così esordisce
Piera Detassis, membro del nuovo Consiglio di
amministrazione della Fondazione Cinema – Voglio
ringraziare non solo Antonio Monda, ma tutta la commissione per la
qualità dei film e degli incontri. La Festa deve essere la vetrina
di un lavoro di un anno, quello della Fondazione Cinema per Roma,
che lavora a pieno regime è che dà valore
all’audio-visivo”.
La conferenza stampa di chiusura
della Festa di Roma ha regalato più di qualche momento di
imbarazzo, principalmente legato alla discrepanza tra quello che si
è percepito tra gli addetti ai lavori durante gli ultimi 9 giorni e
quanto invece è stato detto e applaudito in sede di conferenza
con la stampa.
Che la Selezione Ufficiale sia stata
senza dubbio di buona qualità è innegabile, ma fingere che tutto
sia filato liscio, anche di fronte ai numeri inequivocabili che
hanno visto anche gli eventi gratuiti poco frequentati, sembra
decisamente troppo.
La Detassis in particolare, ha
dichiarato la sua soddisfazione per un lavoro che non si
concentra nella settimana dell’evento dell’Auditorium, ma che
attraverso molte forme ed eventi si snoda in tutto l’anno solare:
“Non ci occupiamo solo di cinema, ma di TV e documentario. La
Festa li mescola e il mercato, in cui abbiamo avuto un grandissimo
riscontro, li copre tutti, a partire dal Roma Fiction Fest che
arriverà tra pochissimo. Tutto questo richiede uno sguardo
complessivo sul lavoro di Festa che deve essere diverso.
Questo è un lavoro di un primo anno che possiamo perfezionare
e questo è il punto di vista da proporvi come Fondazione Cinema per
Roma”.
L’atteggiamento pragmatico e
positivo della Detassis viene subito però sostituito dalla
presa di posizione di Antonio Monda, Direttore
Artistico, che comincia il suo discorso con una presa di posizione,
un chiarimento di fronte ai giornalisti a giustificare quel
peggioramento degli incassi (circa il 20% in meno rispetto allo
scorso anno, percentuale provvisoria) che sembra in qualche modo
offuscare quello che lui considera evidentemente un trionfo:
“Un giorno e una sala in meno (la Santa Cecilia, 2500 posti).
Si traduce in 13.000 posti in meno come offerta, in
tutto abbiamo avuto 9.000 posti in meno. Cioè ne abbiamo
guadagnati 4.000, il segno è positivo. Abbiamo conquistato
anche la stampa straniera, non solo i giornali si settore, ma
anche testate come il New York Times”.
Come si accennava sopra, la qualità
dei film è senza dubbio stata importante, e Monda ne è
consapevole, facendosi anche un po’ scudo di questo contro tutto
ciò che non è piaciuto, come gli incontri, autoreferenziali ed
estremamente concentrati sul rapporto tra il moderatore stesso e la
star di volta in volta ospite.
“Voglio congratularmi con tutti
quelli che hanno selezionato i film- ha spiegato Monda –
sono particolarmente contento anche per gli incontri, mi piace il
fatto che ci siano stati film “caso” come Lo chiamavano
Jeeg Robot, ma anche le retrospettive sono state
seguitissime”.
E sull’identità, tanto discussa,
dell’evento capitolino, sulla differenza del Festival rispetto alla
Festa, Monda finalmente chiarisce la sua posizione, che guiderà la
kermesse almeno fino al 2017: “La mia idea di Festa è la
condivisione del cinema, dove per cinema si intende uno spazio buio
in cui le persone condividono un film. questa è la mia Festa. Tutto
il resto, red carpet, lustrini, gente, è benvenuto ma viene dopo.
La mia è una sinergia informale con il Festival di Londra, con il
quale ci siamo scambiato dei film, visto che sia io che la sua
direttrice, Sandra Hebron, una donna intelligentissima, eravamo
interessati agli stessi film. Così ce li siamo divisi, per esempio
Truth, che noi abbiamo avuto in apertura e loro il giorno dopo (con
tanto di protagonista ospite, ndr) oppure come Office 3D che invece
è passato prima da loro”. Belle parole, se non fosse che dopo
pochi minuti è lo stesso Monda a contraddirsi proprio sullo stesso
tema spiegando che non ha scelto Suffragette con Meryl Streep
perché aveva aperto Londra e non voleva prendere il film “immagine”
di un altro festival.
Per quanto riguarda invece il futuro
dell’evento (non osiamo chiamarlo Festa, visto che la Festa è
soltanto quella che intende lui), Monda è chiaro: “Nessuno
premio fino a che ci sarò io, mentre per quanto riguarda gli ospiti
ci lavoreremo di più l’anno prossimo. Ci sono anche problemi di
policy, ma lavoreremo anche su questo. Ho inseguito tanto Steve
Jobs con Michael Fassbender, ma c’è stata anche l’opposizione della
distribuzione. Tutto l’anno, ormai, è zeppo di eventi, per cui non
c’è un buon momento, l’unica scelta che abbiamo è cambiare formula.
Noi siamo un’altra cosa ed è festa nel senso che intendo io, non
per quello che si intende di solito. Il mio modello ideale sarebbe
il New York Film Festival”.
Che quest’anno però ha
presentato Steve Jobs e
Il Ponte delle Spie di Steven Spielberg, aggiungiamo e
chiudiamo noi.
Pare che siamo arrivati alla fine.
Oggi ultimo giorno di Festa (ehi, ho imparato a chiamarla così.
Sicuramente l’anno prossimo cambieranno di nuovo diciture), c’è il
sole, Vì è tornata e –sia lode a Chtulhu – non c’è una premiazione
finale. Il film più bello lo decideranno i ventiquattro spettatori
che sono accorsi qui a questa manifestazione, e dunque problemi
loro, significa che noi addetti se ci va di culo siamo perfino
liberi di andarcene a cena in un orario decente e pregustare ‘sto
mezzo week-end di riposo che in finale ci siamo meritati prima di
partire per le prossime avventure (per me Lucca Comics, per altri
Torino).
Oggi devo seguire Il
Piccolo Principe. Il film l’ho già visto a Cannes, il
che mi avvantaggia di due ore di tempo libero. Purtroppo ieri nella
fretta ho guardato il programma a cazzo, e ho confuso gli orari di
proiezione e conferenza, quindi arrivo comunque in orario per la
proiezione, cioè con un paio d’ore d’anticipo. Che potevo usare per
dormire, passeggiare, fare altro. Niente, è il destino del
festivaliero. Fino all’ultimo, la kermesse ti risucchia con
intricati giri d’eventi e tu non puoi sottrarti nemmeno se vuoi. E
quindi andiamo di bilancio, che è un po’ quel che dicono tutti.
Che sarà vero che sta Festa sembra
più una fiera di paese che un evento internazionale, che gli ospiti
sono stati in generale di poca caratura, ma i film in media erano
belli, insomma almeno due tre da consigliare io me li porto.
Probabilmente è vero che “l’essenziale è invisibile agli
occhi”. Ah, tra parentesi, il
film di oggi col Piccolo Principe c’entra abbastanza sega, è una
cosa spielberghiana, alla Hook, volendo,
ma le parti del romanzo che tutti abbiamo amato da bambini si vede
solo in alcune scene d’intermezzo realizzate con gli origami – tra
l’altro ben riuscite – per il resto è tutta animazione moderna
simil-Pixar, dove Antoine de Saint-Exupéry compare nel ruolo di
sé stesso e in guisa di vecchio rincoglionito.
Nel pomeriggio un documentario su
La grande bellezza– pure
bellino e con il merito di durare solo 60’, che per la stanchezza
un po’ de cecagna me piglia – articolo, e poi se Nicolas
Cage vuole è finita. Come sempre a mancarci saranno
soprattutto gli incontri più o meno fugaci con la bella gente del
festival, come quello che abbiamo fatto ieri al Tiepolo, un noto
locale della capitale dove ti danno la patata, e infatti è sempre
pienissimo.
S’è scoperto che parte della
tavolata già lo frequentava abitualmente e che aveva un gruppo
Whatsapp nominato ‘Quelli del Tiepolo’. Noi ci siamo ribattezzati
‘Figli del Tiepolo Minore’, in onore di tanti personaggi ‘minori’
che circolano da ‘ste parti e che per un motivo o per l’altro ci
vogliono corteggiare con insistenza o picchiare. Di solito Vì
ottiene il primo trattamento, io il secondo, ma non è detto.
Ma ora basta chiacchiere,
il momento che aspettavate è arrivato, perché per il gran finale,
Vì è di nuovo tra noi!
Premio Realizzazione Tecnica Demmerda alle macchinette per la
traduzione in sala conferenze. Il segnale sfancula in continuazione
e non c’è modo di sentirle se non alzando a palla, con sommo
disappunto di chi non le usa.
(Ang)
E infatti sono tornata, in realtà
non so nemmeno da dove perché in realtà non mi sono mai fermata.
Praticamente ormai sono un essere mitologico mezza donna e mezza
rotaie. In ogni caso ieri sera ero qui di nuovo in diretta da
questa festa splendida a fare un bagno di folla, a sgomitare per
trovare posto, a fare file immense per riuscire a vedere qualcosa,
praticamente ce stavamo solo noi, lo sapete. Noi e i parenti di
Cupellini.
Ieri, e non so perché devo essere
completamente rincoglionita, ho deciso di andare a vedere
Sport, un docufilm in cui quattro
registi, israeliani e palestinesi, hanno girato dei minicorti sul
tema appunto dello sport.
Che uno che un minimo mi conosce sa
benissimo che a me fottepropriosega di qualunque roba sportiva. Non
che non lo sia, attenzione. Tutt’altro. È che trovo mostruosamente
noioso guardare gare e robe simili. È come se vi costringessi a
guardarmi mentre corro sul tapis roulant, per dire, o pretendessi
l’applauso dopo che ad aerobox corco di legnate il mio avversario,
o che vi propinassi due ore di visione di me che faccio squat in
pantaloncini. Per non parlare del calcio, che per me il derby è al
massimo un succo di frutta, capiamoci. Insomma, detto questo,
posseduta da chissà quale demone (un po’ come la mia macchina, ma
questa è un’altra storia), mi avvio in questa sala e iniziamo
malissimo. Il primo corto è proprio sul calcio e per di più una
filippica mediorientale stile documentario. Inizio a boccheggiare,
soprattutto perché ero scesa dal frecciargento due ore prima,
capite bene che ero un po’ stremata. Ma poi, sorprendentemente, con
gli altri episodi sono stata totalmente rapita da questo lavoro,
tant’è che sono uscita felicissima, spingendolo a tutti, ma che
bello lo sport!
Restano irrisolti alcuni punti
cruciali. Perché c’era un corto su due in prigione che fanno
yoga?
Ah, anche quello non è un succo di
frutta? Dite?
Po’ esse’, bravi, vi meritate un
like.
Come se lo meritano il mio fido
socio e tutti quelli che mi hanno aspettata, i lettori che si sono
lamentati con me perché ho trascurato Ang, è vero, mi farò
perdonare. Intanto ieri sera ‘i figli di un Tiepolo minore’ hanno
deciso che oggi faranno un reportage di vita reale, proprio lì dove
vige il sordido, svelandovi volti e nomi sui veri retroscena del
festival. Oggi puntiamo a un selfie con la Stefania, santa donna
del kebabbaro-universal (si qui è brandizzato, come il mio
meccanico ‘Tonino’ che se chiama Daniele, ‘Tonino’ è il brand) che
mi nutre e mi avvolge di tante cure. Durante la cena delle patate
ieri abbiamo ricordato molto le sue gesta. Questo Festival è nato
sotto il segno del calendario cinese delle patate. Se fate i bravi
un giorno vi spiegheremo perché.
Adesso scappo, vado a
prendere Ang, andiamo a vedere l’ennesima versione de
La Grande Bellezza, dall’originale titolo
Cercando la grande bellezza. Un film in
cui ‘un regista minore’ (scusate, è una citazione meta-testuale
sulla serata di ieri, non è dispregiativo, noi amiamo i registi
minori, almeno quelli che non vogliono mena’ Ang) in cinque
capitoli che cerca di ricostruire il modo di pensare e di fare il
cinema di Paolo Sorrentino. Quindi ci ubriacano tutti prima di
entrare in sala.
Detto questo, lo sapete che scherzo,
come dico più volte Sorrentino per me può girare pure il menu di
Cesare al Casaletto, anche se epica la frase (di gelo) di mia madre
oggi: ‘ancora a vedere roba su ‘la Grande Bellezza?’ ‘Cosa ti
dovranno mai dire che non sono riusciti a far passare in 5 ore di
pellicola?’ ‘Ma cos’è in realtà un sequestro?’
Mamma ti amo, ti volevo salutare che
qua ci teniamo a ringraziare i cari. Scappo, addio, o forse
arrivederci Roma. Non lo so, ci pensiamo domani.
Il Premio Taodue “Camera d’Oro
2015” per la migliore opera prima va a Crystal Moselle
per il film “THE WOLFPACK”. Per l’occhio lucido e la
compiutezza con cui la regista ha raccontato una storia intensa,
curiosa e difficile; per la naturalezza e la genuinità del
registro usato come per la coerenza nel seguire la vicenda in tutto
il suo arco temporale; per la forza dei personaggi, che personaggi
non sono.
La menzione speciale al film
“MUSTANG” di DENIZ GAMZE ERGUVEN per la forza e la gioia con
cui racconta, attraverso una regia forte e matura e un tono allo
stesso tempo leggero e drammatico, l’animo di cinque giovani donne
e il loro passaggio da un’adolescenza segregata a una vita adulta
imposta, attraverso l’elaborazione della vita e della libertà.
Taodue, a conferma del sostegno agli autori/cineasti emergenti,
ufficializza anche quest’anno il Premio “Camera d’oro” per la
migliore opera prima all’interno della Festa del Cinema di
Roma.
Il premio nasce dal bisogno di registrare come, anche in un momento
di crisi e di radicali cambiamenti, il cinema riesca a rivelarsi
centrale nell’evoluzione dei linguaggi, della cultura e del
costume.
Il premio Taodue “Camera d’oro” per
la migliore opera prima, inserito nella selezione di Alice nella
Città, intende infatti rivolgere uno sguardo trasversale alla
ricerca delle forme e delle modalità espressive più innovative e
vicine allo spirito dei nostri tempi. Tra i premiati nelle edizioni
precedenti SCOTT COOPER (regista di “ Black Mass – L’Ultimo
Gangster” ) per il film “Out of the Furnace”.
Come dichiara il produttore Pietro
Valsecchi: “Il Premio nasce dalla nostra profonda convinzione che
il cinema sia un’arte necessaria all’immaginario contemporaneo. La
crisi di sistema che stiamo attraversando non è una crisi di idee e
questo premio intende proseguire nella ricerca e nella
valorizzazione di nuovi talenti.”
Il Premio si rivolge al migliore
regista emergente, selezionato su 13 opere in concorso. La giuria è
presieduta dal regista Giovanni Veronesi ed è composta da: Camilla
Nesbitt, The Pills, Edoardo Ferrario, Céline Sciamma, Fabio Mollo,
Sara Serraiocco e Michele Riondino.
George Clooney
sarebbe pronto a dirigere Suburbicon,
film che nasce da una sceneggiatura originale di Joel e
Ethan Coen e che sarà prodotto da Joel
Silver. Clooney sarebbe interessato alla sceneggiatura da
anni e ora, secondo Deadline, potrebbe davvero essere il regista di
questo nuovo film.
Davvero pochi dettagli sulla trama.
Quello che si sa è che si tratterebbe di un noir drama ambientato
negli anni ’50, sulla scia di Blood
Simple. George Clooney ha già
lavorato con i fratelli Coen in Fratello dove
sei? e anche nell’ultimo film, Ave
Cesare!